ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA N. 11 Novembre 2004

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I I I T T I I N N E E R R A A R R I I N N A A S S C C O O S S T T I I D D I I R RO O M M A A A A N N T T I I C C A A N N. . 1 1 1 1 N N o o v v e e m m b b r r e e 2 2 0 0 0 0 4 4 1 1 , , 5 5 0 0 LA STORIA DI ROMA LA STORIA DI ROMA nei luoghi e nei monumenti nei luoghi e nei monumenti Supplemento al n. 11/2004 di Forma Urbis - Spedizione in abbonamento postale 45% Art. 2 comma 20b L. 662/96 filiale di Roma - 1,50 E.S.S. EDITORIAL SERVICE SY STEM S.r.l. PARTE XXI PARTE XXI

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E.S.S.EDITORIAL

SERVICESYSTEM S.r.l.

PARTE XXIPARTE XXI

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“Collana archeologica”

supplemento di FORMA VRBIS

LA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumenti

Con il nuovo anno è iniziata una collana di

tascabili che intende illustrare i luoghi e i

monumenti della città antica, sulle tracce delle

tradizioni e dei miti delle origini, spesso riva-

lutati dagli studi più recenti, e della storia uffi-

ciale.

La serie sarà presentata in modo da accom-

pagnare il lettore nei luoghi più significativi

della città per poter offr ire i r ifer imenti

archeologici relativi agli avvenimenti descritti.

Nella serie saranno comprese alcune parti e

alcuni numeri riguardanti la vita quotidiana,

gli istituti politici e religiosi necessari per ten-

tare di comporre un quadro sufficientemente

indicativo della storia di Roma antica.

- Abbonamento ai «tascabili» € 15,50

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Collana archeologica

LA STORIA DI ROMA

nei luoghi e nei monumentidi Franco Astolfi

PARTE XXI

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Roma 2004

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DIREZIONE SCIENTIFICAPROF. BERNARD ANDREAEDOTT. CLAUDIO MOCCHEGIANI CARPANO

DIRETTORE RESPONSABILESILVIA PASQUALI

COORDINAMENTO REDAZIONALE E SEGRETERIAROBERTO LUCIGNANI, LIDIA LAMBERTUCCI,ERMETE BONARDI, LAURA SIGNANI

GRAFICA, DOCUMENTAZIONEFOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

DISEGNIPIETRO RICCI

COMITATO SCIENTIFICO:MARIA ANDALORO Università della Tuscia; FRANCO ASTOLF I SoprintendenzaArcheologica di Roma; GIULIANA CALCANI Università di Roma Tre; FILIPPO COARELLI Università di Perugia; PAOLA DI MANZANO SoprintendenzaArcheologica di Roma;DARIO GIORGETTI Università di Bologna; EUGENIO LA ROCCA Sovraintendente aiBeni Culturali del Comune di Roma; FEDERICO MARAZZI Università “SuorOrsola Benincasa”, Napoli; PAOLO MORENO Università di Roma Tre; LUISA MUSSO Università di Roma; EMILIO RODRIGUEZ ALMEIDA, Ricercatore For-ma Urbis marmorea.PATRIZIA SERAFIN PETRILLO II Università diRoma Tor Vergata;

EDITORE E.S.S. Editorial Service SystemVia di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Romae-mail: [email protected] http//www.sysgraph.comPubblicazione registrata presso il Tribu-nale di Roma n° 548/95 del 13/11/95

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ABBONAMENTI:L’abbonamento partirà dal primo numeroraggiungibile tranne diversa indicazione.

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DISTRIBUTORE ROMACoop. Orsetto 2000 Via Graziano, 18 - 00165 Roma

Nessuna parte della presente pubblicazionepuò essere riprodotta in alcun modo senza ilconsenso scritto dell’Editore

Finito di stamparenel mese di novembre 2004© Copyright E.S.S.

supplemento al n. 11/2004di FORMA VRBIS,

Itinerari nascosti di Roma antica

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LA TERZA GUERRA SANNITICA

La pace stabilita nel 304 a.C. tra i Romani e i Sanniti,con un trattato che consentiva a questi ultimi di mante-nere sostanzialmente integro il loro territorio, non pote-va certamente considerarsi come l’ultimo atto della lun-ga lotta tra questi due popoli. Come in altri casi prece-denti, non si trattava d’altro che di una pausa necessariaper riorganizzare le forze, nell’attesa di un nuovo scontroche avrebbe consentito al vincitore di dominare granparte dell’Italia centrale. Ma mentre i Romani - secondola loro consueta strategia - si preoccupavano di tenereseparati i popoli a loro ostili in modo da dividerne le for-ze e diminuirne il potenziale bellico, i Sanniti riuscironoquesta volta a sconvolgere i loro piani, coalizzandosi conEtruschi, Umbri e Galli, e costringendo la Repubblica adimpegnarsi in una lotta per la sua stessa esistenza.

E’ assai probabile che un programma militare di cosìampia portata sia stato elaborato sin dagli anni dellaseconda guerra sannitica, e concretizzato soltanto inseguito ad una discesa dei Galli della pianura Padana, chespinti da altre genti celtiche avevano invaso l’Etruria set-tentrionale. Dopo una prima fase di patteggiamenti eofferte di denaro fatte per allontanarli dal loro territorio,gli Etruschi avevano deciso di aggregare i Galli alla coa-lizione antiromana che si stava formando, promettendoloro ampia possibilità di saccheggio nei territori dellaRepubblica. L’astuta politica dell’accerchiamento deipopoli nemici che i Romani avevano perseguito peranni, si stava ora ritorcendo contro di loro sotto forma diuna formidabile coalizione di genti decise ad annientaredefinitivamente la loro eterna rivale.

La terza guerra sannitica, iniziata nel 299 a.C., ebbecomunque un avvio che potremmo definire tradizionale,

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con una parte dell’esercito romano occupata a tenere abada gli Etruschi ed il grosso impegnato nelle azionimilitari nel Sannio. Per quanto riguarda quest’ultimo

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Sarcofago di Scipione Barbato

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fronte, le notizie riguardanti alcune battaglie combattutee vinte dai Romani - peraltro stranamente ignorate daglistorici antichi - ci sono pervenute soltanto grazie alleiscrizioni sepolcrali di alcuni dei principali protagonistidegli avvenimenti.

Il Sarcofago di Scipione Barbato nel Sepolcro degli Sci-pioni

Fondato probabilmente nel 300 a.C., e comunquedopo la costruzione della Via Appia (321 a.C.), il Sepol-cro degli Scipioni rappresenta uno dei più importantimonumenti del periodo medio-repubblicano. Scopertouna prima volta nel 1614, il sepolcro fu definitivamentescavato nel 1780, fatto questo che suscitò un grande inte-resse in tutti gli ambienti eruditi del tempo.

Dal numero dei sarcofagi e delle nicchie scavate sullepareti del sepolcro, è possibile capire che questo dovevacontenere almeno una trentina di deposizioni, relative apersonaggi appartenenti ad almeno quattro diverse gene-razioni. La tomba più importante del complesso, nonchél’unica integralmente conservata, è quella di ScipioneBarbato, che ricoprì la carca di console nel 298 a.C.. Sìtratta di un monumentale sarcofago, esposto attualmentenei Musei Vaticani, che presenta la forma di un’ara allun-gata munita di un fregio dorico e pulvini laterali, secon-do modelli che rimandano a prodotti analoghi del mon-do greco. Di particolare interesse l’epigrafe onoraria inci-sa su uno dei lati lunghi (comunque successiva almomento della deposizione), nella quale sono menzio-nate le città sannite di Taurasia e Cisauna, che il consoleavrebbe conquistato senza peraltro ottenerne il trionfo.Sono queste due località del Sannio, non ricordate daglistorici antichi, che in questo caso sembrano aver dimen-ticato episodi della terza guerra punica dei quali fu pro-tagonista questo importante personaggio.

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I resti del Tempio di Bellona in una foto d’epoca

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Nel 296 a.C., con un’audace marcia attraverso la val-le Reatina e l’Umbria, una parte dell’esercito sannita riu-scì a congiungersi con il contingente etrusco che siapprestava ad attaccare le legioni romane comandate daiconsoli dell’anno Appio Claudio e L. Volumnio. Per sup-plire all’incertezza delle fonti e alla carenza di notizieriguardanti questo periodo, Tito Livio è costretto a riem-pire alcuni capitoli della sua storia col racconto degliinopportuni litigi tra i due generali romani, impegnati adinsultarsi davanti ai propri soldati, che li scongiurano diunire le rispettive forze per affrontare adeguatamente ilnemico. Iniziato lo scontro, la scarsa collaborazione tra idue consoli e l’imperfetto schieramento dei loro esercitisul campo, minacciavano di compromettere il buon esitodella battaglia. Nel disperato tentativo di scuotere i suoiuomini che ormai si stavano sbandando, il console AppioClaudio (indicato da Livio come il maggior responsabiledei dissidi) fece allora voto di erigere un tempio a Bello-na, dea della guerra, se questa fosse intervenuta a favoredel suo esercito. Come avveniva di solito in casi del gene-re, il voto del generale ebbe l’immediato effetto di spro-nare i soldati romani, che riuscirono a sbaragliare il nemi-co e a metterlo in fuga..

Il tempio di BellonaRicercato fino a pochi decenni or sono nella zona

delle Botteghe Oscure per un’errata ubicazione delCirco Flaminio, il tempio di Bellona è stato recente-mente riconosciuto nel grande basamento situatoaccanto al tempio di Apollo Sosiano, davanti al teatroMarcello. Nella ricostruzione del periodo imperiale iltempio era costituito da un edificio periptero (colonnesu tutti i lati), con gradinata frontale, sei colonne sullafronte (esastilo) e nove sui lati lunghi.

Antica divinità guerriera italica, affine alla sabinaNerio e alla greca Neryo, Bellona derivava il proprio

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nome da bellum (guerra) o da duellum, tanto che in alcu-ne fonti è menzionata come Duelona o Duellona. Ilcarattere guerriero della divinità è confermato dallerappresentazioni contenute in alcune monete, dovevediamo Bellona generalmente munita di lancia, scudoed elmo, mentre in alcuni casi reca nelle mani una tor-cia ed una sferza. Nel 92 a.C. a Bellona è assimilata ladea Mà proveniente dalla Cappadocia, fatto questo checauserà una radicale trasformazione nello svolgimentodei rituali che diverranno particolarmente cruenti.Durante le feste in onore della dea i sacerdoti di Mà-Bellona - evidentemente di provenienza orientale -percorrevano la città coperti da vesti nere e tra lo strepi-to di strumenti musicali si ferivano il corpo offrendoalla divinità il proprio sangue. In una sua elegia il poetaTibullo ci ha lasciato un’efficace descrizione del barba-rico rituale compiuto da una sacerdotessa della dea, che

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Ricostruzione del Tempio di Bellona di età repubblicana (da: A. Viscogliosi)

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in preda a delirio mistico predice prodigi e sciagurementre si ferisce il corpo con un’ascia.

Durante il primo periodo imperiale queste cerimo-nie di tipo orgiastico dovettero essere gradualmenteabbandonate, e sostituite da rituali con i quali si mima-vano soltanto le sanguinose pratiche di un tempo. Maun ritorno, seppur breve, alle antiche usanze si ebbedurante il regno di Commodo il quale - in armonia conle sue tante stranezze che avevano spesso per oggetto lecose del culto - obbligò nuovamente i sacerdoti delladea a ferirsi realmente durante le cerimonie.

Mentre sul fronte settentrionale l’esercito romanootteneva i primi successi, in città la secolare vicenda del-le lotte tra patrizi e plebei si arricchiva di un nuovo capi-tolo rappresentato da una singolare disputa tra matroneche porterà alla fondazione di un tempio sul Quirinale.Narra Livio che una nobile di nome Virginia era stataallontanata dalle matrone che partecipavano ai riti inonore della Pudicizia Patrizia - divinità che presiede-va alla castità delle giovani nobili e che aveva il propriotempio nel Foro Boario - perché sposata al console ple-beo Lucio Volumnio. Per ritorsione contro le aristocrati-che colleghe insensibili ai cambiamenti avvenuti da tem-po all’interno della società romana, Virginia decise alloradi costruire nella sua casa sul Vicus Longus un nuovo tem-pio dedicato alla Pudicizia Plebea, cioé ad una divinitàpreposta alla pudicizia delle donne romane in generale.Nello stesso anno, con le somme ottenute attraverso lepesanti multe inflitte ad usurai e speculatori, fu abbellitoil tempio di Giove sul Campidoglio e lastricato un trattodella Via Appia, dalla porta Capena fino al tempio diMarte.

Intanto sui campi di battaglia, prendeva definitiva-mente corpo la grave minaccia che ormai da tempo gra-vava sul futuro della Repubblica. Guidato da Gellio

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Il Vicus Longus (Scagnetti Grande)

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Egnazio, un valente generale del quale gli storici romaninon ci hanno lasciato sufficienti notizie, il grosso dell’e-sercito sannita si spostava verso nord riuscendo a con-giungersi con Etruschi ed Umbri (anno 295 a.C.). Tuttoquello che Roma aveva costruito con la diplomazia econ le tante guerre combattute per tenere separati ipopoli nemici confinanti, sembrava ora definitivamentecompromesso dall’audace azione del generale sannita. Loscontro decisivo avvenne nella piana di Sentino (Sasso-ferrato), al confine tra l’Umbria e il territorio dei GalliSenoni, dove fu combattuta una delle battaglie piùimportanti della storia antica. L’esercito romano, numeri-camente inferiore a quello dei collegati, era comandatodai consoli dell’anno Fabio Rulliano e Decio Mure, pro-

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Immagine della Pudicitia in una moneta di età adrianea

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babilmente i generali migliori che Roma potesse vantarein quel periodo. Fu una battaglia epica, “L’ultima”, comescriveranno poi gli storici “che il particolarismo italianosostenne con le proprie forze contro Roma”. Dopo una primafase dall’esito incerto, i Galli lanciarono nella mischia iloro carri da guerra (probabilmente dei carri “falcati”),che portarono lo scompiglio nell’esercito romano. Nelvedere i suoi soldati in fuga il console Decio Mure ricor-se allora alla pratica della “devotio”, come già aveva fattoil proprio avo ed omonimo nel 340 a.C. durante la bat-taglia presso il fiume Veseri. Con questo singolare sacrifi-cio, che viene qui ricordato per la seconda volta nellastoria romana, il generale consegnava l’esercito nemicoagli dei “Inferi”, che con il loro intervento ne avrebberocausato la completa disfatta. Tutto questo doveva avere uninnegabile peso psicologico per i soldati romani, che daquel momento potevano combattere con la fanatica cer-tezza che gli dei erano dalla loro parte.

Non potendo naturalmente emulare l’eroico collega,per assicurarsi comunque anch’egli lo speciale favoredegli dei, l’altro console Fabio fece voto di far costruiresul Palatino un tempio a Giove Vincitore, in onore delquale avrebbe poi fatto bruciare tutti i cadaveri dei nemi-ci caduti. La vittoria ottenuta nella battaglia di Sentino,oltre che ad essere decisiva per il futuro assetto politico digran parte della penisola, rappresentò per i Romanianche un’importante rivincita nei confronti dei GalliSenoni, con i quali essi non si erano più misurati dopo lamemorabile disfatta del fiume Allia (390 a.C.).

Intanto a Roma, la vivace polemica che aveva portatoalla costruzione del tempio della Pudicizia Plebea,doveva aver provocato un inasprimento nei controlli sul-la morale pubblica, e come immediata conseguenzanumerose donne dell’aristocrazia furono accusate diadulterio dall’edile curule Q, Fabio Gurges e quindi con-dannate. Con le pesanti multe pagate dalle nobili fedifra-

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ghe fu fatto erigere un tempio a Venere, primo santua-rio dedicato a Roma a questa divinità.

Il Tempio di Venere Ossequente Affine all’Afrodite greca, all’etrusca Turan e all’osca

Herentas, la Venere romana ebbe il suo primo tempiopresso il Circo Massimo, verso le pendici settentrionalidell’Aventino. La tradizione vuole che la dea fosse ini-zialmente accolta con l’epiteto di Obsequens, nel senso dientità che presiede all’accoglimento delle preghiere o,

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La sommità sud-occidentale del Palatino con i templi della Magna Mater (A) edella Victoria (B) (P. Battistelli e S. Pratt)

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più prosaicamente, di colei che veglia sui desideri carna-li e rende le mogli docili ai voleri dei mariti. Iniziato,secondo la versione tradizionale, con le multe inflitte allematrone adultere, il tempio fu poi completato ed abbel-lito con parte del bottino ottenuto nel corso della terzaguerra sannitica.

Attualmente dell’antico tempio di Venere non restapiù nulla; sappiamo che nel 204 a.C. l’edificio fu unitocon una strada alla vicina porta Trigemina delle mura“Serviane”, che era situata a poca distanza dalla chiesa diS. Maria in Cosmedin.

Dopo la vittoriosa battaglia di Sentino, durante laquale era rimasto ucciso lo stesso stratega sannita GellioEgnazio, il pericolo di un’altra coalizione da parte degliitalici doveva considerarsi ormai definitivamente scon-giurato. Ma mentre con gli Etruschi fu stabilita una pacedi quaranta anni, nel Sannio furono riprese le operazionimilitari per un conflitto che si trascinava ormai da quasimezzo secolo. Spinti dalla forza della disperazione, i San-niti riuscirono ad armare ancora altri tre eserciti e a bloc-care i Romani che erano penetrati nel loro territorio,attaccandoli addirittura all’interno del loro accampa-mento. Narra Tito Livio che approfittando di una fittanebbia, i Sanniti avevano sopraffatto le guardie della por-ta “decumana” del campo, e percorrendo la cosiddetta“via principalis” erano riusciti ad uccidere il questore nel-la sua stessa tenda. La notizia di questo audace colpo dimano giunse a Roma ingigantita a tal punto, che unsecondo esercito comandato dal console Lucio Postumiosi affrettò a lasciare la città per raggiungere il luogo delloscontro. Prima di partire Postumio volle comunque inau-gurare il tempio della Vittoria (anno 294 a.C.) che eglistesso aveva fatto costruire sul Palatino quando ricoprivala carica di edile curule.

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Il tempio della Vittoria Situato sulla sommità sud-occidentale del colle, in una

zona ricca di testimonianze appartenenti alla più anticastoria della città, il tempio della Vittoria è stato ricono-sciuto recentemente nei resti di una grande costruzionecon podio a blocchi di tufo e muri in opera reticolata. Leparti superstiti, unite alle tracce dei blocchi e alle stessefosse causate dai cercatori di materiali, hanno consentitoun’attendibile ricostruzione dell’edificio, che dovevaavere una cella di forma allungata preceduta da un gran-de altare e la fronte formata da una doppia fila di seicolonne (esastilo). Altre nove colonne erano su ognunodei lati lunghi mentre il fondo dell’edificio era chiuso daun muro continuo (sine postico). Nella fase più antica iltempio era munito di due scale laterali, che nel corso diuna ricostruzione eseguita nel I secolo a.C. furono sosti-tuite da un grande scalone centrale. A questa seconda fasedovrebbero appartenere i numerosi frammenti architet-tonici in marmo rinvenuti negli scavi.

A partire dal 204 a.C. nel tempio della Vittoria fuconservata la Pietra Nera sacra a Cibele, fatta venire daPessinunte, prima che fosse costruito il vicino tempiodella Magna Mater dove la reliquia sarebbe stata poi ripo-sta definitivamente. Nel 193 a.C. M. Porcio Catone fececostruire accanto al tempio una cappella dedicata allaVictoria Virgo, mentre l’ultima menzione dell’edificio ècontenuta nei Cataloghi Regionali del IV secolo d.C..

Anche dopo l’arrivo del secondo esercito consolare, laguerra nel Sannio continuò in modo incerto, con alcunesconfitte che in seguito gli storici di parte romana riusci-ranno abilmente a camuffare. Nel corso di una di questebattaglie combattuta presso Luceria (293 a.C.), per scon-giurare una sicura disfatta il console Marco Atilio fucostretto addirittura ad invocare Giove Statore, cioé ildio che aveva l’ingrato compito di arrestare gli eserciti in

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fuga. Tito Livio afferma che il generale promise un tem-pio a questa divinità, che nella storia romana appare ineffetti per la prima volta durante la guerra tra Romolo eTito Tazio, quando gli fu dedicato un tempio sulla ViaSacra. Allo scopo di conciliare le due notizie contrastan-

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Assonometria ricostruttiva dei templi della Magna Mater e della Vittoria (da:M.A. Tomei)

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ti, lo storico è costretto ad affermare che nel primo casosi era soltanto consacrata l’area del futuro edificio, men-tre dopo la battaglia di Luceria era stato effettivamentecostruito il tempio

Nel frattempo i capi Sanniti avevano bandito la levagenerale in tutto il territorio, minacciando le più atrocisventure per chiunque non si fosse presentato. Il luogo diraccolta fu fissato ad Aquilonia (corrispondente a Mon-taquila o a Lacedonia), dove i soldati furono costretti apartecipare ad un barbarico rituale con il quale si impe-gnavano a combattere fino alla morte. Narra Livio chetutti quelli che si rifiutarono di prestare il giuramentofurono immediatamente uccisi e i loro corpi - mescolati

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Schema di un accampamento romano secondo Polibio

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a quelli degli animali immolati durante il sacrificio -furono lasciati sul posto come monito per i loro compa-gni. Tutta la cerimonia si svolse all’interno di un’areasacra delimitata da un recinto di tralicci e coperta con telidi lino, e “legio linteata” fu detta appunto questa armata didisperati che si apprestava ad affrontare i Romani nellabattaglia di Aquilonia. L’esercito romano opposto a que-sto speciale corpo era comandato da L. Papirio Cursore,figlio dell’eroe della seconda guerra sannitica, che primadello scontro arringò i suoi uomini facendosi beffe dellebianche divise e degli scudi dorati della “legio linteata”,adatti soltanto “ad ornare gli edifici pubblici di Roma”, comeaveva già fatto suo padre quando, nel 310 a.C., aveva uti-

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Moneta del I secolo a.C. con scena di giuramento militare

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lizzato le vistose spoglie nemiche per decorare le TabernaeArgentariae del Foro Romano. La battaglia si conclusecon una grande vittoria dell’esercito di Papirio che preseAquilonia dandola alle fiamme, mentre l’altro console, S.Carvilio Massimo, conquistava la città di Cominio

Fatto ritorno a Roma e celebrato il trionfo, L PapirioCursore inaugurò il tempio di Quirino, che già suopadre aveva votato nel 325 a.C..

Il tempio di Quirino Votato da L. Papirio Cursore nel 325 dopo una sua

vittoria nella seconda guerra sannitica, il tempio di Qui-rino fu costruito nel 293 dal figlio ed omonimo duranteil periodo del suo consolato. L’edificio sorgeva nel puntoin cui era già un antichissimo sacello dedicato alla stessadivinità, che la tradizione faceva risalire al sabino TitoTazio o al re Numa Pompilio. Da questo primo luogo diculto, situato probabilmente nella zona dell’attuale Palaz-

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Il rilievo degli Haterii con la probabile rappresentazione (estremità destra) del tem-pio di Giove Statore

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zo Barberini, avevano preso il nome la vicina porta dellemura “Serviane” e lo stesso colle Quirinale. Plinio il Vec-chio ci informa che presso il tempio di Quirino era ilprimo orologio solare della città, mentre secondo Varro-ne il primo solarium pubblico era quello fatto venire daCatania nel 263 a.C. e che era sistemato su una colonnapresso i Rostri del Foro.

Il tempio di Quirino fu colpito dal fulmine nel 206a.C. assieme al vicino tempio di Salus, fu distrutto da unincendio nel 49 a.C., e quindi ricostruito nel 16 a.C..L’architetto Vitruvio, che lo descrive negli ultimi decen-ni del I secolo a.C., dice che era di ordine dorico, ottasti-lo (otto colonne sulla fronte) e diptero, cioé contornatoda un doppio ordine di colonne sui quattro lati.

Interrotte le operazioni nel Sannio per la pausa inver-nale e fatto ritorno a Roma con il suo esercito, il conso-le L. Papirio Cursore celebrò un magnifico trionfo resopiù suggestivo dalle variopinte armature e dalle armidorate tolte ai nemici. Verso la fine dell’anno fu tenuto ilcensimento di tutti i cittadini, operazione che si svolgevaogni cinque anni nell’area della Villa Pubblica, corrispon-

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dente alla parte meridionale del Campo Marzio. Forse inseguito al ritorno dei soldati dai diversi luoghi di guerra,o a causa del grande raduno popolare ordinato per ese-guire le operazioni del censimento, verso la fine dell’an-no la città fu colpita da una grave epidemia che ben pre-sto si estese anche alle campagne circostanti. Consultati iLibri Sibillini per scoprire la causa del male e per saperequale rimedio prescrivevano gli dei, fu ottenuto ilresponso di inviare una delegazione ad Epidauro dove erail tempio di Esculapio, il dio greco della medicina.

Il tempio di Esculapio sull’Isola TiberinaNarra Valerio Massimo nella sua raccolta di “Detti e

Fatti Memorabili”, che in seguito ad una grave pestilen-za che nel 293 a.C. aveva colpito la città, furono inviatidei messi ad Epidauro, la città greca sede del santuariocentrale di Esculapio, affinché la divinità intervenisse perfar cessare l’epidemia. Dai sacerdoti del tempio gli invia-ti di Roma ebbero in dono il serpente sacro, emanazionevivente del dio, che giunto in città scese dalla nave che loaveva trasportato risalendo il Tevere per rifugiarsi sull’iso-la Tiberina. Questo fatto prodigioso fu interpretato comeun segnale inviato dal dio che sceglieva l’isola come luo-go nel quale si doveva costruire il suo tempio. I realimotivi per i quali venne scelta l’isola per fondare un tem-pio dedicato ad una divinità straniera, sono da ricercarepiuttosto nel fatto che era fuori del pomerio e separatadalla città dai due bracci del fiume, cosa questa di note-vole vantaggio per un luogo frequentato da malati diogni tipo.

Sulla base delle notizie fornite dalle fonti storiche edei rinvenimenti di alcune iscrizioni è possibile capireche il tempio era nel punto dove sorge attualmente lachiesa di S. Bartolomeo. Oltre all’edificio di culto vero eproprio, del complesso dovevano far parte anche nume-rosi ambienti dove veniva praticata l’incubatio, cioè dove

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venivano tenuti per qualche tempo i malati nell’attesache la divinità - evocata dai sacerdoti del tempio - rive-lasse le cure adatte ai singoli casi. Per limitare determina-ti abusi perpetrati nei confronti degli infermi di più umi-le condizione, nel 46 d.C. un editto dell’imperatoreClaudio stabiliva che gli schiavi malati abbandonati dailoro padroni al santuario di Esculapio, in caso di guari-gione dovevano essere dichiarati liberi.

Per le pratiche lustrali del tempio e per le cure medi-che veniva utilizzata l’acqua di una sorgente il cui ricor-do è perpetuato dal pozzo medioevale ancora esistentedavanti all’altare della chiesa. Dai numerosissimi votivifittili riproducenti parti anatomiche rinvenuti presso l’i-sola Tiberina durante la costruzione degli attuali mura-glioni, è possibile capire la grande importanza che il tem-pio ebbe per molto tempo nella vita della città.

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Particolare della prua della nave in travertino con l’immagine di Esculapio

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Ricostruzione immaginaria dell’Isola Tiberina con il Tempio di Esculapio

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Nonostante il continuo alternarsi di sconfitte e vitto-rie (in una di queste sarebbe stato catturato C. Ponzio,colui che aveva umiliato i Romani alle Forche Caudine),la sottomissione del Sannio era ormai soltanto questionedi tempo. Nel 290 a.C. i consoli M. Curio Dentato e P.Cornelio Rufino con le loro quattro legioni penetraro-no nel cuore della regione nemica devastandola orribil-mente, e costringendo i Sanniti - ormai completamente

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La leggenda del serpente di Esculapio in un rilievo dell’Ospedale di S. Gallica-no (da: M. Francini)

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esausti - a chiedere finalmente la pace. Terminava così laterza guerra Sannitica, che nella sua fase finale aveva vistoRoma lottare per la sua stessa esistenza contro tutti i suoimaggiori nemici.

Dopo alcuni anni di precaria pace, la guerra fu ripre-sa contro i Galli Senoni, che dopo la battaglia di Sentinosi erano visti privare di parte del territorio con la fonda-zione della colonia di Sena Gallica (Sinigaglia). Il primoscontro avvenne nel 284 a.C. presso Arezzo, dove iRomani subirono la più grave sconfitta di tutto il perio-do delle guerre sannitiche. I caduti furono circa tredici-mila, ed oltre al console L. Cecilio Metello rimasero sulcampo di battaglia sette tribuni militari. Contravvenendoad uno dei più elementari e consolidati diritti delle gen-ti, i Galli trucidarono anche gli ambasciatori romani chesi erano recati a parlamentare. La reazione di Roma fudurissima; il comando dell’esercito fu affidato all’espertoCurio Dentato, che per prima cosa si preoccupò diriscattare i molti soldati fatti prigionieri dai Galli. Vinti ibarbari in una battaglia combattuta nello stesso anno, ilconsole penetrò nel loro paese conducendovi una guer-ra di sterminio, uccidendo tutti coloro che non facevanoatto di sottomissione. Dopo i Senoni fu la volta dei GalliBoi, che furono sconfitti in due successive battaglie.Pacificati finalmente i territori lungo il confine setten-trionale, la politica di Roma poteva ora rivolgersi verso ipaesi del sud della penisola.

Riferimenti cronologici472 a.C. “Incesto” della vestale Orbinia ed epidemia a

Roma.470 Nuove guerre contro Equi e Volsci. 461 Prodigio della “pioggia di carne” Il sabino Appio

Erdonio occupa il Campidoglio460 L. Quinto Cincinnato viene eletto console

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458 Dittatura di Cincinnato e battaglia dell’Algido456 Promulgazione della Lex Icilia che concede l’Aven-

tino alla plebe456 “Prodigio” dei lupi sul Campidoglio451-50 Collegio dei Decemviri e Leggi delle Dodici

Tavole. Morte di Virginia, la plebe sull’Aventino449 Processi contro i Decemviri e morte di Appio

Claudio449 Nuove guerre con i Sabini445 Lex Canuleia che autorizza i matrimoni tra patrizi e

plebei443 Istituzione della Censura 440 Grave carestia a Roma e tentativi demagogici di

Spurio Melio439 Erezione della Columna Minucia, seconda colonna

onoraria della città437 Guerra contro Veio e Fidene. Le armi di Larte

Tolumnio nel tempio di Giove Feretrio435 Costruzione della Villa Pubblica434 Distruzione della casa di Spurio Melio (Aequimelium)433 Epidemia e costruzione del tempio di Apollo

Medico (Sosiano)431 Vittoria sugli Equi al Monte Algido426 Presa e distruzione di Fidene420 Accuse di “incesto” contro la Vestale Postumia414 Prima inondazione del Tevere ricordata dagli storici409-400 Viene consentito ai plebei di accedere alla

Questura e al Senato396 Conquista di Veio. Costruzione del tempio di Giu-

none Regina sull’Aventino390 Sconfitta dei Romani ad opera dei Galli sul fiume

Allia (dies Alliensis)I Galli conquistano e saccheggiano la cittàAra di Iupppiter Pistor sul CampidoglioAltare di Aio Locuzio al Foro RomanoTempio di Marte sulla Via Appia

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Anno IX • n. 11 ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA Novembre 2004

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