Istituto MEME: Leggere oltre la grafia · La grafologia nasce in Francia come disciplina nella...

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Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles LEGGERE OLTRE LA GRAFIA Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche Relatore: Raffaele Dell’Anna Contesto di Project Work: Casa Circondariale di Lecce Tesista Specializzando: Alessandra Abatelillo Anno di corso: Secondo Modena: 16 giugno 2012 Anno Accademico: 2011 - 2012

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Istituto MEME associato a

Université Européenne

Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles

LEGGERE OLTRE LA GRAFIA

Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche

Relatore: Raffaele Dell’Anna Contesto di Project Work: Casa Circondariale di Lecce

Tesista Specializzando: Alessandra Abatelillo

Anno di corso: Secondo

Modena: 16 giugno 2012 Anno Accademico: 2011 - 2012

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ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Alessandra Abatelillo – Scuola di Specializzazione Triennale in Scienze Criminologiche (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012

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Indice dei Contenuti

Introduzione …………………………………………………... pag. 4

CAPITOLO 1

L’iter storico della grafologia

1.1 I principi della grafologia …..…..………………………………

1.2 La grafologia in Francia …..……………………………………

1.3 La grafologia in Germania ….………………………………….

1.4 La grafologia in Italia ……..……………………………………

pag. 5

pag. 6

pag. 9

pag. 10

CAPITOLO 2

L’analisi fisiologica e psicologica della scrittura

2.1 Neurofisiologia del comportamento scrittorio…………………

2.2 Il moto della scrittura: tra passato e futuro, idealismo e

concretezza ……………………………………………………….

2.3 I segni grafici fondamentali………………………………….

2.4 L’interpretazione dello scritto grafico…………..

2.5 Le variazioni della scrittura………………………………….

pag. 12

pag. 14

pag. 17

pag. 21

pag. 28

CAPITOLO 3

Il caso di Leonarda Cianciulli

3.1 La storia della “Saponificatrice di Correggio”………………

3.2 …e il suo profilo psicologico…………………………………

3.3 L’analisi grafologica di Leonarda Cianciulli…………………….

pag. 30

pag. 34

pag. 36

CAPITOLO 4

La perizia grafica come strumento d’indagine

4.1 L’apporto della grafologia nella perizia grafica………………..

4.2 Il metodo d’indagine della perizia grafologica ……………......

pag. 46

pag. 48

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4.3 Il metodo grafologico ed il metodo grafonomico …..…………

4.4 L’abbandono del metodo calligrafico………………………….

4.5 La perizia in ambito civile e penale……………………………

4.6 I limiti nell’attività del perito …………………………….….….

4.7 I documenti a disposizione del perito ………………………....

4.8 Il saggio grafico ………………………………………………..

4.9 La perizia sulla scrittura anonima ……………………………..

pag. 50

pag. 52

pag. 54

pag. 55

pag. 58

pag. 59

pag. 61

Conclusioni ……………………………………………………………..

pag. 64

Bibliografia ……………………………………………………………..

pag. 65

Sitografia ………………………………………………………………..

pag. 66

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INTRODUZIONE

“…segni dritti come aghi pendenti… punti tondi come gocce di rugiada, segni

inclinati come uccelli che prendono il volo, caratteri pesanti come nubi spesse,

leggeri come ali di cicale… fenici che danzano, serpenti che strisciano…”

(Tratto da un trattato cinese di calligrafia della dinastia Tang)

Dallo scarabocchio alla comunicazione scritta si manifesta l’iter del nostro gesto

grafico, un percorso che porta con sé le più intime caratteristiche psicologiche

della personalità di chi scrive.

La prima parte del mio lavoro ripercorre la storia della grafologia, in particolare i

molteplici approcci allo studio della scrittura effettuati in Europa, e l’analisi

fisiologica e psicologica della grafia, al fine di contribuire nel portare alla luce la

personalità attraverso l’interpretazione di uno scritto. La seconda parte esamina

nello specifico la scrittura di Leonarda Cianciulli, la “Saponificatrice di

Correggio”, ricostruendo la sua storia e mettendo in evidenza il profilo

psicologico che emergeva dai suoi scritti; infine tratterò della grafologia in

ambito peritale, soffermandomi sulla perizia grafica come attività d’indagine,

utile in ambito sia civile che penale, e sul metodo utilizzato nonché gli strumenti

di cui il perito dispone affinché si giunga al corretto espletamento della stessa.

“Leggere oltre la grafia” vuole essere dunque una sorta di lente d’ingrandimento

che porta alla luce gli aspetti celati della nostra psiche.

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CAPITOLO 1

L’ITER STORICO DELLA GRAFOLOGIA

1.1 I principi della grafologia

La grafologia è una tecnica collocata nell’ambito delle scienze umane che ha

come oggetto di studio la deduzione di caratteristiche psicologiche di un

individuo attraverso l’analisi della sua grafia.

Il gesto grafico, dall’epoca infantile fino all’età adulta, rappresenta un tratto

distintivo della personalità nei suoi risvolti temperamentali, emotivo-affettivi e

relazionali. E’ un canale tra mente e corpo: questo perché richiede un

coinvolgimento di tutte le strutture cerebrali, grazie al cervello che guida la mano

mediante la trasmissione degli impulsi nervosi.

Gesto Mano CERVELLO Mano Gesto

I centri cerebrali congiungono le loro prerogative per rendere intellegibile la

comunicazione scritta, trasmissibile e riproducibile, capace di evolversi con

l'allenamento culturale. È quindi un’attività complessa a livello neurologico,

partecipe del nostro umore e delle nostre emozioni; attraverso il suo ritmo ed i

suoi slanci e freni si analizza come un’impronta che a noi si rivela, fornendo uno

strumento di indagine su noi stessi.

La metodologia d’indagine parte dal presupposto che la scrittura, superate le fasi

dell’apprendimento, diventa un processo automatico; il gesto grafico viene

quindi interpretato come “gesto espressivo”. Il grafologo conosce il pregio di

questa traccia grafica che attraverso il linguaggio scritto ed il disegno

contribuisce alla formazione dei nostri collegamenti cerebrali, favorisce l’unità e

l’armonia delle nostre capacità superiori, dalla visione alla percezione, alla

lettura fino al compimento gestuale nel suo insieme.

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L’analisi grafologica si basa su due principi fondamentali, il primo dei quali è

l’analogia tra il carattere e la scrittura: quest’ultima, essendo manifestazione

intima dell’uomo, non può che essere in relazione con le sue emozioni e le porta

inevitabilmente in rilievo.

Il grafologo fornisce un importante supporto all’attività svolta dallo psicologo

nel cercare di interpretare le emozioni più profonde dello scrivente in base al tipo

di movimento dell’atto grafico, ne studia il tratto, analizzando la leggerezza o la

pesantezza, la direzione curva o diritta e la nettezza dei bordi. Inoltre egli è

attento a cogliere lo stato di spontaneità o meno del soggetto, il quale spesso

tende a mascherarsi imitando un modello o cercando di fornire una diversa

immagine di sé.

Il secondo principio concerne il simbolismo: i soggetti appartenenti ad una

determinata cultura condividono alcuni simboli fondamentali e la scrittura stessa

proietta simboli collettivi o individuali. Il colore del foglio o il tratto possono

simboleggiare uno stato d’animo ben preciso.

Pertanto la scrittura diventa nostra, unica in base al vissuto esperienziale di

ognuno di noi, intrisa della nostra più profonda singolarità.

1.2 La grafologia in Francia

Esistono diversi approcci alla studio della psicologia della scrittura. Fino a pochi

decenni fa, ogni studioso di grafologia che ha scritto il proprio manuale è

diventato automaticamente caposcuola di un nuovo sistema metodologico; ciò è

dovuto soprattutto dal fatto che la professione di grafologo non è regolamentata

da un albo professionale. Inoltre la grafologia si è sviluppata in modo parallelo e

spesso antitetico rispetto alle discipline psicologiche, motivo per cui non si è

instaurato il meccanismo di validazione e controllo che caratterizza le discipline

scientifiche. Esso prevede la condivisione di un linguaggio comune nonché

l’enunciazione di leggi falsificabili che contengono gli strumenti di replicazione,

in modo che la comunità scientifica possa convalidare o smentire i risultati

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raggiunti.

Pur essendoci molte scuole grafologiche, i differenti approcci confluiscono in tre

principali indirizzi: l’indirizzo francese di Jules Crépieux-Jamin, quello italiano

di Girolamo Moretti ed infine quello tedesco di Ludwig Klages.

La grafologia nasce in Francia come disciplina nella seconda parte

dell’Ottocento: nel 1875 l’abate Jean Hyppolyte Michon (1806-1881) utilizza

tale termine unendo le due parole greche graphé (scrivere) e logos (studio). Egli

pubblica i risultati di molti anni di ricerche fatte sui movimenti individuali della

scrittura ed è con lui che la grafologia comincia a suscitare l’interesse pubblico,

divenendo una scienza ragionata non più occulta che studia il fenomeno umano

dell’espressione grafica.

Il metodo utilizzato permetteva di associare ad un particolare movimento la

rappresentazione di un aspetto del carattere, in particolare l’affermazione che la

mancanza di quel movimento indica la caratteristica opposta.

A seguito dei numerosi lavori di Michon, in fine secolo subentra il grafologo che

si rivelerà il vero caposcuola francese: Jean Crépieux-Jamin.

Egli approda nel 1929 con la sua opera, ABC della Grafologia, nella quale

definisce gli elementi della scrittura che ancora oggi costituiscono i principi base

della scuola grafologica francese.

Crépieux-Jamin (1859-1940) individua circa duecento segni o tratti grafici e li

raggruppa in 7 categorie:

la pressione;

la dimensione;

la forma;

la continuità;

la direzione;

la velocità;

l’impostazione.

Attraverso la pressione il grafologo comprende se la vita affettiva, psichica del

soggetto è arida o ricca, sana o difficile; egli osserva soprattutto la qualità, la

leggerezza, la nettezza dei bordi e la tensione.

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Il grafologo nota anche la grandezza della scrittura, poiché essa può essere

proporzionata alle aspettative del soggetto; inoltre, egli verifica la dimensione per

relazionarla all’autostima nonché l’ineguaglianza della stessa perché è indice di

forte instabilità dei sentimenti.

Studiando la forma, l’esperto indagherà sulla spontaneità della scrittura: chi

scrive può voler affermare i propri valori individuali oppure allinearsi a stereotipi

generalmente diffusi per uniformarsi a valori convenzionali. Il grafologo deve

considerare il rapporto tra l’essere e l’avere, tra l’apparire ed il sentire.

Il grafologo poi, soffermandosi sulla continuità, valuta le interruzioni nel flusso

di scrittura, che possono attestare una maggiore o minore socievolezza,

indipendenza, razionalità e intuitività dello scrivente.

L’esperto analizza dove punta la scrittura: se la direzione è in alto può significare

uno stato di entusiasmo, mentre se in basso può indicarne uno di prostrazione. La

scrittura sinistrogira manifesta egoismo, al contrario di quella destrogira che

indica una partecipazione generosa.

Non è facile per il grafologo stabilire la velocità della scrittura, anche se

generalmente un tracciato stretto, una pressione esagerata o una punteggiatura

esatta la rallentano.

Infine, egli verifica la disposizione della scrittura all’interno del foglio: se essa

appare chiara e leggibile dimostra una certa sicurezza dello scrivente, altrimenti

può significare una sorta di anarchia o di pigrizia.

Un altro elemento che deve essere preso in considerazione dallo specialista è la

firma.

Nel caso in cui essa mostri segni di diversità dal resto della scrittura, vuol dire

che sta emergendo una conflittualità; è importante anche osservare dove è

posizionata la firma, se in alto, al centro o a sinistra, come anche la distanza dal

resto del testo.

Ad ognuno degli elementi grafologici analizzati Crépieux-Jamin attribuisce un

molteplice numero di significati: sua convinzione, infatti, è che il valore di un

dato segno non è fisso ma il suo significato e la sua interpretazione può

fortemente dipendere da altre caratteristiche della scrittura. Ciò implica che

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quest’ultima deve essere studiata come un tutt’uno e non come tanti caratteri

scollegati tra loro.

Sulla base di questa legge fondamentale, egli osserva come anche l’interazione

dei vari segni costituisca l’armonia o la disarmonia dello scritto, concludendo che

“l’armonia della scrittura corrisponde a quella del carattere”. Teoria questa

attualmente condivisa da tutti i grafologi professionisti.

1.3 La grafologia in Germania

La Germania è uno dei paesi in cui la grafologia ha ottenuto maggior

riconoscimento e sviluppo: è stata introdotta in molte università ed in particolare

presso la facoltà di medicina.

Ludwig Klages (1872-1956), filosofo e psicologo, rappresenta il maggior

esponente della grafologia tedesca. Egli sostiene che l’aspetto fondamentale della

scrittura è il ritmo di base del grafismo, inteso come movimento che esprime “la

forma del livello vitale” o “Formniwo”.

Attraverso il ritmo si entra in una concezione dinamica della grafologia, in cui la

scrittura diventa manifestazione espressiva del ritmo della vita. All’interno della

scrittura Klages distingue l’espressione dell’anima, che è liberazione, dalla

rappresentazione dello spirito, che è costrizione, pertanto sempre in opposizione

tra di loro. Nel momento in cui il movimento espressivo dello scritto è prodotto

dalla forza dell’istinto ha un significato positivo, quando invece l’istinto viene

frenato per Klages il segno grafologico assume una connotazione negativa.

Come per gli studiosi francesi, anche per l’autore tedesco il segno grafologico ha

estrema importanza, ma va valutato nel contesto della scrittura: infatti in ogni

singolo tratto grafico vi è tutto l’individuo, ma la scrittura va concepita come

unità idiografica.

Nello scrivere il soggetto proietta sé stesso e la manifestazione si realizza in

forme grafiche diverse, ma sempre rappresentative della sua personalità.

Fondamentale per valutare correttamente la grafia è che l’esperto entri in sintonia

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empatica con il ritmo della scrittura e non si appoggi unicamente alla razionalità.

Un altro aspetto caratteristico della grafologia klagesiana è la sintesi grafologica

del Formniwo, ossia l’individualità e l’originalità personale dello scrivente. Il suo

livello si può osservare nel complesso della scrittura ed in tutte la sue parti:

nell’armonia grafica, nell’equilibrio, nella proporzione e regolarità tra i vari

elementi e nella caratterizzazione delle forme. Dal Formniwo vengono esclusi

tutti quegli elementi che riportano a conformità di modelli scolari, alla banalità.

La spontaneità grafica è un tema molto importante per Klages, e tutt’oggi i suoi

studi assumono notevole rilevanza per il settore peritale.

1.4 La grafologia in Italia

La scuola grafologica italiana si approccia all’analisi della scrittura attraverso tre

momenti:

Il giudizio globale, in cui la grafia viene valutata nel suo insieme per

coglierne a colpo d’occhio la struttura. Ci si riferisce a categorie generali

come l’ordine/disordine, omogeneità/disomogeneità oppure leggibilità /

illeggibilità.

L’analisi, che consiste nella rilevazione dei segni secondo la semiotica

grafologica. Una volta rilevati avviene la quantificazione: il grado di

intensità o di presenza percentuale del segno viene misurato in centesimi o

in decimi. Va comunque precisato che tale misurazione non deve essere

matematica, ma una distinzione tra media, sopra media e sotto media.

La sintesi, ossia la combinazione o aggregazione in sindromi dei diversi

segni, una volta individuati quelli più caratterizzanti e compresa la loro

dinamica, secondo il loro significato psicologico. Effettuate poi le

combinazioni nelle differenti aree psicologiche (capacità cognitive,

funzioni esecutive, gestione degli impulsi e delle emozioni) si effettua il

profilo.

La figura dominante della grafologia italiana s’identifica nel padre

francescano Girolamo Moretti.

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Con metodologia a sé stante dagli altri studiosi del settore, egli classifica 81

specie grafiche dividendole tra segni sostanziali, modificanti e accidentali che

vanno ad indicare le qualità intellettive, affettivo-attive e somatiche.

Da queste ultime scaturiscono i quattro temperamenti morettiani: assalto,

attesa, resistenza e cessione.

Nel Trattato di grafologia, la sua opera più importante, Moretti definisce la

teoria del temperamento e afferma che “dopo d’aver studiato lungamente sui

segni grafologici che sono indici delle qualità positive e negative della psiche

umana, ho veduto che essi hanno una quadruplice direzione. E questa

direzione è la seguente: cessione, resistenza, assalto, attesa. La detta

quadruplice direzione importa quadruplice impostazione della psiche e

quadruplice temperamento umano. Per cui quattro sono le specie del

temperamento, tendenza a cedere, tendenza a resistere, tendenza ad assaltare

e tendenza ad attendere”.

Seguendo il Moretti si perviene effettivamente alla sintesi della personalità di

chi scrive, perché i segni e le loro molteplici combinazioni portano ad

inquadrare ogni grafismo nei tre aspetti fondamentali della pressione, gesto

grafico e gesto fuggitivo.

La prima è il riflesso delle variazioni in tono e ritmo dell’impronta

morfopsicologica dell’individuo; il secondo è la singolare sintesi di un

movimento spontaneo uno ed unico per ciascuno scrivente; il terzo è la

proiezione dei più caratteristici ed automatici atteggiamenti individuali.

Tuttavia Moretti, anche in questi tre aspetti, non scinde l’unità personale

perché li vede interdipendenti e tra loro concatenati.

La grafologia morettina, oltre a dividere i segni grafici in sostanziali,

modificanti e accidentali, evidenzia l’importanza del segno dominante che

definisce le peculiarità del soggetto. Ogni segno può incidere maggiormente

sulla volontà o sull’intelligenza, ma ha comunque un’influenza su tutti gli

aspetti della persona.

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CAPITOLO 2

L’ANALISI FISIOLOGICA E PSICOLOGICA DELLA

SCRITTURA

2.1 Neurofisiologia del comportamento scrittorio

La scrittura non è un prodotto casuale della mano, ma è frutto del cervello in

quanto prodotto di una determinata ereditarietà e “registratore” di un vissuto

unico e personale. Come oggetto di studio della grafologia, la scrittura viene

considerata non tanto nel suo contenuto ma nel suo movimento, sotto

l’aspetto di un comportamento non verbale estremamente individualizzato

che ha il vantaggio di essere osservato anche senza creare disturbo

all’interessato e anche a distanza di luogo e di tempo.

Proprio perché trattasi di un movimento spontaneo e automatizzato, la grafia

individuale è espressiva delle strutture profonde di ogni singolo individuo.

Nella scrittura noi proiettiamo simbolicamente gli archetipi, il modo con cui

esprimiamo e interpretiamo la realtà; il foglio bianco su cui si scrive

rappresenta l’ambiente in cui il soggetto si muove e con cui entra in

interazione.

Il movimento è la prima manifestazione dell’individuo.

Ci sono diversi tipi di movimenti: riflessi o automatici e volontari; il gesto è

un movimento volontario.

La capacità di movimento è resa possibile dai neuroni presenti nella corteccia

cerebrale del lobo frontale, la quale costituisce l’area motoria (detta anche

area motrice primaria) da cui trae origine il sistema piramidale. Quest’ultimo

è un importante sistema di fibre nervose che discendono fino a raggiungere il

tronco dell’encefalo e i vari segmenti del midollo spinale, contraendo rapporti

sinaptici con i motoneuroni delle corna anteriori. La connessione è contro

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laterale, nel senso che le fibre piramidali di ogni emisfero cerebrale

controllano la motricità del lato opposto del corpo (Figura 1).

Figura 1.

Nel destrimane (chi utilizza la mano destra) l’area motrice è situata

nell’emisfero sinistro, mentre nel sinistrorso (chi utilizza la mano sinistra) si

trova nell’emisfero destro. I mancini hanno la dominanza nell’emisfero

destro, di conseguenza l’imposizione della mano destra crea un conflitto di

tipo neurologico che può determinare balbuzie e difficoltà nell’orientamento

spaziale.

L’area motrice controlla tutti i movimenti volontari, tra questi le zone relative

ai movimenti fini della mano quale il comportamento scrittorio.

Il movimento volontario interagisce con il movimento involontario che fa

capo all’area promotrice (area 6) da cui prende avvio il sistema

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extrapiramidale.

Il sistema piramidale e quello extrapiramidale sono strettamente connessi

non solo per la parziale sovrapposizione dei punti corticali di origine delle

rispettive fibre, ma anche per le interazioni funzionali dei sue sistemi.

Per i processi motori sono infine decisive le informazioni sensoriali,

precisamente quelle della sfera propriocettiva (cinestesia e sensibilità) che

permettono un controllo continuo ed accurato dei movimenti. Tali

informazioni, oltre che attraverso la mediazione del cervelletto e delle zone

sensoriali specifiche, convergono anche in modo diretto sui neuroni delle aree

della motricità e quindi operano senza l’intervento di percezioni coscienti.

La scrittura, quando si inizia ad apprenderla nella prima elementare,

scaturisce da un insieme di movimenti intenzionali e consciamente voluti.

Durante il secondo anno di vita scolare inizia ad automatizzarsi, cominciando

ad assumere una forma personalizzata; infatti, pur nel rispetto dei modelli

scrittori, ciascun individuo ha una scrittura diversa da quella di tutte le altre

persone.

Quando la grafia è spontanea e già automatizzata inizia a proiettare le

emotività profonde siano esse positive o negative. Questa proiezione è

possibile soltanto quando i contenuti emotivi della personalità che

scaturiscono dall’automatismo grafico traggono origine dall’attività motoria

derivante dall’interazione dell’area 6 premotrice, situata nel centro corticale

extrapiramidale con le connessioni sottocorticali con i componenti dei nuclei

della base e con il cervelletto.

Il cervelletto ha un’influenza importante su tutti i movimenti del corpo, di

conseguenza anche sul comportamento scrittorio: permette di eseguire tutti i

movimenti con armonia e precisione.

2.2 Il moto della scrittura: tra passato e futuro, idealismo e concretezza

Il gesto grafico dialoga con lo spazio; la scrittura obbedisce agli imperativi di

un modello calligrafico di base, ma subisce anche gli effetti di un simbolismo

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culturale acquisito dal nostro inconscio collettivo.

Il foglio, quindi, assume le caratteristiche dello spazio a nostra disposizione e

la grafia rispecchia in nostro modo di muoversi nello spazio a noi riservato.

Nel foglio ci sono quattro direzioni simboliche nell’ambito delle quali si

manifesta la nostra azione, espressa dal gesto grafico: l’alto, il basso, la

sinistra e la destra (Figura 2).

Figura 2.

ALTO Ideale – Spirito

Aspirazioni – Intelletto ZONA MEDIANA – ZONA DELL’IO

Affettività – Vita quotidiana SINISTRA PASSATO Introversione Passività MADRE

DESTRA FUTURO

Estroversione Attività PADRE

Materia – Istinto – Fisico – Sessualità – Inconscio

BASSO

L’alto è in rapporto con l’ideale, l’immaginazione e, in senso più lato,

l’infinito. Fin dai tempi più remoti, infatti, l’uomo ha posto verso l’alto il suo

ideale di elevazione, di divino, vedendo nel cielo il simbolo massimo dello

spirito (Figura 3).

Figura 3.

L’esempio su riportato riguarda una persona piena di iniziativa e

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intraprendenza, che sa prendere con slancio ciò che la vita le offre guardando

con ottimismo verso il futuro. Nei confronti degli altri si dimostra

accogliente e disponibile; ha forza di volontà e spirito di adattamento. Sa

avere il giusto grado di cautela nell'affrontare le situazioni. Attenta ai

particolari, difficilmente compie errori per mancanza d'attenzione o

considerazione. Dotata di savoir-faire, ha modi educati e sa non far trapelare

i suoi sentimenti. Concreta e capace di valutare con senso della misura; ha

buone attitudini organizzative, anche a lunga prospettiva. Incline all'arte,

soprattutto alla decorazione.

Il basso simboleggia la terra che, al contrario, è qualcosa di concreto, di

stabile e palpabile; rappresenta la materia, la razionalità ed in senso lato

l’oscurità che precede la creazione della vita, quindi l’inconscio e l’istintività

(Figura 4).

Figura 4.

La febbrile attività dell'intelletto è un ribollio interiore che a livello emotivo è

tradotto meno efficacemente e arreca più disagio. L'affettività non è tirata

fuori e vissuta dal soggetto ma repressa e sofferta, trova difficoltà nel

comunicare le emozioni; per quanto spinto alla socievolezza ha poi

diffidenza e ricerca la solitudine. Questa sofferenza affettiva può essere alla

base di un disagio fatto di agitazione interiore e nervosismo. Instaurare un

miglior contatto con un io non valorizzato a pieno su un piano affettivo può

aiutare ad esternare l'emotività trattenuta e abbassare un certo livello di

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frustrazione.

La sinistra rappresenta la zona in relazione con il passato, la madre che ci ha

dato la vita; si riferisce alla nostra infanzia, alle nostre origini.

La destra, per contrapposizione, simboleggia gli altri, il futuro e

l’attaccamento al padre.

2.3 I segni grafici fondamentali

Nello scrivere, le parole possono essere tracciate secondo una linea parallela

ai bordi superiore e inferiore del foglio, con un andamento che tende a salire o

scendere. Si hanno in questi casi righi ascendenti, discendenti o aderenti.

Chi scrive ascendente rivela grande iniziativa, ambizione ed ottimismo; è

spinto a migliorarsi e a modificare in senso positivo la realtà. Se eccessiva,

porta ad un distacco dalla realtà, trasformandosi in invadenza e presunzione.

Al contrario, chi scrive discendente manifesta la tendenza a subire la

pressione ambientale, a sottostare alle richieste degli altri. Tende ad essere un

soggetto pessimista e rinunciatario.

Si mostra disponibile a collaborare con l’ambiente che lo circonda chi scrive

aderente; è fortemente realista, ma risulta essere poco intraprendente e privo

di spirito di iniziativa.

Analizzando poi la grandezza della scrittura, per grandezza si intende

l’aspetto che concerne le dimensioni (larghezza e altezza) di alcune lettere

misurate nel corpo della parola: a-o-d-g-q.

Quando la larghezza e l’altezza dell’occhiello sono proporzionate si ha il

segno larga di lettere, ed essa indica intelligenza profonda e razionale,

capacità di elaborare le idee nonché concentrazione mentale e profondità nei

sentimenti (Figura 5).

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Figura 5.

Se l’altezza è superiore alla larghezza si è di fronte ad una stretta di lettere: è

indice di intelligenza intuitiva acuta ma istintiva e superficiale, con scarsa

propensione all’approfondimento, facilità ad annoiarsi, bisogno di stimoli e

sensazioni intense (Figura 6).

Figura 6.

Se invece l’altezza è inferiore alla larghezza, si ha il segno dilatata, che

indica introversione caratteriale e tendenza a fantasticherie.

La scrittura poi può essere piccola o grande: la sua altezza oscilla da un

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minimo di 8 deci-millimetri (dmm) ad un massimo di 120 dmm.

La scrittura piccola indica capacità di osservazione e attenzione intensa come

anche una facile memorizzazione dei particolari; se troppo piccola, però,

diventa sintomatica proiezione di un complesso di inferiorità dovuto alla

sensazione di essere un soggetto di minor diritto.

La scrittura grande denota incapacità di osservare il dettaglio, la tendenza a

valutare globalmente le situazioni ma anche una forte dipendenza dal giudizio

e dalle critica dell’ambiente.

Proietta instabilità emotiva con conseguenti stati d’animo alterni la scrittura

fluttuante (Figura 7): comporta oscillazione tra senso di sicurezza e

depressione, è anche indice di predisposizione all’interpretazione musicale e

teatrale.

Figura 7.

Infine la scrittura gladiolata presenta un progressivo rimpicciolimento della

parola; trattasi di un segno raro che rivela una tendenza alla depressione

(Figura 8).

Figura 8.

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Figura 9.

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2.4 L’interpretazione dello scritto grafico

Come già in precedenza sostenuto, la grafologia contribuisce a portare in

evidenza gli aspetti della psiche individuale, mettendo a fuoco le diverse

problematiche personali o di relazione.

Con riferimento all’ambito penale, il termine “reo” si riferisce a colui che ha

commesso un reato violando una norma penale. Trattasi di un ambito su cui

l’indagine grafologica si è interrogata per fornire un ausilio integrativo allo

studio del rapporto tra comportamento messo in atto e struttura di personalità,

esaminato nella prospettiva interpretativa morettiana.

I presupposti teorici che sottendono al lavoro di presentazione dei singoli casi

risultano ridotti al minimo:

un qualsiasi reato difficilmente può essere direttamente imputato ad una

personalità tipo, in quanto è stata riconosciuta l’esistenza di un elevato

numero di fattori che possono condurre ad un comportamento trasgressivo

anche la persona ritenuta moralmente e socialmente irreprensibile;

nello stesso tempo, è altrettanto condivisibile che esistono molti reati la

cui esecuzione richiede necessariamente alcune caratteristiche di

personalità; ad esempio, una truffa ad alto livello difficilmente potrà

essere attuata senza un adeguato potenziale intellettivo e un adeguato

livello di spontaneità operativa.

La psiche umana è così complessa, per cui si registrano casi in cui una persona,

caratterizzata da un minimo di consapevolezza introspettiva, comprendendo che

non sarà in grado di superare i suoi limiti di personalità intrinseci che ostacolano

il compimento di un’impresa delittuosa, cerca di manipolare questi limiti con

diverse strategie: psicologiche, quando ad esempio l’odio deve essere coltivato a

lungo per poter produrre una sufficiente reazione aggressiva; farmacologiche

quando per compiere un determinato omicidio è necessario ricorrere

all’assunzione di alcool o stupefacenti.

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Il contributo grafologico offerto nella problematica dello studio della personalità

di chi ha violato particolari norme penali viene condotto tramite la presentazione

di un breve profilo biografico ed una verifica condotta sulla scrittura, per

appurare se sia rintracciabile o meno un rapporto non tanto casuale ma di

attrazione tematica.

Come evidenziato da certi casi famosi di cronaca nera, è anche necessario saper

riconoscere quando la struttura di personalità di base non rende a pieno il

rapporto tra quanto fatto e quanto si è: specialmente nel caso di soggetti molto

giovani, si registra lo sgomento tra ciò che si è fatto e ciò che si è, nonché

l’impossibilità di rendere ragione di quanto accaduto.

Anne Rule, una ex poliziotta studiosa di psicologia e autrice di cinque libri sui

criminali pluriomicidi ha avuto modo di dare un’occhiata alla personalità di uno

di loro quando, per una spaventosa coincidenza, si è trovata a lavorare per

qualche tempo nello stesso ufficio con Ted Bundy (in seguito condannato per una

serie di omicidi, alcuni dei quali commessi proprio in quel periodo). I criminali

psicopatici riescono ad ingannare anche gli esperti; ha raccontato la Rule: “Ted

era un tale manipolatore che non si sapeva mai se fingeva o no… La personalità

antisociale sembra sempre sincera, la facciata è assolutamente perfetta. Credevo

di sapere dove guardare, ma quando lavoravo con Ted non ho notato nemmeno

un segnale che lo tradisse in qualche modo”.

Tuttavia guardando la scrittura, qualche cosa di strano nel profilo soggettivo di

Ted Bundy si intuisce a prima vista.

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Figura 10.

Nella Figura 10 la presenza dei segni Fluida e Attaccata, uniti all’assenza di

larghezza tra parole, conferma la spontaneità del movimento di relazione messo

in atto, al punto che possiamo attribuire alla scrittura qualche grado di Angoli C.

Ciò che appare, invece, come significativo segnale di allarme è tutto ciò che

riguarda la zona inferiore, normalmente riferita alla parte istintuale, caratterizzata

da una vistosa dilatazione degli allunghi relativi alle lettere g-p-f. Il fenomeno è

interpretabile come una forma di accumulo di fantasie, anche sessuali, che

rigonfiano la mente, rendendo difficile il loro controllo.

Figura 11.

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Abbiamo poi dei vistosi ricci dell’ammanieramento preventivo, rigidi, che

originano dalla zona inferiore, assimilabili ai ricci tipici della mitomania, che

confermano la forza delle sue idee fisse (Figura 11).

Sulla base della sola scrittura, non si può di certo prevedere che siamo di fronte

ad un serial killer di tale portata: Ted Bundy (1946-1989) confessò di essere

l’autore di 26 omicidi a sfondo sessuale di giovani donne. Ma con ogni evidenza

sul piano grafologico emerge un anomalo, eccessivo radicamento nella zona che

simboleggia l’istinto nonché la presenza di fissazioni e fantasie che la sua

struttura di personalità era incapace di contenere.

I segni grafologici morettiani consentono, infatti, di dedurre le seguenti

caratteristiche di personalità:

1. il movimento estroversivo o introversivo del sentimento:

Curva/Angolosa

Segni grafologici interessati:

o Curva: estroversione, altruismo, cessione

o Profusa: espansione

o Apertura a capo delle A-O: intenerimento sessuale

o Angoli A: reattività, risentimento, emulazione

o Angoli B : tenacia o resistenza nell’attaccamento

o Angoli C. scaltrezza, discriminazione, arte del savoir-faire

o Acuta: acutezza, contraddizione

o Secca: avarizia intellettiva, morale e materiale

o Accartocciata: diffidenza

o Lettere addossate: apprensione

2. la quantità intellettiva: le larghezze in scrittura

Segni grafologici interessati:

o Larga di lettere: potenziale apertura dell’intelligenza

o Larga tra lettere:giudizio oggettivo, tirchio o generoso

o Larga tra parole: ragionamento, giudizio, critica

3. le capacità inventive

Segni grafologici interessati:

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o Disuguale metodicamente: originalità, tendenze inventive

o Disordinata: disordine, arruffamento di idee e di azioni

o Uguale: riproduzione

o Pedante: pedanteria

4. l’energia psicofisica: la pressione grafica

Segni grafologici interessati:

o Grossa: rudezza, forza fisica

o Filiforme: delicatezza di sentimento

o Fine: raffinatezza di sentimento

o Intozzata I modo: forza di inibizione, indipendenza, tendenza a

imporsi, prepotenza

o Intozzata II modo: impressionabilità, emotività

5. la percezione della realtà in rapporto al sentimento dell’Io: il calibro

grafico

Segni grafologici interessati:

o Calibro medio:disposizione alle proporzioni

o Calibro grande: disposizione alla esagerazione

o Spavalda: megalomania

o Calibro piccolo: accentuazione della facoltà di osservazione dei

particolari

o Minuta: raffinatezza di osservazioni

o Minuziosa: minuziosità

6. specifiche modalità di canalizzazione ed espressione delle energie

psichiche (ritmo grafico)

Segni grafologici interessati:

o Fluida: spontaneità

o Stentata: stentatezza di determinazione

o Calma: calma

o Lenta: lentezza

o Slanciata: avventatezza

o Scattante:impulsività

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o Dinamica: azione continua

o Recisa: recisione

o Veloce: velocità

o Impaziente: impazienza, irrequietezza

o Austera: austerità

o Ardita: arditezza

o Titubante: timidezza

o Tentennante:indecisione

o Ponderata: ponderazione

o Spadiforme: affievolimento

o Solenne: pomposità, prosopopea

7. qualità e intensità del rapporto affettivo: l’inclinazione grafica

Segni grafologici interessati:

o Pendente: affettività di abbandono

o Dritta: sostenutezza

o Rovesciata: stranezza

o Aste rette: inflessibilità

o Aste con il concavo a destra: remissività

o Aste con il concavo a sinistra: repulsione

8. capacità insinuative e immedesimative del sentimento dell’Io: la

direzione assiale

Segni grafologici interessati:

o Sinuosa: dolcezza insinuativa

o Contorta: controllo

o Parallela: unilateralità

o Flessuosa: tergiversare insincero

9. tenuta psichica individuale: il rapporto con il rigo di base

Segni grafologici interessati:

o Mantiene il rigo: fermezza

o Ascendente: ardore, tendenza a perfezionarsi, presunzione

o Discendente: debolezza, tendenza a scoraggiarsi, a cedere

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o Piantata sul rigo: serietà cosciente

10. la continuità o la frammentazione del movimento interiore: i

legamenti

Segni grafologici interessati:

o Attaccata: continuità

o Staccata: analisi particolareggiata

o Legata: logica intuitiva

11. chiarezza e precisione nella percezione esteriore della realtà

Segni grafologici interessati:

o Chiara: chiarezza di apprendimento e di comunicativa

o Nitida: nitidezza, distinzione

o Accurata: precisione esteriore

o Elegante: arte della prospettiva

o Levigata: proprietà affettata

o Oscura: nebulosità

o Confusa: confusione

o Sciatta: tendenza a noncuranza

o Parca: sobrietà, laconicità

12. il gesto fuggitivo

Segni grafologici interessati:

o Ricci dell’ammanieramento: ipocrisia

o Ricci della confusione: confusione, stravaganza

o Ricci della flemma: flemma nel pensiero e nelle azioni

o Ricci della mitomania: tendenza alla fissazione sopra un’idea

o Ricci del nascondimento: occultamento dell’io

o Ricci della sobrietà: sobrietà

o Ricci del soggettivismo: soggettività

o Ricci della spavalderia: spavalderia

Il metodo morettiano si basa sul riconoscimento degli apporti energetici dei

singoli segni grafologici e sul gioco di interazione che avviene tra gli stessi, al

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fine di riconoscere le tendenze che reciprocamente si rafforzano e si completano.

La personalità è la risultante complessa di un temperamento dominante che

contiene delle “aperture”, cioè delle presenze segniche diverse dal nucleo

convergente di base; queste ultime possono essere vissute dall’Io anche come

contraddizioni interiori perché originate dall’interferenza dei segni non

appartenenti al temperamento dominante.

La bellezza di una personalità è data dal gioco armonico delle singole

componenti che si strutturano intorno ad un nucleo centrale convergente,

arricchito però da presenze diverse da esso che rendono tale personalità meno

scontata e prevedibile. Tuttavia, esistono scritture in cui si nota che un singolo

segno domina talmente la grafia da risultare prevaricatore all’interno della

personalità e che attira a sé segni di squilibrio. La risultante grafica è una

scrittura che trasmette immediatamente la sofferenza dovuta allo squilibrio di

quell’unico segno: qualcosa nella vita psichica del soggetto è del tutto fuori

controllo, si è perso il gioco dell’equilibrio, ed egli lo sta segnalando in modo

inequivocabile.

2.5 Le variazioni della scrittura

La scrittura è soggetta a diverse modificazioni: esse possono dipendere da fattori

naturali extragrafici, fisiologici, dinamici ed emotivi (ad esempio il mancinismo)

oppure intenzionali come l’imitazione e la dissimulazione.

Queste due ultime variazioni comportano un controllo cosciente da parte del

soggetto che scrive, una forzatura che gli permette di uscire dal proprio ruolo per

non farsi riconoscere nella dissimulazione, per imitare la grafia di un’altra

persona nell’imitazione.

Più nello specifico la dissimulazione consiste nella variazione volontaria e

controllata della pendenza, della forma (piuttosto infantile), della pressione e

dell’ampiezza che viene fortemente accentuata.

L’imitazione, invece, può essere per trasparenza (diretta, ad es. al vetro o

indiretta con ripasso successivo), lenta o pedissequa (si ottiene nel copiare

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guardando una scrittura), a mano libera (studio del modello e lungo allenamento),

con fotocopiatrici o con sistemi computerizzati (plotter). Un chiaro esempio di

imitazione sono le firme contestate sugli assegni.

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CAPITOLO 3

IL CASO DI LEONARDA CIANCIULLI

3.1 La storia della “Saponificatrice di Correggio”…

Leonarda Cianciulli nacque a Montella nel 1893 in seguito ad una violenza

carnale subita dalla madre, Emilia Di Nolfi. Quest’ultima fu costretta a sposare il

suo violentatore e, per tali ragioni, finì per odiare profondamente quella creatura

incolpevole anche dopo aver divorziato ed essersi risposata con Mariano

Cianciulli, dando alla luce altri figli.

Segnata da un’infanzia infelice, Leonarda nel 1914 sposò Raffaele Pansardi,

impiegato dell’ufficio del registro, e con lui si trasferì nell’Alta Irpinia,

precisamente a Lariano.

Nel 1930 il terremoto del Vulture distrusse la loro abitazione, costringendo gli

sposi a trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia.

Leonarda ebbe 17 gravidanze con tre parti prematuri e dieci figli che morirono in

tenera età; i quattro figli sopravvissuti (tre maschi e una femmina) erano per lei

un bene prezioso da difendere a qualsiasi prezzo, soprattutto quando ricordava

che molti anni prima una zingara le predisse un amaro destino: “Ti mariterai,

avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”, premonizione questa che

trovava riscontro ogni volta che la madre le appariva in sogno.

Sposando il Pansardi, infatti, Leonarda si era opposta alla volontà della madre

che l’aveva promessa in sposa ad un cugino, e tale atto le costò una maledizione

da parte della genitrice, ossia che i suoi figli sarebbero morti tutti prima di lei.

Un’altra zingara poi le disse: ”Vedo nella tua mano destra il carcere, nella sinistra

il manicomio”.

Dopo anni di vissuto più o meno tranquillo, la Cianciulli sognò nuovamente la

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madre e quell’apparizione la terrorizzò, in quanto i suoi amati figli Giuseppe e

Bernardo erano in pericolo. Incombendo infatti sull’Europa la seconda guerra

mondiale, la donna temeva che loro fossero richiamati sotto le armi.

Come la stessa scrive “una lettera del mio Bernardo diceva che fra non molto

sarebbe partito per il fronte. Mi scriveva ciò con una gioia grandissima, con un

entusiasmo da perfetto giovane fascista e figlio di anima di Mussolini”; da qui la

tragedia ebbe inizio.

Nella donna cominciarono a farsi strada pensieri così tanto tormentati da portarla

ad offrire a Gesù delle anime innocenti in cambio della vita dei propri figli.

Leonarda frequentava tre amiche non giovani, tutte sole che avrebbero con

piacere cambiato l’esistenza per sfuggire alla noia ed alla solitudine del piccolo

paese; così si rivolsero alla Cianciulli che aspettava il momento giusto per agire.

La prima a cadere nella sua rete fu l’amica più anziana, Faustina Setti detta

“Rabitti”, che venne attirata con la promessa di averle trovato un marito residente

a Pola. Leonarda convinse la donna a non parlare di questa novità con nessuno.

Prima della partenza Faustina andò a salutare Leonarda che le fece scrivere

alcune lettere e cartoline da spedire a parenti e amici una volta trasferita a Pola,

annunciando che tutto procedeva per il meglio. Ma lì la Setti non giunse mai: la

mattina stessa fu uccisa a colpi di scure dalla Cianciulli, la quale poi trascinò il

corpo in uno stanzino e procedette a sezionarlo in nove parti, raccogliendo il

sangue in un catino. Poi, come dal suo memoriale: “Gettai i pezzi nella pentola,

aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comprato per fare il

sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia

scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino

pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci

seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e

uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità

di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne

mangiammo anche Giuseppe e io. Avevo commesso questo delitto per mio figlio

Bernardo che doveva partire, perciò a lui e in diverse volte li feci mangiare”.

Alla seconda vittima, Francesca Soavi, la Cianciulli aveva promesso un lavoro

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nel collegio femminile di Piacenza. Francesca la mattina del 5 settembre 1940 si

recò a salutarla prima di partire. Leonarda le fece scrivere due cartoline per

annunciare ai conoscenti la partenza senza però rivelare la sua destinazione. Ecco

che Leonarda si avventò con ferocia sulla donna e ripeté lo scempio.

La terza e ultima vittima si chiamava Virginia Cacioppo ed era un’ex cantante

lirica di 53 anni, costretta a vivere in miseria e prigioniera della nostalgia per il

suo passato da artista.

La Cianciulli le propose di lavorare a Firenze come segretaria di un misterioso

impresario teatrale, pregandola sempre di non farne parola con nessuno. Ancora

una volta lo scempio: “Finì nel pentolone come le altre due. La sua carne era

grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una

lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in

omaggio a vicine e conoscenti. Anche i pasticcini furono migliori del solito:

quella donna era veramente dolce”.

La cognata della Cacioppo, insospettita dall’improvvisa sparizione della donna,

vista entrare in casa di Leonarda, denunciò la scomparsa al Questore di Reggio

Emilia; seguendo i numerosi indizi lasciati dall’omicida, egli arrivò alla

“Saponificatrice”.

Durante i primi e frequenti interrogatori la Cianciulli negò tutto, presentando

addirittura querele per diffamazione contro coloro i quali lanciarono sospetti nei

suoi confronti, minacciando altresì le persone chiamate dall’autorità a rendere

testimonianza. Per tali motivi, in data 1 marzo 1941 la Questura procedette al

fermo della donna.

Ma la vera svolta si ebbe con le indagini patrimoniali effettuate presso gli istituti

di credito di Reggio Emilia, al fine di rintracciare i titoli di Stato di cui era in

possesso la Cacioppo. Qui entra in scena il parroco della chiesa di San Giorgio in

Correggio, don Antelmo Frattini, fermato dai carabinieri mentre tentava di

vendere dei buoni del tesoro, tra i quali un certificato che risultava di proprietà

della vittima. Una volta arrestato con l’accusa di favoreggiamento e ricettazione,

egli dichiarò di aver ricevuto il titolo da un certo Abelardo Spinabelli, il

cascinaro amante della Cianciulli. Spinabelli, interrogato ammise di aver messo

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nella cassetta dell’elemosina della chiesa i gioielli della cantante lirica e delle

altre donne assassinate, nascosti in un mattone cavo, il tutto in seguito alla

richiesta della Cianciulli.

Anche la casa della “Saponificatrice” fu perquisita e furono scoperte cose

agghiaccianti: nel pozzo nero della casa furono ritrovati una dentiera e numerosi

resti di ossa umane. A tal punto la donna confessò i tre omicidi e ne raccontò i

dettagli. In un primo momento dichiarò di essere stata aiutata dallo Spinabelli,

esperto macellaio, che le avrebbe velocemente fatte a pezzi lasciando a lei il

compito di farli bollire nei pentoloni. Egli, infatti, venne arrestato ma insieme a

lui e al parroco anche Giuseppe, l’adorato figlio di Leonarda, con l’accusa di

favoreggiamento aggravato dalla complicità.

Alla notizia che il suo adorato figlio fosse coinvolto nell’indagine, la Cianciulli

impazzì di rabbia e ritrattò le dichiarazioni rese fino a quel momento per

scagionare Giuseppe. Ella chiese un colloquio straordinario con il giudice, nel

corso del quale affermò di essere l’unica artefice degli assassini senza aver avuto

complici; dichiarò di aver agito da sola e che sia il parroco che il cascinaro

avevano rivestito ruoli marginali.

Ma il suo racconto non convinse subito gli inquirenti. Nel corso dell’istruttoria

però, in un’aula attrezzata per l’occasione ed al cospetto di magistrati e avvocati

stupefatti, ella sfidò la Corte dando prova di come da sola sezionava i corpi e li

metteva nella soda caustica, il tutto in soli 12 minuti.

Il parroco e il suo amante Spinabelli furono così condannati solo per ricettazione,

mentre il figlio Giuseppe venne assolto per insufficienza di prove.

Il 20 luglio 1946 la Corte di Assise di Reggio Emilia la dichiarò colpevole di

triplice omicidio continuato aggravato dall’aver commesso il fatto per conseguire

o per assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto del reato, di triplice

distruzione di cadavere mediante saponificazione, di rapina continuata e

aggravata, in danno di Setti Faustina, Soavi Francesca e Cacioppo Virginia,

nonché di furto aggravato e di calunnia. Pertanto l’imputata venne condannata

alla pena complessiva di anni trenta di reclusione oltre alla multa di lire 15.000

con gli accessori di legge, alle spese processuali comprese quelle per il

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mantenimento in carcere e al risarcimento dei danni per le parti civili costituite,

riconoscendole l’attenuante della semi-infermità mentale.

La Corte di Assise ordinò anche il ricovero in una casa di cura per un periodo

non inferiore a tre anni, con l’avvertenza che tale ricovero fosse eseguito prima

dell’esecuzione della pena detentiva.

Di fatto Leonarda Cianciulli non andò mai in carcere: morì il 15 ottobre 1970

nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Pozzuoli per apoplessia cerebrale e fu

sepolta in una fossa comune del cimitero del medesimo paese campano.

3.2 …e il suo profilo psicologico

“La mamma mi odiava perché non aveva desiderato la mia nascita. Ero una

bambina infelice e desideravo morire. Cercai due volte di impiccarmi, una volta

arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece

capire che le dispiaceva di rivedermi viva…”.

Queste parole, tratte dal memoriale della Cianciulli, sono utili al fine di delineare

la sua personalità ed il contesto in cui la stessa ha vissuto.

Il rapporto madre-figlia è una delle relazioni più complesse che rimarrà centrale

per entrambe le donne nel corso della loro esistenza e diventerà fondamentale per

ogni rapporto che la figlia instaurerà nel suo futuro.

I soggetti che hanno sperimentato carenze affettive con i genitori possono

manifestare problemi nell’esprimere e nel controllare le proprie emozioni,

risultando più fragili e vulnerabili; alcune ricerche hanno dimostrato lo sviluppo

di un attaccamento insicuro, una minore capacità di espressione emotiva oltre che

ad una maggiore vulnerabilità ai traumi.

Tale vulnerabilità è ben visibile nelle parole di Leonarda Cianciulli inerenti al

ricordo della morte del padre, avvenuta quando lei aveva appena tredici anni: “Il

colpo l’aveva trafitta fino all’anima…la sua perdita le aveva causato

un’eccitabilità quasi morbosa che dava da pensare alla madre e alle sorelle.

Aveva pallori di giglio e i nervi erano così estremamente acutizzati che un

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movimento brusco, un tonfo, un rumore un po’ più forte la sconvolgevano tutta”.

Dalla personalità della saponificatrice emerge la particolare insistenza con la

quale ripeteva gesti, nonché la solennità eccezionale che attribuiva ad oggetti

banali o a persone, che le servivano per tracciare una strategia illusoria di

potenziamento personale. Il pensiero magico, infatti, espande la grandezza

dell’Io attribuendogli una potenza ed un’efficacia sovrumana attraverso la

semplice ripetizione di un gesto.

Per sfuggire a vissuti di instabilità e di incertezze, Leonarda Cianciulli proiettava

sul mondo esterno un mondo interno animato da forze che temeva di non poter

altrimenti controllare e contenere: la sua vita, infatti, è stata sempre connotata

dalla spasmodica ricerca della c.d. omeostasi narcisistica, ossia una forma di

equilibrio tra il perseguimento mai del tutto raggiunto di una sensazione di quiete

e armonia ed il persistere di un senso di inferiorità che traspare nella continua

esigenza di soddisfare l’immagine grandiosa ed esibizionistica di sé.

Le persone diventavano così oggetti da dominare, sprovvisti di carattere,

peculiarità e comportamenti specifici, dal cui rapporto poteva ottenere un piacere

immediato. I comportamenti da lei attuati corrispondevano al tipo “libidinale

narcisistico”, ovvero un individuo indipendente, non facile da intimorire e capace

di assumere il ruolo di leader.

Un altro passaggio importante per comprendere al meglio la struttura psicologica

della Cianciulli è il seguente passo, tratto sempre dal suo memoriale: “Mia madre

mi chiamava Norina, il mio caro defunto padre mi chiamava Nardina, quindi

Norina era il diminutivo di Elenonora, Nardina di Leonarda. Perciò potevo

benissimo avere due personalità… La Norina era la moglie di Raffaele Pensardi,

quella che doveva agire. La Nardina era la madre che tanto doveva soffrire e non

potendo nulla fare, si affidava a Norina perché questa agisse”.

Percepire lo svolgimento simultaneo di più esistenze può rendere più

sopportabile il peso della realtà.

Leonarda era molto attenta alla presentazione che faceva di sé stessa, ponendo

l’accento sulle doti di generosità e altruismo con estrema scrupolosità che, a suo

dire, contraddistinguevano la sua personalità. Non esitava ad esaltare la sua

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vocazione di sposa e madre coraggiosa.

Gli studi attuali consentono di sostenere che la saponificatrice presentasse un

disturbo istrionico della personalità: esso è caratterizzato da un’emotività

eccessiva e dalla continua ricerca di attenzione. Gli individui che ne sono affetti,

infatti, si sentono a disagio quando non sono al centro della scena, percependo

l’approvazione degli altri come unica ancora di salvezza; di conseguenza si

preoccupano eccessivamente di essere fisicamente attraenti, dedicando molto

tempo alle cure personali.

Inizialmente tali soggetti affascinano le nuove conoscenze proprio per il loro

entusiasmo e la loro apertura: quando però la relazione continua, queste qualità

tendono ad indebolirsi ed essi diventano esigenti e bisognosi di continue

attenzioni e rassicurazioni. Nei loro tentativi di ottenere l’approvazione e

l’accettazione degli altri ricorrono anche ad approcci indiretti, come la

manipolazione, le coercizioni, fino ad arrivare alle minacce di suicidio.

3.3 L’analisi grafologica di Leonarda Cianciulli

Osservando gli scritti della Cianciulli si nota una grafia non piacevole all’occhio,

piuttosto disordinata, non armoniosa né aggraziata; ciò che colpisce è in

particolare l’assenza di margini, destro, sinistro, superiore e inferiore (Figura

12), caratteristica che esprime l’invadenza dell’Io dello scrivente e la difficoltà

nel riconoscere lo spazio altrui. Non appare uno spiccato senso di responsabilità,

anche perché invadendo tutti gli spazi a sua disposizione, è come se per lei

esistessero solo i suoi problemi.

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Figura 12.

La scrittura in esame è caratterizzata dai segni grafologici “non omogenea” e

“disordinata”.

Il primo segno indica l’opposto della regolarità, della stabilità e quindi la scarsa

differenziazione e organizzazione della personalità; le indicazioni generiche sono

quelle dell’instabilità, della variabilità del modo di essere, di volere e di

atteggiarsi. Pertanto è sinonimo di mancanza di equilibrio psichico e di un ego

frammentato che si è sviluppato a causa di esperienze traumatizzanti vissute

durante l’infanzia e di riferimenti genitoriali vacanti.

Per quanto riguarda invece il segno “disordinata” è ben visibile dagli impulsi

incontrollati del ritmo che alternano l’armonia delle proporzioni, dalle larghezze

e dalle ampiezze, nonché dall’incoerenza della direzione delle righe.

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Nello specifico, il variare dell’intensità della pressione all’interno di intere parole

o gruppi di parole è indice di stati d’ansia accentuati e scariche di energia fuori

controllo: l’intensità della pressione grafica proviene dalla sfera vitale e, quindi,

risulta una manifestazione delle forze istintuali e non della volontà cosciente

dello scrivente.

La non omogeneità del calibro (cioè il vistoso variare dell’altezza per intere

parole nel testo scritto) significa totale esaltazione, cadute di tono per lo

scatenarsi di emozioni che alterano l’equilibrio dell’umore generando stati di

esaltazione e successiva depressione. Più cresce il calibro, più prende corpo la

tendenza ad esaltarsi fino all’euforia e al fanatismo; al contrario il progressivo

decrescere di esso è sinonimo di assenza di un equilibrio affettivo mentale ed

esistenziale, di delusione e di scontento, ma anche di un soggetto che è

influenzato dal suggestivo e da ciò che piace ed incanta. Prevale, quindi, il

pensiero magico su quello logico-critico: come non ricordare la grande

suggestionabilità della Cianciulli di fronte a zingare e chiromanti, a cui più volte

si è rivolta.

Secondo la psicologia, nell’età adulta la prevalenza del pensiero magico

rappresenta il tentativo di fuggire dai propri conflitti interiori e dall’angoscia che

opprime; tutto ciò è collegato ad un vissuto sofferente, una forte conflittualità

interiore ed un profondo turbamento nell’animo e nella mente della persona.

Quanto detto finora si va ad integrare con l’occupazione di tutto il campo grafico,

ed ecco che emerge una personalità che non conosce mezze misure e che non

riflette abbastanza. Da qui il segno morettiano “attaccata” che rafforza gli

atteggiamenti tipici dei segni del disordine, dell’impulsività come anche

dell’aggressività.

Analizziamo ora la triplice larghezza, ovvero il largo di lettere, il largo tra lettere

ed il largo tra parole.

Il primo segno mette in evidenza l’attività percettiva del campo di conoscenza, a

cui corrisponde una visione della realtà; il secondo attribuisce la generosità

affettiva, l’entusiasmo e il grado di adattamento e socializzazione che

contraddistinguono la persona; infine il terzo esprime la tendenza critica, ossia il

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ragionare e vagliare tutto.

Nella scrittura della Cianciulli, quest’ultima componente è indice di strettezza, di

un soggetto che nel pensare, sentire e volere segue gli impulsi spontanei dei

sentimenti, delle emozioni e delle intuizioni. Esso corrisponde al lasso di tempo

esigito dalle funzioni critico-dissuasive per vagliare ogni parola da accettare o

rifiutare lungo il flusso associativo della comunicazione scritta del pensiero.

Psicologicamente la presenza di questo vaglio critico nell’atto di scrivere

corrisponde all’habitus attitudinale che ha un soggetto di vagliare criticamente

tutti i propri progetti, atti, decisioni, comportamenti pratici, relazionali e perfino

teorici. Applicando questi concetti alla grafia della Cianciulli, ci troviamo a

delineare i tratti di un soggetto che preferisce affidarsi all’ovvio della sua logica

nell’emettere i propri giudizi.

Se si definisce il giudizio come il verdetto che la mente è in grado di esprimere

tra una rappresentazione o proposta che giunge alle facoltà conoscitive e la bontà,

obiettività che di essa si predicano, si può affermare che non tutte le menti

possiedono qualità congeniali a fare ciò e questo è il caso della Saponificatrice,

in quanto menomata da idee preconcette e distorte, da disordine e confusione. I

giudizi finali emessi dalla stessa non sono obiettivi e distaccati perché influenzati

negativamente dal suo animo esaltato e dalla sua affettività altamente

suggestionabile.

La non omogeneità della triplice larghezza evidenzia pertanto una precarietà

dell’equilibrio psichico affettivo, mentale e comportamentale; il soggetto ha

scarso potere discriminativo del giusto e non giusto.

La contemporanea presenza del disordine e della non omogeneità rivela, inoltre,

l’incoerenza affettiva e mentale, la coscienza che non sa né capire né gestire i

problemi dell’inconscio, un pensiero privo di linearità, coerenza e metodo.

Possono derivarne rischi patologici causati da eccessi di cessione che inducono il

soggetto ad abbandonarsi ai primi miti istintuali senza orientare in modo

cosciente il sentire ed il volere.

Un’altra caratteristica è data dal segno pendente rilevabile dal fatto che le lettere

sono costantemente inclinate verso destra: secondo Moretti ciò indica “scaltrezza

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con ritrovati efficaci al raggiungimento dello scopo che il soggetto si prefigge;

altre di attirare, di tendere il laccio moralmente per predare”.

Dal punto di vista della forma i suoi manoscritti non hanno lo stesso livello di

cura grafica dall’inizio alla fine di una stessa pagina, anche se la scrivente cerca

di abbellire il suo prodotto con tratti letterali in chiave estetica (Figura 13).

Figura 13.

Appare utile soffermarsi sul segno dei “ricci dell’ammanieramento”, il quale si

riconduce al manierismo dei soggetti che ricorrono a modi leziosi ed artificiosi

per simulare ed ingannare il prossimo. Essi, però, non sono gli unici ricci presenti

nella scrittura in esame: si notano i ricci della spavalderia, mitomania e sciatteria.

La spavalderia è sinonimo di superficialità, vanità e spregiudicatezza; quei ricci,

infatti, sono propri di quel soggetto che si stima capace di fare tutto ciò che fanno

gli altri. Nel caso della Cianciulli indica una preoccupazione della facciata, del

suo apparire ma anche un forte spirito di rivendicazione, di irritabilità, un

sentimento che la porta a disprezzare gli altri dal quale può scaturire violenza

pervasa da risentimento e aggressività.

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La psicologia identifica la mitomania nella tendenza di un adulto a rifugiarsi nel

mondo del comportamento fabulatorio; Moretti definì tali ricci come la

“tendenza alla fissazione sopra un’idea”. Quelli prevalentemente presenti nella

grafia della Cianciulli sino di I e di II specie: il primo è caratterizzato da tratti di

parola che si dirigono in diagonale verso alto-destra superando l’altezza

dell’ultima lettera, in particolare tagli delle lettere “t”; il secondo è caratterizzato

da tratti finali di lettere e di parole che scendono leggermente sotto il rigo di

base, marcati e ricurvi e poi si estendono fin sotto la parola successiva.

Essi indicano la propensione all’alterazione sistematica della realtà, in quanto il

soggetto non si è mai distaccato dalla fabulazione infantile per turbe

dell’affettività che non gli hanno permesso di calarsi nella realtà per viverla in

modo sintonico, acquisendo un’identità personale. Quando le esperienze sfociano

in un insuccesso si preferisce credere che quanto accaduto sia connesso

all’intervento di altri fattori che lo possono giustificare, di potenze invisibili che

si manifestano in modo inatteso ed imprevedibile.

È altresì presenti in questi soggetti una tendenza al gusto del bluff, alla smania di

emergere agli occhi dell’ambiente che li circonda.

Infine il riccio della sciatteria mette in evidenza l’atteggiamento della

disponibilità a cedere senza alcuna resistenza difensiva dell’Io e della sua dignità.

L’unione tra il segno qui esaminato e l’apertura a capo indicano la tendenza

opportunistica della saponificatrice ad imporre le sue esigenze affettive a

sentimentali, con l’intento di sedurre l’altro.

Un’altra caratteristica della grafia della scrivente è la presenza del segno stentata

e di un grado sopra la media intozzata di II modo: Moretti attribuisce a stentata la

reazione isterica di collera, sostenendo che tanto l’uomo quanto la donna per ogni

piccola cosa accendono l’ira. “Non hanno remora di riflessione o altro” afferma

lo studioso, “e sono portati a lanciare quello che hanno in mano contro coloro che

sono causa della loro escandescenze”.

Il segno intozzata II modo è dato da improvvise e brevi marcature della

pressione, i c.d. spasmi soprattutto nei risvolti superiori ed inferiori delle lettere,

ossia quando vi è un cambiamento di direzione dei tratti.

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Dall’analisi della sua scrittura (Figura 14) si può concludere affermando che la

Cianciulli appare una persona instabile (segni disordinata, non omogenea, ricci

della sciatteria), ambigua (segni di stentata, ricci dell’ammanieramento) ed in

molte circostanze aggressiva (ricci della mitomania e della spavalderia, intozzata

II modo). Le sollecitazioni derivanti dall’ambiente esterno sono recepite dalla

stessa in modo esagerato, generando irritabilità e aggressività soprattutto se

ledono le cose alle quali lei tiene di più.

Figura 14.

PROFILO GRAFOMETRICO DI LEONARDA CIANCIULLI

Data della grafia: 6 giugno 1941(la lettera è vergata in condizione di

detenzione)

CATEGORIE GRAFICHE

SEGNI GRAFOLOGICI PRINCIPALI

QUANTIFICAZIONE IN DECIMI

FORMA-MOVIMENTO Non omogeneità cura grafica Grafia poco estetica e abbastanza elementare Tentativo di accuratezza dato dalla “d” lirica Compassata Ampollosa

Non sempre presente Quando c’è è di 4-5/10 4/10

PRESSIONE Fortemente non omogenea. Sporca Intozzata I Intozzata II Stentata Ardita non sostenuta da una reale tenuta energetica

Min 2/10 Media 3/10 Max 5/10 4/10 2/10 Elementi

RITMO Rallentato con cenni di spigliatezza

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Artritica

Sospetta presenza di elementi

CALIBRO Non omogeneo Alto Medio-grande Spadiforme crescente e descrescente di 2° e 3° tipo

6-7/10 4/10

INCLINAZIONE

Pendente 5/10

ASTE Rette Concavo dx Concavo sx zona inferiore

6/10 2/10 2/10

CURVA ANGOLO

Curva Curva affossata Angolo A Angolo B Triangoli Aperture a capo Angolo C

4-5/10 Presenza 5-6/10 Ridotto per aperture a capo, si aggira sui 5/10 5/10 5/10

LARGHEZZE Non omogenee Largo di lettere Largo tra lettere Largo tra parole Triplice larghezza

Media 4-5/10 Media 4/10 Media 3/10 Non omogenea

CHIAREZZA Chiara Oscura Confusa

6-7/10 3-4/10 2-3/10

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CONTINUITÁ Attaccata

6-7/10

RIGO Incoerenza dell’orientamento del rigo Rilasciata o cascante

5/10

DISUGUAGLIANZE Disordinata 4/10

RICCI Spavalderia Mitomania I tipo Mitomania II tipo Mitomania III tipo Ammaniera mento Sciatteria

4/10 3/10 Elementi Cenni 3/10 Cenni

FIRMA (caratteristiche)

Omogenea rispetto al testo

ALTRO

Sintesi della personalità secondo le tipologia morettiana (in ordine decrescente): Assalto- Cessione- Attesa-Resistenza Donna Animus Sintesi della personalità secondo le funzioni junghiane: Funzione dominate: Sentimento introverso Funzione ausiliare: Sensazione Funzione laterale: Intuizione Funzione inferiore: Pensiero

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DESCRIZIONE SIMBOLOSMO SPAZIO GRAFICO

Margini

Occupazione di tutto lo spazio del foglio

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ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Alessandra Abatelillo – Scuola di Specializzazione Triennale in Scienze Criminologiche (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012

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CAPITOLO 4

LA PERIZIA GRAFICA COME STRUMENTO D’INDAGINE

4.1 L’apporto della grafologia nella perizia grafica

Spesso nei Tribunali si ricorre all’intervento di esperti in analisi e comparazione

della grafia, al fine di stabilire l’autenticità o meno di una firma, uno scritto o un

testamento (si parla di scritti autografi nel primo caso e apocrifi nel secondo

caso).

Ma parlare di perizia grafica considerandola solo dal punto di vista della

comparazione formale è estremamente riduttivo; è errato operare esclusivamente

un confronto icto oculi ed impostare una relazione su elementi non

scientificamente oggettivi, che sono facilmente imitabili o dissimulabili. Quando

si parla di confronti, infatti, non basta dire “si vede”, bensì bisogna fornire

motivazioni scientifiche e lavorare seguendo criteri epistemologici.

È opportuno precisare che “perizia grafica su base grafologica” è la corretta

denominazione dell’analisi che un grafologo professionista, regolarmente iscritto

all’albo dei periti ed esperti del Tribunale, esegue su uno scritto. Essa consiste in

un elaborato che, mediante la comparazione della grafia in verifica con grafie di

confronto e lo studio del gesto grafico, conduce ad un percorso logico-deduttivo

alla condivisione delle conclusioni finali.

Ma quale è la funzione della grafologia rispetto alla perizia grafica?

Pochi considerano che chi redige una perizia grafica su base grafologica possiede

una preparazione di diversi anni riguardante la conoscenza e l’interpretazione del

gesto grafico, seguita da un corso di specializzazione e un training specifico in

perizia grafica. Il tutto è poi corredato da continui approfondimenti e ricerche

personali volti ad arricchire la professionalità dell’esperto.

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Secondo la scuole francese e le più importanti scuole di grafologia, non si può

essere periti grafici senza essere grafologi; è inoltre consequenziale che non si

può effettuare una perizia su una scrittura senza conoscere la fisiologia del gesto

grafico, intesa come sviluppo dinamico della scrittura vista come elemento fisico.

Ciò comporta la perfetta conoscenza delle leggi e dei principi della scrittura.

Il grafologo sa bene che la scrittura si anima e prende vita acquistando quel

ritmo, quella spontaneità del tutto personale e peculiare che appartiene a ognuno

di noi e che è carica di impulsi energetici, affettivi e psicologici. All’interno del

concetto di ritmo grafico individuale rientrano aspetti come la variabilità grafica

naturale, determinante per il grafologo che deve pervenire all’attribuzione di uno

scritto.

Peraltro deve conoscere le possibili cause occasionali che portano alla variazione

di alcuni caratteri della scrittura, siano esse tensioni emotive, stress o malattie,

rappresenta un ausilio per individuare in una grafia indici grafologici essenziali

per la stesura di una perizia. Il grafologo è in grado di interpretare adeguatamente

una certa gestualità che è momentanea, individuata ad esempio in una firma

apposta in calce ad una dichiarazione di particolare significato affettivo per chi

scrive, distinguendola in modo consapevole dagli indici grafologici costanti,

poco visibili e difficilmente imitabili che risultano decisivi riguardo

all’autenticità.

Ed è proprio questo il valore aggiunto della grafologia alla perizia: il grafologo

specializzato in perizia guarda alla scrittura come un insieme di gesti o

movimenti che rivelano la personalità dello scrivente, giudicando la differenza o

la somiglianza fra due scritti alla luce di questa idea portante. Per l’esperto la

scrittura non è soltanto manifestazione statica formale, ma è espressione viva

dell’interiorità dello scrivente che proietta involontariamente i suoi automatismi

grafici, ed è per questo che la sua analisi verterà sugli elementi maggiormente

ascrivibili alla personalità individuale. Percorrendo ogni volta il cammino

scrittoio che la penna attraversa da un margine all’altro del foglio, egli coglierà

l’esclusiva singolarità che contraddistingue la scrittura; sulla base di tali

cognizioni, egli potrà considerare insignificanti certe analogie estese, mentre

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individuarne altre che seppur trascurabili, appaiono sostanziali e dimostrative.

L’analisi peritale grafologica concepisce così la scrittura, come il prodotto di un

processo neuro-fisiologico complesso ed evoluto che permette alle caratteristiche

neuromotorie di ogni individuo di esprimersi in modo unico e irripetibile.

Nell’espletare una perizia grafica il grafologo non deve però spingersi oltre lo

scopo attributivo e deve quindi escludere tutto ciò che concerne l’analisi vera e

propria della personalità.

4.2 Il metodo d’indagine della perizia grafologica

La perizia grafologica viene richiesta in tutti quei casi di disconoscimento

formale di scritture private oppure quando la scrittura viene utilizzata per

commettere un reato e, pertanto, diventa necessario individuare l’autore di quello

specifico scritto.

Per pervenire al giudizio di autografia/apocrifia di uno scritto e

all’identificazione del suo autore si procede attraverso un’accurata metodologia.

Per prima cosa si individuano le costanti grafiche (segni grafologici): abbiamo

detto che la grafologia peritale non ha come scopo diretto l’analisi di personalità,

ma l’analisi identificatoria per definire e distinguere un individuo da qualsiasi

altro individuo. Per raggiungere tale obiettivo, attraverso l’individuazione e

combinazione dei diversi segni grafologici presenti in una scrittura, si procede

alla definizione di precisi quadri di personalità grafica che rendono possibile il

confronto successivo.

Si ricercano poi i grafismi incoercibili (gesto fuggitivo): in ogni scrittura

spontanea vanno ricercati, come termine di confronto, singoli momenti di

immediatezza espressiva che non siano controllabili dalla volontà, specialmente

se frequenti e intensi, quindi altamente personalizzanti la grafia del soggetto

scrivente.

È fondamentale anche la conoscenza delle leggi di fisica e fisiologia strutturale

(coerenza ritmica): la perizia su scritture non può prescindere da tali leggi perché

proprio l’osservazione fenomenologica della grafia in senso fisico e fisiologico

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consente di distinguere, ad esempio, una scrittura spontanea da un’altra

artificiosa.

Infine risulta essenziale la conoscenza delle patologie grafiche (coerenza

ritmica): per comprendere infatti le dinamiche neuro-muscolari che determinano

l’invecchiamento grafico, è opportuno l’intervento non solo della grafologia ma

anche di altre discipline, in primis la neurofisiologia del gesto grafico. Conoscere

le specifiche fenomenologie disgrafiche collegate ad altrettante specifiche

sindromi organiche consente di approfondire il significato e la credibilità delle

patologie scrittorie riscontrabili nei testamenti olografi attribuiti a soggetti

anziani.

La perizia grafica su base grafologica, rilevando ritmi e frequenze individuali,

permette di arrivare a conclusioni di certezza anche in casi che si presentano

irrisolvibili utilizzando altre metodologie. In particolare, l’approccio grafologico

è in grado di individuare in ogni scrittura:

le caratteristiche grafiche fortemente personalizzanti ed incontrollate, che

presentino anche una rarità percentuale;

le caratteristiche grafiche razionalmente identificabili e pertanto

tendenzialmente controllabili o imitabili;

i connotati generali comuni a più soggetti, che possono rientrare nelle

analogie dovute alle caratteristiche grafologiche nazionali, quindi poco

significativi ai fini identificatori.

È facile comprendere come sia pericoloso fare affermazioni di identità grafica

quando ci si trova davanti a concordanze in segni diffusi e comuni; al perito deve

essere ben chiaro che non tutte le coincidenze riscontrate tra due scritture hanno

la stessa valenza. Essa dipende dalla rarità del segno, dalla sua intensità e dalle

frequenza rispetto alla moda del gruppo da cui si sono ricavate le scritture in

esame.

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4.3 Il metodo grafologico ed il metodo grafonomico

Nello studio approfondito di una scrittura l’esperto deve applicare un criterio

sistematico e funzionale, basato su un’analisi razionale secondo un procedimento

logico e consequenziale, su una successiva suddivisione in fasi con impostazione

ordinata e precisa e sull’esame delle caratteristiche dell’oggetto di studio

finalizzati alla risoluzione del quesito, ricercando l’oggettività della valutazione e

la certezza nella conclusione.

Il metodo d’indagine utilizzato nelle consulenze tecniche in ambito peritale è

quindi quello ANALITICO-COMPARATIVO SU BASE GRAFOLOGICA O

GRAFONOMICA (Figura 15).

Il metodo grafonomico è noto in Italia come metodo segnaletico-deduttivo

utilizzato dalla Polizia Scientifica di Stato e dal Centro Carabinieri Investigazioni

Scientifiche.

Il termine deriva dal greco graphos (grafia, scrittura) e nomos (legge, ordine):

esso infatti studia il gesto grafico come movimento dinamico che si basa

sull’applicazione delle leggi naturali delle scrittura.

È un metodo che segue precisi criteri di protocollo, disponendo di una fase

osservativa (in cui l’esperto deve accuratamente descrivere le scritture

periziande, rilevando eventuali ritocchi, il colore dell’inchiostro ed eventuali

tracce di artifizio), una fase segnaletica (il consulente si sofferma

sull’identificazione di caratteristiche generali e particolari, in riferimento alla

fisionomia e morfologia della scrittura), una fase confrontuale (si provvede

all’esame anche sulle scritture di comparazione e poi al confronto mirato tra tutte

le caratteristiche rilevate nella precedente fase, tra le scritture in verifica e quelle

comparative) ed infine una fase conclusiva (in cui l’esperto esporrà il giudizio

finale articolato nella formulazione di probabilità, di possibilità o di certezza).

Oggetto di analisi è il modo particolare ed unico in cui ognuno di noi si esprime

graficamente.

L’utilizzo di questo metodo, infatti, presuppone una ricerca di tipo concentrico,

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che va dal generale (connotati) al particolare (connotati salienti), fino alle

peculiarità individuali (contrassegni) attraverso lo studio dinamico della grafia.

Passiamo ora ad analizzare il metodo grafologico.

Esso riferisce gli aspetti fisiologici della scrittura a caratteristiche psicologiche

qualificate da segni grafologici che esprimono la personalità del soggetto.

Tale metodo evidenzia come ognuno di noi impari a scrivere seguendo il modello

proposto nelle scuole, prestando molta attenzione alla riproduzione delle singole

lettere. In seguito, una volta che ci si impadronisce della tecnica, il movimento

scrittorio acquista spontaneità e permette di orientare la nostra attenzione dalla

forma al contenuto.

Da questo momento in poi si assiste ad una personalizzazione del gesto grafico,

che si sottrae alla sfera conscia per essere guidato dal subconscio.

Pertanto questa metodologia coglie non soltanto gli aspetti statici del gesto

grafico, come la forma di una lettera, ma studia la grafia nel suo spetto dinamico,

come manifestazione neuromuscolare psichica e psicologica dello scrivente.

Sia il grafologo che il grafonomo analizzano e scompongono le scritture, ma il

primo studiando gli aspetti di una scrittura riesce ad individuare il ritratto della

personalità dello scrivente attraverso i segni, mentre il secondo applica le leggi

della fisica scritturale e valuta l’energia che è stata sviluppata con il movimento

che ha prodotto il tracciato grafico considerando tre elementi fondamentali, ossia

la profondità, l’ampiezza e la velocità.

In fase di confronto, la combinazione dei due metodi analizzati consente di

privilegiare gli elementi grafici che più direttamente dipendono dall’automatismo

funzionale del movimento scrittorio, rispetto ai meno qualificanti aspetti

morfologici dovuti al consapevole impegno di chi scrive. Inoltre, essa sottolinea

come esista una differenza qualitativa tra i connotati grafici comuni che molte

scritture condividono e che quindi non possono ritenersi significativi per il

confronto, e quei dettagli unici e originali che possiedono il valore probatorio di

certa identificazione.

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Figura 15.

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4.4 L’abbandono del metodo calligrafico

In passato la perizia grafica si avvaleva di un metodo differente, quello

calligrafico, ossia un metodo che partiva dall’osservazione e misurazione della

fisionomia delle lettere, analizzandone il solo aspetto statico. Tale metodo,

incompleto perché non indicativo degli elementi che permangono nella

personalità dello scrivente anche in caso di dissimulazione ad esempio, è stato

sconfessato da una sentenza della Corte di Cassazione datata 29 dicembre 1959:

“Una perizia grafica prevalentemente basata sul metodo dell’interpretazione

calligrafica è generalmente insufficiente senza il contributo di un’attenta

interpretazione grafologica volta a dirimere il pericolo di errore nel responso

offerto al magistrato”.

Il perito calligrafico, infatti, era un esperto di composizione estetica della

scrittura che formulava un giudizio di non identità di mano, basandosi solo sul

dato formale della comparazione delle lettere.

Anche un’altra più recente pronuncia della Suprema Corte, la n.15852 del 29

novembre 1990, non considera attendibile il metodo calligrafico: “In tema di

perizia per accertare l’autenticità di una scrittura, il vecchio metodo in cui il

perito procedeva esclusivamente a una comparazione alfabetica, limitandosi a

paragonare tra di loro le singole lettere è stato abbandonato, non avendo nulla

di scientifico. È noto, infatti, che uno stesso soggetto può variare la propria

scrittura non solo con il passare degli anni, ma nello stesso lasso di tempo…e in

uno stesso scritto”.

Come già specificato in precedenza, nelle consulenze peritali i periti odierni

utilizzano il metodo grafologico e quello grafonomico insieme. “Al metodo

calligrafico si è quindi sostituito quello grafonomico, che studia la grafia non

solo nel suo aspetto obiettivo, cogliendone anche l’evoluzione, ma in relazione

altresì alla specifica scrittura, individuandone difformità e somiglianze e,

soprattutto, le caratteristiche distintive, idonee a farne stabilire la provenienza

da un determinato soggetto” (Cass. sez. V, 29 novembre 1990, n.15852).

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Il consulente grafologico è dunque non tanto una figura professionale emergente

come si usa definirlo, bensì una figura in evoluzione che ha preso le mosse da

quella più “artigiana” del calligrafo e si è appropriato di una metodologia

scientifica per poter approcciare in modo competente la più difficile delle

indagini, quella sulla scrittura.

4.5 La perizia in ambito civile e penale

La metodologia applicata dall’esperto in sede di perizia grafica non varia a

seconda dell’indagine, che sia civile o penale: quello che varia sono le norme che

regolano la stessa indagine, dalla nomina dell’esperto e compimento delle

attività, fino al deposito della relazione scritta. È importante che il consulente

possegga i requisiti indispensabili per essere un buon tecnico, ma non meno

importanti sono le condizioni perché lo stesso possa espletare il suo mandato nel

migliore dei modi. È diritto del cittadino ottenere una giusta sentenza che, per

essere tale, ha bisogno dell’apporto di una consulenza tecnicamente inattaccabile.

Innanzitutto bisogna distinguere se affidare il mandato al consulente è un

cittadino privato o un magistrato. In ambito civile l’esperto incaricato dal giudice

è indicato come “C.T.U.”, acronimo di “consulente tecnico d’ufficio” e produce

una relazione detta “consulenza tecnica d’ufficio”; in ambito penale l’esperto

nominato dal giudice è chiamato “perito” e l’attività da esso svolta si completa in

una “perizia”.

Ove l’esperto sia stato invece incaricato da una delle parti (che possono essere il

procuratore, l’attore o il convenuto in sede civile, mentre il Pubblico Ministero o

il difensore dell’imputato o della persona offesa in sede penale) sarà indicato

come “C.T.P.”, che sta per “consulente tecnico di parte”, e produrrà la sua

relazione.

I requisiti fondamentali per il corretto espletamento di un mandato, da chiunque

esso sia stato conferito, concernono la provata preparazione professionale nonché

la conoscenza della procedura giudiziaria da parte dell’incaricato, il tutto

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finalizzato alla ricerca della verità secondo l’aspettativa delle parti processuali. Il

consulente grafologo deve unire lo spirito di osservazione alla capacità di analisi,

sintesi e comunicazione del proprio convincimento e deve esprimere la sua

indipendenza durante lo svolgimento della sua attività con l’interpretazione

tecnico scientifica dei fatti, rimanendo ancorato alla realtà.

Nell’ambito civile, se una delle parti intende valersi di una scrittura disconosciuta

deve chiedere al giudice che la scrittura stessa venga sottoposta a verifica

(art.216 c.p.c.); il giudice dispone l’indagine e procede alla nomina del C.T.U. ex

art.191 c.p.c. quando l’istanza di verificazione è accolta.

Nell’ambito penale, invece, si fa riferimento all’art.75 delle norme di attuazione

del codice di procedura penale che recita: “Nei procedimenti per falsità in atti, il

giudice ordina la presentazione di scritture di comparazione che si trovano

presso pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio. Ammette inoltre ogni

altra scrittura quando non vi è dubbio sulla sua autenticità, ordinando se

necessario, atti di perquisizione e di sequestro. Analogamente provvede il

pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

Il giudice può disporre che l’imputato, se possibile alla presenza del perito,

rilasci una scrittura di comparazione facendo menzione dell’eventuale rifiuto

dell’imputato stesso e di quant’altro interessi per valutare la genuinità della

scrittura”. È indubbio che il perito d’ufficio abbia maggiori strumenti per

l’espletamento dell’incarico rispetto al consulente tecnico di parte: il primo può

non solo visionare ma anche ritirare i documenti che costituiscono corpo del

reato, mentre il C.T.P. non può disporre dei corpi di reato se non alla presenza di

un organo di controllo; comunque entrambi non possono sottoporre i reperti

medesimi ad esami distruttivi, se non su autorizzazione del giudice.

4.6 I limiti nell’attività del perito

Quella del perito è un’attività che può definirsi ibrida, nella quale un soggetto

che ha determinate competenze in una specifica disciplina svolge in forma

retribuita un’attività che obbligatoriamente deve esercitare se non vuole incorrere

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in sanzioni.

Il magistrato, per il ruolo ricoperto, viene definito il peritus peritorum: poiché le

sue competenze tecniche non gli consentono di portare avanti una specifica

indagine sul quesito da lui stesso formulato, è tenuto a nominare un esperto. Il

perito, al pari del giudice, deve possedere alcune caratteristiche fondamentali

quali l’imparzialità, l’indipendenza e l’integrità; ciò comporta che egli deve tener

conto dei limiti che provengono da un lato da quanto sancito dalla legge in

materia processuale, dall’altro da esigenze etico-morali che si manifestano

principalmente nell’adesione ad un codice deontologico. Ne consegue il dovere

dell’esperto di esprimersi solo ed esclusivamente quando sia effettivamente in

possesso delle capacità necessarie ad espletare l’incarico affidatogli, attingendo a

tutto il suo patrimonio del sapere e mai trascurando di chiedere al giudice

l’apporto di altri specialisti laddove ne ravvisi la necessità. L’elaborato redatto

alla fine dell’indagine dovrà essere comprensibile a tutti, tanto più che il giudice

ne terrà conto nella stesura della sentenza.

La nomina e l’attività del perito grafologo segue le medesime regole di qualsiasi

altro esperto del quale si avvale l’Autorità Giudiziaria per l’amministrazione

della Giustizia.

L’art.221 c.p.p. regola la nomina del perito d’ufficio, scelto tra gli iscritti in

appositi albi o fra persone che abbiano una particolare competenza nella

disciplina per la quale è richiesta la prestazione. Egli ha l’obbligo di accettare

l’incarico, salvo il caso che ravvisi uno dei motivi di astensione; può anche

sottrarsi all’espletamento dell’incarico in particolari situazioni occasionali, ma

dovranno essere tutte documentate adeguatamente.

Se poi la delicatezza e complessità del caso lo richiede, il giudice può nominare

più esperti che formeranno un collegio di periti: tale organo ha le stesse funzioni

del perito incaricato singolarmente e, salvo l’ipotesi di disaccordo fra i membri,

verrà depositato un unico elaborato contenente una risposta ai quesiti posti

precedentemente.

Con riferimento all’indagine di scritture, all’atto del conferimento dell’incarico il

perito grafico deve rappresentare al giudice qualsiasi particolare esigenza in

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ordine all’attività che andrà a svolgere: dovrà farsi autorizzare per avvalersi di

ausiliari, per esaminare e sottoporre a rilievi fotografici i documenti contenenti le

scritture da periziare e per acquisire le scritture comparative. Gli ausiliari

potranno svolgere semplicemente una mansione materiale, mai quella valutativa

riservata esclusivamente al perito. Tra di essi è compreso il fotografo, che si

limita a riprendere per poi riprodurre su un supporto cartaceo il documento

esaminato dal perito.

Quando occorre procedere ad un accertamento parallelo di un altro esperto, il

perito segnalerà ciò al giudice che nominerà un perito nella disciplina richiesta e

risponderà autonomamente all’incarico affidatogli: si consideri, ad esempio, il

caso in cui il perito grafico debba anche accertare la natura merceologica del

supporto cartaceo; non essendo competente chiederà al giudice di nominare un

merceologo. Se il perito non esegue in modo corretto tale procedura, può essere

ritenuto negligente ed essere quindi sollevato dall’incarico e sottoposto a

sanzione.

In sede di incarico, le parti potranno nominare propri consulenti che avranno il

compito di assistere a tutte le attività peritali svolte dal perito d’ufficio.

Quest’ultimo deve obbligatoriamente indicare il luogo e la data di inizio delle

attività suddette e, all’esito di ciascuna di esse, comunicare la successiva data e

luogo nel quale le operazioni dovranno proseguire. Inoltre il consulente di parte

ex art.230 c.p.p. potrà avanzare richieste, proporre (motivandole) specifiche

indagini nonché formulare osservazioni e riserve. Il perito d’ufficio potrà a sua

volta far richiesta al giudice sull’opportunità o meno di aderire all’esigenza del

consulente di parte, il quale può sempre chiedere copia dei documenti oggetto di

indagine tecnica.

Anche ad operazioni peritali concluse, il consulente di parte può presentare

istanza al fine di esaminare quanto già fatto oggetto della perizia, fermo restando

che la nomina e l’attività del consulente di parte non possono rallentare la perizia

e le altre attività processuali (art.230 comma 4 c.p.p.). Egli, nella relazione

scritta, potrà esprimere giudizi diversi da quelli del perito d’ufficio: in tal caso il

giudice può anche disattenderli, purché ne dia motivazione nella sentenza.

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4.7 I documenti a disposizione del perito

Come in precedenza già affermato, la richiesta di una consulenza tecnica in

ambito civile come nel penale implica che l’autorità procedente o la parte che si

rivolge all’esperto offra a questi non solo la documentazione in cui sono

contenute le scritture da sottoporre a verifica, ma anche quelle contenenti

scritture comparative, necessarie per accertare se le prime siano riconducibili al

soggetto che abbia manoscritto le seconde.

Le scritture in verifica sono ben definite in ragione del fatto che esistono nel

momento stesso in cui sia stata richiesta l’attività peritale; diversamente, per

quelle comparative possono sorgere diversi ostacoli che determinano una

limitazione obiettiva all’opera dell’esperto. Quelle in verifica dovrebbero essere

fornite in originale, in modo che l’esperto possa esperire i necessari esami

strumentali su cui le scritture giacciono e la presenza di eventuali alterazioni

quali cancellature, sostituzioni o manipolazioni di qualsiasi natura.

Nel caso in cui le scritture in verifica siano state inserite in copia nel fascicolo

processuale, con l’autorizzazione del giudice, il perito può recarsi nel luogo dove

gli originali delle scritture risultano custoditi e procedere ai necessari rilievi ed

alla riproduzione fotografica delle scritture stesse; di tali fotografie egli si avvarrà

per l’allestimento della documentazione dimostrativa con la quale potrà fornire al

destinatario dell’indagine grafica ogni chiarimento su quanto in precedenza

accertato.

L’acquisizione delle comparative, invece, può essere vincolata a numerosi

problemi soprattutto di natura procedurale. Il presupposto su cui si fonda l’analisi

di queste scritture è la certezza del soggetto che le ha vergate, quindi prima che il

giudice le offra al perito deve aver accertato che esse siano effettivamente

riferibili ad un determinato soggetto.

Generalmente la selezione delle scritture comparative avviene secondo un

criterio che esclude il rischio di incorrere in scritti apocrifi: la scelta, pertanto,

cadrà su documenti recanti l’autenticazione da parte di pubblici ufficiali oppure

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su atti notarili.

In sede processuale anche contro l’evidenza dei fatti, se una scrittura non viene

accettata da una delle parti, il tecnico non potrà avvalersene e quindi riceverà

poche scritture comparative che limitano così il suo lavoro. In conseguenza di

ciò, nel rispondere al quesito postogli egli si troverebbe a basare le proprie

conclusioni sulla valutazione di poche scritture, riducendo la certezza delle

proprie affermazioni e sentendosi obbligato a formulare un giudizio di

probabilità.

Fra il materiale offerto al perito, quando vi è la presenza di soggetti affetti da

patologie si rende necessaria anche un’adeguata documentazione sanitaria; se la

scrittura in verifica presenta elementi di possibile natura patologica e le scritture

comparative evidenziano tutt’altra grafia, è chiaro che al perito non possa essere

negata un’adeguata documentazione che possa chiarire l’esistenza di una ragione

patologica tale da motivare la presenza di determinati gesti grafici nella scrittura

medesima. Si consideri, ad esempio, una scrittura a scatti, segmentata, ricca di

palesi soluzioni di continuità: essa è compatibile con la scrittura di un soggetto

che abbia un’ingessatura all’arto con il quale scrive, e quindi una cartella clinica

potrebbe giustificare quegli elementi che altrimenti condurrebbero ad un giudizio

diverso dell’esperto.

In definitiva, esistono elementi oggettivi che il perito non può assolutamente

ignorare e che giustificano la richiesta di accesso al fascicolo processuale e a

quant’altro possa agevolare e rendere più precisa la ricerca della verità, però

agendo sempre con la cautela, la criticità ed il distacco con il quale la lettura

degli atti va effettuata.

4.8 Il saggio grafico

Nei documenti offerti al perito, un limite può essere rappresentato dalle scritture

comparative: poiché non sempre tutti i documenti simili a quelli in verifica

possono essere acquisiti, in questi casi si impone la stesura di un saggio grafico.

Tale strumento, eseguito alla presenza di un perito grafologo, se ben indirizzato

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può condurre alla risoluzione di molti casi.

In sede comparativa un elemento predominante è la coerenza tra i termini di

paragone: è, infatti, preferibile confrontare una firma apposta su di una cambiale

con una sottoscrizione proveniente da un documento affine. Il saggio grafico non

è un handicap per il soggetto che viene sottoposto ad indagine grafica: scrivere

parole o apporre firme su di un documento simile a quello in verifica non

comporta che egli debba alterare la propria grafia adottando forme grafiche

similari a quelle che si riscontrano nei documenti in questione, anzi deve far si

che essa rimanga spontanea ed aiutare così l’esperto a riconoscere più

agevolmente l’unicità di provenienza dei termini di paragone che sta

esaminando.

La prima cosa che deve essere cercata in una scrittura comparativa è proprio la

naturalezza, perché da questa emergono i segni della personalità grafica, segni

che a volte si vogliono nascondere. Il camuffamento grafico è il primo peggior

nemico che il perito deve combattere; è evidente, quindi, che qualsiasi elemento

modificante la scrittura in sede comparativa potrebbe influire negativamente

sull’accertamento della verità.

Il comportamento adottato con lo scrivente sottoposto a saggio grafico è

importante per la riuscita dello stesso: l’esperto deve porre in essere tanti

accorgimenti e mettere a proprio agio il soggetto al fine di ottenere maggiore

possibilità che egli produca una scrittura spontaneamente simile a quella abituale.

Si ritiene utile, ad esempio, comunicare al soggetto, estraneo o meno alla

verifica, che in qualsiasi modo dovesse scrivere la sua naturale grafia verrà

individuata; ciò potrebbe tranquillizzare il soggetto innocente. Infatti, la persona

sottoposta a saggio grafico, anche se estranea al procedimento giudiziario,

potrebbe generare una scrittura diversa da quella solita, dato comprensibile

considerando il livello di stress in cui si viene a trovare. Da qui ne deriva tutta

una serie di variazioni che farebbero pensare ad una dissimulazione.

Il perito potrebbe ricorrere anche a piccole astuzie per una corretta

somministrazione: dopo aver analizzato la scrittura in verifica può dettare allo

scrivente, oltre alle parole contenute nel testo in indagine, parole diverse che però

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contengano gli elementi delle prime (per la parola “erede” si potrebbe dettare un

testo in cui vi siano le parole “credere”, “crede” o “eremita”). L’esperienza

comunque insegna che se la persona che si appresta a redigere il saggio grafico è

stato l’esecutore della scrittura in esame, può succedere che egli ricordi nei

minimi dettagli come si è adoperato a produrre la stessa, producendo una grafia

difforme dalla sua abituale.

Altra accortezza deve essere quella di far utilizzare il medesimo mezzo scrittorio

usato dall’esecutore dello scritto in verifica variandolo con altri, come è

necessario prendere in considerazione il piano scrittorio: esso, a seconda se

rigido o elastico, influenza il rilevamento della pressione, facendo si che scritture

appartenenti alla stessa persona mostrino segni pressori in contrasto tra loro.

Nel corso degli anni gli esperti hanno sviluppato tecniche sempre più raffinate

per non incorrere in scritti dissimulati; una delle più geniali tecniche è quella di

includere nel saggio grafico alcune pagine incise con la penna senza inchiostro: il

soggetto che esegue il saggio non visualizza ciò che scrive ma il tracciato

grafico, per pressione su un foglio di carta carbone, verrà trasferito sul foglio

sottostante e al termine dell’operazione il perito disporrà di una scrittura che

difficilmente il simulatore avrà potuto adeguatamente controllare.

Una volta acquisito il saggio grafico si procederà alla rilevazione di somiglianze

e differenze per esprimere un giudizio di identità attendibile, e costituire un

prezioso contributo per il successo dell’indagine.

4.9 La perizia sulla scrittura anonima

Gli scritti anonimi rappresentano una casistica di rilievo nell’ambito delle perizie

grafiche, rientranti quindi nella competenza del perito grafico. Per verificare se vi

siano particolarità individualizzanti, egli deve esaminare anche il dattiloscritto:

ad esempio, l’uso di due trattini anziché uno per andare a capo, il rispetto dei

margini destro e sinistro, il carattere utilizzato oppure la presenza o l’assenza del

capoverso.

Nell’analisi della scrittura anonima, il perito grafico deve effettuare alcuni esami

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preliminari:

1. verificare con cosa è stata scritta: tipo di penna e di inchiostro, tipo di

carta ed il rapporto tra questa e l’inchiostro (esami merceologici);

2. valutare il contenuto dello scritto, al fine di comprendere cosa vuole dire

effettivamente l’anonimo, quale messaggio vuole comunicare;

3. fare un’analisi logico-sistematica dello scritto per valutare la capacità

linguistica dello scrivente e l’ambiente culturale-sociale nonché la sua

psicologia;

4. analizzare le forme di mascheramento materiale e psicologico

dell’anonimo (forme grafiche, simulazione, cultura, ecc.);

5. valutare i rapporti esistenti tra il destinatario dell’anonima ed il presunto

autore, per cercare le caratteristiche espressive che possono far risalire a

quest’ultimo.

Dalla scrittura si può inoltre tracciare, con gli strumenti della grafologia, un

quadro della personalità del suo autore; sono qui però necessarie due

osservazioni.

Innanzitutto gli scritti anonimi sono spesso dissimulati e questo limita la

spontaneità del tratto e la possibilità di un’analisi; ciò, seppur in parte, vale anche

per lo stampatello, adoperato spesso dall’anonimografo nella convinzione che la

scrittura sia così non identificabile.

In secondo luogo, per delineare l’identikit dell’autore dello scritto si ricorre

all’analisi extra-grafica della lettera da parte dello psicologo o del criminologo: è

possibile, infatti, tracciare un profilo psicologico dell’autore dello scritto

anonimo, individuando turbe comportamentali e psichiche.

Sotto questo punto di vista, il criminologo francese Locard distingueva l’autore

occasionale di scritti da quello che egli chiama più propriamente

“anonimografo”: nel primo caso si tratta spesso di un moto interiore e di uno

sfogo impellente, la cui spinta può alcune volte anche essere un desiderio di

giustizia o di rivalsa, ed è riduttivo ritenere che sempre la lettera anonima sia

“l’arma del vile”.

Considerarla tale è ancor più limitante nel caso dell’anonimografo abituale, per il

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quale Locard ritiene si debba parlare di una sindrome patologica vera e propria,

caratterizzata da prolissità (che del resto si ritrova in diversi disturbi mentali) e

discorsi deliranti.

Altre caratteristiche riscontrabili nell’anonimografo sarebbero:

- la reiterazione (vi è chi arriva a spedire centinaia di lettere);

- la tendenza a coinvolgere parenti e amici, che in molti casi ne seguono

l’esempio;

- il linguaggio osceno, soprattutto da parte di chi ha avuto una “buona

educazione” anche di carattere religioso: il che costituirebbe una forma di sfogo

di pulsioni represse;

- il piacere e l’appagamento interiore;

- la modificazione costante della scrittura fino ad ottenere una seconda abitudine

grafica (con ciò rendendo difficile il compito del grafologo);

- la negazione della propria responsabilità anche di fronte all’evidenza;

- nei casi di anonimografi donne si ritroverebbe un quadro di personalità di tipo

isterico in cui molte isteriche scriverebbero lettere prive di fondamento, finendo

col convincersi delle proprie affermazioni.

E’ stato anche osservato che l’anonimografo ha una sorta di “personalità doppia”

perché da un lato si mostra amico della vittima, dall’altro la inonda di missive

minacciose.

Lo psicologo o il criminologo pertanto, nell’analizzare la scrittura anonima, si

trovano a ricavare informazioni dalle parole e dallo stile del suo autore; il loro

approccio deve allora essere di tipo psico-linguistico piuttosto che soltanto

psicologico, al fine di avere un quadro completo del soggetto da identificare.

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CONCLUSIONI

A conclusione della mia tesi voglio ancora una volta evidenziare l’importanza

che riveste l’analisi di un elaborato scritto.

La scrittura è una testimonianza incancellabile del nostro modo di essere:

attraverso i diversi caratteri del tratto, essa permette di rivelare i nostri istinti e le

emozioni più profonde, aiuta a riconoscere le nostre capacità e le nostre difficoltà

realizzando un ritratto di personalità.

Il cammino che la penna percorre attraversando il foglio racchiude in sé la sintesi

di tutte le peculiarità che compongono la grafia e riescono così ad identificare in

modo completo la sua unicità; il suo studio fornisce quindi un fondamentale

strumento di integrazione nell’indagine introspettiva di chi scrive, con

l’accortezza di andare a leggere al di là delle semplici parole.

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