JOY FIELDING. Segreti Pericolosi

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JOY FIELDING. SEGRETI PERICOLOSI. SUPERBESTSELLER 665. Traduzione di Valeria Raimondi. Copyright 1993 by Joy Fielding Inc. 1995 Sperling & Kupfer Editori S.pA.. Prima edizione "Sperling. Paperback " maggio 1998. ISBN 88-7824-861-4 86-1-98. Per Renee. Ringraziamenti DESIDERO ringraziare le seguenti persone per l'aiuto che mi hanno dato nella stesura di questo libro: Neil Cohen, che mi ha impartito un corso intensivo di giurisprudenza, mettendomi generosamente a disposizione il suo tempo e la sua competenza; Neil non soltanto un avvocato, ma anche un poeta; Dean Morask, direttore del Criminal Prosecution Bureau della contea di Cook, che mi ha concesso una lunga intervista; il giudice Earl Strayhorn, che mi ha permesso di assistere ai processi, mostrandomi come si lavora al servizio della giustizia. Voglio anche ringraziare Julie Richerd per avermi saputo dire le parole giuste proprio nel momento in cui ne avevo bisogno. A tutti la mia pi profonda gratitudine. 1 QUANDO arriv in ufficio, lui la stava aspettando. O almeno cos parve a Jess, che lo individu immediatamente: in piedi, immobi le, all'angolo fra California Avenue e la Venticinquesima strada. Sent che lui la stava osservando, mentre si allontanava dal par cheggio e attraversava in fretta la strada, diretta verso il pa lazzo di Giustizia. Gli occhi scuri di quell'uomo erano pi freddi del vento di ottobre che giocava fra i suoi capelli biondi arruffati, le mani senza guanti strette a pugno fuori delle tasche della giacca marrone di pelle sgualcita. Lo conosceva? L'uomo si mosse impercettibilmente mentre lei si avvicinava e Jess vide che la sua bocca era piegata in una smorfia simile a un sorriso, come se sapesse qualcosa che lei ignorava. Era un sorri so senza calore, il sorriso di un uomo che, da bambino, si diver tiva a strappare le ali alle farfalle, osserv con un brivido, ignorando il lieve movimento della testa con cui lui la salut quando i loro sguardi s'incrociarono. Un sorriso che nascondeva molti segreti, pens Jess, distogliendo velocemente lo sguardo e correndo su per la scalinata d'ingresso, improvvisamente impauri ta. Sent che l'uomo alle sue spalle si muoveva e cap, anche senza guardare, che stava salendo i gradini dietro di lei e le parve di sentirne i passi vibrare nel suo corpo. Raggiunse il pianerottolo e spinse con una spalla la pesante porta girevole di vetro. Lo sconosciuto rimase in piedi in cima alla scala, il viso sempre sorridente che appariva e scompariva con le rotazioni del vetro. "Sono la morte", sembrava dire quel sorriso. "Sono venuta per te." Jess si lasci sfuggire un gemito e, dal fruscio alle sue spalle, cap di avere attirato l'attenzione di una guardia. Si volt e vide Tony, la guardia di turno, avvicinarsi con cautela, tenendo la mano pericolosamente vicina alla fondina della pistola. "Qual cosa non va?" le chiese. "Spero di no", rispose Jess. "C' un uomo l fuori che..." Che cosa? si domand, guardando negli stanchi occhi azzurri della guardia, che vuole entrare qui? Che ha un sorriso inquietante? forse un crimine, questo, nella contea di Cook? L'agente fiss la propria attenzione sulla porta e Jess segu il suo sguardo: non c'era nessuno l fuori.

"A quanto pare, vedo i fantasmi", fece Jess in tono di scusa, domandandosi se fosse vero e soddisfatta che, chiunque fosse quel l'uomo, se ne fosse andato. "Be, questa la stagione dei fantasmi", ribatt la guardia con trollando la targhetta di riconoscimento di Jess, anche se sapeva chi era, ed esaminandola con il metal detector come faceva ogni mattina da quattro anni. A Jess piaceva la routine. Si alzava tutte le mattine alle sette meno un quarto, si faceva una rapida doccia e indossava i vestiti che aveva accuratamente scelto la sera prima, poi inghiottiva una fetta di torta ancora fredda di frigorifero e, un'ora dopo, era seduta alla sua scrivania con l'agenda aperta sugli impegni della giornata. Se stava seguendo un caso, lo esaminava con i suoi as sistenti, ideava strategie, formulava domande e trovava le rispo ste, perch un buon avvocato non pone mai domande di cui non co nosca gi la risposta. Se si stava preparando per un processo im minente, raccoglieva informazioni, esaminava gli indizi, interro gava i testimoni, parlava con gli ispettori di polizia, presen ziava alle riunioni e organizzava il piano di lavoro. Tutto se condo il programma: a Jess Koster non piacevano le sorprese, n in aula n fuori dell'aula. Dopo avere ben organizzato la giornata che l'aspettava, si sedeva con una tazza di caff e una fetta di ciambella e leggeva il giornale, partendo dai necrologi; non mancava mai di leggerli. Pauline Ashcroft, morta improvvisamente nella sua casa, all'et di 67 anni; Ronald Barrett, spirato dopo una lunga malattia all'et di 79 anni; Matthew Black, amato marito e padre esempla re, et non pervenuta, offerte alla Fondazione contro le malattie cardiovascolari... Jess non sapeva con esattezza quando aveva iniziato a includere i necrologi nella sua routine mattutina e non sapeva nemmeno perch. Era una strana abitudine per una per sona che non aveva ancora trent'anni, anche per un pubblico mini stero che lavorava nell'ufficio del procuratore di Stato della contea di Cook, a Chicago. "Hai trovato qualcuno che conosci?" le aveva domandato una volta un collega. Jess aveva scosso la testa. No, non c'era mai nessuno che conosceva. Cercava sua madre, come le aveva suggerito il suo ex marito, o era il suo nome che si aspettava di trovarvi scritto? 2 Lo sconosciuto con i capelli biondi riapparve con violenza nella sua mente. "Sono la morte", ripeteva, beffandosi di lei, e la sua voce parve riecheggiare fra le pareti spoglie dell'ufficio. "Sono venuta per te." Jess abbass il giornale e lasci che il suo sguardo vagasse per la stanza. Tre scrivanie di noce erano sistemate in ordine sparso e spiccavano scure contro le nude pareti bianche. Nessun quadro, nessun paesaggio, nessun ritratto, soltanto alcune scaffalature di metallo cariche di volumi di giurisprudenza. Sembrava che tut to potesse essere spostato nel giro di pochi minuti, il che, in realt, accadeva piuttosto spesso; gli assistenti del procuratore di Stato, infatti, cambiavano con una certa frequenza, perci non era una buona idea sistemarsi definitivamente. Jess divideva l'ufficio con i suoi assistenti, Neil Strayhorn e Barbara Cohen, che sarebbero arrivati entro mezz'ora circa. Come responsabile dell'ufficio, spettava a lei prendere le decisioni pi importanti. La contea di Cook contava in tutto set tecentocinquanta procuratori e pi di duecento lavoravano in quell'edificio: diciotto avvocati per ogni ala, tre in ogni stan za, tutti controllati da un supervisore. Alle otto e trenta, quel labirinto di uffici all'undicesimo e al dodicesimo piano era af follato e rumoroso come Wrigley Field, o cos almeno pareva a Jess, che considerava sacri quei pochi momenti di pace e silenzio prima dell'arrivo di tutti gli altri. Quel giorno era diverso. Quell'uomo l'aveva innervosita, aveva spezzato il suo solito ritmo. Che cosa c' in lui di tanto fami liare? si domand. A dire il vero, non l'aveva neppure visto bene in faccia, non era andata oltre il suo inquietante sorriso, non sarebbe stata in grado di descriverlo alla polizia perch ne fa cessero un identikit. Non le aveva neppure rivolto la parola. Perch allora stava diventando un'ossessione?

Jess riprese la lettura dei necrologi. Marvin Bederman, 74 anni, morto in pace nel sonno dopo lunga malattia; Sarah Edwards, man cata a novant'anni... "Sei in anticipo." La voce maschile proveniva dalla porta. "Io sono sempre in anticipo", rispose Jess senza alzare lo sguar do. Non ce n'era bisogno: se l'intenso aroma di profumo Aramis non fosse stato sufficiente a identificare Greg Oliver, sarebbe bastata l'arroganza della sua voce. Secondo una battuta spesso ripetuta in ufficio, il numero di vittorie di Greg in tribunale era superato solo dal numero delle sue vittorie in camera da let to e, per quel motivo, Jess aveva sempre fatto in modo che la sua conversazione con il quarantenne pubblico ministero rimanesse strettamente professionale. Dopo il divorzio, aveva imparato che l'ultima cosa che potesse augurarsi era di rimanere coinvolta in una relazione con un altro avvocato. "C' qualcosa che posso fare per te, Greg?" Con pochi passi, Greg Oliver si avvicin alla sua scrivania. "Dimmi che cosa stai leggendo." Si chin in avanti per sbirciare sopra la spalla di Jess. "I necrologi? Ges, che cosa non farebbe certa gente pur di vedere pubblicato il proprio nome!" Jess ridacchi, suo malgrado. "Greg, ho davvero molto da fare..." "Lo vedo." "No, sul serio", ripet Jess, guardando il volto"dai lineamenti regolari di Greg e i suoi occhi dall'indimenticabile color cioc colata. "Devo essere in aula per le nove e mezzo." 3 Lui guard l'orologio, un Rolex d'oro. Jess aveva sentito dire che di recente aveva fatto un buon matrimonio. "Hai un sacco di tempo." "Tempo che mi serve per riordinare i pensieri." "Scommetto che i tuoi pensieri sono gi in ordine", disse Greg alzandosi e poi piegandosi di nuovo per controllare la sua imma gine riflessa nel vetro della finestra, mentre con la mano sfio rava una pila di incartamenti ben ordinati. "Scommetto anche che la tua mente ordinata come la tua scrivania." Sorrise, solle vando un angolo della bocca in un'espressione che a Jess ricord subito lo sconosciuto dal sorriso inquietante. "Guarda se non ho ragione!" esclam Greg, fraintendendo la sua reazione. "Sei infa stidita perch per sbaglio ho spostato un paio di fogli." Li ri mise a posto con un gesto teatrale, poi finse di togliere la pol vere dalla scrivania. "Non ti piace che qualcuno tocchi le tue cose, vero?" Cominci ad accarezzare il legno con le dita con un movimento concentrico e ipnotico. Un incantatore di serpenti, pens Jess, chiedendosi per un momento se in realt fosse pi in cantatore o pi serpente. Sorrise, sorpresa da come la sua mente lavorasse quella mattina, e si alz, andando con aria decisa verso la libreria, anche se non aveva nulla da cercare. "Forse meglio che tu vada, ora, co s posso lavorare. Devo sostenere l'arringa conclusiva per il ca so di Erica Barnowski e..." "Erica Barnowski?" Gli occhi di Greg parvero riflettere i suoi pensieri. "Oh, s, la ragazza che sostiene di essere stata vio lentata..." "La donna che stata violentata", lo corresse Jess. La risata di Greg esplose nel silenzio della stanza. "Perdio, Jess, non aveva le mutande! Tu pensi davvero che esista una giuria in questo Paese che condanner un uomo per avere vio lentato una donna incontrata in un bar, e che per giunta non in dossava le mutande?" Greg Oliver guard il soffitto, poi di nuovo Jess, sistemandosi meccanicamente una ciocca di capelli. "Non so come la pensi tu, ma andare senza mutande in un bar per single, ai miei occhi, appare come un invito esplicito!" "E un coltello alla gola corrisponde alla tua idea di consenso?" Jess scosse la testa, pi per rammarico che per disgusto. Greg Oliver era notoriamente attento nel dare giudizi: se non riusciva a convincere un suo collega della colpevolezza dell'uomo sotto processo, come poteva sperare di convincere la giuria? "Non vedo il segno delle mutandine sotto quella gonna un potrop po corta", disse Greg. "Mi dica, avvocato, lei porta le mutande?" Le mani di Jess andarono automaticamente alla gonna di lana gri gi che si fermava proprio sopra al ginocchio. "Piantala", disse semplicemente.

Il tono canzonatorio della voce di Greg Oliver si rifletteva nei suoi occhi. "Che cosa bisogna fare per entrare in quelle mutandi ne?" "Mi dispiace, Greg", gli rispose Jess, "ma temo che ci sia posto per un culo solo in queste mutandine." Il caldo color cioccolata degli occhi di Greg divenne per un istante glaciale, tornando poi a sciogliersi nella risata che riecheggi nella stanza. " questo che adoro in te, Jess. Sei co 4 s dannatamente irritabile, che faresti disperare chiunque." Si diresse verso la porta. "Devo ammettere una cosa: se c' qualcuno che pu vincere questo caso, sei tu." "Grazie", ribatt Jess verso la porta che si stava chiudendo, poi and alla finestra e rimase a fissare con aria assente la strada undici piani sotto di lei. Grandi insegne recavano la scritta ABOGATO, che in spagnolo significa avvocato, seguito da un nome diverso per ogni insegna. Uffici aperti ventiquattr'ore al gior no. Non._c'erano altri edifici cos alti nella zona; con i suoi quattordici piani, il palazzo di Giustizia spiccava nettamente sul vicino tribunale, alto soltanto sette piani. Dietro i due edifici, c'era la prigione della contea di Cook, dove i presunti assassini e tutti gli altri criminali che non potevano ottenere la libert provvisoria o essere rilasciati su cauzione erano de tenuti in attesa di giudizio. Jess pensava spesso a quella zona come a un luogo oscuro e malvagio per gente oscura e malvagia. "Sono la morte", le pareva che sussurrassero le vie. "Sono venuta per te." Scosse la testa e guard verso il cielo, ma anche quello era scu ro e carico di neve. Neve in ottobre, pens Jess, senza riuscire a ricordare l'ultima volta che aveva nevicato prima di Halloween. Nonostante le previsioni del tempo, non si era messa gli stivali, che lasciavano passare l'acqua ed erano macchiati sulle punte; forse, pi tardi, sarebbe uscita a comprarne un paio nuovo. Squill il telefono. Sono da poco passate le otto e il telefono comincia gi a suonare. Sollev il ricevitore prima del secondo squillo. "Jess Koster", rispose semplicemente. "Maureen Peppler", disse una voce, seguita da una risatina. "In terrompo qualcosa di importante?" "Mai", rispose Jess alla sorella maggiore, immaginando il suo sorriso e i suoi caldi occhi verdi. "Sono contenta di sentirti." Jess aveva sempre paragonato Maureen a una delle ballerine dei disegni di Edgar Degas, eteree figurine dai contorni sfumati; persino la sua voce era delicata. La gente diceva spesso che le due sorelle si assomigliavano ma, anche se avevano entrambe un viso ovale ed erano entrambe alte e snelle, non c'era niente di etereo in Jess: i suoi capelli castani, che le arrivavano alle spalle, erano pi scuri di quelli di sua sorella, gli occhi di un verde pi inquietante e il corpo meno morbido. Sembrava quasi che un pittore si fosse divertito a disegnare due volte la stessa fi gura e poi ne avesse dipinta una a pastello e l'altra a olio. "Come te la passi?" domand Jess. "Come stanno Tyler e le gemel le?" "Le gemelle stanno benissimo, Tyler invece non al massimo della felicit. Continua a chiedermi quando le riportiamo indietro. Non mi ha mai chiesto di Barry." Jess sent una contrazione ai muscoli del viso. Il marito di Mau reen, Barry, era un commercialista di successo e la targa sulla nuova Jaguar diceva, non senza una buona dose di verit, MERITA TA. C'era bisogno di aggiungere altro? "Come sta?" chiese comun que. "Bene. Il lavoro gli va splendidamente, nonostante la crisi eco nomica. Comunque molto contento. Vorremmo invitarti a cena do mani sera e ti prego di non dirmi che hai gi un appuntamento." 5

Per poco Jess non si mise a ridere. Quando era stata l'ultima volta che aveva avuto un appuntamento? Quand'era uscita senza che il motivo fosse in qualche modo legato alla sua professione? Come le era venuta l'idea che soltanto i medici fossero in servizio ventiquattro ore al giorno? "No, non ho un appuntamento", rispo se. "Bene, allora ti aspettiamo. E'da un poche non ci vediamo; mi sembra che ci vedessimo di pi, quando lavoravo." "Allora torna a lavorare." "Nemmeno per sogno. Allora, domani alle sei, viene anche papa." Jess sorrise. "A domani." Prima di riagganciare, sent in lonta nanza il pianto di un neonato e immagin Maureen correre verso la culla delle sue gemelle di sei mesi, cambiare i pannolini, accu dirle, mentre si preoccupava che il bambino di tre anni, incolla to alle sue sottane, ricevesse una giusta dose di attenzioni. Le parve di sentire un richiamo lontano, dalle aule della Business School di Harvard, dove sua sorella si era laureata. Tutti fac ciamo delle scelte, pens alzando le spalle. Sua sorella aveva fatto le sue, evidentemente. Ritorn a sedersi alla scrivania, cercando di concentrarsi sulla mattinata che l'aspettava e pregando fra s di riuscire a dimo strare che Greg Oliver aveva torto. Sapeva bene che ottenere una condanna in un caso come quello era quasi impossibile. Lei e il suo collega sarebbero dovuti essere molto convincenti. L'ufficio del procuratore di Stato prevedeva che i processi fos sero sempre seguiti da una coppia di avvocati. Il suo assistente, Neil Strayhorn, avrebbe tenuto la parte iniziale dell'arringa conclusiva, riassumendo per la giuria gli spiacevoli fatti nei minimi particolari; sarebbe seguita la replica della difesa e, infine, lei avrebbe dovuto concludere l'esposizione dell'accusa cercando di fare leva sulla giuria. "Ogni giorno, negli Stati Uniti, 1817 donne subiscono una violenza carnale", cominci, pro vando il discorso fra le pareti sicure del suo ufficio. "Questo significa 1,3 casi di stupro di donne al minuto, per un totale sconcertante di seicentottantatremila casi di violenza carnale all'anno." Fece un profondo respiro, ripassando mentalmente le frasi. Stava ancora riesaminando il suo discorso quando, venti minuti pi tardi, arriv Barbara Cohen. "Come va?" Alta un metro e ottanta, con una cascata di capelli rossi che le ricadevano fino a met schiena in riccioli indomabi li, Barbara Cohen sembrava la versione antropomorfica di una ca rota. Non importava quanto si sentisse male: a Jess bastava guar dare quella ragazza per sorridere. "Sono in attesa." Jess guard l'orologio che, a differenza di quello di Greg Oliver, era un semplice Timex con un normale cin turino di cuoio. "Ascolta, vorrei che tu e Neil vi occupaste del caso Alvarez, quando sar il momento del processo. una faccenda di droga." L'espressione sul viso di Barbara rifletteva un misto di emozione e di timore. "Pensavo che volessi occupartene tu." "Non posso, sono sommersa di lavoro; inoltre voi due potete far cela da soli. Se avrete bisogno di aiuto, io ci sar." Barbara cerc, senza riuscirvi, di trattenere il sorriso che le stava illuminando il viso e di mantenere un contegno professiona le. "Vuoi una tazza di caff?" chiese. 6 "Se bevo un altro caff, dovr uscire dall'aula ogni cinque minu ti per andare in bagno. Pensi che riuscirei ad accattivarmi la simpatia dei giurati?" "Se fossi in te, non ci conterei." "Perch diavolo non portava le mutande, accidenti", mormor Jess. "Se non altro per problemi di carattere pratico." Barbara sorrise all'affermazione di Jess, quindi si mise a ordi nare le pratiche per le chiamate in giudizio della mattina. Neil Strayhorn arriv qualche minuto dopo, annunciando che si era preso un brutto raffreddore, e and dritto alla sua scrivania. Jess lo vide muovere le labbra, mentre provava a bassa voce la sua parte dell'arringa finale. Negli uffici del procuratore di Stato della contea di Cook la giornata stava entrando nel vivo.

Jess era perfettamente consapevole di tutto quanto le accadeva intorno, delle sedie che venivano spostate, dei computer che ve nivano accesi, dei fax che trasmettevano, dei telefoni che squil lavano senza tregua. Controllava inconsciamente l'arrivo di cia scuna delle quattro segretarie che lavoravano per i diciotto pro curatori di quell'aula, distingueva i passi pesanti di Tom Olin sky, il suo supervisore, che si dirigeva verso il suo ufficio al la fine del corridoio. "Ogni giorno negli Stati Uniti 1871 donne subiscono una violenza carnale", ricominci, cercando di concentrarsi, ma proprio in quel momento una delle segretarie, una donna di colore che poteva avere indifferentemente dai venti ai quarant'anni, fece capolino dalla porta del suo ufficio, facendo penzolare un paio di orec chini rossi che le arrivavano quasi alle spalle. "Connie DeVuono qui", annunci, poi fece un passo indietro, come se si fosse aspettata che Jess le lanciasse qualcosa. "Che cosa vuoi dire con ' qui?" "Intendo dire che fuori della porta. Sembra che sia riuscita a passare inosservata alla reception. Dice che deve assolutamente parlarle." Jess diede un'occhiata all'agenda. "Avevo appuntamento con lei alle quattro del pomeriggio. Non le hai detto che devo essere in tribunale fra pochi minuti?" "Gliel'ho detto, ma insiste che deve vederla ora. E'molto agita ta." "Non mi sorprende", disse Jess, immaginando la vedova non pi giovanissima che era stata brutalmente picchiata e violentata da un uomo che in seguito l'aveva minacciata di morte se si fosse decisa a testimoniare contro di lui, cosa che sarebbe dovuta accadere dieci giorni dopo. "Accompagnala in sala riunio ni, per favore, Sally. Io arrivo subito." "Vuoi che le parli io?" si offr Barbara Cohen. "No, lo far io." "Pensi che ci siano difficolt?" domand Neil Strayhorn, mentre Jess usciva nel corridoio. "E che cos'altro, altrimenti?" La sala riunioni era in realt una piccola stanza priva di fine stre, quasi interamente occupata da un vecchio tavolo di noce e da otto sedie di tutt'altro stile. Le pareti erano bianche e spo glie come in tutte le altre stanze e il tappeto di un beige che non ne nascondeva l'usura. 7 Connie DeVuono era in piedi sulla porta. Sembrava pi piccola ri spetto all'ultima volta in cui Jess l'aveva vista e il suo cap potto nero pareva appeso al suo corpo come a un attaccapanni. La pelle bianchissima sembrava quasi sfumata di verde e le occhiaie profonde rivelavano che probabilmente non dormiva da parecchie notti; solo gli occhi scuri sembravano sprizzare un'energia bat tagliera, che lasciava immaginare la splendida donna che Connie DeVuono doveva essere stata. "Mi dispiace disturbarla", inizi. " solo che non abbiamo molto tempo", disse piano Jess, temendo che se avesse parlato pi forte la donna si sarebbe frantumata come vetro. "Devo essere in tribunale fra mezz'ora circa." Prese una sedia per fare accomodare Connie e la donna non si fece pre gare, crollando, come svuotata di ogni forza. "Si sente bene? Vuole un caff? Un pod'acqua? Lasci che le prenda il cappotto." Connie DeVuono rifiut con un gesto. Le tremavano le mani e Jess not che aveva le unghie mangiate fino alla carne. "Non posso te stimoniare", disse distogliendo lo sguardo, la voce cos bassa da essere appena udibile. Tuttavia, quelle parole avevano la forza di un urlo. "Che cosa?" chiese Jess, sebbene avesse sentito benissimo. "Ho detto che non posso testimoniare." Jess si sedette su una sedia pi vicina e si pieg verso la don na, cos che le loro ginocchia si toccarono, poi le prese le mani e le tenne fra le sue. Erano gelate. "Connie", inizi, cercando di scaldarle le mani, "tutto il caso dipende da lei. Se lei non testimonier, l'uomo che l'ha aggredita dovr essere lasciato li bero."

"Lo so, mi dispiace." "Le dispiace?" "Non posso farlo. Non posso, non posso davvero." Cominci a pian gere. Jess estrasse rapidamente un fazzoletto di carta dalla tasca del la sua giacca grigia e lo porse a Connie, che lo ignor e inizi a singhiozzare. Jess pens a sua sorella, alla maniera in cui sa peva confortare senza alcuno sforzo le sue bambine. Lei non pos sedeva quella capacit, riusciva solo a restare seduta l, impo tente, a guardare. "Mi rendo conto che la sto scaricando", continu Connie DeVuono, le spalle scosse dai singhiozzi, "che sto abbandonando tutti..." "Non si preoccupi per noi", le disse Jess, "si preoccupi di lei. Pensi a quello che le ha fatto quel mostro." Gli occhi pieni di rabbia della donna fissarono con intensit quelli di Jess. "Crede che lo potr mai dimenticare?" "Allora lei deve fare in modo che quell'uomo non si trovi pi nella posizione di poterlo rifare." "Non posso testimoniare. Non posso, semplicemente non posso." "Va bene, va bene, si calmi. La smetta di piangere." Jess si ap poggi alla spalliera della sedia e si sforz di immedesimarsi in Connie. Ovviamente era accaduto qualcosa dall'ultima volta in cui si erano viste. In ognuno dei loro precedenti incontri, Connie, sebbene spaventata, era stata assolutamente decisa a testimonia re. Figlia di immigrati italiani, era cresciuta in un ambiente che credeva fermamente nella giustizia americana e Jess era stata molto colpita dalla sua fiducia. Dopo quattro anni passati lavo 8 rando per il procuratore di Stato, Jess pensava che fosse pi salda della sua. "E'successo qualcosa?" domand, osservando le spalle di Connie che erano tornate ferme. "Devo pensare a mio figlio", rispose lei con impeto. "Ha solo ot to anni e suo padre morto di cancro due anni fa. Se dovesse succedere qualcosa a me, non gli resterebbe pi nessuno." "Non le accadr niente." "Mia madre troppo vecchia per potersi occupare di lui e parla molto male l'inglese. Che cosa accadrebbe a Steffan, se io moris si? Chi si prenderebbe cura di lui? Lei?" Jess cap che la domanda era retorica, ma rispose lo stesso. "Te mo di non essere molto brava con gli uomini", disse piano, spe rando di farla sorridere e vedendo che la donna faceva del suo meglio per accontentarla. "Ma, Connie, non le potr pi accadere nulla, una volta che avremo messo in galera Rick Ferguson." Solo il sentire nominare quell'uomo fece rabbrividire visibilmen te Connie. " stato gi abbastanza duro per Steffan perdere suo padre. Che cosa potrebbe capitargli di peggio se non perdere an che la madre?" Jess sent il calore delle lacrime negli occhi e annu. Non ci sarebbe potuto essere nulla di peggio. "Connie, credimi", cominci dandole del tu, sorpresa nel sentire che le tremava la voce, "capisco le tue paure. Immagino quello che stai passando. Ma che cosa ti fa pensare che se non testimo nierai sarai al sicuro? Rick Ferguson gi entrato una volta nel tuo appartamento, ti ha violentata e ti ha picchiata al punto che per un mese non sei riuscita quasi ad aprire gli occhi. Non sape va che tuo figlio non era in casa, non gli importava di lui. Che cosa ti fa pensare che non ci riprover? Soprattutto quando sapr che potr passarla liscia perch tu hai troppa paura per fermar lo. Che cosa ti fa credere che la prossima volta non ferir tuo figlio?" "Non accadr, se io non testimonier." "Non lo sai." "So solo che ha detto che non vivr abbastanza per testimoniare contro di lui." "Ti ha minacciata mesi fa e allora non ti sei fermata." Segu un momento di silenzio. "Che cosa accaduto, Connie? Che cosa ti spaventa? Si messo in contatto con te? Perch se cos possia mo fargli revocare la libert su cauzione..."

"Non c' niente che lei possa fare." "Ci sono molte cose che possiamo fare, invece." Connie DeVuono infil una mano nella borsetta di pelle e ne estrasse una scatoletta bianca. "Che cos'?" La donna non disse nulla mentre la porgeva a Jess. Jess apr la scatoletta e inizi a cercare sotto i numerosi stra ti di fazzoletti di carta, sentendo a poco a poco qualcosa di piccolo e duro sotto le dita. "L'ho trovata davanti alla porta di casa stamattina", disse Con nie, osservando Jess rimuovere l'ultimo strato di carta. Jess sent una contrazione allo stomaco. Una piccola tartaruga giaceva senza vita fra le sue mani, mutilata della testa e di due delle quattro zampe. 9 "Era di Steffan", spieg Connie, la voce ridotta a un sussurro. "Due sere fa, tornando a casa, ci siamo accorti che non era nella sua vaschetta. Non capivamo come avesse fatto a uscire e abbiamo guardato dappertutto." Jess cap immediatamente il terrore di Connie. Tre mesi prima, Rick Ferguson era entrato nel suo appartamento, l'aveva violenta ta, sodomizzata, picchiata e aveva minacciato di ucciderla. Ora le aveva dimostrato quanto sarebbe stato facile mettere in prati ca le sue minacce. Era entrato di nuovo nel suo appartamento, senza nessuno sforzo, come se avesse avuto la chiave, aveva ucci so e mutilato l'animaletto di suo figlio e nessuno l'aveva visto. Nessuno lo aveva fermato. Jess riavvolse la tartaruga nei fazzoletti di carta e la rimise nella sua bara di cartone. "Non penso che servir a molto, ma vorrei mostrarla come prova." And alla porta e fece un cenno a Sally. "Mettila fra le prove del caso, per favore." Sally prese la scatola dalle mani di Jess come se fosse stata un serpente velenoso. D'un tratto Connie si alz in piedi. "Sa meglio di me che non potr mai attribuirne la responsabilit a Rick Ferguson. Lui la far franca, la far franca con tutto." "Solo se tu glielo permetti." Jess si avvicin a Connie. "Che scelta ho?" "Una scelta sicura", le disse Jess, sapendo di avere soltanto po chi minuti per indurre Connie a cambiare idea. "Puoi rifiutarti di testimoniare, assicurandoti in questa maniera che Rick Fergu son circoli liberamente, senza mai pagare per ci che ti ha fatto e che ti sta ancora facendo." Fece una pausa, lasciando alle sue parole il tempo di imprimersi nella mente di Connie. "Oppure puoi andare in tribunale e fare in modo che quel bastardo abbia ci che si merita, finendo dietro le sbarre in modo che non possa pi fare del male a te e a nessun altro per molto tempo." Aspett, osservando l'indecisione negli occhi della donna. "Guardiamo come stanno le cose, Connie. Rifiutando di testimoniare contro Rick Ferguson, non aiuti nessuno, meno di tutti te stessa. Lo metterai solo nella condizione di poter rifare ci che ha fatto." Le parole rimasero come sospese nell'aria. Jess trattenne il fia to, intuendo che Connie era sul punto di capitolare e temendo che anche un semplice respiro potesse farle cambiare idea. Era gi pronta con un altro discorso. C' un modo semplice per farle cam biare idea e un modo difficile: o lei accetta di testimoniare co me era gi stato deciso, o dovr obbligarla a farlo. Far in modo che il giudice la costringa a testimoniare e, se anche cos ri fiuter di farlo, il giudice potr trattenerla con l'accusa di oltraggio e mandarla in galera. Non sarebbe una tragedia finire in prigione al posto dell'uomo che l'ha aggredita? Jess attese, pronta a pronunciare quelle parole, se fosse stata costretta a farlo e pregando che non fosse necessario. "Avanti, Connie", la incit, cercando di convincerla. "Hai combattuto al tre volte prima d'ora; dopo la morte di tuo marito sei tornata a scuola e hai trovato un lavoro per mantenere tuo figlio. Tu sei una che combatte, Connie, lo sei sempre stata. Non permettere a Rick Ferguson di portarti via anche questo. Combatti, Connie, combatti."

Connie non disse nulla, ma raddrizz impercettibilmente le spalle e, infine, annu. 10 Jess le prese la mano. "Testimonierai?" La voce di Connie era un sussurro. "Che Dio mi aiuti." "Useremo tutti i mezzi di cui avremo bisogno." Jess guard l'oro logio e si alz in piedi. "Andiamo, ti accompagno fuori." Neil e Barbara erano gi andati in tribunale e Jess scort Connie lungo il corridoio, passando davanti alle cravatte tagliate appe se alle pareti, ciascuna simbolo della prima causa vinta da un pubblico ministero, e alle decorazioni per la festa di Halloween, grandi zucche arancioni e streghe che cavalcavano manici di sco pa. Sembra di essere all'asilo, pens Jess, mentre ringraziava con un gesto l'augurio di buona fortuna di Greg Oliver e procede va verso gli ascensori oltre le porte di vetro. Dall'ampia fine stra del corridoio si vedevano i quartieri a ovest e a nord ovest della citt e, quando il cielo era sereno, si poteva vedere anche l'aeroporto O'Hare; persino la lontana contea di Du Page sembrava vicina. Le due donne non dissero nulla, mentre l'ascensore scendeva al piano terra, sapendo entrambe che tutto ci che importava era gi stato detto. Uscirono dall'ascensore e girarono l'angolo, igno rando di proposito l'ufficio di protezione dei testimoni, fuori del quale un grande cartello diceva vi RICORDIAMO... ALLA CARA MEMORIA DI... e procedettero lungo il corridoio dalle pareti di vetro che univa il palazzo di Giustizia al tribunale. "Dove hai parcheggiato?" chiese Jess, guidando Connie verso l'a gente della sicurezza che l'avrebbe condotta all'esterno. "Ho preso l'autobus..." rispose la donna, ma prima di finire la frase s'interruppe bruscamente portandosi una mano alla bocca. "Oh, mio Dio!" "Che cosa c'? Che cosa succede?" Jess segu lo sguardo spaventato della donna: l'uomo era fermo alla fine del corridoio, appoggiato alla parete di vetro, con un'espressione minacciosa, il volto in gran parte nascosto dalla massa di capelli biondi e spettinati che ricadeva sul collo della giacca di pelle. Mentre si girava per salutarle, Jess vide le sue labbra contorcersi nello stesso spaventoso ghigno con cui l'aveva accolta quella mattina. "Sono la morte", diceva quel sorriso. Jess rabbrivid, cercando di convincersi che fosse un brivido di freddo per l'aria che entrava dalle porte girevoli, poi cap che quell'uomo era Rick Ferguson. "Voglio che tu prenda un taxi", disse a Connie, accompagnandola in California Avenue, dove c'era un posteggio, e mettendole in mano un biglietto da dieci dollari. "Mi occuper io di Rick Fer guson." Connie non disse nulla. Era come se poco prima avesse speso tutte le sue energie nell'ufficio di Jess e ora non avesse pi la forza di reagire. Stringendo forte il biglietto da dieci dollari, si lasci mettere nel taxi senza guardare indietro mentre l'auto si allontanava. Jess rimase qualche istante sul marciapiede, cercan do di riacquistare la calma, poi si volt dirigendosi verso le porte girevoli. Non si era mosso. Jess attravers il corridoio e, mentre il suono dei suoi tacchi risuonava sul pavimento di marmo, osserv i lineamenti duri di Rick Ferguson farsi pi nitidi a ogni passo. L'immagine minaccio sa della sua persona - uomo bianco, sui vent'anni, un metro e ot 11 tanta per settantotto chili, capelli biondi, occhi castani - di venne pi concreta: le spalle leggermente incurvate, i capelli arruffati legati in una coda di cavallo, occhi piccoli e infossa ti che ricordavano quelli di un cobra, un naso che era stato rot to molte volte e mai riaggiustato a dovere e sempre lo stesso ghigno inquietante. "L'avverto, stia alla larga dalla mia cliente", intim Jess quan do gli fu vicino; poi, senza lasciargli la possibilit di inter romperla, prosegu: "Se si

fa vedere a meno di cinquanta metri da lei, anche per caso, se cerca di parlarle o di contattarla in qualunque altro modo, se le lascer qualche altro regalino maca bro fuori della porta, le far revocare la libert provvisoria e la far tornare in galera. Sono stata chiara?" "Sai", disse lui, parlando lentamente, come se stessero facendo conversazione, "non una buona idea fare leva sulla mia parte oscura." Jess per poco non scoppi a ridere. "E che cosa vorrebbe dire con questo?" Rick Ferguson spost il peso del suo corpo da un piede all'altro, poi alz le spalle, con aria annoiata. " solo che la gente che mi infastidisce di solito... scompare." Jess fece un passo indietro, involontariamente, e un brivido freddo l'attravers fino alle viscere. Dovette sforzarsi per trattenersi dal vomitare. Quando parl, la sua voce era atona. "Mi sta minacciando?" L'uomo si stacc dal muro e il suo sorriso si allarg. "Sono la morte", sembrava dire. "Sono venuta per te." Poi si allontan senza voltarsi indietro. "OGNI giorno, negli Stati Uniti, 1871 donne subiscono una violen za carnale", inizi Jess, mentre con lo sguardo esaminava i sette uomini e le sette donne che costituivano la giuria nell'aula 706 del tribunale di Stato al 2600 di California Avenue. "Questo si gnifica 1,3 stupri di donne adulte al minuto, per un totale scon certante di seicentottantatremila casi di violenza carnale all'anno." Fece una breve pausa per permettere ai giurati di tra durre quei numeri in immagini e dar loro un senso. "Qualcuna vie ne aggredita per la strada, altre nelle loro case; alcune sono violentate da uno sconosciuto in una via buia, la maggior parte da uomini che conoscono: un ex fidanzato, un amico di cui si fi davano, una conoscenza occasionale. Forse, come nel caso di Erica Barnowski", disse, indicando la cliente con un cenno del capo, "da qualcuno incontrato in un bar. Le donne, cos come gli uomini che le aggrediscono, provengono da tutti i ceti sociali e si di versificano per religione, et, razza e cultura. L'unica caratte ristica che hanno in comune il sesso, che una cosa abbastanza ironica, se ci pensate, perch la violenza carnale non ha nulla a che vedere con il sesso. Lo stupro un crimine violento, che non riguarda la passione o il desiderio, ma solo la prevaricazione. E un atto di rabbia, di odio, che non ha nulla a che vedere con il sesso, lo usa solo come arma." Jess guard la maestosa e antica aula, con gli alti soffitti e le ampie finestre, il rivestimento di legno scuro alle pareti e il marmo nero che contornava le pesanti porte di legno. Alle spalle del giudice, sulla destra, un cartello avvertiva: UDIENZA IN COR 12 SO. VIETATO ENTRARE. Sulla sinistra un altro cartello dichiarava: SILENZIO. VIETATO FUMARE, MANGIARE, PARLARE. VIETATO L'ACCESSO AI BAMBINI. La parte riservata agli spettatori, composta da otto file di pan che intarsiate dai pi diversi graffiti, aveva un pavimento di piastrelle bianche e nere. Proprio come nei film, pens Jess, grata di essere stata assegnata all'aula del giudice Harris negli ultimi diciotto mesi e non a una delle nuove aule, pi piccole, che si trovavano ai piani bassi. "La difesa vuole farvi credere altrimenti", continu Jess, guar dando negli occhi i giurati uno per uno, prima di spostare il di scorso sull'accusato, Douglas Phillips, un uomo bianco dall'a spetto ordinario e dall'aria rispettabile nel suo abito blu e cravatta a tinte spente. L'uomo fece una smorfia con la bocca prima di volgere lo sguardo in basso, verso il tappeto marrone. "La difesa vuole farvi credere che quanto accaduto fra Douglas Phillips ed Erica Barnowski stata un'unione consensuale. Vi stato detto che la sera del 13 maggio 1992 Douglas Phillips ha incontrato Erica Barnowski in un bar per single, chiamato Red Rooster, e le ha pagato da bere. Sono stati chiamati diversi te stimoni che hanno confermato di averli visti, mentre bevevano e ridevano insieme, e hanno giurato che Erica Barnowski ha lasciato il bar con

Douglas Phillips di sua spontanea volont. Erica Bar nowski stessa lo ha ammesso nella sua deposizione. "Ma la difesa vuole anche farvi credere che quanto accaduto do po avere lasciato il bar stato un atto di passione incontrolla bile fra due adulti consenzienti. Douglas Phillips spiega i livi di sulle gambe e sulle braccia della vittima come lo spiacevole risultato dell'avere fatto l'amore in una piccola e scomoda auto mobile europea. Inoltre, nega l'attacco isterico della vittima, testimoniato da diverse persone presenti nel parcheggio e in se guito constatato dal dottor Robert Ives al Grant Hospital, giustificandolo come la reazione di una donna isterica per essere stata usata e gettata via come, cito la sua frase, 'un Kleenex usato." Jess concentr la sua attenzione su Erica Barnowski che era sedu ta con Neil Strayhorn al banco dell'accusa, di fronte alla giu ria. La donna, che aveva ventisei anni ed era incredibilmente pallida e bionda, stava seduta immobile su una sedia di pelle ne ra con uno schienale alto. L'unica cosa che si muoveva in lei era il labbro inferiore, che aveva tremato per tutto il processo, rendendo a tratti la sua testimonianza incomprensibile. Tuttavia, non c'era nulla di delicato in quella donna: i suoi capelli erano troppo gialli, gli occhi troppo piccoli, la camicetta troppo blu, troppo dozzinale. Non c'era nulla che ispirasse compassione, nul la che potesse far scattare l'essenziale piet nei cuori dei giu rati, e Jess lo sapeva. "Ha avuto qualche problema in pi per spiegare i tagli sul collo e sulla gola", continu Jess. "Non voleva ferirla, dice. Era solo un coltellino, dopotutto, lungo appena qualche centimetro, e lo ha estratto soltanto quando lei ha iniziato a dare in escande scenze. Sembrava addirittura che la eccitasse, vi ha detto, pen sava che le piacesse. Come poteva sapere che invece non le piace va? Come poteva sapere quello che lei voleva? In fondo, non era forse andata al Red Rooster per cercare un uomo? Non gli aveva 13 permesso di offrirle da bere? Non aveva riso delle sue battute e gli aveva permesso di baciarla? E non dimenticate, signori giura ti, che non indossava le mutandine!" Jess respir a fondo, tornando a guardare i membri della giuria che ora pendevano dalle sue labbra. "La difesa ha molto insistito sul fatto che, quando and al Red Rooster, quella sera, Erica Barnowski non indossava biancheria intima. Un chiaro invito, vor rebbero farvi credere, un implicito consenso. Qualunque donna che vada in un bar per single senza mutande manifesta un chiaro invi to, un consenso prima ancora dell'atto. Erica Barnowski cercava un'esperienza eccitante ed proprio quello che ha trovato. Oh, forse ha avuto anche pi di quello che chiedeva, ma avrebbe dovu to aspettarselo. "Be, forse s. Forse andare in un bar come il Red Rooster e la sciare a casa le mutandine non stata la cosa pi intelligente che Erica Barnowski potesse fare, ma l mancanza di buon senso di una persona non elimina la necessit di decenza di un'altra. Non crediate che Douglas Phillips abbia equivocato i segnali. Non fa tevi ingannare, accettando l'idea che quest'uomo che ripara com puter per guadagnarsi da vivere, che non ha nessuna difficolt nel decodificare la complessa terminologia del software, abbia problemi nel capire la differenza fra un semplice s e un no. 'No un concetto cos difficile da capire per un uomo adulto? 'Nosignifica semplicemente no! Ed Erica Barnowski ha detto no chiaro e forte, signore e signori. Anzi, non lo ha solo detto, lo ha urlato, cos forte e cos tante volte che Douglas Phillips ha dovuto puntarle un coltello alla gola per farla stare zitta." Jess si ritrov a parlare rivolta quasi esclusivamente a un giu rato della seconda fila, una donna sulla cinquantina, dai capelli castano chiaro, dai lineamenti marcati e tuttavia stranamente de licati. C'era qualcosa nel viso di quella donna che l'affascina va; l'aveva notata sin dalle prime fasi del processo e spesso si era trovata a parlare rivolta quasi esclusivamente a lei. Forse era lo sguardo intelligente dei suoi occhi grigio chiaro, forse la maniera in cui piegava la testa quando si sforzava di capire un punto difficile. Forse era solo che era vestita meglio della maggior parte dei giurati, alcuni

dei quali indossavano blue jeans e maglioni sgualciti, o forse era perch Jess sentiva che la stava convincendo e che attraverso di lei avrebbe potuto rag giungere gli altri. "Ora, non ritengo di essere un'autorit in materia di uomini", afferm Jess e sent una vocina dentro di s che rideva, "ma fac cio fatica a credere che qualunque uomo che sia costretto a pun tare un coltello alla giugulare di una donna per fare l'amore con lei, creda onestamente che questa sia consenziente." Jess fece una pausa, scegliendo con cura le parole. "Mi permetto di sugge rirvi che, anche in quelli che riteniamo essere tempi moderni, questa equazione risulta essere molto grave nella contea di Cook; tanto grave che la difesa cerca di convincervi che il fatto che Erica Barnowski non indos sasse biancheria intima pi condannabile del fatto che Douglas Phillips le puntasse un coltello alla gola." Lo sguardo di Jess si rivolse alla doppia fila di giurati che in dossavano una fascia rossa con la scritta bianca che diceva GIU RATO. "Douglas Phillips sostiene che Erica Barnowski era consen ziente", afferm. "Be, non forse ora di smettere di guardare 14 allo stupro dal punto di vista dello stupratore? Non giunta l'ora di smettere di accettare quello che gli uomini pensano e di iniziare ad ascoltare quello che dicono le donne? Il consenso non un concetto unilaterale, signore e signori, va in due direzio ni, richiede un accordo fra entrambe le parti. Ci che accadde la notte del 13 maggio non fu un atto sessuale consensuale. "Erica Barnowski pu anche avere commesso un errore di valutazio ne", prosegu Jess per concludere, "ma Douglas Phillips colpe vole di stupro." Torn alla sua sedia e diede una leggera pacca alle mani sorpren dentemente calde di Erica Barnowski, che la ringrazi con un sor riso appena accennato. "Brava", sussurr Neil Strayhorn, ma nessun cenno arriv dal ban co della difesa, dove Douglas Phillips e il suo avvocato Rosemary Michaud tenevano risolutamente lo sguardo fisso davanti a s. Rosemary Michaud aveva solamente cinque anni pi di Jess, ma sem brava che ne avesse almeno il doppio. Portava i capelli scuri le gati in una severa crocchia ed era truccata in modo quasi imper cettibile. A Jess aveva sempre ricordato lo stereotipo della zia zitella, sebbene quella zitella fosse gi stata sposata tre volte e ora si mormorava avesse una relazione con un ufficiale del di partimento di polizia. Tuttavia, nella legge come nella vita, ci che conta non come stanno le cose, ma come appaiono. L'immagi ne, come dicono i pubblicitari, tutto. E Rosemary Michaud sem brava quel tipo di donna che non avrebbe mai difeso un uomo, se l'avesse creduto colpevole di un atto cos vile come uno stupro o, meglio, di una violenza sessuale aggravata, come veniva defi nito legalmente. Con il suo aspetto tradizionale e il viso puli to, Rosemary Michaud dava l'impressione che la sola idea di di fendere un uomo colpevole di un reato simile la offendesse pro fondamente. Douglas Phillips era stato furbo a sceglierla. I motivi per i quali Rosemary Michaud aveva accettato di difende re Douglas Phillips erano difficili da immaginare, anche se Jess sapeva bene che non era compito di un avvocato stabilire la col pevolezza o l'innocenza; per quello c'era l'intero sistema giudi ziario. Quante volte aveva sentito discutere e aveva a sua volta discusso sul fatto che, se gli avvocati si fossero comportati co me i giudici e i giurati, l'intero sistema giudiziario sarebbe crollato? La presunzione d'innocenza era una necessit imprescin dibile: tutti avevano diritto alla migliore difesa possibile. Il giudice Earl Harris si schiar la voce, avvisando la corte che stava per impartire le istruzioni alla giuria. Harris era un bel l'uomo sulla sessantina, dal viso leggermente abbronzato e cir condato da morbidi riccioli grigi che esprimeva una genuina bont e i suoi occhi scuri rivelavano una dolcezza che sottolineava an cora di pi il suo profondo impegno per la giustizia. "Signore e signori della giuria", inizi, risvegliando l'interes se generale, "voglio ringraziarvi per l'attenzione e per il ri spetto che avete mostrato a questa corte nei giorni scorsi. Casi come questi non sono mai semplici, le emozioni sono intense, ma vostro preciso dovere lasciare i sentimenti

personali fuori dalla sala dei giurati e concentrarvi sui fatti." L'attenzione di Jess era rivolta non tanto al messaggio, quanto piuttosto al modo in cui veniva recepito dai giurati, che ascol tavano attentamente. 15 Quale parte della verit sarebbero stati pi propensi ad accetta re? si chiese, consapevole di non poter predire il verdetto. Quando, quattro anni prima, aveva iniziato a fare quel lavoro, si era sorpresa nel constatare quanto potessero rivelarsi sbagliate le sue supposizioni al riguardo. La donna con gli occhi intelligenti toss, coprendosi la bocca con una mano. Jess sapeva che le donne della giuria, in un processo per stupro, sono pi difficili da convincere degli uomini. Era una sorta di rifiuto: solo dopo essersi convinte che quanto era accaduto dipendeva in qualche modo dalla vittima pote vano sentirsi al sicuro e pensare che niente di simile sarebbe successo a loro. Dopotutto, loro non sarebbero state cos impru denti da uscire sole di notte, accettare un passaggio da uno sco nosciuto, abbordare un uomo in un bar e non indossare le mutandi ne. No, loro erano pi furbe, erano troppo consapevoli del peri colo e non sarebbero mai state violentate, perch non si sarebbe ro mai messe in una situazione cos vulnerabile. La donna si accorse che Jess la stava osservando e si mosse sulla sedia, raddrizzando un pole spalle per poi riaccomodarsi. Di profilo, appariva ancora pi interessante, il naso pi affilato e la forma del viso pi convessa; c'era qualcosa di familiare in lei che Jess not per la prima volta: la maniera in cui, di quan do in quando, si toccava le labbra con un dito, il modo in cui piegava il collo quando venivano pronunciate frasi importanti, la sua fronte, le sopracciglia sottili. Mi ricorda qualcuno, si dis se Jess, respirando profondamente e cercando di bloccare i pen sieri che stavano prendendo corpo nella sua mente. No, non lo fa r, pens ancora, mentre guardava attentamente l'aula, sentendo uno strano formicolio invaderle le braccia e le gambe. Resistette all'impulso di fuggire. Calmati, si disse severamente, sentendo il respiro affannato, le mani sudate e le ascelle bagnate di sudore. Perch proprio ades so? si domand, combattendo il panico che avanzava e cercando di recuperare la calma. Perch le accadeva in quel momento? Si costrinse a posare di nuovo lo sguardo sulla donna della giu ria, che era leggermente piegata in avanti sulla sua sedia, come se si fosse accorta del rinnovato interesse di Jess nei suoi ri guardi e decisa a non lasciarsi intimidire. La donna si volt per guardarla direttamente negli occhi. Jess incontr il suo sguardo e lo sostenne per un istante, poi chiuse gli occhi, sollevata. A che cosa ho pensato? si chiese, sentendo i muscoli della schiena che iniziavano a rilassarsi. Che cosa poteva avere generato una tale associazione? Quella donna non assomiglia a nessuno che io conosca o che abbia mai conosciu to e certo non alla donna che per un istante ho immaginato che fosse, pens, sentendosi sciocca e vergognandosi un po. No, non aveva nulla che assomigliasse a sua madre. Jess abbass la testa in modo che il mento quasi spar nel col letto rosa della sua camicetta di cotone. Erano gi passati otto anni dalla scomparsa di sua madre, otto anni da quando era uscita di casa per andare a un appuntamento con un medico e non era mai pi tornata. Otto anni da quando la polizia aveva smesso di cer carla e l'aveva dichiarata probabile vittima di un omicidio. Nei giorni, nei mesi e poi negli anni che avevano seguito la scomparsa di sua madre, le era parso mille volte di vedere il suo viso fra la folla. Le succedeva di continuo. Mentre faceva la 16 spesa, la vedeva spingere un carrello stracarico nel corridoio di fianco, a una partita di baseball sentiva chiaramente la sua voce che tifava per i Cubs. Sua madre era sempre la donna che si na scondeva dietro al giornale nei sedili in

fondo all'autobus, la donna nel sedile anteriore di un taxi che viaggiava nella dire zione opposta o quella che correva dietro al suo cane lungo il fiume. Con il passare degli anni, le allucinazioni erano diminuite, tut tavia, per un lunghissimo periodo, Jess aveva sofferto di incubi e di attacchi di panico che la colpivano in qualunque luogo e a qualunque ora, cos violenti da privarla di ogni energia. Inizia vano con un tremito alle braccia e alle gambe che diventava pre sto una sorta di paralisi, mentre un'ondata di nausea s'imposses sava di lei. Gli attacchi finivano talvolta dopo alcuni minuti, talvolta dopo ore, lasciandola priva di forze, sopraffatta e ma dida di sudore. Gradualmente e dolorosamente, come chi impara a camminare di nuo vo dopo un incidente, Jess aveva riacquistato l'equilibrio, la fiducia in s e l'autostima. Aveva smesso di aspettarsi che sua madre entrasse da un momento all'altro dalla porta e di sussultare ogni volta che suonava il telefono, sperando di sentire la sua voce all'altro capo del filo. Non ave va pi avuto incubi e gli attacchi di panico erano diventati sem pre meno frequenti, fino a scomparire. Jess si era ripromessa che non sarebbe mai pi stata cos vulnerabile e impotente, ma ora quel formicolio alle braccia e alle gambe era tornato. Perch? Perch proprio quel giorno? Sapeva perch: Rick Ferguson. Jess lo vide riaffiorare fra le immagini della memoria, il suo ghigno crudele che le circondava il collo come un cappio. "Non una buona idea fare leva sulla mia parte oscura", lo ud ripetere con una voce dura, le mani strette a pugno lungo i fianchi. "La gente che m'infastidisce di solito... scompare." Scompare. Come mia madre. Jess cerc di concentrarsi su quello che il giudice Harris stava dicendo, ma l'immagine di Rick-Ferguson continuava a comparire proprio di fronte al banco del pubblico ministero, gli occhi scu ri che la sfidavano a provocarlo. Che razza di rapporto c' fra me e gli uomini con gli occhi scu ri? si domand Jess, mentre un insieme di immagini di occhi ca stani le affollava la mente: Rick Ferguson, Greg Oliver, suo pa dre e il suo ex marito. L'^immagine del suo ex marito sovrast rapidamente le altre. tipico di Don essere cos incombente, anche quando non presen te, pens. Di undici anni pi vecchio di lei, Don era stato il suo consigliere, il suo amante, il suo protettore e il suo amico. "Non ti lascer lo spazio necessario per crescere", l'aveva av vertita sua madre, quando lei aveva annunciato di voler sposare quell'uomo impetuoso che era stato suo professore durante il pri mo anno di universit. "Datti un'altra possibilit", l'aveva pregata. "Perch tanta fretta?" Ma, come ogni figlia ribelle, pi sua madre si opponeva, pi lei si faceva ostinata, fino a quando l'opposizione di sua madre divenne il motivo principale dell'u nione fra Jess e Don, che si erano sposati subito dopo la sua scomparsa. 17 Don aveva immediatamente preso il controllo della situazione. Du rante i loro quattro anni insieme, lui aveva scelto i luoghi dove andare, gli appartamenti nei quali vivere, i mobili da comprare; aveva deciso anche chi erano le persone da frequentare, le cose da fare, che cosa doveva mangiare Jess e come si doveva vestire. Forse era stata colpa sua. Forse era quello che aveva voluto, di cui aveva avuto bisogno, che aveva cercato negli anni successivi alla scomparsa di sua madre: la possibilit di non dover prendere decisioni importanti, di essere curata e nutrita, la possibilit di scomparire e di nascondersi in un'altra persona. All'inizio, Jess non aveva fatto obiezioni al fatto che Don diri gesse la sua vita. Non sapeva forse che cosa era meglio per lei? Non gli importava innanzi tutto il suo bene? Non era forse sempre l, pronto ad asciugare le sue lacrime, a prendersi cura di lei durante i suoi attacchi di panico? Come poteva sopravvivere senza di lui? Ma lentamente, persino involontariamente, Jess aveva iniziato a lottare per riaffermare se stessa. Aveva cominciato a discutere, a indossare i colori che preferiva e che a lui non piacevano, a mangiare porcherie prima di andare al suo ristorante preferito, a rifiutare di vedere i suoi amici. Infine, aveva fatto

domanda per lavorare come pubblico ministero nell'ufficio del procuratore di Stato, invece di lavorare nello studio di Don. In ultimo, se n'e ra andata. Ora viveva all'ultimo piano di un vecchio edificio di mattoni scuri nella parte pi vecchia della citt, invece che in un ap partamento da sogno in centro, in un edificio di vetro, ordinava pizza e il suo migliore amico, all'infuori di sua sorella, era un canarino giallo di nome Fred. E se non era pi lo spirito allegro di prima della scomparsa di sua madre, almeno non sembrava nemme no pi l'invalida che si era permessa di diventare durante il suo matrimonio con Don. "Voi siete qui per assicurare che sia fatta giustizia", concluse il giudice Harris. " solo con un vostro gesto di giustizia e di imparzialit, con il vostro rifiuto di farvi coinvolgere emotivamente dalla vittima o dall'accusato, basando le vostre de cisioni esclusivamente sui fatti, che farete di questo edificio scuro e triste un vero tempio della giustizia." Jess aveva sentito altre volte il giudice Harris pronunciare quel discorso e si era sempre commossa. Osserv che effetto aveva fat to sui giurati: uscirono in fila dall'aula come guidati da una stella luminosa. Erica Barnowski non disse nulla, mentre l'aula si svuotava. Solo dopo che l'accusato e il suo avvocato si furono alzati ed ebbero lasciato la sala, si alz e fece un cenno con il capo verso Jess. Neil Strayhorn le spieg che l'avrebbero avvertita quando la giu ria avesse raggiunto il verdetto; potevano volerci alcune ore o forse dei giorni, e lei si sarebbe dovuta tenere disponibile. "Mi metter in contatto con lei non appena so qualcosa", disse Jess salutandola e rimase a osservare la giovane donna camminare veloce verso gli ascensori. Involontariamente, il suo sguardo si pos sui fianchi morbidi di Erica Barnowski. "Non vedo il segno delle mutandine", disse la voce di Greg Oliver nella sua mente. Volt la testa e la scosse leggermente, come per scacciare quei pensieri morbosi. 18 "Hai fatto un ottimo lavoro", disse Jess al suo assistente. "Sei stato chiaro e hai messo in luce gli argomenti essenziali; hai fornito ai giurati tutti i fatti di cui hanno bisogno per giudi care. Adesso vaa mangiare qualcosa di caldo", continu, prima che Neil potesse replicare. "Io andr fuori a respirare una boc cata d'aria fresca." Invece di prendere l'ascensore, nonostante i sette piani, Jess scese le scale a piedi; le avrebbe fatto bene un podi moto. For se avrebbe fatto una bella passeggiata, sarebbe andata a comprar si gli stivali di cui aveva bisogno e si sarebbe regalata anche un nuovo paio di scarpe. O forse avrebbe preso solo un hot dog al chiosco all'angolo, poi sarebbe ritornata in ufficio ad aspettare il verdetto e a lavorare al prossimo caso. Prese questa decisione mentre attraversava l'ingresso con il pavimento di marmo. L'aria fredda la colp con violenza sul viso. Alz il collo del cappotto e acceler il passo, sbirciando verso l'angolo af follato della strada per assicurarsi che Rick Ferguson non la stesse aspettando. "Un hot dog con tutto", ordin con sollievo, osservando il venditore mettere un gigantesco hot dog sul pane di sesamo e spalmarlo di maionese e senape. "Benissimo, grazie." Gli mise in mano una manciata di monete e diede un morso al panino. "Quante volte ti devo dire che quelle robacce sono micidiali?" La voce, tonante e allegra, arriv all'improvviso dalla sua destra e Jess si volt nella sua direzione. "Sono grasso solidificato, as solutamente letale." Jess ebbe la tentazione di strofinarsi gli occhi, incredula. "Mio Dio, stavo proprio pensando a te." "Pensieri buoni, spero", comment Don Shaw. Jess rimase a fissare il suo ex marito, come indecisa se la sua apparizione fosse reale o il frutto della sua fantasia. Ha una presenza fisica soverchiante, pens, mentre il movimento sulla strada sembrava diventare un pallido sfondo. Nonostante fosse di media altezza, tutto in lui sembrava avere dimensioni enormi: le mani, il petto, gli occhi.e le ciglia cos lunghe che erano l'in vidia di tutte le donne che conosceva.

Che cosaci faceva l? si chiese. Non si era mai imbattuta in lui prima di allora, sebbene frequentassero gli stessi ambienti di lavoro. Non parlava con Don da mesi e ora le era bastato pensare a lui perch comparisse all'improvviso. "Lo sai che non riesco a sopportare di vederti mangiare quelle schifezze", disse, afferrando l'hot dog dalle sue mani e gettan dolo in un vicino bidone della spazzatura. "Ma che cosa fai?" "Avanti su, lascia che ti offra del cibo vero." "Non posso crederci!" Jess fece cenno al venditore di prepararle un altro hot dog. "Tocca questo e perdi la mano", lo avvert, e non era uno scherzo. "Uno di questi giorni ti sveglierai grassa", l'avvert lui, poi sorrise, un sorriso accattivante, al quale era impossibile non rispondere. Jess s'infil met panino in bocca, pensando che non era buono come il primo. "Allora, dove sei stato in tutto questo tem po?" gli domand. "Che cosa sono queste voci sulla tua nuova fi danzata?" Dopo avere pronunciato quelle parole, si sent improv visamente a disagio e si tolse alcune briciole immaginarie dalla giacca. 19 "Chi ha mai parlato di una nuova fidanzata?" S'incamminarono lentamente per la Ventiseiesima strada, sincro nizzando i loro passi. Intorno a loro camminavano, indifferenti, poliziotti, prostitute e spacciatori. "Le voci corrono, avvocato", disse Jess, sorpresa di scoprirsi curiosa di conoscere i dettagli della sua nuova relazione, forse persino un pogelosa. Non aveva mai pensato a lui impegnato in una nuova storia d'amore; dopotutto, Don rappresentava il suo ni do, colui che sarebbe sempre stato l per lei. "Come si chiama? Che aspetto ha?" "Si chiama Trish", rispose lui prontamente, "ed molto intelli gente, molto carina, ha i capelli molto corti e molto biondi e una risata molto diabolica." "Un sacco di superlativi." Don rise, senza fornire altre informazioni. "E un avvocato?" "Nemmeno per sogno." Poi fece una pausa. "E tu? Vedi qualcuno in particolare?" "Solo Fred", rispose Jess, inghiottendo il resto del panino e ap pallottolando la carta. "Tu e quel dannato canarino giallo." Arrivarono all'angolo e aspettarono che il semaforo diventasse verde. "Ti devo confessare una cosa", disse, prendendola per il gomito e facendole attraver sare la strada. "Ti sposi?" Lei stessa si stup della rapidit con cui gli aveva fatto quella domanda che non avrebbe voluto fargli. "No", disse lui allegramente, ma il tono della sua voce lo trad. C'era qualcosa di serio, lo si vedeva dall'espressione del suo viso. "Si tratta di Rick Ferguson." Jess si ferm pietrificata in mezzo alla strada, la carta del l'hot dog le cadde di mano. Doveva avere capito male. "Che cosa?" "Avanti, Jess", la incit Don, tirandola per il braccio, "ci fa rai investire tutti e due." Jess si ferm nuovamente non appena ebbero raggiunto il marcia piede. "Che cosa sai di Rick Ferguson?" "E'mio cliente." "Che cosa?" "Non ci siamo incontrati per caso, Jess", le disse Don con aria intimorita. "Ho telefonato al tuo ufficio e mi hanno detto che eri in tribunale." "Da quando rappresenti Rick Ferguson?" "Dalla settimana scorsa." "Non posso crederci. Perch?" "Perch me lo ha chiesto. Che razza di domanda mi fai?" "Rick Ferguson un mostro; non riesco a credere che tu abbia ac cettato di difenderlo." "Jess", disse Don pazientemente, "sono un avvocato difensore, fa

parte del mio lavoro." Jess annu. Nonostante il suo ex marito si fosse costruito una solida fama e un'ottima posizione sociale proprio difendendo gen te di quel tipo, non era mai riuscita a capire come un uomo cos buono e gentile potesse difendere i diritti di coloro che non avevano che pensieri violenti, come un uomo con un'intelligenza cos acuta potesse usarla per difendere persone che erano soltan to crudeli e arroganti. 20 Jess sapeva che Don era sempre stato affascinato dagli elementi pi emarginati della societ, ma dopo il loro matrimonio questa attrazione sembrava essersi accentuata. Accettava, infatti, sem pre pi spesso casi evidentemente disperati, che tutti gli altri avvocati rifiutavano, vincendo le cause pi spesso di quanto le perdesse. Rifiut l'idea di dover affrontare il suo ex marito in tribunale; era gi accaduto due volte, nei quattro anni precedenti, e lui aveva vinto in entrambe le occasioni. "Jess, non ti mai passato per la mente che quell'uomo possa es sere innocente?" "Quell'uomo, come tu molto generosamente lo definisci, stato identificato dalla donna che ha aggredito." "E lei non potrebbe essersi sbagliata?" "Ha fatto irruzione nel suo appartamento e l'ha picchiata fino a farle quasi perdere i sensi, poi l'ha fatta spogliare, piano pia no, un indumento alla volta, cos che lei ha avuto un bel podi tempo per guardarlo bene in faccia prima che lui la violentasse e la sodomizzasse." "Rick Ferguson ha un alibi di ferro per il momento in cui avve nuta l'aggressione", le ricord Don. Jess lo schern. "Lo so, stava facendo visita alla madre." "La donna ha dato la sua casa come garanzia per la cauzione ed pronta a testimoniare sotto giuramento. Per non parlare poi del fatto che, in questa citt, ci sono migliaia di uomini che corri spondono in tutto e per tutto alla descrizione fisica di Rick Ferguson. Che cosa ti rende cos sicura che sia proprio lui il tuo uomo?" "Ne sono certa." "Cos? Senza motivo?" Jess gli raccont che Rick Ferguson, quella mattina, l'aveva aspettata davanti al suo ufficio e che avevano avuto una breve discussione nell'atrio del tribunale. "Vuoi forse dire che ti ha minacciata?" Jess not che Don stava facendo uno sforzo per rimanere neutrale, per fingere che lei fosse soltanto un avvocato, un suo collega, e non qualcuno di cui gli importava ancora molto. "Sto dicendo che non capisco perch tu sprechi il tuo talento con gente simile", gli disse gentilmente. "Non eri tu che mi dicevi che la pratica di un avvocato in ultima analisi un riflesso della sua persona lit?" Lui sorrise. "Mi fa piacere sapere che mi ascoltavi." Jess si avvicin e gli diede un bacio sulla guancia. " meglio che torni al lavoro." "Immagino che questo significhi che non hai intenzione di ritira re la denuncia." La sua affermazione assunse il tono di una do manda. "Nemmeno per sogno." Don sorrise tristemente, prendendole la mano e accompagnandola verso il palazzo di Giustizia, stringendo le sue piccole dita nella sua mano forte, prima di lasciarla. Vuole controllare che io entri senza che mi accada nulla, pens Jess mentre saliva in fretta gli scalini di pietra. Ma quando arriv in cima e si gir, vide che Don se n'era andato. 21

GLI incubi cominciavano sempre nella stessa maniera: Jess era se duta nella sala d'attesa di un medico e stava leggendo una vec chia rivista, quando squillava un telefono. "E sua madre", la in formava il dottore, estraendo il telefono dalla sua grande borsa di cuoio scuro e passandoglielo. "Mamma, dove sei?" domandava Jess. "Il dottore ti sta aspettan do." "Vieni al John Hancock Building fra quindici minuti. Ti spiegher tutto quando ci vediamo." Improvvisamente, Jess si trovava davanti a una schiera di ascen sori, ma per quanto continuasse a premere tutti i pulsanti, nes sun ascensore si fermava al suo piano. Dopo avere trovato la sca la, si precipitava gi per i sette piani, ma la porta d'uscita era chiusa a chiave; allora tirava, spingeva, gridava e implorava perch qualcuno l'aiutasse, ma la porta rimaneva chiusa. Un attimo dopo, era di fronte all'Art Institute in Michigan Ave nue, con il sole che l'accecava. "Entri", le gridava dall'ultimo gradino dell'imponente costruzione una donna dai capelli castani e gli occhi grigi. "La visita sta per cominciare e lei sta facen do aspettare tutti." "Non posso proprio rimanere, davvero", diceva Jess alle altre persone, i cui volti erano sfocati, a esclusione dei loro occhi marroni e delle bocche rosse. Il gruppo si fermava alcuni minuti davanti al capolavoro di Seurat: La Grande latte. "Giochiamo a unire i puntini", gridava Don, proprio mentre Jess riusciva a liberarsi e a correre fuori, giusto in tempo per sali re su un autobus che stava partendo. L'autobus, per, si dirigeva nella direzione sbagliata e terminava la sua corsa in Union Sta tion. Allora Jess saltava su un taxi, ma il conducente non capiva l'indirizzo e la portava in Roosevelt Road. Quando scendeva dall'auto, lui la stava aspettando, una figura nera senza volto, in piedi, immobile a lato della strada. Jess cercava immediatamente di risalire sull'auto, ma il taxi era gi partito e, lentamente, l'ombra nera le si avvicinava. "Aiuto!" gridava lei, mentre saliva a rotta di collo i gradini della casa dei suoi genitori, spalancava la porta e la richiudeva con vio lenza alle sue spalle, cercando disperatamente di serrare il ca tenaccio mentre la mano della morte afferrava la porta. Poteva vederne con chiarezza il viso: Rick Ferguson. "No!" grid Jess, sedendosi sul letto con il cuore che le batteva all'impazzata e le lenzuola bagnate di sudore. Jess, portandosi le ginocchia al mento e piangendo, pens che non c'era da meravigliarsi che le fosse apparso un volto conosciuto. Un prodotto dei suoi pensieri pi oscuri era uscito quasi lette ralmente dal mondo dei sogni per entrare nella realt; gli incubi che l'avevano perseguitata un tempo erano ritornati e l'immagine adesso aveva un nome: Rick Ferguson. Spinse indietro le lenzuola umide e cerc di alzarsi in piedi, ma sent le gambe cedere. Cadde sul pavimento, cercando di respirare regolarmente e temendo di essere sul punto di vomitare. "Oh, mio Dio", mormor, rivolgendosi al panico come se fosse stata una persona presente nella stanza. "Ti prego, basta. Vattene, ti pre go." Jess si sforz di raggiungere la lampada bianca che si trovava sul comodino di fianco al letto e accese la luce. La camera si illumin d'improvviso: delicati toni di rosa che si mescolavano 22 al grigio e al blu, un letto a due piazze, un tappeto, una sedia a dondolo bianca, sulla quale aveva appoggiato i vestiti per il giorno seguente, una cassettiera, un piccolo specchio, un poster di Niki de Saint Phalle e un altro di Henri Matisse. Cerc di tornare alla normalit concentrandosi sui nodi del legno del pa vimento di quercia, sui ricami delle tende color pesca, sul pi mino bianco e sull'alto soffitto. Uno dei vantaggi di vivere in un vecchio edificio erano proprio i soffitti alti. Non funzionava. Il cuore continuava a batterle velocissimo, men tre il respiro le si bloccava in gola. Di nuovo si costrinse ad alzarsi, barcollando sulle gambe, e si diresse verso il piccolo bagno, dove apr il rubinetto e si bagn il viso e le spalle con l'acqua fredda, lasciando che le gocce le scivolassero dentro la camicia da notte, sul seno e sul ventre.

Si appoggi alla vasca da bagno e guard il water: vomitare era la cosa che odiava di pi. Da quando era bambina e aveva fatto un'indigestione di liquirizia e gelato alla festa di compleanno di Allison Nichol, aveva avuto paura di vomitare. Per anni, tutte le sere, prima di andare a letto, chiedeva a sua madre: "Star bene?" e ogni sera sua madre le rispondeva pazientemente di s. "Me lo prometti?" insisteva la bambina. "Te lo prometto", era sempre la risposta. Ora quell'incubo che l'aveva angosciata dopo la scomparsa di sua madre era tornato, insieme con il respiro affannoso, il tremito alle mani, la paralisi e la paura senza nome che scuoteva ogni fibra del suo corpo. Jess pens che non era giusto restare piega ta sul water, battendo i denti al pensiero di quanto sarebbe po tuto seguire, cercando di resistere al dolore che sentiva nel petto, simile alla lama di un lungo coltello. Potrei chiamare Don, pens, appoggiando la guancia alla fredda ceramica del bagno, lui sa sempre che cosa fare. Per tante notti l'aveva tenuta stretta, mentre le sue mani le scostavano i capel li madidi di sudore dalla fronte; abbracciandola l'aveva rassicu rata, come aveva sempre fatto sua madre, dicendole che presto sa rebbe stata bene. S, poteva chiamare Don, lui l'avrebbe aiutata, avrebbe saputo esattamente che cosa fare. Jess si spinse di nuovo fino alla camera, si sedette sull'orlo del letto e prese il telefono, poi si ferm. Sapeva che le sareb be bastato telefonare a Don perch lui s precipitasse l, la sciando quello che stava facendo o la persona con cui poteva es sere, per rimanere con lei per tutto il tempo in cui ne avesse avuto bisogno. Sapeva che lui la amava ancora, che non aveva mai smesso di amarla, e quello era il motivo per cui non lo avrebbe chiamato. Aveva una relazione con un'altra donna, ora. Trish, si ripet, esaminando mentalmente quel nome; forse il diminutivo di Patri cia. Trish con la risata maliziosa. "Molto maliziosa", le parve di sentirlo dire, ricordando l'orgoglio nei suoi occhi. Era stata la possibilit di poter perdere definitivamente Don che le aveva provocato quell'attacco di ansia? Con stupore, si rese conto che era passato: il cuore aveva ripre so a batterle regolarmente, il respiro era tornato normale e non sudava pi. Si lasci cadere sul cuscino, godendo della sensazio ne di benessere e, meravigliata, si rese conto di avere fame. 23 Si diresse allora lungo il corridoio oscuro fino alla cucina, di rigendosi direttamente al frigorifero. Lo apr, ritraendosi al bagliore improvviso di luce, e ne estrasse una scatola di pizze congelate, strappando rapidamente la confezione di una di esse e infilandola nel forno a microonde. Premette il pulsante e poi ri mase ad ascoltare il lieve ronzio delle microonde che circondava no la loro preda congelata, facendo attenzione a non rimanere proprio davanti al forno; Don le aveva ripetuto pi volte di non farlo. "Ma questi apparecchi devono essere sicuri", aveva replicato lei. "Perch rischiare?" era stata la sua pronta risposta. Allora Jess aveva deciso che forse aveva ragione lui e aveva adottato quella precauzione; non si pu mai sapere che cosa possono provocare quei raggi apparentemente innocui. Jess guard il microonde che silenziosamente consumava i suoi se condi, poi si mise con aria di sfida sulla sua traiettoria. "Prendimi!" grid, e rise, sentendosi quasi allegra. Era davvero in piedi nella sua piccola cucina alle tre del mattino a lanciare una sfida al suo forno a microonde? Il timer suon, annunciando che la pizza era pronta, e Jess len tamente la estrasse, mettendola su un piatto, e la port in sala da pranzo. Adorava il suo piccolo appartamento, le era piaciuto sin dal primo momento, dopo essersi arrampicata per tre piani di scale fino alla porta. Era vecchio e aveva diverse vedute inte ressanti, con le finestre che a ovest guardavano su Orchard Street, a un solo isolato dal quartiere dove aveva vissuto da bambina, e molto lontano dal moderno appartamento in Lake Shore Drive, dove invece aveva abitato con Don. Quello che pi le mancava della vita a due era il condividere le piccole cose: avere qualcuno con cui parlare, con cui stare, qualcuno accanto a cui rifugiarsi alla fine della giornata. Era stato bello condividere le grandi idee, i piccoli

successi, le preoccupazioni di ogni giorno. Era stato un conforto essere parte di una coppia, l'aveva fatta sentire al sicuro. Jess accese lo stereo, appoggiato contro la parete sul lato oppo sto rispetto al vecchio divano di velluto che aveva comprato in un negozio che vendeva mobili di seconda mano e rimase ad ascol tare le splendide note del Concerto per violino e pianoforte di Cesar Franck. Accanto a lei, il canarino, nella sua gabbia coper ta per la notte, inizi a cinguettare e Jess si raggomitol nel divano di velluto, ascoltando quella dolce melodia e mangiando la sua pizza al buio. "Signore e signori della corte, avete raggiunto il verdetto?" do mand il giudice. Jess sent una scarica di adrenalina attraversarle tutto il cor po; erano passate quasi ventiquattro ore da quando aveva pronun ciato l'arringa conclusiva. La giuria aveva deliberato per oltre otto ore, prima di decidere che sarebbe stato impossibile rag giungere un verdetto unanime; il giudice Harris, allora, con una certa impazienza, aveva disposto che alloggiassero in un albergo per la notte, con il preciso ordine di non discutere il caso con nessuno. Avevano ripreso la deliberazione alle nove del mattino successivo e, sorprendentemente, un'ora pi tardi erano giunti a una conclusione. 24 Il portavoce dei giurati rispose affermativamente e il giudice Harris ordin all'accusato di alzarsi in piedi. "La giuria ha giudicato l'imputato Douglas Phillips non colpevole." Non colpevole. Jess ebbe la sensazione di essere stata punta da uno spillo e che il suo corpo si stesse lentamente sgonfiando. Non, colpevole. "Oh, Dio, non mi hanno creduta", sussurr al suo fianco Erica Barnowski. Non colpevole. Douglas Phillips abbracci il suo avvocato. Rosemary Michaud ri volse a Jess un discreto sorriso di vittoria. Non colpevole. "Maledizione!" esclam Neil Strayhorn. "Pensavo davvero che ce l'avremmo fatta." Non colpevole. "Ma che razza di giustizia mai questa?" esclam Erica Barnow ski, la voce pi acuta per l'indignazione. "Quell'uomo ha ammesso di avermi puntato un coltello alla gola, santo cielo, e la giuria dice che non colpevole?" Jess non pot fare altro che annuire. Faceva parte del sistema giudiziario da troppo tempo, ormai, per sentirsi delusa dalla co siddetta giustizia. La colpevolezza un concetto relativo, una questione di ombre e di fantasmi, come la bellezza dipende dall'osservatore e la verit soggetta a interpretazioni. "Che cosa faccio adesso?" chiese Erica Barnowski. "Ho perso il lavoro, il fidanzato e anche il rispetto per me stessa. Che cosa faccio adesso?" Non attese una risposta, ma corse via dall'aula prima che Jess avesse il tempo di pensare qualcosa per confortar la. Che cosa avrebbe potuto dirle? Non preoccuparti, domani un al tro giorno? Le cose ti sembreranno meglio domani? sempre buio prima dell'alba? O ancora: chi la fa l'aspetti? Toccher anche a lui? Doveva andare cos? Naturalmente poteva dirle: la prossima volta andr meglio, aiutati che il cielo ti aiuta. E per aggiungere conforto: datti tempo, hai fatto la cosa giusta, presto ti passer. Eccola l, pens, la saggezza dei secoli racchiusa in poche pa role: la vita continua. Jess radun le sue carte, osservando con la coda dell'occhio l'accusato che scambiava strette di mano con i giurati. Pochi minuti dopo, mentre uscivano dall'aula, i membri della giuria evitarono d'incontrare il suo sguardo; la donna con l'espressione intelligente e gli occhi grigio chiaro fu l'unica che la salut.

Jess rispose con un cenno, domandandosi che peso avesse avuto quella donna nella decisione della giuria. Era stata convinta dell'innocenza di Douglas Phillips, oppure era stata lei la ra gione di una decisione tanto lunga e sofferta? Oppure era rimasta l, battendo i piedi con impazienza, in attesa che gli altri co minciassero a vedere le cose a modo suo? Non colpevole. "Vuoi parlarne?" chiese Neil. Jess scosse la testa, senza capire se si sentisse pi in collera o pi triste. In seguito, avrebbero avuto tutto il tempo per ana lizzare e discutere la loro linea difensiva, ma ora nessuno pote va fare pi nulla. Era finita. Lei non poteva pi n cambiare il verdetto n i fatti di quel caso; come aveva detto chiaramente 25 Greg Oliver il giorno prima, nessuna giuria del Paese avrebbe mai condannato per stupro un uomo quando la donna non indossava le mutandine. Jess sapeva di non essere preparata a ritornare in ufficio. Oltre alla sgradevole certezza di dover sopportare il giudizio saccente di Greg Oliver, sapeva di avere bisogno di stare da sola per ave re il tempo di accettare il verdetto, per poter superare lo smac co subito con la sconfitta, la sua rabbia e la sua frustrazione. Il tempo per prepararsi al prossimo caso. In fondo quella era la verit pi grande del sistema giuridico americano: ci che per una persona una questione vitale, per altri solo un "caso". Jess si ritrov in California Avenue senza neppure rendersi conto di avere lasciato il tribunale. Non da me non sapere esattamen te che cosa sto facendo, pens, sentendo il freddo che s'insinua va nella sua giacca di tweed. Le previsioni del tempo annunciava no ancora la possibilit di nevicate. La possibilit di nevicate, ripet in silenzio, come se fosse un concetto interessante; si strinse nella giacca e cominci a camminare. "Potrei anche essere nuda", disse a voce alta, sapendo che nessu no le avrebbe prestato attenzione. Soltanto un'altra vittima del sistema giudiziario, pens, mentre un impulso improvviso la con dusse sull'autobus diretto verso il centro di Chicago. "Che cosa sto facendo?" mormor sottovoce, prendendo posto accan to all'autista. Non era da lei agire impulsivamente. Gli impulsi sono tipici di chi non riesce a controllare la propria vita, pen s, chiudendo gli occhi, con il ronzio del motore che sembrava vibrare dentro di lei. Quando li riapr, non sapeva da quanto tempo si trovasse l o da quando si fosse resa conto che la donna della giuria con i capel li castani e gli occhi grigi era seduta in fondo all'autobus. Non sapeva neppure quando avesse deciso di seguirla, non lo aveva fatto consciamente. Tuttavia era l, a seguire a pochi passi di distanza la donna che, scesa dall'autobus, s'incamminava per Mi chigan Avenue. Che cosa diavolo stava facendo? Alcuni isolati dopo, la donna si ferm per guardare la vetrina di una gioielleria e Jess fece la stessa cosa, cercando di scorgere fra le pietre preziose e i bracciali d'oro la sua immagine ri flessa nel vetro. Non era mai entrata in una gioielleria e l'uni co gioiello che avesse mai indossato era stata la fede nuziale. Don aveva smesso di comprarle oggetti d'oro quando aveva capito che sarebbero rimasti relegati in fondo a un cassetto. Semplice mente, non erano nel suo stile, gli aveva spiegato, si era sempre sentita come una bambina che gioca a essere donna indossando le cose di sua madre. Sua madre, pens, accorgendosi che la donna si era mossa e aveva ripreso a camminare. Come aveva potuto immaginare, anche solo per un istante, che quella donna le somigliasse? Sua madre era molto pi alta e anche pi robusta, per non parlare del diverso colore dei capelli e degli occhi, o del modo di truccarsi. Jess pens, con sicurezza, che sua madre non si sarebbe mai messa un rossetto cos rosa. A differenza di sua madre, quella donna sembrava fri vola e insicura e il trucco pesante appariva come una maschera contro il tempo. No, non c'era nulla di simile fra loro. 26

La donna si ferm davanti a un'altra vetrina e Jess si ritrov a fissare uno sbalorditivo assortimento di borse di pelle. Aveva forse l'intenzione di entrare in quel negozio per farsi un rega lino? Una ricompensa per un lavoro ben svolto? Be, perch no? pens Jess, voltando la testa mentre la donna spingeva la porta ed entrava. Doveva seguirla all'interno? si domand Jess, pensando che una valigetta nuova le avrebbe fatto comodo; la sua era molto vec chia. Don gliel'aveva comprata quando si era laureata e, a diffe renza dei gioielli, non poteva certo dire che il suo regalo non fosse stato apprezzato. Il cuoio nero, una volta lucido, con il tempo era diventato opaco e segnato da innumerevoli graffi, la cucitura era tutta sfilacciata e la cerniera s'impigliava sempre in qualche filo ribelle. Forse era arrivato il momento di com prarne una nuova e tagliare una volta per tutte i legami con il passato. La donna usc dal negozio senza avere comprato nulla, alz il ba vero del suo cappotto verde scuro e infil le mani in tasca. Jess si scopr a imitare i suoi gesti, pochi passi dietro di lei. Attraversarono il Fiume Chicago, con il Wrigley Building che svettava alto su un lato dell'ampia strada e la Tribune Tower sull'altro. Il centro di Chicago era ricco di splendori architet tonici, grattacieli nello stile di Mies van der Rohe, Helmut Jahn e Bruce Graham. La donna continu a camminare per alcuni passi, poi si ferm di colpo. "Perch mi sta seguendo?" domand incollerita, tamburel lando impaziente con le dita sulla manica del cappotto, come un'insegnante che stia interrogando un alunno disattento. Jess si sent improvvisamente come una bambina piccola, terroriz zata all'idea di ricevere una severa sgridata. "Mi dispiace", balbett, chiedendosi di nuovo che cosa stesse facendo. "Non vo levo..." , "L'ho vista sull'autobus, ma non ci ho fatto caso", disse la donna, evidentemente innervosita. "Poi l'ho notata davanti alla gioielleria, ma ho pensato che chiunque ha il diritto di guardare la stessa vetrina che sto guardando io, certa di una coincidenza. Ma quando sono uscita dal negozio di borse e l'ho vista ancora l, ho capito che mi stava seguendo. Perch? Che cosa vuole?" "Non voglio nulla. Davvero, non la stavo seguendo." Gli occhi della donna si strinsero, sfidando quelli di Jess. "Io... io non sono sicura della ragione per cui la sto seguendo", ammise dopo un momento di silenzio. Non riusciva a ricordare un'occasione in cui si fosse sentita altrettanto stupida. "Non stato per lei, sa", inizi a dire la donna, pi calma, "se questo che voleva sapere. Non stato nulla che lei abbia detto o fatto." "Come, scusi?" "Abbiamo trovato tutti che lei sia stata magnifica", continu. "Tutti noi della giuria abbiamo pensato che quello che ha detto sulla mancanza di buon senso che non scusa la mancanza di compor tamento civile verissimo. Ne abbiamo discusso a lungo, con mol ta veemenza." "Per non lo avete accettato", afferm Jess, sorpresa di essere curiosa di capire come la giuria fosse arrivata a quel verdetto. 27 La donna guard il marciapiede. "Non stata una decisione facile e abbiamo fatto quello che pensavamo fosse giusto. Sapevamo che il signor Phillips aveva torto, ma alla fine abbiamo deciso che metterlo in prigione per anni, fargli perdere il lavoro per un errore di giudizio, come lei ha detto..." "Ma io non stavo parlando di un errore di giudizio da parte dell'accusato!" Jess si accorse di avere un tono di terrore nella propria voce. Come potevano avere equivocato? "S, lo sapevamo", spieg rapidamente la donna. "Soltanto che ab biamo pensato che si potesse applicare a entrambi." Magnifico, pens Jess, ingoiando una boccata di aria fredda, in capace di apprezzare l'ironia della situazione.

"Ci sono piaciuti moltissimo i suoi abiti", continu la donna, come se cercasse di consolarla. "I miei abiti?" "S, in particolare quello grigio. Una delle signore voleva chie derle dove l'avesse comprato." "Notavate i miei vestiti?" "Le apparenze sono molto importanti", disse la donna, " quello che ripeto sempre alle mie figlie. La prima impressione quella che conta eccetera." Tese una mano e diede una lieve pacca su quella di Jess. "Lei fa un'ottima impressione, cara." Jess non sapeva se mettersi a gridare o ringraziare. Sent il cuore battere forte sotto la giacca. "In ogni caso", prosegu la donna, "lei ha fatto un ottimo lavo ro." Come poteva una donna con gli occhi cos intelligenti essere cos stupida? si chiese Jess, faticando a respirare. "Ora devo proprio andare", disse la donna, a disagio per il suo silenzio. Fece alcuni passi, poi si ferm. "Si sente bene? un popallida." Jess cerc di parlare, ma riusc solamente ad annuire e a muovere le labbra in quello che nella sua intenzione doveva essere un sorriso di rassicurazione. La donna rispose con un sorriso, poi prese a camminare, girandosi alcune volte a osservare Jess, ferma nello stesso punto. Probabilmente vuole essere sicura che non la seguo, pens lei, chiedendosi nuovamente che cosa le fosse preso. Che cosa aveva pensato di ottenere seguendo quella donna? Che co sa ci faceva l? Si rese conto che stava per avere un dannato attacco di panico. "Oh, mio Dio", mormor, cercando di controllare l'ansia che le faceva girare la testa e le rendeva pesanti le gambe. " ridico lo. Che cosa faccio ora?" I suoi occhi si riempirono di lacrime, che asciug con gesto stizzoso. "Non posso credere che sto per mettermi a piangere in mezzo a Michigan Avenue", si rimprover. "E incredibile! Sto par lando da sola in mezzo a questa dannata strada!" A differenza de gli spacciatori e degli sbandati di California Avenue, i ricchi commercianti di Michigan Avenue vi avrebbero di certo fatto caso, anche se forse sarebbero rimasti impassibili allo stesso modo. Si trascin alla fermata dell'autobus e si appoggi contro la pensilina; anche attraverso la giacca, sentiva il metallo gelido contro la schiena. Non mi lascer prendere dal panico, pens con rabbia, non posso permettere che questi stupidi attacchi abbiano la meglio. 28 Pensa a cose piacevoli, si disse. Pensa a un massaggio, a una va canza alle Hawaii, alle tue nipotine. Immagin le loro soffici testine contro le sue guance fredde e d'un tratto si ricord che avrebbe dovuto essere a casa di sua sorella alle sei. Come poteva andare a cena da sua sorella? E se si fosse trovata in preda a un altro attacco d'ansia? Che cosa avrebbe fatto, se fosse stata male davanti a tutti? Desiderava davvero mostrare le proprie nevrosi a coloro che amava di pi? A che cosa serve una famiglia, se non a questo? avrebbe indubbia mente detto Maureen. Jess sent la bile salirle in gola. Dio, sto per vomitare nel bel mezzo di Michigan Avenue! Cont fino a die ci, poi fino a venti, deglutendo rapidamente, una, due, tre vol te, prima che quella sensazione scomparisse. "Respira profonda mente", le aveva detto migliaia di volte il suo ex marito e lei cominci a farlo, riempiendosi i polmoni di aria e cercando di non piegarsi in due per il dolore. Nessuno not il suo malessere: la gente continu a passarle ac canto come se nulla fosse, un uomo le domand persino l'ora. Non poi molto diverso da California Avenue, pens, mentre l'autobus si fermava e apriva le porte proprio davanti a lei. Scesero alcu ne persone, che le passarono accanto spingendola, come se lei non fosse stata l. Il conducente attese alcuni secondi per darle il tempo di salire, poi alz le spalle, vedendo che rimaneva l im mobile, chiuse le porte e ripart. Jess sent la vampata di aria calda e sporca dello scarico dell'autobus riempirle gli occhi e il naso e la trov stranamente rassicurante.

Poco dopo, il suo respiro torn regolare e lentamente si sent meglio. "Stai bene, ora", si disse, camminando adagio verso il marciapiede e posando con cautela un piede sulla strada, come se stesse entrando in una vasca d'acqua calda. "Stai bene ora, passato." L'auto sembr materializzarsi dal nulla. Accadde cos rapidamente, cos inaspettatamente, che persino men tre stava succedendo Jess ebbe la strana sensazione che capitasse a qualcun altro. Era come se si trovasse fuori dal suo corpo e osservasse la scena insieme alle decine di spettatori che si af follavano intorno a lei. Jess sent qualcosa passarle accanto ra pidamente, spostando l'aria, e vide il proprio corpo girare come una trottola, facendo appena in tempo a scorgere la Chrysler bianca prima che scomparisse dietro l'angolo. Soltanto allora ri torn nel suo corpo accasciato al bordo della strada e sent il bruciore al palmo delle mani e alle ginocchia. Soltanto in quell'istante sent le voci. "Sta bene?" "Mio Dio, pensavo che l'avrebbe ammazzata." "Le passato talmente vicino! L'ha mancata per pochi centime tri!" "Sto bene", afferm qualcuno. Jess riconobbe quella voce come la propria. "Credo di essermi distratta." Per un istante si chiese perch si stesse assumendo la responsabilit di un evento che non era stato in nessun modo colpa sua. Era quasi stata investita da un pazzo alla guida di una Chrysler bianca che non si era nemmeno preoccupato di fermarsi; si era sbucciata mani e ginocchia, ca dendo, la