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Istituto Comprensivo di San Fior Scuola Primaria “Giovanni XXIII” classe quinta A

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Istituto Comprensivo di San Fior

Scuola Primaria

“Giovanni XXIII”

classe quinta A

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Le sorgenti del Meschio e

le grotte del Caglieron

Fin dalla classe prima abbiamo fatto le gite per studiare l’acqua: anche

questa volta abbiamo fatto un’uscita riferita ad essa.

Con noi è sempre venuto il maestro Fausto, un grandissimo ambientalista

appassionato di acqua e che naturalmente in questo viaggio non poteva

mancare!

Siamo andati, come prima tappa, a Savassa Alta alla ricerca delle sorgenti

del fiume Meschio.

Qui abbiamo incontrato un collaboratore del maestro che ci ha guidato

insieme a lui nell’uscita.

Osservando i rilievi intorno al paesello

abbiamo visto gli evidenti segni del

ghiacciaio e abbiamo dedotto che ci

stavamo trovando di fronte a colline di tipo

morenico: eravamo immersi in una valle ad

“U”.

Ci siamo incamminati poi lungo la stradina che

attraversa Savassa Alta; la guida ci ha fatto notare

che ai bordi delle porte e delle

finestre c’erano dei pezzi di

roccia ricavati direttamente

dalla montagna, ma non si

trattava soltanto di roccia, bensì anche di arenaria.

Più avanti ci siamo fermati di fronte ad un’antica

lavanderia proprio nel bel mezzo del borgo e abbiamo

osservato la presenza di inserti di cotto tra

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l’arenaria e il calcare; il maestro Fausto ci ha

spiegato che il cotto serviva per asciugare la

calce.

Successivamente

abbiamo visto la

balaustra in legno

di castagno

sporgere da un’abitazione e una data sulla porta

risalente al 1901.

Da qui abbiamo proseguito la passeggiata lungo il sentiero che costeggia

un canale fino ad arrivare alla sorgente del Meschio. Il canale portava

acqua ad una centrale idroelettrica che muoveva i meccanismi di una

filanda.

Per vedere meglio la sorgente del fiume

alcuni di noi sono saliti in un punto

soprelevato, così la perfetta forma a

imbuto della sorgente e le bollicine d’acqua

che sono il segno del suo sgorgare erano

ben riconoscibili.

In questo posto rialzato Christopher ha

avvistato un orbettino che abbiamo

raccolto per osservarlo da vicino.

Il maestro Fausto, per tranquillizzare

alcuni dei nostri compagni, ha comunicato

subito che non si trattava di un serpente,

ma di una lucertola

che nel corso della sua evoluzione ha perso le

zampe; come molte lucertole, in caso di pericolo

riesce a spezzare la coda lasciandola sul terreno per

distrarre l’aggressore e riuscire a fuggire. È un

animale di forma cilindrica, possiede una pelle liscia

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e lucida di colore grigio argenteo ed è

dotato di palpebre che si chiudono; ama i

climi freschi e le zone umide dove ricerca

il cibo di cui si nutre: lumache, vermi e

lombrichi.

Ritornando indietro verso il pullman ci

siamo accorti della presenza di una grotta usata un tempo come ricovero

con evidenti tracce del fenomeno del carsismo.

Da qui siamo partiti per raggiungere le grotte del Caglieron a Fregona.

Scendendo il maestro ci ha fatto vedere

gli antichi corsi d’acqua che scorrevano per

la montagna e di seguito ci ha spiegato che

l’uomo, ricavando la “pietra dolza” dalle

grotte come materiale per la costruzione

di stipiti e architravi, ha dovuto

intervenire lasciando delle colonne a

sostegno della volta in modo da evitarne il crollo.

Ha poi proseguito la lezione

soffermandosi sul significato della

parola “Caglieron”: tale lemma è di

origine dialettale, da “cagliera”, il

recipiente per fare la polenta.

Durante la nostra passeggiata,

lungo un ben delineato percorso,

abbiamo osservato con attenzione come l’acqua abbia eroso gli strati di

conglomerato calcareo, arenario e di

marne antiche. Essendoci poi

un’esposizione al sole, la proliferazione di

alghe, muschi e felci è evidente; se non ci

fossimo trovati di fronte a delle aperture

avremmo visto sicuramente delle

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stalattiti nel corso del nostro cammino

effettuato sopra l’arenaria che si

staccava dal soffitto e sulle passerelle di

legno!

Una volta usciti dalle grotte abbiamo

visto un antico mulino ricoperto di

muschio: aveva ancora la grande ruota che

un tempo funzionava grazie alla forza dell’acqua del torrente Caron.

L’incantevole ambiente ricco di acqua, di cascate, del torrente sul fondo

delle cavità ci è piaciuto moltissimo e ci ha

permesso di riflettere sulla stretta

relazione che unisce l’uomo alla natura

quando alla base del legame esiste un

profondo rispetto.

Così, soddisfatti della bella esperienza,

abbiamo fatto ritorno a scuola portando

con noi le immagini e le emozioni.

(25 ottobre 2013: testo di Aurora, Lorenzo, Gioele, Raul, Michael)

La sorgente del Meschio:

un po’ di storia

Il Meschio nasce alle pendici del monte Visentin a Savassa Alta, località di

Vittorio Veneto.

La sorgente di origine carsica è costituita da un bacino chiamato “brent”,

posto a 220 metri di quota.

Sul fondo del “brent” parte una condotta che risale la montagna ed è

investita da una corrente d’acqua di notevole portata.

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L’acqua, di solito limpida e tinta di blu,

ha la caratteristica di mantenere la sua

temperatura di 12° C costante in ogni

stagione.

Lasciata la sorgente, parte dell’acqua è

destinata agli acquedotti, mentre una

parte scende per una ripida cascata

fino a raggiungere il lago Negrisola.

Il corso del Meschio si conclude dopo

aver attraversato i Comuni di Colle

Umberto e Cordignano, nei pressi di

Sacile, dove confluisce nella Livenza.

In epoca recente il Meschio ha fornito energia idrica alle numerose

piccole industrie della lana e della seta che sono state costruite lungo le

sue rive e le cui strutture caratterizzano tuttora il paesaggio.

Le grotte del Caglieron:

le nostre conoscenze

Le grotte del Caglieron si trovano nel Comune di Fregona, in provincia di

Treviso, precisamente nella località Breda.

Si tratta di una serie di cavità create in parte da attività di erosione

naturale e in parte dall’azione umana.

Erosione naturale

L’erosione naturale consiste in una profonda forra incisa dal torrente

Caglieron su strati alternati di conglomerato calcareo, arenario e di marne

risalenti al Miocene Serravalliano.

disegno di Lorenzo

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Si possono ammirare numerose cascate, alte circa una decina di metri, con

alla base delle grandi marmitte.

Nella parte più profonda della forra si notano grandi concentrazioni

calcaree che, chiudendo parte della volta, danno all’insieme l’aspetto di

una grotta.

Interventi dell’uomo

Gli interventi artificiali sono motivati dall’estrazione dell’arenaria,

denominata nel dialetto locale “piera dolza” (pietra tenera).

L’attività estrattiva, che risale al 1500 e forse anche prima, forniva il

materiale per la costruzione di stipiti e architravi, che si possono

ritrovare in alcune abitazioni della vicina Vittorio Veneto e dintorni.

Il particolare metodo di estrazione prevedeva la realizzazione di colonne

inclinate a sostegno della volta che altrimenti sarebbe crollata. Ne è

derivato così un insieme di suggestive cavità artificiali, sul cui fondo

scorre il torrente, che sono visitabili grazie alla realizzazione di un

apposito percorso attrezzato.

Prealpi e colline carsiche e

corsi d’acqua:

lezione del maestro Fausto

Come abbiamo visto durante la nostra escursione, le sorgenti del Meschio

e del Caglieron sono di origine carsica.

Il carsismo si verifica in rocce formate da carbonato di calcio (=calcare),

solubili dall’acqua.

Si tratta di un fenomeno molto diffuso nella regione calcarea del Carso

(al confine tra Italia ed ex Jugoslavia).

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In questo ambiente abbiamo una scarsa vegetazione, estesi affioramenti

di roccia e uno scorrimento superficiale dell’acqua assente o poco

sviluppato, la presenza di depressioni e cavità sotterranee.

Le depressioni a volte sono provviste sul fondo di un inghiottitoio,

attraverso il quale l’acqua penetra nel sottosuolo: sono le doline.

L’acqua penetrata in profondità continua ad esercitare la sua opera di

dissoluzione e scava cavità di varia ampiezza: sono le grotte, con le

caratteristiche stalattiti che pendono dal soffitto e le stalagmiti che

salgono dal pavimento.

Perché l’acqua piovana riesce a spaccare il calcare?

La pioggia riesce a spaccare il calcare perché è acida; intorno a noi

nell’atmosfera c’è un gas acido: l’acido carbonico che proviene dall’anidride

carbonica.

Questo acido attacca il carbonato di calcio (=calcare presente nelle zone

carsiche) della roccia calcarea trasformandolo in bicarbonato di calcio

che è solubile.

REAZIONE CHIMICA:

Il processo di scioglimento del calcare in acqua con CO2 si chiama

corrosione.

CO2 + H2O = H2CO3

Anidride acqua acido carbonico

carbonica

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D : i sassi si

muovono e diventano

rotondi

? : ci saranno gocce

d’acqua

Il fenomeno carsico è presente in tutte le nostre Prealpi, che sono

formate da tanti “buchi”.

CORRUGAMENTO ALPINO: è una serie di rilievi montuosi e pieghe

dovuto soprattutto alla spinta della placca africana contro quella europea.

CONGLOMERATO: è un insieme di ciottoli (=sassi tondi) e sabbia legati

tra loro dal calcare. I terreni intorno alle colline che portano al Caglieron

ne sono un esempio.

ASPETTO SUPERFICIALE DEL TERRENO: forme di raccolta

dell’acqua

Gola carsica: profonda incisione con fianchi ripidi.

CORRUGAMENTO CONGLOMERATO CARSISMO SUPERFICIALE

ALPINO (ROCCIA SEDIMENTARIA) E SOTTERRANEO

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Valle chiusa: zona in cui c’è un corso d’acqua che viene inghiottito da una

cavità e si perde nel sottosuolo.

Dolina: cavità di forma circolare con uno o più punti di assorbimento

idrico.

Polje: bacini chiusi con versanti ripidi e fondo appiattito.

NEL SOTTOSUOLO:

cunicoli, gallerie, grotte, pozzi.

IL CARSISMO IN SINTESI

Nelle zone in cui ci sono rocce calcaree, quando l’acqua si infiltra nel

terreno, si arricchisce del gas anidride carbonica.

L’acqua scioglie le rocce calcaree formando doline sulla superficie e

fessure.

Le fessure possono allargarsi e approfondirsi dando luogo a grotte nel

sottosuolo.

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Lezione sui pesci con

Roberto Loro

Con il biologo Roberto abbiamo assistito attraverso audiovisivi e

diapositive ad una lezione sui pesci.

Già dai precedenti anni scolastici sapevamo che i pesci sono vertebrati

acquatici a sangue freddo, cioè “prendono” la temperatura dall’ambiente in

cui vivono; le nostre curiosità del momento sono di ampliare alcune

conoscenze sui pesci e saperne di più sul loro modo di vivere, come ad

esempio capire se ce ne sono che possono vivere dove non c’è acqua.

Esistono pesci antichi come il celacanto di 250 milioni dai anni fa, sopra

vissuto nascosto nelle profondità dei mari del Sudafrica; si pensava che

questo pesce si fosse estinto alla fine del Cretaceo.

Alcuni pesci ossei primitivi hanno la capacità di respirare in aria: sono i

dipnoi, diffusi durante l’Era Paleozoica, nel periodo Devoniano.

Queste specie africane di pesci sono in grado di sopravvivere a lunghi

periodi di siccità seppellendosi nel fango del fondale e sigillandosi in una

piccola buca circondata da muco protettivo.

Una volta nella tana questi dipnoi respirano direttamente l’aria esterna

grazie alla presenza di un organo che funge da polmone e riducono

fortemente il loro metabolismo: in questo stato i pesci si limitano a

consumare le proprie riserve di grasso entrando in una specie di letargo.

pinne

bocca

occhio

orecchie

naso

linea laterale scaglie

caudale

anale

ventrali pettorali

dorsale

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LE PINNE

Le pinne sono formate da membrane sorrette da raggi o spine ed hanno

funzione propulsiva o di orientamento.

La pinna caudale o coda è l’organo propulsore; la pinna dorsale e quella

anale svolgono la funzione di equilibrio, cioè permettono al pesce di stare

dritto; le due pinne pettorali e le due ventrali servono per la direzione,

cioè per girare a destra e a sinistra, quelle pettorali servono anche per

andare indietro.

LE SCAGLIE

Il corpo della maggior parte dei pesci ossei è ricoperto da scaglie,

posizionate sopra l’epidermide, di materiale osseo incastrate una con

l’altra come tegole di un tetto; il pesce le produce come noi produciamo le

unghie.

Hanno la funzione di difendere la pelle del pesce coprendo il suo corpo

per renderlo liscio e idrodinamico; in questo le scaglie sono aiutate dal

muco che il derma secerne e lascia fluire all’epidermide e quindi ad esse.

Esistono quattro tipi di scaglie, diverse per forma e composizione chimica:

ganoidi, cicloidi, ctenoidi e placoidi.

IL MUCO E LA COLORAZIONE

Il muco ricopre il pesce su tutto il corpo rendendolo viscido e gli dà il

caratteristico odore.

Noi abbiamo il sebo che ha le stesse proprietà del muco.

Impedisce l’insorgere di infezioni e protegge dall’attacco di microrganismi

parassiti quali batteri e funghi presenti nelle acque; ha inoltre la funzione

di facilitare il movimento e diminuire attriti, lubrificare branchie,

opercoli e scaglie.

La colorazione è dovuta alla presenza nella zona sottocutanea di

particolari cellule, i cromatofori, contenenti pigmento nero, giallo o rosso.

La concentrazione o l’espansione dei cromatofori, determina il

cambiamento della colorazione, consentendo al pesce una rapida

mimetizzazione con l’ambiente, ma anche una bellezza speciale per il

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1- Iride

2- Legamento di sospensione del cristallino

3- Cornea

4- Cristallino

5- Muscolo motore

9- Retina

10- Nervo ottico

maschio che deve attirare le femmine: ne è un esempio lo spinarello. I

riflessi argentei sono invece determinati da minuti cristalli di guanina

presenti tra le squame.

LA VISTA

La vista è abbastanza limitata: il pesce vede in modo sfocato; l’acqua

infatti assorbe rapidamente la luce ed è spesso torbida.

Gli occhi sono privi di

palpebre ed agiscono

indipendentemente.

Il cristallino quasi

sferico, viene

allontanato o

avvicinato alla retina

e funziona come l’obiettivo di una macchina fotografica.

L’OLFATTO E L’UDITO

Gli odori sono percepiti mediante un paio di narici; molti pesci rilevano gli

stimoli chimici mediante organo di senso o barbigli situati intorno alla

bocca o su altre parti del corpo.

In assenza di orecchio esterno le vibrazioni sonore sono trasmesse

attraverso le ossa del cranio ad un orecchio interno che contiene tre

canali semicircolari e che funge anche da organo dell’equilibrio.

Il biologo ci ha spiegato che le orecchie sono come un imbuto con un buco

la cui funzione è di sentire la provenienza dei suoni; sott’acqua i suoni si

propagano in tutte le direzioni, quindi al pesce serve solo l’orecchio

interno e non quello esterno.

LA LINEA LATERALE

La linea laterale è l’organo del tatto del pesce, ossia è un particolare

senso intermedio tra il tatto e l’udito che gli permette di evitare ostacoli,

pericoli e sostituisce la vista nelle acque profonde o torbide dove filtra

poca luce.

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Ci sono dei buchi lungo questa linea che sentono lo spostamento dell’acqua:

il pesce può captare la presenza di un muro, così sa di non andare lì; può

sentire la presenza delle piante e là invece non ha paura di andarci.

Grazie a questo organo i pesci possono avvertire la presenza di un

predatore prima che questo sia visibile, e agire di conseguenza, spesso

cambiando repentinamente direzione; nello stesso modo, però, un pesce

predatore può localizzare eventuali prede.

LA BOCCA

La forma, la grandezza e la posizione, insieme con la disposizione dei denti

danno importanti indicazioni sulle abitudini alimentari dei pesci.

La bocca terminale, cioè posta all’apice del muso, è tipica dei pesci

predatori; la bocca superiore, rivolta verso l’alto, caratterizza i pesci che

hanno rapporti con la superficie nutrendosi di piccole prede, come insetti,

provenienti dall’esterno; la bocca inferiore è propria di quei pesci che si

nutrono di organismi presenti sul fondo: in questo caso la bocca è sovente

protrattile.

LO SPINARELLO nell’arte del corteggiamento

L’habitat tipico dello spinarello è costituito da

acque a corrente lentissima, fresche e limpide,

con fondali sabbiosi ricchi di vegetazione.

Durante il periodo della riproduzione indossa un

abito nuziale caratterizzato da gola e ventre

rosso fuoco e occhi azzurro vivo per attirare la

femmina.

Il suo scopo è di farla entrare nel nido, che ha preparato con cura sul fondo con

le erbe acquatiche, per deporre le uova.

Il maschio esegue un’apposita danza rituale ed introduce ripetutamente il capo

nell’apertura del nido finché la femmina non entra.

Una volta che la femmina ha deposto le uova, la scaccia e feconda le stesse,

quindi sorveglia il nido per tutto il periodo dell’incubazione e poi continua a

prendersi cura degli avannotti per circa una decina di giorni.

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PESCI D’ACQUA DOLCE: alcune curiosità sugli animali minacciati

d’estinzione

Storione

Lo storione è un vero e proprio fossile vivente la cui origine risale a ben 200

milioni di anni fa.

È preda dell’uomo che ne pratica largamente la pesca: per la sua carne molto

pregiata e soprattutto per le sue uova di colore nerastro che, opportunamente

salate, costituiscono il famoso caviale, ma anche per la vescica gassosa,

utilizzata nella preparazione della colla di pesce.

Anguilla

L’anguilla è un pesce notturno, vive sotto i sassi o sotto il fango durante il giorno.

Fa una lunga migrazione a ottobre-novembre nel mare dei Sargassi (golfo del

Messico) dove si riproduce: depone le uova una sola volta nella vita e poi muore; i

piccoli hanno la dimensione di una foglia di salice, non assomigliano alle anguille.

I piccoli devono poi risalire, come tornano a “san Fior”?

Nuotano, prendono la corrente del Golfo: corrente di acqua calda che li

trasporta fino a Cortellazzo e diventano anguille.

Lampreda

La lampreda è un pesce primitivo, non ha branchie. Durante lo stadio larvale ha

occhi rudimentali e bocca priva di denti, circondata da un labbro a forma

semicircolare; allo stadio adulto si sviluppano gli occhi e i denti, mentre

l’intestino degenera perché non serve più.

La lampreda si ciba di sangue dei pesci che succhia attaccandosi con la bocca a

ventosa alla loro pelle.

squame liberate dal muco

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Visita all’incubatoio di

Savassa Bassa

Quel giorno, 25 marzo tutti erano in fermento per la gita che dopo tanti

rinvii si era concretizzata.

Scazzone

Lo scazzone, detto “marson” è un pesce che non sa nuotare perché vive in acque

tanto correnti, limpide, fresche e ben ossigenate con fondali rocciosi, sabbiosi o

di ghiaia e sassi. La sua caratteristica è di costruirsi una specie di ancora per

non farsi trasportare dalla corrente, così la sua testa rispetto al corpo è grande;

vivendo poi in mezzo ai sassi non necessita neanche di tanto movimento.

Depone le uova sotto i sassi: le femmine hanno il corpo dello stesso colore dei

sassi. Il maschio le sorveglia attentamente sino alla schiusa, muove le pinne

affinché queste non muoiano e dà loro ossigeno.

Osservazioni

Gli animali hanno bisogno di un certo tipo di ambiente: ad esempio lo scazzone

necessita di un fiume dove ci siano sassi grossi. Nel Piave questo pesce non c’è

più perché gli scavatori tolgono i sassi.

Le anguille hanno tanta strada da fare, lo storione viene ucciso per il caviale…

Se l’habitat viene tolto, i pesci muoiono.

Posso salvare il pesce mantenendo l’acqua pulita, mantenendo le piante, ad

esempio la carpa depone uova che sono adesive: si attaccano alla vegetazione e

nel giro di un paio di giorni si schiudono, quindi posso rispettare e conservare la

casetta di ogni pesce.

(2 dicembre 2013: appunti di Michael, Giorgia, Chiara, Gioele, Melissa, Lorenzo, Anna)

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Ogni alunno, provvisto di zainetto per l’uscita, è entrato in classe: si è

tolto il grembiule e si è messo in fila; io ero con Ilie e tutti ci siamo

avviati verso il pulmino parcheggiato accanto all’ingresso della scuola.

Mi sono seduto vicino a Raul nell’intento di giocare a carte, tuttavia in

seguito le abbiamo rimesse nello zaino.

Subito tutti hanno scattato foto a

raffica, ma io raramente scattavo le foto

perché preferivo prendere appunti.

In pulmino il maestro Fausto parlava delle

lamprede, pesci cartilaginei che in Europa

sono scomparsi, ma che nel Meschio ci

sono ancora, poi delle trote che per riprodursi hanno bisogno di acqua

pulita e infine del paesaggio: le colline su cui sorge Colle Umberto che

sono di origine morenica.

Finalmente dopo qualche decina di minuti di viaggio siamo arrivati a

Vittorio Veneto, più precisamente a

Savassa Bassa.

Lì ci aspettava un esperto, il pescatore

Mario, che ci ha mostrato una casa, la sua,

fatta interamente di pietra proveniente

dalle grotte del Caglieron e in seguito ci ha

fatto entrare

nell’incubatoio: una

stanzetta di fronte alla casa gestita dai volontari

dell’A.P.S. Meschio che ha sede in un’antica

fonderia di origini medievali e che sfrutta il salto

dell’acqua per l’approvvigionamento idrico.

Il Meschio attraversa Vittorio Veneto e

rappresenta l’originario asse su cui si è sviluppata

l’economia industriale e manifatturiera della città.

La presenza di numerosi opifici ed

annesse derivazioni idrauliche ne sono un

esempio.

Per accedere all’incubatoio ci siamo puliti

le scarpe in una vaschetta contenente

della calce e subito davanti a noi abbiamo

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visto tredici vasche tenenti ciascuna dai

dieci ai dodicimila avannotti: i piccoli delle

trote.

Mario ci ha spiegato che il periodo della

riproduzione per la trota marmorata è

novembre, mentre per la trota fario è

dicembre.

La femmina arriva in un posto che trova buono e fa la tana, la pulisce con

la pancia e depone le uova, poi arriva il

maschio a fecondarle. Su mille uova

“fatte” nel fiume solo l’1% resiste ai

predatori di uova.

In media una femmina di tre etti produce

duecento uova, una femmina di quattro-

cinque chili ne produce suppergiù duemila-tremila all’anno.

Per la schiusa ci vogliono circa sessanta giorni: se l’acqua è calda quindi

con meno ossigeno sono necessari però più giorni, se invece è fredda ha

più ossigeno e gli avannotti sono spinti ad uscire.

Dopo la schiusa i piccoli stanno fermi perché si devono difendere dai

predatori.

Nell’incubatoio infatti gli avannotti sono tutti ammucchiati e sono

caratterizzati dalla presenza di una

vescichetta: il sacco vitellino, una riserva

di cibo che li svezza fino a quando non

troveranno da soli il loro alimento.

In questo incubatoio artificiale le uova

giungono fecondate e con una penna d’oca

i pescatori le stendono delicatamente

sulle griglie di stabulazione.

Quando gli avannotti raggiungono una lunghezza di due-tre centimetri

vengono liberati nel Meschio, diventano trotelle e poi trote adulte.

Mario ha proseguito la sua spiegazione facendoci vedere alcune schede

che rappresentano le diverse trote proprio

perché specie endemiche della nostra zona: la

fario dai colori molto accesi con livrea

puntinata nera e rossa, la marmorata

uova di trota

seme di trota

trota marmorata

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caratterizzata da una coloritura più frazionata

somigliante a piastre di marmo, qualche

esemplare di ibrido con predominanza marmorata

e ibrido con predominanza fario, e la trota iridea.

Successivamente prima di uscire da quel luogo

per la merenda, Mario ci ha riferito che

quando si va a pescare è necessario tenere la

mano bagnata o possedere uno straccio umido

prima di toccare i pesci perché altrimenti le

trote si scottano: è come se sulla nostra testa

venisse versata dell’acqua molto calda.

Consumati i nostri panini con i piedi che

poggiavano sopra una sorta di cerchio che

serviva un tempo per riporre i secchi

contenenti gli indumenti da lavare, abbiamo proseguito il percorso fra le

ortiche arrivando sulla sponda del

Meschio, proprio nel punto in cui si

poteva osservare l’acqua di derivazione

per le case.

Abbiamo ammirato quel meraviglioso

spettacolo della natura e siamo ritornati a

scuola.

Questa giornata è stata bella, ma sarebbe stata più divertente se fosse

durata tutto il giorno.

(25 marzo 2014: testo di Lorenzo con gli appunti di Raul, Mubina, Giorgia, Gaia)

Ringraziamenti

Gli alunni della 5^A della Scuola Primaria di San Fior ringraziano:

- il Dirigente Scolastico per l’adesione al progetto;

- i genitori degli alunni che hanno accolto favorevolmente il progetto;

- il maestro Fausto Pozzobon (Legambiente Piavenire) per la conduzione del

progetto e il lavoro sul campo;

- il biologo Loro Roberto per la lezione sui pesci;

- i docenti della Scuola Primaria di San Fior per la disponibilità nel reperire

materiali utili alla realizzazione del progetto.

ibrido con predominanza fario