Italy-India 2
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Transcript of Italy-India 2
CINQUE LOCALITÀPER ESPLORAREIL RAJASTHAN
L'INDIA SI PREMIACON LA FORMULA UNO
Ogni luogo ha le proprie usanze...
Un ingresso nel mondo delle corse in grande stile.
LA LEPRESULLALUNA Una leggenda che narra come la lepre sia apparsa sulla luna.
VIAGGI
DAL TECHNOPARK DI TRIVANDRUM, IL MAGAZINE CHE AVVICINA I NOSTRI DUE PAESI.#22013
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SALVAR:L’ABITOCHE NON FALA MONACA
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DIGITALCOMMUNICATION
SOMMARIOMITI E LEGGENDE
La lepre sulla luna
Matsya, Manu e il grande diluvio
Leggenda di dhola maru
FESTEIl grande Maha kumbha melasta per iniziare
La festa degli aquiloni guerrieri
ATTUALITÀ
L'India si premia con la formula uno
Chetak-Vespa: la lunga strada degli scooter in India
VIAGGI
15905/15906 - Vivek Express
Cinque località per esplorareil Rajasthan
A Varanasi il mito si fa presente
Una visita al tempio: indicazioni guida
CULTURA
Salvar: l'abito che non fa...la monaca
Il ba�o è Uomo
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Italy-India | Sommario | italy-india.gruppozenit.com 3
ITALY-INDIA: TUTTO QUELLO CHEAVRESTE VOLUTO SAPERE SULL’INDIA Gruppo Zenit è stata una fra le prime aziende italiane di Information Technology a collaborare quotidianamente con l'avanguardia tecnologica del subcontinente indiano. Da questo rapporto è nato un magazine dedicato a chi vuole orientarsi fra gli usi e i costumi di un Paese ricco di storia e di cultura, di contraddizioni e di opportunità di sviluppo e dove tutto, dal passato al futuro, è sempre presente. Un Paese da scoprire visitandolo, lavorandoci o anche soltanto leggendo le storie e i suggerimenti che abbiamo raggruppato per voi in sei categorie che faciliteranno la ricerca e la consultazione:
VIAGGI Luoghi, monumenti, alberghi e mezzi di trasporto
CULTURA Dal cibo ai costumi, tutto quello che fa India
FESTE Eventi e festival in India e in Italia
MITI Storie, leggende e racconti da un Paese incantato
NEWS Numeri, notizie, curiosità dall'India
STAMPA L'India vista dall'Italia
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RACCONTIDA UN PAESEINCANTATO
MITI E LEGGENDE
Nello Sasajataka leggiamo che un tempo il
futuro Buddha, in attesa di nascere come
Siddharta e di�ondere nel mondo la via
dell’illuminazione, si incarnò in una lepre.
Il virtuoso animale promise di o�rire la sua
stessa carne a chiunque fosse arrivato a
chiederle del cibo il sacro giorno di
Uposatha, dedicato alle o�erte. Così
avrebbe potuto sfamare un bisognoso e
nel contempo risparmiargli l’impuro atto di
uccidere un animale. Per metterla alla
prova Indra, il re degli dei hindu, prese le
sembianze di un brahmano e andò da lei.
Fedele alla parola e alle intenzioni la lepre
preparò un falò e ci si buttò nel mezzo –
dopo essersi debitamente scossa di dosso
tutti gli insetti e parassiti che vivevano
nella sua pelliccia. Ma il dio aveva creato
un fuoco magico e la lepre invece di
bruciare percepì una piacevole sensazione
di freschezza.
La lepre sulla Luna
Indra rivelò la sua reale identità e per
immortalare la virtù della lepre disegnò la
sagoma dell’animale con la linfa della
montagna sulla superficie della luna. Poi,
appoggiando delicatamente la lepre sulla
tenera erba in un boschetto, Indra disse:
«Ora il tuo gesto rimarrà impresso negli
occhi di tutti fino alla dissoluzione
dell’universo».
Se siete uomini dotati di discreta
immaginazione, sollevando gli occhi al
cielo in una notte di luna crescente
vedrete Sasi e potrete meditare sugli
insegnamenti del Buddha. In questa storia,
tra le righe della fiaba, la lepre vi racconta
di una cultura del rispetto della vita e di
una terra in cui le religioni si sviluppano
dialogando tra loro, per poi viaggiare
anche oltre i confini geografici.
Riuscite a scorgere la lepre?
Cosa vedete osservando la superficie della Luna? L’India ci vede una lepre. Per questo è anche detta Sasi, che ha il disegno di una lepre e, naturalmente, c’è anche una leggenda che narra come la lepre sia apparsa sulla Luna. La storia è stata raccolta nei Jataka, fiabe buddhiste che descrivono le vite precedenti del Buddha.
6 Italy-India | Miti e Leggende | italy-india.gruppozenit.com
Ma il dio aveva creato
un fuoco magico e la lepre
invece di bruciare percepì
una piacevole sensazione di
freschezza.
Manu era un uomo saggio e viveva nella
foresta. Un giorno mentre si lavava nel
fiume un piccolo pesce, Matsya, gli saltò
tra le mani.
“Oh Manu” -in quei tempi mitici i pesci
sapevano parlare- “non posso mai stare
tranquillo in questo fiume di pesci
divoratori di pesci! Portami via, salvami da
questo tormento”.
Manu portò a casa il pesciolino in
un’ampolla e si prese cura di lui. Ma
Matsya in pochi giorni crebbe e l’ampolla
si fece troppo piccola per lui.
Manu lo mise in un vaso più grande, ma in
pochi giorni nuovamente il pesce era
troppo grande.
Allora Manu lo mise in un lago dove il
pesce nuotò felice per qualche tempo, ma
presto anche il lago si fece troppo piccolo.
“Padre Manu, portami sulle montagne
dove scorre il Gange, là starò bene”. Così
Manu si mise in cammino e arrivato sulle
rive del sacro fiume liberò il pesce. Anche
nel Gange Matsya continuò a crescere,
così tanto che perfino il fiume non aveva
più acqua da o�rirgli.
Allora Manu portò il pesce al mare.
Nell’oceano Matsya trovò spazio a
su�cienza, anche se continuava a
ingrandirsi a vista d’occhio. Prima di
scomparire nelle profondità delle acque
disse a Manu: “Non scorderò le cure che
mi hai o�erto e del tuo buon cuore.
Ascolta, presto Brahma il creatore si
addormenterà e un enorme diluvio
distruggerà la terra. Costruisci un’arca
abbastanza grande da accomodare un
seme di ogni tipo e i sette Rishi, i saggi
asceti che vivono da sempre sulle
montagne. Quando il cielo diventerà nero
e la pioggia comincerà a cadere
ininterrotta entrate nella barca e aspettate.
Io arriverò con l’acqua che sale
dall’oceano. Lega l’arca alla pinna sulla
mia schiena e vi condurrò in salvo”.
Manu fece come il pesce aveva spiegato e
quando arrivò il diluvio universale per anni
e anni la sua arca navigò sulle acque in
tempesta. Quando tornò il sole non c’era
che un’infinita distesa di acqua. Il pesce
condusse Manu sulla cima dell’Himalaya,
unica parte della terra non sommersa dal
mare. Dopo qualche tempo l’acqua
cominciò a scendere, finché di nuovo la
terra comparve. Fu così che Manu
sopravvisse al grande diluvio e con l’aiuto
del pesce Matsya, che era un’incarnazione
divina, e i sette saggi ripopolò la terra,
diventando il padre dell’intera umanità.
Matsya, Manu e il grande diluvioQuesta storia è accaduta in un’altra era, molti molti secoli faed è raccontata per la prima volta nel Shatapatha Brahmana.
MANU
FECE COME IL PESCE
AVEVA SPIEGATO
E QUANDO ARRIVÒ
IL DILUVIO UNIVERSALE
PER ANNI E ANNI
LA SUA ARCA NAVIGÒ
SULLE ACQUE IN TEMPESTA.
Dopo qualche tempo l’acqua cominciò a scendere, finchè di nuovola terra comparve.
Italy-India | Miti e Leggende | italy-india.gruppozenit.com 7
8 Italy-India | Miti e Leggende | italy-india.gruppozenit.com
Un tempo vi fu in Rajasthan una grande siccità. Il maharaja del regno settentriona-le di Pugal andò in pellegrinaggio con la moglie e la figlioletta Maru a Pushkar per invocare la pioggia. Anche il maharaja del regno orientale di Nalwar si trovava nel luogo sacro per la stessa ragione, anche lui accompagnato dalla moglie e dal figlio-letto Dhola. I due re divennero amici e per sancire l’alleanza tra i regni maritarono Dhola e Maru, all’epoca infanti. Arrivò la pioggia e ognuno tornò al proprio regno.Passarono gli anni. Il re di Nalwar morì e Dhola, dimentico del matrimonio con Maru, si sposò con Malvani, figlia del raja di Malvi. I due erano normalmente felici. A chilometri di distanza invece Maru, da poco entrata nella gioventù, so�riva le pene acute della separazione dall’amato Dhola, di cui conservava miracolosamente un’indelebile ricordo. A nulla valsero gli innumerevoli messaggi che fece recapita-re a corte dello sposo: messaggi e mes-saggeri venivano immancabilmente inter-cettati e bloccati da Malvani, gelosa del neo marito. Ma il destino era scritto nelle stelle e Maru riescì infine a raggiungere Dhola. A�da infatti a un gruppo di menestrelli la più triste delle tristi canzoni d’amor lontano che ripeteva in cuor suo a ogni ora del giorno e della notte. I cantanti giunti a Nalwar vengono respinti dalle guardie di
Malvani, ma nottetempo si accampano alle spalle del palazzo e al chiaro di luna intonano il malinconico canto di Maru. Le note sono cariche di un potere magico, destano il principe Dhola e gli rubano il tormentato sonno. I musici sono convo-cati a corte il mattino seguente e cantano delle pene d’amore di Maru che so�re per la separazione da un marito lontano che si è scordato di lei. Improvvisamente Dhola ricorda il suo matrimonio infantile e il suo cuore s’avvampa dal desiderio di riunirsi alla prima moglie. Malvani non è felice e vorrebbe in tutti i modi trattenere l’amato, ma a nulla valgono le sue implorazioni e le sue preghiere: Dhola parte alla volta di Pu-gal.
Giunto a Pugal il principe è accolto con tutti gli onori. Una gran festa celebra il ricongiungimento dei due amanti. Finiti i festeggiamenti gli sposi partono per tor-nare a Nalvar. Le agonie dell’attesa, le pene della separazione sono curate dal balsamo dell’amore e tutto sembra essersi felicemente risolto.Ma le disavventure e gli ostacoli non sono ancora finiti. Umar, un nobile locale che si era invaghito follemente di Maru, si unisce a un gruppo di briganti e pianifica la sua vendetta. In viaggio Dhola e Maru incon-trano Umar che o�re loro ospitalità nel suo caravanserraglio. Dhola accetta igna-ro e si gode la lauta cena bagnata da gu-
stoso liquore o�ertogli da Umar. Ma alcuni menestrelli (ancora una volta i cantastorie) scoprono le cattive intenzioni di Umar e avvertono Maru. La ragazza ricorre a un dono magico, un portentoso cammello che ha la facoltà di volare più veloce del vento. Scaltramente recupera il marito e i due, galoppando sul cammello magico si salvano dai banditi, ma gli ostacoli non sono ancora finiti.Quando ormai la meta è vicina, Maru muore per il morso di un serpente. Dhola disperato si sta per immolare sulla pira funebre dell’amata quando giunge una coppia di asceti (mandati da Shiva e Parva-ti, o manifestazioni degli dei stessi). Grazie alla meditazione e all’austerità i saggi han-no acquisito il potere di restituire la vita e resuscitano Maru. Benedetti dagli dei e dagli asceti Dhola e Maru rientrano final-mente alla corte di Nalvar, dove sono accolti da Malvani, ora serenamente rasse-gnata alla condivisione.I tre vissero da allora felici e contenti. L’amore vero conquista tutti e su tutto vin-ce.
Quando ormai la meta è vicina, Manu muore per il morso di un serpente.
L’amore vero sconfigge qualsiasi nemico, supera ogni ostacolo e fa sognare. Da secoli e secoli in Rajasthan la fantasia vola sulla groppa di cammelli magici cullata dalla leggenda di Dhola e Maru.
FESTEEVENTIE FESTIVALIN INDIAE IN ITALIA
A dodici anni dall’ultimo grande raduno
religioso dell’India la città di Allahabad, in
Uttar Pradesh, è nuovamente pronta a
ospitare il Maha Kumbh Mela che si svol-
gerà dal 27 gennaio al 25 febbraio. Una vi-
sita al Maha Kumbh Mela è un’ottima oc-
casione per vedere l’India religiosa in ma-
niera intensa e concentrata. Maha in san-
scrito significa grande, Kumbh è il vaso sa-
cro, importante simbolo dell’induismo che
rappresenta l’utero della dea madre, la
forza generatrice e mela significa fiera, fe-
sta. Di Kumbhamela ce n’è uno ogni tre
anni in quattro località, a rotazione. Vuole
la leggenda che si celebri laddove alcune
gocce della mitica amrita, il nettare
dell’immortalità ottenuta dalla zangolatu-
ra dell’oceano di latte, caddero sulla terra,
per l’esattezza nei fiumi: a Allahabad, Na-
sik, Ujjain e Haridwar. Nel giusto momento
astrale, quando Giove entra in aquario e il
sole in ariete, fare un’abluzione nelle ac-
que sacre a Allahabad genera, si dice, un
immenso merito religioso e cancella tutti i
debiti negativi del kar-
ma, facilitando il rag-
giungimento del mok-
sha, l’uscita dal ciclo
delle rinascite. Talmente
forte è l’influenza divina
che le acque manten-
gono il potere sacro per
un paio di mesi, prima e
dopo il giorno climax
che sarà il 10 febbraio. Così da gennaio
fino all’inizio di marzo, il prayag, dove si
incontrano i fiumi terresti Yamuna e il
Gange e il mitico fiume celeste Sarasvati,
diventa un immensa città di tende dove
confluiscono milioni di persone da ogni
parte del mondo e dai diversi percorsi di
vita (l’a�uenza prevista è sui 110 milioni). Il
Maha kumbh Mela o�re ai pellegrini la
possibilità di purificarsi e avvicinarsi alla
verità assoluta, di vivere alcuni giorni a
stretto contatto con gli uomini di dio, gli
asceti che dedicano l’intera vita alla ricer-
ca spirituale e ai diversi capi di infinite sette
religiose. Ogni giorno ci sono assem-
blee, dibattiti e program-
mi culturali, oltre natural-
mente alle abluzioni della
mattina e della sera che
sono il fulcro del pellegri-
naggio. Per i viaggiatori di
altre fedi la Mela è la ma-
nifestazione di un’intera
umanità e di una civiltà di-
stillata in un piccolo spazio geografico
sulla riva dei fiumi. Ognuno trova posto
nel campo tende: dal guru che riceve i de-
voti su cuscini di seta broccata in tende
con aria condizionata, agli asceti appartati
in quelle modeste di materiale economi-
co. Ci sono i capi politici, famiglie di con-
tadini che viaggiano su trattori stracolmi
da villaggi lontani e cialtroni in cerca di
proseliti e o�erte.
Ad attirare maggiormente l’attenzione dei
media, dei curiosi e dei pellegrini sono i
naga sanyasi (o Baba), gli asceti nudi se-
guaci di Shiva (naga, nudo; sanyasi, rinun-
ciante). Il giorno più sacro sono proprio
loro a iniziare le abluzioni, attraversando in
regale processione un corridoio umano
che ambisce a toccare la sabbia su cui po-
sano i piedi. I naga sono avvolti in un am-
biguo mistero. Sono temuti, rispettati e
guardati con sospetto allo stesso tempo.
Non appartengono più a questo mondo
pur vivendoci, e non si incontrano quasi
mai. Non sono soggetti alle stesse leggi fi-
siche dei comuni mortali, perché con pra-
tiche esoteriche e yogiche si dice abbiano
trasceso i limiti. Non portano vestiti per-
ché non ne hanno più bisogno, a proteg-
gerli dal freddo è su�ciente la cenere sa-
cra di cui si cospargono il corpo e i lungi
capelli. Arrivano a centinaia per il bagno
più propizio, giungendo dalle grotte
sull’Himalaya dove conducono una vita
solitaria senza contatto con il mondo degli
umani. Ma nessuno li vede arrivare o ripar-
tire, semplicemente compaiono.
Il grandeMahakumbh Melasta per iniziare
Maha in sanscrito significa grande, Kumbh è il vaso sacro, importante simbolo dell’induismo che rappresenta l’utero della dea madre, e mela significa fiera, festa.
Bagnarsi nelle sacre acque del Gange in
inverno è per gli uomini comuni un’impr-
esa che richiede coraggio. La temperatura
notturna si aggira attorno ai 10°, talvolta
scendendo ulteriormente e l’abluzione va
fatta all’alba, quando i timidi raggi del sole
hanno appena la forza di perforare la col-
tre di nebbia umida.
Se vi perdete questo grande Maha Kumbh
Mela non occorre aspettare altri 12 anni:
tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik
quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche se su
scala più ridotta. Altrimenti potete optare
per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela,
ad Allahabad tra sei anni o l’annuale ver-
sione in miniatura, il Magh Mela che inizia
ogni anno a gennaio. Se decidete di an-
darci potete inserire la visita in un itinerario
tra Delhi e Varanasi e, se vi piace allonta-
narvi dai percorsi più battuti, considerate
anche una visita a Chitrakoot: un piccolo
gioiellino di quiete sulle rive della sonno-
lenta Mandakini, un’oasi tranquilla dopo
l’a�ollato pellegrinaggio del prayag.
Ogni giorno ci sono assemblee, dibattiti, programmi culturali.
10 Italy-India | Feste | italy-india.gruppozenit.com
A dodici anni dall’ultimo grande raduno
religioso dell’India la città di Allahabad, in
Uttar Pradesh, è nuovamente pronta a
ospitare il Maha Kumbh Mela che si svol-
gerà dal 27 gennaio al 25 febbraio. Una vi-
sita al Maha Kumbh Mela è un’ottima oc-
casione per vedere l’India religiosa in ma-
niera intensa e concentrata. Maha in san-
scrito significa grande, Kumbh è il vaso sa-
cro, importante simbolo dell’induismo che
rappresenta l’utero della dea madre, la
forza generatrice e mela significa fiera, fe-
sta. Di Kumbhamela ce n’è uno ogni tre
anni in quattro località, a rotazione. Vuole
la leggenda che si celebri laddove alcune
gocce della mitica amrita, il nettare
dell’immortalità ottenuta dalla zangolatu-
ra dell’oceano di latte, caddero sulla terra,
per l’esattezza nei fiumi: a Allahabad, Na-
sik, Ujjain e Haridwar. Nel giusto momento
astrale, quando Giove entra in aquario e il
sole in ariete, fare un’abluzione nelle ac-
que sacre a Allahabad genera, si dice, un
immenso merito religioso e cancella tutti i
debiti negativi del kar-
ma, facilitando il rag-
giungimento del mok-
sha, l’uscita dal ciclo
delle rinascite. Talmente
forte è l’influenza divina
che le acque manten-
gono il potere sacro per
un paio di mesi, prima e
dopo il giorno climax
che sarà il 10 febbraio. Così da gennaio
fino all’inizio di marzo, il prayag, dove si
incontrano i fiumi terresti Yamuna e il
Gange e il mitico fiume celeste Sarasvati,
diventa un immensa città di tende dove
confluiscono milioni di persone da ogni
parte del mondo e dai diversi percorsi di
vita (l’a�uenza prevista è sui 110 milioni). Il
Maha kumbh Mela o�re ai pellegrini la
possibilità di purificarsi e avvicinarsi alla
verità assoluta, di vivere alcuni giorni a
stretto contatto con gli uomini di dio, gli
asceti che dedicano l’intera vita alla ricer-
ca spirituale e ai diversi capi di infinite sette
religiose. Ogni giorno ci sono assem-
blee, dibattiti e program-
mi culturali, oltre natural-
mente alle abluzioni della
mattina e della sera che
sono il fulcro del pellegri-
naggio. Per i viaggiatori di
altre fedi la Mela è la ma-
nifestazione di un’intera
umanità e di una civiltà di-
stillata in un piccolo spazio geografico
sulla riva dei fiumi. Ognuno trova posto
nel campo tende: dal guru che riceve i de-
voti su cuscini di seta broccata in tende
con aria condizionata, agli asceti appartati
in quelle modeste di materiale economi-
co. Ci sono i capi politici, famiglie di con-
tadini che viaggiano su trattori stracolmi
da villaggi lontani e cialtroni in cerca di
proseliti e o�erte.
Ad attirare maggiormente l’attenzione dei
media, dei curiosi e dei pellegrini sono i
naga sanyasi (o Baba), gli asceti nudi se-
guaci di Shiva (naga, nudo; sanyasi, rinun-
ciante). Il giorno più sacro sono proprio
loro a iniziare le abluzioni, attraversando in
regale processione un corridoio umano
che ambisce a toccare la sabbia su cui po-
sano i piedi. I naga sono avvolti in un am-
biguo mistero. Sono temuti, rispettati e
guardati con sospetto allo stesso tempo.
Non appartengono più a questo mondo
pur vivendoci, e non si incontrano quasi
mai. Non sono soggetti alle stesse leggi fi-
siche dei comuni mortali, perché con pra-
tiche esoteriche e yogiche si dice abbiano
trasceso i limiti. Non portano vestiti per-
ché non ne hanno più bisogno, a proteg-
gerli dal freddo è su�ciente la cenere sa-
cra di cui si cospargono il corpo e i lungi
capelli. Arrivano a centinaia per il bagno
più propizio, giungendo dalle grotte
sull’Himalaya dove conducono una vita
solitaria senza contatto con il mondo degli
umani. Ma nessuno li vede arrivare o ripar-
tire, semplicemente compaiono.
Bagnarsi nelle sacre acque del Gange in
inverno è per gli uomini comuni un’impr-
esa che richiede coraggio. La temperatura
notturna si aggira attorno ai 10°, talvolta
scendendo ulteriormente e l’abluzione va
fatta all’alba, quando i timidi raggi del sole
hanno appena la forza di perforare la col-
tre di nebbia umida.
Se vi perdete questo grande Maha Kumbh
Mela non occorre aspettare altri 12 anni:
tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik
quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche se su
scala più ridotta. Altrimenti potete optare
per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela,
ad Allahabad tra sei anni o l’annuale ver-
sione in miniatura, il Magh Mela che inizia
ogni anno a gennaio. Se decidete di an-
darci potete inserire la visita in un itinerario
tra Delhi e Varanasi e, se vi piace allonta-
narvi dai percorsi più battuti, considerate
anche una visita a Chitrakoot: un piccolo
gioiellino di quiete sulle rive della sonno-
lenta Mandakini, un’oasi tranquilla dopo
l’a�ollato pellegrinaggio del prayag.
NON PORTANO VESTITI
PERCHÉ NON NE HANNO
PIÙ BISOGNO,
A PROTEGGERLI DAL FREDDO
È SUFFICIENTE LA CENERE SACRA
DI CUI SI COSPARGONO
IL CORPO
E I LUNGI CAPELLI.
Foto da sinistra verso destra
In copertina foto di Filippo Cottone
Maha Kumbh Mela 2001 di Yosorian
Naga in processione di Stefania Zamparelli
Sadhu di Edson Walker
Italy-India | Feste | italy-india.gruppozenit.com 11
Se vi perdete questo grande Maha Kumbh Mela non occorre aspettare altri 12 anni: tra tre anni ci sarà il kumbhmela di Nasik quindi a Ujjain e ad Haridwar, anche sesu scala più ridotta.Altrimenti potete optare per il piccolo Kumbh, l’Ardha kumbh mela, ad Allahabad tra sei anni o l’annuale versione in miniatura,il Magh Mela che inizia ogni anno a gennaio.
LA FESTADEGLIAQUILONIGUERRIERI
L'India ama fare volare gli aquiloni. La festa
di Makara Sankranti (il 14 gennaio) segna
l'inizio della nuova stagione degli aquiloni-
oltre che l'arrivo della stagione primaverile:
in questo giorno le famiglie salgono sui
tetti o scendono in cortile per partecipare
a una delle guerre meno violente più
attese del paese, la festa degli aquiloni.
Nessuno è escluso dal gioco: bambini,
bambine, adulti e stranieri. C'è spazio per
tutti e aquiloni per ogni gusto. Dove? A
Jaipur, Jodhpur, Ahmedabad, Benares... e
in tutte le piccole e grandi città del nord.
In tutte le città il cielo si riempe di patang, il
tipico aquilone indiano di forma semplice,
materiali economici e elevatissime
prestazioni di volo e di manovrabilità.
Qualità essenziali per la grande guerra che
si scatena nel giorno di festa: aquilone
contro aquilone, una lotta all'utlimo filo.
Per permettere ai patang di librarsi in volo
occorrono lunghi metri di filo, avvolto su
una spola. Durante la festa solitamente tre
persone collaborano al volo: uno tiene la
spola e fa scorrere il filo a bisogno, un altro
fa volare l'aquilone e un terzo recupera gli
aquiloni. Se volete fare felice un bambino
regalategli filo, spola e aquiloni - il filo
buono è costoso e molto apprezzato.
Il gioco consiste del tagliare il filo degli
avversari e mantenere i propri aquiloni il
più a lungo possibile. Il filo viene preparato
con speciali paste, alcune preparare con
polvere di vetro, per renderlo più tagliente.
Si usano anche fili di metallo e semplice
cotone che si impugna facilmente e in
sicurezza.
Lontanto dalle corti dei re, gli aquiloni sono un sogno a portata di tutti. Un volo con slancio verso il sole che torna a scaldare dopo i giorni invernali, umidi e freddi.
Italy-India | Feste | italy-india.gruppozenit.com 13
Il gioco agguerrito degli aquiloni è uno dei
passatempi preferiti dagli indiani che lo
prendono molto seriamente- soprattutto
del nord- ed è fonte di reddito per
numerosissime famiglie.
In molte città c'è un quartiere e uno
speciale bazar specializzato in aquiloni.
A far volare gli aquiloni si impara fin da
piccoli e bambini di 10 anni possono
essere abilissimi. Guardando e copiando
l'arte si tramanda da generazione a
generazione.
Fare volare un patang richiede istinto e
concentrazione. Le dita manovrano il filo
direttamente e si usano cerotti per
prevenire tagli. Vi consigliamo di iniziare
con del semplice filo di cotone, per evitare
tagli, e di a�darvi ai consigli dei bambini
(felici di aiutarvi e svelarvi i trucchi).
Attenzione, non è così semplice come
sembra!
Partecipare al volo collettivo degli aquiloni
è una gioia estrema. Occhi al cielo
inseguendo invisibili fili salire verso il sole e
controllando le correnti: il mondo è un
gioco dove di�erenze di età, etnia e
religione scompaiono.
Qualcuno sostiene che furono i cinesi a
introdurre la pratica degli aquiloni, altri
dicono che fossero stati gli antichi greci.
Sicuremante sono secoli che l'India fa
volare i suoi patang da combattimento.
Numerose sono le storie sugli aquiloni: i
nawab di Lucknow giocavano con fili di
metalli preziosi per rendere più eccitante il
gioco mentre il maharaja di Jaipur instituì
nel XVII fabbriche di aquiloni. Il più antico
aquilone conservato pare abbia 217 anni e
appartiene a Baba Saheb di Bareily.
Il 14 gennaio è la grande Festa degli
aquiloni, ma il gioco continua nei mesi
successivi (un'altra grande occasione è la
festa della Repubblica il 15 agosto).
Praparatevi a volare.
A far volare gli aquilonisi impara fin da piccolie bambini di 10 anni possono essere abilissimi.
RACCONTIDA UN PAESEINCANTATO
ATTUALITÀ
Dal 30 ottobre del 2011 l’India è tra i paesi eletti che ospitano il gran premio di formula uno, uno degli sport più esclusivi del mondo. Il circuito, disegnato dall’architetto Herman Tilke, si chiama Buddh International, dal nome dell’area fuori Delhi in cui sorge. Uno dei più impegnativi, con cambi di pendenza che rendono le gare particolarmente spettacolari. Un ingresso nel mondo delle corse in grande stile.Perchè per l’India era tanto importante essere sulla mappa del gran premio, spendendo cifre astronomiche per esserci? Non è un paese famoso per lo sport, in generale. Se si esclude l’amati-ssimo e seguitis-simo cricket e i campionati di scacchi, è quasi sconcertante la mancanza di competizione e le scarse vittorie indiane a livello mondiale. A seguire la formula uno è una piccola elite e ancora meno sono i piloti professionisti indiani. Anche se un team l’India ce l’ha: Sahara India Force.
Da qualche anno l’India si sta impegnando a cambiare la propria immagine agli occhi del mondo. Da pacifico paese fiabesco ed esotico, come era percepita nei decenni successivi a Gandhi, alla fine del millennio era vista soprattutto come la terra dei milioni di poveri. Oggi l’immagine che l’India vuole dare di sé è di una nazione dinamica e moderna, un’Incredibile India. Qualcuno ritiene che il Buddh International circuito possa essere un passo in questa direzione. Ma la realtà non corrispon-de fedelmente alle volontà del marketing. Ci sono molteplici e contrastanti Indie, che non possono essere cancellate. Ironica-
L'India si premia con la formula uno
mente l’India degli esclusi dai circuiti mondiali si è manifestata, quasi come un maledizione, alla vigilia del primo gran premio lo scorso anno, nella forma di un branco di cani di strada che si sono clandestinamente introdotti e hanno passeggiato sulle piste. Un incidente secondario che ha imbarazzato e messo a rischio il brand.
Si è continuato a correre e le piste si sono dimostrate di alto livello, world class, come si usa dire da queste parti. La settimana scorsa si è conclusa la seconda edizione. In India è cresciuta la popolarità della formula uno, grazie soprattutto alla campagna pubblicitaria dell’Airtel, sponsor dell’evento. La cultura delle corse dei motori si sta di�ondendo tra i giovani e in un paese dove la metà della popolazione ha meno di 25 anni i numeri, anche se si considerano solo le aree urbane e la classe media, sono notevoli. L’Airtel ha pensato sicuramente a loro quando ha deciso di spostare parte dei propri finanziamenti dal cricket alla formula uno. Se oggi esiste un gran premio indiano è perchè la formula uno ha bisogno dell’India, dei suoi tanti giovani e della sua continua, anche se un po’ rallentata, crescita economica. L’evento è una concessione che una piccola e a�uente elite si regala, un momento di glamour da non mancare per gli attori del cinema e i personaggi pubblici. E naturalmente un sogno che si realizza per i fan dello sport che non devono più accon-tentarsi dello show in tv. Per gli appassionati all’estero potrebbe trasformarsi in una buona occasione per visitare l’India e sentire ronzare i motori dal vivo: con biglietti da 50 a 200 euro per un giorno e circa 440 per la stagione in tribuna.
La cultura delle corse dei motori si sta di�ondendo tra i giovani e in un paese dove la metà della popolazioneha meno di 25 anni i numeri, anche se si considerano solo le aree urbane e la classe media, sono notevoli.
16 Italy-India | Attualità | italy-india.gruppozenit.com
A maggio la Vespa è approdata in India.
La Piaggio ha inaugurato la produzione e
la vendita della mitica motoretta che vuole
conquistare il cuore degli indiani,
soprattutto dei giovani. Le strade dell’India,
dalle metropoli ai piccoli centri, sono
battute da una gran quantità di scooter
(due milioni e mezzo di unità vendute
all’anno con un tasso di crescita annuo
composto del 20%) e la Piaggio sta
puntando tutto sul marchio e sullo stile.
La Vespa 150 fu uno dei primi motorini a
essere prodotti in India dalla Bajaj su
licenza Piaggio nel 1960. Ma il successo
per la casa motociclistica arriva dieci anni
dopo, nel 1971, con Bajaj Chetak.
Il disegno di ispirazione italiana
(leggermente modificato dopo la
cessazione della licenza nel 1977), il nome
del mitico cavallo dell’eroe Rana Pratab
Singh e soprattutto il prezzo abbordabile
ne fecero lo scooter più ambito e amato
dagli indiani. Con Chetak il motorino
diventa l’emblema della libertà di
consumo conquistata da una classe media
avvezza a non potersi permettere molto
nell’epoca del protezionismo economico.
Lo scooter è un bene prezioso da
aspettare per mesi o addirittura anni, in
una limitata gamma di colori. Il motore
non è dei più prestanti, ma è a�dabile.
Lo scooter è piccolo, ma c’è spazio per
l’intera famiglia. Avere un Bajaj significava
contribuire al sogno della rinascita di una
Chetak-Vespa:la lunga strada degli scooter in India
Lo scooter è un bene prezioso
da aspettare per mesi o addirittura
anni, in una limitata gamma di colori.
grande nazione, fatta di lavoratori che
coscientemente spendono per migliorare
la propria vita e quella delle persone a loro
care. Soldi ben spesi, con anni di servizio
in ritorno. Chetak: indistinto, ma pieno di
risorse. Lo slogan creato dalla casa
motociclistica “Hamara Bajaj” (il nostro
Bajaj), catturò appieno lo spirito dello
scooter e fece risuonare le corde emotive
dell’India dell’epoca.
Con l’apertura all’economia e la spinta
emergente della nuova India i motorini
hanno perso il loro valore emotivo, quasi
etico. In un paese dove i figli hanno
stipendi i cui padri non avrebbero mai
potuto sognarsi, lo scooter attrae per le
migliorate prestazioni e l’utilità, ma il
sogno è la moto o l’auto, possibilmente un
SUV. Il motorino ha mantenuto un valore
simbolico per le donne, maggiormente
dipendenti dagli altri per gli spostamenti in
uno spazio pubblico sempre descritto
come ostile e pericoloso. Sono tantissime
le ragazze che con sicurezza zigzagano
nel tra�co delle piccole e grandi città
verso mete stabilite, dove i cambiamenti di
rotta sono sempre possibili. Nella
pubblicità della Hero Honda Pleasure una
giovane ragazza sfugge alle assillanti
domande (che al fratello sono risparmiate)
rispondendo vagamente e pregustandosi il
piacere di guidare lontano. Lo scooter:
una gentile rivendicazione di libertà al
femminile.
Italy-India | Attualità | italy-india.gruppozenit.com 17
Soldi ben spesi, con anni
di servizio in ritorno. Chetak:
indistinto, ma pieno di risorse.
Bajaj è uscita dal mercato degli scooter
nel 2010, non resistendo alla competizio-
ne di numerose altre case motociclistiche
straniere che hanno lanciato diversi pro-
dotti. E a due anni di distanza la Piaggio
lancia il guanto della sfida.
La nuova Vespa, resuscitata dalle ceneri
italiane, aggredisce con eleganza le disse-
state strade indiane. Il sedile posteriore è
studiato per permettere alle donne pas-
seggere in sari di sedere comodamente,
con entrambe le gambe da un lato e il
clacson è più potente. Le emissioni non
sarebbero a norma in Europa e il prezzo
sarebbe molto allettabile: meno di 1000
euro. Ma per l’India il prezzo è la dichiara-
zione di posizionamento sul mercato: il
chiaro messaggio di esclusività. A parità di
prestazioni tecniche gli altri scooter co-
stano circa 250-300 euro di meno, non
poco. Ma la Vespa è ritornata forte della
propria personalità di scooter italiano e
vuole mantenere il suo
status d’icona, su questo
è puntata la campagna
pubblicitaria e lo spot
televisivo. E’ la prima
volta nel segmento degli
scooter che un marchio
esplora la possibilità di
creare un nuovo merca-
to, non più il motorino utilitario bensì il
lifestyle scooter per giovani che si voglio-
no distinguere, per essere davvero alla
moda -
Fashion Unchanged - come vuole lo slo-
gan.
Se la Piaggio sia stata lungimirante e riesca
a conquistarsi una nicchia di mercato in-
diano non ci è ancora dato sapere dai nu-
meri di vendita u�ciali, per ora non pub-
blicati. Ma da maggio a oggi non c’è gior-
no che non incroci scintillanti Vespe, gialle
e rosse soprattutto, anche sulle strade pe-
riferiche di una città che
non è per nulla una me-
tropoli e dalle tendenze
solitamente piuttosto
provinciali Forse la Vespa
farà davvero strada in In-
dia…
E’ la prima volta nel segmento degli scooter che un marchio esplora la possibilità di creare un nuovo mercato,non più il motorino utilitario bensì il lifestyle scooter.
Non c’è giornoche non incroci scintillanti Vespe, gialle e rosse.
Per l’India il prezzoè la dichiarazione di posizionamento sul mercato.
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LIFESTYLE
SCOOTER
PER GIOVANI
CHE SI VOGLION
DISTINGUERE,
PER ESSERE
DAVVERO
ALLA MODA.
LUOGHI,MONUMENTI,ALBERGHI E MEZZIDI TRASPORTO
VIAGGI
20 Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com
15905/15906 - Vivek Express
Ore 17:15 di un qualunque
sabato. Il semaforo rosso del
passaggio a livello ci avverte
che siamo arrivati in tempo. Le
campane non smettono di
di�ondere il loro monito
mentre le sbarre si abbassano
lentamente, manovrate dalle
mani esperte del ferroviere.
Quante volte ripeterà gli stessi
gesti nell’arco di una giornata? I
miei pensieri sono interrotti dal
fischio del treno: il Vivek
Express si avvicina a velocità
sostenuta al casello ferroviario.
In un momento di frastuono e
spostamento d’aria la
locomotiva morde le rotaie
verso il futuro. Sfrecciano le
carrozze blu, colore tipico delle
ferrovie… ma questo non è un
treno comune.
U-no (cuccette di seconda
classe); du-e; tre-e…. set-te,
intravvedo passeggeri
comodamente seduti nella
carrozza con aria condizionata,
cuccette a quattro posti; o-tto,
a tre posti; no-ve, vagone
ristorante; die-ci; un-dici… in
coda al lombrico di acciaio le
carrozze di seconda classe a
sedere. Come faranno i
passeggeri a stare seduti così a
lungo? I volti delle persone sul
treno mi interrogano. Ci sono
famiglie, studenti, forse
lavoratori che tornano a casa
dai loro cari dopo mesi di
assenza. Mi sembrano
appartenere a un’altra realtà,
colti in un momento di
sospensione dalla vita
quotidiana. Evanescenti figure
che attraversano il mondo. Ai
loro occhi siamo noi le sagome
senza consistenza che si
materializzano in un secondo e
poi svaniscono nel paesaggio
che corre. Se le stazioni in cui il
Vivek Express riposa sono 54 e
615 quelle che attraversa,
quanti saranno i passaggi a
livello che taglia? Tanti volti
diversi, accomunati dalla stessa
polvere di binario ferroso e
occhi distratti, curiosi o
indi�erenti nell’attesa. Dal
ventre generoso del Vivek, il
treno a più lunga percorrenza
dell’India, i viaggiatori vedono
sfilare il paese dai finestrini.
Chilometro dopo chilometro,
4242 km in totale, scorrono i
paesaggi: dalle campagne
coltivate a riso del Tamil Nadu,
alle distese di palme bagnate
dai fiumi placidi del Kerala, su
fino alle distese di tè dell’Assam
che indicheranno l’avvicinarsi
dell’ultima stazione del viaggio:
Dibrugarh. Il suono della
campanella mi richiama al
presente. Il Vivek è passato,
delle sue diciotto carrozze non
resta che una traccia di suono.
Per giungere a destinazione
impiegherà altri 4 giorni, se non
ci sono ritardi. 82 ore e 15
minuti dividono Kannyakumari,
la stazione di partenza
nell’estremità meridionale
dell’India da Dibrugarh, l’arrivo
in Assam. Nel tragitto saliranno
e scenderanno persone, ci
saranno incontri di uomini e
donne di fedi, casta, costumi
di�erenti, che parlano lingue e
mangiano cibi diversi. Il treno:
un’isola su rotaie che mescola e
unisce chi sulla terraferma si
sarebbe incontrato a fatica.
Solamente il prezzo del
biglietto per le varie classi
mantiene le distinzioni di ceto.
Le ferrovie indiane, nate nella
metà del XIX secolo per
permettere agli inglesi di
spostare facilmente merci
(soprattutto cotone) ed esercito
attraverso il vasto territorio,
sono da subito diventate
veicolo di unione culturale,
economica e sociale del paese.
Il Vivek Express, battezzato con
il nome del monaco errante
Vivekanand Svami che all’inizio
del secolo scorso percorse a
piedi il paese da Calcutta a
Kannyakumari, è stato
inaugurato il 26 novembre
2011. Ogni settimana
puntualmente attraversa il
subcontinente e per pochi soldi
trasporta chiunque abbia il
tempo e la perseveranza di
viaggiare placidamente verso la
propria destinazione.
Ai loro occhi siamo noi le sagome senza consistenza che si materializzano in un secondo e poi svaniscono nel paesaggio che corre.
Primo giorno
Secondo giorno
Terzo giorno
Quarto giorno
Chilometri percorso: 4242km
Durata viaggio: 82 ore 15 minuti
Numero Stazioni: 54
Stati attraversati: Tamil Nadu -
Kerala - Andhra Pradesh - Orissa -
Bihar - Bengala occidentale - Assam
Cinque località da non
perdere disseminate
nel vasto territorio, per
passare qualche giorno
di scoperta o da cui partire
per settimane di viaggio.
Il forte di Amber dove la
storia delle città ebbe inizio
nel medioevo e il tempo
sembra essersi pietrificato.
Jodhpur, la città blu.
In mezzo a una terra inospitale
e arida, il Marwar
(letteralmente
la terra della morte).
A gennaio potreste sorseggiare un
tè su un piccolo balcone di pietra o
in mezzo alle dune del deserto del
Rajasthan, terra che incanta con il
suo passato spettacolare e il
presente vibrante e unico. Dentro le
mura rosa, colore voluto dal
maharaja che fece edificare la città
per dare il benvenuto agli ospiti
stanieri, la città storica del XVIII d.C
con le vie perpendicolari, i quartieri
reali, il famoso palazzo dei venti e il
parco astronomico, con i vibranti
bazar centenari e le decrepite case
nobili a�rescate. Oltre le mura la
città nuova, in strepitante crescita
con strade ampie e tra�cate,
boutique di moda tessile e lussuosi
centri commerciali. Jaipur è il luogo
ideale da cui a�acciarsi sul Rajasthan,
cogliendo in un solo posto antico e
moderno, tradizione e innovazione,
cultura e progresso.
Godetevi un safari in cammello a
Osian e dopo la quiete delle dune
del deserto una visita agli splendidi
templi jaina e hindu dalle pietre
traforate.
Cinque localitàper esplorareil Rajasthan
Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com 21
Viaggiare in India e non entrare nei templi
è come girare l’Italia senza visitarne le
chiese: si perde un enorme patrimonio
artistico e una delle migliori possibilità di
incontrare la cultura più profonda. Il
tempio può lasciarci disorientati perché
tutto è intenso e ben poco famigliare: aria
densa di odori forti, brulichio disordinato
dei devoti intenti ad attività misteriose,
sguardi autorevoli dei brahmani, i
sacerdoti. E una grande confusione
acustica: non si va al tempio per pregare
in silenzio, ma per visitare il dio che ci
abita e partecipare della sua presenza.
E’ bene sapere come comportarsi per non
o�endere nessuno.
Gli usi e i costumi cambiano da regione a
regione, con di�erenze considerevoli dal
nord al sud, ma ci sono alcune regole che
si devono rispettare ovunque:
L’abbigliamento deve essere decoroso:
niente spalle scoperte (per le donne
mentre nel sud per gli uomini è
obbligatorio entrare a petto nudo),
pantaloni o gonne lunghe. Non è richiesto
coprirsi la testa, anzi nel sud è necessario
il contrario. Nel nord si entra più vestiti e si
può arrivare più vicino all’icona sacra,
spesso la preghiera implica il toccare la
statua fisicamente. Nel sud la testa e, per
gli uomini, il petto sono scoperti per
permettere all’energia divina di entrare nel
corpo, ma è vietato toccare le icone.
Si entra scalzi. Quasi sempre è possibile
tenere i calzini. Togliersi le scarpe è un
segno di rispetto. Implica lasciare fuori il
mondo mondano, con le sue impurità e
imperfezioni. Fuori dai templi maggiori ci
sono depositi che custodiscono a
pagamento le calzature.
Scattare foto all’interno del sancta
sanctorum è quasi sempre proibito, anche
Una visita al tempio: indicazioni guida
dove non vi fosse un’indicazione precisa è
meglio chiedere.
In numerosi templi del sud ad accogliervi
nella prima sala del tempio è
un’elefantessa che per qualche rupia vi
benedice ponendo la delicata proboscide
sulla vostra testa. Benedisce solo chi vuole
essere benedetto, proseguite se non vi
interessa. Le foto sono ammesse.
Prima di entrare nel cuore del tempio si
gira in senso orario attorno alla cella. Non
siete obbligati a fare il giro, che si chiama
pradakshina, ma è altamente consigliato.
Si crede che maggiore sia il numero dei
giri (sempre dispari), maggiore l’ardore
religioso e l’attenzione che dio vi presta.
La deambulazione è segno di umiltà e al
tempo stesso si lascia più tempo
all’energia divina di purificare il corpo.
E’ meglio non rimanere fermi direttamente
davanti all’immagine sacra. Noterete che
gli indiani si dispongono lateralmente o
con le spalle non esattamente parallele
all’icona. Sia per rispetto che per evitare
un sovraccarico di energia divina. Il
guardare la rappresentazione divina, fare il
darshan, è il rito più intimo e importante,
per cui nei giorni di ressa la gente si a�olla
spingendosi per non perdersi il momento
in cui dio apre simbolicamente gli occhi e
vi legge nel cuore, cancellando le paure
ed esaudendo le vostre preghiere.
Se decidete di proseguire fino alla cella
sacra i sacerdoti forse vi chiederanno
un’o�erta, che dovrebbe essere libera.
Non sentitevi obbligati a dare più di
quanto ritenete opportuno, potete
osservare gli indiani e decidere quanto.
Ogni hindu riceve anche il prasada,
un’o�erta sacra costituita da polvere rossa,
petali di fiori, del cibo e dell’acqua con
basilico indiano, varia a seconda dei
templi. Sarà o�erto anche a voi. Nessuno
vi vieta di prenderlo, ma non buttatelo a
terra immediatamente dopo. E’ molto
sacro per i fedeli e manchereste di
rispetto, meglio non accettarlo a�atto.
Prima di uscire, se avete apprezzato la
visita e vi sentite di buon umore e in vena
di partecipazione gioiosa potete suonare
la campanella; sempre presente nel nord è
suonata all’entrata e all’uscita. Nessuno vi
guarderà male e vi saranno molti volti
sorridenti ad accompagnarvi verso il
mondo imperfetto degli uomini.
Il primo segno dell’imperfezione sono i
questuanti che chiedono l’elemosina
all’entrata del tempio. E’ un buon
momento per lasciare alcune monete, se
desiderate, perché è un’abitudine degli
hindu donare al tempio e non farete altro
che comportarvi come loro.
Non si va al tempio per pregare
in silenzio, ma per visitare il dio
che ci abita e partecipare
della sua presenza.
22 Italy-India | Viaggi | italy-india.gruppozenit.com
Italy-India | India Cult | italy-india.gruppozenit.com 23
DAL CIBOAI COSTUMI,TUTTO QUELLOCHE FA INDIA
CULTURA
24 Italy-India | Cultura | italy-india.gruppozenit.com
In India potete sentirvi
libere di indossare i vestiti
del luogo, sarà preso come
un gesto di accettazione
della loro cultura.
C’è un salvar kameez per
ogni situazione. Se volete
partecipare a una festa o
siete invitate a un matrimonio
potete sceglierne uno
particolarmente ricco.
C’era un tempo in cui in India l’abito
faceva il monaco, il modo di vestire
indicava la regione di appartenenza,
la religione, la casta e lo stato civile…
poi arrivò il Salvar Kameez che
divenne negli anni uno dei vestiti di
moda più di�usi nel subcontinente
(assieme al sari) adottato dalle donne
di qualsiasi credo.
Il salvar kurta (conosciuto anche con
altri nomi) è composto da tre capi:
i pantaloni, salvar; una camicia lunga
detta kameez (parola di origine
araba, prestito forse dall’antico greco
e dal latino) o kurta (l’equivalente
indiano); e un ampio scialle
chiamato dupatta o chunnari.
Il salvar kameez arrivò in India con le
invasioni musulmane intorno al 1000
d.C.. Furono i Moghul, che lo
adottarono come abito imperiale, a
di�onderlo in tutto il loro regno.
L’imperatore Akbar incoraggiò la
sintesi dello stile persiano e indiano
in tutti i campi, dall’architettura alle
arti tessili. Così nacque il vero e
proprio antenato del salvar kameez
moderno (il costume usato dalle
danzatrici di Kathak è fedele allo stile
originale moghul e il modello
Anarkali di ispirazione moghul é
molto di tendenza negli ultimi tempi)
Dai tempi del moghul ad oggi il
salvar kameez ha cambiato molti
nomi e innumerevoli stili. Usato
originariamente sia da uomini che da
donne è diventato in seguito un
abito prettamente femminile, portato
soprattutto nelle regioni del nord
ovest e dalle ragazze prima del
matrimonio. L’industria della moda
ne ha fatto un vestito chic per le
donne delle città. Fin dagli anni ’80 è
entrato nelle botteghe degli stilisti e
nel mercato della moda globale.
La maggior parte delle donne non
compra un salvar kameez
preconfezionato ma acquista la
sto�a necessaria e se lo fa cucire da
un sarto, su misura.
Salvar: l'abito chenon fa...la monaca
Product strategist e direttore responsabileLaura Brenna
RedazioneSara Andreis
Content supervisor and social managerMassimo Salomoni
Giulia Beneforti
Graphic DesignGiuseppe Ripa, Gilda De vito
Creative supportArun Kumar R C
Hanno collaboratoFabio Bellan, Luca Petrini, Paolo Fizzotti
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DAL TECHNOPARK DI TRIVANDRUM, IL MAGAZINE CHE AVVICINA I NOSTRI DUE PAESI.
Il ba�o da record: il bel signore della foto nasconde ba� lunghissimi dentro il turbante.
Secondo il libro dei Guinness dei primati i ba� più lunghi del mondo sono sempre stati indiani.
26 Italy-India | Cultura | italy-india.gruppozenit.com
L’uomo senza ba�, non è uomo. Puoi
avere tanti soldi e una macchina scintillan-
te. Puoi avere molte donne come un divo.
Puoi avere bicipiti giganti e un petto enor-
me. Ma non sei un vero uomo, se questi
non ce li hai!
I ritratti dei maharaja dell'epoche passate
testimoniano che i ba� fossero un simbo-
lo di potere, virilità e segno di una forte
personalità. Ai brahmani e ai fuori casta
non erano concessi, al massimo potevano
confonderli in una folta barba. Negli anni
’30 Gandhi favorì la crescita della peluria
sul volto per boicottare l’importazione di
rasoi e lame inglesi. Sarà che il ba�o incu-
te timore (i banditi li hanno sempre), ai po-
liziotti indiani è caldamente consigliato di
farsi crescere un bel paio di ba� che rassi-
curino il pubblico sul coraggio e sul valore
delle forze armate.
Nell’India contemporanea i ba� e le barbe
sono in crisi, riflesso della storia di un pae-
se che si stia occidentalizzando e omolo-
gando al mondo. I modelli di bellezza ma-
schile e le mode cambiano: i giocatori di
cricket sono rasati e gli attori di Bollywood
hanno al massimo un po’ di stilosa barbet-
ta. Richard McCallum, che di ba� e barbe
indiane la sa lunga e le racconta nel libro
Hair India: A Guide to the Bizarre Beards
and Magnificent Moustaches of Hindu-
stan, individua diversi modelli di taglio in-
diani. Ci sono il tricheco, la mentoniera, il
filtra-minestra, il comandante...Uno stile
per ogni personalità. I ba� sono...sexy!
La natura conosce le sue vie per attirare il
gentil sesso: Il gallo ha la cresta, il leone la
criniera e l’uomo ha il ba�o. Si usa in Raja-
sthan, quando un uomo vede una bella
donna e vuole mostrare il proprio apprez-
zamento, fare "il ba�oli-
no" (arricciarsi il ba�o):
un messaggio che, a
detta degli uomini, non
passa inosservato.
Nel sud dell’India i ba�
sono un simbolo indiscusso di virilità che
non conosce crisi. Recita un proverbio:
padre ba�uto, padre rispettato.
Nonostante le mode straniere che avan-
zano, il ba�o regge nel cinema, così come
per strada e negli u�ci aziendali. Qualche
anno fa a un assistente di volo della Air In-
dia venne richiesto di tagliarsi i ba�, per
ragioni igenico-sanitarie. L’uomo rifiutò di
compromettere la propria immagine e
identità, e venne trasferito allo sportello di
un aeroporto, a terra. Seguì una battaglia
legale, che vinse. In India i ba� sono un
diritto fondamentale. Paese che vai, co-
stume che trovi. Se decidete di trasferirvi
in India e volete essere accolti nella co-
munità locale come pari, superando le di-
stanze culturali che vi se-
parano dalla gente attorno,
fatevi crescere un paio di
curati ba�. Tre settimane di
pazienza, un po’ di prurito e
sembrerete più indiani.
Recita un proverbio:
“Padre ba�uto, padre
rispettato”.
IL BAFFO È UOMO
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resta che una traccia di suono.
Per giungere a destinazione
impiegherà altri 4 giorni, se non
ci sono ritardi. 82 ore e 15
minuti dividono Kannyakumari,
la stazione di partenza
nell’estremità meridionale
dell’India da Dibrugarh, l’arrivo
in Assam. Nel tragitto saliranno
e scenderanno persone, ci
saranno incontri di uomini e
donne di fedi, casta, costumi
di�erenti, che parlano lingue e
mangiano cibi diversi. Il treno:
un’isola su rotaie che mescola e
unisce chi sulla terraferma si
sarebbe incontrato a fatica.
Solamente il prezzo del
biglietto per le varie classi
mantiene le distinzioni di ceto.
Le ferrovie indiane, nate nella
metà del XIX secolo per
permettere agli inglesi di
spostare facilmente merci
(soprattutto cotone) ed esercito
attraverso il vasto territorio,
sono da subito diventate
veicolo di unione culturale,
economica e sociale del paese.
Il Vivek Express, battezzato con
il nome del monaco errante
Vivekanand Svami che all’inizio
del secolo scorso percorse a
piedi il paese da Calcutta a
Kannyakumari, è stato
inaugurato il 26 novembre
2011. Ogni settimana
puntualmente attraversa il
subcontinente e per pochi soldi
trasporta chiunque abbia il
tempo e la perseveranza di
viaggiare placidamente verso la
propria destinazione.
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