Italy-India 2

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CINQUE LOCALITÀ PER ESPLORARE IL RAJASTHAN L'INDIA SI PREMIA CON LA FORMULA UNO Ogni luogo ha le proprie usanze... Un ingresso nel mondo delle corse in grande stile. LA LEPRE SULLA LUNA Una leggenda che narra come la lepre sia apparsa sulla luna. VIAGGI DAL TECHNOPARK DI TRIVANDRUM, IL MAGAZINE CHE AVVICINA I NOSTRI DUE PAESI. #2 2013 Italy-India è un progetto di Gruppo Zenit italy-india.gruppozenit.com SALVAR: L’ABITO CHE NON FA LA MONACA

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Dal Technopark di Trivandrum, il magazine che unicsce i nostri due paesi. Tecnologia, costume, curiosità, cultura, business... questo magazine dal taglio innovativo mette a disposizione di chiunque sia interessato a saperne di più tutto quello che, in oltre dieci anni di esperienza, Gruppo Zenit ha imparato sul "pianeta India".

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CINQUE LOCALITÀPER ESPLORAREIL RAJASTHAN

L'INDIA SI PREMIACON LA FORMULA UNO

Ogni luogo ha le proprie usanze...

Un ingresso nel mondo delle corse in grande stile.

LA LEPRESULLALUNA Una leggenda che narra come la lepre sia apparsa sulla luna.

VIAGGI

DAL TECHNOPARK DI TRIVANDRUM, IL MAGAZINE CHE AVVICINA I NOSTRI DUE PAESI.#22013

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SALVAR:L’ABITOCHE NON FALA MONACA

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SOMMARIOMITI E LEGGENDE

La lepre sulla luna

Matsya, Manu e il grande diluvio

Leggenda di dhola maru

FESTEIl grande Maha kumbha melasta per iniziare

La festa degli aquiloni guerrieri

ATTUALITÀ

L'India si premia con la formula uno

Chetak-Vespa: la lunga strada degli scooter in India

VIAGGI

15905/15906 - Vivek Express

Cinque località per esplorareil Rajasthan

A Varanasi il mito si fa presente

Una visita al tempio: indicazioni guida

CULTURA

Salvar: l'abito che non fa...la monaca

Il ba�o è Uomo

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ITALY-INDIA: TUTTO QUELLO CHEAVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’INDIA Gruppo Zenit è stata una fra le prime aziende italiane di Information Technology a collaborare quotidianamente con l'avanguardia tecnologica del subcontinente indiano. Da questo rapporto è nato un magazine dedicato a chi vuole orientarsi fra gli usi e i costumi di un Paese ricco di storia e di cultura, di contraddizioni e di opportunità di sviluppo e dove tutto, dal passato al futuro, è sempre presente. Un Paese da scoprire visitandolo, lavorandoci o anche soltanto leggendo le storie e i suggerimenti che abbiamo raggruppato per voi in sei categorie che faciliteranno la ricerca e la consultazione:

VIAGGI Luoghi, monumenti, alberghi e mezzi di trasporto

CULTURA Dal cibo ai costumi, tutto quello che fa India

FESTE Eventi e festival in India e in Italia

MITI Storie, leggende e racconti da un Paese incantato

NEWS Numeri, notizie, curiosità dall'India

STAMPA L'India vista dall'Italia

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RACCONTIDA UN PAESEINCANTATO

MITI E LEGGENDE

Page 6: Italy-India 2

Nello Sasajataka leggiamo che un tempo il

futuro Buddha, in attesa di nascere come

Siddharta e di�ondere nel mondo la via

dell’illuminazione, si incarnò in una lepre.

Il virtuoso animale promise di o�rire la sua

stessa carne a chiunque fosse arrivato a

chiederle del cibo il sacro giorno di

Uposatha, dedicato alle o�erte. Così

avrebbe potuto sfamare un bisognoso e

nel contempo risparmiargli l’impuro atto di

uccidere un animale. Per metterla alla

prova Indra, il re degli dei hindu, prese le

sembianze di un brahmano e andò da lei.

Fedele alla parola e alle intenzioni la lepre

preparò un falò e ci si buttò nel mezzo –

dopo essersi debitamente scossa di dosso

tutti gli insetti e parassiti che vivevano

nella sua pelliccia. Ma il dio aveva creato

un fuoco magico e la lepre invece di

bruciare percepì una piacevole sensazione

di freschezza.

La lepre sulla Luna

Indra rivelò la sua reale identità e per

immortalare la virtù della lepre disegnò la

sagoma dell’animale con la linfa della

montagna sulla superficie della luna. Poi,

appoggiando delicatamente la lepre sulla

tenera erba in un boschetto, Indra disse:

«Ora il tuo gesto rimarrà impresso negli

occhi di tutti fino alla dissoluzione

dell’universo».

Se siete uomini dotati di discreta

immaginazione, sollevando gli occhi al

cielo in una notte di luna crescente

vedrete Sasi e potrete meditare sugli

insegnamenti del Buddha. In questa storia,

tra le righe della fiaba, la lepre vi racconta

di una cultura del rispetto della vita e di

una terra in cui le religioni si sviluppano

dialogando tra loro, per poi viaggiare

anche oltre i confini geografici.

Riuscite a scorgere la lepre?

Cosa vedete osservando la superficie della Luna? L’India ci vede una lepre. Per questo è anche detta Sasi, che ha il disegno di una lepre e, naturalmente, c’è anche una leggenda che narra come la lepre sia apparsa sulla Luna. La storia è stata raccolta nei Jataka, fiabe buddhiste che descrivono le vite precedenti del Buddha.

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Ma il dio aveva creato

un fuoco magico e la lepre

invece di bruciare percepì

una piacevole sensazione di

freschezza.

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Manu era un uomo saggio e viveva nella

foresta. Un giorno mentre si lavava nel

fiume un piccolo pesce, Matsya, gli saltò

tra le mani.

“Oh Manu” -in quei tempi mitici i pesci

sapevano parlare- “non posso mai stare

tranquillo in questo fiume di pesci

divoratori di pesci! Portami via, salvami da

questo tormento”.

Manu portò a casa il pesciolino in

un’ampolla e si prese cura di lui. Ma

Matsya in pochi giorni crebbe e l’ampolla

si fece troppo piccola per lui.

Manu lo mise in un vaso più grande, ma in

pochi giorni nuovamente il pesce era

troppo grande.

Allora Manu lo mise in un lago dove il

pesce nuotò felice per qualche tempo, ma

presto anche il lago si fece troppo piccolo.

“Padre Manu, portami sulle montagne

dove scorre il Gange, là starò bene”. Così

Manu si mise in cammino e arrivato sulle

rive del sacro fiume liberò il pesce. Anche

nel Gange Matsya continuò a crescere,

così tanto che perfino il fiume non aveva

più acqua da o�rirgli.

Allora Manu portò il pesce al mare.

Nell’oceano Matsya trovò spazio a

su�cienza, anche se continuava a

ingrandirsi a vista d’occhio. Prima di

scomparire nelle profondità delle acque

disse a Manu: “Non scorderò le cure che

mi hai o�erto e del tuo buon cuore.

Ascolta, presto Brahma il creatore si

addormenterà e un enorme diluvio

distruggerà la terra. Costruisci un’arca

abbastanza grande da accomodare un

seme di ogni tipo e i sette Rishi, i saggi

asceti che vivono da sempre sulle

montagne. Quando il cielo diventerà nero

e la pioggia comincerà a cadere

ininterrotta entrate nella barca e aspettate.

Io arriverò con l’acqua che sale

dall’oceano. Lega l’arca alla pinna sulla

mia schiena e vi condurrò in salvo”.

Manu fece come il pesce aveva spiegato e

quando arrivò il diluvio universale per anni

e anni la sua arca navigò sulle acque in

tempesta. Quando tornò il sole non c’era

che un’infinita distesa di acqua. Il pesce

condusse Manu sulla cima dell’Himalaya,

unica parte della terra non sommersa dal

mare. Dopo qualche tempo l’acqua

cominciò a scendere, finché di nuovo la

terra comparve. Fu così che Manu

sopravvisse al grande diluvio e con l’aiuto

del pesce Matsya, che era un’incarnazione

divina, e i sette saggi ripopolò la terra,

diventando il padre dell’intera umanità.

Matsya, Manu e il grande diluvioQuesta storia è accaduta in un’altra era, molti molti secoli faed è raccontata per la prima volta nel Shatapatha Brahmana.

MANU

FECE COME IL PESCE

AVEVA SPIEGATO

E QUANDO ARRIVÒ

IL DILUVIO UNIVERSALE

PER ANNI E ANNI

LA SUA ARCA NAVIGÒ

SULLE ACQUE IN TEMPESTA.

Dopo qualche tempo l’acqua cominciò a scendere, finchè di nuovola terra comparve.

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Un tempo vi fu in Rajasthan una grande siccità. Il maharaja del regno settentriona-le di Pugal andò in pellegrinaggio con la moglie e la figlioletta Maru a Pushkar per invocare la pioggia. Anche il maharaja del regno orientale di Nalwar si trovava nel luogo sacro per la stessa ragione, anche lui accompagnato dalla moglie e dal figlio-letto Dhola. I due re divennero amici e per sancire l’alleanza tra i regni maritarono Dhola e Maru, all’epoca infanti. Arrivò la pioggia e ognuno tornò al proprio regno.Passarono gli anni. Il re di Nalwar morì e Dhola, dimentico del matrimonio con Maru, si sposò con Malvani, figlia del raja di Malvi. I due erano normalmente felici. A chilometri di distanza invece Maru, da poco entrata nella gioventù, so�riva le pene acute della separazione dall’amato Dhola, di cui conservava miracolosamente un’indelebile ricordo. A nulla valsero gli innumerevoli messaggi che fece recapita-re a corte dello sposo: messaggi e mes-saggeri venivano immancabilmente inter-cettati e bloccati da Malvani, gelosa del neo marito. Ma il destino era scritto nelle stelle e Maru riescì infine a raggiungere Dhola. A�da infatti a un gruppo di menestrelli la più triste delle tristi canzoni d’amor lontano che ripeteva in cuor suo a ogni ora del giorno e della notte. I cantanti giunti a Nalwar vengono respinti dalle guardie di

Malvani, ma nottetempo si accampano alle spalle del palazzo e al chiaro di luna intonano il malinconico canto di Maru. Le note sono cariche di un potere magico, destano il principe Dhola e gli rubano il tormentato sonno. I musici sono convo-cati a corte il mattino seguente e cantano delle pene d’amore di Maru che so�re per la separazione da un marito lontano che si è scordato di lei. Improvvisamente Dhola ricorda il suo matrimonio infantile e il suo cuore s’avvampa dal desiderio di riunirsi alla prima moglie. Malvani non è felice e vorrebbe in tutti i modi trattenere l’amato, ma a nulla valgono le sue implorazioni e le sue preghiere: Dhola parte alla volta di Pu-gal.

Giunto a Pugal il principe è accolto con tutti gli onori. Una gran festa celebra il ricongiungimento dei due amanti. Finiti i festeggiamenti gli sposi partono per tor-nare a Nalvar. Le agonie dell’attesa, le pene della separazione sono curate dal balsamo dell’amore e tutto sembra essersi felicemente risolto.Ma le disavventure e gli ostacoli non sono ancora finiti. Umar, un nobile locale che si era invaghito follemente di Maru, si unisce a un gruppo di briganti e pianifica la sua vendetta. In viaggio Dhola e Maru incon-trano Umar che o�re loro ospitalità nel suo caravanserraglio. Dhola accetta igna-ro e si gode la lauta cena bagnata da gu-

stoso liquore o�ertogli da Umar. Ma alcuni menestrelli (ancora una volta i cantastorie) scoprono le cattive intenzioni di Umar e avvertono Maru. La ragazza ricorre a un dono magico, un portentoso cammello che ha la facoltà di volare più veloce del vento. Scaltramente recupera il marito e i due, galoppando sul cammello magico si salvano dai banditi, ma gli ostacoli non sono ancora finiti.Quando ormai la meta è vicina, Maru muore per il morso di un serpente. Dhola disperato si sta per immolare sulla pira funebre dell’amata quando giunge una coppia di asceti (mandati da Shiva e Parva-ti, o manifestazioni degli dei stessi). Grazie alla meditazione e all’austerità i saggi han-no acquisito il potere di restituire la vita e resuscitano Maru. Benedetti dagli dei e dagli asceti Dhola e Maru rientrano final-mente alla corte di Nalvar, dove sono accolti da Malvani, ora serenamente rasse-gnata alla condivisione.I tre vissero da allora felici e contenti. L’amore vero conquista tutti e su tutto vin-ce.

Quando ormai la meta è vicina, Manu muore per il morso di un serpente.

L’amore vero sconfigge qualsiasi nemico, supera ogni ostacolo e fa sognare. Da secoli e secoli in Rajasthan la fantasia vola sulla groppa di cammelli magici cullata dalla leggenda di Dhola e Maru.

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FESTEEVENTIE FESTIVALIN INDIAE IN ITALIA

Page 10: Italy-India 2

A dodici anni dall’ultimo grande raduno

religioso dell’India la città di Allahabad, in

Uttar Pradesh, è nuovamente pronta a

ospitare il Maha Kumbh Mela che si svol-

gerà dal 27 gennaio al 25 febbraio. Una vi-

sita al Maha Kumbh Mela è un’ottima oc-

casione per vedere l’India religiosa in ma-

niera intensa e concentrata. Maha in san-

scrito significa grande, Kumbh è il vaso sa-

cro, importante simbolo dell’induismo che

rappresenta l’utero della dea madre, la

forza generatrice e mela significa fiera, fe-

sta. Di Kumbhamela ce n’è uno ogni tre

anni in quattro località, a rotazione. Vuole

la leggenda che si celebri laddove alcune

gocce della mitica amrita, il nettare

dell’immortalità ottenuta dalla zangolatu-

ra dell’oceano di latte, caddero sulla terra,

per l’esattezza nei fiumi: a Allahabad, Na-

sik, Ujjain e Haridwar. Nel giusto momento

astrale, quando Giove entra in aquario e il

sole in ariete, fare un’abluzione nelle ac-

que sacre a Allahabad genera, si dice, un

immenso merito religioso e cancella tutti i

debiti negativi del kar-

ma, facilitando il rag-

giungimento del mok-

sha, l’uscita dal ciclo

delle rinascite. Talmente

forte è l’influenza divina

che le acque manten-

gono il potere sacro per

un paio di mesi, prima e

dopo il giorno climax

che sarà il 10 febbraio. Così da gennaio

fino all’inizio di marzo, il prayag, dove si

incontrano i fiumi terresti Yamuna e il

Gange e il mitico fiume celeste Sarasvati,

diventa un immensa città di tende dove

confluiscono milioni di persone da ogni

parte del mondo e dai diversi percorsi di

vita (l’a�uenza prevista è sui 110 milioni). Il

Maha kumbh Mela o�re ai pellegrini la

possibilità di purificarsi e avvicinarsi alla

verità assoluta, di vivere alcuni giorni a

stretto contatto con gli uomini di dio, gli

asceti che dedicano l’intera vita alla ricer-

ca spirituale e ai diversi capi di infinite sette

religiose. Ogni giorno ci sono assem-

blee, dibattiti e program-

mi culturali, oltre natural-

mente alle abluzioni della

mattina e della sera che

sono il fulcro del pellegri-

naggio. Per i viaggiatori di

altre fedi la Mela è la ma-

nifestazione di un’intera

umanità e di una civiltà di-

stillata in un piccolo spazio geografico

sulla riva dei fiumi. Ognuno trova posto

nel campo tende: dal guru che riceve i de-

voti su cuscini di seta broccata in tende

con aria condizionata, agli asceti appartati

in quelle modeste di materiale economi-

co. Ci sono i capi politici, famiglie di con-

tadini che viaggiano su trattori stracolmi

da villaggi lontani e cialtroni in cerca di

proseliti e o�erte.

Ad attirare maggiormente l’attenzione dei

media, dei curiosi e dei pellegrini sono i

naga sanyasi (o Baba), gli asceti nudi se-

guaci di Shiva (naga, nudo; sanyasi, rinun-

ciante). Il giorno più sacro sono proprio

loro a iniziare le abluzioni, attraversando in

regale processione un corridoio umano

che ambisce a toccare la sabbia su cui po-

sano i piedi. I naga sono avvolti in un am-

biguo mistero. Sono temuti, rispettati e

guardati con sospetto allo stesso tempo.

Non appartengono più a questo mondo

pur vivendoci, e non si incontrano quasi

mai. Non sono soggetti alle stesse leggi fi-

siche dei comuni mortali, perché con pra-

tiche esoteriche e yogiche si dice abbiano

trasceso i limiti. Non portano vestiti per-

ché non ne hanno più bisogno, a proteg-

gerli dal freddo è su�ciente la cenere sa-

cra di cui si cospargono il corpo e i lungi

capelli. Arrivano a centinaia per il bagno

più propizio, giungendo dalle grotte

sull’Himalaya dove conducono una vita

solitaria senza contatto con il mondo degli

umani. Ma nessuno li vede arrivare o ripar-

tire, semplicemente compaiono.

Il grandeMahakumbh Melasta per iniziare

Maha in sanscrito significa grande, Kumbh è il vaso sacro, importante simbolo dell’induismo che rappresenta l’utero della dea madre, e mela significa fiera, festa.

Bagnarsi nelle sacre acque del Gange in

inverno è per gli uomini comuni un’impr-

esa che richiede coraggio. La temperatura

notturna si aggira attorno ai 10°, talvolta

scendendo ulteriormente e l’abluzione va

fatta all’alba, quando i timidi raggi del sole

hanno appena la forza di perforare la col-

tre di nebbia umida.

Se vi perdete questo grande Maha Kumbh

Mela non occorre aspettare altri 12 anni:

tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik

quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche se su

scala più ridotta. Altrimenti potete optare

per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela,

ad Allahabad tra sei anni o l’annuale ver-

sione in miniatura, il Magh Mela che inizia

ogni anno a gennaio. Se decidete di an-

darci potete inserire la visita in un itinerario

tra Delhi e Varanasi e, se vi piace allonta-

narvi dai percorsi più battuti, considerate

anche una visita a Chitrakoot: un piccolo

gioiellino di quiete sulle rive della sonno-

lenta Mandakini, un’oasi tranquilla dopo

l’a�ollato pellegrinaggio del prayag.

Ogni giorno ci sono assemblee, dibattiti, programmi culturali.

10 Italy-India | Feste | italy-india.gruppozenit.com

Page 11: Italy-India 2

A dodici anni dall’ultimo grande raduno

religioso dell’India la città di Allahabad, in

Uttar Pradesh, è nuovamente pronta a

ospitare il Maha Kumbh Mela che si svol-

gerà dal 27 gennaio al 25 febbraio. Una vi-

sita al Maha Kumbh Mela è un’ottima oc-

casione per vedere l’India religiosa in ma-

niera intensa e concentrata. Maha in san-

scrito significa grande, Kumbh è il vaso sa-

cro, importante simbolo dell’induismo che

rappresenta l’utero della dea madre, la

forza generatrice e mela significa fiera, fe-

sta. Di Kumbhamela ce n’è uno ogni tre

anni in quattro località, a rotazione. Vuole

la leggenda che si celebri laddove alcune

gocce della mitica amrita, il nettare

dell’immortalità ottenuta dalla zangolatu-

ra dell’oceano di latte, caddero sulla terra,

per l’esattezza nei fiumi: a Allahabad, Na-

sik, Ujjain e Haridwar. Nel giusto momento

astrale, quando Giove entra in aquario e il

sole in ariete, fare un’abluzione nelle ac-

que sacre a Allahabad genera, si dice, un

immenso merito religioso e cancella tutti i

debiti negativi del kar-

ma, facilitando il rag-

giungimento del mok-

sha, l’uscita dal ciclo

delle rinascite. Talmente

forte è l’influenza divina

che le acque manten-

gono il potere sacro per

un paio di mesi, prima e

dopo il giorno climax

che sarà il 10 febbraio. Così da gennaio

fino all’inizio di marzo, il prayag, dove si

incontrano i fiumi terresti Yamuna e il

Gange e il mitico fiume celeste Sarasvati,

diventa un immensa città di tende dove

confluiscono milioni di persone da ogni

parte del mondo e dai diversi percorsi di

vita (l’a�uenza prevista è sui 110 milioni). Il

Maha kumbh Mela o�re ai pellegrini la

possibilità di purificarsi e avvicinarsi alla

verità assoluta, di vivere alcuni giorni a

stretto contatto con gli uomini di dio, gli

asceti che dedicano l’intera vita alla ricer-

ca spirituale e ai diversi capi di infinite sette

religiose. Ogni giorno ci sono assem-

blee, dibattiti e program-

mi culturali, oltre natural-

mente alle abluzioni della

mattina e della sera che

sono il fulcro del pellegri-

naggio. Per i viaggiatori di

altre fedi la Mela è la ma-

nifestazione di un’intera

umanità e di una civiltà di-

stillata in un piccolo spazio geografico

sulla riva dei fiumi. Ognuno trova posto

nel campo tende: dal guru che riceve i de-

voti su cuscini di seta broccata in tende

con aria condizionata, agli asceti appartati

in quelle modeste di materiale economi-

co. Ci sono i capi politici, famiglie di con-

tadini che viaggiano su trattori stracolmi

da villaggi lontani e cialtroni in cerca di

proseliti e o�erte.

Ad attirare maggiormente l’attenzione dei

media, dei curiosi e dei pellegrini sono i

naga sanyasi (o Baba), gli asceti nudi se-

guaci di Shiva (naga, nudo; sanyasi, rinun-

ciante). Il giorno più sacro sono proprio

loro a iniziare le abluzioni, attraversando in

regale processione un corridoio umano

che ambisce a toccare la sabbia su cui po-

sano i piedi. I naga sono avvolti in un am-

biguo mistero. Sono temuti, rispettati e

guardati con sospetto allo stesso tempo.

Non appartengono più a questo mondo

pur vivendoci, e non si incontrano quasi

mai. Non sono soggetti alle stesse leggi fi-

siche dei comuni mortali, perché con pra-

tiche esoteriche e yogiche si dice abbiano

trasceso i limiti. Non portano vestiti per-

ché non ne hanno più bisogno, a proteg-

gerli dal freddo è su�ciente la cenere sa-

cra di cui si cospargono il corpo e i lungi

capelli. Arrivano a centinaia per il bagno

più propizio, giungendo dalle grotte

sull’Himalaya dove conducono una vita

solitaria senza contatto con il mondo degli

umani. Ma nessuno li vede arrivare o ripar-

tire, semplicemente compaiono.

Bagnarsi nelle sacre acque del Gange in

inverno è per gli uomini comuni un’impr-

esa che richiede coraggio. La temperatura

notturna si aggira attorno ai 10°, talvolta

scendendo ulteriormente e l’abluzione va

fatta all’alba, quando i timidi raggi del sole

hanno appena la forza di perforare la col-

tre di nebbia umida.

Se vi perdete questo grande Maha Kumbh

Mela non occorre aspettare altri 12 anni:

tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik

quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche se su

scala più ridotta. Altrimenti potete optare

per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela,

ad Allahabad tra sei anni o l’annuale ver-

sione in miniatura, il Magh Mela che inizia

ogni anno a gennaio. Se decidete di an-

darci potete inserire la visita in un itinerario

tra Delhi e Varanasi e, se vi piace allonta-

narvi dai percorsi più battuti, considerate

anche una visita a Chitrakoot: un piccolo

gioiellino di quiete sulle rive della sonno-

lenta Mandakini, un’oasi tranquilla dopo

l’a�ollato pellegrinaggio del prayag.

NON PORTANO VESTITI

PERCHÉ NON NE HANNO

PIÙ BISOGNO,

A PROTEGGERLI DAL FREDDO

È SUFFICIENTE LA CENERE SACRA

DI CUI SI COSPARGONO

IL CORPO

E I LUNGI CAPELLI.

Foto da sinistra verso destra

In copertina foto di Filippo Cottone

Maha Kumbh Mela 2001 di Yosorian

Naga in processione di Stefania Zamparelli

Sadhu di Edson Walker

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Se vi perdete questo grande Maha Kumbh Mela non occorre aspettare altri 12 anni: tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche sesu scala più ridotta.Altrimenti potete optare per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela, ad Allahabad tra sei anni o l’annuale versione in miniatura,il Magh Mela che inizia ogni anno a gennaio.

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LA FESTADEGLIAQUILONIGUERRIERI

Page 13: Italy-India 2

L'India ama fare volare gli aquiloni. La festa

di Makara Sankranti (il 14 gennaio) segna

l'inizio della nuova stagione degli aquiloni-

oltre che l'arrivo della stagione primaverile:

in questo giorno le famiglie salgono sui

tetti o scendono in cortile per partecipare

a una delle guerre meno violente più

attese del paese, la festa degli aquiloni.

Nessuno è escluso dal gioco: bambini,

bambine, adulti e stranieri. C'è spazio per

tutti e aquiloni per ogni gusto. Dove? A

Jaipur, Jodhpur, Ahmedabad, Benares... e

in tutte le piccole e grandi città del nord.

In tutte le città il cielo si riempe di patang, il

tipico aquilone indiano di forma semplice,

materiali economici e elevatissime

prestazioni di volo e di manovrabilità.

Qualità essenziali per la grande guerra che

si scatena nel giorno di festa: aquilone

contro aquilone, una lotta all'utlimo filo.

Per permettere ai patang di librarsi in volo

occorrono lunghi metri di filo, avvolto su

una spola. Durante la festa solitamente tre

persone collaborano al volo: uno tiene la

spola e fa scorrere il filo a bisogno, un altro

fa volare l'aquilone e un terzo recupera gli

aquiloni. Se volete fare felice un bambino

regalategli filo, spola e aquiloni - il filo

buono è costoso e molto apprezzato.

Il gioco consiste del tagliare il filo degli

avversari e mantenere i propri aquiloni il

più a lungo possibile. Il filo viene preparato

con speciali paste, alcune preparare con

polvere di vetro, per renderlo più tagliente.

Si usano anche fili di metallo e semplice

cotone che si impugna facilmente e in

sicurezza.

Lontanto dalle corti dei re, gli aquiloni sono un sogno a portata di tutti. Un volo con slancio verso il sole che torna a scaldare dopo i giorni invernali, umidi e freddi.

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Page 14: Italy-India 2

Il gioco agguerrito degli aquiloni è uno dei

passatempi preferiti dagli indiani che lo

prendono molto seriamente- soprattutto

del nord- ed è fonte di reddito per

numerosissime famiglie.

In molte città c'è un quartiere e uno

speciale bazar specializzato in aquiloni.

A far volare gli aquiloni si impara fin da

piccoli e bambini di 10 anni possono

essere abilissimi. Guardando e copiando

l'arte si tramanda da generazione a

generazione.

Fare volare un patang richiede istinto e

concentrazione. Le dita manovrano il filo

direttamente e si usano cerotti per

prevenire tagli. Vi consigliamo di iniziare

con del semplice filo di cotone, per evitare

tagli, e di a�darvi ai consigli dei bambini

(felici di aiutarvi e svelarvi i trucchi).

Attenzione, non è così semplice come

sembra!

Partecipare al volo collettivo degli aquiloni

è una gioia estrema. Occhi al cielo

inseguendo invisibili fili salire verso il sole e

controllando le correnti: il mondo è un

gioco dove di�erenze di età, etnia e

religione scompaiono.

Qualcuno sostiene che furono i cinesi a

introdurre la pratica degli aquiloni, altri

dicono che fossero stati gli antichi greci.

Sicuremante sono secoli che l'India fa

volare i suoi patang da combattimento.

Numerose sono le storie sugli aquiloni: i

nawab di Lucknow giocavano con fili di

metalli preziosi per rendere più eccitante il

gioco mentre il maharaja di Jaipur instituì

nel XVII fabbriche di aquiloni. Il più antico

aquilone conservato pare abbia 217 anni e

appartiene a Baba Saheb di Bareily.

Il 14 gennaio è la grande Festa degli

aquiloni, ma il gioco continua nei mesi

successivi (un'altra grande occasione è la

festa della Repubblica il 15 agosto).

Praparatevi a volare.

A far volare gli aquilonisi impara fin da piccolie bambini di 10 anni possono essere abilissimi.

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RACCONTIDA UN PAESEINCANTATO

ATTUALITÀ

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Dal 30 ottobre del 2011 l’India è tra i paesi eletti che ospitano il gran premio di formula uno, uno degli sport più esclusivi del mondo. Il circuito, disegnato dall’architetto Herman Tilke, si chiama Buddh International, dal nome dell’area fuori Delhi in cui sorge. Uno dei più impegnativi, con cambi di pendenza che rendono le gare particolarmente spettacolari. Un ingresso nel mondo delle corse in grande stile.Perchè per l’India era tanto importante essere sulla mappa del gran premio, spendendo cifre astronomiche per esserci? Non è un paese famoso per lo sport, in generale. Se si esclude l’amati-ssimo e seguitis-simo cricket e i campionati di scacchi, è quasi sconcertante la mancanza di competizione e le scarse vittorie indiane a livello mondiale. A seguire la formula uno è una piccola elite e ancora meno sono i piloti professionisti indiani. Anche se un team l’India ce l’ha: Sahara India Force.

Da qualche anno l’India si sta impegnando a cambiare la propria immagine agli occhi del mondo. Da pacifico paese fiabesco ed esotico, come era percepita nei decenni successivi a Gandhi, alla fine del millennio era vista soprattutto come la terra dei milioni di poveri. Oggi l’immagine che l’India vuole dare di sé è di una nazione dinamica e moderna, un’Incredibile India. Qualcuno ritiene che il Buddh International circuito possa essere un passo in questa direzione. Ma la realtà non corrispon-de fedelmente alle volontà del marketing. Ci sono molteplici e contrastanti Indie, che non possono essere cancellate. Ironica-

L'India si premia con la formula uno

mente l’India degli esclusi dai circuiti mondiali si è manifestata, quasi come un maledizione, alla vigilia del primo gran premio lo scorso anno, nella forma di un branco di cani di strada che si sono clandestinamente introdotti e hanno passeggiato sulle piste. Un incidente secondario che ha imbarazzato e messo a rischio il brand.

Si è continuato a correre e le piste si sono dimostrate di alto livello, world class, come si usa dire da queste parti. La settimana scorsa si è conclusa la seconda edizione. In India è cresciuta la popolarità della formula uno, grazie soprattutto alla campagna pubblicitaria dell’Airtel, sponsor dell’evento. La cultura delle corse dei motori si sta di�ondendo tra i giovani e in un paese dove la metà della popolazione ha meno di 25 anni i numeri, anche se si considerano solo le aree urbane e la classe media, sono notevoli. L’Airtel ha pensato sicuramente a loro quando ha deciso di spostare parte dei propri finanziamenti dal cricket alla formula uno. Se oggi esiste un gran premio indiano è perchè la formula uno ha bisogno dell’India, dei suoi tanti giovani e della sua continua, anche se un po’ rallentata, crescita economica. L’evento è una concessione che una piccola e a�uente elite si regala, un momento di glamour da non mancare per gli attori del cinema e i personaggi pubblici. E naturalmente un sogno che si realizza per i fan dello sport che non devono più accon-tentarsi dello show in tv. Per gli appassionati all’estero potrebbe trasformarsi in una buona occasione per visitare l’India e sentire ronzare i motori dal vivo: con biglietti da 50 a 200 euro per un giorno e circa 440 per la stagione in tribuna.

La cultura delle corse dei motori si sta di�ondendo tra i giovani e in un paese dove la metà della popolazioneha meno di 25 anni i numeri, anche se si considerano solo le aree urbane e la classe media, sono notevoli.

16 Italy-India | Attualità | italy-india.gruppozenit.com

Page 17: Italy-India 2

A maggio la Vespa è approdata in India.

La Piaggio ha inaugurato la produzione e

la vendita della mitica motoretta che vuole

conquistare il cuore degli indiani,

soprattutto dei giovani. Le strade dell’India,

dalle metropoli ai piccoli centri, sono

battute da una gran quantità di scooter

(due milioni e mezzo di unità vendute

all’anno con un tasso di crescita annuo

composto del 20%) e la Piaggio sta

puntando tutto sul marchio e sullo stile.

La Vespa 150 fu uno dei primi motorini a

essere prodotti in India dalla Bajaj su

licenza Piaggio nel 1960. Ma il successo

per la casa motociclistica arriva dieci anni

dopo, nel 1971, con Bajaj Chetak.

Il disegno di ispirazione italiana

(leggermente modificato dopo la

cessazione della licenza nel 1977), il nome

del mitico cavallo dell’eroe Rana Pratab

Singh e soprattutto il prezzo abbordabile

ne fecero lo scooter più ambito e amato

dagli indiani. Con Chetak il motorino

diventa l’emblema della libertà di

consumo conquistata da una classe media

avvezza a non potersi permettere molto

nell’epoca del protezionismo economico.

Lo scooter è un bene prezioso da

aspettare per mesi o addirittura anni, in

una limitata gamma di colori. Il motore

non è dei più prestanti, ma è a�dabile.

Lo scooter è piccolo, ma c’è spazio per

l’intera famiglia. Avere un Bajaj significava

contribuire al sogno della rinascita di una

Chetak-Vespa:la lunga strada degli scooter in India

Lo scooter è un bene prezioso

da aspettare per mesi o addirittura

anni, in una limitata gamma di colori.

grande nazione, fatta di lavoratori che

coscientemente spendono per migliorare

la propria vita e quella delle persone a loro

care. Soldi ben spesi, con anni di servizio

in ritorno. Chetak: indistinto, ma pieno di

risorse. Lo slogan creato dalla casa

motociclistica “Hamara Bajaj” (il nostro

Bajaj), catturò appieno lo spirito dello

scooter e fece risuonare le corde emotive

dell’India dell’epoca.

Con l’apertura all’economia e la spinta

emergente della nuova India i motorini

hanno perso il loro valore emotivo, quasi

etico. In un paese dove i figli hanno

stipendi i cui padri non avrebbero mai

potuto sognarsi, lo scooter attrae per le

migliorate prestazioni e l’utilità, ma il

sogno è la moto o l’auto, possibilmente un

SUV. Il motorino ha mantenuto un valore

simbolico per le donne, maggiormente

dipendenti dagli altri per gli spostamenti in

uno spazio pubblico sempre descritto

come ostile e pericoloso. Sono tantissime

le ragazze che con sicurezza zigzagano

nel tra�co delle piccole e grandi città

verso mete stabilite, dove i cambiamenti di

rotta sono sempre possibili. Nella

pubblicità della Hero Honda Pleasure una

giovane ragazza sfugge alle assillanti

domande (che al fratello sono risparmiate)

rispondendo vagamente e pregustandosi il

piacere di guidare lontano. Lo scooter:

una gentile rivendicazione di libertà al

femminile.

Italy-India | Attualità | italy-india.gruppozenit.com 17

Soldi ben spesi, con anni

di servizio in ritorno. Chetak:

indistinto, ma pieno di risorse.

Page 18: Italy-India 2

Bajaj è uscita dal mercato degli scooter

nel 2010, non resistendo alla competizio-

ne di numerose altre case motociclistiche

straniere che hanno lanciato diversi pro-

dotti. E a due anni di distanza la Piaggio

lancia il guanto della sfida.

La nuova Vespa, resuscitata dalle ceneri

italiane, aggredisce con eleganza le disse-

state strade indiane. Il sedile posteriore è

studiato per permettere alle donne pas-

seggere in sari di sedere comodamente,

con entrambe le gambe da un lato e il

clacson è più potente. Le emissioni non

sarebbero a norma in Europa e il prezzo

sarebbe molto allettabile: meno di 1000

euro. Ma per l’India il prezzo è la dichiara-

zione di posizionamento sul mercato: il

chiaro messaggio di esclusività. A parità di

prestazioni tecniche gli altri scooter co-

stano circa 250-300 euro di meno, non

poco. Ma la Vespa è ritornata forte della

propria personalità di scooter italiano e

vuole mantenere il suo

status d’icona, su questo

è puntata la campagna

pubblicitaria e lo spot

televisivo. E’ la prima

volta nel segmento degli

scooter che un marchio

esplora la possibilità di

creare un nuovo merca-

to, non più il motorino utilitario bensì il

lifestyle scooter per giovani che si voglio-

no distinguere, per essere davvero alla

moda -

Fashion Unchanged - come vuole lo slo-

gan.

Se la Piaggio sia stata lungimirante e riesca

a conquistarsi una nicchia di mercato in-

diano non ci è ancora dato sapere dai nu-

meri di vendita u�ciali, per ora non pub-

blicati. Ma da maggio a oggi non c’è gior-

no che non incroci scintillanti Vespe, gialle

e rosse soprattutto, anche sulle strade pe-

riferiche di una città che

non è per nulla una me-

tropoli e dalle tendenze

solitamente piuttosto

provinciali Forse la Vespa

farà davvero strada in In-

dia…

E’ la prima volta nel segmento degli scooter che un marchio esplora la possibilità di creare un nuovo mercato,non più il motorino utilitario bensì il lifestyle scooter.

Non c’è giornoche non incroci scintillanti Vespe, gialle e rosse.

Per l’India il prezzoè la dichiarazione di posizionamento sul mercato.

18 Italy-India | Attualità | italy-india.gruppozenit.com

LIFESTYLE

SCOOTER

PER GIOVANI

CHE SI VOGLION

DISTINGUERE,

PER ESSERE

DAVVERO

ALLA MODA.

Page 19: Italy-India 2

LUOGHI,MONUMENTI,ALBERGHI E MEZZIDI TRASPORTO

VIAGGI

Page 20: Italy-India 2

20 Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com

15905/15906 - Vivek Express

Ore 17:15 di un qualunque

sabato. Il semaforo rosso del

passaggio a livello ci avverte

che siamo arrivati in tempo. Le

campane non smettono di

di�ondere il loro monito

mentre le sbarre si abbassano

lentamente, manovrate dalle

mani esperte del ferroviere.

Quante volte ripeterà gli stessi

gesti nell’arco di una giornata? I

miei pensieri sono interrotti dal

fischio del treno: il Vivek

Express si avvicina a velocità

sostenuta al casello ferroviario.

In un momento di frastuono e

spostamento d’aria la

locomotiva morde le rotaie

verso il futuro. Sfrecciano le

carrozze blu, colore tipico delle

ferrovie… ma questo non è un

treno comune.

U-no (cuccette di seconda

classe); du-e; tre-e…. set-te,

intravvedo passeggeri

comodamente seduti nella

carrozza con aria condizionata,

cuccette a quattro posti; o-tto,

a tre posti; no-ve, vagone

ristorante; die-ci; un-dici… in

coda al lombrico di acciaio le

carrozze di seconda classe a

sedere. Come faranno i

passeggeri a stare seduti così a

lungo? I volti delle persone sul

treno mi interrogano. Ci sono

famiglie, studenti, forse

lavoratori che tornano a casa

dai loro cari dopo mesi di

assenza. Mi sembrano

appartenere a un’altra realtà,

colti in un momento di

sospensione dalla vita

quotidiana. Evanescenti figure

che attraversano il mondo. Ai

loro occhi siamo noi le sagome

senza consistenza che si

materializzano in un secondo e

poi svaniscono nel paesaggio

che corre. Se le stazioni in cui il

Vivek Express riposa sono 54 e

615 quelle che attraversa,

quanti saranno i passaggi a

livello che taglia? Tanti volti

diversi, accomunati dalla stessa

polvere di binario ferroso e

occhi distratti, curiosi o

indi�erenti nell’attesa. Dal

ventre generoso del Vivek, il

treno a più lunga percorrenza

dell’India, i viaggiatori vedono

sfilare il paese dai finestrini.

Chilometro dopo chilometro,

4242 km in totale, scorrono i

paesaggi: dalle campagne

coltivate a riso del Tamil Nadu,

alle distese di palme bagnate

dai fiumi placidi del Kerala, su

fino alle distese di tè dell’Assam

che indicheranno l’avvicinarsi

dell’ultima stazione del viaggio:

Dibrugarh. Il suono della

campanella mi richiama al

presente. Il Vivek è passato,

delle sue diciotto carrozze non

resta che una traccia di suono.

Per giungere a destinazione

impiegherà altri 4 giorni, se non

ci sono ritardi. 82 ore e 15

minuti dividono Kannyakumari,

la stazione di partenza

nell’estremità meridionale

dell’India da Dibrugarh, l’arrivo

in Assam. Nel tragitto saliranno

e scenderanno persone, ci

saranno incontri di uomini e

donne di fedi, casta, costumi

di�erenti, che parlano lingue e

mangiano cibi diversi. Il treno:

un’isola su rotaie che mescola e

unisce chi sulla terraferma si

sarebbe incontrato a fatica.

Solamente il prezzo del

biglietto per le varie classi

mantiene le distinzioni di ceto.

Le ferrovie indiane, nate nella

metà del XIX secolo per

permettere agli inglesi di

spostare facilmente merci

(soprattutto cotone) ed esercito

attraverso il vasto territorio,

sono da subito diventate

veicolo di unione culturale,

economica e sociale del paese.

Il Vivek Express, battezzato con

il nome del monaco errante

Vivekanand Svami che all’inizio

del secolo scorso percorse a

piedi il paese da Calcutta a

Kannyakumari, è stato

inaugurato il 26 novembre

2011. Ogni settimana

puntualmente attraversa il

subcontinente e per pochi soldi

trasporta chiunque abbia il

tempo e la perseveranza di

viaggiare placidamente verso la

propria destinazione.

Ai loro occhi siamo noi le sagome senza consistenza che si materializzano in un secondo e poi svaniscono nel paesaggio che corre.

Primo giorno

Secondo giorno

Terzo giorno

Quarto giorno

Chilometri percorso: 4242km

Durata viaggio: 82 ore 15 minuti

Numero Stazioni: 54

Stati attraversati: Tamil Nadu -

Kerala - Andhra Pradesh - Orissa -

Bihar - Bengala occidentale - Assam

Page 21: Italy-India 2

Cinque località da non

perdere disseminate

nel vasto territorio, per

passare qualche giorno

di scoperta o da cui partire

per settimane di viaggio.

Il forte di Amber dove la

storia delle città ebbe inizio

nel medioevo e il tempo

sembra essersi pietrificato.

Jodhpur, la città blu.

In mezzo a una terra inospitale

e arida, il Marwar

(letteralmente

la terra della morte).

A gennaio potreste sorseggiare un

tè su un piccolo balcone di pietra o

in mezzo alle dune del deserto del

Rajasthan, terra che incanta con il

suo passato spettacolare e il

presente vibrante e unico. Dentro le

mura rosa, colore voluto dal

maharaja che fece edificare la città

per dare il benvenuto agli ospiti

stanieri, la città storica del XVIII d.C

con le vie perpendicolari, i quartieri

reali, il famoso palazzo dei venti e il

parco astronomico, con i vibranti

bazar centenari e le decrepite case

nobili a�rescate. Oltre le mura la

città nuova, in strepitante crescita

con strade ampie e tra�cate,

boutique di moda tessile e lussuosi

centri commerciali. Jaipur è il luogo

ideale da cui a�acciarsi sul Rajasthan,

cogliendo in un solo posto antico e

moderno, tradizione e innovazione,

cultura e progresso.

Godetevi un safari in cammello a

Osian e dopo la quiete delle dune

del deserto una visita agli splendidi

templi jaina e hindu dalle pietre

traforate.

Cinque localitàper esplorareil Rajasthan

Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com 21

Page 22: Italy-India 2

Viaggiare in India e non entrare nei templi

è come girare l’Italia senza visitarne le

chiese: si perde un enorme patrimonio

artistico e una delle migliori possibilità di

incontrare la cultura più profonda. Il

tempio può lasciarci disorientati perché

tutto è intenso e ben poco famigliare: aria

densa di odori forti, brulichio disordinato

dei devoti intenti ad attività misteriose,

sguardi autorevoli dei brahmani, i

sacerdoti. E una grande confusione

acustica: non si va al tempio per pregare

in silenzio, ma per visitare il dio che ci

abita e partecipare della sua presenza.

E’ bene sapere come comportarsi per non

o�endere nessuno.

Gli usi e i costumi cambiano da regione a

regione, con di�erenze considerevoli dal

nord al sud, ma ci sono alcune regole che

si devono rispettare ovunque:

L’abbigliamento deve essere decoroso:

niente spalle scoperte (per le donne

mentre nel sud per gli uomini è

obbligatorio entrare a petto nudo),

pantaloni o gonne lunghe. Non è richiesto

coprirsi la testa, anzi nel sud è necessario

il contrario. Nel nord si entra più vestiti e si

può arrivare più vicino all’icona sacra,

spesso la preghiera implica il toccare la

statua fisicamente. Nel sud la testa e, per

gli uomini, il petto sono scoperti per

permettere all’energia divina di entrare nel

corpo, ma è vietato toccare le icone.

Si entra scalzi. Quasi sempre è possibile

tenere i calzini. Togliersi le scarpe è un

segno di rispetto. Implica lasciare fuori il

mondo mondano, con le sue impurità e

imperfezioni. Fuori dai templi maggiori ci

sono depositi che custodiscono a

pagamento le calzature.

Scattare foto all’interno del sancta

sanctorum è quasi sempre proibito, anche

Una visita al tempio: indicazioni guida

dove non vi fosse un’indicazione precisa è

meglio chiedere.

In numerosi templi del sud ad accogliervi

nella prima sala del tempio è

un’elefantessa che per qualche rupia vi

benedice ponendo la delicata proboscide

sulla vostra testa. Benedisce solo chi vuole

essere benedetto, proseguite se non vi

interessa. Le foto sono ammesse.

Prima di entrare nel cuore del tempio si

gira in senso orario attorno alla cella. Non

siete obbligati a fare il giro, che si chiama

pradakshina, ma è altamente consigliato.

Si crede che maggiore sia il numero dei

giri (sempre dispari), maggiore l’ardore

religioso e l’attenzione che dio vi presta.

La deambulazione è segno di umiltà e al

tempo stesso si lascia più tempo

all’energia divina di purificare il corpo.

E’ meglio non rimanere fermi direttamente

davanti all’immagine sacra. Noterete che

gli indiani si dispongono lateralmente o

con le spalle non esattamente parallele

all’icona. Sia per rispetto che per evitare

un sovraccarico di energia divina. Il

guardare la rappresentazione divina, fare il

darshan, è il rito più intimo e importante,

per cui nei giorni di ressa la gente si a�olla

spingendosi per non perdersi il momento

in cui dio apre simbolicamente gli occhi e

vi legge nel cuore, cancellando le paure

ed esaudendo le vostre preghiere.

Se decidete di proseguire fino alla cella

sacra i sacerdoti forse vi chiederanno

un’o�erta, che dovrebbe essere libera.

Non sentitevi obbligati a dare più di

quanto ritenete opportuno, potete

osservare gli indiani e decidere quanto.

Ogni hindu riceve anche il prasada,

un’o�erta sacra costituita da polvere rossa,

petali di fiori, del cibo e dell’acqua con

basilico indiano, varia a seconda dei

templi. Sarà o�erto anche a voi. Nessuno

vi vieta di prenderlo, ma non buttatelo a

terra immediatamente dopo. E’ molto

sacro per i fedeli e manchereste di

rispetto, meglio non accettarlo a�atto.

Prima di uscire, se avete apprezzato la

visita e vi sentite di buon umore e in vena

di partecipazione gioiosa potete suonare

la campanella; sempre presente nel nord è

suonata all’entrata e all’uscita. Nessuno vi

guarderà male e vi saranno molti volti

sorridenti ad accompagnarvi verso il

mondo imperfetto degli uomini.

Il primo segno dell’imperfezione sono i

questuanti che chiedono l’elemosina

all’entrata del tempio. E’ un buon

momento per lasciare alcune monete, se

desiderate, perché è un’abitudine degli

hindu donare al tempio e non farete altro

che comportarvi come loro.

Non si va al tempio per pregare

in silenzio, ma per visitare il dio

che ci abita e partecipare

della sua presenza.

22 Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com

Page 23: Italy-India 2

Italy-India | India Cult | italy-india.gruppozenit.com 23

DAL CIBOAI COSTUMI,TUTTO QUELLOCHE FA INDIA

CULTURA

Page 24: Italy-India 2

24 Italy-India | Cultura | italy-india.gruppozenit.com

In India potete sentirvi

libere di indossare i vestiti

del luogo, sarà preso come

un gesto di accettazione

della loro cultura.

C’è un salvar kameez per

ogni situazione. Se volete

partecipare a una festa o

siete invitate a un matrimonio

potete sceglierne uno

particolarmente ricco.

C’era un tempo in cui in India l’abito

faceva il monaco, il modo di vestire

indicava la regione di appartenenza,

la religione, la casta e lo stato civile…

poi arrivò il Salvar Kameez che

divenne negli anni uno dei vestiti di

moda più di�usi nel subcontinente

(assieme al sari) adottato dalle donne

di qualsiasi credo.

Il salvar kurta (conosciuto anche con

altri nomi) è composto da tre capi:

i pantaloni, salvar; una camicia lunga

detta kameez (parola di origine

araba, prestito forse dall’antico greco

e dal latino) o kurta (l’equivalente

indiano); e un ampio scialle

chiamato dupatta o chunnari.

Il salvar kameez arrivò in India con le

invasioni musulmane intorno al 1000

d.C.. Furono i Moghul, che lo

adottarono come abito imperiale, a

di�onderlo in tutto il loro regno.

L’imperatore Akbar incoraggiò la

sintesi dello stile persiano e indiano

in tutti i campi, dall’architettura alle

arti tessili. Così nacque il vero e

proprio antenato del salvar kameez

moderno (il costume usato dalle

danzatrici di Kathak è fedele allo stile

originale moghul e il modello

Anarkali di ispirazione moghul é

molto di tendenza negli ultimi tempi)

Dai tempi del moghul ad oggi il

salvar kameez ha cambiato molti

nomi e innumerevoli stili. Usato

originariamente sia da uomini che da

donne è diventato in seguito un

abito prettamente femminile, portato

soprattutto nelle regioni del nord

ovest e dalle ragazze prima del

matrimonio. L’industria della moda

ne ha fatto un vestito chic per le

donne delle città. Fin dagli anni ’80 è

entrato nelle botteghe degli stilisti e

nel mercato della moda globale.

La maggior parte delle donne non

compra un salvar kameez

preconfezionato ma acquista la

sto�a necessaria e se lo fa cucire da

un sarto, su misura.

Salvar: l'abito chenon fa...la monaca

Page 25: Italy-India 2

Product strategist e direttore responsabileLaura Brenna

RedazioneSara Andreis

Content supervisor and social managerMassimo Salomoni

Giulia Beneforti

Graphic DesignGiuseppe Ripa, Gilda De vito

Creative supportArun Kumar R C

Hanno collaboratoFabio Bellan, Luca Petrini, Paolo Fizzotti

Sviluppo progetto onlineE-team India Web Solutions

Come trovarciIl progetto Online

Via Uguccione da Pisa, 420145 - Milano

Mail: [email protected]: gruppozenit.com

Italy-India è un progetto a cura di Gruppo Zenit

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DAL TECHNOPARK DI TRIVANDRUM, IL MAGAZINE CHE AVVICINA I NOSTRI DUE PAESI.

Page 26: Italy-India 2

Il ba�o da record: il bel signore della foto nasconde ba� lunghissimi dentro il turbante.

Secondo il libro dei Guinness dei primati i ba� più lunghi del mondo sono sempre stati indiani.

26 Italy-India | Cultura | italy-india.gruppozenit.com

L’uomo senza ba�, non è uomo. Puoi

avere tanti soldi e una macchina scintillan-

te. Puoi avere molte donne come un divo.

Puoi avere bicipiti giganti e un petto enor-

me. Ma non sei un vero uomo, se questi

non ce li hai!

I ritratti dei maharaja dell'epoche passate

testimoniano che i ba� fossero un simbo-

lo di potere, virilità e segno di una forte

personalità. Ai brahmani e ai fuori casta

non erano concessi, al massimo potevano

confonderli in una folta barba. Negli anni

’30 Gandhi favorì la crescita della peluria

sul volto per boicottare l’importazione di

rasoi e lame inglesi. Sarà che il ba�o incu-

te timore (i banditi li hanno sempre), ai po-

liziotti indiani è caldamente consigliato di

farsi crescere un bel paio di ba� che rassi-

curino il pubblico sul coraggio e sul valore

delle forze armate.

Nell’India contemporanea i ba� e le barbe

sono in crisi, riflesso della storia di un pae-

se che si stia occidentalizzando e omolo-

gando al mondo. I modelli di bellezza ma-

schile e le mode cambiano: i giocatori di

cricket sono rasati e gli attori di Bollywood

hanno al massimo un po’ di stilosa barbet-

ta. Richard McCallum, che di ba� e barbe

indiane la sa lunga e le racconta nel libro

Hair India: A Guide to the Bizarre Beards

and Magnificent Moustaches of Hindu-

stan, individua diversi modelli di taglio in-

diani. Ci sono il tricheco, la mentoniera, il

filtra-minestra, il comandante...Uno stile

per ogni personalità. I ba� sono...sexy!

La natura conosce le sue vie per attirare il

gentil sesso: Il gallo ha la cresta, il leone la

criniera e l’uomo ha il ba�o. Si usa in Raja-

sthan, quando un uomo vede una bella

donna e vuole mostrare il proprio apprez-

zamento, fare "il ba�oli-

no" (arricciarsi il ba�o):

un messaggio che, a

detta degli uomini, non

passa inosservato.

Nel sud dell’India i ba�

sono un simbolo indiscusso di virilità che

non conosce crisi. Recita un proverbio:

padre ba�uto, padre rispettato.

Nonostante le mode straniere che avan-

zano, il ba�o regge nel cinema, così come

per strada e negli u�ci aziendali. Qualche

anno fa a un assistente di volo della Air In-

dia venne richiesto di tagliarsi i ba�, per

ragioni igenico-sanitarie. L’uomo rifiutò di

compromettere la propria immagine e

identità, e venne trasferito allo sportello di

un aeroporto, a terra. Seguì una battaglia

legale, che vinse. In India i ba� sono un

diritto fondamentale. Paese che vai, co-

stume che trovi. Se decidete di trasferirvi

in India e volete essere accolti nella co-

munità locale come pari, superando le di-

stanze culturali che vi se-

parano dalla gente attorno,

fatevi crescere un paio di

curati ba�. Tre settimane di

pazienza, un po’ di prurito e

sembrerete più indiani.

Recita un proverbio:

“Padre ba�uto, padre

rispettato”.

IL BAFFO È UOMO

Page 27: Italy-India 2

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Page 28: Italy-India 2

resta che una traccia di suono.

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impiegherà altri 4 giorni, se non

ci sono ritardi. 82 ore e 15

minuti dividono Kannyakumari,

la stazione di partenza

nell’estremità meridionale

dell’India da Dibrugarh, l’arrivo

in Assam. Nel tragitto saliranno

e scenderanno persone, ci

saranno incontri di uomini e

donne di fedi, casta, costumi

di�erenti, che parlano lingue e

mangiano cibi diversi. Il treno:

un’isola su rotaie che mescola e

unisce chi sulla terraferma si

sarebbe incontrato a fatica.

Solamente il prezzo del

biglietto per le varie classi

mantiene le distinzioni di ceto.

Le ferrovie indiane, nate nella

metà del XIX secolo per

permettere agli inglesi di

spostare facilmente merci

(soprattutto cotone) ed esercito

attraverso il vasto territorio,

sono da subito diventate

veicolo di unione culturale,

economica e sociale del paese.

Il Vivek Express, battezzato con

il nome del monaco errante

Vivekanand Svami che all’inizio

del secolo scorso percorse a

piedi il paese da Calcutta a

Kannyakumari, è stato

inaugurato il 26 novembre

2011. Ogni settimana

puntualmente attraversa il

subcontinente e per pochi soldi

trasporta chiunque abbia il

tempo e la perseveranza di

viaggiare placidamente verso la

propria destinazione.

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