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I.T.I.S “G. MARCONI” - BARILiceo sperimentale Scientifico Tecnologico

prof. Ettore Righetti

ENERGIA FOTOVOLTAICA

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FONTI BIBLIOGRAFICHELa maggiorparte delle figure, delle tabelle edei grafici riportati nel I Capitolo di questapresentazione è stata tratta dalle seguentipubblicazioni: • CHIMICA FISICA Walter J. Moore - Ed. Piccin

• CHIMICA INORGANICA C.F. Bell, K. Lott Ed.Zanichelli

• COMPLEMENTI DI CHIMICA GENERALE E

INORGANICA V. Caglioti, G. Sartori - Libreria EVV- Roma

• THEORETICAL ELECTROCHEMISTRY L.I. Lantropov - Mir Publishers- Moscow

• ELETTRONICA M. Cataldi - Ed. Vanini

Gli altri capitoli si basano integralmente (comprese le tabelle, le figure e i grafici) sulle pubblicazioni

• ENERGIA ELETTRICA DAL SOLE F.P. Vivoli ISES Italia, ENEA

• L’INTEGRAZIONE DEI SISTEMI FOTOVOLTAICI NELL’EDILIZIA E NELLE INFRASTRUTTURE URBANE Mauro Spagnolo, F.P. Vivoli

Min. dell’industria, Min dellAmbiente, ENEA

IL FOTOVOLTAICO INTEGRATO NEGLI EDIFICI Mario Gamberale, Paolo Fankl, Patricia Ferro

ISES ITALIA e le nuove Fonti Rinnovabili – Collana diretta da Francesco Paolo Vivoli

Un ringraziamento particolare va all’ingegner Francesco Paolo Vivoli dell’E.N.E.A., dalle cui pubblicazioni sono state tratte la maggiorparte delle figure, delle tabelle e dati riportati in questa presentazione

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INDICE DEGLI ARGOMENTI

CAPITOLO I — CENNI TEORICI SULLA CONDUZIONE ELETTRICA NEI CONDUTTORI E NEI SEMICONDUTTORI

1. IL LEGAME METALLICO

2. LA DISTRIBUZIONE DEGLI ELETTRONI NELLE BANDE

3. CONDUTTORI, SEMICONDUTTORI, ISOLANTI

4. IL MECCANISMO DELLA CONDUCIBILITA’ ELETTRICA

5. I SEMICONDUTTORI

6. IL “DOPING” DEI SEMICONDUTTORI

7. LA GIUNZIONE PN E MECCANISMO DELLA GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA NELLA CELLA FOTOVOLATICA (parte I)

8. LA GIUNZIONE PN E MECCANISMO DELLA GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA NELLA CELLA FOTOVOLATICA (parte II)

CAPITOLO II — LA TECNOLOGIA DEL FOTOVOLTAICO

1. CARATTERISITICHE GENERALI

2. LA RADIAZIONE SOLARE

3. LA CELLA FOTOVOLTAICA

4. I COMPONENTI DEL GENERATORE FOTOVOLTAICO: MODULI, PANNELLI, STRINGHE

5. L’IMPIANTO FOTOVOLTAICO

PAGINA INIZIALE

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CAPITOLO I - CENNI TEORICI SUI MECCANISMI DI CONDUZIONE ELETTRICA NEI CONDUTTORI E NEI SEMICONDUTTORI

IL LEGAME METALLICO

Nel reticolo cristallino di un metallo, quasi sempre ogni atomo è vicino ad altri 8 o 12 atomi equidistanti. Questa configurazione estremamente compatta è responsabile dell’elevata densità dei metalli. Se consideriamo come esempio il litio (N.A. 3, configurazione elettronica: 1s2,2s1), osserviamo che con l’unico elettrone di valenza, l’atomo di litio è circondato da 8 vicini. Tale elettrone deve evidentemente legare non un solo vicino, ma tutti e otto. Se consideriamo che questa situazione è la stessa per tutti gli atomi di litio del reticolo cristallino, si può dire che in prima approssimazione un metallo può essere considerato come un insieme di atomi che hanno perso tutti o alcuni elettroni di valenza. Tali elettroni perciò risultano liberi di vagare all’interno del solido. Questo “mare di elettroni” lega gli ioni positivi ordinatamente disposti nel reticolo cristallino. Da un punto di vista concettuale quindi ogni cristallo metallico può essere considerato un’unica molecola e poiché per una molecola è possibile determinare i livelli energetici permessi agli elettroni mediante il metodo degli orbitali molecolari (M.O.), allo stesso modo, con opportune approssimazioni, è possibile determinare i livelli energetici occupati dal “mare di elettroni”. Consideriamo ancora il litio. Quando due atomi, inizialmente lontani e isolati, si avvicinano, i livelli esterni (2s) interagiscono tra loro per dar luogo a due nuovi orbitali, uno legante, l’altro antilegante. La separazione energetica tra i due nuovi livelli è tanto maggiore quanto più vicini sono gli atomi. Mantenendo costante la distanza fra i due atomi di litio, avviciniamo alla stessa distanza un terzo atomo, poi un quarto ecc. Si può dimostrare che con tre atomi si formano tre livelli, con quattro atomi, quattro livelli, con N atomi, N livelli (ogni atomo di litio che si aggiunge fornisce un nuovo livello alla banda 2s), ma pur crescendo la separazione tra livello minimo e massimo, questa si mantiene finita. Se N è dell’ordine del numero di Avogadro i livelli energetici saranno così fitti da costituire una banda di energia (vedi FIG.1). I livelli 1s degli atomi di litio, più interni, interagiscono molto meno, dando luogo ad una banda molto stretta, completamente piena di elettroni.

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LA DISTRIBUZIONE DEGLI ELETTRONI NELLE BANDE

La distribuzione degli elettroni nei livelli presenti nelle bande è fondamentale nella definizione delle proprietà caratteristiche di un metallo. Una tipica curva di distribuzione o di densità elettronica è rappresentata in FIG. 2. Tale curva, in genere rappresentata con N(E), indica il numero di stati elettronici in funzione dell’energia. Evidentemente N(E)dE è il numero di stati compreso tra i livelli di energia E e

E+dE, mentre il numero totale di stati è definito dall’integrale , dove E1 e E2 sono i limiti energetici della banda. Il numero di elettroni che può essere accomodato nella banda è perciò il doppio del valore di questo integrale (per il principio di esclusione di W. Pauli).

Si può dimostrare che il tipo di curva N(E) dipende strettamente dalla configurazione spaziale degli atomi. Un metallo che possa cristallizzare in due forme, come il cobalto (cubica ed esagonale) è caratterizzato quindi da due differenti curve. A parità di altre condizioni sarà allora più stabile quella struttura che comporta un’energia elettronica minore, cioè quella distribuzione N(E) che riesce ad accomodare lo stesso numero di elettroni mantenendo più bassa l’energia totale.

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CONDUTTORI, SEMICONDUTTORI, ISOLANTI

Come abbiamo visto, ogni volta che in un solido si ha interazione tra orbitali atomici, vi è l’allargamento di questi in bande. Oltre che nei metalli, questo fenomeno si verifica perciò anche nei solidi covalenti, come ad esempio nel diamante. Il fatto che i primi siano conduttori elettrici e i secondi siano isolanti dipende dalla posizione relativa delle bande che sorgono per l’allargamento dei vari livelli. Si possono distinguere tre casi illustrati nella Fig.3:

Caso a: le due bande sono così allargate, ovvero i livelli

da cui si formano erano così vicini, che esse si

sovrappongono, formando un’unica banda molto

larga.

Caso b: la fine di una banda coincide con l’inizio dell’altra

(A”-B’) o vi è una separazione energetica

(zona proibita) molto piccola.

Caso c: esiste una notevole distanza energetica tra le due

bande, cioè una zona proibita (A”-B’) molto estesa.

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Fig. 3

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IL MECCANISMO DELLA CONDUCIBILITA’ ELETTRICA Bisogna innanzitutto dire che il fenomeno della conduzione elettrica non risiede solo nella mobilità degli

elettroni, ma nella possibilità di farli muovere in una direzione preferenziale sotto l’azione di un campo elettrico. Infatti le differenti conducibilità, ad esempio del rame e della silice (conduttore il primo, isolante il secondo), che stanno nel rapporto 1024 circa, non possono essere interpretate sulla base della maggiore o minore energia con cui gli elettroni sono legati ai nuclei, poiché tale energia varia al massimo di un fattore di 102.

Il fenomeno della conducibilità elettrica può essere compreso in termini della struttura a bande. Prendendo questa volta il sodio (1s2,2s2,2p6,3s1) come esempio, e ricordando che ogni orbitale atomico fornisce un livello a una banda, possiamo dire che nelle bande più basse (1s,2s,2p) vi è un numero di livelli giusto sufficiente per accogliere il numero di elettroni a disposizione, cosicché esse risultano piene e separate da zone proibite estese. Se viene applicato un campo elettrico esterno, gli elettroni in queste bande piene non possono muoversi sotto il suo influsso, poiché per essere accelerati dal campo essi dovrebbero muoversi verso livelli di energia un po’ più elevati. Ma in una banda piena tutti i livelli sono occupati da due elettroni ciascuno, ed il principio di Pauli proibisce che questi ricevano altri elettroni. Né gli elettroni che si trovano sulla sommità della banda possono acquistare un eccesso di energia, poiché per essi non ci sono livelli più alti verso cui muovere. La situazione è diversa nella banda più elevata 3s, che è piena solo a metà. All’interno di questa, i livelli più bassi sono comunque tutti occupati ed un elettrone che si trovi in uno di questi livelli non può ancora essere accelerato poiché i livelli immediatamente superiori sono anch’essi occupati. Invece gli elettroni della sommità della zona piena possono muoversi facilmente verso i livelli non occupati entro la banda. Ciò corrisponde alla possibilità per questi elettroni di muoversi liberamente entro la struttura cristallina o, nel caso della presenza di un campo elettrico, in una determinata direzione (corrente elettrica). Vi sono poi metalli come il magnesio (1s2,2s2,2p6,3s2), che sono conduttori sebbene la banda 3s sia piena. In questi casi la conducibilità è assicurata dalla vicinanza energetica della banda 3p, completamente vuota, che si sovrappone così alla banda 3s, fornendo un gran numero di livelli disponibili (in realtà questo accade anche nel sodio e negli altri metalli alcalini) (Caso a) della fig. 3).

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I SEMICONDUTTORI

Nei solidi isolanti la resistività varia da 108 a 1020 ohm·m a temperatura ambiente, mentre quella dei conduttori è compresa tra 10-6 e 10-8 ohm·m. Nei semiconduttori le resistività sono intermedie tra quelle dei conduttori e quelle degli isolanti. Le loro proprietà elettriche sono legate alla lacuna energetica (zona proibita) tra la banda di valenza occupata e la banda di conduzione vuota. L’entità di tale lacuna può essere determinata misurando la lunghezza d’onda alla quale inizia l’assorbimento ottico da parte del cristallo, il cosiddetto inizio di assorbimento. L’energia corrispondente all’inizio dell’assorbimento, ε, è quella necessaria a trasferire un elettrone dalla sommità della banda di valenza occupata al livello più basso della banda di conduzione (VEDI TABELLA). Poiché all’aumentare della temperatura aumenta l’energia degli elettroni, aumenta conseguentemente la probabilità che alcuni acquistino un’energia uguale o superiore al valore di soglia ε, passando così nella banda di conduzione. Per questo, a differenza dei conduttori, la resistività, ρ, dei semiconduttori diminuisce al crescere della temperatura, di solito con una legge esponenziale, e ε/kT (Fig.4).

Invece il rapporto tra il numero di elettroni eccitati termicamente nelle bande di conduzione e il numero che si trova nella banda di valenza è dato dal fattore di Boltzmann e -ε/kT. Per il diamante il valore di ε è talmente elevato che gli elettroni possono essere raramente eccitati nella banda di conduzione, e il cristallo è perciò un tipico isolante. Nel caso del silicio (Si) e del germanio (Ge) il numero di elettroni di conduzione prodotti dalla eccitazione termica è apprezzabile. Tali cristalli sono dei tipici semiconduttori intrinseci.

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Fig. 4

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IL “DOPING” DEI SEMICONDUTTORI

Per aumentare la conduttività di semiconduttori intrinseci quali il silicio e il germanio è necessario effettuare il “doping” o drogaggio. Questa tecnica consiste nell’inserire nel reticolo cristallino del Si o del Ge una certa quantità di atomi estranei (impurezze) di elementi appartenenti al quinto gruppo della Tavola Periodica, come il fosforo (P) o l’arsenico (As), o al terzo gruppo, come il boro (B) o l’indio (In). Atomi come il fosforo o l’arsenico, aventi 5 elettroni di valenza a differenza del Si o del Ge, che ne hanno 4, inseriti nel reticolo cristallino al posto di questi, rilasciano 4 elettroni nella banda di valenza, mentre il quinto dovrà occupare dei livelli energetici superiori. Di fatto, nel silicio tali livelli si trovano a soli 0,012 eV al di sotto della banda di conduzione. Pertanto gli elettroni che li occupano possono essere facilmente eccitati, termicamente o per assorbimento energia elettromagnetica, nella banda di conduzione. Il semiconduttore “drogato” avrà dunque una conducibilità superiore a quella del semiconduttore intrinseco allo stato puro. Un semiconduttore “drogato” con fosforo o arsenico è detto di tipo n, in quanto i portatori di corrente sono carichi negativamente (elettroni). Un agente drogante che può fornire elettroni alla banda di conduzione è chiamato datore, e i livelli extra proprio al di sotto dalla banda di conduzione sono chiamati livelli del datore (FIG. 5), (TABELLA 2).

Se l’atomo drogante è un elemento del terzo gruppo, come il boro o l’Indio, aventi solo 3 elettroni di valenza, uno in meno del silicio o del germanio, si produce un buco, o mancanza di un elettrone, nei legami tetraedrici che circondano l’atomo del boro o dell’indio. Per questa caratteristica, tali elementi droganti si chiamano accettori. Si creano allora nuovi livelli nella lacuna energetica del semiconduttore. Nel caso del boro nel silicio tali livelli si trovano a 0,01 eV al di sopra della sommità della banda di valenza. Per gli elettroni che si trovano alla sommità di quest’ultima è perciò facile “saltare” nei nuovi livelli, chiamati appunto livelli dell’accettore (FIG. 5). Data la presenza di buchi positivi lasciati nella banda di valenza, il silicio o il germanio drogati con boro o con indio hanno una conducibilità superiore a quella di tali elementi allo stato puro. Un semiconduttore di questo genere è chiamato di tipo p.

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LA GIUNZIONE PN E MECCANISMO DELLA GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA NELLA CELLA FOTOVOLTAICA (parte I)

La giunzione PN è alla base del funzionamento della cella fotovoltaica, che in sostanza è un dispositivo costituito da una sottile fetta (wafer) di silicio di spessore che va da 0,25 a 0,35 mm. Una faccia della fetta viene drogata con atomi di boro (drogata P), l’altra viene drogata per l’introduzione di atomi di fosforo (drogata N). La giunzione PN è appunto la zona di contatto fra i due strati.

E’ necessario ribadire che l’aggiunta delle impurità di fosforo e di boro non crea cariche o differenze di potenziale nel semiconduttore, poiché tutti gli atomi introdotti nel silicio sono neutri, ma sebbene la carica netta del semiconduttore sia nulla, in assenza di forze esterne attraverso la giunzione PN si verifica comunque un processo di movimento di portatori di cariche (detto diffusione), poiché i buchi (positivi) tendono a muoversi verso la zona N, mentre gli elettroni di questa tendono a portarsi nella zona P.

In realtà la carica positiva dei buchi non può muoversi, poiché è fissata negli atomi legati covalentemente nel reticolo cristallino, e quindi immobili. Sono gli elettroni (gli unici portatori di carica mobili) della zona P che tendono a portarsi lontano dalla zona N per repulsione elettrostatica con gli elettroni in eccesso della zona N, lasciando così nelle vicinanze della giunzione PN un piccolo eccesso di buchi positivi. Questa situazione può essere comunque immaginata come una effettiva migrazione dei buchi della zona P verso la giunzione PN. (Fig. 6)

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LA GIUNZIONE PN E MECCANISMO DELLA GENERAZIONE DI ENERGIA ELETTRICA NELLA CELLA FOTOVOLTAICA (parte II)

Nonostante l’accumulo di una certa quantità di buchi e di elettroni che si attraggono vicendevolmente nella giunzione PN, solo pochi elettroni la attraversano veramente, e quando ciò ha luogo, una piccola parte degli atomi vicino alla giunzione si ionizza. Quelli della zona N, datori, avendo perso un elettrone si caricano positivamente (buchi positivi), mentre gli atomi accettori della zona P diventano negativi per l’acquisto di un elettrone. Il movimento di cariche produce perciò, in corrispondenza della giunzione PN, una differenza di potenziale (barriera di potenziale) che aumenta fino a che non si raggiunge una condizione di equilibrio dinamico per la quale i flussi di cariche tra le zone N e P e viceversa sono uguali, con conseguente corrente netta nulla. Una situazione schematica di ciò che si verifica nella giunzione PN è rappresentata in Figura 8., nella quale viene messa in evidenza la formazione del campo elettrico.

Quando la cella fotovoltaica viene esposta alla luce solare, i fotoni assorbiti dal semiconduttore eccitano gli elettroni presenti nella banda di valenza, consentendo il loro passaggio nella banda di conduzione (come abbiamo già visto, il drogaggio del silicio con boro e fosforo diminuisce la lacuna energetica tra le due bande in modo che è sufficiente per gli elettroni assorbire le radiazioni nella banda del visibile per effettuare il salto). Questi elettroni vagherebbero liberi nel reticolo cristallino del silicio se non fosse presente la d.d.p. creatasi ai capi della giunzione PN, che funge da forza elettromotrice (fig. 9). Se allora colleghiamo elettricamente la faccia P e la faccia N attraverso un circuito esterno, si produce un flusso costante di elettroni (corrente continua) che fuoriesce dalla faccia N (polo negativo) e rientra nella faccia P (polo positivo), fintanto che la cella viene irradiata dalla luce solare.

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CAPITOLO II - LA TECNOLOGIA DEL FOTOVOLTAICO

CARATTERISTICHE GENERALI

Tra le tecnologie sviluppate per la produzione di energia da fonti rinnovabili, quella fotovoltaica, che permette la trasformazione diretta della luce solare in energia elettrica, è la più innovativa e promettente a medio e lungo termine. Diversamente dalle altre forme di energia rinnovabili, quali l’eolica, le biomasse e quella idraulica, che richiedono luoghi di particolari caratteristiche per il loro sfruttamento, l’energia solare fotovoltaica usa la radiazione solare che arriva dappertutto, non deve essere pagata e si rinnova ad ogni sorgere del sole. Le caratteristiche più interessanti della tecnologia fotovoltaica sono:

Modularità Semplicità Affidabilità Ridotte esigenze di manutenzione Prevedibile sviluppo tecnologico Il fotovoltaico rappresenta un’integrazione alla produzione di energia elettrica nazionale ed ha un impatto

ambientale trascurabile: per ogni kWh prodotto si risparmiano circa 250 g di olio combustibile e si evita così l’immissione in

atmosfera di 750 g di CO2, con un sicuro vantaggio economico e soprattutto ambientale. L’intenso lavoro di ricerca compiuto negli ultimi vent’anni ha permesso di ridurre di un fattore di 10 il costo della

cella fotovoltaica, rendendo già oggi commercialmente interessante l’utilizzo del fotovoltaico in diversi settori.Torna all’indice

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LA RADIAZIONE SOLARE

L’energia irradiata dal sole raggiunge la fascia esterna dell’atmosfera con una densità di energia , per unità di tempo e per unità di superficie (piana, ortogonale alla direzione dei raggi), pari a 1353 W/m2 (costante solare). A causa dell’assorbimento e della diffusione delle radiazioni da parte dell’atmosfera, al suolo pervengono, in una giornata serena e sole a mezzogiorno, al massimo 1000 W/ m2.

Per un sistema come il fotovoltaico, che cattura l’energia solare per convertirla in energia elettrica, è necessario prendere in considerazione i due seguenti fattori:

L’angolo con cui la radiazione solare arriva sulla superficie del convertitore, la quale, per una migliore conversione dell’energia solare dovrebbe essere perpendicolare alla radiazione stessa.

Lo spessore dell’atmosfera attraversata dai raggi, che dipende dalla latitudine alla quale si trova il convertitore.

L’Italia ha un regime solare medio alto, con forti variazioni tra regioni continentali e meridionali, come si può evincere dalla mappa solare isoradiativa (Indica, in funzione dell’inclinazione della superficie captante, la distribuzione sul territorio dei valori medi di insolazione nell’arco dell’anno e delle medie mensili calcolate regione per regione).

Semplici valutazioni possono dare un’idea approssimativa delle potenzialità energetiche del fotovoltaico: l’energia solare che raggiunge in un anno la superficie terrestre, alla latitudine dell’Italia meridionale, su un piano inclinato di 30°, è di 1800 kWh/ m2. Assumendo per il sistema fotovoltaico un coefficiente di conversione del 10%, ne deriva una capacità produttiva di energia elettrica di 180 kWh/ m2 per anno. Considerando che la richiesta energetica di una famiglia media è di circa 3000 kWh/ m2 per anno, essa verrebbe soddisfatta utilizzando moduli fotovoltaici di 17 m2 di estensione, inclinati a 20-30° sull’orizzontale.

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LA CELLA FOTOVOLTAICA

E’ il componente fondamentale che trasforma direttamente l’energia solare in energia elettrica. Come abbiamo già visto, essa è costituita da un sottile strato di silicio, opportunamente drogato, di 0,25÷0,35 mm di spessore. E’ di forma generalmente quadrata, di circa 100 cm2 di superficie. Quando viene irradiata produce, nelle condizioni di soleggiamento tipiche dell’Italia (1 kW/m2) e a 25°C, una corrente di 3 A, con una tensione di 0,5 V. La cella può utilizzare solo una parte della radiazione solare, in particolare quella compresa nella banda 0,4 ÷1,1 micron e presenta una efficienza di conversione in genere compresa tra il 12% e il 17% (Rapporto tra energia elettrica prodotta e l’energia solare raccolta da un dispositivo fotovoltaico. ).

Il silicio che costituisce la cella fotovoltaica può essere monocristallino o policristallino (vedi glossario) .

La tecnologia che permette la produzione del silicio monocristallino è la più usata. Parte dalla preparazione del silicio metallurgico (puro al 98%), mediante la riduzione della silice con carbone in forni ad arco: SiO2 + C → Si + CO2

Dopo alcuni processi metallurgici intermedi, vengono ottenuti, per fusione e successiva cristallizzazione del materiale, lingotti cilindrici di silicio monocristallino, di solito drogati P mediante l’aggiunta di boro. Questi lingotti vengono quindi “affettati” in wafer di spessore di 0,25÷0,35 mm.

Per fabbricare la cella, la fetta viene prima trattata con decapaggio chimico e poi si realizza la giunzione PN: il drogaggio avviene per diffusione controllata del fosforo ad alta temperatura, con una profondità di giunzione di 0,3 –0,4 m. Infine segue la realizzazione della griglia metallica frontale di raccolta delle cariche elettriche e del contatto elettrico posteriore per elettrodeposizione o per serigrafia e l’applicazione, sulla superficie della cella esposta al sole, di un sottile strato antiriflesso, per esempio TiO2. In questi ultimi anni la produzione del silicio policristallino è aumentata considerevolmente grazie ai costi più contenuti rispetto al silicio monocristallino, anche se l’efficienza di conversione è più bassa (12- 14%) rispetto a quest’ultimo (15-17%).

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I COMPONENTI DEL GENERATORE FOTOVOLTAICO: MODULI , PANNELLI, STRINGHE

Una singola cellula fotovoltaica fornisce valori molto bassi di tensione e di corrente, sicuramente insufficienti ad alimentare la maggiorparte degli apparecchi utilizzatori, inoltre è fragile, non isolata e priva di supporto meccanico. Per eliminare questi inconvenienti esse vengono assemblate in strutture robuste e maneggevoli, in grado di garantire il funzionamento per molti anni,

I MODULI FOTOVOLTAICI. Quelli attualmente più diffusi in commercio hanno una superficie di circa 0,5 m2 e contengono 36 celle fotovoltaiche collegate elettricamente in serie, producendo una tensione di lavoro di circa 17 Volt e una potenza compresa tra i 50 e 80 Wp (watt di picco) (vedi glossario), con un rendimento complessivo del 10-13% (inferiore a quello di una singola cella soprattutto perché non tutta la superficie del modulo può essere ricoperta dalle celle).(Fig.11)

Gruppi di moduli fotovoltaici montati su una stessa struttura di sostegno costituiscono un

PANNELLO. Tale struttura deve essere orientata lungo l’asse Est-Ovest e, per gli impianti di medie-grandi dimensioni, ove venga previsto, deve poter variare periodicamente l’inclinazione per permettere l’ottimale captazione della radiazione solare.

Un insieme di pannelli, collegati elettricamente in serie in modo da fornire la tensione richiesta, costituisce una STRINGA.

Più stringhe, collegate generalmente in parallelo per fornire la potenza richiesta, costituiscono il GENERATORE FOTOVOLTAICO O CAMPO FOTOVOLTAICO (Fig 12). I suoi principali parametri elettrici sono la potenza nominale PN, che è la potenza erogata dal generatore in condizioni

nominali standard (irraggiamento di 1000 W/ m2, e temperatura dei moduli di 25°C) e la tensione nominale VN, tensione alla quale viene erogata la potenza nominale.

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L’IMPIANTO FOTOVOLTAICO

Un impianto fotovoltaico è costituito da un insieme di componenti meccanici elettrici ed elettronici che captano l’energia solare, la trasformano in energia elettrica, sino a renderla disponibile all’utilizzazione da parte dell’utenza. Gli impianti fotovoltaici possono essere

isolati (stand-alone), nei quali l’energia prodotta alimenta direttamente un carico elettrico e, per la parte in eccedenza viene generalmente accumulata in apposite batterie di accumulatori, dai quali può essere prelevata nelle ore in cui manca l’insolazione.(Fig.13)

Connessi ad una rete elettrica (grid-connected), nei quali l’energia viene convertita in corrente elettrica alternata per alimentare il carico elettrico e, se in eccesso, immessa nella rete, con la quale lavora in regime di interscambio (fig. 14).

L’impianto fotovoltaico è quindi costituito, a seconda delle sue caratteristiche, da uno o più dei seguenti componenti:

un generatore fotovoltaico, le cui caratteristiche sono state illustrate nella pagina precedente.

un sistema di controllo e condizionamento della potenza, che assicura un valore costante alla tensione di uscita. Esso è composto dai seguenti dispositivi:

regolatore di carica delle batterie, che serve a preservare gli accumulatori da un eccesso di carica ad opera del generatore fotovoltaico o da un eccesso di scarica dovuto all’utilizzatore.

Dispositivo di inseguimento del punto di massima potenza (o convertitore CC/CC), usato negli impianti di grande potenza, costituito da un trasformatore corrente continua/corrente continua, che consente di avere il massimo dell’energia utilizzabile, in funzione delle condizioni di funzionamento e delle caratteristiche degli utilizzatori.

Inverter, o convertitore CC /CA. E’ un invertitore di corrente da continua in alternata ed è usato quando l’utilizzatore funziona in corrente alternata o quando il generatore fotovoltaico è collegato alla rete. un sistema di accumulo (per gli impianti isolati) Torna all’indice

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TABELLA 1

Alcuni valori della lacuna energetica per i cristalli aventi la struttura del silicio:

C (diamante) 5,2 ev

Si 1,09 ev

Ge 0,6 ev

Sn (grigio) 0,08 ev

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ENERGIE DI IONIZZAZIONE DI SOLUTI NEL SILICIO E NEL GERMANIO

Tabella 2

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Fig.1

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Fig.2

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Fig. 5

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Fig. 6

PN

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Fig. 8

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Valori di insolazione giornaliera

media annua sul piano inclinato

di 30° sull’orizzontale e rivolto a

Sud (kWh/m2 /giorno).

Fig. 10

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Fig. 11

ALCUNI MODULI FOTOVOLTAICI

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Fig. 12

COMPONENTI

DEL

GENERATORE

FOTOVOLTAICO

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Fig. 13

SCHEMA A BLOCCHI DI UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO STAND-ALONE

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Fig. 14 Schema di un impianto fotovoltaico collegato alla rete L’IMPIANTO FOTOVOLTAICO di distribuzione di energia elettrica