Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

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La classe V C dell’I.C. “Anna Fraentzel Celli” nell’ambito del progetto “Tecmologic@mente ilLIMitati” Presenta:

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Un perfetto lavoro di squadra della classe V C dell'I.C. "Anna Fraentzel Celli" su tradizioni, balli, canti e maschere dell'Italia. Nell'ambito del progetto "Tecnologic@mente ilLIMitati.

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La classe V Cdell’I.C. “Anna Fraentzel

Celli”

nell’ambito del progetto “Tecmologic@mente ilLIMitati”

Presenta:

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In viaggio per l’Italia

Maschere, tradizioni, canti...

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maschere

Visita le tradizioni italiane cliccando sulle freccette. Se vuoi conoscere balli, canti e poesie clicca il simbolo qui di seguito.

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CAPITAN SPAVENTAE’ una maschera ligure del XV secolo; è una caricatura degli ufficiali di quel tempo. Il vestito a strisce colorate è completato da un cappello abbellito con piume colorate. Porta una lunga spada che trascina rumorosa-mente (anche se preferisce parlare al combattere). Ha lunghi baffi ed un naso spaventevole. E' uno spadaccino temerario, che combatte più con la lingua che con la spada. È noto anche come Capitan Fracassa.

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STENTERELLOE’ una maschera tipica della Toscana. Indossa una giacca blu con il risvolto delle maniche a scacchi rossi e neri. Ha un panciotto puntinato verde pisello e dei pantaloncini scuri e corti. Ha una calza rossa e una a strisce bianco e azzurro con le scarpe nere. In testa porta un cappello a barchetta nero e una parrucca con il codino. La sua dote migliore è la generosità, poiché è sempre pronto ad aiutare chi ne ha bisogno. Arguto, saggio, dotato di una buona dose di ottimismo, riesce ad affrontare con coraggio le avversità della vita.

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ARLECCHINOÈ forse la più famosa delle maschere. È nato a Bergamo, nei quartieri poveri. Ha un vestito di cento colori, dovuto al buon cuore dei suoi compagni che, in occasione del Carnevale, gli regalarono pezzi di stoffa dei loro abiti, così che anche lui avesse un costume. E’ ingenuo e credulone, la sua miglior qualità è l’astuzia; è furbo, agile come un gatto. E’ un servo in continua lotta con il suo padrone.

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MENEGHINOE’ una maschera tradizionale milanese, nata alla fine del Seicento. Meneghino è la personificazione del servo non coraggioso ma fedele, e dotato di buon senso.Meneghino ha il tricorno marrone, la parrucca con codino, la giacca marrone, i calzoni corti e le calze bianche a righe rosse. Il nome è diminutivo di Domenico «Domeneghin».

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GIANDUIAGianduja è originario di Asti, è una maschera popolare torinese nata nel 1798. Gianduia, deriva dall'espressione piemontese "Gioan d'la douja", che vuol dire Giovanni del boccale. Questa maschera fino al 1802 l’avevano chiamata Gerolamo, ma quell’anno i comici cambiarono nome per evitare che si potesse alludere al nome di Gerolamo Bonaparte, parente dell’imperatore. Indossa in testa un tricorno e la parrucca con il codino. Sul collo porta un fiocco verde oliva e un ombrello sempre dello stesso colore. E' proverbiale la sua distrazione.

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PANTALONETipica maschera veneziana. Veste un abito rosso, sul quale porta una lunga zimarra nera; calze rosse e, sul capo, un berretto nero. È caratteristica la sua maschera con naso adunco e barba a pizzo. Rappresenta il tipo del vecchio brontolone, mercante, ricco, avaro, incontentabile, testardo, spesso innamorato. Ai piedi porta le pantofole ed in testa una cuffia aderente.

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FARINELLA

ll personaggio di Farinella ricorda la figura di un jolly: veste un abito a toppe multicolori con sonaglini tintinnanti sulle punte del cappello.Porta scarpette di stoffa e al collo una collarina di colore azzurro. Ha occhi piccoli e vispi e un’aria decisamente furbetta. Farinella prese vita in un cibo tipico della città, l’esempio più calzante per rappresentare i putignanesi nella tradizione carnevalesca.

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DOSSENAMaschera della Basilicata, Dosseno deve il suo nome ad una caratteristica fisica, la gobba, che risponde anche ad un atteggiamento dell’animo.Ladro, avido e imbroglione, giovane o vecchio che sia, Dosseno viene sempre rappresentato come brutto e goffo, facile alle battute grossolane e a lunghi discorsi da ciarlatano.

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MACCOMacco è una maschera della Basilicata.Il suo tipo è quello del contadino rozzo e grossolano, goloso, che spesso finisce per essere bastonato e menato per il naso. Nelle raffigurazioni che possediamo ci appare calvo, con una maschera dotata di un enorme naso adunco, di un paio di orecchie spropositate e di una larga bocca con pochi denti.

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BARTOCCIOBartoccio è il personaggio di spicco del Carnevale umbro. E’ la figura di un contadino rozzo e astuto, sposato con Rosa, e da lui prendono il nome le tipiche recite carnevalesche, le “Bartocciate”, che hanno come tema le intricate e divertenti vicende della sua vita e sua moglie Rosa.

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PEPPE NAPPAMaschera di origine siciliana deve il suo nome alle parole "Peppi", diminutivo dialettale di Giuseppe, e "nappa", che significa toppa dei calzoni, cosicché "Giuseppe toppa nei calzoni" sta ad indicare un "uomo da nulla". Il costume era costituito da un ampio abi-to azzurro, formato da casacca e calzoni e un cappellino di fel-tro; il volto è privo di masche-ra e di trucco.

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COVIELLOE' una maschera regionale calabrese. Il suo nome deriva Iacoviello, corrispondente in italiano a Giacometto. Coviello, cui sono talvolta attribuiti cognomi come Citrullo, Citrulli, Ciavala, si presenta come una figura da mille volti. Il costume del personaggio non è ben definito. Indossa anche una maschera con un naso enorme sopra il quale poggiano degli occhiali smisurati. Elemento costante è un mandolino.

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GIANGURGOLOMaschera di origine calabrese, secondo alcuni deve il suo nome a Giovanni Golapiena, mentre secondo altri da Zan Gurgola, per il suo insaziabile appetito. A volte è raffigurato come un vecchio, come un giovane, altre come servo o oste. Il suo appetito è sempre enorme , a stento placato da "un carretto di maccheroni, una cesta di pane e due botti di vino". Il suo costume presenta un alto cappello a cono, un corpetto stretto e pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse. Sul volto portava una maschera dal naso enorme e su un fianco gli pendeva una spada altrettanto smisurata.

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GIOPPINO

Gioppino è una maschera bergamasca.La sua principale caratteristica fisica sono Tre grossi gozzi, da lui chiamati granate o coralli.Gioppino oltre a essere una maschera È anche un burattino protagonista diMoltissime commedie del teatro dei burattini.

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NOTAIO Più che una maschera è una caricatura del ricco, saccente e petulante custode della legge.

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TARTAGLIAMaschera della Commedia dell’Arte di origine napoletana. Prese il nome di Tartaglia dalla balbuzie che la distingueva. Si prestò ad impersonare ora il servo astuto, ora il pedante, ora l’avvocato intrigante, ora lo speziale. E’ una maschera spassosa e ridanciana e non riveste mai parti tristi o tragiche.Celebre Tartaglia fu il comico napoletano Nicola Cioppo, con il quale deve essere ricordato il suo successore Agostino Fiorilli. 

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RUGANTINOMaschera di Roma, Rugantino deve il nome all'abitudine di "rugà", di agire e parlare con strafottenza.La sua caratteristica è quella di essere un provocatore, linguacciuto e insolente, ma in realtà, è un can che abbaia ma non morde. Indossa un abito povero: pantaloni consunti al ginocchio, fascia intorno alla vita, camicia con casacca e fazzoletto intorno al collo.

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ROSAURARosaura vive e abita a Venezia con il genitore Pantalone, in un bel palazzo sul Canal Grande. La cameriera è Colombina che si presta sempre ad aiutare Rosaura anche a spedire lettere indirizzate a Florindo, l'innamorato. Recita senza maschera

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PULCINELLA

È la maschera napoletana, sempre alla ricerca di cibo, per il quale è disposto a raccontar bugie, rubare e farsi prendere a bastonate. Il suo ideale di vita è il dolce far niente.Il nome, di origine incerta, sembra derivi dal napoletano "Puliciniello" (piccolo pulcino) e questo forse spiegherebbe il naso adunco, la voce strana e la camminata goffa.

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FAGIOLINOMaschera di Bologna. Rappresenta un giovane bolognese: intelligente, non si ammala mai e non invecchia mai. È un chiacchierone ed è pronto a caricare di randellate chi se le merita;è ignorante anche se si crede molto istruito. Ha il viso paffuto, sorridente e sulla guancia sinistra ha un neo. Il suo nome sembra derivare da un bruco che vive sui faggi e che ha nelle zampe posteriori due appendici che assomigliano a bastoncini che usa per picchiare gli altri buchi. Fagiolino ha un berretto da notte con un grosso fiocco, indossa una corta giacca , ha la camicia con una cravatta a farfalla e calze bianche a righe rosse.

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COLOMBINAE' una simpaticissima maschera veneziana. E' allegra, civetta e furba, spensierata e chiacchierina. È sempre pronta a prendere in giro le persone che le stanno intorno. Spesso è la moglie di Arlecchino.Veste con corpetto, gonna a balze, grembiule con tasche per nascondere i bigliettini d'amore, in testa una crestina.

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DON PANCRAZIODon Pancrazio Cuzziello è la vera  maschera tipica della Puglia.Don Pancrazio, era la maschera che raffigurava il tipo di uomo avaro, possidente terriero. Il nome, molto probabimente, deriva da una piccola cittadina pugliese, San Pancrazio Salentino.  

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IL DIAVOLO DEL MOLISELa figura del Diavolo di Tufara è molto particolare. È caratterizzata da una maschera nera di cuoio ed un vestito formato da ben sette strati di pelle di capra. Questo personaggio, che stringe tra le mani un tridente e si muove con balzi veloci, suscita stupore, superstizio-ne e anche un po’ di paura, soprat-tutto nei più piccoli che corrono a rifugiarsi al riparo degli adulti.

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BRIGHELLABrighella è di Bergamo, è scaltro e astuto, è cuoco, cameriere, capo servitù, antagonista di Arlecchino. Attaccabrighe, imbroglione, chiacchierone. L'abito che Brighella si vanta di indossare è la "livrea", simbolo dell'appartenenza al padrone: calzoni larghi e giacca bianchi con strisce verdi come il mantello; pon pon verdi alle scarpe ed una maschera a mezzo viso con gli occhi.

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BALANZONE

Classica maschera bolognese, in testa ha un cappello nero a larghe falde; indossa una toga lunga e nera, il panciotto e i pantaloni neri.  Ha un merletto bianco sui polsi e, sul collo, il collare bianco alla spagnola.  È famoso per le sue arringhe assurde; parla in dialetto con parole latine errate. Molto spesso tiene un libro sotto il braccio.

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MAMUTONESIn occasione del carnevale, in alcune zone della Sardegna,si svolge la lenta e danzata processione dei Mamutones. Loro hanno un volto coperto da una maschera nera intagliata nel legno. Il loro costume è composto dal corpetto rosso,completato da calzoni bianchi. La sfilata si svolge per le vie del paese.

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LANDZETTESSono le maschere tipiche della Val D’Aosta; questi costumi, ornati con ricami di paillettes, fiori e specchietti sono costituiti da pantalone, gilet, giacca a coda di rondine, camicia, cintura con campanelle e cappello al quale vengono attaccati dei nastri colorati. La tradizione vuole che questa vera e propria maschera di carnevale della Valpelline rievochi il passaggio delle truppe napoleoniche nella vallata del Gran San Bernardo.Nella confezione dei costumi dominano il rosso, il bianco e il nero. Il rosso è simbolo di forza e di vigore ed esorcizza malefici e disgrazie, il nero rappresenta il buio delle lunghe notti invernali, il bianco la primavera.Il viso è da maschere, anticamente ricavate dalla corteccia degli alberi, sostituite ormai da materiali plastici. 

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BALLI, CANTI, POESIE

balli

canti

poesie

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LA PIZZICALa pizzica, danza tradizionale della Puglia, veniva eseguita da orchestrine composte da vari strumenti, tra i quali emergevano il tamburello ed il violino; oltre ad essere suonata nei momenti di festa di singoli gruppi familiari o di intere comunità locali, costituiva anche un modo per far guarire le donne punte dalla tarantola. Spesso si chiamava un barbiere che, provando diverse note con il violino, cercava di trovare la tonalità giusta. Nella pizzica pizzica si balla in coppia, anche dello stesso sesso perché non era una danza di corteggiamento.  PIZZICA A SCHERMANel caso della pizzica a scherma l'arma utilizzata è il coltello, che viene rappresentato dal dito indice e medio della mano.La schermata praticata attualmente è una simulazione di un vero combattimento al coltello tra due contendenti, che parano e infliggono colpi con la loro arma e che si comportano come se questi colpi siano stati davvero inflitti e subiti.

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SALTARELLO DI AMATRICE

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SALTARELLO DI AMATRICEEra diffuso praticamente in tutta l'Italia centrale, con il nome di saltarella, zumparella o ballarella. Nell'alta Sabina, in particolare nella zona di Amatrice, la saltarella è ancora viva, anche fra i giovani grazie all'uso dell'organetto che ha sostituito la zampogna; è danzata nelle ricorrenze festive o in occasione di grandi eventi familiari. E' una danza che viene eseguita da una sola coppia per volta con il “cerchio intorno”. Originariamente gli strumenti tipici dell'esecuzione erano la zampogna, o meglio le ciaramelle, accompagnate dal tamburello. L'organetto è anche detto “lu du' botte”. Un altro motivo di popolarità di questa musica popolare è infatti la sopravvivenza, nella zona della costiera Adriatica (Marche e Abruzzo) di fabbriche di fisarmoniche e organetti.

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ORGANETTO

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RIGODON

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RIGODONÈ una danza tradizionale francese. Nasce dal 1600 in poi dalla Provenza. Il ritmo era binario (battuta in 2/2 o in 2/4); è ballata nelle valli Occitane d'Italia.Spesso danzato in cerchio, in Italia è ballata con battito delle mani in cerchio con questo schema: cerchio di uomini e donne alternati rivolti a destra, passeggiata in senso antiorario accompagnado il passo (quando appoggio il piede interno) con battuta delle mani all'interno del cerchio, il cavaliere si gira indietro e fa un balletto con la dama che lo segue al cambio della musica torna a girarsi e fa il balletto con la dama che lo precede, da capo.

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TACCO E PUNTA

Diffusa nell'Italia centro-meridionale, questa danza è particolarmente radicata nella zona del Trasimeno.Deve il suo nome al passo che la caratterizza, una doppia battuta del tacco e della punta. E' una variante della polka piquet francese.La musica è in 16 tempi e progressivamente accelera.

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TARANTELLA SICILIANA

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TARANTELLA SICILIANAQuesta danza è una variazione del “ballo della cordella”, noto anche come “laccio d’amore” per il quale si utilizza un albero o un palo in cima al quale sono attaccati nastri colorati. Si danzava come chiusura del ciclo invernale ed era una danza propiziatoria, infatti era dedicata al raccolto, ma si balla ancora oggi grazie a gruppi folkloristici che la ripropongono. Viene danzata con dei foulard che legano la coppia come augurio di fertilità.

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TAMMURRIATALa tammurriata è una danza tradizionale della Campania, è detta anche ballo sul tamburo. Per dare il ritmo vengono usate le castagnette (nacchere) ed la "tammorra“, un grande tamburo a cornice dipinta con sonagli di latta e, a volte, nastri o pitture come decorazioni.Altri strumenti che possono accompagnare la musica:• "Putipù" o "Caccavella" : tamburo a frizione • "Tricchebballacche" : martelli ritmici lignei intelaiati con

sonagli • "Scetavaiasse":bastone dentato con sonagli metallici

strofinato da un bastoncino • "Treccia" costituita da campanelli di bicicletta • "Tromba degli zingari" o scacciapensieri • Flauto dolce• Doppio flauto a becco.

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SCETAVAJASSE

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TAMMORRALa tammorra è uno strumento musicale a percussione. È un tamburo a cornice costituito da una membrana di pelle d'animale (quasi sempre capra o pecora) tesa su telaio circolare di legno, in genere quello dei setacci per la farina, al quale sono fissati, a coppie, dischetti di latta detti cicere  oppure cimbale, ricavati dai barattoli usati per le conserve. Il suo diametro è in genere compreso tra i 35 e i 65 centimetri.

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La tammorra non va confusa con il tamburello napoletano che è molto più piccolo, con i cembali di ottone e non di latta. Oggi, tamburelli e tammorre sono costruiti da artigiani specializzati, localizzati principalmente in Campania, in Puglia e in Calabria.

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PUTIPU’E' sicuramente lo strumento tradizionale napoletano più originale e divertente.Detto anche"caccavella" è composto da una pentola di terracotta o di una vecchia scatola di latta tonda ricoperta da un lato di una pelle. Al centro di quest'ultima è legata l'estremità di una canna. Il suono è prodotto inumidendo la mano e facendola scorrere lungo la canna. Lo sfregamento produce delle vibrazioni nella pelle che vengono amplificate nella sottostante pentola o scatola che funge da cassa armonica.

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CASTAGNETTESono spesso confuse con le nacchere; costituiscono uno strumento ritmico formato da una coppia di piccoli elementi di legno tra loro simmetrici ed a forma di conchiglia, tenuti assieme da una cordicella. Chiusi,assumono la forma di una castagna da cui derivano, appunto, il nome. Lo strumento è suonato da coloro che ballano la tammorriata.

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TRICCHEBBALLACCHEE' composto da tre martelletti di legno fissati in basso ad una base anch'essa di legno.Il martello centrale è fisso, mentre quelli laterali sono mobili ed incernierati alla base.Lo strumento è suonato impugnando nelle due mani i martelli laterali mobili e battendoli ritmicamente contro quello centrare fisso.

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TE POSSINO DÀ TANTE CORTELLATETe possino dà tante cortellate

pe' quante messe ha dette l'arcipretepe' quante messe ha dette l'arcipretepe' quante vorte ha detto orate frate

Io so' trasteverina e lo sapetenun serve bello mio che ce rugatenun serve bello mio che ce rugate

so' cortellate quante ne volete

Er bene che te vojo nun lo dicote vorebbe vede' a ponte impiccatote vorebbe vede' a ponte impiccatocon la testa mozzata e pe panico

Lara lallara lallara lallalàLara lallara lallara lallà...

Me sa mill'anni che venghi Natalepe' famme na magnata e de toronepe' famme na magnata e de toronepe' famme na bevuta in der boccale

LAZIO

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SCIUR PADRUN

Sciur padrun da li béli braghi bianchi,fora li palanchi, fora li palanchi,sciur padrun da li béli braghi bianchi,fora li palanchi ch'anduma a cà.

A scuza, sciur padrun,s'a l'èm fat tribulèr,l'era li prèmi vòlti,l'era li prèmi volti,a scuza, sciur padrun,s'a l'èm fat tribulèr,l'era li prèmi volti,ch'a'n saiévum cuma fèr.

Sciur padrun da li béli braghi bianchi...

Al nòstar sciur padrunl'è bon cum'è 'l bon pan,da stèr insima a l'èrzana'l diz: « Fè andèr cal man »Sciur padrun da li béli braghi bianchi...E non va più a mesie nemmeno a settimane,la va a poche ore,e poi dopo andiamo a cà.

Sciur padrun da li béli braghi bianchi...

E quando al treno a s-ceflai mundéin a la stassioncon la cassietta in spala;su e giù per i vagon! 

Sciur padrun da li béli braghi bianchi...

Canto delle mondine

Per la traduzione in italiano vai alla prossima slide

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SIGNOR PADRONETraduzione in ItalianoSignor padrone dalle belle brache bianche,fuori i soldi, fuori i soldi, signor padrone dalle belle brache bianche, fuori i soldi chi andiamo a casa. 

Scusi, signor padrone, se l'abbiamo fatto penare,erano le prime volte,erano le prime volte,scusi, signor padrone,se l'abbiamo fatto penare,erano le prime volte,e non sapevamo come fare.Signor padrone dalle belle brache bianche ....Il nostro signor padroneè buono come lo è il buon pane,stando in cima all'arginedice: «Fate andare quelle mani ».Signor padrone dalle belle brache bianche...

E non va più a mesie nemmeno a settimane,la va a poche oree poi dopo andiamo a casa.Signor padrone dalle belle brache bianche...E quando il treno fischiale mondine alla stazionecon la cassetta in spallasu e giù per i vagoni.

Signor padrone dalle belle brache bianche...

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VOLA, VOLA, VOLAVulesse fa' 'rvenì pe' n'ora sole lu tiempe belle de la cuntentezze, quande pazzijavame a "vola vola" e te cuprè de vasce e de carezze. 

E vola vola vola vola e vola lu pavone. Si tiè lu core bbone mo fammece arpruvà. 

E vola vola vola vola e vola lu pavone. Si tiè lu core bbone mo fammece arpruvà. 

'Na vote pe' spegna' lu fazzulette, so' state cundannate de vasciarte. Tu te scì fatte rosce e me scì dette di 'nginucchiarme prima d'abbracciarte. 

E vola vola vola vola e vola lu gallinacce. Mo si me guarde 'n facce mi pare di sugna'. 

E vola vola vola vola e vola lu gallinacce. Mo si me guarde 'n facce mi pare di sugna'. 

Come li fiure nasce a primavere, l'amore nasce da la citilanze. Marì, si mi vuò bbene accome jere, nè mi luvà stu sogne e sta speranze. 

E vola vola vola vola e vola lu cardille. Nu vasce a pizzichille non mi le può negà. (2 volte)

ABRUZZO

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VOLA, VOLA, VOLAVorrei far tornare per un’ora sola il tempo bello della contentezza, quando giocavamo a vola vola e ti coprivo di baci e di carezze.E vola, vola, vola, vola e vola il pavone, se hai il cuore buono ora fammici riprovare. (2 volte)Una volta, per disimpegnare il fazzoletto,sono stato condannato a baciarti. Tu ti sei fatta rossa e mi hai detto d’inginocchiarmi prima e d’abbracciarti. E vola, vola, vola, vola vola il gallinaccio, ora se ti guardo in faccia mi pare di sognare. (2 volte)Come i fiori nascono a primavera, l’amore nasce dalla fanciullezza. Maria, se mi vuoi bene come ieri, non togliermi questo sogno e questa speranza.

 

 E vola, vola, vola, vola e vola il cardellino, un bacio con pizzicotti  non me lo puoi negare. (2 volte) 

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 I DÒ GOBETIUna sera, una sera de note,dò gobeti se davan le bote,dò gobeti se davan le bote,se ste ziti ve digo el parchè.Do gobeti de media statura

i se parlava de cose amorose,ma i gaveva na mata paura

che i passanti li stesse a sentir.

Uno cera 'l famoso Mattia,l'altro cera el fabrica inciostro,

che imbriago de graspa e de mosto,insultava l'amico fedel.

L’uno g'ha dito: "Va la ti se gobo".e ghe altro e g'ha respondito:

"Se mi son gobo ti non te se dritosopra la schena te ghe un montesel".

Se s'ha dito parole da ciodi,e se s'ha dato careghe in del muso,

e i s’è andati a finire 'n chel busodove se beve un biccer de quel bon.

VENETO

 

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VITTI NA CROZZAVitti na crozza supra nu cantunie cu sta crozza mi misi a parlari.Idda m'ha rispunniu cu gran duluriiu' mossi senza toccu di campani.

La la la leru lala la la leru lala la la leru la la la la la.

Prestu passanu tutti li me anni.Passano e si ni ienu un sacciu unni.Ora cha sugnu vecchiu di tant'annichiamu la crozza e nuddu m'ha rispunni.

La la la leru lala la la leru lala la la leru la la la la la.

Chinnaia a fari chiù di la me vita.Non sugnu bono ciuù mi travagghiari.Sta vita è fatta tutta di dulurie da cussì non vogghiu chi` campari.

La la la leru lala la la leru lala la la leru la la la la la.

Cunzatimi cu ciuri lu me lettu.Picchi' aalla fine già sugnu arriduttu.Vinni lu tempu di lu me rizzettu.Lassu stu beddu munnu e lassu tuttu.

La la la leru lala la la leru lala la la leru la la la la 

CALABRIA

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CIURI CIURI

Ciuri ciuri ciuri di tuttu l'annu,l'amuri ca mi dasti ti lu tornu.Ciuri ciuri ciuri di tuttu l'annu,l'amuri ca mi dasti ti lu tornu.

Ciuri di rosi russi a lu sbucciari,amara a l'omu c'a fimmini cridi,amara a cu si fa supraniarilustru di Paradisu non ni vidi.

Ciuri di gersuminu abbrancicanti,tu non mi passi mancu pi la menti.tutti li notti li passu c'avantippi fariti dispettu eternamenti.

Si troppu dispittusa tu ccu miasi brutta 'nta la facci e 'nta lu coricascu du lettu si mi 'nsonnu a tiaamara a cu ti pigghia pi mugghieri!

Lu sabatu si chiama "allegracori",biatu cu avi bedda la mugghieri:cu l'avi bedda ci porta i dinari,cu l'avi brutta ci mori lu cori!

SICILIA

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E' Signour e' fasé la RumagnaE po' ch' l'avdèt un pustarin dalongh sòta e' sol, in pianura e un po' int e' grep...

indò' ch'e' nass al frèvli, al môri ad spen, gambòzz ad lupinèla, i ragazul e l'erba dla Madona, e' mlôri pr' i castègn;

burdlèti sbrazulèdi, zrési muròni, zézli, muscatèl, sévi fiuridi e un zil ch'u ni nè piò, alà int al vidi bassi uj tachè e' sanzvés e po' l'ajbena, indò' ch' l'arlus la gvazza la matena sora la pempna e sora la tlaragna, e' ciudét j oc

e u la cíamè "Rumagna"!

IL SIGNORE CREÒ LA ROMAGNAE come scorse un luogo lontano sotto il sole, in pianura e un po' in collina... dove crescono fragole, more di rovo, steli di lupinella, radicchi primaticci, l'erba della Madonna, l'alloro per le castagne; giovinette sbracciate, ciliegie morone, giuggiole, moscato, siepi fiorite e un cielo che non ha l'uguale, là sulle viti basse appese grappoli di sangiovese e d'albana, dove al mattino brilla la rugiada su pampini e ragnatele, socchiuse gli occhie la chiamò "Romagna"!

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I pruvirbiije Quanta sapiénze

tenêije li ‘ndeche

‘nghe tutte li pruvirbiije

che ha ‘mmentate.

“L’apparenze ‘nganne,

lu vistete

nen fa lu frate.

‘Ngarescete férre

cà tinghe n’ache da vênne.

E’ miije l’ove huije

che la gallène dumane.

Chije spare ‘nne attacche

spare ‘nne ascioije.

Ije so come lu setacce

coma me fì te arefacce”.

Stu poche cambiunariepresentatece parle de na storieche ha passate,storie de ‘mmètiee gelusèije,de come la ‘ggéntese cumpurtêijee la vete d’ogne ijurnese vevêije.Ma la saggêzze‘nge manghêije maijepe areparà vodde a voddepêne e guaije.Atri, 13 febbraio 1986

(per la traduzione in italiano vedi slide successiva)

ABRUZZO

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I PROVERBIQuanta sapienza

avevano gli antichi

con tutti i proverbi

da loro inventati:

“L’apparenza inganna,

l’abito

non fa il frate.

Ferro, fatti più caro

perché ho un ago da vendere.

E' meglio l’uovo oggi

che la gallina domani.

Chi non lega la “spara”

non la scioglie.

Sono come il setaccio,

come mi fai ti rifaccio”.

Questo scarso campionariopresentatoci parla di una storiache è passata,fatta di invidiee di gelosie,di come si comportavala gentee come si vivevala vita di ogni giorno.La saggezza perònon mancava maiper far fronte ogni voltaa pene e guai.

Page 62: Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

ORGÓJO

N fosso cinino ncó

vol èsse fiume.

E gni tantin ce prova

ma gnarièsce

anche si fa spaurà

quan che s’atizza.

Ta gnènte servirà

ma ntanto spurga

e pò fa l fanfarone

pé n momento

che l miron con temènza

i contadine.

ORGOGLIO

Anche un ruscellettovuole essere fiume.E ogni tanto ci prova ma non gli riesce anche se spaventaquando si inquieta.A nulla serviràma intanto si ripuliscee può fare il fanfaroneper un momentoche lo guardano con timorei contadini. 

UMBRIA

Page 63: Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

CALABRESI

Dinnu ca simu i figghi furtunati

'ndavimu u suli pe' pani profumatu

e u mari duci pe' stutari a siti

Dinnu ca stu profumu gersuminu

chi s'imbrischia cu rrangia e cu limuna

fu 'mpastatu cu nostru stessu cori

'Ndi dissiru co turcu e lu normannu

u grecu l'armenu e u bizantinu

ficiru razza pura da bastarda

e ca li nostri 'ntinni du penseru

'ndannu u poteri i sgrancinannu a luna

 Ma nugghu 'ndi 'nformau ca simu stati

da sempre ttraversati e 'ntrappulati

da vortici da timpa e da tempesta

ca simu  criaturi scarsi e nudie 'ndi sfrattaru da lu nostru tajiuda li casi di rocca e di sdirrupuE ccussì  suli suli 'ndi 'ndi jimmuintra a rrughi di strani - nui straneri -chi nostri testi all'aria e a nostra voriae sperti e muti sempri in cerca in cercai chigh'urtimu mmorzu i poesiachi nnughu mai lu potti 'mpastoiari chi nnugghu stuta e nnugghu po' llordarimancu li vuci chi s'incappucciaruOra 'mpastammu a nostra crita duci ca crita carda du rrestu du munduora potimu diri ca sapimuquandu cocchiunu parra du dolurima non volimu fari na banderama non volimu fare na bandera.

Page 64: Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

“LA BEFANA A MI’ TEMPI” Vi voglio raccontà la storia della Befana in quer di Lucca.

Allora c’era a chi ni portava sotto a letto ner canestro;

ammè invece me la portava giù dar camin.

Io, ir mi fratello e la mi sorella, ci mettevimo ner canto der foo

e a una cert’ ora la Befana con una vocina diceva:

Sete boni o cattivi? Sennò vi tiro il carbon!

E noi in coro: Boni !!

Allora buttava giue varche arancio e po’ con un cordin

calava giue tre carsine con drento varche caramella,

un sigaro di menta e un toroncin.

E noi erimo tutti ‘ontenti.

Invece la mi ‘ugina che era grande disse:

O’ nonna comemmai a me umm’ha portò nulla?

E la mi’ nonna:

O citrulla, o tu unnosai che chi

uninceppa  unimbefana!? TOSCANA

Page 65: Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

BOLLA DE SAPONELo sai ched'è la Bolla de Sapone?l'astuccio trasparente d'un sospiro.Uscita da la canna vola in giro,sballottolata senza direzzione,pe' fasse cunnalà come se siadall'aria stessa che la porta via.

Una farfalla bianca, un certo giorno,ner vede quela palla cristallinache rispecchiava come una vetrinatutta la robba che ciaveva intorno,j'agnede incontro e la chiamò: - Sorella,fammete rimirà! Quanto sei bella!

Er celo, er mare, l'arberi, li fioripare che t'accompagnino ner volo:e mentre rubbi, in un momento solo,tutte le luci e tutti li colori,te godi er monno e te ne vai tranquillaner sole che sbrilluccica e sfavilla.-

La bolla de Sapone je rispose:- So' bella, sì, ma duro troppo poco.La vita mia, che nasce per un giococome la maggior parte de le cose,sta chiusa in una goccia... Tutto quantofinisce in una lagrima de pianto.

TRILUSSA (Lazio)

Page 66: Italia, una passeggiata tra maschere, canti, balli...

LA ZAMPANAMentre leggevo l'urtimo volume de la Storia d'Italia, una Zampana sonava la trombetta intorno ar lume. Io, sur principio, nun ce feci caso: ma quanno m'è venuta sotto ar muso pe' pizzicamme er naso, ho preso er libbro e, paffete, l'ho chiuso.

Poi l'ho riaperto subbito, e in coscenza m'è dispiaciuto de vedella sfranta a paggina novanta, fra le campagne de l'Indipendenza. M'è dispiaciuto tanto che sur bordo der fojo indove s'era appiccicata ciò scritto 'st'epitaffio pe' ricordo:

«Qui giace una Zanzara che morì senza gloria, ma suonò la fanfara per restar nella Storia.»In Italia, a un dipresso, se pô diventa celebri lo stesso.

TRILUSSA (LAZIO)