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OsservatorioInnovazione:

un impegno ineludibileGiuseppe De Rita

Arte

Artisti umbri al Limen Arte

Massimo Duranti

Percorsi musealiI Musei

di Città di CastelloGiovanni Zavarella

Rubrichemarchi e brevetti

Il nuovo made in Italy dopo la legge n. 99 del 2009

e del D.L. n. 135 del 2009Giuseppe Caforio

cameranotizieMario Pera

note di legislazione regionale

Massimo Duranti

scaffaleAntonio Carlo Ponti

Sommario

i m p r e s a

SEditorialeAndrea Sammarco

DossierRicerca pubblica, creazioned’impresa e finanza: gli strumenti per l’uscita dalla crisiLoris Nadotti

Le politiche per l’innovazionedella Regione UmbriaLucio Caporizzi

Camminare nella storiaPaolo Belardi

La rivoluzione verde di Monte VibianoClaudio Sampaolo

Umbria: un territorio variegato per un commercio in evoluzioneAlfredo Renzetti

Economia e territorio“Filiera del Tessile: tracciabilità e trasparenza”

Storia illustrata di PerugiaClaudio Regni

‘Leggo per legittima difesa’Antonio Carlo Ponti

Gli effetti della crisi sulla demografia delle imprese nei comuni della provincia di Perugia

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Comitato editoriale

Giorgio Mencaroni, Andrea Sammarco, Egidio Urbanella, Giuseppe Occhioni,Massimo Duranti, Antonio Carlo Ponti,Giovanni Zavarella

Comitato di Redazione

Andrea Sammarco, Giuseppe Occhioni,Paola Buonomo, Egidio Urbanella

Direttore responsabileAndrea Sammarco

Collaboratore di SegreteriaPaola Petrioli

Obiettivo Impresa (già “Nuova Economia”)Rivista della Camera di CommercioIndustria, Artigianato e Agricoltura di Perugia

RedazioneVia Cacciatori delle Alpi, 4206124 PerugiaTel. 075/5748204Telefax 5748205

Autorizzazione del Tribunale di PerugiaN. 319 del 7 maggio 1963

ISSN 1824 - 887X

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StampaLitograf, Todi

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In copertina: Elaborazione grafica, StudioFabbri.

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Editoriale

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La competitività di un sistema economi-co è strettamente collegata alla sua ca-pacità di introdurre ed applicare inno-vazioni, all’efficienza dei meccanismi ditrasferimento delle innovazioni stesse alsistema produttivo e all’orientamentodelle imprese al loro utilizzo immediatoal fine di soddisfare più efficacemente ladomanda per consumi e investimenti.Il passaggio da sistemi fondati sullaproduzione industriale a modelli piùorientati allo sfruttamento dell’informa-zione e successivamente, al corretto eproficuo utilizzo dei risultati della cono-scenza scientifica, ha accresciuto il rilie-vo e l’interesse per l’innovazione qualeelemento generatore di sviluppo sociale,industriale ed economico e ha indotto ilriconoscimento del suo ruolo determi-nante in tutte le sfaccettature che carat-terizzano i processi di sviluppo.Considerando che i settori industrialimaturi, a basso contenuto tecnologico,sono ormai ampiamente occupati dalleimprese dei paesi emergenti, risalta inmaniera evidente la relazione direttache sussiste tra la capacità competitivadi un Paese e del suo sistema economicoe il peso assunto tra le produzioni indu-striali che esso esprime dai settori adelevata propensione all’innovazione.D’altro canto il contributo, in termini divalore aggiunto, degli output industrialiad elevato contenuto di tecnologia è

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R icerca pubblica, creazione d’impresa e finanza: gli strumentiper l’uscita dalla crisi

Loris Nadotti*proporzionale all’ammontare di risorseinvestite in ciascun paese nelle attivitàdi ricerca propedeutiche alla loro realiz-zazione.Un clima fortemente orientato all’inno-vazione è l’elemento base su cui poggiala creazione di nuove imprese e la di-sponibilità di risorse per gli investimenticostituisce l’altro fattore determinanteper lo sviluppo dei progetti e, in partico-lare, di start-up tecnologiche.A partire da Schumpeter1 la letteraturaeconomica ha ampiamente sottolineatocome la soluzione del vincolo relativoalle risorse finanziarie debba essere con-siderata come elemento imprescindibileper l’avvio di imprese impegnate nellosviluppo di nuove tecnologie; impresequeste, generalmente di recente costitu-zione, attive in settori di nicchia ad ele-vata specializzazione e che dispongonodi dotazioni rilevanti di asset immate-riali, ma anche di mezzi patrimoniali inquantità limitate (Grafico 1).

Questi elementi distintivi rappresenta-no, in estrema sintesi, anche le cause deiproblemi che le imprese innovative in-contrano quando si accingono all’avviodell’attività e si impegnano nel cosid-detto fund raising necessario alla con-creta realizzazione delle rispettive pro-duzioni.Esistono spesso notevoli difficoltà nel

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fornire informazioni su di un’attivitàneonata e nell’ottenere la fiducia dei fi-nanziatori in assenza di dati relativi arisultati economici pregressi e consoli-dati. Le imprese in fase di avvio soffro-no, in questo caso, anche della intrinse-ca incapacità di autofinanziamento cau-sata dal differimento temporale dei flus-si netti positivi derivanti dalla venditadelle produzioni future, che si concretiz-zano solo dopo l’affermazione dell’im-presa stessa sul mercato.Un altro ostacolo, generatore di ulteriorioneri per i finanziatori, è rappresentatodalla necessità di effettuare valutazionitecnico-scientifiche con riferimento aprogetti di impresa dei quali, nella granparte dei casi, non riescono a coglierecompletamente la reale portata innova-tiva. Infatti i migliori conoscitori di tec-nologie e prodotti di cui occorre stimarele potenzialità sono gli stessi promotoridelle start-up da finanziare.Da ultimo, ma non sicuramente in ordi-ne di importanza, nelle imprese in fasedi decollo va considerato il problemaconcernente la scarsa disponibilità digaranzie reali da utilizzare per l’otteni-mento di fondi, a fronte di patrimoniintangibili, spesso rilevanti, di cui, come

si è detto, è piuttosto difficile stabilire ilvalore monetario (Tabella. 1).

In altri termini, l’elevata opacità infor-mativa accentua le note questioni relati-ve ai fenomeni di adverse selection e dimoral hazard, che frequentemente osta-colano una corretta percezione e stimadei rischi da parte dei soggetti finanzia-tori e possono essere causa di raziona-mento dei capitali per le iniziative piùmeritevoli.L’attenuazione delle difficoltà derivantida una scarsa capacità di valutazioneda parte dei finanziatori di imprese in-novative incontra difficoltà anche nel-l’oggettiva impossibilità di divulgaretutte le informazioni disponibili in me-rito ai nuovi progetti: sussiste infattiuna relazione inversa tra valore pro-spettico della business idea e diffusionedelle informazioni che la riguardano2.Se da un lato l’incertezza dei risultatiattesi rappresenta un elemento alla ba-se del razionamento del credito3, d’al-tro canto occorre considerare che ri-schio e fabbisogno finanziario sono va-riabili da stimare in funzione del gradodi maturità raggiunto dal progetto diinvestimento (Grafico 2) (Tabella 2).

Grafico 1. Spesa lorda in ricerca e sviluppo in percentuale del PIL nei paesi OCSE nel 1998 e nel 2007

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmental and Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

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Per quanto concerne le tecniche finan-ziarie per il soddisfacimento del fabbi-sogno di risorse da parte delle impresein fase di start-up occorre tenere pre-sente che l’accesso al mercato dei capi-tali, potenziali controparti finanziatricie gli strumenti utilizzabili dai progettiknowledge based sono decisamente con-

dizionati da alcune specifiche fattispe-cie. In questo senso, determinanti ap-paiono il livello di efficienza e l’assettoistituzionale del mercato finanziarioperché da questi dipendono le modalitàdi accesso alle fonti di finanziamento,cioè attraverso il mercato o, in alternati-va, gli intermediari creditizi. Esistonosistemi economici in cui il mercato di-retto dei capitali riveste un ruolo tradi-zionalmente centrale per cultura, pecu-liarità e per la snellezza delle procedure(si pensi ad esempio al contesto norda-mericano e nordeuropeo) e, viceversa,aree in cui risultano privilegiati rapportiprivilegiati con gli intermediari finan-ziari. Come si è già accennato in precedenza,assolutamente imprescindibile per unagevole ed efficace rapporto di finanzia-mento è l’elemento “informazione”, inpaticolare per quanto attiene alla qua-lità e all’entità dei flussi di notizie capa-ci di condizionare in positivo e in nega-tivo lo stesso sorgere del rapporto di fi-nanziamento. In questo caso occorreprecisare anche come assuma particola-re rilevanza la distinzione tra finanzainterna e finanza esterna; la prima,identificabile con i fondi propri dell’im-prenditore, il capitale di rischio fornitoda altri eventuali soci come businessangel e venture capitalist, va separata edistinta dai finanziamenti derivanti dascambi diretti di strumenti nei mercati,quali azioni e obbligazioni, a causadella natura dell’informazione su cuipoggia il rapporto di finanziamento, ri-servata nel primo caso, pubblica nel se-condo.Il ricorso diretto al mercato dei capitaliè possibile solo nel momento in cui leimprese raggiungono i requisiti dimen-sionali, di capitalizzazione, di volumedi offerta pubblica e di trasparenza im-posti nei circuiti di negoziazione re-golamentati. Inoltre, occorrono ingentiquantità di risorse per coprire gli oneriderivanti dagli obblighi tecnico-giuridiciprevisti dalle norme in materia di quo-tazione e i costi fissi e non recuperabiliche le imprese quotate sono chiamate asostenere nel momento dell’ingresso sulmercato. Per questi motivi, salvo pocheeccezioni che confermano la regola, laquotazione nei circuiti di negoziazione

Tabella 1. Spesa lorda in ricerca e svi-luppo in percentuale del PIL nei paesiOCSE nel 1998 e nel 2007

MessicoSlovacchiaPoloniaGreciaTurchiaIndiaSudafricaUngheriaBrasileFederazione RussaItaliaNuova ZelandaPortogalloSpagnaIrlandaCinaRepubblica CecaNorvegiaLussemburgoOlandaRegno UnitoBelgioCanadaAustraliaFranciaOECD totalGermaniaDanimarcaAustriaStati UnitiIslandaSvizzeraCorea del SudGiapponeFinlandiaSvezia

0,340,780,670,600,370,730,730,660,940,951,051,000,650,871,240,651,151,641,651,901,791,861,761,472,142,132,272,041,782,612,002,532,343,002,863,61

0,460,470,560,570,580,710,950,971,021,121,141,161,181,201,361,491,531,571,641,731,781,891,892,012,082,262,522,542,562,682,772,903,223,393,473,63

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmentaland Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

STATI 1998 o ultimo anno

disponibile

2007 o ultimo anno

disponibile

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regolamentati è ritenuto una soluzioneinadatta a risolvere i problemi tipici intema di risorse finanziarie caratteriz-zanti le imprese in fase di start-up4.Il terzo aspetto da considerare in temadi finanziamento di imprese ad elevatatecnologia e in fase di start-up e il livel-lo della domanda unitaria per investi-menti solitamente da esse espressa: inaltre parole l’entità e l’articolazione deisingoli programmi di spesa previsti dairispettivi business plan.Le imprese innovative manifestano ge-neralmente elevati fabbisogni finanziarifin dall’inizio della propria attività ed ilrischio di non reperire una offerta difondi corrispondente a tali esigenze èelevatissimo, soprattutto per quantoconcerne i primi cicli di produzione.Nonostante nella letteratura economicail dibattito sul tema dei vincoli finan-ziari per lo sviluppo sia ancora aperto emolto vivace5, la presenza di accentuateasimmetrie informative, il peso relativodegli investimenti in ricerca e sviluppo,la presenza di cash flow incerti consen-te di osservare la presenza di significa-tive gerarchie nell’approvvigionamentodi risorse finanziarie, che induce natu-ralmente all’utilizzo, in prima battuta,di quelle più facilmente accessibili e

meno complesse. L’esistenza di unlatente fenomeno di razionamento delcredito a carico delle nuove imprese e lapresenza di priorità gerarchiche nellaripartizione e nella destinazione deifondi disponibili costituiscono datiacquisiti nel dibattito economico. Piùaperta e suscettibile di approfondimentiè la discussione sul tema della strutturafinanziaria e sui vantaggi presunti afavore delle imprese in fase di start-upderivanti dal ricorso diretto al mercatodei capitali rispetto alla situazione chele vede operare in contesti condizionatidalla presenza prevalente degli inter-mediari creditizi.Recenti sviluppi di analisi empiricheportano a far ritenere che la contrappo-sizione tra banche e mercati debba rite-nersi superata sulla base della conside-razione secondo cui non è la strutturafinanziaria ad ostacolare il finanzia-mento dell’innovazione quanto, piutto-sto, la dimensione, l’ampiezza e lo spes-sore dei mercati finanziari che devonoperciò tendere a maggiori livelli di effi-cienza informativa e trasparenza ed astrutture tecniche spesse, articolate edefficienti anche sul piano operativo.Va sottolineato come i vantaggi che sca-turiscono dalla presenza di imprese in-8

Grafico 2. Numero di ricercatori addetti a ricerca e sviluppo per migliaia di occupatinei paesi OCSE nel 1998 e nel 2007

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmental and Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

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Tabella 2. Numero di ricercatori addettia ricerca e sviluppo per migliaia dioccupati nei paesi OCSE nel 1998 e nel 2007

novative per l’intero sistema economicoimplichino interventi significativi daparte delle autorità di politica economi-ca nazionali e locali. Nella maggiorparte dei paesi industrializzati si tende adefinire un insieme omogeneo di misurecapace di stimolare la propensione al-

MessicoSlovacchiaPoloniaGreciaTurchiaIndiaSudafricaUngheriaBrasileFederazione RussaItaliaNuova ZelandaPortogalloSpagnaIrlandaCinaRepubblica CecaNorvegiaLussemburgoOlandaRegno UnitoBelgioCanadaAustraliaFranciaTotale OCSEGermaniaDanimarcaAustriaStati UnitiIslandaSvizzeraCorea del SudGiapponeFinlandiaSvezia

----0,60,81,30,70,92,93,53,53,25,12,53,04,84,05,55,16,46,27,76,36,45,16,67,06,77,34,77,99,39,56,96,29,89,6

13,9

0,31,21,31,51,81,93,64,44,44,55,25,45,55,75,85,96,06,16,56,77,27,37,98,28,38,38,58,79,59,69,8

10,410,511,113,415,7

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmentaland Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

STATI 1998 o primo anno

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2007 o ultimo anno

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l’innovazione nell’industria, con loscopo finale di aumentarne la produtti-vità e la competitività. Gli strumenti ri-tenuti più efficaci sono quelli rappresen-tati dagli aiuti diretti alle imprese e, piùfrequentemente, l’attivazione di fondiper partecipare, tramite operazioni diventure capital, al capitale di rischiodelle imprese. L’Italia, anche se con uncerto ritardo nella definizione di unapolitica di lungo periodo a sostegno del-l’economia high-tech, grazie alla pre-senza di lusinghiere eccellenze locali edell’imprescindibile impegno del siste-ma della ricerca realizzata in campouniversitario, tende a recuperare il ter-reno perduto.Sulla base di questa constatazione, altermine di questo sintetico esame dialcune caratteristiche delle tematicheconcernenti il finanziamento delle im-prese nate dalla ricerca e l’innovazione,le conclusioni non possono che delineareun quadro complesso e articolato.Negli ultimi due decenni le Regioni han-no elaborato strategie e momenti con-certativi o consultivi con imprese (o as-sociazioni di imprese), Enti pubblici diRicerca, Università, centri di ricerca pri-vati, società finanziarie. Ma negli ultimianni hanno potuto sperimentare anchestrumenti di intervento parzialmenteinnovativi seppure nel contesto dellaprogrammazione cofinanziata dalla UE(Grafico 3).

L’Unione Europea chiede oggi di passa-re da politiche di adeguamento internotra i paesi membri a politiche capaci dicompetere sul terreno internazionaleesterni all’Unione. In questo ambito lastruttura industriale esistente potrebbedivenire un vincolo alla scelta, e all’effi-cacia, degli strumenti di intervento delleregioni, piuttosto che spingere ad utiliz-zare misure e strumenti utili a risolverele criticità esistenti. Le regioni che pos-sono contare su una struttura industria-le in fase di avanzato sviluppo, con poli-tiche mirate ad aumentare la capacitàcompetitiva grazie a specializzazioni diprodotto e sulla qualità, potranno soste-nere con crescente efficacia le iniziativein corso, mentre nelle regioni dove l’au-tonoma vitalità delle imprese è menomarcata, il rischio di ricorrere ancora a

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politiche dedicate all’offerta di ricerca etecnologia può incontrare un ostacoloconsiderevole nel descritto vincolo fi-nanziario.

Si possono peraltro avanzare due ulte-riori ordini di considerazioni:

1. bisogna evitare di circoscrivere il pro-blema dell’innovazione e dell’economiadella conoscenza unicamente alle politi-che per la ricerca e l’innovazione, localio nazionali, soprattutto quando questerisultino fondate in larga misura sul so-stegno della domanda delle imprese;infatti, in assenza di simultanei inter-venti sugli squilibri strutturali del tessu-to economico, ciò potrebbe condurre aduna accentuazione delle differenze diffi-cilmente eliminabili senza specificiinterventi;

2. è opportuno chiedersi quali sianorealmente le modalità innovative diintervento, utili per interpretare corret-tamente le opportunità scientifiche etecnologiche quali strumenti aggiuntiviper la risoluzione delle criticità locali;

3. occorre riflettere sul fatto che, se daun lato la domanda si può stimare alivello locale, d’altro canto le impresenon collocano la loro produzione in uncontesto a priori territorialmente limita-10

Tabella 3. Investimenti in conoscenza ericerca in percentuale per il prodottointerno lordo nel 2004 (o ultimo annodisponibile)

Grafico 3. Investimenti in conoscenza e ricerca in percentuale per il prodotto internolordo nel 2004 (o ultimo anno disponibile)

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmental and Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

1,71,92,32,42,73,43,43,53,73,93,94,34,54,95,15,35,96,46,6

PortogalloGreciaIrlandaItaliaSpagnaBelgioAustriaRegno UnitoOlandaGermaniaAustraliaFranciaCanadaTotale OCSEDanimarcaGiapponeFinlandiaSveziaStati Uniti

Fonte: OECD Factbook 2009: Economic, Environmentaland Social Statistics - ISBN 92-64-05604-1 - © OECD2009

STATI 2004 o ultimo anno

disponibile

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to, né a maggior ragione questo avvieneper l’attività di ricerca o innovazionetecnologica.

La strategia proposta dalla UnioneEuropea, risulta sempre più incentratasu un’economia della conoscenza intesaunicamente come presenza crescente diimprese ad alto livello tecnologico, èaltrettanto accertato, però, che la stessastrategia ha già comportato, negli ultimianni, mediante l’esercizio costante dellavalutazione dalle proprie prassi, l’ado-zione di un metodo di apprendimentocontinuo, certamente migliorabile, maanche coerente con l’idea più ampia diuna società basata sulla conoscenza el’apprendimento permanente.Si può pertanto verificare, in sede di

politiche europee in tema di promozionedelle applicazioni industriale dei risulta-ti della ricerca, un tentativo di omoge-neizzazione tra mezzi e fini che dovreb-be rendere più trasparenti e logicamenteconseguenti le azioni che le concretizza-no. Questo è, invece, l’elemento chebrilla per assenza nelle politiche istitu-zionali italiane, siano esse nazionali oregionali, e che tende a condizionareanche la chiarezza nelle strategie e l’ef-ficacia nel raggiungimento degli obietti-vi perseguiti.

* Professore Ordinario di Economia degliIntermediari Finanziari nell’Università degliStudi di Perugia, Delegato del MagnificoRettore per il trasferimento tecnologico.

L’autore esprime un sentito ringraziamento allaDott.ssa Laura Bizzarri che, nell’ambito dellasua tesi di Dottorato presso l’Università Roma 2– Tor Vergata, ha ampiamente trattato eapprofondito i temi da cui prendono spuntoalcune delle considerazioni svolte.

1 SCHUMPETER J., Theorie der wirtschafli-chen Entwicklung, Berlin, Duncker & Humblot,1912, (ed. it. Teoria dello sviluppo economico,Firenze Sansoni, 1977).2 BATTACHARYA S., CHIESA G., Proprietaryinformation, Financial Intermediation andResearch incentives, in “Journal of FinancialIntermediation”, n. 4, 1995.3 CANEPA A., STONEMAN P., FinancialConstraints in the Inter Firm Diffusion of NewProcess Technologies, in “Journal of TecnologyTransfer”, n. 30, 2005, p. 160.4 BERGER A., UDELL G., The Economics ofSmall Business Finance: the Role of PrivateEquity and debt Marketsin the FinancialGrowth Cycle, in “Journal of Banking andFinance”, vol. 22, 1998, stimano che il livellodegli asset complessivi di un’impresa dovrebbeattestarsi intorno ai 10 milioni di dollari pergiustificare la quotazione dei suoi titoli aziona-ri, mentre la raccolta di fondi attraverso l’emis-sione di obbligazioni richiederebbe un attivonon inferiore ai 150-200 milioni di dollari.5 Cfr. BECCHETTI L., CASTELLI A., Raziona-mento del credito, vincoli finanziari, relazionetra investimenti e finanza interna in Italia, in“Le banche italiane e la finanza per lo svilup-po”, BRACCHI G., MASCIANDARO D. (a curadi), Roma, Edibank, 2005.

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L’insieme delle attività rientranti nel va-sto ambito della ormai famosa siglaRSTI (Ricerca Sviluppo Tecnologico In-novazione) rappresentano sempre più ilcuore delle politiche industriali e, più ingenerale, delle politiche di promozionedello sviluppo economico. Quanto sopra vale anche per i cosiddettisettori “tradizionali”, per i quali semprepiù importante risulta l’effetto di “rin-giovanimento” (in gergo tecnico “rejuve-nation”) determinato dallo sviluppo ditecnologie innovative capaci di modifi-care incisivamente cicli di vita e prospet-tive di mercato dei prodotti cosidettimaturi.Conferme e stimoli importanti in tal sensoprovengono – oltre che da una semprepiù copiosa letteratura specialistica edalle risultanze di studi e analisi di variogenere – dagli indirizzi programmatici alivello comunitario (vedi ad es. gli Orien-tamenti strategici per la politica di coesio-ne 2007-2013) e nazionale (Quadro stra-tegico nazionale 2007-2013).I brillanti risultati in termini di recuperodi competitività conseguiti dalla gigante-sca struttura produttiva di un Paesecome la Germania, riconducibili in granparte ad accorti e decisi interventi dipolitica industriale incentrati sul soste-gno ad una potente ricerca scientifica alservizio dell’industria (vedi, per la ricer-ca applicata, il ruolo della Fraunhofer-Gesellschaft, con i suoi 58 Istituti dislo-cati in 40 sedi diversi o, per la ricerca dibase, delle 80 strutture della MaxPlanck Society), esprimono in termini

molto concreti il valore di una politica dital genere.

La forte crisi economica che abbiamovissuto e che ancora per parecchiotempo farà sentire le sue negative conse-guenze, ha d’altra parte portato ad uncomprensibile e repentino spostamentodelle urgenze delle imprese verso temi edobiettivi di brevissimo termine, quali laliquidità ed il credito, oltre al doverososostegno ai lavoratori in difficoltà. Ma è evidente – come ribadito da piùparti, sia nel nostro Paese che all’estero –che per uscire bene dalla crisi e quindirilanciare la crescita non si può prescin-dere da politiche strutturali incentrate inparticolare sulla promozione della Ri-cerca e dell’Innovazione. La crisi, infatti,ha determinato un sensibile vuoto didomanda accentuando quella asimme-tria tra capacità produttiva e livelli diconsumo che ne ha rappresentato laprincipale causa strutturale. Nuovi mo-tori di lungo periodo dello sviluppo sononecessari e vanno in effetti affacciandosi,caratterizzati da forte contenuto di cono-scenza e tecnologia come quell’enormeinsieme di attività che vanno sotto ilnome di green economy. Chi saprà posi-zionarsi bene all’interno di tali flussipotrà mantenere o accrescere il propriotenore di vita, altrimenti è alto il rischiodi restare invischiati nella trappola dellacompetizione con i Paesi emergenti abassi costi.In particolare, il cruciale tema della ri-cerca e dei legami tra di essa ed il mon-

L e politiche per l’innovazione della Regione Umbria

Lucio Caporizzi*

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do delle imprese e della produzioneassume uno speciale rilievo in un Paesecome l’Italia dove tali legami non sonomai stati molto forti e dove si riscontra-no evidenti carenze nella capacità dimettere in atto processi di innovazionetecnologica cosiddetti science-based,derivanti, appunto, da un’attività di ri-cerca sviluppata con un approccio siste-matico e finalizzata ad aumentare lostock di conoscenza da riversare nellosviluppo di nuove applicazioni (defini-zione, questa, che richiama l’altro ampioconcetto di Economia della conoscenza).La nostra regione non fa eccezione a taleriguardo, segnalando anzi indicatori re-lativi all’impegno nelle attività di Ri-cerca e Sviluppo (R&S) da parte delleimprese (vedi, tra gli altri, i dati conte-nuti nelle varie edizioni del RUICS comepure nei Rapporti Aur) anche inferiori a

quelli – già bassi – fatti registrare dalPaese nei confronti internazionali (Gra-fico 1).

A sua volta, il processo di globalizzazio-ne delle catene del valore rappresentaun’importante sfida per le piccole im-prese subfornitrici, seppur abituate aservire mercati locali o nazionali. Anchequando queste non seguono i loro com-mittenti sui mercati internazionali, infat-ti, si sentono comunque spinti ad ade-guarsi agli standard internazionali intermini di tecnologia, qualità, tempi diconsegna e assistenza post-vendita. Lafungibilità di tali subfornitori rispetto aipropri committenti (e quindi il rischio diessere rimpiazzati da altri), inoltre, ètanto più elevata quanto più basso è illivello tecnologico al quale operano.Gli andamenti insoddisfacenti negli ulti-mi anni del Pil pro-capite e della pro-duttività del lavoro (stagnante nell’indu-stria e in calo nel terziario) ci dicono cheil sistema produttivo umbro non hafatto registrare quel processo evolutivo,che pure tutti auspicano e per il quale dapiù parti ci si adopera, necessario peraumentare la capacità di creare valoredell’economia regionale.A tal fine, aumentare la propensioneall’innovazione e le relative capacitàoperative diviene prioritario (Grafico 2).

In tale contesto, il livello regionale sipone come particolarmente adeguatoper l’attuazione di politiche di promozio-ne della capacità di innovazione dellePmi sia nei processi che nei prodotti,nonché per la creazione di aggregazionisistemiche a livello territoriale. Esemplificando, si tratta di creare lecondizioni perché si realizzino livelli piùavanzati di collaborazione tra il sistemascientifico e tecnologico e il sistema pro-duttivo per lo sviluppo di nuove tecnolo-gie, di nuovi prodotti, processi e servizi,competitivi sul mercato globale.È in effetti questa sostanzialmente lastrada maestra che la programmazioneregionale persegue per sostenere e rilan-ciare la ricerca in Umbria. Un approccio integrato e multisettoriale,che parte da una visione sistemica delproblema, ponendo quindi la necessariaattenzione sul fatto che l’equazione “più

Grafico 1. Spesa privata in R&S (RUICS 2008)

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ricerca” uguale a “più innovazione – piùcompetitività – più ricchezza” non èsempre esatta in quanto la sua “soluzio-ne” richiede una pluralità di fattori. Lacatena del valore, infatti, parte dallaricerca e sviluppo, prosegue con la pro-duzione di beni e servizi, la distribuzio-ne, il marketing ed è inoltre strettamenteassociata a ulteriori cruciali fattori dinatura finanziaria (quali crediti, agevo-lazioni, disponibilità di capitale di ri-schio, etc.).A partire da questa consapevolezza, sitende quindi a favorire e sostenere l’in-staurarsi di relazioni tra imprese e traesse ed il mondo della ricerca, sollecitan-do un ruolo dell’Università che sia, con-cretamente, più rispondente alle esigen-ze del mondo produttivo, tanto nei con-tenuti dei propri programmi di ricerca,quanto nella capacità di promuovereprocessi di trasferimento tecnologico e divalorizzazione a fini commerciali dellaconoscenza creata, sostenendo, peresempio, la creazione di imprese innova-tive da spin off accademici.Una politica di promozione della ricercae dell’innovazione, quindi, a tutto cam-po, programmata e attuata nel medioperiodo, in modo da assicurare al mondodelle imprese un quadro duraturo e coe-rente di convenienze e supporti (iviinclusi, ovviamente, i servizi da parte distrutture specializzate), che possa costi-

tuire per esse un riferimento affidabileper la elaborazione ed attuazione deipropri programmi di investimento e svi-luppo. Ne è testimonianza rilevante laforte finalizzazione di risorse verso i temidella ricerca e dell’innovazione decisanell’ambito del POR Fesr 2007-2013(con circa il 60% delle risorse destinatea tali scopi).L’azione di sollecitazione e promozionedell’innovazione svolta dalle corrispon-denti politiche regionali si è orientataprevalentemente al sostegno della do-manda di ricerca e innovazione delleimprese, tramite contributi pubblici perla realizzazione di investimenti aziendaliinnovativi e programmi di ricerca indu-striale e sviluppo sperimentale e pre-competitivo. Con riferimento in partico-lare alla Ricerca e Sviluppo, i sussidipubblici intendono rimediare al dato difatto, largamente accettato e condiviso,che la “quantità” di Ricerca e Svilupposia generalmente sub-ottimale dal puntodi vista sociale, anche a causa della rile-vante generazione di effetti esterni deri-vante da tale tipo di spesa che portaquindi le imprese a livelli di investimentoinferiori a quanto sarebbe desiderabile.Il target è riferito tanto ad imprese sin-gole, anche con progetti integrati (Pia),quanto a raggruppamenti di imprese(bandi Re.Sta). Il pacchetto competiti-vità 2009, di seguito sintetizzato, rap-

Grafico 2. Produttività del lavoro nel periodo 2000-2008 (valori in euro)

Dossier Innovazione / 2.

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presenta bene la tastiera distrumenti attivati dalla Re-gione, tastiera arricchita inquesta edizione anche dasussidi riferiti ai Poli di In-novazione, intesi come unaforma avanzata dei rag-gruppamenti di imprese,con un importante ruolo deicentri di ricerca (Tabella 1).

Di rilievo risulta anche nel-la nostra regione l’esperien-za del Distretto Tecnologicodell’Umbria (Dtu). In questo contesto, a partiredall’autunno 2004, è statainfatti attivata dalla Regio-ne una specifica misura disostegno alla ricerca e al-l’innovazione delle piccole emedie imprese dell’Umbria. Per l’attuazione di questamisura sono state utilizzaterisorse del Fondo Unico,risorse comunitarie e risorse

Tabella 1. Pacchetto competitività 2009(valori in euro)

7.000.0005.000.0006.000.0002.500.0001.000.0005.000.000

500.0001.000.000

200.000

28.200.000

Pia innovazioneOrdinario di RicercaResta Ricerca e ModaResta CommercioTicPoli innovazioneManager a tempoCertificazioniPartecipazione a NetworkInterregionali/Internazionali R&S

Totale

Bandi Disponibilità risorse

Tabella 2. Bando Umbria -art. 12 DM 593/2000 (valori in euro)

396

14

32

5.254.0007.121.8006.770.000

10.707.480

29.853.280

556.0001.005.000

927.2001.448.450

3.936.650

5.810.0008.126.8007.697.200

12.155.930

33.789.930

1 - Materiali speciali metallurgici2 - Micro e nano tecnologie3 - Settore della meccanica avanzata4 - Settore della meccatronica

Totale

Terni N. domande pervenute

CostiRicerca

CostiFormazione

Costo totaleprogetto

(Ric.+Form.)

Dossier Innovazione / 2.

assegnate dal CIPE. Dall’incrocio tradomanda ed offerta, e dall’analisi delleopportunità generate dal contesto istitu-zionale, sono emersi i quattro ambiti diintervento del Distretto, che sono: 1)materiali speciali metallurgici; 2) microe nanotecnologie; 3) meccanica avanza-ta; 4) meccatronica.Negli interventi cofinanziati dalla Re-gione è stato previsto un complesso diazioni anche dal lato dell’offerta: labora-tori, azioni di animazione, disponibilitàdi risorse finalizzate alla qualificazionedel capitale umano, ricercatori, dotto-randi, da inserire nelle imprese.

Nella Tabella 2 si riportano alcuni datisignificativi dell’esperienza del Dtu; delle32 domande pervenute, 18 hanno supe-rato la preselezione per un importo tota-le di 21.800.530 euro.Dopo diversi anni di operatività le politi-che regionali di promozione della Ricer-ca e dell’Innovazione dovranno esseresottoposte ad appositi esercizi di valuta-zione per verificarne l’efficacia e i relati-vi impatti, anche alla luce del già richia-mato andamento stagnante della pro-duttività del lavoro nell’industria regio-nale e della seppur leggera divergenzadel Pil pro-capie regionale rispetto aquelo nazionale.È infatti fondamentale agire in base adeffettivi elementi di analisi e valutazione,che consentano di migliorare sempre piùla conoscenza delle reali criticità delsistema produttivo regionale e quindiapprontare e mettere in campo gli stru-menti più idonei a contrastare tali criti-cità.

*Coordinatore Area Programmazione Regione Umbria

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Perugia è una città aperta, la cui fisio-nomia tradisce senza ambiguità levicende del passato, ma è anche unacittà sfuggente, al contempo pacifica eguerriera, docile e ribelle, crepuscolare esolare. Prima di tutto, però, Perugia èuna città aperta e sfuggente in ogni suaparte. A cominciare dalla vecchia piazzadel Sopramuro: un’area naturalmentevocata allo scambio commerciale, per-ché cardine geografico tra città e cam-pagna, quanto manifestamente dotatadi una riconoscibilità autonoma, perchéda sempre sede d’istituzioni pubblichedi primo piano. Che, tuttavia, cela ilproprio DNA nel sottosuolo, essendoricavata su un terrapieno artificiale con-finato a monte da un’ansa della cintamuraria etrusca e contenuto a valle dauna corda antemurale eretta in età me-dievale. D’altra parte, così come vuole ilcliché delle nostre città d’arte, l’evolu-zione morfologica del Sopramuro chia-ma in causa modificazioni fisiche impu-tabili parte alla volontà di adeguarsi atrasformazioni insediative impreviste eparte alla necessità di risolvere emer-genze statiche improvvise: sostruzionedi muri, crolli di torri, sopraelevazionidi botteghe, apertura di strade, sposta-mento di fontane e di monumenti; maanche demolizione e ricostruzione d’in-teri corpi di fabbrica. Ciò che ci ha con-segnato la storia, infatti, è un vero eproprio palinsesto urbatettonico, la cuicondizione stratificata è tradita dall’e-

lenco delle denominazioni toponomasti-che succedutesi nel corso dei secoli(piazza Piccola, piazza del Sopramuro,piazza Ciuca, piazza delle Erbe, piazzadell’Eguaglianza, piazza Garibaldi,piazza Ciano, piazza Matteotti) e nellacui precisazione formale si sono sovrap-posti i pensieri di grandi architetti: daFrà Bevignate a Fiorenzo di Lorenzo, daGaleazzo Alessi a Osvaldo Armanni.Fino al colpo di mano di Jean Nouvel.La recente realizzazione della linea delminimetrò, infatti, e con essa l’inseri-mento nei circuiti vitali cittadini del ter-minal del Pincetto, ha squadernato ilgià precario equilibrio ambientale con-seguito faticosamente dalla piazza nelcorso dei secoli: ad esempio sovvertendoil ruolo dell’antico Studium Generale,ridotto da elegante fondale su piazzaMatteotti a imbarazzante barriera su viadella Rupe. Imbarazzante perché le ulti-me rampe di scale mobili s’infrangonocontro quel murus civitatis che, daquasi otto secoli, nega l’accesso a repertiarcheologici tra i più seducenti del ca-poluogo umbro, lasciando solo intrave-dere di sguincio (quasi maliziosamente)un piccolissimo tratto del muro etrusco.Si è quindi costretti a entrare nell’acro-poli da un accesso secondario (quasi dauna porta di servizio) ovvero attraversoun percorso angusto quanto inadeguatoalla magnificenza prospettica profusa inetà farnese con l’ampliamento delle vieRiaria e Nuova (attuali vie Baglioni e

C amminare nella storiaNuovi spazi pedonali per la Perugia del terzo millennio

Paolo Belardi*

Coop Himmelb(l)auEnergy Roof Perugia,

2009, fotoinserimento.

Coop Himmelb(l)auEnergy Roof Perugia,

2009, fotoinserimento.

Dossier Innovazione / 3.

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Mazzini) e alla gerarchizzazione sceno-grafica introdotta in età postunitariacon l’apertura di via Cesare Fani. Non acaso, l’idea che sta alla base del proget-to di ricerca è di svuotare il terrazza-mento artificiale per consentire ai flussipedonali provenienti dal terminal delminimetrò di tornare a toccare con ma-no gli imponenti blocchi di travertinoche sostengono la piazza del Sopramuro

prima di sbarcare nel cuore dell’acropoliin uno spazio riparato di nuova inven-zione. L’idea, in altri termini, è di riper-correre metaforicamente la storia mille-naria di una città che non ha mai rinun-ciato a crescere su se stessa. Idea cheperaltro non è del tutto nuova (a comin-ciare dalle variegate soluzioni abbozzatenegli ultimi trenta anni dall’Ufficio Te-cnico del Comune di Perugia) e in partecondivisa, ma comunque audace, vistoche, tra l’immaginazione e la concretiz-zazione, si frappongono molte incognite:dall’apparente immutabilità di un con-testo irrisolto dal punto di vista figurati-vo, ma ormai consolidato nell’immagi-nario collettivo, alle tante incertezze re-sidue sull’effettiva giacitura del muroetrusco. Ragioni per cui l’attività pro-gettuale è stata preceduta, e in qualchemodo orientata, da un’attività conosciti-va rigorosamente scientifica (che ha co-stituito la vera novità), fondata su unaricerca storica dedicata nonché articola-ta in una campagna di rilievo approfon-dita sia dal punto di vista archeologicosia dal punto di vista architettonico. El’insieme dei dati desunti, correlati congli obiettivi generali oltre che con i vin-coli occasionali, ha suggerito due azionisinergiche: la prima di carattere urbani-stico e concretizzata da una galleriaarcheologica ipogea (che, per non ridur-re l’iniziativa alla scala trasportistica,

Coop Himmelb(l)auEnergy Roof Perugia,

2009, vista del modello plastico.

Coop Himmelb(l)auEnergy Roof Perugia,

2009, vista del modello plastico.

Dossier Innovazione / 3.

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ha attribuito ai nuovi spazi ipogei delSopramuro il ruolo di cerniera pedonaletra il terminal del minimetrò e l’assetto,al contempo centripeto e centrifugo,della piazza superficiale), la seconda dicarattere compositivo e concretizzata dauna galleria energetica vetrata (che, perconiugare tradizione e innovazione, haimposto soluzioni architettoniche corag-giose, volte a rispettare le preziose pree-sistenze ambientali senza rinunciare aun’espressività schiettamente contem-poranea). Peraltro, mentre la prima a-zione ha influito sull’organizzazione di-stributiva, fornendo lo spunto per la di-versificazione delle possibilità di fuoriu-scita sull’acropoli, la seconda azione hainfluito sulla risoluzione compositiva didue temi di grande impatto visivo (siadal basso che dall’alto) quali la sistema-zione di piazza Matteotti e la coperturadi via Mazzini, che, proprio per la loroestrema delicatezza, sono stati affidati,a seguito di un apposito concorso pertitoli bandito a livello internazionale, aun’associazione temporanea di profes-

sionisti coordinata da un grande mae-stro dell’architettura contemporaneaquale Wolf D. Prix, fondatore e leaderdello studio Coop Himmelb(l)au diVienna. Ciò che ne è scaturito è ungrande progetto urbano: un sogno adocchi aperti, che attinge linfa vitale dal-l’anima stessa di una città, come Pe-rugia, che non ha né passaggi coperticome Merano né portici diffusi comeBologna né strade fronzute come Agri-gento, ma che è comunque strutturatada un’armatura di percorsi pedonaliunica al mondo. E che potrebbe esserloancorpiù se in futuro, risalite le scalemobili del Pincetto, sarà possibile sotto-passare gli arconi medievali, percorrerele passerelle sospese sui reperti archeo-logici, lambire il muro etrusco ed emer-gere, tra un palazzo rinascimentale e unpalazzo eclettico, al di sotto di una co-pertura ipertecnologica a dir poco sor-prendente. In fondo l’intera sistemazio-ne dell’area del Sopramuro, così comeconcepita, appartiene al prodigiosoprima che all’architettura, laddove si

Progettodella galleriaarcheologica ipogeadel Sopramuro, 2009,

vista del modello tridimensionle.

Progettodella galleriaarcheologica ipogeadel Sopramuro, 2009,

vista del modello tridimensionle.

Dossier Innovazione / 3.

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accarezza l’idea di passeggiare (e sosta-re) in un’area pedonale riparata daun’elica leonardesca sospesa sui tetti,capace allo stesso tempo di produrreenergia rinnovabile e di mitigare i disagiambientali prodotti dal vento. Ma, so-prattutto, capace di tratteggiare arabe-schi di ombre e luci sulle facciate me-dievali della vecchia via della Salsa.Una situazione ambientale ricorrentenella città storica italiana di ieri (se sipensa al successo riscosso dai precedentiottocenteschi di Genova, Milano, Napolie Roma), ma evidentemente eversivanella città storica italiana di oggi (se sipensa alle difficoltà patite in tempi re-centi dalla pensilina ideata da ArataIsozaki per l’uscita degli Uffizi a Firen-ze): volta anche a destare l’ammirazionedei turisti e a ridestare l’orgoglio deiperugini. Che non devono rinunciare aessere arbitri del proprio destino am-bientale. Perché in fondo, così come re-

cita un celebre aforisma di AbramoLincoln, “il modo migliore per predire ilfuturo è inventarlo”.

Il progetto di ricerca Camminare nellastoria. Valorizzazione dell’acropoli diPerugia attraverso un sistema di spazi edi collegamenti pedonali innovativi èstato realizzato dal Dipartimento diIngegneria Civile e Ambientale dell’Uni-versità degli Studi di Perugia (direttoreprof. ing. Luigi Materazzi; responsabilescientifico prof. ing. Paolo Belardi) conil sostegno della Fondazione Cassa diRisparmio di Perugia, con il cofinanzia-mento di Nova Oberdan SpA e con ilcontributo della Camera di Commerciodi Perugia.

Progettodella galleriaarcheologica ipogeadel Sopramuro, 2009,

esploso assonometrico.

Dossier Innovazione / 3.

*Università degli Studi di Perugia

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L’azienda perugina Monte Vibiano, pro-duttrice di olio e vini di alta qualità, èla prima in Italia nel settore agricolo adaver raggiunto le zero emissioni di gasserra. Lo ha certificato la svedese Dnv -uno dei più prestigiosi enti di verifica almondo – che ha consegnato all’ammini-stratore Lorenzo Fasola Bologna il cer-tificato #00001-2009.L’azienda agricola perugina vince cosìla sfida che aveva lanciato l’11 ottobre2008 quando aveva dato il via alla‘’Rivoluzione Verde a 360 gradi’’.

MONTE VIBIANO (Marsciano) - Ungran vino, un extravergine dal gustoeccezionale, oppure una stupendamaglia di cachemire o un morbido par-quet: prodotti che quando escono daiconfini dell’Umbria ci fanno inorgoglire,gonfiare un po’ i muscoli, pensare cheanche la nostra piccola regione se ci simette sa esportare le proprie eccellenze.Sa essere piena di Numeri Uno.Un motivo in più per andare alla sco-perta dell’azienda agraria di MonteVibiano, da poco diventata una isolaverde nell’Umbria verde, una enclaveecologica lungo tutti i suoi 700 ettari di

boschi, con 13 mila ulivi e 200mila vitidistese su 40 ettari, con emissioni di gasserra (Co2) che sono passate da milletonnellate di consumo al segno meno.La sede è nel prestigioso Castello diMonte Vibiano, residenza della famigliaFasola Bologna da fine ’800, una strut-tura che risale addirittura al I secoloa.C. Nel corso degli anni ha subito nu-merosi restauri, ma gran parte dellastruttura e dell’architettura originariasono rimasti intatti. Gli ultimi interventifatti nel 1925 portano la firma dell’ar-chitetto Ugo Tarchi. All’epoca dell’acquisto i Fasola Bolognatrovarono uliveti vecchi oltre 500 anniche facevano parte della proprietà, in-sieme alla vecchia azienda produttricedi olio d’oliva. Il grande progetto di am-modernamento è stato avviato nel 1960da Andrea Fasola Bologna, papà di Lo-renzo, attuale amministratore. A luiabbiamo chiesto di illustrarci come èriuscito a raggiungere in un solo annoquesto prestigioso traguardo.

“Anzitutto – spiega – partendo dallecose più semplici, i nostri mezzi di loco-mozione. Qui si lavora usando moun-

L a rivoluzione verde di Monte Vibiano

ClaudioSampaolo

Dossier Innovazione / 4.

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tain bike, le 15 auto elettriche, i trattoria biodiesel, qui i nostri settanta dipen-denti abitando per la quasi totalità nei

paesi circostanti arrivano spes-so a piedi o in bici. Questo èun dato da non sottovaluta-re. Se tutte le aziende faces-sero come noi, che abbiamoil 95% delle forze lavoro cheabita al massimo a 5 minutida qui, sa quanto si rispar-mierebbe di traffico, di stress,di emissioni dannose? Se-condo un recente calcolo,nelle grandi città si perdono4 anni di vita solo per effet-tuare spostamenti di lavoro”.

La vostra ‘Green Revolution’è stata studiata in tutto ilmondo, da Bbc e Cnn che vihanno dedicato numerosireportage a Bill Gates che hamandato suoi dirigenti percapire come si fa e trasfor-mare anche la Microsoft inun ambiente a emissionizero…

“In effetti questa ‘GreenRevolution’ ha colpito l’im-maginario collettivo, ma poil’abbiamo fatta sul serio, conesempi concreti. Pensi soloche l’anno scorso, quandocominciammo a seguire que-sta strada, organizzammouna conferenza stampa evennero 380 giornalisti datutto il mondo. Calcolammoquante emissioni di gas serraavevano procurato salendosu aerei, auto e treni e pian-tammo l’equivalente di pian-te di olivo…”.

Secondo lei questa è unacarta che l’Umbria può gio-

carsi sui mercati internazionali?

“Certamente. Quando vado a portarel’Umbria fuori dall’Umbria, salendo escendendo da decine di aerei, mi giocotutte le carte, compresa questa dell’eco-logia che è importantissima e molto benrecepita. Perché noi abbiamo già una

bella immagine all’estero ed anche ilfatto che da qui non passino autostradeed i collegamenti con i treni siano diffi-coltosi, alla fine, può portare piccolivantaggi. Quello che dovrebbe funzio-nare come un orologio svizzero, se vuo-le, è l’aeroporto di Sant’Egidio. Bisognalavorare sul turismo e sulle nostre eccel-lenze, che sono certamente il sagranti-no, il cachemire di Cucinelli che a So-lomeo ha fatto un capolavoro, ma anchela Grifo Latte ormai una multinazionaleche fa un ottimo prodotto, anche lafagiolina del Lago Trasimneo, la lentic-chia di Castelluccio e via dicendo. Ab-biamo orgogliosamente molte cose darivendicare e da far conoscere, ma oc-corre unire gli sforzi, procedere tuttiassieme. Politica compresa”.

Torniamo all’azienda ecologica. La do-manda del profano potrebbe essere que-sta. Voi avete una produzione di 240milabottiglie di vino (Sangiovese, CabernetSauvignon, Syrah, Merlot e Sagrantino)e di quasi 4mila quintali di olio all’an-no. Che differenza c’è con i prodotti chearrivano magari da terreni posti vicinoa strade di grande comunicazione o aridosso di città inquinate?

“La differenza la fa la qualità ma perquesto, come le dicevo, la nostra regionedovrebbe spingere i suoi prodotti dipunta, farli conoscere. Poi, quando unoassaggia non torna indietro. La differen-za si sente, perché olio e vino sono pro-dotti che assorbono tutto quello che licirconda. Sia gli odori e gli aromi che gliolezzi. Provi a fare questo esperimento:versi il vino di una stessa bottiglia in duebicchieri. Uno lo lascia sul tavolo, in unastanza diciamo ‘pulita’, con l’altro va inun’altra stanza e fuma una sigaretta. Poiriporta il bicchiere e lo mette accantoall’altro. Il giorno dopo uno sarà ancorabuono, l’altro puzzerà di fumo”.

Piccola marcia indietro. Lorenzo FasolaBologna prende in mano l’azienda nel1998, a 27 anni e con una fresca laureain Economia e Commercio. Quali sonole prime mosse?

“Anzitutto elimino l’allevamento di ma-iali, che rendeva bene, ma era non solo

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molto inquinante, ma per il discorsoappena fatto sugli odori sarebbe statoun controsenso. Poi è toccato ai 70 etta-ri di tabacco. Potevo essere credibilequando andavo in giro per il mondo aillustrare tutte le bellezze dell’Umbriaverde e salutista, della nostra qualitàdella vita, del nostro vino, dell’olioextravergine, se poi continuavamo aprodurre tabacco? Tra l’altro solo que-sta scelta ci fece risparmiare di botto80mila litri all’anno di gasolio, con lerelative emissioni, che servivano per farcamminare i trattori, accendere i forni ele pompe di irrigazione per portare l’ac-qua dal Nestore. I mezzi ora vanno abiodiesel di seconda generazione, estrat-to da terre marginali, cioè non prove-nienti da materie prime agricole. Unrisultato che è stato possibile otteneregrazie al percorso scientifico ideato edelineato dal professor Franco Cotana,direttore del Centro italiano di ricercasulle biomasse. Poi abbiamo passatouna vernice bianca e riflettente ai nostrisilos. Secondo ricerche scientifiche con-dotte sempre dal professor Cotana, di-pingere 10mq di superficie con questevernici speciali equivale a compensare ilriscaldamento globale causato da unaemissione di 1 tonnellata di Co2. Lavernice bianca aumenta il potere riflet-tente della superficie terrestre rispettoalla radiazione solare”.

Abbiamo visto con ammirazione il gira-sole, il distributore di energia elettricache rifornisce i vostri mezzi. Come fun-ziona?

“È un tetto lungo 11 metri costituito da240 moduli di pannelli fotovoltaici insilicio, il cui principio ispiratore è ap-punto quello di un girasole, infatti seguela rotazione del sole per catturarne l’e-nergia verde, che finisce dentro batterieal vanadio e non più a piombo. La dif-ferenza è che la dispersione è di appena1% all’anno rispetto al 50% delle batte-rie a piombo che sono anche altamenteinquinanti. Poi abbiamo una cantinacon tetto doppio ed iperventilato checonsente di ridurre il consumo di ener-gia elettrica per scaldare e refrigerare lebotti. Ma potrei parlarle anche dellaprogressiva eliminazione di fertilizzanti

chimici, sostituiti da quelli organici,oppure delle striscette con codice a bar-re che abbiamo messo a tutti i 13milaolivi, cosicché siamo sempre in grado disapere, uno per uno, in che condizioni è,quando è stato concimato o potato”.

Per anni siete stati leader mondiali inuna produzione davvero sorprendente:bottigliette d’olio monodose da 10 ccper oltre 150 compagnie aeree in tutto ilmondo alle quali avete fornito anche ilvostro vino. Come si fa, partendo dallaprofonda campagna umbra ad arrivarea diventare fornitori di questo livello?

“Ci si muove, si prende la valigia e siparte, sfruttando soprattutto la qualitàdei nostri prodotti. Il primo contrattol’ho firmato nel 1999 con la Crossair,attuale Swiss Air. Partimmo in macchi-na, da Perugia a Basilea, io e il mioamico Gianandrea Dutler. E siccome ilmio inglese non era esattamente ‘fluen-tly’ , per tutti gli 800 chilometri di stra-da Andrea mi fece ripetere il discorsoche avrei dovuto fare, praticamente amemoria, per presentare i miei prodotti.La cosa non mi piaceva moltissimo,anche perché temevo domande dirette,

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specifiche, ma non avevo scelta. Cosìiniziai il discorso davanti a questi sviz-zeri molto seri e austeri. Ma durò po-chissimo, si e no 50 secondi, perché ho

lasciato subito perdere lefrasi imparate a memoria ericordo di aver detto più omeno ‘questo è il mio vino,ve lo lascio, assaggiatelo, sevi piace facciamo l’affare,altrimenti pazienza’. MentreAndrea stava sbiancando egli svizzeri erano tutti peri-colosamente silenziosi hoavuto una intuizione, un po’folle, se vuole. Ho sorriso poiho buttato là “ma è vero che

in Germania, cioè qui vicino, si può cor-rere senza limiti in autostrada? Sapeteio sono un appassionato della FormulaUno, mi piace pigiare sull’acceleratore’.Beh, ho scoperto di avere davanti unclub di tifosi della Ferrari ed abbiamosmesso di parlare di vino. Però ne han-no ordinati due autotreni, bianco e nero.

Poi abbiamo lanciato le bottigliette d’o-lio monodose ed a seguire sono arrivatele altre compagnie, col passaparola”.

È un business che tira ancora?

“In effetti eravamo arrivati a vendereanche 10milioni di pezzi all’anno, allaBritish Airway alla Emirates, alla Qatar,ma l’anno scorso la crisi c’è stata pertutti, compagnie aeree in testa, che han-no cominciato a tagliare i costi. Diciamoche la concorrenza degli spagnoli, anchecon prezzi ridotti della metà, è stata

pesante, ma noi non intendiamo farequesta battaglia al ribasso sui prezzi,noi puntiamo e punteremo sempre sullaqualità perché le compagnie che servia-mo offrono servizi di alto livello, diprima classe e siccome l’olio, il vino e lochampagne sono le uniche cose ricono-scibili quando a bordo ti portano il vas-soio, contiamo di risalire. Io mi accorge-rei dello scadimento di qualità e sepagassi anche un biglietto da qualchemigliaia di euro, protesterei. Nel frat-tempo stiamo diversificando, allargandola nostra presenza verso l’alta ristora-zione. Chef famosi come Siggi Hall,Michel Roux o il giapponese Nobu, nonsolo vengono spesso nel nostro castelloper organizzare eventi, ma servono lepietanze in tavola con i nostri oli: aLondra come a San Francisco, Dallas oAbu Dabhi. Senza parlare dell’olio sur-gelato, una nostra invenzione, di nicchiama molto richiesta”.

Spieghiamo bene…

“L’olio a differenza del vino peggioracon il passare degli anni e surgelandolosi annulla il processo di deterioramento,mantenendo inalterate le qualità chimi-che. Una volta scongelato però va con-sumato subito ed ha costi di produzionemolto alti perché le olive vanno coltequando non sono ancora mature e perquesto rendono un 7% rispetto al natu-rale 18% di media”.

Come va il rapporto con la Microsoft?

“Molto bene. Loro sono affascinati dalnostro percorso, lo stanno studiando permetterlo in pratica e nel contempo ciaiutano in tutto quello che è il nostrosistema informatico, sia hardware chesoftware. Hanno organizzato un meetinginternazionale nel castello e ricordobenissimo che uno degli assistenti di BillGates, ad un giornalista che voleva sape-re il perché di questa scelta, perché ritro-varsi in questa piccola realtà della pro-vincia italiana, rispose…”Non è impor-tante la grandezza di una compagnia mala grandezza della propria visione”. Èstato un gran bel complimento ed ininglese suona ancora meglio”.

Dossier Innovazione / 4.

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L’Umbria è una regione che dal punto divista orografico presenta caratteristichemolto particolari, alternando zone dipianura a zone di collina e montagna,all’interno di un territorio che presentauna densità abitativa medio-bassa ed incui i centri urbani di un certo rilievo(popolazione superiore ai 30.000 abi-tanti) sono, principalmente, sei e cioèPerugia e Terni (i due capoluoghi diProvincia), oltre a Foligno, Spoleto,Città di Castello e Gubbio. All’interno diquesto contesto si sviluppa un sistemaviario complesso e comunque denso dicriticità che, di fatto, almeno sino adoggi, ha complicato lo sviluppo degliscambi commerciali. Le uniche arteriedi un certo spessore risultano la E 45,che collega da sud a nord l’Umbria conLazio e Toscana e la superstrada Pe-rugia-Bettolle, che ha finalmente resomolto più vicina la provincia di Siena aPerugia. I collegamenti sia con Ancona,sia con Ascoli Piceno, rimangono, inve-ce, molto complessi ed isolano l’Umbriarispetto a questi territori. Questa primafotografia regionale evidenzia come ilsettore commercio debba fare i conti condelle criticità strutturali di base, chedeterminano una presenza di bacinicommerciali molto circoscritti a livelloterritoriale e comunque, quasi sempre,estremamente contenuti. Se infatti siesce dai circondari dei due principali

capoluoghi di provincia, Perugia e Ter-ni, è infatti molto difficile poter indivi-duare aree a potenziale commerciale taleda poter ipotizzare insediamenti com-merciali di un certo rilievo. Di conse-guenza è facile intuire che lo sviluppodel commercio si sia snodato soprattuttoattorno ai poli di Perugia e Terni, con aruota Foligno. Nonostante tutto ciò,però la regione ha evidenziato, in questianni del secondo millennio, una signifi-cativa propensione all’ammodernamen-to, con particolare riferimento alle strut-ture della grande distribuzione, sia ali-mentare, sia non alimentare. Comevedremo più avanti, infatti, la densitàcommerciale presente sul territorioregionale umbro non ha nulla da invi-diare alle principali regioni del nord,dove l’evoluzione commerciale ha rag-giunto i massimi livelli nazionali. Unaconsiderazione di base va, però, comun-que fatta: l’evoluzione commerciale nonsignifica solo presenza di grande distri-buzione, bensì poter contare su di unarete distributiva moderna, dove anche ilpiccolo dettaglio sia in grado di espri-mere le proprie eccellenze. E su questo,forse, in parte vi è ancora da lavorare. Dal punto di vista economico la regione,nonostante che il 2009 sia stato un annoterribile per tutto il paese, ha dimostra-to, in base anche ai recenti dati sui con-sumi presentati dall’Osservatorio Findo-

U mbria: un territoriovariegato per un commercio in evoluzione

Alfredo Renzetti

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mestic, di subire in maniera minore,rispetto alla media nazionale, il trendnegativo. Il reddito regionale si è, infatti,posizionato, sia pur di poco, al di sopradella media Italia (18.086 euro del-l’Umbria contro il 18.061 euro dellamedia Italia, con Perugia che si attesta a18.311 euro e Terni a 17.441 euro),mentre i consumi per beni durevoli han-no avuto una flessione complessiva del5,6% rispetto al 2008, mentre a livellonazionale tale flessione ha toccato il7,5%. Rispetto a questi trend il 2009per il commercio, pur in assenza, inquesto momento, di dati specifici, hafatto registrare un certo numero di chiu-sure, mentre su tutto il territorio regio-nale vi è stata una brusca frenata allanuove aperture, visto che una congiun-tura negativa rappresenta uno dei prin-cipali deterrenti a nuove iniziative im-prenditoriali.

LA CRISI ECONOMICA ITALIANA ELE PRINCIPALI LINEE DI TENDENZALa grave crisi economica che sta viven-do il nostro paese ha avuto effetti pesan-ti anche sulle dinamiche della distribu-zione commerciale e del commercio ingenerale.Il 2009 si chiude con un segno negativoper quasi tutte le imprese commerciali,anche per alcune che, notoriamente,avevano fatto registrare, costantemente,incrementi significativi negli ultimi anni.Le vendite, purtroppo, hanno ceduto,nonostante la pressione promozionalesia aumentata vertiginosamente all’in-terno di tutti i diversi formati di vendita,con una naturale compressione dei mar-gini e, di conseguenza, dei risultati diesercizio dei punti di vendita. Questatendenza negativa ha avuto una caratte-ristica comune, nel senso che ha colpitoun pò tutti: dalle grandi catene distribu-tive ai piccoli negozi. E ciò si è notatosia nel settore alimentare, sia nel settorenon alimentare. Nel settore non alimen-tare, per la prima volta, alcune tipologiedi vendita specializzate hanno subitouna battuta d’arresto, dopo anni di cre-scita costante. La Gdo, in generale, hacontinuato a crescere, attraverso i diver-si formati, anche se la crescita delle quo-te di mercato all’interno dei diversi ca-nali – formati si è avuta soprattutto gra-

zie all’aumento delle reti di vendita(incremento dei singoli punti di vendi-ta). Infatti l’analisi sugli incrementi divendite, a parità di rete, è risultata, qua-si ovunque, negativa. È inoltre certo cheormai si stia attraversando, in tutto ilpaese, una fase di vera e propria “matu-rità commerciale”, contrassegnata dalpassaggio da una situazione in cui tutti isingoli punti di vendita operavano in“concorrenza fra di loro” ad una situa-zione di “vera e propria competizionefra i punti di vendita presenti nel merca-to”, fra cui anche quelli appartenenti asettori e canali diversi (ipermercato con-tro grande magazzino, grande superficiespecializzata non alimentare controipermercato, discount contro supermer-cato, ecc. ecc). Mentre nella fase di“concorrenza fra singoli pdv” era possi-bile, per tutti gli attori, trovare spazi dimercato adeguati per poter sopravvive-re, nell’attuale contesto, a seguito anchedi una drastica riduzione dei marginioperativi di contribuzione (a seguitodella crescita della pressione promozio-nale) per alcune aziende distributive siprospetta, purtroppo, solo l’uscita dalmercato. Ed i primi segnali già si sonointravisti ed altri si intravedono, conalcune grandi catene, sia alimentari, sianon alimentari, che hanno chiuso alcunipdv, quelli più improduttivi. A loro sistanno aggiungendo anche pdv indipen-denti che ormai non riescono più a sop-portare il peso di una crisi che li stacostringendo a svolgere un ruolo di mer-cato sempre più marginale.

CAMBIANO I COMPORTAMENTI DIACQUISTOLa crisi economica ha modificato certa-mente atteggiamenti e comportamenti diacquisto anche se essa non è l’unicacausa e presumibilmente alcuni cambia-menti erano già in atto nel consumatoreda tempo, prima del 2008, per inten-derci.In particolare, soprattutto nel settorealimentare, si era notato già nel 2006-2007 che il cliente non concentrava piùla spesa nel fine settimana (spesa dirifornimento) ma diluiva i suoi shoppersnel corso della settimana. Ieri come oggi,in pratica, si acquista meno, ma conmaggiore assiduità.

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La spesa diluita è comunque collegataalle promozioni. Molti clienti acquista-no, infatti, prevalentemente prodotti inofferta e sono sempre alla “ricerca deitesori” (prodotti in promozione). I “cac-ciatori di tesori” sono una tipologia diclientela in forte aumento, non solo nelsettore alimentare, ma anche nel settorenon alimentare, dove le vendite “sconta-te” hanno raggiunto livelli molto elevatianche nei periodi in cui non sono previ-sti, di norma, i saldi di fine stagione.Cioè, in pratica, nei periodi regolari, nonnormati dai saldi di fine stagione, sole leazioni promozionali, in periodi di con-giuntura negativa, riescono a mantenereadeguati i flussi dei clienti nei negozi. Ilconsumatore, insomma, è alla ricercadella “quicq mission”, che prima eralegata solo a propositi consumo (ho bi-sogno di qualcosa, vado a prenderlo) eche ora è invece legato esclusivamentead obiettivi di acquisto (c’è la promozio-ne, ne approfitto). Il cliente odierno èdunque sempre più astuto e probabil-mente fa di necessità virtù, visitare pdvdiversi prima di ogni acquisto, analizzae confronta prodotti e prezzi, valutarecon attenzione la qualità dell’offerta edalla fine sceglie la soluzione più adegua-ta alle proprie esigenze. Si sta semprepiù attenuando, in momenti come l’at-tuale, il concetto di fidelizzazione alpunto vendita, mentre sempre maggioreè l’esercito dei clienti che fanno delnomadismo (visitazione ed utilizzo dinegozi diversi) il loro modo di fare shop-ping.

IL TREND DEL COMMERCIO INUMBRIA ED IN ITALIA DAL 2002 AL2008(Fonte: ufficio studi Confcommercio)

Il 2009 sarà ricordato come uno deglianni più difficili per il comparto distri-butivo, in quanto, presumibilmente, sisono registrate numerosissime chiusuredi punti di vendita. L’assenza di datiufficiali ci impedisce, al momento, dipoter avere un quadro estremamentepreciso della situazione. Gli unici datiufficiali sono quelli forniti dal CentroStudi Confcommercio Nazionale, basatisui dati dell’osservatorio Nazionale sulCommercio e riguardanti l’anno 2008,

che, confrontati con il 2002, hannomesso in evidenza, complessivamente, alivello nazionale, una crescita di circa71.742 unità di vendita, con un anda-mento diversificato in base alle diversecategorie merceologiche. Il settore ali-mentare risulta certamente quello cheha fatto registrare le modifiche più so-stanziali ed in cui, complessivamente,considerando piccolo, medio e grandedettaglio, si è avuto, nel periodo consi-derato, un incremento di 3.112 unità,anche se alcuni settori hanno evidenzia-to elevati decrementi, quali frutta e ver-dura (-5238 unità), carni (-3.685 unità),piccoli specializzati alimentari (-4.293unità).Diversa appare la situazione nel settorenon alimentare dove, a parte qualcheeccezione, il numero degli esercizi com-merciali è cresciuta costantemente inquesto periodo. In particolare, fra il2002 ed il 2008 in Italia il numero deipdv non alimentari è cresciuto di63.477 unità. Questa crescita ha tocca-to, in particolare, l’abbigliamento(+30.467 unità), i tabacchi (4.469unità), i mobili (4.297 unità) e le ferra-menta (3.319 unità). Unica eccezione incontrotendenza sono risultati i negozi dielettrodomestici (-6.339 unità).L’Umbria ha fatto registrare, in questoperiodo, complessivamente un incre-mento di punti vendita pari al 3,5%,inferiore alla media nazionale (5,4%),ma superiore al nord ovest (2,0%) ed alnord est (1,6%). A livello di singolisettori merceologici si evidenzia comein tale periodo i piccoli negozi alimen-tari abbiano tenuto (+0,7%) rispettoalla tendenza generale nazionale, cheha fatto registrare un decremento me-dio di 10 punti, con quote elevatissi-me in Piemonte (-14,0%), Lombardia(-14,9%), Trentino Alto Adige (-16,3%)e Sicilia (-13,9%). Nel settore dell’abbi-gliamento la regione ha evidenziato,sempre nel periodo 2002: 2008, unincremento di punti vendita del 4%, afronte di un incremento medio nazionaledel 10%, risultando in linea sia con ilnord est (3,9%), sia con il nord ovest(4,6%). Uno dei settori in cui l’Umbriaha evidenziato un calo di punti venditaè invece quello relativo a mobili, ferra-menta ed elettrodomestici (-4,7%) ed

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anche qui il trend della regione risultamolto più vicino ad aree evolute com-mercialmente, come il nord est (-4,4%)ed il nord ovest (-2,8%), rispetto, adesempio, alla media nazionale (0,4%)(Tab. 1).

I MINIMERCATII minimercati sono pdv alimentari consuperficie di vendita compresa fra i200 ed 399 mq, che sono stati censiti apartire dal 2005. L’Umbria oggi pre-senta una densità di superficie attrez-zata a minimercato ogni 100 abitantiapri a 4 mq e si posiziona sopra lamedia nazionale (3 mq), dopo Valled’Aosta, Liguria, Trentino e Veneto chepresentano i maggiori valori (5 mqogni 100 abitanti). Nel periodo 2005-2009 la nostra regione ha tuttavia evi-denziato una decrescita di queste tipolo-gie di vendita ed è risultata l’unica re-gione italiana, al pari della Valle d’Ao-sta. Ciò può essere facilmente spiegatocon il fatto che alcuni minimercati (9)sono stati ampliati, in questo periodo e

trasformati in supermercati alimentari(Tab. 2).

SUPERMERCATIIl supermercato è la struttura di venditaalimentare superiore a 400 mq ed infe-riore ai 2500 mq. L’Umbria, rispetto aquesto formato di vendita, detiene unaleadership nazionale, al pari di TrentinoAlto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giuliain termini di densità commerciale rile-vata, proponendo 21 mq ogni 100 abi-tanti di superficie di vendita attrezzata asupermercato (media nazionale pari a13 mq ogni 100 abitanti). Nel periodo2002-2008 l’incremento dei supermer-cati è stato molto elevato ed ha raggiun-to il 49,9%. Incrementi più rilevanti sisono registarti solo in Sardegna (146,6%)(Tab. 3).

IPERMERCATIL’ipermercato è un pdv che proponemerceologie alimentari e non alimentaricon superficie di vendita superiore ai2500 mq. Attualmente sta attraversan-

Tabella 1. I punti di vendita del piccolo dettaglio per merceologia - var. % 2002/2008

9,8-9,55,26,5

15,37,7

-2,48,85,0

-1,93,0

53,22,1

-1,116,724,310,5-2,517,8-3,2

6,77,7

20,611,5

11,6

-14,00,0

-14,9-11,3-16,3-11,4-17,3-9,8

-12,80,7

-5,1-10,5-0,9-5,6-7,7-5,5-2,0

-12,2-13,9-4,9

-13,8-11,9-9,9-8,4

-10,2

13,9-1,533,014,818,520,21,1

10,622,113,214,327,326,01,3

18,612,420,027,814,612,2

23,213,421,916,8

18,5

2,21,11,30,65,77,78,80,61,7

-1,29,0

12,411,216,97,93,7

11,912,35,97,7

1,54,67,27,5

5,5

11,217,111,57,7

21,311,11,94,7

10,719,614,911,29,97,4

24,214,48,7

15,115,78,4

11,08,3

12,215,9

12,5

1,5-8,07,13,17,05,5

-1,73,44,74,08,2

28,813,75,1

14,412,84,57,5

17,416,7

4,63,9

15,013,7

10,1

-3,4-7,2-1,9-4,1-7,7-1,9

-13,2-3,9-7,1-4,7-3,913,20,9

-8,04,04,6

-1,2-3,22,74,3

-2,8-4,42,62,5

0,4

1,43,8

-0,82,9

-2,40,00,21,7

-2,20,9

-0,315,810,36,5

10,06,40,53,58,13,5

0,40,65,77,3

3,9

7,712,76,48,5

-0,72,67,38,33,9

11,44,3

13,79,0

18,218,514,616,411,76,2

16,7

7,25,09,3

13,3

9,7

1,5-1,62,61,52,02,0

-2,82,40,73,53,3

17,07,53,39,28,96,02,56,56,6

2,01,68,37,3

5,4

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSud

ITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

No-Spec-Alim

Spec-Alim

Tab Carb Farm Abb Mef Lib Altro Tot

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Tabella 2. I minimercati

28822

5361881314261242961261171931885610

3203704377

15847

1.034977624

1.0813.716

41819

63127318848212433717610822023415215

36857480

186362236

1.3411.131

7381.9735.183

130-3958557560

4150-92746965

4820437

109204189

307154114892

1.467

35255332144131244324

33233

40,2-10,612,141,834,8

-71,9285,8

9,538,2-8,811,213,8

143,157,013,149,172,1

132,3127,1386,7

24,611,413,577,034,0

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSudITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

punti vendita2005

punti vendita2008

var. ass.08-05

mq. per100 ab.

var. % mq.08-05

Tabella 3. I supermercati

47910

1.18716119485722858442013424459523045

39134653

175439120

1.8371.8631.3931.7996.892

68614

1.447196276

1.08827370349619631667926543

44946164

236618308

2.3432.3401.6872.4448.814

2074

2603582

23145

1197662728435-258

1151161

179188

506477294645

1.922

149

151021212114132116111611688

101015

1418139

13

41,934,418,614,437,225,822,120,925,449,933,412,79,3

-3,321,638,826,747,630,6

146,6

24,124,423,436,927,6

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSudITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

punti vendita2002

punti vendita2008

var. ass.08-02

mq. per100 ab.

var. % mq.08-02

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do una pesante crisi in tutto il paese, acausa della sua ubicazione, generalmen-te periferica, oltre che del fatto che lasua “convenienza commerciale” nonviene più percepita in maniera comple-ta, come avveniva qualche anno fa. Laregione italiana che presenta la maggio-re densità commerciale di ipermercati èla Valle d’Aosta (12 mq ogni 100 abi-tanti di superficie attrezzata ad ipermer-cato), seguita dalla Lombardia (9 mqogni 100 abit.) e quindi da Piemonte,Umbria ed Abruzzo (8 mq ogni 100abitanti). L’Umbria nel periodo 2002-2008 ha avuto un incremento di iper-mercati pari al 143,8% ed incrementimaggiori sono stati evidenziati solo daMolise (187,3%), Puglia (163,2%),Calabria (199,6%) e Sicilia (184,8%)(Tab. 4).

GRANDI MAGAZZINISono pdv non alimentari con superficievendita superiore ai 400 mq che presen-tano almeno 5 reparti distinti. L’Umbriaè la regione che presenta la maggioredensità commerciale per questa tipolo-

gia, vale a dire 7 mq ogni 100 abitanti(media nazionale pari a 4 mq ogni 100abitanti), seguita a distanza da Abruzzo,Friuli Venezia Giulia, Toscana e Valled’Aosta (5 mq/100 abit.). Nel periodo2002-2008 questo formato ha avuto inUmbria un incremento pari al 14,1%,mentre valori molto superiori sono statiregistrati in Basilicata (75,3%), Puglia(51,1%), Sicilia (47,3%), Abruzzo(50,2%), Toscana (36,2%) (Tab. 5).

GRANDI SUPERFICI SPECIALIZZATE(GSS)Sono esercizi con superficie venditasuperiore a 1500 mq che operano nelsettore non alimentare che propongonouna categoria merceologica o una gam-ma prevalente. L’incremento di questestrutture dal 2002 al 2008 è stato moltoimportante su tutto il territorio naziona-le (+491 unità di vendita) con uno svi-luppo piuttosto omogeneo in ogni zonadel nostro paese. La densità commercia-le più rilevante è stata evidenziata inValle d’Aosta (25 mq ogni 100 abitanti)seguita dal Friuli Venezia Giulia (15

Tabella 4. Gli ipermercati

462

10855

556

29294

1720101

11111579

161957055

381

722

12868

551640299

2023153

18233

131918

20811981

112520

260

20130

10110533527

1228

129

47241157

139

812922666577284352426

86445

51,018,911,5-3,853,46,6

114,530,23,0

143,816,414,431,6

187,3114,4163,2148,9199,6184,8108,8

20,623,717,5

123,337,0

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSudITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

punti vendita2002

punti vendita2008

var. ass.08-02

mq. per100 ab.

var. % mq.08-02

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mq/100 abit.), dal Veneto (11 mq ogni100 abit.) e da Lombardia, TrentinoAlto Adige, Marche ed Abruzzo (10 mqogni 100 abitanti). L’Umbria presentauna densità superiore alla media nazio-nale (8 mq ogni 100 abitanti, contro i 7mq/100 abit. Del livello medio Italia),ma inferiore sia all’Italia nord ovest, siaall’Italia nord est (10 mq/100 abit.)(Tab. 6).

IL FUTURO COMMERCIALE DEL-L’UMBRIA: INNOVAZIONE O CON-SERVAZIONE?Le precedenti analisi sulla densità distri-butiva rilevata nella regione Umbria alivello di singoli formati di vendita ali-mentari e non alimentari evidenziacome la presenza della grande distribu-zione sia alimentare, sia non alimentare,all’interno della regione sia ben chiara econfermi come questo territorio stiaattraversando una vera e propria fase di“maturità commerciale”. Chi, forse,aveva pensato che la regione avesseadottato in passato leggi restrittive inmateria dovrebbe tener conto di questi

aspetti ed in particolare del fatto chel’Umbria oggi, sia nel settore alimentare,sia nel settore non alimentare, presentalivelli di densità di superfici moderneelevato. Solo forse il settore delle GSS, legrandi superfici specializzate, debbonoancora crescere e raggiungere gli stan-dard delle regioni del nord. Per il resto,tuttavia, e cioè per quanto concernesupermercati, ipermercati, minimercatie grandi magazzini la regione presentalivelli di densità commerciale molto ele-vati. Tutto ciò tenendo conto della oro-grafia presente, che determina l’insedia-mento di bacini commerciali spessoridotti e già circoscritti dalle singolecaratteristiche territoriali. Bacini in cuimedio grandi strutture di vendita fatica-no a conseguire risultati economici inlinea con i loro standard naturali. Que-ta maturità commerciale evidenziata sulterritorio trova riscontri precisi nellacompetizione che si è sviluppata all’in-terno del mercato e che ha iniziato adespellere aziende medio-grandi da que-sto confronto sempre più acceso. Esempilampanti sono la chiusura di Emmelun-

Tabella 5. I grandi magazzini

645

1423332782755733358

185261359334

658637

244192349323

1.108

637

1603338802050

1245465

165515

80577

6512147

263188408433

1.292

-12

18062

-7-551217

-2025-8212430

3510

19-459

110184

35344453575451211434

34523

13,14,4

-8,0-2,522,7

-12,1-19,9-16,536,214,116,6

-15,350,2

-59,331,551,175,31,0

47,37,9

-2,6-12,4

4,328,44,0

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSudITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

punti vendita2002

punti vendita2008

var. ass.08-02

mq. per100 ab.

var. % mq.08-02

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ga (arredamenti) a Taverne di Corciano(Perugia), quella annunciata per giugno2010 di Cisalfa (articoli sportivi) a Tre-vi, mentre altre presunte chiusure po-trebbero riguardare a breve MediaWorld a Terni e Carabetta a Taverne diCorciano. Ed anche nel settore alimen-tare la selezione è già iniziata da tempo:Superconti ha chiuso proprio un anno faun supermercato a Magione, Sosty hachiuso l’unità di Foligno e vi sono alcu-ne catene, fra cui Penny Market, chehanno messo in vendita, da mesi, un“pacchetto” di pdv ritenuti improduttivi(Marsciano, Foligno, Bettolle, Magione).Insomma, la maturità commerciale ge-nera selezione, una selezione, però, fra“giganti”, vale a dire fra le medio grandisuperfici, che più degli altri oggi rischia-no di vedersi compromettere il propriofuturo. Tutto ciò mentre la regione siappresta ad adottare le nuove direttiveeuropee sul commercio, che dovrebberocontribuire a liberalizzare lo sviluppocomplessivo del commercio. Il “gioco”,insomma, si fa duro, ma non è una que-stione solo dell’Umbria, bensì un tema

che sta affondando in tutta l’Italia ed ilsuo mercato ed in cui solo le imprese cheriusciranno a coniugare al meglio alcuniattributi indispensabili quali location(localizzazione), offerta commerciale,prezzo e servizio riusciranno a guardareal domani con un certo ottimismo. Purnella sua circoscritta dimensione com-merciale, l’Umbria è comunque un terri-torio ambito e radiografato dalle grandicatene distributive: non è un caso cheArmani jeans abbia deciso di avviareproprio da Perugia, da questo fine gen-naio 2010, lo sviluppo del suo cornerArmani jeans da inserire all’interno dipdv di abbigliamento preesistenti. Lascelta, la prima scelta, in pratica lo svi-luppo del corner pilota, ha infatti pre-miato un imprenditore umbro. All’in-terno del suo negozio nascerà il primocorner in questione, da cui poi partirà losviluppo di Armani jeans corner sull’in-tero territorio nazionale. Ed anche que-sto è un segno del buon commercioumbro.

Tabella 6. Le grandi superfici specializzate

1187

2222026

12352755621373527

24112

112913

367276149117909

1459

3333137

18264

1217427495449

64572

194637

518404204274

1.400

272

1111111591246186

1219220

404608

1724

15112855

157491

925105

101115858

104

100441236

1010547

17,75,7

49,545,138,144,314,943,127,627,138,476,752,5

173,6382,124,289,541,3

245,1

38,937,442,1

124,351,2

PiemonteValle d’AostaLombardiaLiguriaTrentino-Alto AdigeVenetoFriuli-Venezia GiuliaEmilia RomagnaToscanaUmbriaMarcheLazioAbruzzoMoliseCampaniaPugliaBasilicataCalabriaSiciliaSardegna

Nord-ovestNord-estCentroSudITALIA

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati dell’Osservatorio Nazionale del Commercio

punti vendita2002

punti vendita2008

var. ass.08-02

mq. per100 ab.

var. % mq.08-02

Dossier Innovazione / 6.

33

Il comparto della moda ha da sem-pre svolto un ruolo strategico nell’e-conomia italiana, rappresentandouno dei principali elementi distintiviche caratterizzano l’economia delnostro Paese.Fattori come l’entrata in Europa dinuovi paesi con sistemi economiciconcorrenti, l’avanzata di economieinternazionali a “buon mercato” el’accelerazione dei cicli produttivi,hanno portato alla necessità, per ilnostro Paese, di rivolgere una mag-giore attenzione a tutto ciò chedetermina e condiziona la competi-tività del sistema produttivo. Le aziende del settore moda (tessi-le/abbigliamento/calzaturiero/pel-letteria), già gravate da problemi evincoli di carattere strutturale, qualile ridotte dimensioni e le carenzeorganizzative, si sono trovate così adoperare in uno scenario internazio-nale completamente mutato, con la

globalizzazione e, soprattutto, con laprorompente ascesa dell’economiaorientale (Cina, India, ecc.), che hamesso a rischio la competitivitàdelle nostre imprese.A tutto ciò, si è aggiunta l’attenzionecrescente espressa dai consumatorinei confronti della visibilità dellafiliera, anche nel settore moda, chedenota un bisogno di rassicurazionebasato sul rifiuto dell’anonimato esul recupero di quegli elementi di“conoscenza diretta” tra fornitore eacquirente che l’organizzazionedella società moderna ha da tempostravolto. In virtù dello scenario sopra deli-neato e per dare una risposta con-creta alle esigenze dei piccoli e mediimprenditori del settore, ITF, strut-tura del sistema camerale, ha pro-mosso il progetto “Tracciabilitàvolontaria nel comparto moda”.

Economia e territorio / 1.

‘F iliera del Tessile: tracciabilità e trasparenza’

34

Gli obiettivi che hanno guidato la nasci-ta e lo sviluppo dell’iniziativa sono:• fare chiarezza sull’origine delle diver-se fasi di lavorazione di un capo in ven-dita, evitando la confusione talvoltaingenerata sul mercato e nel consuma-tore da marchi, brand e loghi; • certificare, in modo trasparente edefficace, l’origine delle produzioni, favo-rendo una naturale distinzione tra quel-la nazionale e quella d’importazione; • creare filiere integrate cliente - forni-tore - ubfornitore; • garantire un consumo “critico”: i con-sumatori sono messi in grado di acquista-re un prodotto di cui conoscono tutta lastoria, comunicata chiaramente in un’ap-posita etichetta, che sancisce la prove-nienza di ciascuna fase di lavorazione.

Il sistema di tracciabilità promossoda ITF è di natura volontaria: nonintende sostituirsi alla normativa,ma vuole rappresentare uno stru-

mento per la valorizzazione di uncomparto fondamentale per il nostroPaese.

La collaborazione con le Camere diCommercio, la condivisione delle “rego-le” (requisiti) del sistema di tracciabilitàcon le principali Associazioni di catego-ria nazionali del settore, la sperimenta-zione del modello su un campione dioltre 50 aziende, hanno permesso a ITFdi fornire uno strumento di certificazio-ne concreto e di utilità per le aziende,attraverso il quale contribuire al rag-giungimento degli obiettivi strategici ecompetitivi sopra esplicitati. La Camera di Commercio di Perugia haaderito al progetto ITF nel 2006 ed inquesti anni ha realizzato vari incontri dipresentazione e promozione del progettopresso le imprese e le Associazioni dicategoria per favorirne l’applicazione;inoltre ha istituito un “Tavolo di Lavoro”con le Associazioni, che opera presso laCamera stessa, per delineare le azioni dicomunicazione del progetto, i risultaticonseguiti e per programmare un per-corso conoscitivo che possa dimostrarsivantaggioso per le aziende stesse.

L’attività di promozione e sensibilizza-zione sul progetto ha portato, a fine2009, ad un bilancio di 11 aziende cer-tificate, sulle 70 totali in tutta Italia. I temi della tracciabilità e della traspa-

Cosa è ITF

L’organismo intercamerale per la filieramoda ITF - Italian Textile Fashion riu-nisce oltre 21 Camere di Commercioitaliane ( tra cui anche la Camera diCommercio di Perugia) e varie UnioniRegionali, in cui opera il settore moda,interessate a valorizzare il ruolo e l’im-portanza del comparto, stimolando ilconfronto tra i distretti e cercandosoluzioni condivise per la crescita delsettore.ITF si è costituita nel 2005 ed ha con-centrato la propria attenzione su duefiloni principali di attività. Il primo èquello della valorizzazione e promozio-ne della produzione italiana (dandovita, per esempio, ad un sistema di trac-ciabilità condiviso e conosciuto che rac-colga in etichetta tutte le informazionisulla vita del prodotto). Il secondo filone di attività, che fa rife-rimento alla tutela del consumatore ealle funzioni di regolazione del merca-to proprie delle Camere di Commercio,è quello relativo alla promozione di unsistema di controlli, organico e coordi-nato, in grado di verificare in primoluogo la veridicità di quanto dichiaratoin etichetta.

Aziende aderenti al progetto di trac-ciabilità promosso dalla Camera diCommercio e certificate ITF

1) Arnaldo Caprai gruppo tessile S.p.A.Foligno

2) Elsa Carlani - Corciano3) Gianangeli srl - Perugia4) In Maglia snc – Città di Castello5) Mac’s S.r.l. – Castiglione del Lago6) Maglital S.r.l. - Trevi7) Newma S.r.l. – Bastia Umbra8) ProFilo S.r.l. - Magione9) Sterne International SpA - Perugia10) Clouds S.r.l. – Bastia Umbra11) Cardinalini & C. Spa – Montecastrilli

(TR)

Economia e territorio / 1.

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renza sono stati anche al centro di unconvegno, tenutosi a Foligno il 26novembre 2009.Nel proprio intervento il presidente del-l’ente camerale Giorgio Mencaroni hasottolineato come, tramite un sistemasemplice, modulare e flessibile qualequello proposto da Italian TextileFashion, sia possibile coniugare l’eticadi impresa, in cui rientra la correttainformazione nei confronti del consu-matore, con l’efficacia della comunica-zione attraverso la riconoscibilità deinostri prodotti.Infatti nel passaporto con cui ITF defi-nisce il proprio sistema di certificazione,il percorso è definito in maniera estre-mamente chiara e convincente: tracciarel’identità del prodotto, fino a risalirealla sua origine, vuol dire accrescere ilvalore della trasparenza e generare cosìun circolo virtuoso in cui i consumatori

ed i produttori diventano i protagonistidi un sistema critico e consapevole.Il consumatore acquista la certezza cheil capo ha viaggiato con documentiregolari e non da clandestino. Da partesua il produttore realizza un vantaggiocompetitivo puntando sulla qualità esull’etica.Un concetto richiamato con forza dalpresidente Mencaroni “soprattutto seguardiamo alle difficoltà che incontranoin questo momento le imprese del tessileabbigliamento umbro”. Un sistema che in regione conta com-plessivamente circa 1.700 imprese con-centrate per lo più in provincia di Peru-gia e, prevalentemente, nei territori diPerugia, Assisi - Bastia Umbra, Cor-ciano - Magione, Foligno - Spoleto eCittà di Castello - Umbertide.

Osservando l’andamento della dinamicaimprenditoriale del settore nell’ultimotriennio si è assistito ad un ridimensio-namento di 140 unità imprenditoriali,corrispondente ad un calo del 7%, unvalore questo che risulta doppio rispettoalla media italiana”. Uno stato di disa-gio che tuttavia non intacca il ruolostrategico che il comparto della Modariveste all’interno del sistema economicoregionale, visto che ad esso va attribuitoil 20% delle imprese e degli addetti delsettore manifatturiero nel suo comples-so. È interessante poi notare come apartire dagli anni ’80 siano progressiva-mente cresciute le aperture di nuoveattività nel tessile.“Il sistema camerale – ha conclusoMencaroni – ha sempre guardato conattenzione all’evoluzione del settore edoggi poi, ci sentiamo accompagnatianche dall’attenzione dimostrata dal-

l’Assessorato Regionale allo SviluppoEconomico, che ha destinato un finan-ziamento di 1 milione e 800 mila europer sostenere reti di impresa finalizzatial miglioramento della competitività edall’offerta sui mercati di capacità disubfornitura e prodotti propri su elevatistandard qualitativi e di servizio. L’au-spicio è che Camera di Commercio, cheindividualmente ha già ripresentatol’argomento tra le principali attività peril 2010, Regione, Associazioni di cate-goria ed imprese sappiano collaborareinsieme, anche a partire da un progettoflessibile come questo di ITF, per rilan-ciare sui mercati nazionale ed interna-zionali la qualità delle nostre produzionie del nostro lavoro”.

Economia e territorio / 1.

Filiera del Tessile: Tracciabilità e TrasparenzaReport di ricerca

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Obiettivi della ricercaIn occasione del convegno sul settore tessi-le, organizzato dalla Camera di Commer-cio di Perugia, che si terrà a Foligno il 26novembre 2009 presso la Sala Convegnidella stessa Camera in piazza Garibaldi;attraverso la sua Azienda Speciale Pro-mocamera, ha commissionato una apposi-ta ricerca volta ad approfondire le temati-che che stanno più a cuore alle imprese deltessile.Obiettivo di tale ricerca è di sondare, tra leimprese del settore, il grado di conoscenzae di apprezzabilità del marchio ITF. Inoltrela ricerca vuole sondare la struttura dellafiliera di produzione per capire le eventualiricadute di applicabilità del marchio ITF.Non ultimo, come del resto in tutte le ri-cerche, obiettivo di natura divulgativa; nelcorso delle interviste alle aziende è statospiegato loro il marchio ITF, le ricadute, lasostanziale differenza con il marchio “Ma-de in”. Tale ricerca ha visto coinvolto uncampione di 200 aziende rappresentativodell’universo di riferimento.Poiché era importante studiare e cercare dicapire come funziona la filiera produttiva,anche perché il marchio TF può coinvolgerenon solo coloro che hanno un proprio mar-chio ma può essere esteso anche ai sub forni-tori, la ricerca ha visto coinvolte sia aziendeche producono in conto proprio sia aziendeche lavorano solo esclusivamente in contoterzi.Per cercare di raggiungere gli obiettivi pre-fissati è stato strutturato un questionario dirilevazione atto a raccogliere informazioninon solo su alcune caratteristiche struttura-li delle aziende come il settore, la tipologiaproduttiva, la dimensione aziendale, il fat-turato e l’anno di costituzione, ma anchetutte quelle informazioni utili a ricostruire imeccanismi della filiera produttiva, le mo-tivazioni che inducono ad affidare in subfornitura alcune lavorazioni, gli aspetti piùcritici della filiera, le azioni che potrebberomigliorarla, gli eventuali rapporti con l’e-stero, quale ente dovrebbe essere deputatoalla tutela della filiera.Inoltre la parte centrale del questionarioera volta a capire la conoscenza del mar-chio ITF, la sua spiegazione, il grado diimportanza che questo potrebbe rivestire,e come potrebbe essere accolto dai consu-matori.Complessivamente il questionario sottopo-

sto, che si allega in appendice 2, compren-de 19 domande che hanno dato origine a81 variabili di studio. Ciò è dovuto al fattoche alcune domande erano strutturate insottodomande ed inoltre ve ne erano moltecon risposte multiple. Vi erano anche di-verse domande aperte, ovvero dove l’inter-vistato poteva aggiungere categorie nonespressamente ricomprese nelle precedenti,ed in alcuni casi domande aperte di spie-gazione e motivazione.

I risultati dell’indagineLe caratteristiche delle impreserispondentiVediamo innanzitutto le caratteristichedelle imprese che hanno risposto all’inda-gine.Come anticipato nel paragrafo precedenterelativo alla metodologia di indagine, si eracercato di ottenere almeno 60 aziende chelavorassero in conto proprio e producesse-ro con marchio proprio, o almeno che svol-gessero anche questo tipo di attività insie-me al conto terzi, e le restanti che operas-sero solo in conto terzi e quindi comesubfornitori.Come evidenziato dalla Tabella 2 e dalGrafico 1, le imprese intervistate che ope-rano in conto terzi sono risultate 139, parial 69,2%; le imprese che operano solo inconto proprio sono 26, pari al 12,9%; infi-ne le imprese che operano con tipologiaprevalente mista, ovvero sia in conto pro-prio che in conto terzi, sono 36, corrispon-denti al 17,9%. Sulla scorta di questi datile aziende che operano in conto propriocomplessive, ossia sia come prevalente checome mista, sono 62, corrispondenti al30,8%.Inoltre alle aziende è stato richiesto se ne-gli ultimi 3 anni avessero modificato latipologia produttiva: solo 3 aziende hannoapportato modifiche, delle quali una è pas-sata da mista a solo conto terzi e le altredue da solo conto terzi a mista.Per quanto riguarda il settore produttivoprevalente, nell’ambito ovviamente del tes-sile e abbigliamento, abbiamo quasi lastessa quota di rispondenti che produconomaglieria e confezioni, rimangono piùmarginali altri settori come i tessuti e quel-lo che abbiamodenominato come altro. Vedi Tabella 3 eGrafico 2.Come detto il settore produttivo prevalente

Economia e territorio / 1.

è costituito dalle confezioni, che riguarda97 delle aziende rispondenti e corrispon-denti al 48,3%; viene poi il settore dellamaglieria, con il 40,8% corrispondente a82 aziende; solo 5 aziende producono tes-suti e le residuali 17 aziende sono statecodificate come altro. Tra queste troviamoproduttori di: sia maglieria che confezioni(3 aziende); abbigliamento intimo (3 a-ziende); ricami sia su tessuti che su pellet-teria e calzature (3 aziende); solo filato (2aziende); biancheria per la casa; camice-ria; abbigliamento in pelle; solo stireria edimbustamento; tessuti di nastro elastico;materiale per camici ospedalieri in tessutonon tessuto.Analizzando congiuntamente la tipologiaproduttiva ed il settore produttivo preva-lente, possiamo dire che sussiste una certarelazione, statisticamente significativa, suquesti due dati strutturali. Per il settoremaglieria abbiamo una prevalenza di tipo-logia produttiva mista e contestualmenteuna sottorappresentazione sul conto pro-prio. Allo stesso modo per il comparto del-le confezioni abbiamo una scarsa propen-sione alla tipologia mista mentre abbiamouna sovra rappresentazione di aziende chelavorano in conto terzi. Per il comparto deitessuti abbiamo una scarsissima propen-sione al conto terzi, mentre un’altissimapropensione al conto proprio o comunquealla tipologia mista. Anche per le aziendeche sono state catalogate come altro abbia-mo una sovra rappresentazione e quindiuna predilezione per la tipologia produtti-va in conto proprio (Grafico 3).

Prima di passare ad esaminare la dimen-sione aziendale prendiamo in considerazio-ne se l’azienda ha o meno un punto vendi-ta o spaccio aziendale. Solo 59 delle 201aziende intervistate, corrispondente al29,4%, ha un punto vendita al pubblico.Delle 59 aziende che hanno un punto ven-dita o uno spaccio aziendale, 32 produco-no prevalentemente maglieria (delle quali4 in conto proprio, 9 in conto terzi e 19miste), 21 producono confezioni (dellequali 8 in conto proprio, 5 in conto terzi e8 miste, 3 producono tessuti e 3 produco-no altro. Le aziende che hanno uno spac-cio aziendale o punto vendita, sono quindiprevalentemente riconducibili ad aziendeche producono con proprio marchio oppu-re che operano con tipologia produttiva

Tabella 2. Potrebbe indicarci la tipologia produttiva prevalente?

Tabella 3. Può indicarci qual’è il suo settore produttivo prevalente?

Grafico 1. Tipologia produttiva prevalente

Grafico 2. Settore produttivo prevalente

Economia e territorio / 1.

Grafico 3. Tipologia produttiva e settore produttivo

Tabella 4. Aziende con un punto vendita o spaccio aziendale suddiviseper settore e tipologia produttiva

Tabella 5. Dove sono ubicati i punti vendita1

mista (sia conto proprio sia conto terzi).Sono, infatti, 15 su 26 (corrispondenti al57,7%) le aziende che operano in contoproprio ed hanno uno spaccio aziendale opunto vendita; per quanto riguarda le a-ziende che operano con tipologia mista so-no addirittura l’83,3% (ovvero 30 aziendesu 36) ad avere un punto vendita. Moltoridotta invece la quota delle aziende cheoperano esclusivamente come conto terzi:di queste sono 14 su 139 ad avere unospaccio aziendale. Esiste anche una nettarelazione tra le aziende che hanno un pun-to vendita o spaccio aziendale e le loro di-mensioni. Al crescere della dimensione,infatti, sia in termini di addetti sia in ter-mini di fascia di fatturato, aumenta la pro-pensione ad avere un punto vendita ospaccio aziendale (Tabelle 4-5).

Per quanto riguarda l’ubicazione dei puntivendita, questi sono per lo più presso lostabilimento produttivo (73,9% delle ri-sposte date corrispondenti all’86,4% delleaziende).Vi sono poi poco più di un quarto delleaziende che ha uno o più punti vendita lo-calizzati nel territorio italiano. Infine unulteriore 5,1% di aziende ha dei punti ven-dita localizzati all’estero. I punti venditaall’estero sono da ricondurre esclusiva-mente ad aziende che producono in contoproprio; per i punti vendita in Italia 14delle 15 aziende che hanno risposto sonodi tipologia conto proprio o mista, mentresolo una risulta lavorare per conto terzi.

Vediamo ora la dimensione aziendale. Perquanto riguarda il numero degli addetti leaziende non hanno trovato particolari diffi-coltà nel rispondere e ciò non ha suscitatoneanche particolari reticenze. La tabellasuccessiva (Tabella 6) mostra le risposteforniteci dalle aziende. Le aziende di picco-lissime dimensioni, ovvero fino a 5 addettirisultano essere solo l’8%, pari a 16 azien-de, anche se in questo caso dobbiamoricordare che la lista iniziale delle aziendeera ordinata per dimensione, quindi moltedelle piccolissime imprese non sono stateneanche contattate (come esplicato nel pa-ragrafo metodologia e campione ed in par-ticolare nella Tabella 1, sono state contat-tate 407 delle 1573 aziende in elenco). Laquota più corposa di aziende, pari a circa il70%, ha una dimensione aziendale tra i 6

Tabella 6. Numero totale di addetti

Economia e territorio / 1.

6% di aziende che fattura oltre 5 milionidi euro. Ovviamente vi è una strettissimarelazione tra la dimensione aziendale, ov-vero il numero di addetti, e la fascia di fat-turato. Al crescere degli addetti cresce ilfatturato. Le aziende fino a 5 addetti rie-scono a fatturare al più fino ad un milionedi euro, ma oltre la metà di esse non supe-ra i 250 mila euro. La classe dimensionaledai 6 ai 20 addetti risulta essere la piùvariegata in termini di fatturato: circa unterzo di aziende, di questa classe dimensio-nale, fattura fino a 250 mila euro (proba-bilmente le più piccole); oltre la metà fat-tura fino ad 1 milione di euro; la restanteparte arriva a fatturare fino a 10 milioni dieuro. Anche per la fascia dimensionalesuccessiva non si supera la soglia dei 10milioni di fatturato, anche se, ovviamente,con ripartizioni diverse all’interno dellefasce di fatturato.Le aziende con oltre 50 addetti fatturanoda un minimo 1-5 milioni di euro fino aoltre 50 milioni (Grafico 4).

Come ultimo dato strutturale, ovvero lega-to alla struttura dell’azienda, andiamo avedere l’anno di costituzione. A questadomanda 3 aziende non hanno dato rispo-sta non ricordando di preciso quando sisono costituite. Va anche specificato cheabbiamo richiesto l’anno di costituzione inriferimento all’anagrafica dell’azienda nelmomento della rilevazione (ovvero l’annodi costituzione della denominazione azien-dale presente nel registro imprese alla datadel 30 giugno 2009). Se, ad esempio, nelcorso del tempo le aziende hanno cambia-to denominazione o forma societaria, a noihanno rilasciato l’anno di costituzione del-l’attuale forma societaria o denominazionesenza considerare, quindi, le precedenti.Alla luce di questo, dobbiamo dire dasubito che l’azienda più “anziana” è statacostituita nel 1940, mentre la più giovaneè stata costituita proprio quest’anno, nel2009. Per dare una rappresentazione piùaccorpata di tutte le aziende le abbiamoclassificate in 5 categorie a seconda del-l’anno di costituzione. Nella prima catego-ria, che abbiamo denominato “Le Sto-riche”, sono ricomprese le aziende costitui-te prima del 1980; nella seconda categoria,“Le Mature”, troviamo le aziende costitui-te tra il 1980 ed il 1990; nella terza, “LeConsolidate”, le aziende costituite tra il

meno di 250 mila euro. Un ulteriore17,3% di aziende fattura fino a 5 milionidi euro portando la percentuale cumulataa circa il 94%, rimane, quindi, un ulteriore40

ed i 20 addetti; vi sono poi circa il 18% diaziende di medie dimensioni, ovvero tra 21e 50 addetti, ed infine abbiamo intervistato9 aziende con oltre 50 addetti.Per quanto riguarda invece le fasce di fat-turato, questa domanda ha suscitato piùreticenza negli intervistati, tanto è che 22aziende non hanno saputo o voluto rispon-dere a questa domanda (Tabella 7).

Per quanto riguarda, quindi, le fasce difatturato, possiamo dire che le aziende chefatturano fino ad un milione di euro sonopari al 76,5%, delle quali il 29,1% fattura

Tabella 7. Potrebbe indicarci la classe di fatturato conseguito nel 2008?

Grafico 4. Relazione tra fascia dimensionale e classe di fatturato

Economia e territorio / 1.

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1990 ed il 2000; nella quarta, che abbia-mo denominato “Le Giovani”, le aziendecostituite tra il 2000 ed il 2005; infine nel-l’ultima categoria, “Le Giovanissime”, leaziende costituite dal 2006 in poi.Il grafico successivo (Grafico 5) mostra laloro ripartizione. Notevole è la quota dellestoriche e delle mature, che assieme supe-rano il 60% del complesso delle aziende.Poco meno di un quarto è la quota delle

Economia e territorio / 1.

Grafico 5. Ripartizione delle aziende per anno di costituzione

Tabella 8. Ripartizione delle aziende per anno di costituzione

consolidate, mentre le giovani e le giova-nissime totalizzano assieme una quota dipoco superiore al 15% (Tabella 8).

Analizzando l’anno di costituzione con-giuntamente ad altre variabili come il set-tore produttivo, la tipologia produttiva, ilnumero di addetti e la fascia di fatturato,non si riscontrano relazioni statisticamentesignificative.

La filiera produttiva e le fasi di lavo-razionePrima di parlare del marchio ITF abbiamochiesto alle aziende dove venivano svolte leprincipali fasi di lavorazione. Così comeprevede l’etichetta del sistema di tracciabi-lità volontario TF, per il tessile e l’abbiglia-mento le fasi produttive codificate sono 4:il filato, il tessuto, il nobilitato ed il confe-zionato.Nel corso delle interviste, al fine di ottene-re risposte congruenti ed omogenee tra levarie aziende, abbiamo introdotto una spe-cifica su cosa intendessimo per le 4 fasiproduttive, ovvero:• Filato: Produzione di fibre tessili (natu-rali, artificiali, sintetiche). Produzione difili continui greggi o tinti in pasta; produ-zione di filati discontinui greggi o tinti intops. Operazioni di trasformazione e tintu-ra di filati.• Tessuto: si includono tutte le operazioniche permettono di trasformare un filo ofilato in una superficie tessile. Per superfi-cie tessile è da intendersi: trama o ordito;tessuti a maglia; tessuto-non tessuto. Ilprodotto che scende da telaio è definitopezza.• Nobilitato: operazioni per la tintura ostampa; stampa o tintura; finissaggio (cisono molti tipi di finissaggio: garzatura,pettinatura, rasatura, stiratura, trattamen-ti ignifughi o antibatterici, trattamentiimpermeabilizzanti).• Confezionato: si intendono tutte le fasidi taglio e confezione vera e propria delcapo.

Vediamo quindi cosa ci hanno risposto leaziende in ordine a queste quattro fasi dilavorazione (Tabella 9).

Per la fase del filato ci hanno risposto 176aziende, le restanti 25 non ci hanno saputoindicare dove questa fase di lavorazioneveniva svolta, quindi sono state catalogatecome non risposte e non rientrano nellaTabella 9. Per le aziende che ci hanno ri-sposto, solo il 6,3% delle aziende del no-stro campione esegue questa fase produtti-va in azienda, in alcuni casi affiancata an-che da altre aziende. Questa fase produtti-va, come ci indicano le aziende, viene ese-guita nella grande maggioranza in Italia(ciò è dichiarato dal 95,5% dei risponden-ti). Un ulteriore 10,8% dichiara che tale

fase è svolta anche da aziende Europee allequali si aggiungono, per un 2,3% di ri-spondenti, aziende Extra-Europee.Solo una azienda dichiara che tale faseviene svolta sì in Italia ma in un’aziendacon titolare e/o dipendenti extracomunita-ri. Le aziende che più spesso non hannosaputo rispondere a questa domanda sonoquelle del comparto delle confezioni (Ta-bella 10).

Per la fase del tessuto sale a 186 il numerodi aziende che ha risposto alla domanda, lerestanti 15 che non hanno risposto sonoprevalentemente del comparto della ma-glieria.Prioritariamente questa fase di lavorazioneviene svolta in altre aziende italiane (datofornito dal 76,3% dei rispondenti), ma siaggiunge anche una buona quota di azien-de umbre che eseguono questa fase pro-duttiva (in questo caso sono il 23,7% delleaziende rispondenti). Completano il qua-dro circa il 9% di aziende che dichiara cheviene svolto in altra azienda europea ed inultimo un ulteriore 7,5% di aziende di-chiara che viene svolto da aziende extra-europee. Le aziende che non hanno saputoo voluto rispondere a tale domanda sonoper lo più del settore della maglieria e delleconfezioni.Per la fase di lavorazione del nobilitatosono 181 le aziende che hanno fornitoalmeno una risposta. Di queste il 41,4%(corrispondenti a 75 aziende) dichiaranodi svolgere in azienda tale attività; il62,4% dichiara che viene svolta da altreaziende italiane; il 4,4% da altre aziendeeuropee; il 2,2% da altre aziende extra-europee. Residuale come nelle altre fasi dilavorazione il contributo di aziende italia-ne con titolare e/o dipendenti extracomu-nitari, che viene segnalata solo da un’a-zienda. Le aziende che non hanno saputoo voluto rispondere a tale domanda sonoper lo più del settore codificato come altroe della maglieria (Tabella 11).

Vediamo ora l’ultima fase di lavorazione,ovvero il confezionato. In questo caso ab-biamo il numero più alto di azienderispondenti, pari a 192 su 201. Le 9 azien-de che non hanno risposto sono riconduci-bili, in 5 casi, al settore “altro”, e nei re-stanti 4 alla maglieria. Le 9 aziende chenon eseguono il confezionato, in realtà si

Tabella 9. Dove viene svolta la fase del Filato2

Tabella 10. Dove viene svolta la fase del Tessuto3

Tabella 11. Dove viene svolta la fase del Nobilitato4

Tabella 12. Dove viene svolta la fase del Confezionato5

Economia e territorio / 1.

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Economia e territorio / 1.

occupano in tre casi di produzione esclusi-va di filato; in 4 casi di produzione di tes-suto e negli ultimi due casi solo di nobilita-to (ricami per calzature e pelletterie e stiroed imbusto) (Tabella 12).

Per le aziende che ci hanno risposto, ilconfezionato risulta la fase lavorativamaggiormente esplicata in azienda essendoeffettuata internamente dal 90,6% di esse.Un ulteriore 19,3% di aziende dichiara cheviene svolta in altra azienda italiana. Delle37 aziende che hanno dichiarato che ilconfezionamento viene svolto in altra a-zienda italiana, 19 eseguono il confeziona-mento anche internamente alla propriaazienda, mentre le restanti 18 dichiaranoche in azienda tale fase produttiva nonviene svolta.Abbiamo poi 3 aziende che dichiarano che

Tabella 13. Complessivo delle risposte inerenti alle fasi di lavorazione

Tabella 14. Fattori che inducono ad affidare lavorazioni all’esterno

viene svolta in altra azienda europea e sene aggiunge un’altra che dichiara cheviene svolta in altra azienda extra-euro-pea.Cerchiamo ora di riepilogare e di dare unavisione un po’ più di insieme in ordine atutte le risposte ricevute. Considerandocongiuntamente tutte le fasi di lavorazio-ne, la Tabella 13 riepiloga tutte le rispostefornite dalle aziende6.

Dalla tabella possiamo evincere che il36,45% delle risposte fornite alle varie fasidi lavorazione viene svolto presso l’azienda

intervistata; a questo si aggiunge una quo-ta del 55,16% delle risposte che vedonocoinvolte altre aziende italiane. Possiamoallora dire che, nel complesso di tutte lefasi di lavorazione del tessile e dell’abbi-gliamento, le risposte che ci sono state rila-sciate dalle aziende intervistate, ricadonoper una quota pari al 91,61% su aziendeche operano in Italia. Analogamente laquota di risposte che ci riconduce a lavora-zioni fatte in Europa è pari al 5,64% equella per l’Extra Europa ci porta al2,76%.Successivamente abbiamo chiesto alleaziende quali fattori inducono ad affidareall’esterno alcune lavorazioni, ciò al fine dicapire quali fossero le molle che muovonola sub-fornitura.A questa domanda ci hanno risposto siaaziende che operano in conto proprio, eche quindi sono proprio loro che affidanofasi in sub-fornitura, sia aziende che ope-rano in conto terzi e sono loro stessi i desti-natari della sub-fornitura. Presentiamodapprima il complesso delle risposte e veri-fichiamo poi se i due punti di vista (com-mittente vs sub-fornitore) rivelano diffe-renze di percezione (Tabella 14).

Dalla tabella si evince subito che il fattorepiù importante che induce ad affidare lelavorazioni all’esterno dell’azienda sia “l’e-levata specializzazione tipica dei sub-for-nitori”, in questo caso abbiamo un 79,4%di aziende rispondenti che lo giudica fon-damentale alle quali si aggiunge un ulte-riore 11,1% che lo reputa molto importan-te. La seconda motivazione, in ordine diimportanza, prende in considerazione l’a-spetto dei costi. Si posizionano con la stes-sa percentuale cumulata (“Fondamentale”+ “Molto Importante”), pari al 42,2%, idue fattori centrali legati appunto all’a-spetto dei costi. Abbiamo quindi che “ilminor costo di esecuzione delle fasi all’e-sterno” risulta “Fondamentale” per il32,6% dei rispondenti al quale si aggiungeuna quota pari al 9,6% di coloro che loreputano “Molto Importante”; per l’altrofattore, ovvero “la possibilità di compri-mere forzosamente i costi”, abbiamo un31% di rispondenti che lo reputa “Fon-damentale” al quale si aggiunge un 11,2%di coloro che lo reputano “Molto Impor-tante”. L’argomento che viene reputatomeno importante, rispetto agli altri ovvia-

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Grafico 6. Grado di importanza attribuito al fattore “Necessità di con-trollare le oscillazioni di domanda” suddiviso per classe di addetti

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mente, risulta essere “la necessità di con-trollare le oscillazioni della domanda”. Inquesto caso abbiamo che solo il 4,7 lo re-puta fondamentale al quale si aggiungepoco più di un terzo di aziende che loreputa molto importante. È da osservarecomunque che il 34,2% delle aziende loreputa irrilevante.Come anticipato precedentemente vedia-mo se la tipologia produttiva incide sui fat-tori considerati come prioritari.Per quanto riguarda il primo fattore, ovve-ro “la necessità di controllare le oscillazionidella domanda”, risulta una relazione sta-tisticamente significativa con la tipologiaproduttiva.Sono maggiormente le aziende che produ-cono in conto terzi a reputare tale fattoreirrilevante, mentre le aziende che produco-no in conto proprio o con tipologia mista siconcentrano maggiormente tra l’importan-te ed il fondamentale.Invece per i due fattori centrali, ovveroquelli riferiti ai costi, non emergono rela-zioni statisticamente significative con la

tipologia produttiva. Per l’ultimo fattore,ovvero l’elevata specializzazione tipica deisub-fornitori, oltre ad avere una relazionestatisticamente significativa, questa risultainversa a quella del primo fattore.

Nel dettaglio i produttori in conto proprioreputano questo fattore per lo più irrile-vante e poco importante. Viceversa le a-ziende che operano in conto terzi attribui-scono a questo fattore una rilevanza fon-damentale. Ad esempio se prendiamo ilcomplessivo di tutte le aziende che hannorisposto che questo fattore è fondamentale,vi troviamo solo il 5,3% di rispondenti cheoperano in conto proprio; il 76,7% cheoperano in conto terzi; ed infine il 18%che operano con tipologia mista.Sembra evidente quindi che le percezionitra chi opera in conto proprio e chi operain conto terzi siano sostanzialmente diver-se. Chi opera in conto terzi attribuisce lascelta del committente alla sua elevataspecializzazione mentre reputa molto me-no importanti gli altri fattori. Per chi operain conto proprio, invece, le risposte vengo-no spalmate un po’ su tutti i fattori, senzadelle grosse predominanze. Questo potreb-be indicarci che tutti i fattori consideratisono importanti per alcuni e meno per altrie viceversa.Non esistono relazioni statisticamente si-gnificative con il settore produttivo, ovveronon si riscontrano differenze apprezzabilinelle risposte date da chi produce maglie-ria piuttosto che da chi produce confezionio tessuti.Abbiamo invece riscontrato una relazionestatisticamente significativa tra tutti i fat-tori considerati e la classe dimensionaledell’azienda, ovvero il numero di addetticomplessivi.Per il primo fattore (la necessità di con-trollare le oscillazioni della domanda),come si può vedere dal Grafico 6, all’au-mentare del numero degli addetti diminui-sce la sensazione che tale fattore sia rile-vante. Ciò è maggiormente riscontrabilenelle due fasce centrali di addetti, che sonoanche quelle più popolose. Vediamo inquesto caso che la quota di coloro che re-putano questo fattore molto importante efondamentale diminuisce ad appannaggiodi coloro che lo reputano importante opoco importante.

Lo stesso andamento si registra per il se-condo fattore, ovvero il minor costo di ese-cuzione delle fasi all’esterno. Anche inquesto caso si ha una relazione inversa,ovvero all’aumentare del numero degliaddetti diminuisce il grado di importanza

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Grafico 7. Grado di importanza attribuito al fattore “Minor costo diesecuzione delle fasi all’esterno” suddiviso per classe di addetti

Grafico 8. Grado di importanza attribuito al fattore “Possibilità dicomprimere forzosamente i costi” suddiviso per classe di addetti

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che viene riconosciuto a questo fattore. Inquesto caso è interessante notare, anchedal Grafico 7, come aumenta la quota dicoloro che reputano questo fattore irrile-vante, passando dalla classe fino a 20

addetti alle successive. Nella classe da 6 a20 addetti questo fatture risulta come fon-damentale, avendo la quota più elevata diconsensi, ma nelle successive due classi èla categoria irrilevante che riscuote i mag-giori consensi.Analizziamo ora il terzo fattore, ovvero lapossibilità di comprimere forzosamente icosti.Così come per i due fattori precedenti siregistra una relazione statisticamente si-nificativa e di direzione inversa. Anche inquesto caso, quindi, al crescere del numerodi addetti e quindi della dimensione azien-dale, diminuisce il grado di importanzache viene attribuito a questo fattore. IlGrafico 8 è esemplificativo di tale fenome-no. Se osserviamo il grado di importanza“fondamentale” possiamo facilmentevedere che nelle prime due fasce di dimen-sione aziendale rappresenta l’opzione mag-giormente selezionata, ma nelle successivedue fasce dimensionali diventa la menoselezionata. Inoltre nella classe da 21 a 50addetti tale fattore risulta prioritariamenteirrilevante.

Anche l’ultimo fattore, ovvero l’elevataspecializzazione tipica dei sub-fornitori, ècaratterizzato dalla stessa relazione de-scritta per gli altri fattori. All’aumentaredella dimensione aziendale diminuisce ilgrado di importanza che viene attribuito aquesto fattore. Dal Grafico 9 è ben eviden-te che nelle aziende fino a 5 addetti a que-sto fattore viene attribuito esclusivamenteun grado di importanza “Fondamentale” o“Molto Importante”, non sono quindi pre-senti aziende che hanno dato importanzaminore. Nella penultima classe, ovvero da21 a 50 addetti, spiccano come rispostepredominanti le modalità “Irrilevante” e“Poco importante”. Nell’ultima classe di-mensionale, si ha una prevalenza di rispo-ste su “importante” o “poco importante” esolo in pochissimi la reputano “Fonda-mentale”.

Le stesse relazioni sussistono se prendiamoin considerazione, oltre al grado di impor-tanza dei quattro fattori, la classe di fattu-rato delle aziende. Ma del resto avevamoanche visto che sussiste una forte relazionestatistica tra il numero di addetti e la clas-se di fatturato, quindi in questo caso ledue variabili dimensionali (classi di addet-

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Grafico 9. Grado di importanza attribuito al fattore “Elevata specia-lizzazione tipica dei sub-fornitori” suddiviso per classe di addetti

Tabella 15. Quali sono gli aspetti più critici che caratterizzano la filie-ra produttiva8

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ti e classi di fatturato) si comportano nellostesso modo rispetto ai quattro fattori uti-lizzati per descrivere il ricorso alla sub-for-nitura. Riassumendo, anche in questo ca-so, al crescere del fatturato aziendale dimi-nuisce il grado di importanza attribuito aciascun fattore.Vediamo ora quali sono gli aspetti più cri-tici della filiera di produzione che sonostati segnalati dalle imprese rispondenti(Tabella 15).Innanzitutto dobbiamo dire che a questadomanda hanno risposto 185 delle 201

aziende intervistate. Dalle loro risposterisulta che la problematica maggiormentesegnalata (contrassegnata dal 45,9% delleaziende) risulta essere la qualità dellamanodopera. Molte aziende hanno, quindi,segnalato che è difficile reperire manodo-pera specializzata e di qualità. Troviamopoi il 24,3% di aziende che segnalano,come criticità, la ricerca finalizzata a mi-gliorare il prodotto; viene poi, segnalatodall’11,4% delle aziende, la ricerca dinuove modalità di servizio al cliente. Inultimo diamo conto della categoria altro,che complessivamente ha raccolto le rispo-ste del 43,8% delle aziende, che hannosegnalato varie cose. In appendice 1, sitrova il dettaglio di tutte le singole risposteche sono state date senza alcun tipo diriclassificazione. In questo paragrafo inve-ce, al fine di consentire una lettura più sin-tetica, abbiamo riclassificato tutte le rispo-ste date in 7 argomentifondamentali. Innanzitutto dobbiamo direche sono 74 le aziende che hanno rispostoalla modalità altro, ma in sede di riclassifi-cazione le risposte codificate risultano es-sere 81 in quanto 7 aziende avevano datouna risposta più complessa che potevaessere ricompresa in più di una categoria.

La riclassificazione che abbiamo adottatovede oltre la metà delle risposte, date allamodalità altro, ricompresa negli alti costidi produzione e della manodopera. Questiovviamente non sono più concorrenziali seconfrontati con la concorrenza straniera. Èquesto infatti il secondo motivo, ma inrealtà in molti casi era anche sottinteso nelprimo, che vede il 23,5% delle risposte“altro” ed abbiamo etichettato come “con-correnza straniera a costi più bassi”. Seguepoi una quota di circa il 15% delle rispostealtro, che abbiamo riclassificato come calodella domanda e degli ordinativi; questa èda attribuire in via prioritaria alla crisi cheha colpito il nostro paese ed il resto delmondo, ma anche perché con la crisi icommittenti hanno destinato la sub-forni-tura verso paesi europei ed extraeuropeicon costo della manodopera sostanzial-mente più basso. Questo ha prodotto comeconseguenza il calo degli ordinativi nelleaziende italiane che hanno visto aumenta-re i loro costi di produzione che per effettodei costi fissi, devono spalmarsi su unaproduzione sostanzialmente più bassa.

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Tabella 16. Quali azioni potrebbero essere messe in atto per migliorarela competitività della filiera10

Tabella 17. Per tutelare la filiera, ritiene opportuno un intervento alivello politico/strategico?11

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In ultimo alcune aziende segnalano il pro-blema della scarsa liquidità, della carenzadi manodopera qualificata e della difficilepenetrazione della rete commerciale.Unica notazione aggiuntiva che possiamofare è che la maggior parte delle rispostedate come altro provengono da aziendeche lavorano o esclusivamente in contoterzi (quasi l’80% delle risposte) oppuredalla tipologia mista.Passiamo ora a prendere in considerazionequali azioni potrebbero essere messe inatto per migliorare la competitività dellafiliera (Tabella 16)L’azione maggiormente selezionata dalleaziende, che è stata scelta da circa il 55%dei rispondenti, risulta essere la collabora-zione con il comparto commercio per unafiliera che comprima i costi del consuma-tore; viene poi l’innovazione anche di pic-colo calibro, selezionata da circa un quartodelle aziende; poi la flessibilità nella pro-duzione e nel servizio. In ultimo vediamola parte relativa alle risposte etichettatecome altro. Anche inquesto caso in appendice vengono fornite

tutte le singole risposte date dalle aziendesenza riclassificazioni. Le nostre riclassifi-cazioni ci hanno portato a 3 categorie pri-marie più altre 4 residuali. Le prime trecategorie sono tra loro molto in relazionepoiché attengono alla medesima esigenza,quella di riuscire ad essere più competitivinel mercato. A questo proposito le azioniproposte riguardano l’abbattimento deicosti soprattutto del lavoro (in questo casol’alto costo della manodopera pesa moltosulle aziende); alla stessa stregua pesa poila tassazione e pressione fiscale che gravasulle aziende e che fa aumentare i costifissi, quindi si richiede un intervento anchein questo senso. Il filo conduttore di questedue categorie è la terza, ovvero: le aziendeche chiedono di l’abbattimento dei costidel personale o sgravi di natura fiscale,chiedono che siano rivolte a quelle aziendeche lavorano per la qualità italiana, quinditali azioni di riduzione di costi devono es-sere viste a tutela della qualità italiana. Leaziende che lavorano con personale italia-no e prodotti che sono per lo più italiani,chiedono di essere maggiormente tutelate esostenute, per poter rimanere sul mercatoe competere con aziende extra-europee (oeuropee che utilizzano personale extraco-munitario) che adottano una battagliaconcorrenziale sleale e basata su costi deci-samente più bassi a discapito molto spessodella qualità. In definitiva le aziende delsettore tessile e abbigliamento che lavora-no prodotti di qualità italiani chiedono diessere sostenute, con gli strumenti cherisulteranno più idonei, ma che devonoessere volti a consentire loro un abbatti-mento del costo di produzione al fine diritornare ad essere competitivi sui mercatiitaliani e non9.È stato infine richiesto alle aziende se pertutelare la filiera ritenessero opportuno unintervento a livello politico/strategico, edin caso affermativo da parte di chi.Del complesso delle 201 aziende rispon-denti solo 4 hanno reputato che non ci sianecessità di un intervento di natura politi-ca o strategica, alle quali si aggiungonoulteriori 15 aziende che non hanno saputorispondere. Le altre 182 si sono espresse,anche con più risposte, e possiamo notaredalla Tabella 17 che le risposte sono pro-prio a cascata dal governo centrale sinoalle parti più periferiche.Oltre l’80% delle aziende indicano che sia

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Grafico 10. Ha mai sentito parlare dell’etichetta del sistema di trac-ciabilità TF?

Tabella 18. Come è venuto a conoscenza del marchio di tracciabilitàTF?12

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il Governo a dover tutelare la filiera, equesto in parte ci torna con le risposte datealla domanda precedente dove si chiedeva-no degli sgravi fiscali e l’abbattimento deicosti soprattutto della manodopera. Ven-gono poi le regioni, indicate dal 58,2%delle aziende rispondenti. In questo caso leaziende pensano forse ad interventi dinatura regionale che tutelino i distrettiindustriali del tessile o comunque che age-volino e tutelino la filiera localizzata in re-gione. Vengono poi le associazioni di cate-goria e le Camere di Commercio. In questocaso dobbiamo notare che vengono indica-te maggiormente le associazioni di catego-rie, forse perché più presenti nel territorioe nelle imprese con iniziative che le coin-volgono maggiormente rispetto alle Ca-mere di Commercio. Per quanto attienealle Camere di Commercio, bisogna anchedire che poiché la ricerca era da loro pro-mossa potrebbe esserci un cosiddetto“effetto alone” che ha indotto le imprese

rispondenti a scegliere questo tipo di rispo-sta in modo superiore ad una normalecondizione. Quindi le risposte attribuitealle Camere di Commercio potrebberoessere sovrastimate rispetto alla realtà deifatti.

Il sistema di tracciabilità volontarioTFPassiamo, come ultima parte di analisi, avedere i risultati che costituiscono il cuoredella ricerca, ovvero introduciamo l’argo-mento della tracciabilità volontaria TF. Perprima cosa dobbiamo dire che tale sistemadi tracciabilità è conosciuto da 84 aziendesulle 201 intervistate, corrispondenti al42% (Grafico 10).

Abbiamo poi chiesto alle aziende che neavevano sentito parlare, in quale modo nefossero venuti a conoscenza. Anche in que-sto caso rimandiamo all’appendice 1 per ildettaglio di tutte le risposte; noi come alsolito abbiamo adottato una riclassificazio-ne per tipologie principali e che vi presen-tiamo nella successiva Tabella 18.Inoltre nella nostra riclassificazione, abbia-mo sdoppiato le risposte multiple. Ovveronel caso in cui un’azienda ci dava più diun contesto, è stato da noi conteggiato intutte le categorie di appartenenza che ave-vamo creato.Il contesto che viene maggiormente indica-to è relativo alle Associazioni di Categoria,ed in modo particolare la CNA, che vieneindicata dal 55% delle aziende risponden-ti; in seconda battuta troviamo i giornali ele riviste che viene indicata dal 38% delleaziende rispondenti; segue poi la televisio-ne con il 19%; ed infine le riunioni, gliincontri, i seminari o convegni di settoreche vengono indicati dall’8,3% delle azien-de che sono a conoscenza del marchio ditracciabilità TF. Residuali, poi, le altrerisposte, che vedono in tre casi la cono-scenza acquisita attraverso internet; dueaziende che sono già certificate e quindiconoscono bene il marchio ed il sistema;solo una azienda ha sentito nominare ilmarchio TF dalla Camera di Commercio;una da un cliente; un’altra ha già visto l’e-tichetta o qualcosa di similare in un capo;un imprenditore dichiara che è stato pro-prio lui a proporlo diversi anni fa e chequindi ne è a piena conoscenza; infineun’azienda ne è venuta a conoscenza tra-

Grafico 11. Ritiene utile per le aziende del mercato italiano investire intrasparenza nei confronti del consumatore attraverso la promozionedella tracciabilità dei capi?

Grafico 12. Ritiene che l’adozione del marchio di tracciabilità possaessere interessante per la sua azienda?

Grafico 13. Come pensa che possono accogliere i consumatori il mar-chio di tracciabilità?

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mite e-mail (in questo caso il sospetto èche la mail sia stata la nostra di spiegazio-ne del progetto di ricerca e di invio delquestionario di rilevazione).

Dopo questa prima domanda introduttivasul marchio di tracciabilità, sia alle azien-de che ne erano a conoscenza, sia a quelleche risultavano ignare, abbiamo spiegatodi cosa si trattasse. Abbiamo quindi forni-to una spiegazione sull’etichetta TF“Traceability Fashion”, ovvero che l’eti-chetta si riferisce alla tracciabilità del ca-po, che nasce con l’intento diricostruire l’origine delle singole fasi dilavorazione. Inoltre le aziende che aderi-scono al sistema di tracciabilità dovrannoidentificare i propri prodotti con una spe-cifica etichetta nella quale sono indicati illuogo di produzione delle principali fasi dilavorazione; per questo motivo tale eti-chetta non è da confondersi con il marchio“Made In”. In genere a seguito di questaspiegazione molte aziende si incuriosivanoe ci chiedevano ulteriori spiegazioni sucome funziona il meccanismo. Alla finedella disanima e dopo aver risposto ai que-siti degli imprenditori, chiedevamo se aloro avviso tale etichetta fosse utile per ilmercato italiano, ovvero se fosse utile inve-stire in trasparenza nei confronti del con-sumatore attraverso appunto la promozio-ne della tracciabilità dei capi.La stragrande maggioranza delle azienderitiene utile investire in tale direzione, comeconfermato dal successivo Grafico 11.Abbiamo solo 7 aziende che non se la sonosentita di rispondere e 22 che hannodichiarato che non sia utile investire in tra-sparenza per i consumatori. Tra coloro chedichiarano che tale marchio di tracciabilitànon sia utile troviamo una predominanzadi aziende di confezioni 16 su 22; perquanto attiene alla tipologia produttivanon è ritenuto utile da 6 aziende che lavo-rano in conto proprio o misto (tutte diconfezioni) e da 16 aziende che lavoranoin conto terzi (delle quali 10 di confezionie 6 della maglieria). In definitiva quasi il30% delle aziende di confezioni che lavo-rano per conto proprio o con tipologiamista non reputano utile il marchio ditracciabilità.A seguito di questa domanda siamo scesipiù nel particolare chiedendo se l’adozionedel marchio TF “Traceability and

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Fashion” potesse essere interessante per lapropria azienda.Rimane costante, in questo caso, il numerodi aziende che non se la sono sentita dirispondere, pari a 7. Aumenta, invece, ilnumero di aziende che reputa che tale siste-ma di tracciabilità non possa essere utileper la sua azienda, totalizzando il 23,9%corrispondente a 48 aziende. In questo casoperò non vi è una relazione statisticamentesignificativa tra l’utilità della tracciabilitàper la propria azienda e la tipologia produt-tiva o il settore produttivo. Una lievissimarelazione sussiste con la dimensione azien-dale: sembrano, infatti, leggermente piùpropense a ritenere che il marchio di trac-ciabilità non sia interessante, le aziende dimedie dimensioni (che hanno quindi tra 21e 50 addetti) (Grafico 12).È stato inoltre richiesto alle aziende comea loro avviso avrebbero potuto accogliere iconsumatori il marchio di tracciabilità.Come è possibile vedere dal Grafico 13,oltre i 3/4 delle imprese dichiarano che iconsumatori potrebbero accoglierlo conentusiasmo; un 8% dichiara che verrà ac-colto con indifferenza; il 2% dichiara cheverrà invece accolto con scetticismo edinfine il 14,4% delle aziende non si è sbi-lanciato dichiarando di non sapere come iconsumatori potrebbero accogliere il mar-chio di tracciabilità.Vediamo quali sono le motivazioni chehanno spinto le aziende a dare determinaterisposte. Per quanto riguarda le aziendeche hanno dichiarato che il consumatoreaccoglierebbe il marchio di tracciabilità“con indifferenza”, queste sono complessi-vamente 16: 5 delle quali non hanno datouna motivazione specifica. Per altre 7aziende, invece, la motivazione è ricondu-cibile ad una questione di prezzo, ovverodichiarano che oggi i consumatori guarda-no principalmente il prezzo sorvolando sualtri particolari e dettagli.Per questo, molto spesso il prodotto fattoesclusivamente in Italia è più costoso13.Altre aziende dichiarano che il marchio“Made in Italy” sia già sufficiente, allequali se ne aggiungono altre che dichiara-no che già vi è una grande confusione eper questo il consumatore non è ancorapronto.Per quanto riguarda invece le aziende chedichiarano che tale marchio verrà accoltodai consumatori “con scetticismo” (in

realtà sono solo 4 aziende), le motivazionisono: perché il made in italy non garanti-sce al consumatore che il prodotto sia fattoin Italia; perché il consumatore guardasolo il marchio; perché ormai i consumato-ri non ci credono più.Ci sono poi 29 aziende che, come detto,non si sono sbilanciate nella risposta edhanno dichiarato che non saprebbero: 21di esse hanno comunque dato una motiva-zione. Di queste oltre la metà, 11 aziendesu 21, riconducono il tutto ad una questio-ne di prezzo; a queste si aggiungono 4aziende che dichiarano che sarebbe suffi-ciente il marchio “Made in Italy” se avesseuna legislazione più severa e se tutelasseveramente il prodotto italiano; altre azien-de dichiarano infine che il mercato non èancora pronto al marchio di tracciabilità equindi potrebbe essere inutile.Per quanto riguarda le aziende che han-no dichiarato che il consumatore accoglie-rebbe “con entusiasmo” il marchio di trac-ciabilità, le motivazioni principali chehanno addotto riguardano prioritariamen-te la garanzia reale per il consumatore diavere un prodotto di qualità che sia ri-spondente al dichiarato. Ovvero se è Madein Italy deve essere fatto prioritariamentein Italia. Per le fasce di consumatori cheinvece guardano il prezzo, avrebberocomunque la possibilità di verificare doveè stato fatto il prodotto in tutte le sue fasidi lavorazione. Solo questo tipo di mar-chio tutelerebbe effettivamente il veroMade in Italy.Verificando se vi fossero relazioni tra lerisposte a questa domanda e le caratteri-stiche delle aziende, si riscontra una leg-gera relazione, comunque statisticamentesignificativa, con la tipologia produttiva.Sono infatti le aziende che producono inconto proprio che hanno risposto, conmaggiori concentrazioni, sullo scettici-smo o sull’indifferenza dei consumatorinei riguardi del marchio di tracciabilità.Nel dettaglio: delle 16 aziende che hannodichiarato che i consumatori accogliereb-bero con indifferenza il marchio di trac-ciabilità, 10 producono in conto proprioo con tipologia mista. Alla stessa stregua3 delle 4 aziende che hanno dichiaratoche i consumatori lo accoglierebbero conscetticismo producono sempre in contoproprio o con tipologia mista.Non sussistono invece relazioni statistica-

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Tabella 19. Paesi con i quali le aziende hanno rapporti commerciali

Tabella 20. Pensa che il sistema di tracciabilità proposto dalle Cameredi Commercio sia utile per la sua attività commerciale con l’estero?

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mente significative con la dimensione a-ziendale e la classe di fatturato.L’ultimo aspetto che prendiamo in consi-derazione è legato sia al grado di interna-zionalizzazione dell’azienda sia al fatto cheil marchio di tracciabilità possa essere utilea tale scopo.Il 26% delle aziende intervistate ha rap-porti commerciali con l’estero. Queste sonoprevalentemente aziende che producono inconto proprio o con tipologia mista. Infatti19 delle 26 aziende che producono in con-to proprio (corrispondenti quindi al 73%)hanno rapporti commerciali con l’estero, a

queste si aggiunge il 50% delle aziende cheproducono con tipologia mista (18 aziendesu 36). Di converso sono solo 15 aziendesulle 139 che producono in conto terzi chehanno rapporti con l’estero. Sussiste inol-tre anche una netta relazione con la di-mensione aziendale, al crescere cioè delladimensione aumenta la propensione adavere rapporti con l’estero. Un esempio sututti: tutte le aziende con oltre 50 addettihanno rapporti commerciali con l’estero.La stessa relazione, anche con intensitàsuperiore, ovvero è molto più forte dellaprecedente, sussiste con la fascia di fattu-rato delle aziende. Al crescere del fatturatoaumenta la propensione ad avere rapporticon l’estero. In questo caso abbiamo che latotalità delle aziende delle ultime tre classidi fatturato, ovvero che fatturano oltre 5milioni di euro, hanno rapporti commer-ciali con l’estero; mentre, di converso,abbiamo che nessuna delle aziende chefattura fino a 250 mila euro ha rapporticon l’estero.Alle 52 aziende che hanno rapporti conl’estero abbiamo chiesto con quali paesihanno i maggiori rapporti. Abbiamo otte-nuto, e riclassificato, 142 risposte. Da que-sto si può dedurre, in primo luogo, che inmedia le aziende hanno rapporti con circa3 paesi esteri diversi. In questo caso dob-biamo dire che le risposte sono state moltoeterogenee. La Tabella 19, che segue, rie-piloga i paesi che sono stati citati.In alcuni casi le risposte sono state generi-che, ad esempio viene indicato da 19aziende l’Europa. Ma in altri casi vengonoesplicitati alcuni paesi europei, come adesempio Francia, Germania, Spagna,Inghilterra, etc. Diamo quindi un dettagliodelle risposte, così come sono state date. Inaltri casi ad esempio alcune aziende aveva-no indicato i paesi dell’est, mentre in altreRomania, Bulgaria, Polonia, etc. In questocaso abbiamo inserito le risposte dei singo-li paesi nella categoria più generica deipaesi dell’est. Nella parte più a destra dellatabella, riportiamo un accorpamento percontinente geografico.Abbiamo poi chiesto alle sole aziende chehanno rapporti commerciali con l’estero seil sistema di tracciabilità proposto dalleCamere di Commercio possa essere utileper la loro attività commerciale all’estero.Solo 9 delle 52 aziende hanno risposto diNO, alle quali si aggiungono 4 aziende che

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(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 215 risposte a fronte di 192 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.6 Sono state escluse le risposte date alla categoria“in altra azienda italiana con titolare e/o dipen-denti extracomunitari” in quanto poco significati-va, visto il numero esiguo di risposte (ed ancheperché non sempre gli imprenditori rispondentine erano a conoscenza).7 In questo caso la categoria in Italia è statacostruita semplicemente sommando le rispostedate alla categoria “In azienda” e “In altra azien-da italiana”.8 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 232 risposte a fronte di 185 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.9 Molte aziende ci hanno segnalato, durante l’in-tervista telefonica, il grosso problema della liqui-dità e del credito che le banche non sono piùdisponibili a concedere. Queste risposte, però, nonsono state raccolte dagli intervistatori e quindiinserite tra le risposte ricomprese nella tabella 15e nella tabella 16 in quanto esulavano dal conte-sto specifico della domanda che riguardava gliaspetti critici riconducibili alla filiera produttiva.Anche se non fa parte della filiera produttiva, marimane più trasversale e legato anche all’attualesituazione di crisi, il problema del credito e dellaliquidità è molto sentito dalle aziende ed in modopiù evidente da quelle di medie e piccole dimen-sioni.10 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 261 risposte a fronte di 193 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.11 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 458 risposte a fronte di 201 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.12 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 111 risposte a fronte di 84 azienderispondenti. In questo caso la percentuale esprimela quota di aziende che hanno selezionato quellarisposta.13 Rimandiamo, come di consueto, all’appendice1 per il dettaglio delle singole risposte date.

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1 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 69 risposte a fronte di 59 aziende.In questo caso la percentuale esprime la quota diaziende che hanno selezionato quella risposta.2 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 203 risposte a fronte di 176 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.3 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 218 risposte a fronte di 186 azien-de che hanno risposto. In questo caso la percen-tuale esprime la quota di aziende che hanno sele-zionato quella risposta.4 Il totale delle percentuali riferite alle aziende(ultima colonna a destra) è superiore a 100 poi-ché la domanda era a risposta multipla. Abbiamoin questo caso 201 risposte a fronte di 181 azien-de rispondenti. In questo caso la percentualeesprime la quota di aziende che hanno selezionatoquella risposta.5 Il totale delle percentuali riferite alle aziende

non hanno saputo rispondere. Per il resto,ovvero 39 aziende su 52, corrispondenti al75% hanno dichiarato che il sistema ditracciabilità può essergli utile nei rapporticon l’estero. Le 9 aziende che reputano cheil sistema di tracciabilità non sia utile per irapporti con l’estero sono tutte del settoreproduttivo delle confezioni.Non vi è però una relazione statisticamentesignificativa né con la tipologia produttiva,né con la dimensione aziendale in terminedi addetti, né con la dimensione aziendalein termini di fatturato.Alle 9 aziende che non reputano utile ilsistema di tracciabilità abbiamo chiesto lamotivazione. In questo caso abbiamo treaziende che riportano l’attenzione sul fattoche il Made in Italy è sufficiente a garanti-re la qualità del prodotto senza ulteriorietichettature e specificazioni. Altre dueaziende ritengono che l’attenzione debbaessere incentrata sulla qualità e non sullaprovenienza. Abbiamo poi ulteriori dueaziende che lavorano solo per conto terzi equindi demandano ai loro committenti l’e-ventuale tracciabilità. Le residuali dueaziende dichiarano, l’una che non vi è que-sta cultura all’estero, e l’altra che tale si-stema diminuirebbe le commesse di vendi-ta (Tabella 20).

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È grazie alla iniziativa e alla sensibilitàverso tematiche di natura culturale del-l’ing. Giorgio Mencaroni, presidente dellaCamera di Commercio di Perugia e dellaGiunta camerale presieduta dallo stesso,che è stato realizzato un volume sullastoria del capoluogo umbro all’internodella collana “Storie illustrate” di PaciniEditore. Va detto subito che si tratta diun bel libro. Merito in primo luogo dellabravura e professionalità della sua autri-ce, Maria Grazia Nico Ottaviani, e poi delpuntuale e suggestivo corredo fotograficorealizzato da Paolo Del Freo. Ma andia-mo con ordine prendendo spunto dallacelebre definizione di città da parte diIsidoro di Siviglia: “Urbs ipsa moeniasunt, civitas autem non saxa, sed habita-tores vocantur”. Molto più preciso dell’i-taliano, il latino distingue subito duecittà, una immobile, di pietra costituitadalle sue mura, l’altra viva, animatadagli uomini che la abitano. Il libro di M.Grazia Nico ci parla di entrambe lerealtà, conducendoci alla scoperta di unaPerugia prima etrusco-romana, poi me-dievale, rinascimentale, moderna e infinecontemporanea, e facendo rivivere le suestrade e le sue piazze con le vicende degliuomini che, singolarmente o collettiva-mente ne hanno via via determinato l’a-spetto urbanistico.Certo, non è facile parlare della propriacittà: il rischio di cadere nel panegirico onel superficiale o nello scontato è semprepossibile. Due fattori hanno evitato taleinconveniente. Il primo: l’Autrice non èperugina di nascita, ma di adozione,vivendo ormai da molti decenni a Pe-

di M. Grazia Nico OttavianiPacini Editore, 2010

rugia, avendo qui la famiglia, e pa-gando le tasse (non a caso cito questi treelementi poiché negli statuti medievaliperugini erano queste le condizioninecessarie e sufficienti per essere anno-verati tra i cives originari) per cui il suoamore per la città è un affetto più ma-turo, meno viscerale; il secondo è lagrande professionalità acquisita in lun-ghi anni di studio e di ricerca. Tutto ciòle ha permesso di vagliare la vasta do-cumentazione riguardante la storia diPerugia con l’occhio dello storico sicura-mente critico, ma anche affettuoso. Da buona storica, conscia che per il pe-riodo etrusco-romano la documentazio-ne non è abbondante, l’Autrice fa parla-re le fonti materiali: mura, tombe, restidi varia natura ci mostrano una civiltàvitale e florida nel periodo etrusco cheporterà tra la metà e la fine del III secoloa.C. alla costruzione del monumentoforse più prestigioso ovvero la poderosacerchia muraria lunga circa 3000 metriche circondava l’acropoli. Successiva-mente, pur fregiata da Ottaviano deltitolo di Augusta, Perugia, in epoca ro-mana, anche se riesce ad espandersifuori dalle mura, è una delle tante cittàdell’impero e come tutte le altre subiscele conseguenze della caduta dello stesso.Si oppone così ai Goti di Totila con ilvescovo Ercolano, rientra nell’orbita del-l’impero romano d’Oriente con Giusti-niano, contrasta gli invasori Longobardiper poi essere ceduta dai Franchi diPipino il Breve, padre di Carlo Magno, alPapa, entrando così a fare parte di quel-lo che sarà poi lo Stato della Chiesa.È proprio in questi ultimi secoli dell’altomedioevo, incerti e tribolati, che nellacittà cresce il prestigio del vescovo chene diventa il difensore, assumendo tal-

S toria illustrata di Perugia

Claudio Regni*

Economia e territorio / 2.

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volta competenze anche civili. E attornoa lui, agli inizi del XII secolo, si aggregauna élite di boni homines che assumonofunzioni pubbliche in nome della colletti-vità. È la nascita del Comune medievale,ovvero l’inizio di quel periodo splendidodella storia perugina in cui la città non èpiù soggetto passivo della storia, madiventa protagonista. Benché consideratadalla Chiesa città a lei soggetta, Perugiariesce a portare avanti un’autonoma po-litica, diventando Comune dominante ditutto il territorio che corrisponde grossomodo all’odierna Umbria e spingendosianche oltre i confini regionali. Si autogo-verna prima con i consoli, poi con ilpodestà a cui si affiancherà alla metà delDuecento il capitano del popolo; delimitail territorio urbano in porte e parrocchie,si dota di uno specifico corpo di leggi, lostatuto, con il quale organizza la propriaamministrazione e il proprio territorio eregola la vita dei suoi cittadini. E la cer-chia muraria etrusca non è più sufficien-te a contenere e proteggere la città che ècostretta a costruirne un’altra lunga circa6000 metri che include anche i borghi.Anche il popolo, ovvero artigiani e com-mercianti riuniti in arti e corporazioni,una volta preso il potere alla metà delXIII secolo, celebra se stesso e la cittànegli ultimi anni del secolo con la costru-zione della Fontana Maggiore e del Pa-lazzo dei Priori, sede del governo cittadi-no.È sicuramente questo il momento piùalto della potenza perugina che si incrinanel Trecento con il sorgere e l’esploderedelle lotte di parte. Sanguinose vicendevedono alternarsi al potere nobili e popo-lari fino a che la città cade sotto il domi-nio di signori forestieri, come il duca diMilano, o locali come Braccio da Monto-ne. Ciò favorisce la politica di riconquistadi Papa Martino V che nel 1424 riportaPerugia sotto l’alto dominio della Chie-sa. La fiaccola dell’autonomia cittadinasembra allora passare nelle mani dellanobiltà, in particolare in quelle dellafamiglia Baglioni, che si pone come terzaforza tra Papato e Comune. La costru-zione della Rocca Paolina, dopo la cosid-detta guerra del sale del 1540, rappre-sentando nello stesso tempo potere fisicoe simbolico della Chiesa, pone fine adogni velleità autonomistica della città.

Un lungo sonno sembra caratterizzare laPerugia dei secoli XVII e XVIII. Il patri-ziato si ripiega in se stesso, pensa solo aipropri interessi fondiari, sfruttando il ter-ritorio e non curandosi di investimenti.Compiacendosi della propria condizione,l’aristocrazia abbellisce la città di splen-didi palazzi che diventano sedi di salottie di Accademie. E quando negli annitrenta dell’Ottocento il Risorgimentosconvolgerà l’Italia, la partecipazione diPerugia sarà limitata ad un gruppo dipatrioti. Ciò non impedirà tuttavia allapopolazione di essere oggetto di rappre-saglia da parte dei mercenari svizzeri alsoldo del Papa nel 1859. L’anno succes-sivo anche Perugia è annessa al Regnod’Italia ed inizia la sua battaglia per usci-re dall’isolamento. Fabbriche come Spa-gnoli e Perugina sono il segno tangibiledella nuova era industriale, mentre lacostruzione di strade e ferrovie favoriscelo scambio e l’integrazione tra la città e ilsuo territorio. Dopo il ventennio fascistaanche Perugia partecipa al boom econo-mico degli anni Sessanta e la presenza didue Università, quella italiana e quellaper Stranieri, contribuisce a importantitrasformazioni a livello urbanistico einsediativo. Sorgono zone residenziali,direzionali, viene creato un polo ospeda-liero mentre, è storia dei nostri giorni,l’entrata in funzione del Minimetrò fafare alla città il balzo verso il futuro.Il volume si chiude delineando sintetica-mente la storia di altre sei città oltre aPerugia e cioè: Assisi, Città di Castello,Deruta (a cura di Stefania Zucchini),Gubbio, Spoleto, Todi.Poiché molti giudizi sono stati anticipati,la conclusione è rapida. Alla fine dellasua lettura La storia illustrata di Peru-gia risulta un ottimo lavoro sia per lacompletezza delle notizie che fornisceche per la sua fruibilità da parte di tutti.È un libro di alta divulgazione scientifi-ca che mostra al lettore la vita di unacittà attraverso il tempo e che rappre-senta sicuramente un efficace strumentodi conoscenza per il turista che viene avisitare la città e per ogni perugino unprezioso forziere entro il quale può ritro-vare se stesso e la sua storia.

*Università di Perugia

Economia e territorio / 2.

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In un celebre sonetto Arthur Rimbaud,al primo verso del sonetto “Voyelles” dàun colore a ciascuno dei cinque suoni: Anera, E bianca, I rossa, U verde, O blu.Se non avesse digià logo e slogan –quello che qui appare come titolo – le 3tinte dell’Associazione Editori Umbridovrebbero essere dunque nero, biancoe verde, e, non so se per caso, in realtàlo sono nel dépliant. E sia AEU, allora,la benvenuta fra i sodalizi utili e intelli-genti. Visto che il precedente esperimen-to, cui partecipai, di radunare le caseeditrici dell’Umbria per economie discala e visibilità e distribuzione, ormaivecchio di trenta anni, ha prodotto frut-ti maturi solo in quel di Milano, mi rife-risco all’Electa, sopravvissuta qui solocome marchio esoso, mi auguro che lanuova sfida abbia sbocchi favorevoli edurevoli, come si conviene a capitanicoraggiosi, che si avventurano in mareaperto insidioso di scogli e di scarsi let-tori, amanti divorati dalla passione peril libro, fragile oggetto che costa tantafatica e che rende così poco agli autori eagli editori. Tranne i bestseller, confe-zionati come macchine per far soldi,spesso vuoti e brutti. Ma tant’è, se diciqueste cose ti tacciano d’invidia. Ma noile diciamo lo stesso.Allora, grazie all’amalgama e alla vici-nanza di Ubrialibri, alcuni volonterosioperatori si riuniscono e battendo il fer-ro rovente dell’assedio dei grandi gruppi(4 in Italia a spartirsi la torta abbastan-za ristretta con un 52% del mercato:Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, Gems,ossia Longanesi, Garzanti...) e dell’as-senza di una distribuzione ramificata evirtuosa, decidono di costituire un luogodove discutere, scegliere, contrattare,

programmare, chiarire le ingiustizie chesi perpetrano attribuendo all’esterno lecommesse, con questo non esigendol’autarchia regionalistica ma almenol’invito alle gare. Perché, va detto, l’edi-toria nostrana non è seconda a nessuna,avendo autori, designer, stamperie, re-dattori, editor, fotografi, curatori degnie capaci. E idee. Se è vero che l’editore ètuttora un lupo solitario, che fiuta lapreda, cioè buoni libri e buoni autori, èaltrettanto vero che l’editoria è un’indu-stria, che deve fare profitto, pur essendodel tutto particolare e bisognevole diaiuto. Che senso ha l’iva sul libro, latassa sul magazzino, il costo elevato del-l’invio postale che dovrebbe essere so-stenuto dallo Stato, e così via. Piccolecose per alleviare i problemi, come l’al-tissimo costo della distribuzione che simangia sovente il 60% del prezzo dicopertina. Ma hanno ragione Fabrizio Fabbri, pre-sidente dell’AEU e il vicepresidente An-tonio Vella, quando dicono che bisognapuntare nonostante i costi sulla qualitàe sulla originalità delle proposte, eunendo le forze, incentivando le condi-zioni, esigere un potere contrattuale for-te, e facendosi riconoscere la professio-nalità, che è personale dipendente, sedi,tecnologia, distinguendo l’azienda dal-l’hobby pur necessario e nobile ma e-stemporaneo e quasi sinecura.È anche vero che gli editori italiani sonotroppi (201 grandi, 467 medi, 1083piccoli, e piccolissimi con 2-3 titoli l’an-no), e che i lettori sono pochi, si pensiche i “poeti” saranno 100.000 in Italiama i libri di poesia non si vendono pro-prio. L’Umbria contribuisce, su 61.000 opere

‘L eggo per legittimadifesa’

Antonio CarloPonti

Economia e territorio / 3.

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pubblicate in Italia, con 439 titoli, conuna tiratura complessiva di 702.000copie di libri di carattere locale o setto-riale in prevalenza, infatti la saggistica ela storia umbre formano il 44% delcatalogo e l’arte il 18%. Quanto agli ad-detti, considerato che gli editori “puri”,ossia le vere imprese editoriali ammon-tano a circa 50 ditte (gli altri soggettiproduttori sono gli enti e associazioni, ele protoimprese, cioè gli editori senzalogica aziendale), essi sono fra le 200 ele 250, cui si deve aggiungere un buonindotto (arti grafiche, studi grafici, ec-cetera).Un mondo in espansione, dunque, cuioccorre guardare con attenzione, pureconsiderando che gli editori umbriesportano quasi la metà della loro pro-duzione, specie di argomento d’arte oturistico. Al momento hanno aderito o promessodi aderire all’AEU 30 case editrici, maFabbri e Vella contano entro il 2010 diarrivare alla totalità. Un’ostinata forcede frappe con la quale si dovrà fare iconti. Una delle prime mosse dell’AEU saràquella di rivedere la partecipazione alleMostre e Fiere del libro, nazionali e in-ternazionali (Francoforte in primis). Il bilancio di Umbrialibri 2009 quantoalle presenze ha registrato 212.000 visi-tatori. Grandi numeri, secondo me, esecondo gli organizzatori. Gli editoriumbri invitano a leggere, perché leggereè una legittima difesa contro l’ignavia,contro l’accidia, contro l’abulia mentale,contro la corruzione, contro l’ignoranza,contro il sonno della ragione che generamostri.

IL CANTIERE AEU

Fondatori: Edimond, Edizioni Corsare, LaFonte-Elf, Era Nuova, EFFE Fabrizio Fab-bri, Futura, Gramma, Midgard, Guerra.

Adesioni prime: Ars, Prosveta, Morlacchi,Luciano Vanni, Ediart, E Generation, Tyrus.

Adesioni in corso: Promovideo, FondazioneU. Ranieri, La Rocca, Urogallo, RecitarLeggendo, Cesvol, Eleusi, Xilocart, Akropolis,Cittadella, Tau, Prhomos, Ali&no, Museo delGiocattolo, Gruppo Editoriale Locale, Mu-rena.

Economia e territorio / 3.

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Il 2009 è stato un anno tra i più difficiliper l’economia italiana e per la totalitàdei sistemi economici locali. La provin-cia di Perugia non sfugge a questa con-siderazione – e vista la portata epocale eglobale del fenomeno non poteva esserealtrimenti – tuttavia alcuni indicatoriconsentono letture non univoche dellostato economico globale e locale, in par-ticolare rispetto alla diversa incidenzadella crisi su un territorio piuttosto cheun altro o, all’interno di questi, al coin-volgimento dei vari settori produttivi,ma anche alla differente capacità diresistenza e reazione dimostrata dalleimprese.In questo senso, l’analisi demograficadella base imprenditoriale consente diricavare informazioni che proprio per laloro semplicità e linearità sono in gradodi trasmettere messaggi chiari, imme-diatamente percepibili e valutabili, sullacondizione del sistema delle imprese esulla forza motivazionale che spinge allacreazione di una attività imprenditorialein tempi tanto difficili. La Camera di Commercio di Perugiaper approfondire e meglio comprenderela dinamica della formazione e articola-zione del tessuto imprenditoriale locale

ha realizzato una indagine specifica chepartendo dai dati della rilevazioneMovimprese per il 2009 si è spinta allivello dei singoli comuni, le cellule-basedella divisione amministrativa del terri-torio. E non sono mancate le sorprese. A fine2009 – quindi all’apice della crisi –sono risultate iscritte alla Camera diCommercio della provincia di Perugia73.303 imprese, 41 in più rispetto adun anno fa, segnando una variazionedello 0,1%. il più basso dell’ultimoquinquennio, ma estremamente signifi-cativo proprio per l’eccezionalità delmomento in cui è stato ottenuto.In rallentamento anche la dinamicanati/mortalità delle imprese: nel 2009in provincia di Perugia sono state costi-tuite 4.218 nuove imprese, 21 in piùdelle 4.197 cessate. Anche in questocaso un risultato moderatamente positi-vo, ma che ha scongiurato il pericolo –realmente temuto – del sorpasso dellecessazioni sulle nuove aperture. Su scala nazionale, Unioncamere haattribuito alla provincia di Perugia untasso di crescita positivo che la collocaal 35° posto nella graduatoria delle 104province. Come dire che quasi 70 pro-

G li effetti della crisisulla demografia delle imprese nei comunidella provincia di Perugia

Economia e territorio / 4.

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vince italiane hanno registrato risultatiinferiori: nell’anno di una delle crisi piùacute della nostra storia, la consistenzadel sistema imprenditoriale perugino èrimasta quasi intatta. Questi segnali positivi, o meglio nonnegativi, di certo non cambiano il giudi-zio complessivo sul 2009, un anno chein Umbria ha portato con sé il crollo delPIL regionale al -5%, alla perdita di unquarto della produzione industriale e alcalo del 28% dell’Export; tuttavia rie-scono a dare il segno di quanto ancoraoggi sia forte la spinta a farsi imprendi-tori e creare una impresa, a guardare almercato come ad una opportunità direalizzazione e crescita, a mettere incampo capacità e risorse nella realizza-zione di un progetto imprenditoriale.Una determinazione che, nonostantetutto, in provincia di Perugia ha portatonel 2009 alla creazione di oltre 11imprese al giorno. Osservando la serie storica della dina-mica iscrizioni/cessazioni si evidenziaun rallentamento che peraltro la crisi hatrovato già in essere da più di 5 anni.Anche nel 2009 comunque il saldo regi-strato è stato positivo (Tabella 1).

Le imprese registrate nella provincia diPerugia al 31 dicembre 2009 si attesta-no a 73.303 unità rispetto alle 73.262del 2008, con una progressione di 41

imprese. In Tabella 2 le imprese regi-strate comune per comune.

LE FORME GIURIDICHEL’analisi delle variazioni percentualidelle forme giuridiche registra ancorauna volta un consistente aumento delleSocietà di Capitali (+4,2), segno di unacostante evoluzione del nostro sistemaverso forme societarie più evolute estrutturate. L’impatto con la crisi ha portato ad unaaccelerazione della contrazione delnumero delle Ditte Individuali (-1,2%)che restano tuttavia di gran lunga le piùnumerose, 40.664 in provincia, il55,5% delle imprese registrate. Stabilile Società di Persone + 0,1%.

Economia e territorio / 4.

Tabella 1. Andamento demograficoimprese perugine - anno 2003-2009

4.3254.4864.8504.5694.5834.4554.218

Fonte: Elaborazione Ufficio Statistica - CCIAA Perugia

2003200420052006200720082009

Anni

Totale imprese

Iscrizioni

3.5953.5723.9124.0354.1334.2004.197

Cessazioni

73091493853445025521

Saldo

Grafico 1. Imprese registrate

Fonte: Elaborazione Ufficio Statistica - CCIAA Perugia

59

Economia e territorio / 4.

Tabella 2. Le imprese registrate al 31 dicembre 2009 ni comuni della provincia di Perugia

PerugiaFolignoCittà di CastelloSpoletoGubbioAssisiBastia UmbraTodiCorcianoMarscianoCastiglione del LagoUmbertideGualdo TadinoMagioneDerutaSan GiustinoTreviSpelloGualdo CattaneoMontefalcoTorgianoCittà della PieveNorciaPanicaleNocera UmbraBevagnaBettonaMassa MartanaPassignano sul TrasimenoGiano dell’UmbriaCollazzone

ValfabbricaCannaraCasciaCiternaTuoro sul TrasimenoPiegaroPietralungaCastel RitaldiCampello sul ClitunnoFossato di VicoMontoneFratta TodinaSigilloMonte Castello di VibioMonte Santa Maria TiberinaSellanoValtopinaCerreto di SpoletoScheggia e PascelupoPacianoCostacciaroLisciano NicconePreciMonteleone di SpoletoSant’Anatolia di NarcoSchegginoVallo di NeraPoggiodomo* n.c.

TOTALE

17.3765.5844.6953.8053.6703.4112.4832.3812.0862.0331.9761.8911.5401.3671.142

988969967954832761759728703676624591566559531483

47146142840638736731831130727123922422419918716715815414213111311310095696842191

73.303

TotaleRegistrate

TotaleRegistrate

DEMOGRAFIA DELLE IMPRESE NEICOMUNI DELLA PROVINCIAIn termini assoluti, nel 2009 è il comunedi Perugia ad aver registrato il maggiornumero di nuove imprese – 1.072 – edanche il saldo attivo (+77) è il più altotra tutti i comuni della provincia (tabella4). Se si considerano le variazioni per-centuali (tasso di crescita) la graduatoriaè guidata dal comune di Fossato di Vicocon una variazione positiva pari al 4,2%e chiusa da Costacciaro con un -7,4%.Tra i comuni più popolosi i risultati mi-gliori in termini di variazione delle im-prese registrate presso la Camera diCommercio sono stati ottenuti da BastiaUmbra (+1,8%), Perugia (+0,5%) eFoligno (+0,4%); in negativo le variazio-ni più importanti rilevate a Gubbio (-1%),Castiglione del Lago (-0,8%) e Città diCastello (-0,6%). Sui 59 comuni dellaprovincia, 28 hanno fatto registrare va-riazioni positive o nulle e 31 variazioninegative (Tabella 3).

Fonte: Elaborazione Ufficio Statistica - CCIAA Perugia

Variazioni % delle imprese registrate rispetto all’anno precedente per formagiuridica

60

Economia e territorio / 4.

Tabella 3. Imprese registrate nei comuni della provincia per forma giuridica

PerugiaFolignoCittà di CastelloSpoletoGubbioAssisiBastia UmbraTodiCorcianoMarscianoCastiglione del LagoUmbertideGualdo TadinoMagioneDerutaSan GiustinoTreviSpelloGualdo CattaneoMontefalcoTorgianoCittà della PieveNorciaPanicaleNocera UmbraBevagnaBettonaMassa MartanaPassignano sul TrasimenoGiano dell’UmbriaCollazzoneValfabbricaCannaraCasciaCiternaTuoro sul TrasimenoPiegaroPietralungaCastel RitaldiCampello sul ClitunnoFossato di VicoMontoneFratta TodinaSigilloMonte Castello di VibioMonte Santa Maria TiberinaSellanoValtopinaCerreto di SpoletoScheggia e PascelupoPacianoCostacciaroLisciano NicconePreciMonteleone di SpoletoSant’Anatolia di NarcoSchegginoVallo di NeraPoggiodomo* n.c.

TOTALE

17.3765.5844.6953.8053.6703.4112.4832.3812.0862.0331.9761.8911.5401.3671.142

98896996795483276175972870367662459156655953148347146142840638736731831130727123922422419918716715815414213111311310095696842191

73.303

657189108128889540745148402627259

162124281014172922165

1511177

1587

121188859

123454145354244113100

2.014

7.7223.0972.5952.2572.2001.9211.1371.346

9221.2071.3031.055

962766651542545589644636389484454392503428339399288374305319301348238251263228226176135169128152131153138115116858884737579434637150

40.664

4.6111.3311.155

8259128787326225314954215083493732952672492051741391761761531861051301461041729995

11510348939076646374734757554620173026403020249

111514230

17.879

4.38696783759547051757433958228321230220220318716315414910847

1828292

10352619152825168295020643820181748512035121813889

1297

12124

105211

12.746

TotaleAltre forme

Imprese individuali

Società di persone

Società di capitale

RegistrateRegistrateRegistrateRegistrateRegistrate

Fonte: Elaborazione UfficioStatistica - CCIAA Perugia

61

Economia e territorio / 4.

Tabella 4. Graduatoria delle imprese registrate per comune, con le rispettive variazioni%

Fossato di VicoPreciLisciano NicconePanicaleCittà della PieveBastia UmbraMassa MartanaSchegginoSant’Anatolia di NarcoCorcianoPassignano sul TrasimenoCollazzoneUmbertideGiano dell’UmbriaMarscianoMonte Castello di VibioPerugiaFolignoGualdo TadinoMagioneValfabbricaNocera UmbraTorgianoDerutaValtopinaVallo di NeraScheggia e PascelupoFratta TodinaSpoletoAssisiPiegaroCampello sul ClitunnoSpelloTodiTreviSellanoCittà di CastelloBettonaCastiglione del LagoGualdo CattaneoCastel RitaldiGubbioMontefalcoMonteleone di SpoletoNorciaBevagnaMonte Santa Maria TiberinaTuoro sul TrasimenoPietralungaCasciaCannaraCerreto di SpoletoSigilloCiternaSan GiustinoPacianoPoggiodomoMontoneCostacciaro

TOTALE

4,64,22,72,52,31,81,61,51,51,51,31,31,01,00,50,50,50,40,30,20,20,10,10,10,00,00,00,0

-0,1-0,2-0,3-0,3-0,4-0,4-0,5-0,6-0,6-0,7-0,8-0,9-1,0-1,0-1,0-1,1-1,2-1,3-1,3-1,5-1,5-1,6-1,7-1,9-2,2-2,4-2,9-3,7-5,0-6,3-7,4

0,1

271100113703759

2.4835666869

2.086559483

1.891531

2.033199

17.3765.5841.5401.367

471676761

1.14215842

142224

3.8053.411

367307967

2.381969167

4.695591

1.976954311

3.67095

18772862483238731842846115422440698813119

239113

73.303

25996

110686742

2.4385576768

2.056552477

1.873526

2.022198

17.2905.5621.5361.364

470675760

1.14115842

142224

3.8073.418

368308971

2.391974168

4.725595

1.992963314

3.70796

189737632843393323435469157229416

1.01713620

255122

73.262

Variazioni %Anno 2008 Anno 2009Registrate

Fonte: Elaborazione UfficioStatistica - CCIAA Perugia

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Economia e territorio / 4.

Tabella 5. Riepilogo dei principali indicatori di nati-mortalità delle imprese nel 2009Graduatoria comunale per saldo

PerugiaBastia UmbraCorcianoCittà della PieveUmbertidePanicaleFolignoMassa MartanaFossato di VicoTorgianoMarscianoValfabbricaGiano dell’UmbriaSpoletoPreciMagioneGualdo TadinoPassignano sul TrasimenoLisciano NicconeCollazzoneSchegginoNocera UmbraSant’Anatolia di NarcoMonte Castello di VibioFratta TodinaDerutaVallo di NeraSellanoPiegaroCampello sul ClitunnoScheggia e PascelupoPoggiodomoMonteleone di SpoletoGualdo CattaneoValtopinaMonte Santa Maria TiberinaCerreto di Spoleto PacianoTreviPietralungaCastel RitaldiTuoro sul TrasimenoSigilloSpelloNorciaCostacciaroCasciaCannaraMontefalcoCiternaBevagnaBettonaMontoneAssisiTodiCastiglione del LagoSan GiustinoCittà di CastelloGubbio

TOTALE

77383518171612109886544443332211110000

-1-1-1-1-1-2-3-4-5-5-5-6-6-7-7-7-7-8

-10-10-10-10-14-14-17-18-25-31-35

21

99514595539535

339221634

1122421

2213

7593323

243

40388

7216

2716514

5110109

14551623211459391225313423352918

20112813564

291219

4.197

1.07218313071

11251

351322542

1203026

2257

7997356

275

42499

7316

2716403

50986

10501118158

52325

1823241325194

18711111739

260184

4.218

saldoiscrizioni cessazioniAnno 2009

Fonte: Elaborazione UfficioStatistica - CCIAA Perugia

Sono molti anni, quasi cin-quanta, che l’opinione pub-blica italiana è ansiosamen-te sollecitata a potenziare lasua carica di innovazione,di ricerca scientifica, di svi-luppo tecnologico; ma nonsi sono per ora visti effetticoncreti di tale sollecitazio-ne. E in più nessuno si èposto il problema del per-ché la coscienza collettivadel “dovere” di promuoverel’innovazione non riesca adiventare impegno altret-tanto collettivo e parteci-pato.Ricordo abbastanza bene gliinizi di questa “saga man-cata”. Correva l’anno 1962e la politica italiana – Amin-tore Fanfani in prima linea– scoprì, sulla spinta di unlibro allora di successo (“Ledefi americani”) che l’Euro-pa e l’Italia erano progres-sivamente lontane dallacapacità americana di farcrescere innovazione nelsistema produttivo: esistevaun “gap tecnologico” cheandava immediatamenteridotto con opportune poli-tiche.Qualcuno dei più anziani,io fra quelli, ricorderà lavalanga di articoli, volumi,convegni, che crebbero adismisura sull’argomento,per quasi tutti gli anni ’60.Con effetti limitati e nondestinati a durare. Le ra-gioni di ciò, viste a distanzadi tempo, erano precise. Ilsistema italiano di innova-zione era allora molto pola-rizzato: da un lato c’era lapotenza della ricerca fonda-mentale e di base, tutta ac-cademica e universitaria(praticamente potenza oc-cupata dai centri decisiona-li nel settore); e dall’altrolato c’era una ricerca appli-cata fatta dalle aziende dimaggiore dimensione (dalla

Montecatini alla Fiat), tuttosommato molto settorializ-zate. Non c’era nulla inmezzo: non c’era una cultu-ra del “development” (diimplementazione ed appli-cazione) dei risultati dellaricerca; non c’erano pro-grammi di ricerca pubblicaorientati ai grandi problemidel Paese e definiti autono-mamente rispetto alle cor-porazioni accademiche; nonc’era (ancora) un mondo dipiccole imprese attivo sulpiano della costante inven-zione di processo e di pro-dotto.In questa concreta situazio-ne di base era praticamenteimpossibile che la grandetematica del “gap tecnolo-gico” avesse uno sbocco po-sitivo, semplicemente per ilfatto che non c’erano in cam-po soggetti adeguati allasfida centrale di quella te-matica, cioè il trasferimen-to al mondo produttivo deirisultati della ricerca avan-zata, dovunque attuata. Ecosì per anni, per decenni,la tematica è andata spe-gnendosi piano piano, an-che quando le classi diri-genti hanno riproposto e ri-propongono con forza l’esi-genza di una politica del-l’innovazione, di una politi-ca della ricerca scientifica,di una politica dell’alta for-mazione. Esigenza indiscu-tibile ma che da anni restasul piano di quelle dichia-razioni di principio, spessoretoriche, che lasciano sod-disfatti solo coloro che leesprimono.Per fortuna la realtà di basecambia e permette oggi divedere le cose con occhi esperanze diverse. Cambiaanzitutto, dal basso, il mon-do delle imprese e delle lorostrategie innovative: il si-stema italiano è fatto dacentinaia di migliaia di a-ziende che fanno quotidia-namente innovazione diprodotto e di processo, noncollegandosi ai centri uni-versitari di ricerca, conside-

rati lontani ed autoreferen-ziali, ma lavorando sulmercato dei brevetti, del-l’acquisizione di nuovimacchinari, della progetta-zione del nuovo. Cambia insecondo luogo il mondodella ricerca pubblica nonuniversitaria, visto che suigrandi tempi dello sviluppoitaliano (energia, trasporti,ambiente, ecc.) ci sono pro-grammi e strutture di buo-na consistenza e qualità. Ecambia anche, in terzo luo-go, lo stesso mondo univer-sitario, dove la grande ma-rea della crescita quantita-tiva ha sommerso l’idea chetutte le realtà accademichepotessero far ricerca, ma hafatto al tempo stesso emer-gere alcune isole di altaqualità e di ottimo presti-gio, fra l’altro anche attentea prender parte ai processidi più complessa trasfor-mazione in cui esse avver-tono di essere implicate.A ben vedere, allora, il tem-po ed i processi spontaneihanno fatto spazio a queltessuto intermedio (di im-prese, di centri d’eccellenza,di ricerca pubblica orienta-ta) che mancava negli anni’60. Si tratta ora di sfrutta-re quel che il tempo ed iprocessi spontanei ci hannoconsegnato: la politica del-l’innovazione non deve “vo-lare alto” come pensano itanti che ne parlano, madeve calarsi nelle imprese,nei centri universitari d’ec-cellenza, nelle strutture diricerca pubblica orientata;deve in altre parole appli-carsi a discorsi e percorsispecifici, “micro”, di incen-tivazione e di sostegno. Im-pegno difficile, specialmen-te se ci si rivolge al mondodelle imprese, ma impegnonon eludibile se non vogliaperdere ancora troppi annia rincorrere nobili procla-mi.

osservatorio

63

Giuseppe De Rita

Innovazione: un impegno ineludibile

o

Ci sono molti modi per valorizzare ecreare occasioni di sviluppo di un terri-torio. Quello della promozione della cul-tura è fra i più declamati, eppure tra imeno praticati. L’Italia ha una innatavocazione al riguardo essendo ricca digiacimenti culturali, una risorsa che nonsi estrae dal terreno ed è distribuita sulterritorio. La Calabria e il sud del no-stro Paese in genere hanno il privilegiodi poter contare, insieme, su un am-biente di incomparabile bellezza e suvestigia importanti riferibili a un arcotemporale di molti secoli. Il turismo cul-turale, che è fonte di sviluppo economi-co diretto e indotto, il quale si va sem-pre più affermando fra gli europei eamericani, cinesi e indiani, si rivela cre-scentemente esigente e sofisticato e dun-que difficile da catturare. Occorronostrutture efficienti e una offerta semprepiù variegata. Come dire che la gente simuove se ha facilità di accesso, se èconfortata da servizi di buona qualità e,soprattutto, se può usufruire di proposteculturali differenziate. Visitare paesaggi,città antiche con architetture importantie opere d’arte del passato non basta più.Occorre una fruibilità di un complessodi altre proposte culturali come la buo-

na musica, gli spettacoli teatrali di varianatura, musei e mostre d’arte antica econtemporanea. Questo menù ricco diportate è veramente in grado di muove-re flussi turistici interni ed esterni ai ter-ritori. Il lungo preambolo, apparentementescontato, serve a introdurre una iniziati-va lodevole nel settore dell’arte contem-poranea, recentemente presa dalla Ca-mera di Commercio di Vibo Valentia,alla quale hanno partecipato anche al-cuni artisti umbri che si sono fatti nota-re per la qualità delle loro opere, tant’èche proprio a un giovane umbro, Mas-simo Diosono di Spello, è andato unodei premi acquisto e a Sofia Rocchetti diPerugia una menzione speciale dellagiuria. Del gruppo degli invitati prove-nienti dall’Umbria facevano anche parteAndrea Baffoni, Stefano Errighi, Ga-briella Napolitano, e gli artisti stranieriattivi in Umbria Alexander Jakhnagiev,Mikhail Koulakov, Wilma Lok,Sandforg&Gosti e Carla Schucani. Alla prima edizione, il Premio Interna-zionale Limen Arte, la cui mostra èrimasta aperta fra il dicembre delloscorso anno e il gennaio del 2010, eraarticolato in quattro sezioni: “Persisten-

Massimo Duranti

A

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Arte / 2.

pagina 64:Massimo Diosono,

“... Dal visibile apparente...al reale invisibile”, 2009

acrilico extrafine su tavola

Sofia Rocchetti, “Massimo comfort”, 2006,

ricamo su tela, cuscinoimbottito con elementi

metallici aggettanti

rtisti umbri al Limen ArtPromossa dalla Camera di Commercio di Vibio Valentia una rassegna internazionale d’arte. Un premio a Massimo Diosono e un riconoscimento a Sofia Rocchetti

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Arte / 2.

ze ed influenze del Futurismo dal 1959ad oggi” (una doverosa partecipazionealle manifestazioni per il centenario delFuturismo con opere di Gerardo Dot-tori, Leandra Angelucci Cominazzini,Enzo Benedetto, Osvaldo Peruzzi, Ales-sandro Bruschetti, Mino Delle Site e i“continuatori” Antonio Fiore e NelloPalloni”) ; “Sezione artisti stranieri”;Sezione libera”; “Sezione artisti calabre-si”. Il titolo Limen Arte indica la sogliaper entrare nel territorio dell’arte con-

temporanea e comprenderne i valori.Dunque, una primaria funzione di ap-proccio a un mondo sconosciuto ai più,soprattutto ritenuto incomprensibile daparte di un pubblico non necessaria-mente carente di istruzione. Una caren-za che si manifesta con un diffuso catti-vo gusto negli arredi, nelle progettazioniedificatorie e in ogni altra manifestazio-ne dai risvolti estetici. Questa condizio-ne di arretratezza nella percezione delcontemporaneo artistico è più marcatain Italia che in altri paesi europei dove imusei d’arte contemporanea sono moltodiffusi, mentre in Italia, quelli significa-tivi, si contano sulla punta delle ditadelle mani. La Camera di Commercio diVibo Valentia con questa iniziativa, ol-tre a rispondere, appunto, all’esigenzadi mediazione nella conoscenza dell’artedi oggi e all’ampliamento dell’offerta aun turismo esigente, vuole gettare lebasi per costituire una raccolta d’arte einfatti ha dotato la rassegna, col sup-porto di altre istituzioni, di consistentipremi acquisto e intende sviluppare unapolitica di acquisizioni mirate. L’inizia-

tiva camerale è stata voluta dal Com-missario Michele Lico, sostenuto dal Se-gretario generale Bruno Calvetta, sup-portati da un professionale staff orga-nizzativo che ha visto molto impegnateRaffaella Gigliotti (coordinamento orga-nizzativo) e Rosanna De Lorenzo (co-municazione) con la regia del direttoreartistico Giorgio Di Genova, ben notostorico dell’arte che ha appena comple-tato la monumentale Storia dell’ArteItaliana del ’900, coadiuvato da unagiuria che ha anche provveduto a indi-viduare i partecipanti.Questa prima edizione, che è stata pre-sentata nel prestigioso Palazzo Gagliardiappena restaurato, di proprietà comu-nale, ha avuto un notevole successo dipubblico ed echi significativi sulla stam-pa nazionale, richiamando visitatori datutta la regione ed anche da varie partid’Italia provenendo gli artisti, una ses-santina, da quasi tutte le regioni. Set-tantacinque le opere esposte, di cui ses-santadue quelle in concorso, tutte ripro-dotte nell’elegante catalogo con i saggidei curatori e ampie notizie biografiche.Rappresentati tutti linguaggi della con-temporaneità con significative esperien-ze di figurativo, di astrazione e del con-cettuale, nelle tecniche pittoriche, scul-toree e installative, specchio di una sta-gione del contemporaneo che vede l’as-senza di movimenti dominanti e non sipone limiti espressivi di nessuna naturaessendo alla ricerca di una nuova di-mensione. Le stesse opere premiate ap-partengono a una pluralità di espressio-ni e confermano l’assenza di tendenze.Il primo premio acquisto (7.000 euro) èandato al noto scultore giapponeseYoshin Ogata con l’opera Sole, mentre iquattro premi acquisto di 3.000 eurocadauno sono andati a Walter Bortolos-si, nativo di Chieti, Marco Cerutti, sviz-zero, ma attivo a Torino, Massimo Dio-sono, umbro e Franco Fiaccavento, atti-vo a Cosenza. Targhe delle istituzionisono state assegnate a Francesco Guer-rieri, Gino Guida, Giancarlo Montuschi,Claus Larsen e Salvatore Anelli. Men-zioni speciali della giuria sono stateassegnate a Vincenzo Arena, CorradoLevi, Luigi Magli, Sofia Rocchetti eGiulio Telarico.Andrea Baffoni,

“Eclissi 21-7”, 2009, smalti acrilici su tela

Percorsi museali

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INella Guida del viaggiatore raffinatodella Casa Editrice Edimond, a curadi Paolo Bà’ si stralcia a propositodi Città di Castello, quello che hascritto il pittore Piero D’Orazio,riassumendo storia e pregi dellacittà: ‘Risalendo il Tevere versoNord, la vecchia via Tiberina attra-versava un’antica città Romana epoi, famosa fortezza Longobarda; illembo estremo della cultura Umbraai confini con la Romagna e laToscana degli Aretini, Città diCastello. Una vera Città, con tanto dimura, torri, ammirevoli chiese d’o-gni epoca, sontuosi palazzi e grazio-se residenze, magnifici cortili, piaz-ze e piazzette, da sempre, centro diricchi commerci fra gli agricoltori,gli allevatori e gli artigiani dellazona, celebri questi, per la tessitura,la raffinata lavorazione del legno edella ceramica. Città di Castello eraun tempo tappa, nel lungo viaggiofra Roma e Venezia e la sosta, quasiobbligatoria, era compensata, però,dall’interessante visita alle architet-ture, dal loro carattere severo e,anche, dal curioso accento e dalgarbo delle persone. (…) Ai nostrigiorni – aggiunge il noto artistanazionale – Castello (come la chia-mano gli abitanti) figura bene nellamappa internazionale dell’arte conil Museo Alberto Burri, voluto nellasua città dal celebre artista, la cuiopera compendia anche i caratteri

particolari di quel territorio. Daitempi in cui Burri era il “geniusloci”, però, le cose sono molto cam-biate. Chiunque si dirigesse a Nordlungo la nuova Superstrada sorvole-rebbe dall’alto Città di Castello evedrebbe a volo radente le cupole, letorri e i tetti, da lontano e rapida-mente’.Da questa rapida pennellata sulla‘Castrum Felicitatis’ si evince chetrattasi di una città dalle illustri ori-gini, abitata dai popoli umbri, etru-schi e romani. Fu municipio roma-no, Tifernum Tiberinum, subì leorde barbariche di Totila e fu rico-struita da Florido, Amanzio eDonnino, attuali compatroni. È statameta prediletta dei viaggiatori coltid’oltre Alpi. La sua gente è statasempre operosa, grazie ad un riccoterritorio e alla sua felice posizionegeografica. Fu territorio agognatodai Longobardi, dall’Impero, dalPapato, dai Perugini, dai Tarlati diArezzo, dai Montefeltro. Subì le lottetra impero e Papato, tra Guelfi eGhibellini. Visse il tempo dei Signorie dei Comuni. La città del Tevere ciha lasciato segni consistenti e testi-monianze monumentali delle civiltàche si sono succedute. A volo di ron-dine citiamo la Cattedrale di SanFlorido con il Duomo, la Chiesa diSanta Maria Maggiore, la Chiesa diSan Domenico, Chiesa di SantaCroce, Chiesa di Santa Cecilia in

GiovanniZavarella

Musei di Città di Castello

di Caravelle, ‘in modo da conseguireappieno gli obiettivi per cui vari soggettiistituzionali si sono mossi volendo con-sentire alla nostra città di diventare uncentro prestigioso del patrimonio artisti-co nazionale e regionale’. AlessandroMarabottini sostiene che la ‘Pinacotecadi Città di Castello è un tipico esempiodi Museo costituito in seguito alla sop-pressione di istituzioni ecclesiastiche eall’acquisizione al demanio del relativopatrimonio artistico: provvedimenti che,a partire dal 1860, interessarono tutte leregioni italiane, mano a mano che siandava perfezionando la loro annessioneallo stato unitario’, aggiunge che ‘laPinacoteca di Città di Castello presentaun materiale di provenienza omogenea,atto a documentare le vicende culturalidel territorio tifernate attraverso i secoli’.La Pinacoteca si articola in 26 sale,debitamente classificate, dove è possibi-le intercettare opere, rigorosamenteordinate in miniature, tempere su per-gamene, tempere su tavola a partire dalXIII secolo. Sono visibili risultanze diRaffaello, Luca Signorelli, Giorgio diAndrea Bartolo, Antonio Alberti,Antonio Vivarini, Bottega di LorenzoGhiberti e del Ghirlandaio, di Andreadella Robbia, del Ghepardi, Francescotifernate, Cola dell’Amatrice, Giacomoda Milano Raffaellino del Colle, Iacopodi Giovanni, Gregorio Pagani, NicolòCircignani detto il Pomarancio, VittoreGirelli, Giovan Battista Pacetti, loSguazzino, Giovanni Ventura Borghesi,Vincenzo Barboni Francesco Mancini,Tommaso Maria Conca, VincenzoChialli, Alessandro Capanti e tanteopere di ignoti. Senza dimenticare ilLoggiato dove si può ammirare l’In-coronazione della Vergine, angeli e che-rubini e santi e ‘Adorazione dei Pasto-ri’della Bottega di Andrea della Robbia(inizi del Cinquecento, terracotta inve-triate). Una sosta merita il Porticato; cisono opere in terracotta invetriate, bas-sorilievi in marmo, in pietra serena deisecoli XIII-XVI. Peraltro vi hanno trova-to collocazioni opere moderne, frutto digenerose donazioni, quali la gipsoteca diElmo Palazzi, la collezione di bronzi diBruno Barroccini, la collezione Ruggierie una sezione delle conchiglie.E Città di Castello, come Perugia,

Percorsi museali

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Paradiso, Chiesa di San GiovanniDecollato, Chiesa di San Gerolamo,Chiesa di San Michele Arcangelo,Santuario di Santa Maria delle Grazie,Chiesa di Santa Lucia, Santuario diSanta Veronica, il Palazzo del Podestà,il Palazzo dei Priori, la Chiesa di SantaChiara, il Palazzo Vitelli a Sant’Egidio,Palazzo Vitelli a San Giacomo, Chiesadi San Francesco, Chiesa Madonna delBuon Consiglio o Santa Maria del Po-polo, Torre Comunale (XIV sec.), TeatroComunale (XVII sec.).Per quanto attiene gli spazi museali(ritenuti secondi solo alla Galleria Na-zionale di Perugia) che non escludonogli esiti artistici delle chiese, ricche ditestimonianze di notevole spessore dipittori e scultori italiani e stranieri,meritano attenzione il Museo Capitolareche custodisce il tesoro di Canoscio,paliotto in argento, Pastorale con sanFlorido in preghiera, quadri e dipinti

del XIV-XV e XVI secolo, una collezionedi turiboli, un reliquario attribuito alPinturicchio. Non mancano nelle saleinterne i paramenti sacri dei secoliXVII-XIX. Da notare di particolare inte-resse è una collezione rara di 24 oggetti:vassoi, calici, colatoi e cucchiai di usoeucaristico del VI secolo. Il museo èarricchito da un laboratorio didatticoche favorisce attività formative dellegiovani generazioni.Tra i dipinti ci sono quelli di Bernardinodi Betto detto il Pinturicchio, di JacopoGasparre detto il Rosso fiorentino, diGiulio Romano.La pinacoteca Comunale che si trova nelPalazzo Vitelli della Cannoniera da solamerita una visita per la qualità e la ric-chezza degli affreschi. La Pinacoteca inPalazzo Vitelli alla Cannoniera – si leggein Pinacoteca Comunale di Città diCastello’ si colloca in un disegno piùampio che prevede la creazione di unpercorso museale cittadino ‘che includeanche il Museo del Duomo, le collezioni Burri, il Museo delle tradizioni popolari

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Spello, Foligno, Orvieto, Assisi, Mar-sciano, Terni, ecc., ha mostrato atten-zione anche all’Arte contemporanea. Diquesta premura sono prove esemplari estraordinarie le Collezioni Burri nel Pa-lazzo Albizzini (comprende 130 opere:pittura, scultura, grafica, bozzetti perscenografie e teatri), e negli ex Essic-catoi del Tabacco a Rignaldello.Alberto Burri (1915 Città di Castello-1995 Nizza) si laurea in Medicina nel1940, viene fatto prigioniero nel 1943 einviato in campo di concentramentonella città statunitense di Hereford(Texas), dove secondo le biografie uffi-ciali inizia la sua attività di pittore. Silegge in ‘Terra di Maestri 900’ (1946-1959): ‘Nel 1981 a Città di Castello, nelrinascimentale palazzo Albizzini, siinaugura una raccolta museale sistema-tica dedicata a tutte le fasi del lavoro diBurri. Nel 1984 la Pinacoteca di Brera aMilano organizza un’importante retro-spettiva (a cura di Pirovano) nella nuo-va sede di Palazzo Citterio.Seguiranno ancora molte personali aNizza, a Roma, Parigi, Vienna, Bologna,Torino, Locarno, mentre l’artista segui-ta la serie dei grandi cicli, ‘Rosso e ne-ro’, ‘Nero’, ‘Non ama il nero’, ‘Cellotex’,‘Metamorfetex’, ‘Nero e oro’, accompa-gnati anche da grandi segni-sculture.Queste opere dal 1989 sono collocatenegli ex Seccatoi del tabacco di Città diCastello che, con una presenza impor-tante nel paesaggio, completano la siste-mazione museale dell’opera di Burri.La consistenza della collezione diAlberto Burri nel Palazzo Albizzini nel1981 è la risultanza di una cospicuadonazione del Maestro tifernate, omag-gio alla propria Città natale, a partireda quadri del 1948 con un continuumcronologico, dove si possono ammirarele soluzioni dei ‘Sacchi’, ‘Ferri’, i‘Legni’, ‘Le Combustioni’, le ‘Plastiche’,i ‘Cretti’, i ‘Cellotex’, e le ‘Tempere’. Neigrandi capannoni neri degli Essiccatoi(1989), vera ed autentica archeologiaindustriale, annunciata dal ‘GrandeFerro Sestante’, vi sono i cicli di grandeformato i ‘cellotex’, i grandi ‘neri’, ‘cret-ti’ e chi più ne ha più ne metta. I padi-glioni contengono 128 grandi opere.Vi è anche una biblioteca sull’arte mo-derna e contemporanea, fonoteca di

Percorsi museali

Alberto Burri e l’archivio con vasta bi-bliografia sull’artista.A buon conto una citazione di merito èda assegnare al Centro di Documenta-zione delle tradizioni popolari. In unacasa colonica si trova il museo con mate-riali d’epoca, gli strumenti e gli arreditipici della civiltà contadina. Si trovascritto che: ‘Il museo delle tradizionipopolari è allestito all’interno di unacasa colonica dove sono state ricostruitele varie stanze della casa utilizzandomobili, suppellettili, attrezzature edarnesi da lavoro legati alla vita quotidia-na e alle attività agricole delle famiglieche vivevano nelle campagne umbre.Nell’adiacente villa Cappelletti vi una ècollezione ferro-modellistica. Da non dimenticare la Biblioteca Co-munale che custodisce fondi antichiprovenienti dalle biblioteche delle cor-porazioni religiose soppresse e materialepaleontologico e archeologico con fossilidi età preistorica ed etrusco-romana.Una notazione a chiosa che traiamo da‘Umbria’ del Touring Club italiano reci-ta che ‘Tra le attività tradizionali vannosegnalate l’industria tipografica, intro-dotta nel ’500 e ancora presente conprocedimenti di composizione manuale,la produzione di mobili in stile legato alcommercio antiquario, e soprattutto laproduzione di tessuti che, nel laborato-rio “Tela Umbra”, utilizza gli antichitelai a mano per manufatti di alta qua-lità’. Peraltro è collegato al Laboratorio‘Tela Umbra’ una location musealedella tessitura che ha il pregio di segna-re le tappe e le vicissitudini di questooriginale laboratorio, che si avvaleancora oggi di metodi, materiali e telaimanuali mirati a confezionare ogni tipodi tela. Si trova scritto che ‘nel museo –laboratorio della Collezione Tessile dellaTela Umbra di Città di Castello, pressoil Palazzo Tomassini, ex Bourbon delMonte, sono esposte opere di grandevalore artigianale che documentano lastoria della Tessitura nell’Alta Valle delTevere: tovaglie umbre rinascimentali,arazzi, tappeti, merletti lavorati a fusel-li, opere tessute completamente a manosu antichi telai, tessuti popolari, oltre auna serie di strumenti tipici per la tessi-tura quali telaio, filatoio, l’aspo’. Per la precisione si precisa in un elegan-

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te pieghevole che ‘Il laboratorio TelaUmbria fu fondato nel lontano 1908 periniziativa di Leopoldo Franchetti e dellasua giovane moglie americana AliceHallgarten.Questa, dotata di un energico caratteree di un profondo spirito umanitario,non appena giunta a Città di Castello,nel 1900, cominciò ad interessarsi del-le tristi condizioni di miseria e di arre-tratezza culturale in cui versavano lefamiglie dei coloni della sua tenuta edelle persone meno abbienti della città.Superando la pratica inefficace dellatradizionale beneficenza, cominciò adoperare con costante impegno nei set-tori dell’istruzione, della formazione equalificazione al lavoro. Intendeva in-fatti contribuire al miglioramento dellivello di vita nelle campagne ancheconservando le culture artigianali ditradizione popolare, tra cui l’antica ar-te della tessitura con telai a mano. Ali-ce Franchetti si era reso conto infattidel pericolo che correva la tessituraartigianale di fronte alle nuove tecni-che dei telai meccanici che avevano giàinvaso l’Europa e gli Stati Uniti indu-strializzati. Fu Lei quindi che perprima prese l’iniziativa di difendere ilprodotto artigianale rispetto a quellostandardizzato, aggiungendo una moti-vazione di carattere sociale’. E in linea con questa convinzione laRegione dell’Umbria e il Comune diCittà di Castello hanno voluto creare: ‘Ilfilo della memoria: la Collezione tessiledi Tela Umbra’. Si tratta di un ‘vero eproprio museo che rappresenta la testi-monianza viva dell’impegno profuso inun progetto che vuole sia documentareuna realtà artigianale nei suoi variaspetti, sia offrire, a quanti ricercanonell’ambiente umbro, nella sua storia enelle sue radici, motivazioni per unaindagine ed una riscoperta creativa chepossa aprire anche opportunità di lavo-ro, per la tutela dei valori artistici e cul-turali tramandatici. La Collezione Tes-sile è situata al secondo piano dell’anticopalazzo Tomassini e si snoda per 9 salesapientemente sistemate ed ordinate.Durante la sua visita non si può fare ameno di subire il fascino di un percorsoculturale intenso e vivo, che si presentaattraverso prestigiose creazioni tessili,

filati, telai d’epoca, trine, merletti e stru-menti di vario genere per la tessitura’.E non poteva mancare un qualche rife-rimento all’arte tipografica.Il Museo della Tipografia operativa cherimanda al 1799 (La Grifani-Donati)ha rinunciato alla modernità tecnologi-ca a tutti i costi, per impreziosire gliesiti tipografici per il tramite di stru-menti e tecniche d’antan. Nello stessosito si possono osservare macchine dastampa, ancora funzionanti e risalenti adiverse epoche. Città di Castello è inlinea con una sapiente tradizione tipo-grafica che risale al XVI secolo.Recentemente il colto giornalista umbroMassimo Zangarelli ha scritto: ‘ Se Cittàdi Castello è stata per secoli sinonimo diarte tipografica lo si deve in gran parteanche alla ‘Grifani-Donati’ che festeggiain questo periodo i suoi 210 anni di vita‘Oggi che l’antico laboratorio è divenutomuseo e che Gianni Ottaviani ha vintola sua azzardata e affascinante sfidapersonale e professionale, persistendonella qualità delle tecniche grafichemanuali degne del più elevato artigia-nato artistico laddove è tutto globalizza-to e omologato, la celebrazione acquisi-sce un ulteriore significato, quello diospitare in quegli stessi spazi che neglianni, pur continuando nell’opera di pre-giata manifattura, sono divenuti presti-giose sale espositive’. E aggiunge, a si-gnificarne l’importanza: ‘Da uno studiodell’Associazione Italiana Musei dellaCarta e della Stampa, pubblicato suGraphicus, è emerso che la tipografiaGrifani-Donati è l’unica in Europa dovesia possibile esercitare tutte e tre le tec-niche grafiche: la tipografia, la calco-grafia e la litografia (naturalmente solosu pietra). Con il valore aggiunto diessere spazio espositivo per mostre gra-fiche di artisti contemporanei, aperto alpubblico. E con il preciso intento che imusei debbono parlare, non semplice-mente custodire delle opere. Se l’Umbria è ritenuta una regione daivalori artistici pronunciati, un posto dirilievo per musei, monumenti e beniartistici spetta sicuramente a Città diCastello.

Percorsi museali

Da tempo si discute sul gravedanno economico che l’Italiasubisce nel mondo attraversol’uso improprio dell’apposi-zione del marchio Made inItaly su prodotti di dubbiaprovenienza. Il legislatore,dopo che in qualche raro casodel problema se ne era occu-pata la giurisprudenza, èintervenuto con la legge 23luglio 2009 n. 99, a cui hafatto seguito una circolare delMinistero dello SviluppoEconomico del 9 novembre2009, rinvenibile in molti sitiinternet.

La legge 23 luglio 2009 n. 99,recante disposizioni per lo svi-luppo e l’internazionalizzazio-ne delle imprese nonché inmateria di energia, all’art. 17,comma 4, dettava una normadedicata specificatamente allatutela del Made in Italy. La disciplina del comma 4,laddove riteneva illecito l’usodi marchi di aziende italianesu prodotti o merci non origi-nari dell’Italia senza l’indica-zione precisa, in caratteri evi-denti del Paese o del luogo difabbricazione o di produzione,ha determinato dubbi inter-pretativi.Per superare tali problemi, ilGoverno è intervenuto con undecreto legge introducendouno specifico comma nellapredetta norma (il comma49-bis), abrogando (con l’art.16, comma 8, rubricato“Made in ltaly e prodotti inte-ramente italiani”, del decretolegge 25 settembre 2009. n.135, recante disposizioniurgenti per l’attuazione diobblighi comunitari e per l’e-secuzione di sentenze dellaCorte di giustizia delleComunità europee) la disposi-zione introdotta dalla legge n.99 del 2009 e definendo posi-tivamente i contorni dellacondotta inchiesta al titolare oal licenziatario del marchio al

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a cura diGiuseppeCaforio*

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Il nuovo Made in Italy dopo la legge n. 99 del 2009 e del D.L. n. 135 del 2009

fine di informare corretta-mente il consumatore circal’effettiva origine del prodottoaccompagnato dallo stesso.Il nuovo articolo 4, comma49-bis (introdotto dall’art. 16.comma 6 del decreto legge n.135/09), ha stabilito, sottocomminatoria di una sanzioneamministrativa pecuniaria, lailliceità, sub specie di fallaceindicazione, dell’uso del mar-chio, da parte del titolare odel licenziatario, qualora lostesso avvenga con modalitàtali da indurre il consumatorea ritenere che il prodotto o lamerce sia di origine italiana,ai sensi della normativa euro-pea sull’origine.Al riguardo, è fatto obbligo aisoggetti interessati, (titolari olicenziatari di marchi) diaccompagnare i prodotti o lemerci alternativamente (e noncumulativamente) con:• indicazioni precise ed evi-denti sull’origine o provenien-za estera o comunque suffi-cienti ad evitare qualsiasifraintendimento del consuma-tore sull’effettiva origine delprodotto;• un’attestazione, circa leinformazioni – che gli stessisoggetti renderanno in fase dicommercializzazione – sullaeffettiva origine estera di pro-dotti o merci.

L’art. 17, comma 4, dellalegge 99/09 considerava “fal-lace indicazione l’uso di mar-chi di aziende italiane su pro-dotti o merci non originaridell’Italia.. senza l’indicazio-ne precisa in caratteri eviden-ti del Paese o del luogo di fab-bricazione..”L’art.16 D.L. 135/09 haabrogato la suddetta disposi-zione, stabilendo che il pro-dotto o la merce sia accompa-gnata da “indicazioni preciseed evidenti.. o comunque suf-ficienti…, ad evitare qualsiasifraintendimento del consuma-

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tore sull’effettiva origine delprodotto…”.Anche l’intervento normativosuccessivo con il decreto leggenon è stato del tutto esaustivo,tanto che ha fatto seguito unacircolare del Ministero delloSviluppo Economico del 9novembre 2009, con l’intentodi esplicare il contenuto dellenorme, che evidentementecreano qualche dubbio appli-cativo.Da quanto precede, il Mini-stero deduce che la nuovadisposizione – eliminando ilriferimento al Paese o al luogodi fabbricazione o di produ-zione, di cui all’abrogato art.17, comma 4, legge n. 99/09ed avendo di mira una corret-ta informazione al consuma-tore – consente di accompa-gnare il prodotto sul quale ilmarchio è apposto da unaappendice informativa, esclu-dendo pertanto la fattispeciedella fallace indicazione. Taleappendice informativa (che,oltre ad essere direttamenteapplicata sul prodotto o sullaconfezione, nei casi concretipuò assumere anche le formedi cartellino o targhetta appli-cata allo stesso) può concre-tizzarsi, a titolo meramenteesemplificativo, in una delleseguenti diciture:• prodotto fabbricato in ...;• prodotto fabbricato in Paesiextra Ue;• prodotto di provenienzaextra Ue;• prodotto importato da Paesiextra Ue;• prodotto non fabbricato inItalia.

Rimane quindi impregiudica-ta la facoltà (ma non l’obbli-go) per il titolare del marchioo il licenziatario di provvederead indicazioni più puntualicirca l’origine o la provenien-za del prodotto: sia esplicitan-do anche il Paese di produzio-ne o fabbricazione; sia prov-vedendo alle indicazioni sud-dette direttamente sul prodot-to o la confezione, laddove siapossibile. Nei casi in cui taliattività non fossero material-mente possibili anteriormente

alla fase della commercializ-zazione (anche per ragionidimensionali, produttive odistributive) il titolare o illicenziatario del marchio puòcomunque far ricorso ad unaspecifica attestazione (nellafase di transito presso gli uffi-ci doganali) il cui modello èallegato alla circolare, con cuisi impegna a rendere, in fasedi commercializzazione, leinformazioni ai consumatorisull’effettiva origine estera delprodotto. In tale caso, per ilMinistero si reputa necessario,al fine di evitare una disparitàdi trattamento nei confronti dicoloro che avessero optato perle più rigorose diciture so-praindicate rendere, in dettaattestazione, le “Indicazioniprecise ed evidenti…o comun-que sufficienti…” che sisostanziano nelle diciture emodalità sopraindicate a tito-lo esemplificativo.L’Amministrazione deputataal ricevimento delle attesta-zioni provvederà esclusiva-mente alla loro raccolta e allamessa a disposizione dell’au-torità competente al controllo.La prescritta indicazione del-l’origine non italiana dei pro-dotti va inserita ove trovanoabitualmente posto le indica-zioni sulla qualità e le caratte-ristiche dei prodotti stessi, inmodo conforme alla prassi delsettore e alle abitudini deiconsumatori dei prodotti con-siderati (purché comunque inmodo distinto dalle altre indi-cazioni), così da poter esserepercepita chiaramente dalpubblico. Tale indicazionenon dev’essere necessaria-mente incorporata nel prodot-to, ma può anche essere inse-rita in elementi amovibilicome hang-tags o similarianche aggiunti dopo l’impor-tazione, dal momento che, peril rispetto della norma, è con-siderato sufficiente che l’origi-ne non italiana sia specificataal consumatore in sede dicommercializzazione, ciòdovendo in tal caso esseredichiarato dal titolare o licen-ziatario del marchio all’attodell’importazione. La nuova

norma non può trovare appli-cazione ai prodotti che sonogià nei negozi, e più in gene-rale a quelli che sono già statirealizzati e contrassegnati dalmarchio prima della suaapplicabilità (10 novembre2009).Tale circostanza potrà essereoggetto di autocertificazione. Iprodotti sottoposti a regimisospensivi e quelli immessi inlibera pratica, ma non desti-nati al mercato italiano, nonrientrano nel campo di appli-cazione della normativa incommento, rimanendo impre-giudicata l’applicazione dellenorme doganali in materia. Aiprodotti per i quali “il dise-gno, la progettazione, la lavo-razione ed il confezionamentosono compiuti esclusivamentesul territorio italiano” sonoriservate l’indicazione “realiz-zato interamente in Italia”,oppure “100% made inItaly”, “100% Italia”, “tuttoitaliano” e similari, come pre-scritto dall’art. 16 del decretolegge n. 135/2009, ai commida 1 a 4.La novità normativa è impor-tante sia per le rilevanti impli-cazioni che comporta e siaperché fornisce una chiave dilettura interpretativa dellenorme poste a tutela delle ti-picità italiane.Per essere concreti con unesempio, laddove vi sono degliimprenditori italiani che rea-lizzano parte o tutta la produ-zione di beni tipici all’estero,come le ceramiche di Deruta,avranno l’obbligo di indicarela sede ed il luogo di effettivaproduzione e non potrannocerto fare ricorso al marchioMade in Italy e tanto meno aquello di Deruta, proprio per-ché così determinerebbero uninganno per il consumatore.Questo appare essere la vo-lontà del legislatore e lo spiri-to della legge.

*Docente Diritto Industriale Università di Perugia

cameranotizie

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a cura diMario Pera

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Costruire e consolidare rap-porti tra le economie dei duepaesi partendo da un progettodi mentoring che valorizzi inun’ottica tutta al femminile leeccellenze umbre, pubbliche eprivate: questo l’obiettivodelle giornate di lavoro tenu-tesi a Perugia dal 5 al 9 otto-bre 2009, promosse dal grup-po Apid-Imprenditorialitàdonna di Confapi Perugia cheha accolto la delegazione diimprenditrici e consulenti bra-siliane al seguito dell’AgenziaUmbrasil. Il progetto, patro-cinato da Regione Umbria eComune di Perugia, è statorealizzato con il contributodella Camera di Commerciodi Perugia e annovera tra iprincipali partner: il Comita-to per l’ImprenditorialitàFemminile della Camera diCommercio di Perugia, Aidda(Associazione Italiana DonneDirigenti Azienda), Universitàdi Perugia, Accademia di Bel-le Arti di Perugia e Universitàdei Sapori. L’evento peruginoè stato il primo di una serie diappuntamenti che, passandoper un’accurata analisi delleinformazioni e opportunitàraccolte in queste giornate,culmineranno in un eventoche si terrà a San Paolo delBrasile. Il 5 ottobre 2009presso la sala Fiume di Pa-lazzo Donini sono intervenuti,tra gli altri, Fabrizio Bracco,Presidente del Consiglio Re-gionale, Giorgio Mencaroni,Presidente della Camera diCommercio di Perugia, LucioCaporizzi, Dirigente dell’Uf-ficio Programmazione dellaRegione e Gabriele Chiocci,Presidente di Confapi Um-bria. La giornata del 6 otto-bre è stata dedicata al con-fronto diretto tra la delega-zione brasiliana e l’imprendi-toria umbra, alla presenza delSegretario Generale della Ca-mera di Commercio di Peru-gia, Andrea Sammarco, cheha illustrato lo scenario eco-nomico provinciale. A segui-re, il contributo del presiden-te di Confapi Perugia, MarioBrustenga, e gli interventi dinumerose imprenditrici. Neidue giorni successivi, sessionedi bilancio delle attività svolte

nel corso delle giornate e visi-te presso l’Atelier GiudittaBrozzetti, il Museo dellaCanapa di Sant’Anatolia diNarco, l’Agriturismo I Man-dorli e gli Studi cinematogra-fici di Papigno.

Umbria e Brasile a confronto

Imprese e pubblicaamministrazione, semplificazione

e dematerializzazione:Seminario su

Comunicazione Unica,firma digitale, Posta

Elettronica Certificata(PEC) e servizi aggiuntivi

per le imprese

Era rivolta a imprese, inter-mediari e pubbliche ammini-strazioni l’incontro organizza-to dal Comitato Piccola In-dustria di Confindustria Pe-rugia il 7 ottobre 2009, incollaborazione con la Cameradi Commercio di Perugia, nelcorso del quale sono stati ap-profonditi i temi della firmadigitale, Posta ElettronicaCertificata (PEC) e servizi ag-giuntivi per le imprese, anchealla luce dell’entrata in vigo-re, dal 1 ottobre 2009, dellaComunicazione Unica per lanascita dell’impresa. Ha in-trodotto i lavori la d.ssa AnnaMaria Baldoni, PresidenteComitato Piccola Industria diConfindustria Perugia. Suc-cessivamente il dr. Mario Pe-ra, Conservatore del RegistroImprese della Camera diCommercio di Perugia, hasvolto una relazione su “Ca-ratteristiche e finalità dellaComunicazione Unica”, i la-vori sono proseguiti con inter-venti di funzionari della Ca-mera di Commercio di Pe-rugia: “PEC e Firma Digita-le” a cura della d.ssa PaolaNaso, “Dimostrazione praticadell’applicativo informaticoComunica” a cura della d.ssaMarta Migliorini, infine “IM+:Servizi per lo sviluppo del-l’impresa” a cura della d.ssaNadia Paesano.

Protesti cambiari nellaprovincia di Perugia

2° trimestre 2009

È cresciuto il numero dei pro-testi levati in provincia diPerugia nel secondo semestre

2009 rispetto allo stessoperiodo del 2008, in lievecalo gli importi protestati,diminuiti da 13.247.112 eurodel secondo trimestre 2008 aeuro 12.840.358 del corri-spondente trimestre di que-st’anno. L’andamento deiprotesti nel secondo trimestre2009 in provincia di Perugiarispetto allo stesso periododell’anno precedente eviden-zia un incremento del numerototale dei titoli di credito in-soluti e protestati, a fronte diuna lieve riduzione del valo-re in termini di importomonetario. Tra aprile e giu-gno 2009 il numero totaledei protesti levati nella pro-vincia di Perugia ha toccatole 4.205 unità, per un im-porto complessivo di 12,8milioni di euro. Rispetto a unanno fa si registra una cre-scita del 9,5% nel numerodei protesti (nel primo trime-stre 2008 furono 3.839) e, alcontrario, una diminuzione(-3%) nel valore complessivodegli importi non onorati,passati da euro 13.247.112,00(secondo trimestre 2008) aeuro 12.840.358,00 re-gistrati nel II trimestre 2009.Tale andamento in termini divalore complessivo ha deter-minato una consistente dimi-nuzione del valore medio uni-tario degli effetti protestati,sceso da 3.450,00 euro a3.053,00 euro (-11,5%).Contorni più incoraggiantiassume il confronto tra il II eil I trimestre 2009. In questocaso, l’aumento del numerodei protesti è più contenuto esi ferma a un +5,1% (4.205nel II trimestre 2009 contro i4.002 del I) mentre si registrauna forte discesa del valorecomplessivo della massa pro-testata che da oltre 15 milionidi euro nel primo trimestre2009 passa ai 12,8 milioni dieuro del secondo. Di conse-guenza, si contrae il valoremedio del singolo titolo prote-stato, che ammonta nel II tri-mestre 2009 a 3.053 euro, ilsecondo valore più basso regi-strato dal gennaio 2008.“Dalla rilevazione sui protestidel II trimestre 2009, hacommentato il Presidente del-la Camera di Commercio diPerugia Giorgio Mencaroni,emergono segnali contrastanti– protesti in crescita seppur

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Nuove funzionalità nel sito www.registroimprese.it e Telemaco

Contratti tipo e controllodelle clausole inique

contenuta e contrazione degliimporti protestati rispetto aiprimi tre mesi dell’anno – mache a ben vedere lascianoprevedere un rientro a bre-ve/medio termine del feno-meno dell’insolvenza in unadimensione di fisiologica nor-malità”. Secondo il Segre-tario Generale della Cameradi Commercio di Perugia,Andrea Sammarco “analiz-zando separatamente l’anda-mento dei protesti del secon-do trimestre 2009 per tipolo-gia di titoli protestati si rilevache l’incremento complessivodei protesti levati è da attri-buirsi in particolar modo allacrescita del numero dellecambiali protestate, passateda 2.578 nel I trimestre a2.769 nel II trimestre 2009(191 unità in più, pari ad unincremento del +7,4%). Almaggior numero di cambialiprotestate, di contro ha fattoriscontro un sensibile calo delloro importo monetario, il17% in meno. Tale movimen-to si è inoltre tradotto in undecremento dell’importo me-dio, passato da 2.636 euro a2.032 euro (-22,9%), in con-trotendenza rispetto all’anda-mento dei due trimestri pre-cedenti”. Dati congiunturaliin decisa diminuzione si regi-strano per gli assegni prote-stati: -17,1% in termini nu-merici, -32,7% per valore com-plessivo e -18,8% per valoremedio. “È da notare – ha sot-tolineato ancora Sammarco –che anche nel II trimestre2009 continua a permanereuna notevole differenza delvalore medio unitario fra ledue principali tipologie dititoli protestati: 2.032 europer le cambiali contro un im-porto medio di 6.515 europer gli assegni”. Dalla bancadati del Registro Informaticodei protesti tenuto dalla Ca-mera di Commercio di Peru-gia infine si possono ricavareinformazioni interessanti cir-ca il peso percentuale di cia-scuna tipologia di titolo sultotale dei protesti levati. Inriferimento al numero dei ti-toli protestati la grande mag-gioranza è determinata dallecambiali, che rappresentanoil 65,9% del totale, seguitedalle tratte non accettate17,1% e dagli assegni banca-ri, 15,9%. Infine le tratte ac-

cettate che ricoprono un pesoresiduale dell’1,1%. Nel corsodei trimestri considerati èandata aumentando l’inci-denza numerica delle cam-biali sul totale dei protestilevati, passata dal 60,8% nelI trimestre 2008 al 65,9% nelII trimestre 2009, mentre siriduce il peso percentuale de-gli assegni, scesi dal 24% al15,9%. Tali differenze risul-tano meno accentuate se siconsiderano i valori monetari:anche in questo caso preval-gono le cambiali, ma con unpeso percentuale più limitato(43,8% del totale. Conse-guentemente la percentualedegli assegni in termini diimporto complessivo è piùelevata, attestandosi ad un33,9%, seguita dalle trattenon accettate (19,7%) e dalletratte (2,6%).

Dal 24 settembre 2009 sulsito www.registroimprese.it eweb.telemaco.infocamere.itsono disponibili nuove fun-zionalità e servizi online afavore di imprese, professio-nisti, associazioni di categoriae privati cittadini. Le princi-pali innovazioni sono:- ricerca per prodotto o servi-zio, consente di conoscere leattività commerciali in un’a-rea geografica specifica, listedi imprese visualizzabili inmodalità classica o in mappageografica- consultazione gratuita delleposizioni dei Registri Europeitramite European BusinessRegister, rende possibile l’in-terrogazione degli archividelle imprese a livello euro-peo- visualizzazione di mappe(google maps) in modalitàricerca anagrafica Telemacoper la localizzazione di im-prese, elenchi in formatoexcel con visualizzazione delleimprese dell’elenco all’internodi una mappa. L’arricchi-mento delle funzionalità siconclude con alcune nuovefunzioni per gli utenti Tele-maco, quali la gestione delconto prepagato con visibilitàdel residuo disponibile e lavisualizzazione di una lista

dei documenti richiesti nelcorso della giornata.

È operativo un nuovo serviziodella Camera di Commercio,rivolto alla collettività delleimprese e dei consumatori,relativo alle funzioni di predi-sposizione dei Contratti - tipoe di Controllo delle clausoleinique che a volte risultanoinserite nei contratti. I rap-porti contrattuali tra imprese,e tra consumatori e imprese,sono generalmente disciplina-ti da contratti standard, il piùdelle volte predisposti da unadella parti, che talora com-prendono clausole inique chepossono creare svantaggio onocumento per uno dei con-traenti. Da ciò nasce la neces-sità di elaborare contratti cheassicurino un equo contempe-ramento dei contrappostiinteressi delle parti, attraver-so la eliminazione delle clau-sole ingiuste, arbitrarie o ves-satorie. Si tratta, appunto, deicontratti-tipo, cioè di stru-menti a carattere preventivoche vengono predisposti perevitare l’insorgenza di contra-sti tra le parti contraenti eche consentono di assicurareregole di trasparenza e diequità. La Camera di Commercio diPerugia ha deciso ora di pre-stare questo servizio a impre-se e consumatori, che cosìpotranno disporre di un con-tratto equo e trasparente inogni sua parte. Il nuovo servi-zio, che sarà totalmente gra-tuito per l’intero anno 2010,è il frutto della collaborazionecon la Commissione per laregolazione del mercato com-posta da esperti di dirittocivile, le Associazioni diCategoria e quelle per la tute-la degli interessi dei consu-matori. In questo stessoambito si colloca l’altro servi-zio attivato dalla Camera diCommercio che prevede ilControllo delle ClausoleInique inserite nei Contratti,che può essere attivato dauna parte contraente, dallepubbliche amministrazioni,dalle associazioni di tuteladegli interessi dei consumato-ri e degli utenti o da una

cameranotizie

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Il cioccolato, un’eccellenza perugina

Associazione di Categoria.Ricevuta la richiesta di con-trollo sui contratti tra profes-sionisti o tra professionisti econsumatori stipulati nellaprovincia di Perugia o aventiad oggetto una o più obbliga-zioni da eseguirsi nella pro-vincia, ovvero che abbianocomunque dei riflessi sull’e-conomia locale della provin-cia, la Commissione per laRegolazione del Mercato dellaCamera di Commercio diPerugia verificherà l’esistenzao meno di eventuali vessato-rietà, iniquità o arbitrarietàdelle clausole contrattuali.L’attività si conclude, esperitele audizioni delle parti inte-ressate, con un parere emessodalla Commissione che invitale parti a modificare o ad eli-minare la clausola censurata.Qualora la Commissioneappuri il mancato adegua-mento delle parti, può segna-lare alla Giunta l’opportunitàdi promuovere l’azione inibi-toria, ai sensi dell’art. 37 delCodice del consumo (d.lgs. 6settembre 2005, n. 206).

Un’affermazione in forma dislogan che definisce una con-sistente e dinamica realtàproduttiva, espressione e con-tinuatrice della grande tradi-zione dolciaria umbra e cheper iniziativa della Camera diCommercio di Perugia è di-ventata “polo” dolciario peru-gino costituito da imprese delcioccolato, industriali, arti-giane e commerciali. La Ca-mera di Commercio ha pre-sentato alla stampa il Pro-tocollo di Intesa, sottoscrittodalle prime undici imprese,alla presenza del presidentedella Camera di Commerciodi Perugia Giorgio Menca-roni, del Segretario GeneraleAndrea Sammarco, del pre-sidente di EurochocolateEugenio Guarducci e deirappresentanti delle impreseaderenti. L’iniziativa è nata con loscopo di rafforzare la visibi-lità che i prodotti agroalimen-tari di eccellenza garantisco-no alla nostra provincia. Ilcioccolato infatti non è sol-

tanto una eccellenza, ma unprodotto simbolo della cittàdi Perugia, espressione di unastorica tradizione legata allapresenza di Perugina, divul-gata e perpetuata da Euro-chocolate, diventato nel tem-po il più importante eventolegato al cioccolato. Il progetto, elaborato con lapartecipazione delle associa-zioni artigiane Confartigia-nato e Cna, è rivolto alle im-prese del settore che realizza-no processi di produzione,trasformazione, commercia-lizzazione del cioccolato conl’obiettivo primario di mette-re a punto un approccio difiliera del settore che coinvol-ga tutte le tipologie di aziendein esso operanti, per favorirelo sviluppo del comparto erafforzare un’identità comunee un immediato e precisoriconoscimento tra prodotto eterritorio.Il Protocollo di intesa prevedel’organizzazione di una piùefficace presenza del “polo”di aziende del cioccolato nellepolitiche di promozione evalorizzazione adottate daglienti e dalle istituzioni di pro-mozione del territorio. Learee di collaborazione saran-no estese ad attività di pro-mozione e comunicazione,alla gestione di contatti istitu-zionali e alla organizzazionedi partecipazioni congiuntead eventi fieristici. Ad oggi hanno aderito alProtocollo di Intesa le seguen-ti aziende: CIOCCOLATO AUGUSTA PERUSIA SAS DI MANGANO GIORDANOCIOCCORAFFINATICONFETTURE ELLEGI snc DI CESARINI SUSANNA &PATRIZIACOSTRUTTORI DI DOLCEZZEFORNO PASTICCERIA BEDDINI2 DI BEDDINI MAURO, BONATTI FULVIA & C.S.N.C.,GEST.MAR SrlL’ARTIGIANO PERUGINO di ERCOLANI FAUSTO LE QUATTRO PORTE DI GUIDUBALDIMUZZI - S.R.LVANNUCCI SPAVETUSTA NURSIA CIOCCOLATO DI VERUCCIGABRIELE

note di legislazione regionale

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a cura diMassimo Duranti

lrn

In questa rubrica vengonoriportati le leggi regionali, iregolamenti regionali e i testicoordinati delle leggi regiona-li pubblicati nell’ultimo pe-riodo sul Bollettino Ufficialedella Regione Umbria conuna sintesi del loro contenu-to. Vengono altresì riportatele più rilevanti deliberazionidella Giunta regionale, delConsiglio regionale, i Decretidel Presidente della Giuntaregionale e le Determinazionidirigenziali di interesse gene-rale riferiti al medesimo pe-riodo di pubblicazione, aventiper lo più riflessi di naturaeconomica. In particolare so-no citati i Regolamenti Co-munitari dei quali la Regioneprende atto con proprie deli-berazioni riguardo alle prov-videnze riferite all’Umbria.Per ogni legge, regolamento eogni altro atto citato vengonoindicati il numero e la datadel Bollettino Ufficiale nelquale sono pubblicati, ciò alfine della eventuale consulta-zione possibile – fra l’altro –presso l’Ufficio Documenta-zione del Consiglio regionaledell’Umbria (Piazza Italia, 2).Dal 1° gennaio 2005 i Bol-lettini Ufficiali della Re-gione dell’Umbria degli ulti-mi 60 giorni sono consulta-bili gratuitamente su Internetalla pagina http:www.regione.umbria.itL’archivio integrale delleannate dal 2001 sarà invecedisponibile per i soli abbo-nati.In questo numero della rivistavengono riportati leggi eregolamenti, decreti e deter-minazioni pubblicati dal 30settembre 2009 al 20 gennaio2010.

Legge regionale 23 set-tembre 2009, n. 19

Norme per la promozione esviluppo delle attività sporti-ve, motorie e ricreative. Modi-ficazioni ed abrogazioni.(Bollettino Ufficiale n. 43 del30 settembre 2009)

La Regione ha rivisitato com-plessivamente la materiasportiva dal punto di vista

delle attività di promozione esviluppo modificando la nor-mativa esistente. Nel pream-bolo si riconosce allo sport unvalore formativo e di salva-guardia della salute primario,riconoscendo altresì alle asso-ciazioni sportive senza fini dilucro un ruolo fondamentale.Si ribadisce infine che gliobiettivi saranno perseguitid’intesa con le istituzionilocali e gli organismi deputaticome il CONI. La Regione èprevisto che organizzi e coor-dini il monitoraggio e la ricer-ca, determini la programma-zione degli impianti e deglispazi, incentivi il credito allosport, promuova in generalela pratica sportiva, provvedainfine alla formazione deglioperatori. Le Province sonochiamate a concorrere allaprogrammazione e alla diffu-sione della cultura sportiva.Anche i Comuni svolgerannoruoli di promozione, proget-tazione di impianti, rilascio diautorizzazioni e vigilanza. Èprevisto un Piano triennale dipromozione, uno annuale perla stessa promozione ed unaltro per l’impiantistica e,infine, viene istituita la Con-sulta regionale per lo sport.Importante anche la previstaConferenza regionale dellosport e l’Osservatorio del set-tore gestito dalla Regionestessa. Un capitolo della leggeè dedicato alla tutela sanita-ria che prevede l’istituzionedel Certificato dello sportleale che verrà rilasciato dallaRegione a quegli impianti cheoffrono garanzie di tuteladella salute dei cittadini.Attenzione sarà rivolta anchealle attività sportive da svol-gere nell’ambito scolastico.

Legge regionale 23 set-tembre 2009, n. 20

Ulteriori modificazioni dellalegge regionale 15 gennaio1973, n. 8 (Norme sulla previ-denza dei consiglieri regionali).(Bollettino Ufficiale n. 43 del30 settembre 2009)

La legge in oggetto modificaalcuni aspetti della normativaprevidenziale per i consiglieriregionali. Oltre quelli pura-mente formali, si segnala l’in-

nalzamento da 60 a 65 del-l’età dalla quale gli ex consi-glieri possono ricevere il vita-lizio. È stata anche ritoccatala tabella di calcolo dell’am-montare dell’assegno in baseagli anni di contribuzione. Siparte dai cinque che dannodiritto al 25% dell’indennitàlorda, per arrivare al 60% didetta indennità a quanti han-no raggiunto o superato i 20anni di contribuzione.

Legge regionale 12 otto-bre 2009, n. 21

Misure di razionalizzazionedelle spese per il personale.Risoluzione consensuale delrapporto di lavoro delle cate-gorie professionali.(Bollettino Ufficiale n. 47 del21 ottobre 2009)

Questa legge prevede misuredi razionalizzazione dellespese per il personale esten-dendo ai dipendenti regionalile disposizioni in materia dirisoluzione consensuale delrapporto di lavoro già previ-ste con apposita legge, tuttociò per modernizzare e razio-nalizzare le risorse umane eagevolare al contempo queidipendenti che si trovano inparticolari situazioni. Lenorme sono riservate a coloroche hanno non più di 63 annicon almeno 25 di contributi.Verrà calcolato un incentivoeconomico sulla base dellostipendio e della categoria,fino a 24 mensilità a secondadelle situazioni. I posti resisivacanti con tali incentivazionisaranno tolti dall’organico.

Legge regionale 11 no-vembre 2009, n. 22

Assestamento del bilancio diprevisione per l’esercizio fi-nanziario 2009, ai sensi dellalegge regionale di contabilità28 febbraio 2000, n.13, artt.45 e 82, e provvedimenti col-legati in materia di entrata espesa. Modifiche ed integra-zioni di leggi regionali.(Bollettino Ufficiale n. 51 del12 novembre 2009)

Come in tutti gli esercizifinanziari, anche per quello

relativo Piano regionale, sonocontenute nella legge inoggetto. In particolare sonoridefinite più puntualmente leprocedure per l’adozione delPiano regionale di tutela delleacque quanto a articolazionecontenuti. Precisate anche lemodalità di aggiornamento emodifiche del medesimo. Èprevisto che entro sei mesi laGiunta adotti appositi regola-menti per gli scariche delleacque, la riduzione dell’inqui-namento di varia natura e perl’utilizzazione agronomica.Sono previste sanzioni e dele-ghe in materia alle Province.

Legge regionale 4 gen-naio 2010, n. 1

Modificazioni della leggeregionale 16 aprile 2005, n.21 (Nuovo statuto della Re-gione Umbria)(Supplemento ordinario alBollettino Ufficiale n.1 del 5gennaio 2010)

La presente legge introducedue importanti modifiche alloStatuto regionale. La primaprevede che il Consiglio re-gionale è composto da trentamembri, oltre al Presidentedella Giunta regionale, mentrela sua durata è stabilita conlegge dello Stato. La secondariguarda la Giunta regionaleche è composta dal Presidentee da non più di otto assessori,dei quali uno con funzioni diVice Presidente.

Legge regionale 4 gen-naio 2010, n. 2

Norme per l’elezione del Con-siglio regionale e del Presi-dente della Giunta regionale.(Supplemento ordinario alBollettino Ufficiale n. 1 del 5gennaio 2010)

Contestualmente alla leggeprecedente che sulla composi-zione del Consiglio e dellaGiunta, con la legge in oggettovengono apportate numerosemodifiche alle norme per l’ele-zione del Consiglio regionale edel Presidente della Giuntaregionale. Il Presidente dellaGiunta è eletto a suffragiouniversale e diretto, come pre-vede attualmente lo Statuto,

del 2009, la Regione ha pre-visto un assestamento albilancio di previsione in baseall’attuazione del medesimo ealle esigenze complessivedella spesa.

Legge regionale 24 no-vembre 2009, n. 23

Requisiti del direttore ammi-nistrativo di Azienda sanita-ria regionale.(Bollettino Ufficiale n. 54 del2 dicembre 2009)

Questa legge elenca i requisitiper i direttori amministratividella sanità, così come preve-de il Decreto legislativo n.502 del 1992. È previsto cheabbiano una laurea magistra-le (o vecchia laurea) in mate-rie giuridiche o economiche eche non abbiano più di 65anni. Dovranno aver svolto,per almeno 5 anni attività didirezione tecnica o ammini-strativa in enti pubblici o pri-vati, ovviamente anche instrutture sanitarie.

Legge regionale 10 di-cembre 2009, n. 24

Autorizzazione all’esercizioprovvisorio del bilancio diprevisione per l’anno 2010.(Bollettino Ufficiale n. 56 del16 dicembre 2009)

Con questa legge, si autorizza,come ogni anno, l’esercizioprovvisorio del bilancio per iprimi tre mesi dell’anno inattesa dell’approvazione delbilancio stesso. Il limite è quel-lo tradizionale dei dei dodice-simi dei relativi stanziamenti.

Legge regionale 10 di-cembre 2009, n. 25

Norme attuative in materia ditutela e salvaguardia dellerisorse idriche e Piano regio-nale di Tutela delle Acque-Modifiche alle leggi regionali18 febbraio 2004, n. 1, 23dicembre 2004, n. 33 e 22ottobre 2008, n. 15.(Bollettino Ufficiale n. 56 del16 dicembre 2009)

Numerose modifiche alla nor-mativa di tutela delle acque e

note di legislazione regionale

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in occasione del rinnovo delConsiglio regionale. È previstala dichiarazione di collega-mento di uno o più gruppi diliste con la candidatura aPresidente (coalizione).Saranno eletti in Consiglio re-gionale, oltre al candidato vin-citore, anche quelli che avran-no eletto almeno un consiglie-re da una delle liste collegate.Ad ogni buon conto, 24 consi-glieri saranno eletti dalle listeprovinciali e 6 dal “listino”,dunque col sistema maggiori-tario. Non più di due terzi deicandidati della stessa lista puòappartenere allo stesso sesso.La legge si sofferma ovvia-mente sui meccanismi per laripartizione dei seggi e suquelli per la surroga.

Regolamento regionale5 ottobre 2009, n. 8

Ulteriori modificazioni ed in-tegrazioni al regolamento re-gionale 30 novembre 1999, n.34 (Prelievo venatorio dellaspecie cinghiale) modificatoed integrato dai regolamentiregionali 31 ottobre 2000, n.6, 28 giugno 2006, n. 8, 2novembre 2006, n. 11, 22maggio 2007, n. 4 e 21 mag-gio 2008, n. 4.(Bollettino Ufficiale n. 46 del14 ottobre 2009)

Il presente regolamento modi-fica alcuni aspetti regolamen-tari della caccia al cinghiale.Fra questi è previsto che ilsingolo cacciatore può eserci-tare all’interno dei settori solonelle giornate settimanali pre-viste dal calendario venatorio.Inoltre, nessuna squadra puòprendere possesso né di piùsettori insieme, né di più didue settori al giorno. Per iprossimi anni ciascun ATC(ambiti territoriali controllati)non potrà procedere a nuoveiscrizioni di squadre, fattesalve quelle di provenienzaextra regionale frutto diaccordi interregionali, e salvole squadre frutto dell’accorpa-mento di due o più squadre.

Regolamento regionale27 ottobre 2009, n. 9

Norme di attuazione dellalegge regionale 21 luglio

note di legislazione regionale

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2009, n. 14 (Disposizionisanzionatorie, in applicazio-ne del regolamento (CE) n.479/2008 del Consiglio del29/4/2008 e del regolamento(CE) n. 555/2008 della Com-missione del 27/6/2008, rela-tive alle superfici vitate im-piantate illegalmente. (Bollettino Ufficiale n. 49 del4 novembre 2009)

La legge 14 del 2009 sullesuperfici da adibire a coltiva-zione della vite, in applicazio-ne di apposita normativaCEE, prevedeva un regola-mento di attuazione che èquello in oggetto. Il Titolo I si occupa della re-golarizzazione della situazio-ne esistente fino al 1998, con-sentendo con una sanzioneamministrativa (6.000 euro al-l’ettaro) di ovviare alla man-cata autorizzazione. Vengonoprecisate le modalità sul comepresentare le domande e co-me si svolge l’istruttoria. Ilregolamento si occupa anchedelle viti impiantate senzaautorizzazione dopo il 1998,per le quali è prevista l’estir-pazione a proprie spese entro3 mesi dall’accertamento. Gliimpianti illegali dopo lo stes-so 1998, ma realizzati primadell’entrata in vigore dellanormativa CEE, il conduttoredovrà pagare una sanzione di12.000 euro ad ettaro per il2009 e per il 2010. Vieneconfermato che vige il divietodi nuovi impianti fino al 31

dicembre 2015 fissato dallaCEE nel 2008. Distillazione econsumo familiare sono leuniche possibilità di utilizzodelle uve dei vigneti per iquali non sia stata pagata lasanzione amministrativa.

Regolamento regionale28 dicembre 2009, n. 10

Modificazioni al regolamentoregionale 20 maggio 2009, n.4. Disciplina di attuazionedella legge regionale 4 giugno2008, n. 9 (Istituzione delFondo regionale per la nonautosufficienza e modalità diaccesso alle prestazioni).(Bollettino Ufficiale n. 58 del30 dicembre 2009)

Il regolamento in oggettomodifica e precisa le condi-zione per l’ esenzione totale eparziale, dal costo degli inter-venti a favore degli autosuffi-cienti, in particolare quellatotale è prevista per quantiabbiano un livello inferiori opari a quello della soglia na-zionale di povertà. In realtà la casistica è ampiaprevedendo condizioni diver-se a seconda delle situazionieconomiche e delle strutturedi riferimento.

Deliberazione del Con-siglio regionale 6 otto-bre 2009, n. 342

Piano triennale per l’apicol-tura 2009/2011- L.R. 26novembre 2002, n. 24(Supplemento straordinarioal Bollettino Ufficiale n. 47del 21 ottobre 2009)

Deliberazione del Con-siglio regionale 15 di-cembre 2009, n. 359

Documento regionale annua-le di programmazione (D.A.P.)2010. Approvazione(Supplemento straordinarioal Bollettino Ufficiale n. 58del 30 dicembre 2009)

Deliberazione dell’Uf-ficio di Presidenza 20ottobre 2009, n. 391

Disciplina del funzionamento

della Conferenza regionaledell’Economia e del Lavoro(Bollettino Ufficiale n. 49 del4 novembre 2009)

Deliberazione della Giun-ta regionale 14 settem-bre 2009, n. 1255

A.R.P.A. Umbria. Approva-zione Piano annuale di atti-vità 2009(Supplemento ordinario n.1al Bollettino Ufficiale n. 45del 7 ottobre 2009)

Deliberazione della Giun-ta regionale 5 ottobre2009, n. 1397

D.G.R. n. 318/2009- Regimedi aiuto “Assistenza tecnicanel settore zootecnico”. Ulte-riori determinazioni.(Bollettino Ufficiale n. 47 del21 ottobre 2009)

Deliberazione della Giun-ta regionale 13 luglio2009, n. 985

Protocollo di monitoraggiofaunistico ante operam inaree interessate da progetti diimpianti eolici(Supplemento ordinario n.1al Bollettino Ufficiale n. 52del 18 novembre 2009)

Direzione regionale agricoltu-ra e foreste… Servizio Svilup-po sostenibile delle produzio-ni agricole

Determinazione diri-genziale 30 novembre2009, n. 10811

P.S.R. per l’Umbria 2007-2013, misure 211 e 212.Avviso pubblico concernenteprocedure per la presentazio-ne e l’istruttoria delle doman-de di concessione delle inden-nità a favore degli agricoltoridelle zone montane e dellezone caratterizzate da svan-taggi naturali, diverse dallezone montane. Annualità2010.(Supplemento ordinario alBollettino Ufficiale n. 55 del9 dicembre 2009)

RENATO CHAHINIAN,PAOLA MORIGI, ANTONIO BIASI,

ELENA TABANELLI,L’amministrazione

interna nelle Camere di Commercio, a cura

di R. Chahinian, Roma,Unioncamere – MaggioliEditore, 2009, pp. 320.

BRUNO CECCOBELLI,Gratia plena. Economiadella grazia, a cura di

Marco Bastianelli,Perugia, Effe FabrizioFabbri Editore, 2009,pp. 231, ill., 15 euro.

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scaffale

a cura diAntonio Carlo

Ponti

s

L’Autore è prima di tutto un piùche eccellente artista, pittore escultore, nato nel 1952 aMontecastello di Vibio, Comunenon distante da Todi, studiaall’Accademia di Belle Arti diRoma, allievo di Toti Scialoja edi Alberto Boatto, ed è uno deifondatori della cosiddettaNuova Scuola Romana o di viadegli Ausoni o Scuola-Officinadi San Lorenzo (GiuseppeGallo, Nunzio, Marco Tirelli,Gianni Dessì).Al suo terzo libro di riflessionie di meditazioni sull’arte esulla “visione del mondo”, esul senso da dare alla vita, si èfatto aiutare dal giovane filo-sofo umbro Bastianelli, che viha profuso ordine e suggeri-menti. Ne è venuto fuori unlibro non certo facile, ma leg-gibile e godibile se uno non hapregiudizi sull’esoterismo altoe sulla spiritualità che tracimala bruta materia e la spessoinfima corporeità e quotidia-nità.Il libro è anche bello comeveste, illustrato da operedell’Autore, su ottima carta estampato in inchiostro violache rende il tutto prezioso emisterioso. Qui si dà l’incipitdella presentazione del curato-re: «Ceccobelli è un artista,non un filosofo. Non argomen-ta, ma allude o dichiara,mostra o profetizza, non con-futa, ma nega. Non gli si chie-da perciò chiarezza, a menoche non sia la chiaroveggenzadell’opera: «Da un artistacome me, scrive, non può che

sortire una “pitto-scrittura”». Egli è artista-filosofo ermetico:è simbolico, non letterato. Èmagmatico e astratto, nondecorativo o figurativo. Non cisi può discutere, lo si puòammirare, leggere o ascoltare.Ci si può riflettere, perché lasua opera dà a pensare. Non siè rapiti dalla sintassi, ma dalproblema.In questo senso, la filosofia diCeccobelli andrebbe letta conl’opera d’arte, perché ne èparte integrante. Un’analisidel genere, però, richiederebbeuna trattazione autonoma ecompetenze specifiche. Le noteche seguono, invece, intendonoinquadrare alcune delle suetrame di pensiero in un discor-so filosofico più generale, cosìda fornire un contributo chepermetta, possibilmente, didipanarle. Ceccobelli muove dalla suavisione dell’arte per stabilire lasua visione del mondo.Profetizza una società che eglivede e che, quando lo si cono-sce, mostra anche agli altri.Indica un nuovo ordine socia-le, ma senza guerre né rivolte:è prima di tutto una rivoluzio-ne interiore. Egli aspira a su-scitare un profondo rivolgi-mento delle nostre convinzionie delle nostre relazioni sociali edice che, se lo compiamo, nepuò forse venire una societàmigliore. Al centro della rivoluzione cul-turale di Ceccobelli c’è la gra-zia. L’area semantica di questotermine rimanda sia al favoree alla benevolenza, sia alla bel-lezza e alla leggiadria o all’ar-monia. Ha una connotazioneteologica e insieme estetica,che pare gli derivi direttamen-te dall’etimologia greca dicaris. La parola, come è noto,richiama il verbo cairo, ilquale significa rallegrarsi egioire, nel senso di corrispon-dere a una gioia ricevuta o vis-suta. Di conseguenza, graziaindica anche riconoscenza ogratitudine per qualcosa cheviene donato, sia esso un favo-re o un beneficio. La grazia,infine, ha un risvolto politico-sociale, che è certamente con-nesso alla nozione di dono, maanche a quella di perdono, inquanto concerne il possibilereintegro di chi ha commessouna colpa».

Il sottotitolo del volume recitaContabilità, bilanci, pianifica-zione, controllo, valutazione egestione aziendale e ne illustrabene finalità e contenuti. Ri-portiamo alcuni passi dellaPresentazione di GiuseppeTripoli: «Una Pubblica Ammi-nistrazione moderna ed effi-ciente è oggi più che mai unfattore determinante per aiuta-re il nostro sistema produttivoad affrontare e superare consuccesso le sfide della competi-zione, sia a livello locale, sia alivello globale.In particolare, il sistema delleimprese ha bisogno, da un lato,di una migliore regolazione delmercato attraverso un continuosforzo di semplificazione, dal-l’altro, di servizi pubblici mag-giormente efficienti ed efficaci.Per migliorare questi ultimi,soprattutto, non basta più unabuona conoscenza giuridica etecnica da parte dell’operatorepubblico, ma occorre una pro-grammazione e gestione inno-vativa degli enti e delle loroattività, tenendo conto di tuttigli strumenti offerti dallemoderne teorie e dalla praticapiù avanzata. Sotto questoaspetto, grazie all’impiego dimetodologie e sistemi di gestio-ne innovativi che, tra l’altro,hanno contribuito a guidare losviluppo del progresso norma-tivo in tanti settori – dall’utiliz-zo della firma digitale allaposta elettronica certificata ealla conservazione elettronica

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AUR – Agenzia UmbriaRicerche, Le frontiere

dei materiali innovativi.Ricerca, servizi, tecnologie

e produzioni industrialinel futuro della Conca

ternana, Perugia, 2009,pp. 470.

dei documenti – il sistema ca-merale è certamente il più avan-zato tra le pubbliche ammini-strazioni del Paese.Dai sistemi informativi per as-sicurare la pubblicità legaledelle imprese fino alle architet-ture informatiche destinate adassistere il management nelladirezione degli enti cameralicon sistemi contabili e di misu-razione delle performances a-vanzati, l’esperienza delle Ca-mere di Commercio e le buonepratiche da essa conseguite sulterritorio rappresentano una do-te preziosa per tutta la P.A. eper le imprese che con essa,quotidianamente, dialogano.La presente pubblicazione vuo-le mettere in evidenza alcunitra i migliori risultati ottenibilimediante l’utilizzo dei modernistrumenti informatici e telema-tici adottati dalle singole Ca-mere di Commercio nelle loroattività al servizio delle impre-se. A tal fine il volume presental’applicazione efficace delle nor-me previste – in quanto pre-scrittive di principi e di concet-ti – ma non di soluzioni opera-tive possibili (che invece ven-gono sinteticamente illustratenel lavoro».

Si tratta di un Rapporto di ri-cerca curato dall’Istituto di ri-cerca della Regione Umbria,AUR (ex Crures, ex Irres), cuihanno collaborato illustri do-centi universitari dell’Ateneoperugino: Renato Covino, Josè

Maria Kenny, Sergio Sacchi,Luca Ferrucci; ricercatori dellaSviluppumbria: MaurizioCipolline, Antonio Cannoni,Andrea Terenzi e dell’Aur:Elisabetta Tondini e MauroCasavecchia.Questi alcuni paragrafi dell’in-troduzione del Presidente del-l’Aur Claudio Carnieri: «Que-sto Rapporto di ricerca sulleFrontiere dei Materiali Inno-vativi nell’area della “Concaternana” è il frutto di una pre-cisa committenza della Giuntaregionale, dell’Assessorato allosviluppo economico, in un fase(metà 2008) nella quale cen-trale si era fatto l’impegnosulle politiche industriali voltoad approdare ad uno specificotesto di legge, il primo, organi-co, della legislazione umbra,finalizzato a tali problematichee mentre si andava rendendoparticolarmente fitta ed intensala interlocuzione con le forzeimprenditoriali umbre e con ilmovimento sindacale sullastrategia di nuova utilizzazionedelle risorse comunitarie (i“pacchetti competitività”) tesead imprimere un più forte im-pulso ai processi di innovazio-ne, in direzione fondamentaliper la crescita e per la qualitàdello sviluppo dell’Umbria. In-somma l’impulso a questa ri-cerca è venuto dentro un qua-dro che ha rappresentato, pen-siamo, una fase, matura edintensa, di quelle strategie delPatto per lo Sviluppo che han-no segnato l’orizzonte dell’ini-ziativa del Governo regionale edel sistema delle autonomie lo-cali, oltreché quello delle prin-cipali forze socilai, nel corsodegli anni successivi al 2000.Per l’Aur (Agenzia UmbriaRicerche), da tempo impegnatoin un’operazione di scavo suicaratteri strutturali e sulle qua-lità dell’apparato produttivoregionale, tale indicazione harappresentato una straordina-ria occasione di approfondi-mento, per osservare, in modoravvicinato, andamenti e ten-denze di un’area di antica estorica industrializzazione, co-me quella ternano-narnese, ca-ratterizzata da processi di ag-glomerazione industriale parti-colarmente significativi e dauna forza dinamica interna chepoi, l’evidenza empirica e diricerca, ci ha testimoniato, avervissuto, in questi anni, unafase, particolarmente intensa,ricca di processi e di innovazio-ni sul terreno tecnologico,scientifico, di relazioni con i

mercati e di costruzione di piùcomplessi profili, anche delleforme imprenditoriali.E naturalmente abbiamo potu-to cogliere i primi segni, talunianche molto pesanti (siderur-gia), che la crisi rinveniente dascenari ben più grandi, stainducendo nelle aziende dell’a-rea, non tali tuttavia da cancel-lare quelle tendenze che ci sonosembrate più “strutturali” esulle quali si soffermerà la no-stra ricerca.Insomma si è riusciti a coglieredirettamente “sul campo” unaserie di processi che sembranosegnare, in questo territorio,una fase di cambiamento par-ticolarmente significativa eprofonda, tale da farne ancoraun unicum in Umbria e nelcentro-Italia, molto oltre i segniche hanno caratterizzato inquesti anni il senso comune,l’immaginario urbano, lapadronanza di sé delle diversecomunità cittadine dell’area, indefinitiva i caratteri delle cul-ture diffuse, in rapporto ai no-di dello “sviluppo”. E nella il-luminazione di questo contra-sto sta uno degli esiti più pre-ziosi del lavoro di ricerca. Sap-piamo bene infatti che unacomunità non è solo quel che è,ma è anche quel che si sentenella progettazione del propriopresente e del futuro. È assaievidente dunque come stia qui,nelle consapevolezze soggettiveche segnano una comunità,una delle virtù e delle risorseessenziali per la qualità e iritmi dello sviluppo medesimo.E anche questa interna tensio-ne non costituisce un datospontaneo, quanto il frutto dipolitiche più generali.Si può dire, in questo lungoviaggio all’interno dell’indu-stria dell’area ternana, condot-to in una stretta connessionecon l’operatività, le competen-ze, l’impegno delle altre Agen-zie regionali, a cominciare daSviluppumbria e poi l’Icsim,Umbria Innovazione e con ilcontributo forte di alcuni at-tenti studiosi dell’economiaternana ed umbra, si è potutostrutturare una prima indagined’area, mettendo a punto me-todologie, reti di relazioni, chepotrebbero essere applicate adaltri “casi di studio”, con l’in-tento di affinare e rendere sem-pre più efficaci i lineamentidelle politiche pubbliche nellaregione.