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ISTITUTO SPERIMENTALE PER LA ZOOLOGIA AGRARIA - FIRENZE

Nota Tecnica n. 2

MARISA CASTAGNOLI

GLI ACARI DI INTERESSE NELL'IGIENE PUBBLICA

1987 Arti Grafiche Giorgi & Gambi

MARISA CASTAGNOLI (*)

GLI ACARI DI INTERESSE NELL'IGIENE PUBBLICA(')

Gli Acari, Artropoda Chelicerata, caratterizzati da zampe articolate e esoscheletro sclerificato, privi di mandibole, di antenne e di occhi composti, sono una delle 11 sottoclassi della classe Aracnida. Unici rappresentanti della classe a non presentare traccia di segmentazione addominale, hanno un corpo, in cui si, possono distinguere (fig. I) due regioni fondamentali: lo gnatosoma che comprende le appendici boccali (cheliceri e palpi) e l'idiosoma.

Le appendici boccali sono modificate in vario modo a seconda dell'adattamento alimentare. I cheliceri possono essere conformati per triturare il cibo o essersi trasformati in stiletti atti a pungere o succhiare, mentre i palpi fungono per lo più da organi di presa.

L'idiosoma è sacciforme e, presenta l'apertura genitale in posizione varia da gruppo a gruppo ma sempre ventrale e anteriore all'apertura anale.

Con poche eccezioni gli adulti hanno 4 paia di zampe costituite da 6 articoli (coxa, trocantere, femore, genu, tibia, tarso).

Lo sviluppo normalmente si svolge a partire dall'uovo attraverso 6 stadi: prelarva, larva, protoninfa, deutoninfa, tritoninfa e adulti (maschio e femmina). La prelarva è uno stadio primitivo quiescente che rimane racchiuso entro l'uovo e non è presente in tutti i gruppi di acari. La larva che è normalmente il primo stadio attivo, è tipicamente esapoda; gli stadi ninfali invece hanno lo stesso numero di zampe degli adulti. In molti gruppi il numero degli stadi ninfali si riduce a 2 soltanto (proto e deutoninfa). Naturalmente il passaggio da uno stadio all'altro implica una muta preceduta da un periodo di inattività.

La respirazione si compie sia per via cutanea che attraverso un

_______________________________ (*) Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria - Firenze. (') Lettura tenuta al corso di aggiornamento organizzato dalla Regione Toscana su « Infestazione e disinfestazione nelle aree aperte e confinate e negli alimenti » (Chianciano Terme, 4 -6 dicembre 1985 e 21-24 gennaio 1986).

-4- sistema di trachee sfocianti all'esterno mediante aperture denominate stigmi. La natura del sistema respiratorio, il numero ,e la posizione degli stigmi ha fornito uno dei mezzi di diagnosi ,più antichi e forse più immediati per raggruppare gli Acari in 7 ordini o, secondo le tendenze ,più moderne, sottordini: Notostigmata (o Opilioacarida), Tetrastigmata (o Holothyrida), Metastigmata, Mesostigmata, Prostigmata, Astigmata e Cryptostigmata.

Pochi altri gruppi di animali mostrano tanta diversità di forme, di habitat e di abitudini quante sono riscontrabili nelle circa 30.000 specie note di acari (ma si pensa che oltre mezzo milione ne debbano ancora essere identificate). Dalla primitiva condizione di predatori alcuni si sono evoluti differenziando variamente le loro esigenze alimentari (ci sono acari micofagi, fitofagi, .saprofagi, batteriofagi, ecc.), altri hanno sviluppato complesse relazioni di parassitismo con vertebrati e invertebrati.

-5- Accanto a specie considerate utili quali i predatori di artropodi nocivi e a quelle insostituibili nel riciclaggio della materia organica, ce ne sono altre altamente dannose alle colture, agli alimenti immagazzinati o pericolose per i loro ospiti vertebrati o invertebrati, non solo per l'azione diretta legata al loro nutrirsi ma anche per la dimostrata capacità di trasmettere organismi patogeni alle piante e agli animali ospiti.

Da queste premesse è facilmente intuibile come molte specie di acari, possano più o meno occasionalmente essere parassiti dell'uomo o invaderne gli spazi o essersi adattate a condividerli creando in ogni caso problemi per la nostra salute.

Mi limiterò, in questa sede, a dare,una panoramica di quelle specie che più frequentemente creano problemi nell'igiene pubblica nel nostro paese e nella nostra regione in particolare. Tali specie sono distribuite in vari ordini di Acari, più precisamente ve ne sono di appartenenti ai Metastigmata, ai Mesostigmata, ai Prosbigmata e agli Astigmata.

METASTIGMATA

I Metastigmata, noti comunemente come zecche, sono tutti parassiti esterni di

vertebrati terrestri e si nutrono del sangue dei doro ospiti, con poche eccezioni, in ogni stadio del loro sviluppo. Hanno gli stigmi situati dopo le IV coxe o fra le III e le IV e si distinguono facilmente dagli altri acari per la loro grossa taglia (da 2 a oltre 30 mm di lunghezza). Il loro corpo presenta una sclerificazione ridotta che ne consente l'espansione durante la suzione. L'apparato boccale è tipicamente costituito da un rostro formato da due cheliceri foggiati a pseudochela con cui viene perforata la cute dell'ospite e da un ip ostoma adattato alla suzione e armato di denticoli rivolti all'indietro che facilitano la presa (fig. II). Molte zecche producono con le ghiandole salivari una sostanza cementante che,depositata fra i pezzi boccali, àncora più ,saldamente l'acaro al proprio sito alimentare.

L'importanza medica e veterinaria delle zecche è nota. Esse possono causare, non solo dissanguamento dei loro ospiti in caso di elevata infestazione, ma più comunemente infezioni o irritazioni nei punti in cui sono state attaccate. Possono inoltre fungere da serbatoi e da vettori di virus, ricketzie, batteri, ;protozoi, spirochete. La trasmissione può avvenire sia tramite la puntura sia per, contatto della cute dell’ ospite con i liquidi infetti

secreti dalle ghiandole coxali e con gli escrementi. Nelle zone ove le infezioni trasmesse dalle zecche sono endemiche, generalmente si instaura una .sorta di .equilibrio tra gli animali selvatici, le zecche che li parassitizzano e l'infezione trasmessa che non è mai eccessivamente debilitante ,per gli ospiti naturali, ma .può esserlo per l'uomo che ne viene accidentalmente a contatto.

Gli Ixodidae (hg. III, A) sono quelle zecche caratterizzate dalla presenza di uno scudo dorsale e di ,un rostro anteriore, inoltre hanno l'abitudine di rimanere a lungo sui loro ospiti. A questa famiglia appartengono le specie più dannose agli allevamenti di bestiame e quelle maggiormente indiziate di trasmettere organismi patogeni. Fortunatamente nelle nostre regioni questi Ixodidi sono un pericolo piuttosto remoto per la salute umana. Ai cacciatori capita frequentemente, dopo una giornata di caccia per i boschi e le campagne di trovarsene addosso un esemplare; generalmente l'unico problema è di

-7 - riuscire a staccare completamente l'acaro con il suo rostro (,per esempio con una goccia d'olio o con del cloroformio) e non si hanno complicazioni di sorta. Bisogna comunque tener presente che alcune delle specie indiziate di trasmettere nell'Europa continentale arbovirus responsabili di encefaliti nell'uomo come Ixodes ricinus (L.) e Dermacentor marginatus (Sudzer) sono frequenti anche in Italia come parassiti di piccoli mammiferi anche domestici e di altri vertebrati. Per I. ricinus, in particolare, sono stati registrati nel nostro Paese casi di urbanizzazione e segnalati esemplari affetti da quegli stessi arbovirus sierologicamente diagnosticati come responsabili di sindromi acute del sistema nervoso centrale, quali si sono verificate anche in Toscana.

Gli Argasidae (fig. III, B) mancano di scudo dorsale e hanno il rostro ventrale. A questa famiglia appartengono specie parassite temporanee di piccoli mammiferi e uccelli e fra questi 1'Argas reflexus (F.), la comune zecca dei piccioni, sta diventando un vero problema nelle nostre città. La femmina adulta ha corpo ovale di 0,5-1 cm di lunghezza, di color grigio-bruno e i margini rilevati e giallastri. Il suo ciclo di sviluppo si compie attraverso 5 stadi (uovo, larva, 2 stadi ninfali e adulto maschio e femmina). Tutti gli stadi attivi si nutrono di sangue ma, come è tipico degli Argasidi, rimangono sull'ospite solo, il tempo necessario a far provvista di alimento e tendono ad abbandonarlo; per

- 8 - ritornare a ripararsi in anfratti di vario genere vicino ai luoghi di stazionamento dei piccioni, ove la femmina depone anche le uova. Nei ,centri storici delle nostre città, dove le popolazioni di questi volatili .sono sempre più numerose, A. reflexus infesta gli anfratti dei tetti, delle soffitte, finendo col penetrare nelle abitazioni ove si nasconde sotto gli infissi di finestre e porte, da cui fuoriesce per nutrirsi soprattutto la notte. Spesso attacca anche l'uomo. Le sue punture passano .inosservate perché indolori e in passato non è stato facile capire l'origine di certe reazioni eritematose ed edemi locali che al risveglio affliggevano chi abitava in case infestate. Recentemente in seguito a ripetute punture di A. reflexus sono stati osservati casi di shock anafilattico il che fa presupporre che l'acaro sia in grado di immettere sostanze allergizzanti. La specie è molto longeva e .può rimanere senza nutrirsi anche anni e il problema di disinfestare le case in cui si sia insediata non è cosa da poco. Bisognerebbe fare in modo di contenere le popolazioni urbane di questi volatili sempre più invadenti e cercare di render loro meno agevole la possibilità di soggiornare nei pertugi dei nostri tetti. MESOSTIGMATA

A questo ordine appartengono circa 50 famiglie di acari con abitudini

prevalentemente da predatori. Hanno taglia media con scudi sia dorsali che ventrali e corte setole. Gli stigmi sono situati dorsolateralmente nella regione compresa fra le II e IV coxe. Tra le specie ematofaghe che vivono a spese di vari vertebrati, quelle appartenenti alla famiglia Dermanyssidae sono le più importanti da un punto di vista medico. Dermanyssus gallinae (De Geer) e Ornithonyssus sylviarum ,(Can. e Fanz.) sono parassiti di uccelli selvatici e domestici. D. gallinae (fig. IV, A e B) si nutre, a eccezione della larva, del sangue dell'ospite, preferibilmente nelle ore notturne, mentre di giorno si nasconde nei nidi o nei ripari dei luoghi di allevamento degli uccelli ove la femmina depone anche le uova. Dall'uovo all'adulto attraverso lo ,stadio di larva, protoninfa, deutoninfa occorrono 9-13 giorni. Come in altri ematofagi le femmine possono resistere a lungo senza nutrirsi.

O. sylviarum (fig, IV, C e D), a .differenza della specie precedente, vive quasi sempre sull'ospite ove la femmina depone anche le uova e non mostra abitudini notturne. Degli stadi immaturi .solo la protoninfa si nutre come gli adulti; il suo ciclo si può compiere anche in meno di una settimana.

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Entrambe le specie sono molto dannose per i loro ospiti e sospettate di trasmettere virus di encefaliti all'uomo. Frequentemente infestano abitazioni e locali di lavoro in seguito a rotture di equilibrio tra le popolazioni di passeracei nidificanti sui tetti e gli acari. Le loro punture provocano irritazioni della pelle.

PROSTIGMATA

I Prostigmata costituiscono un gruppo di acari molto disformi per abitudini e aspetto.

Ad essi appartengono le più dannose specie fitofaghe, .specie predatrici e parassite. I cheliceri e i palpi sono modificati in vario modo a seconda delle abitudini alimentari. Gli stigmi, se presenti, sono situati dorsalmente, vicino ai cheliceri. Fra le 50 famiglie attribuibili a quest'ordine i Pyemotidae, i Demodicidae e soprattutto i Trombiculidae hanno importanza dal punto di vista sanitario.

TROMBICULIDAE. Sono acari rossi, visibili anche ad occhio nudo, molto veloci, dall'aspetto vellutato perché ricoperti di numerose e minute setole. Soltanto le larve sono ectoparassite di vertebrati, gli adulti e le ninfe vivono libere predando soprattutto artropodí

- 11 - del suolo. Delle circa 700 specie note una ventina sono considerate causa di fastidiosissime dermatiti e sospettate di essere vettori di patogeni umani. La specie più nota in Europa è la Neotrombicula autunnalis (Shaw). La femmina depone le uova nel suolo, da queste fuoriescono larve (fig. V), anch'esse di color rosso, lunghe da 0,2 a 0,3 mm, che si .spargono sulla vegetazione bassa in attesa di attaccarsi a un ospite adatto nelle zone ove la pelle è più sottile. Nell'uomo generalmente salgono verso l'inguine e si fermano di preferenza là ove c'è una costrizione delle vesti. Gli acari inseriscono i loro cheliceri simili a scimitarre nello strato superficiale della pelle. L'azione istolitica dei loro secreti salivari induce la formazione nei tessuti degli ospiti di una sorta di tubo di alimentazione (stilosoma) che generalmente riesce a raggiungere lo strato malpighiano dell'epidermide e serve alle larve per succhiare il contenuto delle cellule disintegrate. Una volta nutritesi sufficientemente, generalmente in un'unica volta e su un solo ospite, le larve si lasciano cadere a terra per mutare e continuare la loro vita di acari liberi. Le larve sono molto numerose all'inizio dell'autunno e in Toscana soprattutto nei boschi :di quercia. Difficilmente si riesce a cogliere le piccole larve durante la loro nutrizione; soltanto qualche ora dopo il loro attacco insorge la reazione alla .loro punture che può essere più o meno fastidiosa e duratura a seconda della sensibilità individuale. In questi ultimi anni in una zona frutticola romagnola i raccoglitori di frutta hanno lamentato dermatiti al tronco probabilmente collegate a questi acari. Se non si vuole o non si .può rinunciare a passeggiare per i boschi in autunno si può cercare di proteggersi spruzzando pantaloni e scarpe con un repellente.

PYEMOTIDAE. Sono acari leggermente sclerificati con palpi ridotti e

cheliceri trasformati in stiletti; hanno il III e il IV paio di zampe ben separato dalle altre e spiccato dimorfismo sessuale. Le femmine mature hanno l’opistoma ingrossato a dismisura (fino a 1 mm di lunghezza) (fig. VI). Le numerose uova che contengono maturano all'interno del corpo della femmina e anche gli stadi giovanili che ne emergono rimangono all'interno del ventre materno fino alla maturità sessuale. La prole di una sola femmina può raggiungere le 200-300 unità. I maschi che raggiungono prima la maturità, rimangono intorno all'apertura genitale materna in attesa della fuoriuscita delle femmine, pronti a fecondarle. Alcune specie che predano insetti del grano o di altri prodotti immagazzinati, tra cui la più importante è il Pyemotes

—12— ventricosus (Newport), possono pungere l'uomo. Provocano, in coloro che manipolano materiale infestato, gravi dermatiti pruriginose caratterizzate da vescicole che con la loro rottura causano infezioni secondarie. In alcuni casi alle dermatítí si aggiunge mal di testa, vomito, diarrea, anoressia.

DEMODICIDAE Dalla forma molto allungata (0,1-0,4 mm) sono conosciuti

comunemente come gli acari dei follicoli. Demodex follicolorum (Simon) viene ospitato, generalmente passando inosservato, nei follicoli piliferi e sebacei intorno al naso e alle palpebre. Tuttavia sono stati riportati casi di una possibile associazione con acne rosacea, blefariti e impetigini contagiose.

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ASTIGMATA

Caratterizzati da una respirazione solo cutanea sono tutti acari debolmente sclerificati di grandezza varia da 200 a 1200 µ. Il loro corpo è spesso diviso da un solco in propodosoma e isterosoma, i cheliceri hanno quasi sempre la forma di chele e le zampe sono prive di vere unghie, sostituite spesso da strutture simili a ventose. Sono per lo più micofagi o detriticoli ma alcune forme sono anche parassite. Le famiglie che più interessano dal punto di vista igienico e sanitario sono Sarcoptidae, Acaridae, Glycyphagidae, Carpoglyplidae e Pyroglyphidae.

SARCOPTIDAE. I sarcoptidi sono tutti parassiti della pelle di animali a sangu e

caldo. Il Sarcoptes scabiei (L.) è l'agente primario della scabbia dei mammiferi. Di questa specie esistono più razze biologiche, identiche morfologicamente ma non fisiologicamente, legate a mammiferi diversi e il passaggio dell'infezione tra ospiti non della stessa specie è raro e mai duraturo. L'acaro della scabbia dell'uomo ha una distribuzione mondiale. Le femmine mature hanno un corpo quasi circolare (dai 330 ai 450 µ di lunghezza per 250-350µ di larghezza), mentre il maschio misura quasi la metà delle femmine (fig. VII, A e B). Sono caratterizzati da cheliceri dentati simili alle mandibole degli insetti e da un paio di corti palpi. Le zampe sono molto corte, le anteriori terminano con una sorta di pedicello non segmentato e le due posteriori con una lunga setola che nel IV paio del maschio è sostituita da una specie di ventosa. In genere è la femmina. fecondata che inizia l'infestazione su un nuovo ospite. Sceglie preferibilmente le zone cutanee delle mani (escluse le palme), delle braccia, delle cosce e anche dei piedi. Per nascondersi nelle tortuose gallerie che riesce ad aprirsi nello strato epidermico impiega circa un'ora. Durante l'escavazione l'acaro si fissa al substrato per mezzo delle ventose ambulacrali e usa sia i cheliceri che i margini tagliente delle tibie del I paio di zampe per costruirsi la galleria nell'epidermide. Il cibo ronsiste probabilmente nelle porzioni cornee della pelle umana. La femmina vive per circa due mesi per lo più senza ritornare all'esterno. Durante questo periodo continua a scavare tortuose gallerie, che possono raggiungere anche 3 cm di lunghezza e depone ininterrottamente 2-3 uova al giorno. Le uova schiudono in 3 o 4 giorni e le larve esapode si portano frequentemente sulla superficie della pelle e probabilmente si nutrono di certe secrezioni dei follicoli piliferi entro i quali sono più frequentemente reperibili.

Esse mutano per diventare ninfe; gli stadi ninfali sono 2 ed entrambi frequentemente reperibili nei follicoli piliferi e in corte gallerie. I maschi sono abbastanza rari e fecondano le femmine sulla superficie della pelle. Il ciclo si completa in 12-14 giorni.

- 15 - Questi acari hanno una scarsissima capacità di resistere all'esterno delle loro gallerie per cui il contagio avviene sempre per intimo contatto con persone infette, per lo più dormendo nello stesso letto.

La scabbia umana è assai variabile nel tasso di infestazione (a volte molto basso, anche al di sotto di 6 femmine per individuo), nelle modalità di manifestarsi e nelle complicazioni indotte. L'infestazione causa un fastidiosissimo prurito, soprattutto di notte, e un tipico esantema caratterizzato da chiazze eritematose e papule follicolari non necessariamente nella precisa corrispondenza del luogo scelto dalla femmina per scavare la propria galleria. Difatti soltanto in parte la sintomatologia è causata direttamente dall'attività dell'acaro e dalla tossicità delle sue escrezioni e secrezioni; il paziente reagendo all'intenso prurito grattandosi aggrava ed estende l'infezione. I sintomi si manifestano in modo eclatante dopo la sensibilizzazione al parassita. Infatti in persone senza una precedente storia di scabbia gli acari possono esser presenti per molte settimane prima che sia rilevabile la tipica sintomatologia, che si presenta invece in modo più manifesto e in minor tempo in coloro che avevano già in precedenza albergato il parassita per un tempo sufficiente a esserne sensibilizzati. È stato notato che l'incidenza dei casi di scabbia aumenta seguendo cicli di 15-20 anni e l'incremento mondiale della scabbia registrato negli anni '70 si pensa collegato a larghi movimenti di popolazione, al turismo e soprattutto all'insufficiente tempestività nel riconoscere i casi dal personale medico. Studi immunologici suggeriscono che tale ciclica ricorrenza sia dovuta a mutamenti di livello di immunità nella popolazione umana.

ACARIDAE, GLYCYPHAGIDAF e CARPOGLYPHIDAE. Le specie incluse in

queste famiglie sono conosciute come acari infestanti sostanze alimentari immagazzinate di vario genere e possono essere la causa primaria di dermatiti così dette occupazionali .perché colpiscono le persone che manipolano materiale infestato. Più raramente sono stati riportati casi di infezioni intestinali e bronchiali. La causa delle dermatiti, più che nell'azione diretta delle punture degli acari, piuttosto improbabili, dato il tipo di apparato boccale, va probabilmente ricercata in una reazione di tipo allergico derivata dal loro contatto. Questi acari, tutti molto piccoli, non più di 0,5mm, di colore biancastro translucido e con abitudini alimentari strettamente micofaghe, hanno la capacità, soprattutto in condizioni di alta

- 16 - umidità, di svilupparsi così rapidamente da infestare in pochi giorni con milioni di esemplari le derrate alimentari. In condizioni difficili per la loro sopravvivenza sviluppano invece forme resistenti, gli ipopi che, senza nutrirsi, sono in grado di far superare alle specie le condizioni avverse. Tra gli acari più comuni citerò Tyrophagus longior (Gervais) (fig. VII, C), Glycyphagus domesticus (De Geer) (fig. VII, D), Lepidoglyphus destructor (Soh,rank), Carpoglyphus lactis (L.), Acarus siro L.

PYROGLYPHIDAE. I nidi di uccelli e le tane di piccoli mammiferi sono probabilmente da considerarsi l'habitat originario delle specie di Pyroglyphidae finora note e detriti cornei, squame e piume, resti di granaglie il loro cibo. Alcune specie si sono ;però da tempo adattate a vivere nelle abitazioni umane. Le nicchie ecologiche in cui questi acari hanno nelle nostre case la possibiilità di vivere e di riprodursi sono costituite da quei piccoli quantitativi di polvere che, oltre a ricoprire i pavimenti e i mobili e ad annidarsi in interstizi vari, finiscono per depositarsi nei tessuti dei nostri arredi, nei divani, materassi, coperte. Anche se la composizione della polvere di casa può variare moltissimo in relazione alle abitudini di coloro che la abitano, in essa le risorse nutrizionali costanti e fondamentali sono costituite dai prodotti di desquamazione della pelle umana e dai residui di sostanze alimentari. A spese di queste sostanze nutrizionali si è adattata, .non solo una moltitudine di microrganismi batterici e fungini, ma anche una artropodofauna molto caratteristica e precisi equilibri si sono costituiti fra i vari componenti di questo particolare ecosistema. Nel corso di una prima indagine sull'acarofauna della polvere di casa in Italia sono state raccolte più di 20 specie appartenenti a gruppi sistematici diversi. Molte sono rappresentate da quegli Acaridae, Glycyphagidae, Carpoglyphidae di cui abbiamo già parlato e che si trovano normalmente nei magazzini di sostanze alimentari, ma che sono anche tra i componenti comuni (soprattutto dove predominano i residui delle sostanze alimentari, come nelle cucine) della polvere della casa. A esse si aggiungano, quali membri costanti di queste comunità, alcune specie di Pyroglyphidae che sono causa primaria di malattie allergiche dell'apparato respiratorio. Anche se già negli anni 1920-1930 si diagnosticavano frequentemente riniti e bronchiti di tipo allergico è soltanto nel 1964 che è stata definitivamente provata .la responsabilità di un acaro Pyroglyphidae, il Dermatophagoides pteronyssinus (Trt.), nella eziologia delle allergie atopiche. Sotto la spinta di questa scoperta sono incrementati da parte degli zoologi gli studi faunistici, sistematici

17 - e biologici sugli acari Pyroglyphidae, parallelamente alle ricerche mediche tese all'individuazione degli allergeni e alla messa a punto di vaccini. Al D. pteronyssinus altri due Pyroglyphidae il D. farinae Hughes e Euroglyphus (E.) maynei (Coor.) si sono aggiunti alla lista degli acari sicuramente responsabili delle allergie respiratorie. Queste tre ,specie sono praticamente cosmopolite e anche in Italia sono assai frequenti nella polvere delle abitazioni, spesso associate fra loro.

D. pteronyssinus è forse nel nostro paese la specie più comune. La femmina misura circa 350 µ, mentre il maschio è più ,piccolo (circa 285 µ). La cuticola dorsale è striata e l'andamento longitudinale delle strie tra le setole dorsali isterosomali è carattere valido per la determinazione della specie, insieme alla forma della borsa copulatrice o spermateca ove vengono raccolti gli spermi e che si apre all'esterno posteriormente all'ano, al limite tra la superficie dorsale e ventrale. L'apertura genitale è invece decisamente ventrale tra le II e III coxe (fig. VIII, 1-5).

Anche D. farinae è molto comune nel nostro Paese, se pure appare più frequente nelle regioni centro-settentrionali. A differenza di D. pteronyssinus è stato sporadicamente raccolto in magazzini di derrate alimentari. È una specie leggermente più grande della precedente, la femmina misura da 360-400 µ e il maschio da 260-360 µ. Fra i caratteri più evidenti per distinguerla dallo pteronyssinus è l'andamento della striatura dorsale, prevadentemente orizzontale tra le setole dorsali e la forma della spermateca simile ad un sacchetto. Inoltre nel maschio di farinae il primo paio di zampe si presenta tipicamente ingrossato (fig. VIII, 4).

Euroglyphus (E.) maynei è la specie più piccola, la femmina non supera i 280 µ. e il maschio i 200. In Italia è stato raccolto molto più frequentemente nel meridione e in Sardegna. Ha un colore più rosato dei due Dermatofagoidi che sono invece bianco--giallastri. Le striature dorsali sono marcate ma più irregolari che nelle specie precedenti (fig. IX) e la spermateca è ben sclerificata e, nei preparati, appare come una pallina dorata. Anche il maynei, come il farinae è stato reperito in magazzini di sostanze alimentari.

La biologia delle tre specie è abbastanza simile. Le femmine che si accoppiano più volte arrivano a deporre fino a 200-300 piccole uova di forma allungata in ragione di uno-tre al giorno. In condizioni normali gli adulti possono vivere anche più di due mesi. Lo stadio adulto viene raggiunto attraverso tre stadi immaturi: larva esapoda, due ninfe ottopode, separati da altrettante mute.

Tutti gli stadi sono attivi, il cibo prima di essere ingerito è triturato dai cheliceri dentati e insalivato. In condizioni ottimali (25°C, 75-85% di umidità relativa) il ciclo può compiersi in media in un mese. In condizioni ambientali sfavorevoli per temperatura e umidità, per scarsità di cibo o sovrappopolamento la protoninfa, ma anche gli altri stadi, possono entrare in una fase di diapausa lunga a volte settimane che ne permette la sopravvivenza. Il ciclo di sviluppo di questi acari infatti, se pur notevolmente rallentato e con fecondità .ridotta, può esser garantito anche a valori assai lontani da quelli considerati ottimali, i punti termici letali infatti si collocano tra +50, +60°C e tra - 15, - 20°C. Molto meno elastico può essere il valore dell'umidità relativa, il cui punto critico è intorno al 70 % . Come in tutti gli Astigmata, anche in queste specie è la cuticola che presiede agli scambi gassosi e alla regolazione dell'equilibrio idrico. Con umidità relative superiori al 70 % gli acari, il cui corpo è costituito quasi per 1'80% di acqua, riescono a guadagnare o sperdere acqua per mantenersi a livello ottimale, ad di sotto di questo valore la perdita d'acqua diviene irreversibile e la riproduzione e la sopravvivenza impossibili.

Acari Piroglifidi possono esser raccolti nella ,polvere di tutta la casa, ma le maggiori concentrazioni si trovano nelle camere da letto

- 20 - dove è più elevata la presenza di detriti della desquamazione umana e soprattutto nella polvere aspirata dai materassi. Difatti proprio tra le trame e le trapunte del tessuto e anche all'.interno del materasso, nelle piccole cavità delle imbottiture, si formano piccoli depositi di polvere dove la temperatura e l'umidità si mantengono costanti e .più favorevoli al loro sviluppo rispetto a quelle di superfici più esposte della casa. La loro presenza nelle nostre abitazioni è quasi inevitabile ed è probabile che i maggiori veicoli di acari da una casa all'altra, indirettamente o direttamente, siano proprio le persone più che l'introduzione di arredi o alimenti infestati. Difatti esemplari di Piroglifidi sono stati reperiti anche fra i tessuti degli abiti. In un ambiente di nuova costruzione occorre circa un anno di insediamento umano perché i campioni di polvere risultino positivi. Caratteristica costante di questi acari è l'enorme fluttuazione delle loro popolazioni nel corso dell'anno. In genere d'inverno, ove il riscaldamento centralizzato rende molto secca l'atmosfera della casa, le loro popolazioni si riducono al minimo, per cominciare a risalire a primavera e raggiungere le, punte massime alla .fine dell'estate e in autunno. Le manifestazioni allergiche delle persone sensibilizzate coincidono o seguono di poco il raggiungimento delle densità maggiori di acari. I fattori allergenici non sono soltanto nei tessuti degli acari e nelle loro spoglie frantumate, ma anche nei loro prodotti di secrezione e di escrezione, come i liquidi delle mute e le piccolissime particelle fecali. È abbastanza comprensibile come tutto ciò possa divenire parte del pulviscolo atmosferico che inaliamo. Bisogna ricordare che per quanto così simili fra loro, ognuno di questi acari, oltre ad un gruppo di antigeni comuni, ne ha altri specifici, tanto è vero che possono esserci persone sensibilizzate a tutte le tre specie, e altre sensibilizzate a una sola di esse. Da ciò si deduce l'importanza per la produzione di materiale diagnostico e di vaccini di partire, cosa tutt'altro che facile, da colture pure.

Per ostacolare il più possibile lo sviluppo dei Piroglifidi e nell'intento di mantenerli possibilmente a una densità inferiore a quella in grado di dare sensibilizzazione, per prima cosa si può cercare di regolare il clima dei locali per temperatura e soprattutto per umidità il più lontano possibile dai loro valori ottimali che purtroppo non sono poi molto lontani da quelli indispensabili per il comfort degli abitanti. Quindi si deve curare l'areazione degli ambienti e prediligere come strumento di pulizia un buon aspirapolvere, aspirando spesso e con particolare attenzione tutti gli arredi del letto. Buona pratica, quando è possibile, è di tenere a lungo materassi e coperte in pieno sole nelle

- 21 - giornate asciutte. È ovvio che l'abolizione di moquettes, tappeti, pesanti tendaggi e la scelta di un arredamento spartano il più possibile, soprattutto nelle camere delle persone allergiche e dei bambini, è sempre consigliabile. A chi è già sensibilizzato si può inoltre suggerire di coprire i materassi nuovi con un foglio di plastica per ritardare la penetrazione nella trama del tessuto della polvere e degli acari e di scegliere modelli più economici possibili per poterli cambiare spesso.Non sembra che la scelta di un tipo o l'altro di imbottitura abbia molta importanza sulla possibilità di insediamento e di sviluppo delle popolazioni di Pyroglyphidae. Recentemente è stato .messo .in commercio uno spray a base di natamycina, un antibiotico che, agendo su alcuni funghi interessati alla trasformazione di sostanze alimentari indispensabili per questi acari, ne impedirebbe indirettamente lo sviluppo. Data però la scarsa persistenza del prodotto, fra l'altro abbastanza costoso, e la facilità con cui i Pyroglyphidae sono in grado di reinfestare un ambiente, non credo che tale prodotto sia più efficace di una buona routine di pulizia e di condizionamento degli ambienti.

RIASSUNTO

Gli Acari che in Italia creano più frequentemente problemi di igiene pubblica sono brevemente

presentati, corredati di essenziali note di sistematica, di biologia e diffusione. In particolare sono

menzionate specie ematofaghe (zecche e alcuni Dermanissidi) spesso in grado di trasmettere

organismi patogeni, specie che pungono occasionalmente l'uomo, causando irritazioni cutanee

(Trombiculidi e Piemotidi), specie parassite (Sarcoptes scabiei e Demodex follicolorum ) e infine

quelle in grado di indurre manifestazioni allergiche cutanee (molti Astigmata delle derrate alimentari)

o respiratorie (Piroglifidi).

BIBLIOGRAFIA

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