Italia e Serbia 41-43 Bucarelli III

48
1 MASSIMO BUCARELLI DISGREGAZIONE JUGOSLAVA E QUESTIONE SERBA NELLA POLITICA ITALIANA (1939-1943) (In: CACCAMO F., MONZALI L., L'occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943), Firenze, Le Lettere, 2008, p. 11-59) 1. La politica jugoslava dell’Italia fascista. 2. La spartizione della Jugoslavia e la questione nazionale serba nel «nuovo ordine» balcanico. 3. Il revisionismo politico e territoriale dei collaborazionisti serbi: il tentato coinvolgimento dell’Italia. 4. La guerra parallela dei četnici e delle truppe italiane nei Balcani. 1. La politica jugoslava dell’Italia fascista. Nell’aprile del 1941, mentre l’esercito jugoslavo capitolava di fronte all’aggressione delle truppe dell’Asse, Carlo Galli, rappresentante italiano a Belgrado tra il 1928 e il 1934, a conclusione di un lungo promemoria sulla situazione jugoslava, scriveva 1 : […] Considerai sempre la Jugoslavia come un frutto della vittoria del ’18 e credetti che contro ogni contraria ragione sentimentale […] la unione maggiore con la Jugoslavia […] sarebbe stata la più saggia politica italiana, anche a costo di ricatti di Belgrado e di nostro pagare. La Jugoslavia era il più vicino mercato complementare per le necessità italiane […], era antemurale germanico, difesa sociale dalla Russia sovietica. Bisognava puntare sui serbi, che hanno precise qualità spirituali e di sicura fedeltà politica che annullano i gravi difetti di doppiezza e tortuosità. Le opinioni di Galli, in apparenza piuttosto eccentriche rispetto agli avvenimenti di quei giorni e ai pareri espressi da altri profondi conoscitori delle realtà adriatiche e balcaniche 2 , in realtà riflettevano una posizione e una tendenza costantemente presenti 1 Appunto dattiloscritto, Roma, 20 aprile 1941, in ARCHIVIO STORICO DIPLOMATICO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI ITALIANO (abbrev. ASMAE), Carte Galli. Si tratta di un promemoria redatto da Galli per Giuseppe Volpi, alla vigilia della spartizione della Jugoslavia. Volpi volle conoscere le opinioni dell’ambasciatore per avvalersene in un colloquio, che di lì a poco avrebbe avuto con Mussolini in vista degli incontri italo-tedeschi sul futuro assetto dei Balcani. Si veda: M. BUCARELLI, “Manicomio jugoslavo”. L’ambasciatore Carlo Galli e le relazioni italo-jugoslave tra le due guerre mondiali, in «Clio», 2002, n. 3, pp. 505 ss. 2 Dudan ad Anfuso, Roma, 28 e 30 marzo 1941; Salata ad Anfuso, Roma, 11 e 15 aprile 1941, in: I Documenti Diplomatici Italiani (abbrev. DDI), serie IX, vol. VI, dd. 799, 817, 896 e 914. Anche: L. MONZALI, La questione della Dalmazia e la politica estera italiana nella primavera del 1941, in «Rivista

description

xxx

Transcript of Italia e Serbia 41-43 Bucarelli III

  • 1

    MASSIMO BUCARELLI

    DISGREGAZIONE JUGOSLAVA E QUESTIONE SERBA NELLA POLITICA ITALIANA (1939-1943)

    (In: CACCAMO F., MONZALI L., L'occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943), Firenze, Le Lettere, 2008, p. 11-59)

    1. La politica jugoslava dellItalia fascista. 2. La spartizione della Jugoslavia e la questione nazionale serba nel nuovo ordine balcanico. 3. Il revisionismo politico e territoriale dei collaborazionisti serbi: il tentato coinvolgimento dellItalia. 4. La guerra parallela dei etnici e delle truppe italiane nei Balcani.

    1. La politica jugoslava dellItalia fascista.

    Nellaprile del 1941, mentre lesercito jugoslavo capitolava di fronte allaggressione delle truppe dellAsse, Carlo Galli, rappresentante italiano a Belgrado tra il 1928 e il 1934, a conclusione di un lungo promemoria sulla situazione jugoslava, scriveva1:

    [] Considerai sempre la Jugoslavia come un frutto della vittoria del 18 e credetti che contro ogni contraria ragione sentimentale [] la unione maggiore con la Jugoslavia [] sarebbe stata la pi saggia politica italiana, anche a costo di ricatti di Belgrado e di nostro pagare. La Jugoslavia era il pi vicino mercato complementare per le necessit italiane [], era antemurale germanico, difesa sociale dalla Russia sovietica. Bisognava puntare sui

    serbi, che hanno precise qualit spirituali e di sicura fedelt politica che annullano i gravi

    difetti di doppiezza e tortuosit.

    Le opinioni di Galli, in apparenza piuttosto eccentriche rispetto agli avvenimenti di quei giorni e ai pareri espressi da altri profondi conoscitori delle realt adriatiche e balcaniche2, in realt riflettevano una posizione e una tendenza costantemente presenti

    1 Appunto dattiloscritto, Roma, 20 aprile 1941, in ARCHIVIO STORICO DIPLOMATICO DEL MINISTERO

    DEGLI AFFARI ESTERI ITALIANO (abbrev. ASMAE), Carte Galli. Si tratta di un promemoria redatto da Galli per Giuseppe Volpi, alla vigilia della spartizione della Jugoslavia. Volpi volle conoscere le opinioni dellambasciatore per avvalersene in un colloquio, che di l a poco avrebbe avuto con Mussolini in vista degli incontri italo-tedeschi sul futuro assetto dei Balcani. Si veda: M. BUCARELLI, Manicomio jugoslavo. Lambasciatore Carlo Galli e le relazioni italo-jugoslave tra le due guerre mondiali, in Clio, 2002, n. 3, pp. 505 ss. 2 Dudan ad Anfuso, Roma, 28 e 30 marzo 1941; Salata ad Anfuso, Roma, 11 e 15 aprile 1941, in: I

    Documenti Diplomatici Italiani (abbrev. DDI), serie IX, vol. VI, dd. 799, 817, 896 e 914. Anche: L. MONZALI, La questione della Dalmazia e la politica estera italiana nella primavera del 1941, in Rivista

  • 2

    allinterno di alcuni ambienti politici e diplomatici italiani, sia dellultimo periodo liberale, che di quello fascista3. noto che il mondo politico italiano si era profondamente diviso di fronte alla creazione del Regno jugoslavo nel dicembre del 1918. Per alcuni, lunione degli slavi del Sud aveva finito per vanificare, in parte, gli sforzi compiuti dallItalia nel corso della prima guerra mondiale, ostacolandone le aspirazioni territoriali e i disegni egemonici nel mar Adriatico e nei Balcani. Per altri, invece, la tutela degli interessi politici ed economici, e la sicurezza dei confini nazionali passavano necessariamente attraverso una politica di amicizia e di collaborazione con il nuovo Stato jugoslavo, della cui esistenza bisognava prendere atto.

    Questultima opzione era stata alla base della politica seguita da Giovanni Giolitti e da Carlo Sforza, rispettivamente presidente del Consiglio e ministro degli Esteri tra il 1920 e il 1921; la politica del compromesso territoriale e dellintesa italo-jugoslava aveva portato a una prima soluzione della questiona adriatica (vale a dire del problema confinario e politico esploso tra i due vicini regni adriatici alla fine della prima guerra mondiale e accompagnato da polemiche e accuse reciproche), con la firma del trattato di Rapallo del novembre 1920, in base al quale allItalia andava la Venezia Giulia e alla Jugoslavia la costa dalmata ad eccezione di Zara, mentre per Fiume si decideva la costituzione di uno Stato indipendente4.

    Tra i sostenitori della collaborazione italo-jugoslava, figur inizialmente anche Benito Mussolini, fondatore e leader del movimento fascista, che, giunto al potere nellautunno del 1922, tent di proseguire la politica di accordo e dintesa con il governo di Belgrado: cos contrariamente alle attese e ai timori generali alla luce della propaganda fascista basata sul mito della vittoria mutilata e sulla revisione dei trattati - la politica di Rapallo divenne la politica del patto di Roma del gennaio 1924, che non solo stabiliva la spartizione dello Stato libero di Fiume (previsto a Rapallo, ma mai

    dalmatica, 1998, n. 1, pp. 33 ss.; L. RICCARDI, Francesco Salata tra storia, politica e diplomazia, Udine, 2001, pp. 406 ss. 3 M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939), Bari, 2006, pp. 5 ss.; L. MONZALI, Italiani in

    Dalmazia 1914-1924, Firenze, 2007, pp. 11 ss. 4 Il testo del trattato di Rapallo in Trattati e convenzioni fra il Regno dItalia e gli altri Stati, Roma, vol.

    XXVI, 1931, pp. 775-782. Sulla genesi dellaccordo: I. J. LEDERER, La Jugoslavia dalla Conferenza della Pace al trattato di Rapallo, Milano, 1966, pp. 324 ss.; F. CACCAMO, LItalia e la Nuova Europa. Il confronto sullEuropa orientale alla conferenza della pace di Parigi (1919-1920), Milano, 2000, pp. 295 ss.; L. RICCARDI, Francesco Salata, cit., pp. 246 ss.; M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 9 ss.; L. MONZALI, Italiani in Dalmazia, cit., pp. 191 ss.

  • 3

    sorto), ma conteneva anche limpegno italiano alla difesa dellindipendenza e dellintegrit della Jugoslavia, sconfessando la propaganda antijugoslava perseguita per anni dai nazionalisti italiani e dal fascismo5.

    Sia per Sforza, che per Mussolini, la collaborazione italo-jugoslava significava essenzialmente lintesa con i serbi, il gruppo nazionale numericamente maggioritario e politicamente egemone, che allindomani della proclamazione del Regno jugoslavo aveva imposto a tutto il paese lassetto politico e istituzionale fortemente accentrato del vecchio Stato serbo, senza tenere conto delle istanze autonomiste e federaliste degli altri popoli costitutivi6. La polemica adriatica era attribuibile essenzialmente alla contrapposizione etnica e politica con lelemento sloveno e con quello croato, le cui

    aspirazioni sui territori giuliani e dalmati rivendicati anche dallItalia rendevano fortemente conflittuali i rapporti tra Roma e Belgrado. Con i serbi, al contrario, non esisteva alcun contenzioso territoriale diretto e la creazione dello Stato jugoslavo sembrava averne soddisfatto le aspirazioni al completamento dellunit nazionale, riunendo allinterno degli stessi confini le popolazioni serbe della Bosnia, della Croazia-Slavonia, della Dalmazia, del Montenegro e della Serbia. Gli impegni antirevisionisti presi dallItalia, sia a Rapallo nel 1920, che a Roma nel 1924, rafforzarono il predominio serbo allinterno della compagine jugoslava, perch mettevano la classe dirigente serba al riparo da pressioni esterne e da tentativi di destabilizzazione interna. In cambio, i responsabili serbi permettevano ai governi di Roma di realizzare in gran parte il loro programma politico e territoriale nellalto Adriatico, sacrificando gli interessi delle popolazioni slovene e croate7.

    Tuttavia, la politica filoserba dei governi italiani di quegli anni si rivel fallimentare a causa del dissidio sorto tra Roma e Belgrado sul futuro dellAlbania, le cui sorti erano

    5 Il testo del patto di Roma in Trattati e Convenzioni, cit., vol. XXXI, 1932, pp. 48-56. In merito, si

    vedano: S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941. Lattacco italiano alla Jugoslavia, Settimo Milanese, 1993, pp. 20 ss; M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 27 ss.; L. MONZALI, Italiani in Dalmazia, cit., pp. 400 ss. 6 Sulla nascita della Jugoslavia: I. BANAC, The National Question in Yugoslavia, Ithaca e Londra, 1984,

    pp. 118 ss.; D. EPI, Italija, saveznici i jugoslavensko pitanje, 1914-1918, Zagabria, 1970, passim; D. STANKOVI, Nikola Pasic i jugoslovensko pitanje, Belgrado, 1985, Vol. II, pp. 11 ss., e pp. 38 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito. Jugoslavia 1918-1992. Storia di una tragedia, Torino, 1993, pp. 15 ss.; J. ADLER, Lunion force: la Croatie et la cration de lEtat yougoslave (1918), Chne-Bourg, 1997, pp. 90 ss.; M. KOVAC, La France, la cration du royaume yougoslave et la question croate, 1914-1929, Berna, 2001, pp. 107 ss. 7 M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 29-30 ss.; L. MONZALI, Italiani in Dalmazia, cit., pp.

    409-411.

  • 4

    di grande importanza sia per gli interessi italiani, che per quelli jugoslavi8. Nella seconda met degli anni venti, la rivalit tra i due paesi per il controllo della politica albanese fece riemergere lostilit che aveva contraddistinto le relazioni italo-jugoslave nellimmediato dopoguerra, dando nuova forza e nuovi spazi di manovra alle posizioni antijugoslave, ancora vive allinterno della politica italiana. La crisi italo-serba caus la ripresa delle polemiche tra le opinioni pubbliche dei due paesi, aliment nuovamente le incomprensioni politiche e inaspr le condizioni di vita delle minoranze nazionali presenti allinterno dei rispettivi confini. La politica della collaborazione amichevole venne accantonata del tutto dal regime fascista, nel tentativo di costituire nellEuropa danubiano-balcanica delle intese regionali in grado di accerchiare la Jugoslavia9. La precariet degli equilibri interni jugoslavi venne strumentalizzata per paralizzare lazione politica della classe dirigente di Belgrado; il governo italiano decise di appoggiare i movimenti separatisti croato e macedone, che avevano minato lesistenza del Regno jugoslavo fin dalla sua nascita e che gi in passato avevano goduto del sostegno di alcuni circoli politici e militari italiani10. Le popolazioni slave della Venezia Giulia subirono un duro processo di snazionalizzazione, che favor lemigrazione in Jugoslavia di alcune decine di migliaia di croati e sloveni ed aliment le correnti irredentiste anti-italiane, sempre molto attive a Lubiana e Zagabria. Alla tentata italianizzazione delle minoranze jugoslave della Venezia Giulia, fece puntualmente seguito linasprimento del trattamento riservato alle comunit italiane in Dalmazia da parte delle autorit locali11.

    8 P. PASTORELLI, Italia e Albania 1924-1927. Origini diplomatiche del Trattato di Tirana del 22

    novembre 1927, Firenze, 1967, pp. 34 ss.; B. J. FISCHER, King Zog and the Struggle for Stability in Albania, Boulder, 1984, pp. 66 ss.; A. MITROVI, Yugoslavia, the Albanian Question and Italy 1919-1939, in Serbs and the Albanians in the 20th Century, a cura di A. MITROVI, Belgrado, 1991, pp. 269 ss.; M. DOGO, Kosovo. Albanesi e Serbi: le radici del conflitto, Lungro di Cosenza, 1999, pp. 147 ss. 9 H. J. BURGWYN, Il revisionismo fascista. La sfida di Mussolini alle grandi potenze nei Balcani e sul

    Danubio 1925-1933, Milano, 1979, pp. 90 ss.; M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 96 ss. 10

    B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, Zagabria, 1979, pp. 83 ss.; J. J. SADKOVICH, Italian Support for Croatian Separatism, 1927-1937, New York, 1987, pp. 52 ss.; P. IUSO, Il fascismo e gli ustascia 1929-1941. Il separatismo croato in Italia, Roma, 1998. pp. 33 ss.; M. BUCARELLI, Delenda Jugoslavia. DAnnunzio, Sforza e gli intrighi balcanici del 19-20, in Nuova Storia Contemporanea, 2002, n. 6; F. CACCAMO, Il sostegno italiano allindipendentismo croato, ivi, 2004, n. 6, pp. 23 ss.; F. NIGLIA, Intrighi balcanici, fascismo e diplomazia parallela, ivi, 2005, n. 1, pp. 101 ss. 11

    E. APIH, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), Bari, 1966, pp. 271 ss.; L. CERMELJ, Sloveni e croati in Italia tra le due guerre, Trieste, 1974, pp. 14 ss.; M. KACIN WOHINZ, J. PIRJEVEC, Storia degli Sloveni in Italia 1866-1918, Venezia, 1998, pp. 58 ss.; R. PUPO, Il lungo Esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, lesilio, Milano 2005, pp. 33 ss.; L. MONZALI, La questione jugoslava nella politica estera italiana dalla prima guerra mondiale ai trattati di Osimo (1914-1975), in Europa Adriatica. Storia, relazioni, economia, a cura di F. BOTTA e I. GARZIA, 2004, p. 22; COMMISSIONE

  • 5

    Lidea dellintesa italo-jugoslava riemerse con forza nel corso degli anni trenta. Vari furono i motivi che spinsero i governi di Roma e Belgrado a mettere da parte le rivalit balcaniche e a porre fine alle polemiche causate dal sostegno assicurato dal regime fascista ai fuoriusciti croati (gli ustaa di Ante Paveli, responsabili delluccisione del sovrano jugoslavo, Alessandro Karadjordjevi, avvenuta a Marsiglia nellottobre del 193412): la politica apertamente revisionista della Germania nazista, il progressivo peggioramento dei rapporti dellItalia con Londra e Parigi a causa della crisi etiopica e la necessit per i dirigenti di serbi di rafforzare internamente il paese, per resistere alle rinnovate pressioni tedesche verso lEuropa sud-orientale13. Il nuovo accordo italo-jugoslavo, firmato a Belgrado nel marzo del 1937, affrontava tutte le materie che dalla seconda met degli anni venti erano state motivo di tensione tra i due regni confinanti: dal rispetto dellintegrit territoriale e dalla non-ingerenza nei rispettivi affari di politica interna, alla politica attuata nei confronti dellAlbania, sino al trattamento delle minoranze slovena e croata in Italia14. La decisione di sospendere gli aiuti dati fino ad allora ai separatisti croati, la disponibilit a collaborare in Albania e lalleggerimento delle misure di snazionalizzazione delle comunit allogene stavano a dimostrare che per il governo italiano la Jugoslavia era tornata ad essere un partner di fondamentale importanza. Alla luce delle ripercussioni internazionali della campagna etiopica, con il progressivo allontanamento di Roma dai vecchi alleati dellIntesa e il forzato avvicinamento al regime nazista, sfociato nella proclamazione dellAsse italo-tedesco dellautunno del 1936, lo scopo del nuovo accordo con la Jugoslavia era quello di stabilire una comune azione volta al contenimento della penetrazione politica ed economica del Terzo Reich nei Balcani e nella regione adriatica. La rinnovata amicizia con i serbi avrebbe dovuto costituire la dote portata dallItalia nellAsse con Berlino, per rafforzare la posizione strategica del regime fascista di fronte alla strapotenza

    STORICO-CULTURALE ITALO-SLOVENA, Relazioni italo-slovene 1880-1956, a cura di K. PREMIK, Trieste, 2004, pp. 13-19. 12

    B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, cit., pp. 141 ss.; J. J. SADKOVICH, Italian Support for Croatian Separatism, cit., pp. 228 ss. 13

    B. KRIZMAN, Vanjiska politika jugoslovenske drave 1918-1941, Zagabria, 1975, pp. 44 ss.; ID., Italija u politici kralja Aleksandra i kneza Pavla (1918-1941), in asopis za savremenu povijest, 1975, n. 1; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 26 ss.; M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 167 ss. 14

    Il testo degli accordi di Belgrado si trova in DDI, serie VIII, vol. VI, d. 340 e allegati. Sulla genesi degli accordi: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis 1934-1941, New York-Londra, 1962, pp. 61 ss.; M. BUCARELLI, Mussolini e la Jugoslavia, cit., pp. 327 ss.

  • 6

    tedesca, senza alterare per lamicizia con la Germania; una sorta di Asse orizzontale, che avrebbe dovuto equilibrare i rapporti dei due paesi adriatici con Berlino, dando alla politica italiana e a quella jugoslava quella forza che, singolarmente presi, i governi di Roma e Belgrado non sarebbero stati in grado di avere15.

    Il rilancio dellintesa italo-serba, per, venne presto vanificato dai colpi di mano e dalle realizzazioni politiche e territoriali del Terzo Reich. Di fronte allAnschluss e, soprattutto, di fronte allo smembramento della Cecoslovacchia16, Mussolini decise di mettere da parte ogni progetto di Asse orizzontale e di allearsi direttamente con Berlino, firmando il patto dacciaio del maggio 1939, nella speranza di tenere la Germania lontana dallAdriatico, dai Balcani e dal Mediterraneo, aree destinate a costituire il futuro spazio vitale dellItalia fascista17. Oltre a legare strettamente il proprio destino a quello del regime nazista, il capo del governo italiano sembr voler fare definitivamente a meno dellamicizia e della collaborazione politica con la Jugoslavia, riprendendo i contatti con il separatismo croato e decidendo di procedere allannessione dellAlbania senza il coinvolgimento di Belgrado18. Lennesima svolta della politica jugoslava del leader fascista era determinata anche dalla caduta, nel febbraio del 1939, di Milan Stojadinovi, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri dal 1935; Stojadinovi era stato lartefice, insieme al reggente, il principe Paolo Karadjordjevi, del riallineamento della Jugoslavia, che nella seconda met degli anni trenta si era sempre pi legata politicamente ed economicamente alle potenze dellAsse, assumendo posizioni maggiormente autonome nei confronti dei governi di Londra e Parigi, tradizionali amici di Belgrado. Mussolini torn a diffidare della politica jugoslava, perch luomo che aveva realizzato il riavvicinamento di Belgrado allItalia

    15 G. CIANO, Diario 1937-1943, Milano, 1994, p. 112; G. ANSALDO, Il giornalista di Ciano. Diari 1932-

    1943, Bologna 2000, p. 133. Anche: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., p. 114. 16

    K. HILDEBRAND, The Foreign Policy of the Third Reich, Berkeley e Los Angeles, 1970, pp. 60 ss. 17

    Il testo del trattato italo-tedesco, firmato a Berlino il 22 maggio 1939, in Trattati e Convenzioni, cit., vol. LIV, 1941, pp. 252-255. Sul patto dacciaio si vedano: M. TOSCANO, Le origini diplomatiche del Patto dAcciaio, Firenze 1956, pp. 159 ss.; R. DE FELICE, Mussolini il duce, vol. II, Lo Stato totalitario 1936-1940, Torino, 1996, pp. 589 ss.; E. DI NOLFO, Le oscillazioni di Mussolini. La politica estera fascista dinanzi ai temi del revisionismo, in Nuova Antologia, ottobre-dicembre 1990, fasc. 2176, pp. 192-193; F. LEFEBVRE DOVIDIO, Il problema austro-tedesco e la crisi della politica estera italiana, in Storia delle Relazioni Internazionali, 1999, n. 2, pp. 62-63. 18

    V. MAEK, In the Struggle for Freedom, New York, 1957, pp. 186-187; G. CIANO, Diario, cit., pp. 248-280; F. ANFUSO, Da Palazzo Venezia al Lago di Garda (1936-1945), Bologna, 1959, 95 ss.; F. JACOMONI DI SAN SAVINO, La politica dellItalia in Albania, Bologna 1965, pp. 98 ss.. Anche: A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941. Diplomazia della neutralit, Varese, 1978, pp. 43 ss.; B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, cit., pp. 324 ss.; R. DE FELICE, Mussolini il duce, cit., pp. 606 ss.; B. J. FISCHER, King Zog, cit., pp. 263 ss.; P. IUSO, Il fascismo e gli ustascia, cit., pp. 125 ss.

  • 7

    era stato allontanato dal potere, in parte perch incapace di risolvere la questione croata (sempre pi pressante e pericolosa, soprattutto alla luce della disgregazione dello Stato cecoslovacco), ma in parte anche per leccessivo avvicinamento ai governi dellAsse, poco gradito ad alcuni ambienti politici e militari serbi19. Fu cos che il capo del fascismo, come aveva gi fatto nella seconda met degli anni venti, decise di procedere unilateralmente nella politica balcanica e adriatica senza tener conto degli interessi jugoslavi, dando inizio a un nuovo periodo di tensione nei rapporti tra i due paesi.

    19 V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., 177-186; M. STOJADINOVI, Ni rat. Ni pakt. Jugoslavija

    izmeu dva rata, Buenos Aires, 1963, pp. 512 ss. e pp. 544 ss. Anche: J. B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 119 ss.; L. BOBAN, Maek i politika Hrvatske Seljake Stranke 1928-1941, Zagabria, 1974, vol. I, pp. 461 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 1-13; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 128-130; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 40-41.

  • 8

    2. La spartizione della Jugoslavia e la questiona nazionale serba nel nuovo ordine balcanico.

    Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, le continue oscillazioni del regime fascista impedirono alle tensioni presenti nelle relazioni italo-jugoslave di trasformarsi immediatamente in aperta ostilit. Il governo di Roma apparve incerto e dibattuto tra la volont di distruzione del regno jugoslavo, puntando decisamente sulla carta croata e sullappoggio alle varie nazionalit oppresse dal governo di Belgrado, e la necessit di collaborare con la dirigenza serba, nel tentativo di contenere la spinta tedesca verso i Balcani occidentali e di favorire la realizzazione dei disegni egemonici del fascismo, salvaguardando in parte anche gli interessi serbi20.

    Nellestate del 1940, dopo lentrata in guerra dellItalia, Mussolini ordin ai responsabili delle forze armate di pianificare lattacco alla Jugoslavia, prevedendone lattuazione per settembre21. Il capo del fascismo, oltre a nutrire ormai una personale avversione nei confronti della Jugoslavia e ad avere scarsa fiducia nella sua classe dirigente22, si era convinto che, di fronte alle rapide e schiaccianti vittorie del Terzo Reich, fosse giunto il momento di intervenire nei Balcani. Liniziativa di Mussolini era dettata dal bisogno di avviare in qualche modo la realizzazione dei progetti di espansione territoriale e di predominio politico a lungo coltivati dal fascismo, approfittando della caduta francese e della debolezza britannica23; ma era motivata anche dallopportunit di anticipare eventuali iniziative hitleriane nellarea balcanica,

    20 Colloquio di Ciano con Paveli, Roma, 23 gennaio 1940, in DDI, serie IX, vol. III, d. 194; Mameli a

    Ciano, Belgrado, 27 maggio 1940; Mussolini a Hitler, Roma, 30 maggio 1940; Ciano a De Peppo, Roma, 2 giugno 1940, ivi, vol. IV, dd. 608, 646 e 698. Anche: G. CIANO, Diario, cit., p. 389, p. 417, pp. 428-429 e pp. 435-436; J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp.166-167; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 232 ss e pp. 278 ss.; H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico. Mussolini e la conquista della Jugoslavia 1941-1943, Gorizia, 2006, pp. 42-43. 21

    M. ROATTA, Otto milioni di baionette. Lesercito italiano in guerra dal 1940 al 1944, Verona, 1946, pp. 117; E. FALDELLA, LItalia nella seconda guerra mondiale, Bologna, 1959, pp. 210 ss.; G. CIANO, Diario, cit., p. 456. Anche: A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 306-307; S. LOI, Le operazioni delle unit italiane in Jugoslavia (1941-1943), Roma, 1978, pp. 32 ss. 22

    Mussolini a Hitler, Rocca delle Caminate, 19 ottobre, 1940, in DDI, serie IX, vol. V, d. 753. G. CIANO, Diario, cit., pp. 417 e 450; U. CAVALLERO, Comando supremo. Diario 1940-43 del Capo di S. M. G., Bologna, 1948, p. 75. Anche Galeazzo Ciano, responsabile di Palazzo Chigi e artefice degli accordi italo-jugoslavi del 1937, a un certo punto sembr condividere le perplessit di Mussolini sullambiguo atteggiamento del governo di Belgrado: Ciano ad Alfieri, Roma, 26 maggio 1940, in DDI, serie IX, vol. IV, d. 591. 23

    G. CIANO, Diario, cit., p. 417; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., p. 304. Sui progetti imperialisti del fascismo: A. A. KALLIS, Fascist Ideology. Territory and Expansionism in Italy and Germany, 1922-1945, Londra e New York, 2000, pp. 47 ss.; D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dellItalia fascista in Europa (1940-1943), Torino, 2003, pp. 69 ss.

  • 9

    dove la Germania era economicamente e politicamente sempre pi presente24, nonostante le dichiarazioni con cui da parte tedesca si continuava a riconoscere lesclusivit degli interessi italiani in Jugoslavia e in Grecia25. I piani di Mussolini, per, furono ostacolati dal veto dellalleato tedesco, decisamente contrario allestensione del conflitto prima di chiudere la partita con la Gran Bretagna e, soprattutto, poco favorevole allattuazione da parte italiana di iniziative indipendenti nel settore balcanico, senza previe intese con il Terzo Reich26; iniziative che avrebbero potuto intralciare i progetti tedeschi per lo sfruttamento delle risorse economiche della regione27.

    Rientrato il tentativo di aggredire la Jugoslavia, i governi di Roma e Berlino tornarono a prendere in esame la conclusione di un nuovo accordo con Belgrado. Lidea di rilanciare la collaborazione con la Jugoslavia derivava dal fallimentare attacco italiano alla Grecia nellautunno del 1940 e dalla conseguente necessit tedesca di intervenire in

    24 Sulla competizione economica tra Roma e Berlino nei Balcani, si veda un interessante e vivace

    colloquio tra Raffaello Riccardi, ministro italiano per gli Scambi e Valute, Walter Funk, ministro dellEconomia tedesco, e Carl Clodius, vice direttore del dipartimento di politica economica del ministero degli Affari Esteri del Terzo Reich: Memorandum di Clodius sulle conversazioni con Riccardi, Berlino, 16 ottobre 1940, in Documents on German Foreign Policy 1918-1945 (abbrev. DGFP), serie D, vol. XI, d. 181. Sui timori italiani nei confronti delle iniziative tedesche nella regione: F. ANFUSO, Da Palazzo Venezia, cit., p. 137; G. ANDR, La guerra in Europa (1 settembre 1939 22 giugno 1941), Milano, 1964, pp. 288 ss.; P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, parte I, Lestensione del conflitto, Milano, 1967, pp. 137 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 304 ss., e pp. 335 ss.; R. DE FELICE, Mussolini lalleato, vol. I, LItalia in guerra 1940-1943, tomo I, Dalla guerra breve alla guerra lunga, Torino, 1996, pp. 104 ss., e pp. 186 ss. 25

    Colloquio tra Mussolini e Ribbentrop, Roma, 19 settembre 1940, in DDI, serie IX, vol. V, d. 617. Assicurazioni di contenuto simile erano state date allItalia anche nel marzo del 1939, dopo il colpo di Praga e la richiesta di chiarimenti da parte italiana in merito a eventuali iniziative tedesche in Croazia e Slovenia: G. CIANO, LEuropa verso la catastrofe. 184 colloqui verbalizzati da Galeazzo Ciano, Verona, 1948, pp. 418-422; ID., Diario, cit., pp. 267-269. Anche: A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 49 ss., e pp. 338-339. 26

    Ciano a Mussolini, Berlino, 7 luglio 1940; Alfieri a Ciano, Berlino, 17 agosto 1940; Ciano ad Alfieri, Roma, 17 agosto 1940; Appunto segreto di Mussolini, Roma, 22 agosto 1940; Mussolini a Hitler, Roma, 24 agosto 1940, in DDI, serie IX, vol. V, dd. 200, 431, 435, 467 e 484. Anche: G. CIANO, Diario, cit., pp. 458-459; E. FALDELLA, LItalia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 217 e p. 240; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy 1940-1941: the Balkan Clue, Londra, 1973, pp. 9 ss.; V. KLJAKOVI, The German-Italian Agreement on Spheres of Influence in the Balkans, with Particular Reference to Yugoslavia, in The Third Reich and Yugoslavia (1933-1945), Belgrado, 1977, pp. 140-141; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 310-311. 27

    Alfieri a Ciano, Berlino, 27 agosto 1940, in DDI, serie IX, vol. V, d. 506. Sugli interessi tedeschi nei Balcani: M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 4 ss.; A. MITROVI, Ergnzungswitschaft: the Theory of an Integrated Economic Area of the Third Reich and Southeast Europe (1933-1941), in The Third Reich and Yugoslavia, cit., pp. 18 ss.; L. CVJIETI, The Ambitions and Plans of the Third Reich with regard to the Integration of Yugoslavia into Its So-Called Grosswirthschaftsraum, ivi, pp. 193 ss.; M. RISTOVI, Nemaki "novi poredak" i Jugoistona Evropa 1940/41-1944/45, Belgrado, 1991, passim.

  • 10

    soccorso del governo fascista28. Come sottoline Hitler, per poter regolare rapidamente e con successo il problema greco, era necessario cointeressare Belgrado: senza sicurezza da parte della Jugoslavia scrisse il Fhrer a Mussolini non c da rischiare sui Balcani operazione alcuna che possa prometter successo29. In assenza del sostegno, almeno politico, da parte di Belgrado, lintervento in Grecia sarebbe stato un atto estremamente irresponsabile, perch le forze armate tedesche si sarebbero ritrovate in una situazione di assoluta precariet, in virt dellenorme distanza dalla madrepatria.

    Anche la Jugoslavia era interessata ad un chiarimento con le potenze dellAsse. Il paese sembrava aver risolto i problemi interni dovuti al contrasto tra il gruppo nazionale serbo e quello croato, grazie allaccordo raggiunto il 23 agosto 1939 tra Dragia Cvetkovi, nuovo presidente del consiglio nominato dal Reggente Paolo dopo la caduta di Stojadinovi, e Vladko Maek, leader dellopposizione croata; lintesa, resasi assolutamente necessaria per evitare ogni strumentalizzazione e internazionalizzazione

    della questione croata, prevedeva la formazione di un nuovo esecutivo, con la partecipazione dello stesso Maek e di altri ministri croati alle responsabilit di governo, e listituzione di una provincia autonoma croata, composta dalla Croazia e da alcune regioni della Bosnia Erzegovina30. Una volta garantitasi una certa stabilit interna, la dirigenza jugoslava ebbe di fronte a s un duplice obiettivo: preservare lintegrit territoriale del paese, evitando ogni coinvolgimento negli avvenimenti bellici in corso, e, allo stesso tempo, assicurarsi il controllo del porto di Salonicco, fondamentale sbocco alternativo al mar Adriatico, destinato a diventare nelle intenzioni del regime fascista un vero e proprio lago italiano; per i circoli politici e militari serbi,

    28 M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 117 ss.; U. CAVALLERO, Comando supremo, cit., pp. 7

    ss.; E. FALDELLA, LItalia nella seconda guerra mondiale, cit. pp. 251 ss., e pp. 292 ss.; F. ANFUSO, Da Palazzo Venezia, cit., pp. 146 ss.. Inoltre: G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 664 ss.; R. DE FELICE, Mussolini lalleato, cit., pp. 290 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 44-46; I. KERSHAW, Hitler 1936-1945, Milano, 2001, pp. 544-545. 29

    Ciano a Mussolini, Salisburgo, 18 novembre 1940; Hitler a Mussolini, Vienna, 20 novembre 1940, e Berlino, 5 dicembre 1940; Ciano a Mussolini, Bari, 8 febbraio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 123, 140, 244 e 553; Colloquio tra Hitler e Ciano alla presenza di Ribbentrop, Salisburgo, 19 novembre, e Vienna, 20 novembre 1940; Hitler a Mussolini, Vienna, 20 novembre 1940, e Berlino, 5 dicembre 1940, in DGFP, serie D, vol. XI, dd. 353, 366, 369 e 452. Anche: G. CIANO, Diario, cit., pp. 479-480; J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp.180-182; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 78-79; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 381 ss. 30

    V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 187 ss.; J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 149 ss.; L. BOBAN, Sporazum Cvetkovi Maek, Belgrado, 1965, pp. 280 ss.; ID., Maek, cit., vol. II, pp. 29 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 182 ss.; G. F. VRBANI, The Failure to Save the First Yugoslavia: the Serbo-Croatian Sporazum of 1939, Chicago, 1991, pp. 63 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 135 ss.

  • 11

    limportanza di Salonicco era tale che, di fronte ad eventuali promesse da parte delle potenze dellAsse, sarebbero stati disposti ad abbandonare la Grecia, paese legato alla Jugoslavia dal patto dellIntesa Balcanica e da consolidati rapporti damicizia31.

    A partire dal novembre 1940, il governo jugoslavo fu impegnato in due negoziati paralleli, sia con la Germania, che con lItalia, nel tentativo di trarre il massimo vantaggio dalla rivalit italo-tedesca nei Balcani e ottenere garanzie di sicurezza da entrambe le parti32. Oltre al desiderato sbocco sullEgeo, il governo tedesco offr alla Jugoslavia la firma di un patto di non aggressione, che avrebbe messo il paese al riparo da eventuali complicazioni belliche, in cambio delladesione al Patto tripartito (concluso il 27 settembre del 1940 da Germania, Italia e Giappone, per la creazione e il mantenimento di un nuovo ordine in Europa e in Asia orientale33). Fu lo stesso Hitler a dichiarare al ministro degli Esteri jugoslavo, Aleksandar Cincar Markovi, che la Germania, impegnata su altri fronti e priva di obiettivi territoriali nei Balcani, era favorevole al rafforzamento della Jugoslavia e al potenziamento dei legami politici ed economici tra i due paesi; e fu lo stesso Fhrer a far notare che, alla luce della fallimentare offensiva italiana contro la Grecia, le aperture tedesche rappresentavano unoccasione unica per il consolidamento della posizione internazionale della Jugoslavia, perch il governo di Berlino aveva la forza necessaria per indurre il regime fascista ad accettare definitivamente lesistenza dello Stato slavo meridionale e a rispettarne lintegrit territoriale34. Naturalmente, le offerte di Hitler avevano un prezzo politico rilevante, perch lingresso nel tripartito, oltre a facilitare lintervento tedesco in Grecia, avrebbe comportato il definitivo allineamento del governo di Belgrado alle

    31 Memorandum di Grote, direzione affari politici I M, Berlino, 11 novembre 1940; Appunto del direttore

    del Dipartimento stampa e informazioni, Schmidt, Berlino, 12 novembre 1940; Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 14 e 25 novembre 1940, in DGFP, serie D, vol. XI, dd. 320, 324, 334 e 397. Inoltre: V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 205-207; J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 170 ss.; G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 702-703; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 347 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., p. 141; A. A. KALLIS, Fascist Ideology, cit., pp. 131-134. 32

    L. BOBAN, Maek, cit., p. 371; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 79 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 368-369, e p. 383; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 46-47. 33

    Patto tripartito fra lItalia, la Germania e il Giappone, Berlino, 27 settembre 1940, in DDI, serie IX, vol. V, d. 649; G. CIANO, Diario, cit., pp. 466-467. Anche: P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 144-147; K. HILDEBRAND, The Foreign Policy, cit., pp. 91 ss.; I. KERSHAW, Hitler, cit., pp. 503-505. 34

    Colloquio tra Hitler e Cincar-Markovi alla presenza di Ribbentrop, Berlino, 29 novembre 1940; Hitler a Mussolini, Berlino, 5 dicembre 1940, in DGFP, serie D, vol. XI, d. 417 e 452. Inoltre: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 189 ss.; G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 705-707; B. KRIZMAN, Yugoslavias Access to the Tripartite Pact, in The Third Reich and Yugoslavia, cit., pp. 399 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 400 ss.

  • 12

    potenze dellAsse, divenendone un vero e proprio satellite (alla stregua di Ungheria, Romania, Slovacchia e Bulgaria, che aderirono al tripartito tra il novembre 1940 e il marzo 194135).

    I negoziati con il governo di Roma, invece, ebbero come obiettivo lapprofondimento e lampliamento dellaccordo italo-jugoslavo del marzo 1937, per trasformarlo come scrisse lo stesso Mussolini - in una e vera propria alleanza36. Nel febbraio del 1941, dopo una serie di contatti e di incontri ufficiosi con un fiduciario del principe Paolo, lavvocato Vladislav Staki, legale della Legazione italiana a Belgrado, il governo italiano propose di rilanciare il patto del 1937, inserendovi la clausola della neutralit benevola nel caso in cui una delle due parti contraenti si fosse trovata in guerra con una o pi potenze. Anche lItalia, come la Germania, era disposta a riconoscere il vitale interesse della Jugoslavia sulla citt e sul porto di Salonicco, chiedendo per in cambio la smilitarizzazione permanente della costa jugoslava. Per eliminare perenni cause di controversie e attriti tra i due paesi, si proponeva, infine, uno scambio di popolazioni tra lItalia, la Jugoslavia e lAlbania, che avrebbe portato al trasferimento della minoranza albanese del Kosovo e di quelle slovene e croate della Venezia Giulia37. Il capo del fascismo, sollecitato dallalleato tedesco e, soprattutto, pressato dalla impreviste difficolt sul fronte greco, metteva nuovamente da parte ogni proposito di distruzione dello Stato jugoslavo, ordinando per lennesima volta di porre un freno alle attivit dei separatisti croati38. Mussolini tornava a puntare sullamicizia serba per poter realizzare i propri disegni politici e territoriali, nella speranza che laccordo con la Jugoslavia potesse provocare un rapido collasso morale e militare delle Grecia e rendesse

    35 P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 293-334; I. KERSHAW, Hitler, cit., p.

    563. 36

    Appunto di Mussolini, Roma, 4 febbraio 1941; Ciano a Cosmelli, Roma, 5 febbraio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 535 e 538; Memorandum di Weizscker, segretario di Stato al ministero degli Esteri tedesco, Berlino, 5 febbraio 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 15. Anche: G. CIANO, Diario, cit., p. 477 e 486; J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 187 ss.; G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 704-708; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 372 ss., e pp. 436 ss. 37

    Ciano a Mussolini, Bari, 8 febbraio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, d. 553. G. CIANO, Diario, cit., p. 477 e 486; B. KRIZMAN, Yugoslavias Access, cit., pp. 404-405; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 369 ss., e pp. 443-444. 38

    Pavelic ad Anfuso, 4 dicembre 1940; Anfuso a Ciano, Roma, 8 dicembre 1940 e 2 gennaio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 236, 260 e 392. A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 396-399; B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, cit., pp. 364-365.

  • 13

    superfluo lintervento tedesco nei Balcani39. Per il capo del governo e per alcuni dei suoi pi stretti collaboratori (tra cui il ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, tornato ad essere fermamente convinto dellimportanza dellintesa italo-serba), era ancora viva lidea di poter utilizzare laccordo con Belgrado come strumento di prevenzione e di contenimento di eventuali azioni di terze potenze nella regione balcanica:

    [] Io, poi, sono favorevolissimo annotava il responsabile di Palazzo Chigi sul suo diario nel novembre del 1940, scrivendo a proposito di unalleanza con la Jugoslavia40 Ho sempre considerato difficile impresa lattacco alla Jugoslavia e non utile ai fini del futuro equilibrio europeo. Pi che portarci in casa una massa nervosa e infida quale quella dei croati, credo converrebbe creare una solida base dintesa tra lItalia e

    la Jugoslavia. Ci, sia nel caso che il domani ci riservi una politica antirussa, che una

    politica antitedesca.

    Naturalmente, anche nei disegni di Mussolini, come in quelli di Hitler, il fine ultimo del riavvicinamento con la Jugoslavia era ladesione di Belgrado al tripartito; il capo del fascismo sottoline pi di una volta che non si poteva passare per Roma senza arrivare a Berlino, chiarendo che il nuovo patto tra i due regni adriatici costituiva una tappa lungo il percorso che avrebbe portato la Jugoslavia al definitivo ingresso nel sistema politico dominato dallAsse41. Tuttavia, nelle speranze del governo fascista, il nuovo satellite sarebbe entrato in quota italiana e non tedesca; tornava, quindi, lidea della dote portata da Roma allinterno dellAsse per tentare di riequilibrare i rapporti di forza con lalleato tedesco e per limitarne, almeno nelle regioni balcaniche e adriatiche, lo strapotere42.

    Ancora una volta, per, fu lintervento di Berlino a far tramontare i progetti italiani. Il governo nazista, informato dai rappresentanti italiani sullandamento dei negoziati con Belgrado, chiese al governo di Roma di non proseguire le trattative con la Jugoslavia, prima di conoscere gli esiti dei contatti in corso tra Berlino e Belgrado43. Lalleato

    39 Appunto di Mussolini, Roma, 4 febbraio 1941, e Ciano a Cosmelli, Roma, 5 febbraio 1941, cit. Inoltre:

    A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 447-448; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., p. 47. 40

    G. CIANO, Diario, cit., p. 477. 41

    Anfuso a Cosmelli, Roma, 24 febbraio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, d. 630; Memorandum di Weizscker, Berlino,17 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 175. A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 480 ss. 42

    H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., p. 51. 43

    Weizscker a Ribbentrop, Berlino, 25 febbraio 1941; Rintelen a Weizscker, Fuschl, 27 febbraio 1941; Colloquio tra Hitler e Ciano alla presenza di Ribbentrop, Salisburgo, 2 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 85, 97 e 117; Cosmelli a Ciano, Berlino, 28 febbraio 1941; Anfuso a Mussolini, Roma, 2

  • 14

    tedesco si era reso perfettamente conto che le conversazioni tra i tre paesi non erano parallele, ma concorrenziali, perch i dirigenti jugoslavi stavano chiaramente tentando di sfruttare la rivalit delle due potenze dellAsse nel settore balcanico; e si era anche reso conto della potenziale funzione antitedesca che, limitatamente ai Balcani, Roma e Belgrado intendevano attribuire al nuovo patto italo-jugoslavo. Hitler, quindi, impose a Mussolini un nuovo veto nella questione jugoslava: dopo averne bloccato lattuazione dei piani militari, ora ne impediva gli sviluppi dellazione diplomatica. La debolezza militare dellItalia aveva permesso al governo nazista di assumere la leadership anche nella questione jugoslava; Mussolini, incapace di reggere il confronto con lalleato e di dare seguito al disegno della guerra parallela, fu costretto a riconoscere la propria subordinazione al Fhrer non pi solo in campo militare, ma anche in quello politico e diplomatico.

    Dopo aver imposto una battuta darresto alle conversazioni italo-jugoslave, il governo di Berlino sottopose i dirigenti jugoslavi a fortissime pressioni, per convincerli ad aderire al patto tripartito e a troncare ogni legame damicizia con la Gran Bretagna, lunico paese ad essere ancora impegnato contro le potenze dellAsse su tutti i fronti (in Europa occidentale, nel Mediterraneo e in Africa). Pur di ottenere lallineamento della Jugoslavia, la diplomazia tedesca accolse le principali richieste avanzate dal governo di Belgrado: dal rispetto dellintegrit territoriale e della sovranit politica, al riconoscimento degli interessi jugoslavi su Salonicco, fino al non coinvolgimento del paese in operazioni belliche (con esclusione anche del transito delle truppe italo-tedesche in territorio jugoslavo)44. Di fronte alle proposte tedesche, presentate in forma ultimativa, il reggente Paolo e il governo jugoslavo decisero di schierare il paese con le potenze dellAsse45. Lingresso della Jugoslavia nel tripartito ebbe ufficialmente luogo a

    marzo 1941; Anfuso a Mameli, Roma, 3 marzo 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 655, 671 e 672. Anche: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 209-212; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., p. 127; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 489-491. 44

    Ribbentrop a Heeren, Fuschl, 7 marzo 1941; Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 7 marzo 1941; Schweimer a Mackensen, Berghof, 8 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 130, 131 e 138; Anfuso a Ciano, Roma, 8 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, d. 696. Inoltre: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 209 ss.; G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 710-713; B. KRIZMAN, Yugoslavias Access, cit., pp. 405 ss.; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 124 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 456 ss., e pp. 465 ss.; I. KERSHAW, Hitler, cit., p. 563. 45

    Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 17 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 173; Anfuso a Mussolini, Roma, 19 marzo 1941; Mameli a Ciano, Belgrado, 21 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI,

  • 15

    Vienna il 25 marzo del 1941, con la firma del protocollo di adesione al patto e con uno scambio di note tra i governi jugoslavo, italiano e tedesco, contenenti le garanzie e le assicurazioni chieste da Belgrado46.

    Labbandono della posizione di neutralit, la rottura dei legami di amicizia con la Gran Bretagna e il definitivo allineamento alle potenze nazi-fasciste provocarono la reazione di importanti ambienti politici e militari serbi, che tentarono fino allultimo di contrastare la firma del patto tripartito attraverso le dimissioni di tre ministri serbi dallesecutivo47. La contrapposizione tra le potenze dellAsse e le democrazie occidentali aveva profondamente diviso la politica serba. Alla luce delle schiaccianti vittorie tedesche e della debolezza militare del paese, alcuni non vedevano alternative allaccordo con i governi di Roma e di Berlino; in questo modo, la Jugoslavia non solo avrebbe salvaguardato la propria integrit territoriale, ma avrebbe acquisito anche un importante vantaggio strategico come il porto di Salonicco. Altri, invece, oltre ad essere in generale ostili a tedeschi e italiani (perch i primi erano i vecchi nemici della prima guerra mondiale, mentre i secondi erano gli avversari politici degli ultimi ventanni), non ritenevano sinceri gli impegni presi dai governi dellAsse: una volta sconfitta la Grecia e allontanata la Gran Bretagna dal Mediterraneo orientale, la Jugoslavia si sarebbe ritrovata completamente accerchiata dalle truppe dellAsse e senza alcuna possibilit di ostacolare eventuali modifiche dellassetto politico e territoriale dei Balcani, attuate da Roma e Berlino contro la volont dei serbi e ad esclusivo vantaggio degli interessi italiani e tedeschi e di chi da tempo si era schierato con essi (separatisti croati, terroristi macedoni e irredentisti albanesi, oltre ai revisionisti bulgari e ungheresi); la nazione serba, la cui unit e il cui predominio interno erano gi stati messi

    dd. 746 e 755. Anche: V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 209 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 141-142; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 47-48. 46

    Ribbentrop a Cvetkovi, Vienna, 25 marzo 1941, Cvetkovi a Ribbentrop, Vienna, 25 marzo 1941; Colloquio tra Hitler e Cvetkovi alla presenza di Ribbentrop e Cincar Markovi, Vienna, 25 marzo 1941; Colloquio tra Hitler e Ciano alla presenza di Mackensen e Alfieri, Vienna, 25 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 205-208; Colloquio tra Hitler e Ciano, Vienna, 25 marzo 1941; Anfuso allarchivio dellUfficio di coordinamento, Roma, [26 marzo 1939], in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 778 e 783. Inoltre: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 239 ss.; G. ANDR, La guerra in Europa, cit., pp. 713-714; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 565-569. 47

    Memorandum di Lohman, segreteriato del ministero degli Esteri, Berlino, 21 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 187; Mameli a Ciano, Belgrado, 13 e 21 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 715 e 757. Anche: V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 213-214; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 540 ss.

  • 16

    in discussione dalle concessioni fatte ai croati con laccordo dellagosto 1939, ne sarebbe uscita ulteriormente indebolita e divisa48.

    Il crescente malcontento allinterno del mondo politico serbo e le pressioni britanniche accompagnate da promesse daiuto spinsero alcuni ufficiali serbi ad attuare, il 27 marzo del 1941, un colpo di stato per rovesciare il Reggente Paolo e il governo Cvetkovi, colpevoli di aver firmato ladesione al tripartito e di aver messo a repentaglio lonore e lindipendenza del popolo serbo49. Mentre la Serbia era attraversata da manifestazioni antitedesche e antitaliane inneggianti alla guerra contro lAsse (Bolje rat, nego pakt meglio la guerra, che il patto, era lo slogan di quei giorni), gli autori del golpe proclamavano la maggiore et del diciassettenne Pietro II, erede del re Alessandro, affinch potesse assumere direttamente il potere e sostituirsi al principe Paolo, costretto a prendere la via dellesilio. La responsabilit di costituire un nuovo esecutivo venne affidata al generale darmata Duan Simovi, che assegn il ministero degli Esteri a Momilo Nini, lanziano politico serbo che aveva gi ricoperto tale incarico negli anni venti50. Inizialmente, il nuovo governo tent di non rompere del tutto con Roma e Berlino, dichiarando ai governi dellAsse che sarebbe rimasto fedele al principio del rispetto degli accordi internazionali. Secondo quanto affermato da Nini ai rappresentanti delle potenze dellAsse, il nuovo governo jugoslavo, preoccupato di mantenere rapporti damicizia con i paesi vicini (in primis, Germania e Italia), era interessato soprattutto a chiarire le modalit dapplicazione del protocollo firmato a Vienna il 25 marzo, per salvaguardare nel miglior modo possibile tutti gli interessi della Jugoslavia. Le dichiarazioni di lealt nei confronti dellItalia e della Germania (pur accompagnate dalla richiesta di rinegoziare alcuni aspetti delladesione al tripartito) nascondevano, in realt, il tentativo di guadagnare tempo, in attesa di ultimare la

    48 J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 250 ss; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 550

    ss.; G. F. VRBANI, The Failure to Save the First Yugoslavia, cit., pp. 115 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 142-143. 49

    Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 27 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 214; Mameli a Ciano, Belgrado, 27 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, d. 789. Anche: V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 215 ss.; F. W. DEAKIN, La montagna pi alta. Lepopea dellesercito partigiano jugoslavo, Torino, 1972, pp. 132-133; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 139 ss.; G. F. VRBANI, The Failure to Save the First Yugoslavia, cit., pp. 123 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 143-144; S. TREW, Britain, Mihailovi and the Chetniks, 1941-1942, Londra, 1998, pp. 19-21. 50

    Mameli a Ciano, Belgrado, 27, 28 e 29 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 790, 793, 801 e 807. Inoltre: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 262 ss.; L. BOBAN, Maek, cit., pp. 386 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 584 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 48-49.

  • 17

    preparazione militare e di ricevere gli aiuti promessi dalla Gran Bretagna51. Anche i nuovi dirigenti serbi provarono a sfruttare la competizione italo-tedesca nei Balcani, tentando di fare pressioni sul governo fascista, affinch scongiurasse eventuali iniziative tedesche in Grecia e a Salonicco; iniziative che precis lo stesso generale Simovi - avrebbero inevitabilmente provocato la reazione militare jugoslava, con evidenti conseguenze negative anche per le posizioni italiane in Albania52.

    A Berlino e a Roma, non solo non si diede alcun credito alle dichiarazioni di fedelt del nuovo governo jugoslavo, n alcun peso alle velate minacce contro le truppe italiane sul suolo albanese, ma si avvert con urgenza la necessit di soggiogare militarmente la Jugoslavia, vista la completa inaffidabilit della classe dirigente jugoslava53. I responsabili politici delle due potenze dellAsse erano ormai convinti che solo cos si sarebbe eliminato ogni possibile pericolo di eventuali operazioni britanniche in partenza da basi greche e jugoslave; operazioni che avrebbero potuto minacciare la sicurezza dellItalia nel mar Adriatico, far fallire i disegni espansionisti e imperialisti del fascismo, e ostacolare i preparativi tedeschi per lattacco allUnione Sovietica. Particolarmente dura fu la reazione di Hitler, che consider la ribellione jugoslava come un affronto personale da punire con inesorabile severit: la Jugoslavia doveva essere considerata a tutti gli effetti un paese nemico e, per questo, andava distrutta il prima possibile54. Mussolini, gi da tempo diffidente della doppiezza jugoslava55, non fu

    51 Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 30 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 235; Mameli a Ciano,

    Belgrado, 30 e 31 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 813 e 818. Anche: J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 283 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 596-597, e pp. 633-634; G. F. VRBANI, The Failure to Save the First Yugoslavia, cit., pp. 130-133; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 49-50. 52

    Mameli a Ciano, Belgrado, 30 e 31 marzo, e 3 aprile 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 810, 820 e 837. J.B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 284-285; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 626 ss. e pp. 652 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., p. 51. 53

    Hewel a Mackensen, Berlino, 27 marzo 1941; Mackensen a Ribbentrop, Roma, 28 marzo 1941; Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 30 marzo 1941; Memorandum di Rintelen, capo del Dipartimento politico, Berlino, 30 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 224, 226, 235 e 237; Hitler a Mussolini, Berlino, 27 marzo 1941; Mussolini a Hitler, Roma, 28 marzo 1941; Alfieri a Ciano, Berlino, 30 marzo 1941, in DDI, serie IX,vol. VI, dd. 792, 795 e 815. Inoltre: A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 633 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 51-52. 54

    Verbale di una riunione tenutasi alla Cancelleria del Reich sulla situazione in Jugoslavia, Berlino, 27 marzo 1941; Direttiva del Fhrer n. 25, [Quartier generale del Fher] 27 marzo 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 217 e 223. Anche: M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., pp. 145 ss.; S. ODI, S. KOMARICA, Yugoslavia in the German Plans of Conquest, in The Third Reich and Yugoslavia, cit., pp. 447 ss.; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 597 ss.; I. KERSHAW, Hitler, cit., pp. 564-565. 55

    Mussolini a Hitler, Roma, 22 febbraio 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, d. 623. H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., pp. 49 ss.

  • 18

    sorpreso dagli avvenimenti di quei giorni e si disse pronto ad appoggiare le scelte del Fhrer, essendosi del tutto convinto che la questione jugoslava non ammetteva ormai altra soluzione allinfuori di quella militare56.

    I governi di Berlino e di Roma decisero, quindi, di ricorrere alluso della forza e il 6 aprile del 1941, con la collaborazione dei loro satelliti dellEuropa orientale, Ungheria e Bulgaria, invasero la Jugoslavia. Dopo una campagna di dodici giorni, le forze dellAsse schiacciarono ogni resistenza militare jugoslava e costrinsero il governo di Belgrado alla capitolazione. Conseguenza della dura sconfitta subita dalle truppe jugoslave fu la fuga allestero del giovane re Pietro e dellesecutivo guidato da Simovi, che trov rifugio prima in Grecia, poi in Palestina e infine a Londra, dove si stabil definitivamente come governo jugoslavo in esilio57.

    Oltre a ridurre lesercito jugoslavo allimpotenza, occupando basi, porti e vie di comunicazione, le potenze dellAsse decisero di annientare la Jugoslavia politicamente, stabilendo la spartizione dei suoi territori. Nellattuare lo smembramento del regno jugoslavo, i governi di Roma e Berlino tennero conto non solo delle proprie rivendicazioni nazionali e dei propri interessi economici e strategici, ma anche dellenorme malcontento della maggior parte della popolazione non serba del paese, costretta a subire legemonia di Belgrado nel periodo tra le due guerre mondiali58. Lattenzione nei confronti delle varie nazionalit del regno jugoslavo nasceva dalla necessit di adottare una politica poliforme, capace di tenere presenti le aspirazioni dei vari gruppi etnici, che in forma diretta o indiretta si sarebbero venuti a trovare sotto il dominio o il controllo politico di Roma e Berlino; i popoli ex jugoslavi, liberati dal

    56 Hitler a Mussolini, Berlino, 5 aprile 1941; Mussolini a Hitler, Roma, 6 aprile 1941, in DGFP, serie D,

    vol. XII, dd. 281 e 289, e in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 865 e 868. A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 682-685. 57

    Mameli a Ciano, Belgrado, 18 aprile 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, d. 933. Inoltre: U. CAVALLERO, Comando supremo, cit., pp. 80 ss.; M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 161 ss.; V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 224 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. The Chetniks, Stanford, 1975, pp. 54 ss.; S. LOI, Le operazioni delle unit italiane, cit., pp. 101 ss.; O. TALPO, Dalmazia. Una cronaca per la storia (1941), Roma, 1984, pp. 31 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 53 ss.; D. S. NENEZI, Jugoslovenske oblasti pod italijom 1941-1943, Belgrado, 1999, pp. 43 ss. 58

    Memorandum sulla futura organizzazione amministrativa dei territori jugoslavi, [6 aprile 1941]; Direttiva del Fhrer n. 27, [Quartier generale del Fher], 13 aprile 1941; Ribbentrop a Ciano, 17 aprile 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 291, 335 e 363; Alfieri a Ciano, Berlino, 6 aprile 1941; Marras a Guzzoni, Berlino, 15 aprile 1941; Mussolini a Ciano, Roma, 17 aprile 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 870, 907 e 923. P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 171-173; S. ODI, S. KOMARICA, Yugoslavia in the German Plans, cit., pp. 455-457; D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo, cit., pp. 91 ss.

  • 19

    ventennale predominio serbo, avrebbero dovuto vedere nei governi dellAsse una fonte di aiuto e di sostegno e non dei nuovi invasori59. In buona sostanza, si trattava di risarcire quei gruppi etnici e quei paesi che dal sistema politico e territoriale stabilito alla conferenza della pace di Parigi del 1919 erano usciti indeboliti, ridimensionati e divisi, attraverso lapplicazione del principio di nazionalit; unapplicazione che, per, sub non poche eccezioni dovute alla politica di potenza attuata dallAsse, in difesa degli interessi politici, militari ed economici dellItalia e della Germania60.

    Il nuovo assetto del settore balcanico venne stabilito nel corso dei colloqui tenutisi a Vienna il 21 e il 22 aprile del 1941, tra Ciano e il suo omologo tedesco, Joachim von Ribbentrop. La Slovenia fu divisa tra lItalia e la Germania; venne creato uno Stato indipendente croato, formato dalla Croazia-Slavonia e dalla Bosnia-Erzegovina, affidato alla direzione politica del leader ustaa, Ante Pavelic, ma sottoposto in realt alla duplice influenza dei governi di Roma e Berlino; la costa della Dalmazia da Zara a Spalato, insieme allarea delle Bocche di Cattaro, venne annessa allItalia (annessione riconosciuta, poi, anche dal nuovo Stato croato con il trattato firmato a Roma il successivo 18 maggio61); lItalia, inoltre, occup lintero Montenegro, che sarebbe dovuto diventare un regno indipendente sotto il controllo italiano; la parte occidentale della Macedonia, la maggior parte del Kosovo e una piccola striscia del territorio montenegrino furono dati allAlbania, legata lo ricordiamo - al regno dItalia in una unione personale; la Bulgaria conquist la maggior parte della Macedonia, una parte della Serbia e una piccola porzione del Kosovo; le zone a nord della Drava e del Danubio, insieme ai distretti della Baka e della Baranja, andarono allUngheria; la Germania occup il resto della Serbia, corrispondente ormai ai vecchi confini serbi antecedenti alle guerre balcaniche, insieme a una parte del Kosovo (la zona di

    59 Appunto dattiloscritto, Roma, 20 aprile 1941, in ASMAE, Carte Galli. S. ODI, S. KOMARICA,

    Yugoslavia in the German Plans, cit., pp. 451-455; M. BUCARELLI, Manicomio jugoslavo, cit., pp. 505 ss. 60

    Sulle difficolt di attuazione della politica delle nazionalit: G. CIANO, Diario, cit., p. 529. Sulle considerazioni alla base dello smembramento della Jugoslavia e sul conseguente dibattito allinterno della classe dirigente italiana: L. PIETROMARCHI, Diario, 13-24 aprile 1941, in FONDAZIONE LUIGI EINAUDI, Carte Luca Pietromarchi. Anche: D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo, cit., pp. 101 ss.; H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., pp. 73-76. 61

    Il testo degli accordi italo-croati del maggio 1941 si trova in Trattati e convenzioni, cit., vol. LVII, 1952. Sulla loro genesi, si vedano: G. CIANO, Diario, cit., pp. 505-514; F. ANFUSO, Da Palazzo Venezia, cit., pp. 157 ss.; P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 177 ss.; B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, cit., pp. 455 ss.; O. TALPO, Dalmazia (1941), cit., pp. 324 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, Stanford, 2001, pp. 234 ss.; H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., pp. 59 ss.

  • 20

    Mitrovica) e del Banato, affidato allamministrazione del locale gruppo nazionale tedesco62.

    La spartizione della Jugoslavia consistette essenzialmente nello smembramento politico e territoriale della nazione serba; la Serbia occupata vale a dire la Serbia nei vecchi confini del 1912 - fu affidata allamministrazione del locale Comando militare tedesco, mentre le popolazioni serbe dei restanti territori ex jugoslavi si ritrovarono divise allinterno di sei differenti regimi politici e amministrativi, dove divennero minoranze nazionali esposte al rischio di subire la pulizia etnica attuata dalle nuove maggioranze nazionali, come nel caso dei serbi della Croazia, della Bosnia e del Kosovo. Furono i dirigenti tedeschi Hitler su tutti - a volere la riduzione della Serbia ai minimi termini, per impedire che tornasse ad essere un centro attivo e temibile di congiure e intrighi63. A Berlino si riteneva che le promesse fatte dalle potenza dellAsse avessero rappresentato per la Jugoslavia una opportunit unica dal punto di vista storico, a cui la cricca di cospiratoti serbi aveva dato una risposta tanto stupida, quanto criminale; era la stessa cricca politica e militare, imbevuta di nazionalismo e avversa agli interessi del germanesimo, che nel 1903 non aveva esitato a ricorrere al regicidio per abbattere la dinastia serba degli Obrenovi, accusata di essersi troppo legata alla politica austriaca, e che nel 1914 aveva organizzato lattentato di Sarajevo ai danni di Francesco Ferdinando dAsburgo, causando la scoppio della prima guerra mondiale: con il colpo di stato del 27 marzo, la Serbia aveva svelato ancora una volta il proprio volto antitedesco, schierandosi definitivamente con i nemici della Germania64.

    Nella Serbia occupata, le autorit militari tedesche attuarono un regime amministrativo estremamente rigido, nel tentativo di ottenere il totale controllo delle infrastrutture e

    62 Colloquio tra Ribbentrop e Ciano, Vienna, 21 e 22 aprile 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, dd. 378 e

    385; Ciano a Mussolini,Vienna 21 aprile 1941; Colloquio tra Ribbentrop e Ciano, Vienna, 22 aprile 1941, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 956 e 967. Anche: S. LOI, Le operazioni delle unit italiane, cit., pp. 109 ss.; V. DEDIJER, . ANI, The Nazi Eastern Policy and Yugoslavia, in The Third Reich and Yugoslavia, cit., pp. 318 ss.; B. KRIZMAN, Paveli i Ustae, cit., pp. 445 ss.; R. DE FELICE, Mussolini lalleato, cit., pp. 382 ss; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 61 ss.; D. S. NENEZI, Jugoslovenske oblasti, cit., pp. 56 ss.; H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., pp. 59 ss. 63

    Memorandum Schmidt sulle conversazioni italo-tedesche per la riorganizzazione dei territori jugoslavi, Vienna, 24 aprile 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 398; Colloquio tra Ribbentrop e Ciano, Vienna, 21 1941; Marras a Guzzoni, Berlino, 15 aprile 1941; Ciano a Mussolini,Vienna, 21 aprile 1941, cit. Anche: U. CAVALLERO, Comando supremo, cit., p. 85. 64

    Ribbentrop a Mackensen, Berlino, 5 aprile 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 275.

  • 21

    delle numerose risorse del paese, di fondamentale importanza per gli interessi economici e strategici del Terzo Reich65. Le vie di trasporto che attraversavano la regione come il Danubio e le reti ferroviarie serbe permettevano di collegare lEuropa centrale con la Bulgaria e con la Grecia, fino ad arrivare via mare in Nord Africa, dove le truppe tedesche erano impegnate al fianco di quelle italiane contro lesercito britannico; il sottosuolo, poi, era particolarmente ricco di metalli non ferrosi (cromo, rame, bauxite) indispensabili per lindustria bellica tedesca66.

    La politica doccupazione tedesca in Serbia fu improntata al principio del massimo vantaggio da ottenere con il minimo sforzo. Tuttavia, il compito della Wehrmacht si rivel ben presto pi difficile del previsto. Per potersi impadronire delle derrate alimentari e delle ricchezze minerarie locali, i responsabili politici e militari tedeschi sapevano perfettamente che sarebbe stato necessario assicurarsi il pieno controllo del paese, imponendo la legge marziale, facendo rispettare lordine pubblico e regolando unampia gamma di problemi e questioni di natura amministrativa, economica e sociale. Allo stesso tempo, per, il governo di Berlino intendeva amministrare la Serbia nel modo meno oneroso possibile, perch, avendo pianificato di invadere lUnione Sovietica nel giugno del 1941, la maggior parte delle forze armate dovevano essere impiegate sul fronte russo. I dirigenti tedeschi, quindi, ritennero necessaria la collaborazione di qualche organo locale incaricato di agire sotto la direzione e il controllo di Berlino, per coadiuvare le autorit militari nel compito di pacificare la Serbia allinterno del nuovo ordine tedesco, senza dover distogliere altre truppe destinate a combattere in Russia67.

    Questo fu il motivo per cui il Comando tedesco decise di dar vita alla cosiddetta amministrazione dei commissari, un organo prettamente tecnico istituito il 2 maggio del 1941 con lobiettivo di riorganizzare le strutture serbe ridotte quasi al collasso dal

    65 C. FOTITCH, The War We Lost, cit., pp. 134 ss.; C. MADAJCZYK, Restserbien unter deutscher

    militrverwaltung, in The Third Reich and Yugoslavia, cit., pp. 458 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 64 ss.; M. RISTOVI, Nemaki "novi poredak", cit. 66

    N. IVKOVI, Exploitation of Industrial Installations in Serbia during the German Occupation (1941-1944), in The Third Reich and Yugoslavia, cit, pp. 517 ss.; A. MITROVI, Ergnzungswitschaft, cit., pp. 38 ss.; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 157-158. 67

    P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 201-204; M. J. MILAZZO, The Chetnik Movement and the Yugoslav Resistance, Baltimore-London, 1975, pp. 10-11; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., p. 157; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 175-177; G. CORNI, Il sogno del Grande spazio. Le politiche doccupazione nellEuropa nazista, Roma-Bari, 2005, pp. 168-169.

  • 22

    crollo politico e militare della Jugoslavia68. Tuttavia, il tentativo di gestire il paese con la collaborazione di alcuni uomini ligi alla Germania69 si rivel fallimentare, per limpossibilit di fronteggiare la catastrofica situazione economica e sociale della popolazione serba: gli esorbitanti costi di occupazione imposti da Berlino superavano di molto il gettito fiscale del paese, mentre la paralisi, pressoch totale, del settore industriale aveva costretto alla disoccupazione migliaia di operai, che si andarono ad aggiungere agli impiegati, licenziati quasi in massa70. Lattivit del Consiglio dei commissari serbi risent enormemente dello scarsissimo interesse che le autorit tedesche ebbero per la situazione interna serba; ogni attivit doveva essere esclusivamente funzionale alla soluzione dei problemi logistici delloccupazione e, soprattutto, allo sfruttamento delle risorse del paese. Come sottoline il rappresentante italiano a Belgrado, Francesco Mameli, la Serbia era stata praticamente abbandonata a se stessa: Continua evidentemente scriveva il diplomatico italiano la punizione della Serbia, e particolarmente di Belgrado; quella punizione che fu iniziata con mezzi cos poderosi e decisivi il 6 aprile71.

    A rendere la situazione interna sempre pi instabile e pericolosa, si aggiunse londata di profughi serbi, che si riversarono nella Serbia occupata in fuga dalle violenze perpetrate ai loro danni dagli ustaa in Croazia, dagli ungheresi in Vojvodina, dagli slavo-mussulmani in Bosnia e dagli albanesi nel Kosovo72. Particolarmente feroci ed

    68 Mameli a Ciano, Belgrado, 25 aprile e 2 maggio 1941, tt. per corriere nn. 06 e 018, in ASMAE, Carte

    del Gabinetto del Ministro e della Segreteria Generale 19231943, parte II, Ufficio Armistizio Pace, (abbrev. GAB/AP), b. 26; Feine a Ribbentrop, Belgrado, 27 aprile 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 414. Anche: C. MADAJCZYK, Restserbien, cit., pp. 459-460; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 177-178. 69

    Mameli a Ciano, Belgrado, 25 aprile, cit.; C. FOTITCH, The War We Lost. Yugoslavias Tragedy and the Failure of the West, New York, 1948, p. 134. 70

    Mameli a Ciano, Belgrado, 11 luglio 1941, t. per corriere n. 057, in ASMAE, GAB/AP, b. 26. M. J. MILAZZO, The Chetnik Movement, cit., pp. 10-11; C. MADAJCZYK, Restserbien, cit., pp. 459-460; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 177 ss. 71

    Mameli a Ciano, Belgrado, 11 luglio 1941, cit. 72

    Tra le testimonianze e i numerosi studi, dedicati in tutto o in parte al problema delle persecuzioni contro le popolazioni serbe durante la seconda guerra mondiale, ricordiamo: M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 170-171; C. UMILT, Jugoslavia e Albania. Memorie di un diplomatico, Cernusco sul Naviglio, 1947, pp. 108 ss.; C. FOTITCH, The War We Lost, cit., pp. 116 ss.; V. MAEK, In the Struggle for Freedom, cit., pp. 233 ss.; V. DEDIJER, . ANI, The Nazi Eastern Policy, cit., pp. 323 ss.; S. LOI, Le operazioni delle unit italiane, cit., pp. 141 ss.; A. MILETI, Koncentracioni logor Jasenovac 19411945. Dokumenta IIII, Belgrado, 1986; V. DEDIJER, The Yugoslav Auschwitz and the Vatican. The Croatian Massacre of the Serbs during World War II, New York, 1992, pp. 129 ss.; E. REDI, Bosna i Hercegovina u drugom svjetskom ratu, Sarajevo, 1998, pp. 122 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 392 ss.; E. GOBETTI, Loccupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (1941-1943), Roma, 2007, pp. 55 ss.

  • 23

    efferate furono le persecuzioni contro le popolazioni serbe presenti allinterno dello Stato indipendente croato. Gli ustaa tentarono di risolvere il problema delle minoranze nazionali e religiose della Croazia, ricorrendo alluso massiccio e sistematico della pulizia etnica, attuata attraverso leliminazione fisica di una parte della popolazione serba (ma anche di quella di religione ebraica73), la deportazione dei sopravvissuti o la loro forzata conversione al cattolicesimo74. Per Paveli e i suoi collaboratori, in realt, non esistevano minoranze serbe in Croazia, ma solo cittadini di religione ortodossa che andavano riportati alla fede cattolica, perch la Chiesa ortodossa, lungi dallessere solo un organismo religioso, costituiva la forza attiva della propaganda nazionalista serba; le discriminazioni, le negazioni dei diritti civili e politici e, infine, gli atti di barbarie furono gli strumenti utilizzati dagli ustaa per far tornare [i serbi] nella compagine razziale e politica croata e per eliminare gli elementi pi refrattari al processo di croatizzazione75. Nelle settimane immediatamente successive alla proclamazione dellindipendenza croata, i serbi, che costituivano il 30% circa della popolazione del nuovo Stato croato, furono sottoposti ad atrocit tali da provocare lintervento delle autorit militari italiane di stanza nella regione e dei rappresentanti tedeschi locali, per attenuare le violenze compiute dagli ustaa e per contrastare il clima di illegalit e di insicurezza venutosi a creare allinterno delle province croate76 Le reazioni italiane e tedesche non erano dettate tanto dal pietismo per la sorte delle minoranze serbe, quanto dai gravi problemi di ordine pubblico e di controllo del territorio, che lesodo in

    73 M. RISTOVI, U potrazi za utoitem. Jugoslovenski Jevreji u bekstvu od holokausta 1941-1945,

    Belgrado, 1998. 74

    Relazione del gen. V. Ambrosio, comandante della II armata, 11 giugno 1941; Relazione del gen. F. Monticelli, comandante della divisione Sassari, 16 giugno 1941, in O. TALPO, Dalmazia (1941), cit., pp. 468-473. Inoltre: J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., pp. 152-153; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 392 ss.; E. GOBETTI, Loccupazione allegra, cit., pp. 55 ss. 75

    Verbale del colloquio tra Hitler e Paveli, Berlino, 9 giugno 1941, in DGFP, serie D, vol. XII, d. 603; Pietromarchi a Ciano, Roma, 30 ottobre 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 699. Inoltre: J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 380 ss.; E. GOBETTI, Loccupazione allegra, cit., pp. 55-59. 76

    Relazione del gen. V. Ambrosio, comandante della II armata, 10-21 giugno 1941, in O. TALPO, Dalmazia (1941), cit., pp. 474-476; Mameli a Ciano, Belgrado, 31 maggio 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 196; Troll a Ribbentrop, Zagabria, 10 luglio 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII, d. 90. Inoltre: M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 170-171; S. LOI, Le operazioni delle unit italiane, cit., pp. 142 ss.; O. TALPO, Dalmazia (1941), cit., pp. 405 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., pp. 67 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 412-413; D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo, cit., pp. 232 ss.; E. GOBETTI, Loccupazione allegra, cit., pp. 63-65.

  • 24

    massa di centinaia di migliaia di profughi serbi stava provocando77. In buona sostanza, il trasferimento forzoso delle popolazioni serbe e i numerosi e diffusi episodi di brutalit, che lo avevano preceduto, stavano producendo unincredibile quantit di materiale incendiario in tutte le zone della ex Jugoslavia abitate da serbi; materiale che - come preconizz lincaricato di affari tedesco in Croazia, Heribert Troll - di l a poco avrebbe preso fuoco, dando vita allaperta ribellione della nazione serba78.

    77 Relazione del governatore della Dalmazia, Giuseppe Bastianini, Zara, 24 giugno 1941, in O. TALPO,

    Dalmazia (1941), cit., pp. 477-479; Casertano a Ciano, Zagabria, 1 agosto 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 443; Troll a Ribbentrop, Zagabria, 10 agosto 1941, DGFP, serie D, vol. XIII, d. 191. Anche: D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo, cit., pp. 235 ss.; H. J. BURGWYN, Limpero sullAdriatico, cit., pp. 101 ss. A conferma della natura prevalentemente strumentale dellintervento in difesa delle popolazioni serbe, va ricordato che le truppe italiane si resero responsabili di una repressione particolarmente dura nei confronti dei partigiani comunisti e dei loro fiancheggiatori tra la popolazione civile: D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo, cit., pp. 397 ss.; E. GOBETTI, Loccupazione allegra, cit., pp. 176 ss.; G. OLIVA, Si ammazza troppo poco. I crimini di guerra italiani 1940-1943, Milano, 2006, pp. 84 ss. 78

    Troll a Ribbentrop, Zagabria, 10 luglio 1941, cit.; Mameli a Ciano, Belgrado, 25 luglio 1941, t. per corriere n. 066, in ASMAE, GAB/AP, b. 26. Anche: M. J. MILAZZO, The Chetnik Movement, cit., p. 11.

  • 25

    3. Il revisionismo politico e territoriale dei collaborazionisti serbi: il tentato coinvolgimento dellItalia.

    La durezza del regime doccupazione79, le precarie condizioni di vita e le notizie delle violenze subite dalle popolazioni serbe nelle altre regioni della ex Jugoslavia furono allorigine della rivolta scoppiata nel luglio 1941 nelle province occidentali della Serbia. Linsurrezione, che aveva come obiettivi la distruzione delle vie di comunicazione e il sabotaggio delle imprese economiche che lavoravano per lindustria tedesca, venne organizzata dai comunisti jugoslavi, spinti ad agire dopo lattacco tedesco allUnione Sovietica; ben presto, per, vi presero parte anche numerosi gruppi di militari irregolari serbi di ispirazione nazionalista, denominati etnici (da ete, il termine con cui si indicavano le bande serbe al tempo della lotta contro gli ottomani)80. Di fronte alla rivolta e al malcontento sempre pi diffuso ed evidente, le autorit tedesche furono costrette a riconsiderare la propria politica doccupazione; fu deciso, quindi, di creare un organo politico dotato di poteri pi ampi e capace di raccogliere un maggiore consenso allinterno dellopinione pubblica serba moderata e conservatrice, per impedire che le forze nazionaliste serbe si unissero definitivamente a quelle comuniste nella lotta contro le potenze dellAsse. La speranza (o, sarebbe meglio dire, lillusione) dei dirigenti tedeschi era quella di riuscire a orientare in proprio favore gli ambienti nazionalisti, fortemente anticomunisti, per rendere la Serbia se non fedele almeno tranquilla e fin dove possibile consenziente81.

    79 Nota lordinanza del maggio 1941 emanata dalle autorit doccupazione tedesche, con cui si

    annunciava la fucilazione di 100 civili serbi come rappresaglia per luccisione di ogni soldato tedesco: Borga ad Alfieri e Casertano, Roma, 17 maggio 1941, t.sso n. 10728, in ASMAE, GAB/AP, b. 26. Inoltre: C. FOTITCH, The War We Lost, cit., pp. 134-140; P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., p. 202; J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, cit., p. 160. 80

    Mameli a Ciano, Belgrado, 17 e 29 luglio 1941, t. per corriere n. 061 e t. n. 126, in ASMAE, GAB/AP, b. 26; Mameli a Ciano, Belgrado, 1 agosto 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 442; Benzler a Ribbentrop, Belgrado, 12 agosto 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII, d. 195. S. CLISSOLD, La Jugoslavia nella tempesta, Milano, 1950, pp. 51 ss.; F. MACLEAN, Disputed Barricade. The Life and Times of Josip Broz Tito Marshal of Jugoslavia, Londra, 1957, pp. 131 ss., e pp. 141 ss.; P. AUTY, Tito. Biografia, Milano, 1972, pp. 221 ss.; W. R. ROBERTS, Tito, Mihailovi and the Allies 1941-1945, New Brunswick, 1973, pp. 21 ss. M. J. MILAZZO, The Chetnik Movement, cit., pp. 20 ss.; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. The Chetniks, cit., pp. 133 ss.; R. WEST, Tito and the Rise and Fall of Yugoslavia, New York, 1994, pp. 110 ss. 81

    Mameli a Ciano, Belgrado, 11 luglio 1941, cit.; Guidotti a Ciano, Belgrado, 27 e 28 agosto 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, dd. 516 e 520; Benzler a Ribbentrop, Belgrado, 27 agosto 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII, d. 250. P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., p. 203; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 179 ss.

  • 26

    Lincarico di dar vita a un governo serbo disposto a collaborare con gli occupanti venne affidato al generale Milan Nedi, ex capo di Stato Maggiore ed ex ministro della Difesa, costretto dal reggente Paolo a dimettersi nel novembre del 1940 in seguito al bombardamento della citt jugoslava di Bitolj, avvenuto nel corso dellattacco italiano alla Grecia. In realt, Nedi, ritenuto responsabile per la mancata adozione delle necessarie misure di difesa aerea, era stato allontanato dal potere per aver assunto, dopo lo scoppio del conflitto italo-greco, posizioni e atteggiamenti decisamente favorevoli allaccordo con le potenze dellAsse, in un momento in cui il principe Paolo e gli altri membri del governo stavano ancora valutando se abbandonare o meno la posizione di neutralit assunta allinizio della guerra. In quelle stesse settimane, infatti, il generale serbo si era reso protagonista di un tentativo di avvicinamento alla Germania, finalizzato alla conclusione di unalleanza che avrebbe permesso al governo di Belgrado di ottenere il controllo di Salonicco. Nedi, sensibile soprattutto alla difesa degli interessi serbi, piuttosto che a quelli dellintera Jugoslavia, non avrebbe esitato a sacrificare la Croazia e la Dalmazia, pur di realizzare le aspirazioni nazionali serbe e di garantire la sicurezza del popolo serbo. Il bombardamento di Bitolj aveva offerto al reggente un buon pretesto per eliminare il principale ispiratore delle manovre, che non solo avrebbero posto inevitabilmente fine alla neutralit jugoslava, ma avrebbero rimesso in discussione anche il delicato equilibrio interno raggiunto con laccordo dellagosto 1939, aprendo una crisi in grado di destabilizzare lintero paese e di provocare linstaurazione di una dittatura militare serba82.

    Nellestate del 1941 Nedi, quindi, fu messo a capo del nuovo governo serbo (costituitosi il 29 agosto), non solo perch era uno strenuo oppositore del movimento comunista, ma anche perch le autorit militari tedesche lo consideravano un leader affidabile e un convinto assertore della vittoria finale del Terzo Reich: un uomo forte, in grado di costruire e guidare delle forze armate serbe favorevoli allAsse, con lobiettivo di annientare linsurrezione comunista e di collaborare alla costruzione di

    82 Heeren a Ribbentrop, Belgrado, 25 ottobre 1940; Memorandum di Grote, direzione affari politici I M,

    Berlino, 11 novembre 1940, in DGFP, serie D, vol. XI, dd. 231 e 320; Mameli a Ciano, Belgrado, 6 novembre 1940, in DDI, serie IX, vol. VI, dd. 49 e 50. J. B. HOPTNER, Yugoslavia in Crisis, cit., pp. 183 ss.; M. L. VAN CREVELD, Hitlers Strategy, cit., p. 79; A. BRECCIA, Jugoslavia 1939-1941, cit., pp. 360 ss.; S. BIANCHINI, F. PRIVITERA, 6 aprile 1941, cit., p. 46.

  • 27

    un nuovo ordine nella regione83. Il governo Nedi stato generalmente giudicato come una versione serba del governo collaborazionista norvegese di Vidkun Quisling: succube nei confronti della Germania, impegnato esclusivamente nel portare avanti la causa anticomunista ed estremamente determinato nel contrastare qualsiasi tipo di resistenza nei confronti delle forze dellAsse. Di sicuro questi furono i risultati politici e militari della sua azione di governo. I poteri di Nedi e del suo esecutivo furono assai limitati; si trattava solo di un organo ausiliario delle autorit tedesche di occupazione, che contrariamente allo Stato indipendente croato di Ante Paveli non ottenne alcun riconoscimento internazionale, neanche da parte delle stesse potenze dellAsse e dei loro satelliti; un organo che venne incaricato di svolgere alcuni compiti amministrativi e che collabor nel tentativo di pacificare il paese, giustificando ladozione delle misure pi dure nella lotta contro i ribelli comunisti84.

    Tuttavia, il quadro politico che emerge delle fonti italiane in parte differente, soprattutto in merito alle intenzioni e agli obiettivi originari del generale serbo. La maggiore preoccupazione del governo di salvezza nazionale come venne chiamato da Nedi fu il problema nazionale serbo, vale a dire la difesa degli interessi serbi, sia territoriali, che politici. Nedi e il suo esecutivo tentarono di allentare la durezza del regime doccupazione tedesco, di impedire la perdita di altre vite tra i civili, di fermare le persecuzioni dei serbi in Croazia e di modificare in qualche modo lassetto territoriale imposto alla nazione serba dalle potenze dellAsse85. Nedi, convinto che la Germania avrebbe finito per vincere la guerra, riteneva che la migliore tattica per attuare la sua strategia di risollevamento nazionale fosse la cooperazione e la collaborazione con le

    83 Benzler a Ribbentrop, Belgrado, 29 agosto 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII, d. 257; Guidotti a Ciano,

    Belgrado, 30 agosto e 1 settembre 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, dd. 523 e 527. Anche: C. FOTITCH, The War We Lost, cit., pp. 140-141; C. MADAJCZYK, Restserbien, cit., pp. 460-461; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 179-180; G. CORNI, Il sogno del Grande spazio, cit. pp. 168-169. 84

    Tra i lavori dedicati alla figura e alloperato di Milan Nedi, si ricordano: J. P. O. TRI, O Milanu Nediu, Windsor (Ontario), 1960; S. KRAKOV, General Milan Nedi, 2 voll., Monaco di Baviera, 1963-1968; M. BORKOVI, Kontrarevolucija u Srbiji, 2 voll., Belgrado, 1979; ID., Milan Nedi, Zagabria, 1985; I. M. PAVLOVI, Milan . Nedi i njegovo doba, 2 voll., Belgrado, 1994. Sulle valutazioni in sede storiografica relative allesperienza collaborazionista del governo Nedi, si veda: J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., p. 180, nota n. 9. 85

    Del tutto contrario il giudizio di M. RISTOVI, Izopaeni grad u ideologiji srpskih kolaboracionista (1941 1945), in Nova srpska politika misao, 2004, nn. 1-4, pp. 67 ss., secondo cui i dirigenti del governo collaborazionista serbo furono impegnati soprattutto nel tentativo di realizzare un regime autoritario, basato sullesaltazione della purezza razziale e sulla centralit dei valori nazionali serbi, preservati allinterno delle comunit contadine di tipo patriarcale.

  • 28

    potenze dellAsse e con la Germania in particolare86. Prima di accettare lincarico di formare il governo, Nedi tent di accordarsi con le autorit tedesche sullestensione dei propri poteri per riuscire ad ottenere un largo grado di autonomia, sia in ambito civile, che militare. Il generale serbo chiese ai tedeschi di avere la gestione esclusiva della lotta contro il movimento partigiano comunista e di far intervenire la Wehrmacht solo nel caso in cui le misure attuate dal governo di Belgrado si fossero dimostrate insufficienti; inoltre, insistette affinch le eventuali rappresaglie fossero effettuate solo contro i ribelli e i loro fiancheggiatori, senza coinvolgere la popolazione civile innocente; e domand, infine, la revisione dellassetto territoriale serbo87.

    Una volta formato il governo, Nedi si trov a dover affrontare immediatamente una situazione molto difficile, se non addirittura impossibile, perch la violenza della rivolta contro loccupazione tedesca aument notevolmente dintensit. Non potendo attendere che Nedi finisse di organizzare le forze collaborazioniste per riprendere il pieno controllo del territorio, le autorit tedesche decisero di inviare altre truppe in Serbia e attuare una rappresaglia brutale non solo contro i partigiani e i ribelli, ma anche contro la popolazione civile, non concedendo alcuna autonomia al nuovo governo di Belgrado88. La posizione del generale serbo ne usc inevitabilmente indebolita; il suo esecutivo si trov ad agire in una situazione precaria e frustrante fin dallinizio: nonostante le promesse fatte dai tedeschi, non aveva alcuna autorit effettiva e, allo stesso tempo, non aveva la fiducia della maggior parte dei serbi, che lo rimproveravano per la brutalit e la rigidit del regime doccupazione89. Le difficolt e gli insuccessi del

    86 Direzione Generale degli Affari dEuropa e del Mediterraneo, Ufficio II, Roma 16 ottobre 1941, t.sso

    circolare n. 22720, in ASMAE, GAB/AP, b. 26, dove viene riportato un proclama di Nedi alla nazione serba del settembre 1941. Anche: C. FOTITCH, The War We Lost, cit., pp. 141-142; B. B. DIMITRIJEVI, Rat ili pakt? Dilema sa najkraie istorijske distance, in Istorija 20. veka, 2005, n. 1., pp. 63 ss. 87

    J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., p. 181. Come stato sottolineato da Tomasevich, le intese tra Nedi e le autorit militare tedesche furono esclusivamente orali; alcune notizie in merito sono riportate in: Mameli a Ciano, Belgrado, 10 aprile 1942, in DDI, serie IX, vol. VIII, d. 438. 88

    Mameli a Ciano, Belgrado, 6, 11 e 17 ottobre 1941, tt. nn. 9673/117, 9832/119 e 9963/285; e Mameli a Pietromarchi, Belgrado, 7 novembre 1941, lettera personale confidenziale, in ASMAE, GAB/AP, b. 26. Anche: Mameli a Ciano, Belgrado, 12 settembre 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 555; Benzler a Ribbentrop, Belgrado, 12 settembre e 29 ottobre 1941, in DGFP, serie D, vol. XIII, dd. 303 e 432. P. PASTORELLI, Lesaurimento delliniziativa dellAsse, cit., pp. 203-204; C. MADAJCZYK, Restserbien, cit., pp. 462-463; J. TOMASEVICH, War and Revolution in Yugoslavia 1941-1945. Occupation and Collaboration, cit., pp. 182 ss. 89

    Rapporto n. 555 del colonnello L. Bonfatti, addetto militare della Legazione italiana a Belgrado, allegato a Mameli a Ciano, Belgrado, 19 settembre 1941, t.sso riservato n. 1355/358, in ASMAE, GAB/AP, b. 26; Guidotti a Ciano, Belgrado, 5 settembre 1941, in DDI, serie IX, vol. VII, d. 540. J.

  • 29

    governo collaborazionista sottolinearono lerrore commesso dai responsabili politici e militari tedeschi nellanalisi della situazione serba: partendo dal presupposto di una frattura insanabile tra nazionalisti e comunisti, le autorit tedesche ritenevano che il movimento insurrezionale fosse di matrice esclusivamente comunista e che le forze nazionaliste e moderate avessero lo stesso interesse del governo di Berlino nel combatterlo. Ci che da parte tedesca non si era com