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L'ITALIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE L'evoluzione dell'attuale sistema internazionale uni-multipolare e l'azione dell'Italia in questo per certi versi inedito scenario internazionale, sono due tra le tematiche che i relatori interve- nuti alla presentazione dell'Annuario ISPI-IAI su "L'Italia e la politica internazionale" hanno affrontato lo scorso 12 luglio presso Palazzo Cle- rici, sede dell'ISPI. Sono intervenuti all'evento il presidente della Fondazione ItalianiEuropei, l'o- norevole Massimo D'Alema, il presidente della Pirelli, Marco Tronchetti Provera, l'europarla- mentare di Forza Italia, Jas Gawronski, il presi- dente dell'ISPI, l'ambasciatore Boris Biancheri e il presidente dello IAI, Cesare Merlini. L'amba- sciatore Biancheri ha richiamato l'attenzione sulla colossale crisi della prevedibilità che l'ina- spettata fine della pace bipolare ha comportato e sulle due forze che animano l'attuale sistema internazionale: le forze volte alla frammentazio- ne delle compagini statuali esistenti e quelle volte alla loro integrazione e, per un verso, al loro superamento. Tronchetti Provera ha sottolineato con enfasi come i continui cambiamen- ti di governo, dovuti al prota- gonismo delle fazioni partiti- che, rendano l'Italia alta- mente instabile da un punto di vista politico, un fatto questo che va a danneggiare la competitività dell'econo- mia italiana: l'interesse nazionale dell'Italia viene continuamente ostacolato da questa litigiosità inter-parti- titica e intra-partitica. ISPI “In Brief” ROUND TABLE L’Italia e la politica internazionale DALLA RICERCA ISPI Integrazione produttiva e commer- ciale tra Unione Europea e Europa Centro-Orientale Dove va l’Algeria Stato palestinese. Un altro rinvio IEPM: uno sguardo sul Mediterraneo ATLANTE Romania “IN NETWORK” CON ISPI: DGAP ALUMNI DAY BY DAY DIRETTORE RESPONSABILE Franco Bruni COMITATO EDITORIALE Franco Bruni, Paolo Magri, Marco Sabella ISPI - Relazioni Internazionali Anno VIII - n. 4 - Ottobre / Dicembre 2000 Lire 3500 - Spedizione in Abbonamento Postale - 45% - Art. 2 comma 2/B - Legge 662/96 - Milano ISPI Relazioni Internazionali All’interno 1 Amleti e paradossi dell’euro di Franco Bruni L’esito del referendum sull’euro in Danimarca è stato seguito dai mercati con apprensione. Nel 1992 fu il “no” degli elettori danesi al Trattato di Maastricht a precipitare la crisi valutaria in Europa. E’ paradossale che sia così importante l’atteggiamento amletico e diviso della piccola Danimarca. Ma è anche paradossale che la Danimarca sia contraria a sancire la perdita di un’indipenden- za della politica monetaria che non ha mai avuto. Non l’aveva prima dell’euro, quando sog- giaceva all’impatto irresistibile delle politiche tedesche. A maggior ragione non l’ha oggi, che è ai margini di un’area valutaria molto più gran- de. Abbandonando la corona per l’euro, invece, il voto dell’elegante ed autorevole governatrice della banca centrale danese conterebbe, nel direttivo della BCE, esattamente come quello del collega tedesco. E’ paradossale che in Danimarca (come in Sve- zia, ma anche in Germania ed in Francia) i con- Continua a pag. 5 Continua a pag. 5 Speculando

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L'ITALIA E LA POLITICAINTERNAZIONALEL'evoluzione dell'attuale sistema internazionaleuni-multipolare e l'azione dell'Italia in questoper certi versi inedito scenario internazionale,sono due tra le tematiche che i relatori interve-nuti alla presentazione dell'Annuario ISPI-IAI su"L'Italia e la politica internazionale" hannoaffrontato lo scorso 12 luglio presso Palazzo Cle-rici, sede dell'ISPI. Sono intervenuti all'evento ilpresidente della Fondazione ItalianiEuropei, l'o-norevole Massimo D'Alema, il presidente dellaPirelli, Marco Tronchetti Provera, l'europarla-mentare di Forza Italia, Jas Gawronski, il presi-dente dell'ISPI, l'ambasciatore Boris Biancheri eil presidente dello IAI, Cesare Merlini. L'amba-sciatore Biancheri ha richiamato l'attenzione

sulla colossale crisi della prevedibilità che l'ina-spettata fine della pace bipolare ha comportato esulle due forze che animano l'attuale sistemainternazionale: le forze volte alla frammentazio-ne delle compagini statuali esistenti e quellevolte alla loro integrazione e, per un verso, alloro superamento. Tronchetti Provera ha sottolineato con enfasicome i continui cambiamen-ti di governo, dovuti al prota-gonismo delle fazioni partiti-che, rendano l'Italia alta-mente instabile da un puntodi vista politico, un fattoquesto che va a danneggiarela competitività dell'econo-mia italiana: l'interessenazionale dell'Italia vienecontinuamente ostacolato daquesta litigiosità inter-parti-titica e intra-partitica.

■ ISPI “In Brief”

■ ROUND TABLEL’Italia e la politica internazionale

■ DALLA RICERCA ISPIIntegrazione produttiva e commer-ciale tra Unione Europea e EuropaCentro-Orientale

Dove va l’Algeria

Stato palestinese. Un altro rinvio

IEPM: uno sguardo sul Mediterraneo

■ ATLANTERomania

■ “IN NETWORK” CON ISPI: DGAP

■ ALUMNI

■ DAY BY DAY

DIRETTORE RESPONSABILE

Franco Bruni

COMITATO EDITORIALE

Franco Bruni, Paolo Magri, Marco Sabella

ISPI - Relazioni Internazionali

Anno VIII - n. 4 - Ottobre / Dicembre 2000

Lire

3500

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ISPIRelazioni Internazionali

All’interno

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Amleti e paradossi dell’eurodi Franco Bruni

L’esito del referendum sull’euro in Danimarca èstato seguito dai mercati con apprensione. Nel1992 fu il “no” degli elettori danesi al Trattato diMaastricht a precipitare la crisi valutaria inEuropa. E’ paradossale che sia così importantel’atteggiamento amletico e diviso della piccolaDanimarca.Ma è anche paradossale che la Danimarca siacontraria a sancire la perdita di un’indipenden-za della politica monetaria che non ha maiavuto. Non l’aveva prima dell’euro, quando sog-giaceva all’impatto irresistibile delle politichetedesche. A maggior ragione non l’ha oggi, che èai margini di un’area valutaria molto più gran-de. Abbandonando la corona per l’euro, invece,il voto dell’elegante ed autorevole governatricedella banca centrale danese conterebbe, neldirettivo della BCE, esattamente come quellodel collega tedesco. E’ paradossale che in Danimarca (come in Sve-zia, ma anche in Germania ed in Francia) i con-

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Speculando

GLOBAL WATCH

L'Osservatorio ISPI-Bocconi siavvale, nella preparazione di suoistudi, di un team di ricercatori -politologi ed economisti - che,sulla base di una stretta e siner-gica collaborazione periodica-mente mette a punto analisi estrategie politico-economicheche consentano l'individuazionedei punti di forza e di debolezzadell'Italia in relazione al proces-so d'internazionalizzazione. Daiprimi di ottobre l'arrivo di quat-tro nuovi ricercatori residenti inISPI consentirà all'Osservatorioun più efficace monitoraggiodelle quattro aree geopolitiche diattuale competenza di GlobalWatch: Europa Centro-Orientale,Asia Meridionale e Orientale,America Latina e Mediterraneo.Dopo un'articolata fase di sele-zione, è stato scelto un politologoper l'Europa Centro-Orientale eun altro per l'Asia Meridionale eOrientale. L'America Latinaverrà rinforzata con l'arrivo di uneconomista e di un politologoentro la fine del mese di ottobre. E' prevista l'uscita, a breve, dialcuni studi nell'ambito dellepubblicazioni promosse dall'Os-servatorio, dopo quelli iniziali diAntonella Mori e Luisa Beltra-mello pubblicati lo scorso giugnosull'America Latina. In particola-re sono stati già realizzati duepaper, uno di Lucia Tajoli, SeniorResearcher dell'ISPI sul tema"Integrazione produttiva e com-merciale tra Unione Europea eEuropa Centro-Orientale" e unaltro di Claudia Guagliano e Ste-fano Santini (ricercatori dell'I-SPI) con Lucia Tajoli su "Oppor-tunità e rischi dell'internaziona-lizzazione in Polonia". Sul versan-te più propriamente politologicosono in uscita una serie di paperconcernenti l'area dei Balcani edel Caucaso. Ambiziosa e per certi versi pione-ristica iniziativa è "ISPI-NewsA-lert", che riverbera la volontà del-l'Osservatorio di monitorare learee di competenza dell'Istituto.NewsAlert ha periodicità setti-

manale ed è disponibile on-linesul sito www.ispinet.it e vienespedita gratuitamente via e-maila tutti coloro che rientrano nel-l'indirizzario dell'ISPI o che nefacciano richiesta all'[email protected]. NewsAlertpunta ad agganciare un pubblicoattento all'evoluzione della politi-ca internazionale e si compone di

due sezioni: nella prima, vienepresentato un calendario deglieventi internazionali - sotto ilprofilo politico ed economico -più importanti per la settimanasuccessiva; la seconda sezione èinvece dedicata all'approfondi-mento di un tema cruciale perimportanza o di particolareattualità.

ISPI - Relazioni Internazionali2

I nuovi paper, ISPI-NewsAlert e i nuovi ricercatori

Un acceso dibattito si è svolto in questi mesi sul futuro dell'Unio-ne Europea. Problemi come l'allargamento a est dei confini del-l'Unione e la riforma istituzionale non sono più di esclusivo inte-resse di politici, studiosi e accademici ma coinvolgono anche imedia e l'opinione pubblica. Il tema su cui si sono registrate le prese di posizione più impor-tanti da parte dei leader politici europei riguarda la possibilità didar vita a una vera e propria Costituzione Europea. Nasce conquesto scopo un comitato presieduto dall'ex Presidente dellaRepubblica Federale Tedesca Roman Herzog che ha elaborato untesto base per il prossimo Consiglio Europeo che si terrà a Nizza il7 e 8 dicembre prossimi.I giudizi tanto sul contenuto quanto sulla forza giuridica da attri-buire a questo "catalogo dei diritti fondamentali dell'UE" sonodiversi e contrastanti. In particolare si tratta di decidere se ildocumento abbia un valore giuridico vincolante, e di conseguenzavada inserito nei Trattati, o se non si tratti più semplicemente diun testo cui attribuire il valore di "Dichiarazione Solenne". L'Ita-lia ha più volte ribadito che quest'ultima soluzione appare sconsi-gliabile in quanto non permetterebbe di raggiungere obiettiviprioritari quali il rafforzamento della legittimità dell'Unione e lapiena definizione della nozione di "cittadinanza europea". Paesicome la Gran Bretagna sostengono invece l'impostazione opposta.E tuttavia, malgrado la persistenza di difficoltà rilevanti, l'esigen-za di una soluzione è fortemente avvertita.In un incontro avvenuto lo scorso luglio a Lipsia, i Presidenti diItalia e Germania, Ciampi e Rau, hanno deciso di concedere ilPatrocinio congiunto al Convegno promosso dall'ISPI insiemeall'IFRI di Parigi, al DGAP e al Walter-Hallstein-Institut di Berli-no, sul tema "Supporting Principles of a European Constitution". L'iniziativa si svolgerà a Palazzo Clerici nelle giornate del 27 e 28novembre e si articolerà in quattro sessioni incentrate su temiquali: la Carta dei diritti fondamentali; l'individuazione di unnucleo di competenze europee chiaramente distinte dalle compe-tenze nazionali in base al principio di sussidiarietà; la messa apunto di una architettura delle istituzioni europee che garantiscala legittimità democratica; l'elaborazione dei meccanismi decisio-nali e di intervento di un'Europa allargata.

Convegno

VERSO UNA COSTITUZIONE EUROPEA?

Round Table

Europa: coloniaamericana o dise stessa?Un convegno accompagnato dauna considerevole eco mediati-ca ha avuto per palcoscenicol'ISPI e Palazzo Clerici il 12giugno scorso. "Europa: coloniaamericana?", è il titolo dell'in-contro promosso da Liberal cuihanno partecipato FerdinandoAdornato, l'economista MarioBaldassarri, l'ambasciatoreBoris Biancheri, l'economistaAlessandro Penati, il presiden-te di Rcs Cesare Romiti e il par-lamentare Giulio Tremonti. Ilfisco oppressivo, il centralismoburocratico di uno stato chenon vuole delegare e l'incon-trollata e incontrollabile proli-ferazione normativa sono stati ibersagli prediletti dai relatori.Il messaggio lanciato da Bal-dassarri è stato chiaro: quellache l'Europa sta subendo non èuna colonizzazione da parte delcolosso americano ma da partedei numerosi apparati burocra-tici che costellano le istituzionicomunitarie e quelle dei singolistati membri.L'Europa è vittima di una men-talità normofila che tende epretende di regolamentare spa-smodicamente ogni ambito delsociale: si tratta di un'ossessio-ne e di un culto per la legifera-zione che sta però risolvendosiin soffocamento dell'iniziativaprivata.L'esagerata fede degli europeinelle istituzioni e nella Normasi riflette in una concezionestatocentrica della politica edell'economia, a netto discapi-to dell'individuo e della sualibera iniziativa: lo stato èancora lo Stato, non semplicemezzo ma fine, non finzionegiuridica ma immagine realecui costantemente fare riferi-mento e cui appellarsi.Queste distorsioni hanno porta-to, secondo Giulio Tremonti, al"comunismo giuridico": scam-pato quello economico e politi-

co, l'Europa deve ora difendersiin questa nuova guerra fredda,pena l'autosoffocamento, daltotalitarismo legislativo. Lalegittimità dell'idea di Europa èostacolata dal suo fanatismoper la legalità. Gli individuidevono tornare a farsi sacerdotidi se stessi rifiutando o limitan-do l'ausilio del vicario statuale.Nel suo intervento AlessandroPenati ha ribadito con enfasicome un eccesso di vincoli almercato inibisca il principio eil meccanismo della concorren-za. Molti evocano la necessità

di ripensare la sintesi tra capi-talismo e socialismo, di trovareuna terza via alternativa alcapitalismo selvaggio e all'eco-nomia pianificata, allo statoinesistente e allo stato onnipre-sente. Ma il futuro dell'Europaora dipende soprattutto da fatticoncreti e da una duplice deci-sione fondamentale: affidarsimaggiormente alle potenzialitàdell'individuo - ispirandosi almodello anglosassone - e gesti-re l'irruzione del mercatoripensando la politica, e cioèdestatalizzandola.

ISPI - Relazioni Internazionali 3

Foro di dialogo

ITALIA E ARGENTINA: PICCOLE EMEDIE IMPRESE AL CENTRO DELDIBATTITO Nel contesto delle buone relazioni e degli stretti legami cheintercorrono tra i due paesi, il 23 e 24 giugno si è tenuta nellasede dell'ISPI la seconda edizione del Foro di dialogo bilateraleItalo-Argentino, organizzato dall'ISPI e dal CARI (ConsejoArgentino para las Relaciones Internacionales). L'incontro aveval'obiettivo di intensificare i rapporti politici, economici e cultura-li tra i due paesi e di stimolare progetti di cooperazione.Il ministro degli esteri italiano Lamberto Dini e il suo omologoargentino Rodriguez Giavarini, hanno aperto i lavori del Foro.Nel suo intervento, Rodriguez Giavarini ha ricordato come letelecomunicazioni, lo sviluppo delle piccole e medie imprese e latecnologia siano i settori su cui punta il suo paese. Il ministroDini ha sottolineato da parte sua che la cooperazione tra i duepaesi costituisce un aspetto centrale della politica estera italia-na. L'Italia è infatti uno dei maggiori investitori in Argentina edè favorevole alla graduale creazione di un'area di libero scambiotra Unione Europea e Mercosur. Tutti i relatori argentini interve-nuti hanno riconosciuto l'importanza strategica del tessuto dellepiccole e medie imprese per il decollo socioeconomico del loropaese e hanno sottolineato che l'Italia oltre a fornire aiuti con-creti può rappresentare un modello di sviluppo percorribile per illoro paese. Uno dei risultati più rilevanti del convegno è statol'insieme delle proposte operative finalizzate ad agevolare la col-laborazione tra piccole imprese. Il ministro Norberto Vidal hasottolineato l'urgenza di mettere a punto strumenti in grado direndere attraenti gli investimenti in Argentina per le Pmi primadella scadenza del prossimo Foro, previsto per il settembre 2001.

ISPI - Relazioni Internazionali4

L'ISPI arricchisce le sue atti-vità nell'ambito della forma-zione realizzando a partire daquest'anno nuovi corsi brevistrutturati in Winter School eSummer School.

I corsi, destinati a laureandi,giovani laureati e professionistiinteressati ai temi internaziona-li, affrontano con un approcciomultidisciplinare le aree propo-ste, permettendo un'analisipolitica, storica, giuridica, eco-nomica e culturale di tematichee scenari internazionali. LaFaculty proviene, oltre che dal-l'area ricerca ISPI, da univer-sità, istituzioni internazionali enazionali e dai centri di ricercacoinvolti nella progettazione deicorsi. La didattica tradizionaleè integrata dalla illustrazione ediscussione di casi, tavolerotonde e lavori di gruppo.I corsi spaziano dall'area "Svi-luppo", tra cui figuranoapprofondimenti su ONG (Orga-nizzazioni Non Governative),Microfinanza, Progetti di svilup-po realizzati in collaborazione

con la Fondazione "Giordanodell'Amore", alla macroarea"Atlante geo-politico" conapprofondimenti monografici suCina, Africa, America Latina. Siprevede la realizzazione diseminari sul Peace-keeping(livello base ed avanzato) everrà riproposto il corso Elec-tion Monitoring.La Winter School comprendecorsi della durata di 15 ore, siaintensivi, in versione settimana-le (3 - 5 giorni consecutivi) oweek end (dal giovedi al saba-to) che part time (2 sessionialla settimana per 4 - 5 settima-ne), proposti nel periodo otto-bre - aprile.Il primo corso in programma è"The Chinese Challenge in the21st Century" che avrà inizio ilgiorno 5 ottobre 2000.Tutte le informazioni, i pro-grammi e le modalità di parteci-pazione sono disponibili sul sitodell'ISPI: www.ispinet.it

Formazione

Winter School

Formazione

COMINCIA LA CORSA DEL MIASi sono svolte nei giorni 25, 26 e 27settembre le selezioni per l'accessoal Master in International Affairs(MIA) edizione 2000/2001. Anchequest'anno il MIA ha registrato un'e-splosione di interesse da parte deigiovani laureati di tutta Italia: visono stati, infatti, più di 3500 contat-ti e oltre 90 iscritti alle prove di sele-zione. Il Master, organizzato d’intesacon il Ministero degli Affari Esteri, sirivolge a tutti coloro che intendonodedicarsi alla Carriera Diplomaticae alle Carriere Internazionali; offreun approccio multidisciplinare perl'analisi degli scenari riservando par-ticolare attenzione al Peace-kee-ping, al Monitoraggio Elettorale, agliOrganismi Internazionali e alleONG. Il MIA è articolato in quattromoduli didattici che si sviluppano inun periodo di dieci mesi. Nel mesedi ottobre sono previsti corsi baseobbligatori di Diritto Internazionalee di Economia Politica. Nei primi seimesi il programma del Master pre-vede lezioni comuni per i due per-corsi formativi in Carriera Diploma-tica e Carriere Internazionali. Learee disciplinari "fondamentali"sono Diritto Internazionale Pubbli-co, Economia Politica e Politica Eco-nomica, Storia Moderna e StoriaContemporanea, Relazioni Interna-zionali, Affari Diplomatici, Temi diDiplomazia Multilaterale e Ammini-strazione Pubblica Internazionale.Negli ultimi quattro mesi il program-ma si specializza in due percorsialternativi: Carriera Diplomatica eCarriere Internazionali. Gli studentiche sceglieranno l'opzione dellaCarriera Diplomatica frequenteran-no corsi approfonditi di Diritto Inter-nazionale, Politica Economica, Sto-ria Moderna e Storia Contempora-nea. Chi invece opterà per la specia-lizzazione in Carriere Internazionalipotrà frequentare corsi centrati sutemi come lo Sviluppo, la Povertà, ilMonitoraggio Elettorale, gli Euro-pean Affairs. Durante l’anno accade-mico sono previsti seminari diapprofondimento su temi di attua-lità. Grazie al supporto di Fondazio-

ne Cassa di Risparmio delle Provin-cie Lombarde, anche nell'edizione2000/2001 è stato possibile attivare leInternational Chairs dell'ambasciato-re Staffan De Mistura – ONU -, delprof. Heller – della Stanford Univer-sity -, del prof. Scollay – della Univer-

sity of Auckland, del prof. Vaïsse, delCentre d'etudes d'historie de ladefénse, e sono state garantite alcu-ne borse di studio per i partecipantipiù meritevoli. Per informazioni([email protected], Tel. 02.86.33.13.273).

ROUND TABLE

Sinora il nostro paese è riuscito a usci-re da questo corto circuito affidandosialla qualità degli uomini. La lealtà agliUSA, secondo Gawronski, dovrebbeinformare qualunque azione in politicaestera dell'Italia mentre fondamentaleper la credibilità e il prestigio di unpaese è l'esistenza di un'opposizioneresponsabile che sappia accantonare ipropri interessi di parte quando è ingioco l'interesse nazionale del paese.D'Alema, nel suo intervento, ha sottoli-neato come l'attuale sistema interna-zionale stia attraversando una fasecostituente in cui i valori di riferimen-to, che vengono prima delle alleanze,sono l'interesse nazionale e il dirittointernazionale. D'Alema ha inoltrericordato come l'Italia debba cercaread ogni costo di non farsi escludere daquel club esclusivo costituito dai quat-tro maggiori paesi europei che dialoga-no con gli USA. Perché l'Italia si gua-dagni un posto di prestigio nello scena-rio internazionale occorre, secondoD'Alema, che il protagonismo dei par-titi finisca: il dislivello tra l'assetto isti-tuzionale del nostro paese e l'entitàdelle responsabilità cui è chiamato arispondere in politica estera è dram-matico. Nell'intervento conclusivo, ilpresidente dello IAI Cesare Merlini haricordato come le relazioni internazio-nali del dopo Guerra Fredda intesecome relazioni inter-statuali colganosolo una parte della realtà, e come l'as-setto politico-istituzionale della UEsarà un compromesso tra logica inter-governativa e spinte federali.

✓ Biancheri. Due sono i trattidistintivi del sistema internazio-

nale seguito al collasso del cementobipolare: il contrasto tra forze volte allaframmentazione e forze volte alla globa-lizzazione, e la colossale crisi della pre-

vedibilità.L'Italia è stata chiamata a rispondere asfide internazionali cruciali. Il 1999 èstato un anno difficile dal punto di vistainternazionale: la crisi del Kosovo, ledifficoltà crescenti incontrate dall'ONUnel gestire la conflittualità inter-statale

e quella intra-statale (conflitti etnici,guerre civili), la necessità evidente perla UE di evolvere da confederazioneeconomica a confederazione politico-nazionale pena la paralisi del suo stessosistema economico (le difficoltà dell'eu-ro sono un segnale).

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trari all’euro siano più numerosi nelle regioni e nei settori economico-socialiper i quali è più essenziale il sussidio dell’UE, soprattutto tramite i trasferi-menti della politica agricola.Ed è paradossale che il “no” danese sia motivato soprattutto dal timore chel’euro favorisca, anche fuori dall’ambito monetario, prepotenze dell’Unionecontro le differenze e le autonomie politiche nazionali. Proprio quando tuttipensano che l’euro soffra per carenza di unità politica. Penso che questo para-dosso sia ancor più profondo: se i maggiori paesi dell’area euro fossero politica-mente più coesi, meno distratti da conflitti di poteri interni, più capaci di azio-ne comune, i danesi avrebbero detto di sì. Gli amleti si sarebbero sentiti piùattratti che minacciati. Sono le esitazioni, le differenze, le divisioni del cuoredell’UE (Francia, Germania, Italia) a far mancare forza di trascinamento alprogetto europeo (ciò vale forse perfino nei confronti degli inglesi).Ma in materia di euro i paradossi abbondano. Basta pensare alla Germania, ilpaese che più spaventa i danesi. Quest’anno il cambio dell’euro è sceso ancheperché il governo tedesco lo ha voluto debole, per favorire gli esportatori.Eppure sono proprio i tedeschi che hanno fatto pesare l’abbandono del marcoforte per la moneta unica che, dicono i sondaggi in Germania, è ancora avver-sata dalla maggioranza perché inquinata dalle valute più deboli. Se non ci fosse l’euro è opinione diffusa che l’Europa sarebbe afflitta dalla spe-culazione valutaria. Sempre sul filo del paradosso, vien da chiedersi se la situa-zione non avrebbe anche i suoi lati positivi. La speculazione non andrebbeinfatti del tutto a casaccio. Colpirebbe di più i governi più indisciplinati eincerti nel fare le riforme per la competitività. Ricordiamo lo stimolo che ebbel’Italia ad aggiustarsi dopo la crisi valutaria del ‘92-’93.Questa speculazione “disciplinante” non sarebbe però consentita! Senza euroavremmo infatti ancora i divieti ai movmenti di capitali. L’Europa sarebbe seg-mentata dal protezionismo valutario, al riparo del quale i governi sarebberoancora meno stmolati a far bene. Le risorse sarebbero allocate peggio e le pro-spettive di crescita dell’Europa sarebbero minori. Con l’euro stiamo invece rin-saldando l’unità dei mercati europei, monetari e reali. Da questo punto di vistal’euro è un successo grandissimo. Il che, guardando alla fatica che fa il suocambio col dollaro, è un altro paradosso ed evoca dubbi amletici.

Franco Bruni

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L'ITALIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE

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✓ Tronchetti Provera. Va datomerito alla Farnesina se oggi,

rispetto al passato, vi è un maggioreinteressamento delle sedi diplomatichenei confronti delle questioni economi-che. Ciononostante, continua la scarsafiducia riposta dagli italiani nelle istitu-zioni politiche nazionali, fatto questoche va poi a ripercuotersi sulla stessacredibilità delle istituzioni italiane cheoperano all'estero.I continui cambiamenti di leadershippolitica rendono il paese Italia altamen-te instabile da un punto di vista politicoe questo va a danneggiare la competiti-vità dell'economia italiana.Sono gli interessi particolari delle sin-gole fazioni partitiche che impedisconol'implementazione di riforme chegarantiscano finalmente all'Italia quel-la stabilità di cui una moderna econo-mia avanzata necessita. Il volume ripor-ta alcuni dati di grande interesse: laperdita di competitività che l'Italia hasofferto nei confronti degli altri paesieuropei nell'esportazione verso paesiterzi è dell'ordine di quattro punti dal1996 a oggi. La crescita prevista delleesportazioni italiane sarà inferiore aquella degli altri paesi europei.Il quadro attuale della politica e dell'e-conomia internazionale impone alleistituzioni italiane di investire ulterior-mente nello sviluppo tecnologico, senzail quale non può oggi esserci sviluppoeconomico. Ma gli egoismi di parteimpediscono all'Italia di dotarsi di isti-

tuzioni che possano affiancare in modoefficiente le imprese italiane all'esteroe impediscono all'Italia di sfruttare lapresenza consistente di italiani nellepiù importanti organizzazioni interna-zionali (si pensi a Ruggiero alla direzio-ne generale del WTO). Il perseguimentodell'interesse nazionale dell'Italia vienecontinuamente ostacolato da questalitigiosità inter e intra-partitica.

✓ Gawronski. Il volume è testofondamentale per tutti coloro che

vogliano cercare di capire il ruolo svoltodall'Italia nella politica internazionaledurante il 1999. A mio modo di vedere,nella complicatissima questione deiBalcani l'Italia ha ben figurato e colgoquest'occasione per fare qui i miei per-sonali complimenti a un avversario poli-tico, allora presidente del consiglio, l'o-norevole D'Alema, per la sua gestionedella crisi in Kosovo. Meno convincenteè stata la gestione del governo D'Alemadella questione Ocalan. Il principio chemi sembra dovrebbe informare qualun-que azione dell'Italia in politica esteradovrebbe essere la lealtà verso gli USA.

✓ D'Alema. La stimolante emolto interessante - anche se un

po’ pessimistica, a mio parere -, intro-duzione all'Annuario cerca di descrivel'evoluzione delle relazioni internazio-nali del dopo Guerra Fredda.Svanite le illusioni circa l'avvento diun'era di pace universale dopo il collas-so della fase bipolare, si è al contrarioassistito all'esplodere di una serie con-

fusa e non governata di conflitti e a unprocesso di globalizzazione cui non èancora seguita però una reale crescitadi governance politica del sistema.Il mondo attuale è alla ricerca di unabussola, ma non è ancora chiaro qual èla partita che si sta giocando. Capirequale ruolo l'Italia possa giocare in que-sta partita è cosa di cruciale importan-za. Il rapporto con gli USA è fondamen-tale e deve certamente essere impron-tato alla lealtà; tuttavia, ciò non devesignificare servilismo nei confronti delcolosso americano, perché ciò è in pri-mis ciò che gli USA stessi non gradisco-no. Lealtà è e deve essere franchezzanel dissenso. Per l'Italia ciò che piùconta è cercare ad ogni costo di nonfarsi escludere da quel club esclusivocostituito dai quattro maggiori paesieuropei che dialogano con gli USA. Efar parte di questo club comportaun'importante assunzione di responsa-bilità, impegnativa per il nostro paese.Fondamentale per il nostro paese èperò anche la fedeltà a un sistema diprincipi e non solo a un gruppo di allea-ti. Il sistema internazionale sta attra-versando una fase costituente in cui ivalori di riferimento, che vengonoprima delle alleanze, sono l'interessenazionale e il diritto internazionale.L'impegno dell'Italia nei Balcani hacertamente risposto a questo dupliceordine di principi: prevenire un'ondataincontrollabile di profughi, preservarerelazioni economiche e politiche con

Sforzo congiunto per rileggere e interpretare la politica estera italiana nel contesto della politica mondialedurante il 1999, l'Annuario ISPI-IAI mostra le difficoltà di un paese dotato di istituzioni politiche obsolete e vit-tima di una fisiologica instabilità di governo, alle prese con sfide epocali che invece richiederebbero maggioran-

ze stabili, politiche lungimiranti e di lunga durata. In una fase costituente del sistema internazionale come quellaattuale, in cui alcune regole della convivenza internazionale sono ormai desuete mentre altre aspettano di essereancora inventate, l'Italia sembra navigare a vista principalmente a causa di un'oscillazione continua (dovuta pretta-mente a ragioni di politica interna) tra realistica difesa dell'interesse nazionale e promozione/difesa dei diritti umanidi matrice irenistica. Ma a complicare l'elaborazione e l'implementazione di coerenti politiche estere sta anche laperentoria crisi della prevedibilità seguita al collasso della pace bipolare, fattore questo che impedisce ai foreignpolicy makers di far ricorso a facili e pre-confezionati schematismi tipici della parentesi bipolare. Indecisione chetuttavia sembra svanire se si guarda ai ripetuti fermi tentativi dell'Italia di cercare il reinserimento dei rogue statesnella società internazionale (Iran, Libia e Corea del Nord), la volontà di diventare pivotal state nel bacino mediterra-neo e in seno all'Unione Europea: tutti segnali che vanno nella direzione di una politica estera in un certo modo pro-tagonista. Un'accresciuta autonoma azione italiana in politica estera in linea, del resto, con l'attuale struttura uni-multipolare del sistema internazionale, che consente alle potenze regionali ampi spazi di manovra, prima sconosciu-ti. Dal volume anche due fondamentali memento per l'Italia: necessità di una riforma delle proprie istituzioni politi-che e militari che assicuri una maggiore stabilità di governo e una più decisa e coerente azione in politica estera,necessità di ricavarsi sì un ruolo più autonomo che in passato dagli USA (la formula 'alleati ma autonomi') ma in sin-tonia con l'Unione Europea. E un lascito ingombrante: contribuire a scrivere le nuove regole della convivenza inter-nazionale in questa delicata fase di transizione dell'attuale sistema internazionale uni-multipolare e in quest'epocapreda di una certa indifferenza al politico dove il mercato ha ormai preso il posto del Leviatano.

ISPI - Relazioni Internazionali 7

questa regione molto importante perl'Italia e contemporaneamente il rispet-to dei diritti umani e della democrazia.Ma la partecipazione del nostro paese aTimor Est non è dipesa certo da que-stioni strettamente concernenti l'inte-resse nazionale italiano: la violazionedei diritti umani è qualcosa di non tol-lerabile che deve indurre all'intervento.Concertando questi interventi con gliUSA e gli altri alleati, ma cercando diguadagnare un ruolo da protagonisti inalcuni scacchieri. E gli USA sono piùche disposti a lasciarci questo marginedi manovra, purché la nostra azionenon danneggi il loro interesse naziona-le. L'azione di frontiera condotta dall'I-talia verso paesi come la Libia, l'Iran, laCorea del Nord è stata ispirata dallaprecisa volontà di riportare questi paesinella comunità internazionale. Questacapacità di iniziativa dell'Italia l'haresa protagonista nell'interesse comunedei suoi alleati. La politica estera adot-tata dal mio governo non è stataimprontata da furbizia, ma da un dialo-go costante con gli alleati. E’ un fatto che il ruolo dell’Italia nellapolitica internazionale si è indubbia-mente accresciuto: è il peso, ad esem-pio, che il nostro paese può oggi vantarein molti organismi internazionali,anche se, come sottolineava TronchettiProvera, questa presenza non sempreha un effetto sul sistema paese. A talproposito è stato organizzato dalla fon-dazione ItalianiEuropei, che presiedo,un convegno che si terrà a Roma il pros-simo 29 settembre sui funzionari italia-ni nelle organizzazioni internazionaliper discutere con loro gli attuali rap-porti tra gli organismi in cui operano el’Italia. Ma è proprio nella politica internazio-nale che l’Italia registra in modo sonoroi limiti del suo sistema politico-istitu-zionale a causa principalmente dellaframmentarietà del sistema partiticoche consente a partiti e partitini unprotagonismo dannoso per la politicanazionale, danno che si fa irrimediabilequando l’Italia opera in politica esteraperché qui si devono prendere scelte,decisioni che comportano un altissimosenso di responsabilità. Il dislivello trale responsabilità che l’Italia deve assu-mere in politica estera e l’adeguatezzadel suo apparato istituzionale è rilevan-te. La fragilità istituzionale, l’instabilitàdei governi sono un peso enorme per unpaese che voglia giocare un ruolo di

rilievo nella politica internazionale. Lariforma della Farnesina cerca di soddi-sfare questa necessità di rivedere l’ap-parato burocratico che coordina la poli-tica estera dell’Italia adattandolo alleesigenze del nuovo sistema internazio-nale globale.L’Italia può vantare sì una diplomazia dialto livello ma con eccessiva tradizionepolitica; lo sforzo intrapreso in questianni è stato quello di arricchire ladiplomazia italiana con competenzeeconomiche perché indubbiamente iproblemi di oggi comportano e necessi-tano di una maggiore competenza suquestioni economiche. C’è poi un pro-blema molto serio sul terreno militare.Un paese che voglia essere protagonistanella politica internazionale deve dotar-si di un efficiente apparato militare,che sia al contempo baluardo della dife-sa del paese e strumento della politicaestera e della sicurezza regionale.Uno dei fenomeni importanti di questiultimi anni è stato l’avvio di un dialogotra la parte democratica del sistemapolitico americano e la sinistra europeache non ha precedenti in decenni distoria europea.Il dibattito sulla terza via è un episodiosignificativo anche per la politica inter-nazionale, per il sistema delle relazioniinternazionali che non è regolato solodalle relazioni interstatali ma anche traculture politiche: per un mondo che èalla ricerca di una bussola, questo rap-porto tra il socialismo democraticoeuropeo e la leadership democraticaamericana può essere molto utile.Questa è la via da percorrere percostruire una cultura della governanceglobale, che non è fatta solo di istituzio-ni ma anche di valori, idee, di cultura,politica, di principi di riferimento, per-chè quella che va sorgendo negli ultimianni è una società politica internazio-nale. E questo è un fatto importante eaffatto scontato.

✓ Tronchetti Provera. Unaspetto cardine è indubbiamente

l’attenzione degli italiani e delle istitu-zioni per le questioni di politica inter-nazionale, che si riesce ad ottenere soloquando la gravità di un evento è taleper cui una decisione si impone. Ciòche invece occorre maggiormente è lapresenza italiana nella politica interna-zionale con costanza, con un disegnoche chiunque vada al governo persegueseguendo un filo conduttore. Troppospesso in Italia è la qualità degli uomini

e non il buon funzionamento delle isti-tuzioni, cioè del sistema Italia, che con-sente di ben operare a livello interna-zionale ma ciò in un’economia globaliz-zata non basta.Mi chiedo, ma è possibile che un paesegestisca la velocità del cambiamento, lanecessità di prendere decisioni strate-giche in brevissimo tempo, contandosolo sulla qualità dei singoli?

✓ Gawronski. Il protagonismo inpolitica estera non può voler solo

dire essere primi nel fare qualcosa,occorre anche una certa sostanza. Ilprestigio dell’Italia è aumentato indub-biamente grazie a una certa convergen-za tra le forze politiche italiane inmateria di politica estera, ma se ilgoverno D’Alema ha potuto vantare suc-cessi importanti in politica estera ciò èstato dovuto anche al sostegno lealedell’opposizione.

✓ Merlini. L’opinione pubblicaoggi tende ancora a concepire la

politica internazionale come politicainter-statale, come regno cioè dei rap-porti tra gli stati, mentre oggi questirendono in maniera limitata la naturadelle relazioni internazionali attuali.Oggi c’è tutto un modo nuovo di farepolitica estera: la questione del Kosovonon è stata gestita solo con gli strumen-ti classici della politica estera (ricorsoalla guerra..), ma, ad esempio, si èricorso a forme di intervento sullasocietà civile kosovara che sono prose-guite anche una volta cessate le ostilità. Il Kosovo, a mio avviso, è contempora-neamente l’ultima guerra contro ilnazionalismo del XX secolo e il segno diun nuovo ordine internazionale.Per ciò che concerne l’evolversi del pro-cesso di integrazione europea, stiamooggi assistendo a un interessante dibat-tito sul futuro dell’Unione Europea,sulla sua costituzione, sulla sua figuraistituzionale, il cui nucleo centrale èche la UE sarà un compromesso traspinte federali e logica intergovernati-va. L’Italia ha favorito sinora tale dibat-tito, e deve continuare a farlo parteci-pando attivamente.Segnalo a tal fine che i due istituti chehanno coordinato l’Annuario, ISPI eIAI, si sono proposti di affrontare que-sto tema sul futuro dell’Unione Europeaanche nella prossima edizione dell’An-nuario, già in via di studio.

ISPI - Relazioni Internazionali 8

La rivoluzione pacifica che ha coinvol-to i paesi dell'Europa centro-orientalealla fine degli anni '80 ha comportatouna profonda serie di cambiamentiistituzionali, politici ed economici, lacui portata va ben oltre i confini geo-grafici dei paesi direttamente interes-sati. Dal punto di vista economico, ilpeso a livello mondiale di questa partedell'Europa, lungamente esclusa dalsistema internazionale degli scambicommerciali e finanziari, appare indeciso aumento. Dal 1992 l’Europacentro-orientale ha mostrato tassi dicrescita dei propri flussi commercialimediamente superiori a quelli regi-strati in tutte le altre aree del mondo,e nel corso dello scorso decennio ilpeso di quest’area sugli scambi mon-diali è più che triplicato.In seguito alla disgregazione delCOMECON e alla brusca diminuzionedegli scambi con l’URSS e con gli altripaesi del blocco sovietico, l’urgenza dirifornirsi di una serie di beni di primanecessità e strumentali da un lato, equella di trovare un mercato di sboccoper le proprie esportazioni dall'altro,ha spinto i paesi dell'Europa centro-orientale (PECO) a ridirigere rapida-mente i propri flussi commerciali versoi paesi occidentali, e verso l'UnioneEuropea (UE) in particolare.L'integrazione economica tra l'UE e iPECO risulta essere nell'interesse dientrambe le parti. Per i PECO, anchedopo i primi anni cruciali del processodi transizione, l'UE continua ad essereil principale mercato di destinazione,oltre che il principale fornitore nonsolo di beni, ma soprattutto di tecnolo-gia e di capitali da investire.Per menzionare solo le principaliragioni di interesse economico daparte dell'UE, va detto che per leimprese europee i PECO sono un fon-damentale mercato di sbocco. Sebbenei livelli del reddito pro capite neiPECO siano ancora al di sotto dellamedia UE, questi stanno crescendorapidamente e, nel caso dei paesi più

avanzati nel processo di transizione, illivello del potere d’acquisto è oramaimolto vicino a quello di alcuni membriUE, quali Grecia e Portogallo. Insecondo luogo, i PECO rappresentanoun’area di grande interesse dal puntodi vista della delocalizzazione produt-tiva non solo per rifornire i mercatilocali, ma anche per approvvigionare imercati UE stessi. Molti paesi dell’esteuropeo infatti sono dotati di abbon-dante manodopera qualificata, eserci-tata al lavoro industriale, con costinotevolmente inferiori a quelli deipaesi avanzati.Ad accelerare la crescita degli scambicommerciali hanno contribuito i cosid-detti Accordi Europei, firmati neiprimi anni '90 tra l'UE e alcuni PECO.Gli Accordi prevedevano la riduzionedelle barriere al traffico commercialetra le due aree, ed erano visti - soprat-tutto dai PECO - come un primo passoverso l'ingresso a pieno titolo nella UE.In realtà, dopo l'avvicinamento inizialeconseguito in tempi brevi, dal punto divista istituzionale il processo di inte-grazione con l'UE ha conosciuto alti ebassi, e solo nel 1998 la candidatura dialcuni PECO all'ingresso nell'Unione èstata accettata formalmente, mentreuna data definitiva per la loro adesionenon è ancora stata stabilita. Nonostante alcune difficoltà incontra-te nel processo formale di integrazio-ne, l'avvicinamento economico non si èarrestato, come dimostrano i dati sugliscambi tra le due aree. Nell'arco di undecennio il peso della UE come forni-tore e come mercato di sbocco è piùche raddoppiato per quasi tutti iPECO, e il peso dei PECO negli scambidella UE è quasi triplicato.Nel 1998 la quota dell’area ex-COME-CON sulle esportazioni UE era circadel 20%, con quella dei soli sei maggio-ri paesi dell’Europa centro-orientale(Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca,Slovacchia, Romania e Bulgaria) vicinaal 12%, mentre dal lato delle importa-zioni della UE, il peso dei PECO è più

che raddoppiato, arrivando intorno al15%.I settori in cui si concentrano gli scam-bi tra UE e PECO sono quelli dellameccanica e degli apparecchi elettricied elettronici, che insieme costituisco-no oltre un terzo del traffico europeoverso l’est.Oltre a quello degli apparecchi elettri-ci ed elettronici, i settori maggiormen-te dinamici sono stati quello degliautoveicoli e alcuni settori tradizionalidi beni di consumo.Questa composizione degli scambi puòessere spiegata con l’aumento delladomanda di beni di consumo nei PECOe con riferimento alla ristrutturazioneindustriale in quei paesi.La dinamica di questi scambi va peròspiegata anche alla luce del fenomenodella delocalizzazione o frammentazio-ne produttiva.Con il procedere del processo di tran-sizione, gli scambi e l’integrazione trale due aree hanno preso anche formeche vanno oltre il tradizionale com-mercio internazionale di beni e servizi,e che hanno creato dei legami moltostretti tra i sistemi produttivi deidiversi paesi europei.Infatti i PECO sono diventati in alcunisettori una importante destinazione diproduzioni industriali europee, siaattraverso gli investimenti diretti, siaattraverso il decentramento di fasidella produzione che utilizzano ilcosiddetto regime di traffico di perfe-zionamento passivo messo in atto dallaUE. La struttura produttiva e commercialedei PECO risulta notevolmenteinfluenzata dai legami con le impreseoccidentali. La più classica forma diinfluenza delle imprese estere sulsistema produttivo è attraverso l’acqui-sizione o la creazione di stabilimentiproduttivi con un investimento diret-to. Gli investimenti diretti verso iPECO sono cresciuti notevolmente nelcorso di questi anni, partendo da unabase piuttosto insignificante.

INTEGRAZIONE PRODUTTIVAE COMMERCIALE TRA UNIONE EUROPEAE EUROPA CENTRO-ORIENTALE

DALLA RICERCA ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 9

Tra il 1991 e il 1997, i flussi di IDEverso l’Europa centro-orientale sonopiù che decuplicati, portando la quotadell’area al 5% del totale mondiale deiflussi di investimenti in entrata, e leimprese straniere sono responsabili diuna parte consistente dei flussi com-merciali dei paesi ospiti, sia in entratache in uscita.Oltre che attraverso gli IDE, la presen-za delle imprese straniere si è manife-stata attraverso altri canali. Una parterilevante, soprattutto in alcuni settori,degli scambi commerciali che vengonoregistrati tra UE e PECO riguardanouna forma di integrazione produttivache prevede il decentramento di alcu-ne fasi della produzione verso i PECOsenza necessariamente l'acquisizioneda parte di imprese occidentali diimprese in loco.Questa modalità di organizzazionedella produzione in cui un processoproduttivo viene smembrato in almenodue parti distinte, allocate a siti pro-duttivi situati in paesi diversi è nota inletteratura con il termine di frammen-tazione internazionale della produzio-ne e attiva notevoli flussi commerciali,in quanto prevede l’esportazione disemilavorati verso un paese, che chia-miamo perfezionatore, dove alcunefasi della lavorazione vengono svoltesecondo le specifiche richieste dalpaese committente, che è impegnato are-importare poi il prodotto finito cosìottenuto.La frammentazione o segmentazioneinternazionale della produzione haconosciuto una forte espansione alivello mondiale negli ultimi anni peruna serie di ragioni, tra cui la diminu-zione dei costi di trasporto e la dispo-nibilità di tecnologie produttive checonsentono questa tipologia organizza-tiva.Nel caso specifico della frammentazio-ne della produzione tra Europa dell’este dell’ovest, si possono indicare alme-no due motivi principali, oltre a quelliche hanno favorito l'aumento del ricor-so al decentramento produttivo pertutti i paesi. Innanzitutto, l’ingressodei PECO nel sistema di scambi inter-nazionali ha reso disponibile per leimprese della UE un’area geografica-mente vicina (e dunque accessibilecon costi di trasporto e di monitorag-gio relativamente bassi) e dotata dimanodopera piuttosto qualificata verso

cui spostare alcune lavorazioni. Insecondo luogo, vi sono stati degliincentivi specifici alla delocalizzazioneintrodotti a livello europeo per favorirela competitività delle imprese: unregolamento della Comunità Europeapermette ai paesi UE di decentrarefasi di lavorazione di un bene all’esteroe re-importare il prodotto così ottenu-to godendo di benefici doganali.Da quando si sono aperti agli scambicon il resto del mondo, i PECO sonodiventati una destinazione privilegiataper il perfezionamento di beni di origi-ne UE, e il loro ruolo è andato crescen-do nel tempo, risultando molto maggio-re in relazione a questo tipo di trafficiche rispetto agli scambi "finali". Negliscambi tra UE e PECO, il cosiddettotraffico di perfezionamento passivo(TPP) è arrivato a pesare oltre unquinto delle importazioni finali dellaUE dagli stessi paesi, mostrando dun-que di essere un fenomeno tutt’altroche marginale.Dal punto di vista merceologico, i set-tori di maggiore peso nelle esportazio-ni temporanee UE verso i principalipaesi dell'Europa centrale sono quellidei prodotti tessili (38% delle esporta-zioni temporanee totali nel 1998),degli apparecchi elettrici e di precisio-ne (21% del totale) e dell’abbigliamen-to (14% del totale), seguiti a notevoledistanza da pelli e cuoio e da macchi-ne e apparecchi meccanici.Dal lato delle re-importazioni, il solosettore dell’abbigliamento pesa per il43% del totale, seguito a distanza dagliapparecchi elettrici e di precisione(16%). Va sottolineato come la fram-mentazione internazionale della pro-duzione sia determinante per gli scam-bi commerciali in questi settori: leesportazioni temporanee UE di tessutidestinati al perfezionamento nei PECOnel 1996 ammontavano a una volta emezza il valore delle esportazioni defi-nitive di tessuti, e nell’abbigliamento iflussi in TPP superavano abbondante-mente il valore dei flussi definitivi.Dal lato delle re-importazioni, l’inci-denza del TPP è ancora più netta: nel1996 il valore delle re-importazioni UEdi capi di abbigliamento perfezionatinei PECO superava di oltre tre volte ilvalore dell’abbigliamento importatodalla UE in regime “finale”. Anche nelsettore degli apparecchi elettrici e diprecisione l’incidenza del TPP sui flus-

si finali è molto elevata, anche se deci-samente più contenuta (circa il 18%nel 1996).Osservando la tipologia dei flussi diperfezionamento appare con chiarezzala funzione del TPP per le imprese UE:queste incorporano il know-how euro-peo negli input intermedi esportatitemporaneamente, i quali sono assem-blati utilizzando manodopera dell’estper ottenere con costi inferiori il pro-dotto finito, che viene poi re-importa-to. Il caso del settore tessile-abbiglia-mento è quello più eclatante, ma ana-logo è il caso del settore elettronico, incui pure le fasi di assemblaggio richie-dono soprattutto manodopera, mentrela tecnologia è incorporata nelle com-ponenti che vengono temporaneamen-te esportate verso i PECO. Quali sono gli effetti di questo tipo ditraffico sul futuro sviluppo e sulla spe-cializzazione produttiva dell’Europacentro-orientale? Il legame così strettoe la dipendenza dalle imprese stranie-re secondo alcuni è negativa, perché“forza” la specializzazione produttivaverso particolari settori, e impedisce losviluppo autonomo di una rete localedi relazioni produttive tra impresenecessaria per sostenere la crescitaindustriale.Un’ipotesi alternativa è che invecequesta forma di integrazione della pro-duzione generi forti spillovers tecnolo-gici e fenomeni di apprendimentoanche per quanto riguarda le capacitàorganizzative e distributive delleimprese dei PECO.Dunque la frammentazione internazio-nale della produzione in realtà accele-rerebbe la ristrutturazione delleimprese e lo sviluppo di una autonomacompetitività nell'est europeo.E’ difficile a questo stadio discrimina-re tra le due ipotesi, ma è ragionevoleipotizzare che l’ingresso dei PECOnella UE come membri a pieno titolorenda più probabile il realizzarsi dieffetti positivi, dato che il più facileaccesso ai mercati e alla tecnologiaoccidentali aumenta la possibilità diinnescare un circolo virtuoso per leimprese dell'Europa centro-orientale.

Lucia TajoliSenior Research Fellow - ISPI

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"Il primo ministro non sa nulla. Io sonoil capo, io decido".Così affermava Abdelaziz Bouteflika,presidente della repubblica algerina,alla televisione di stato lo scorso ago-sto, alla vigilia di un rimpasto di gover-no che, secondo molti analisti, eravolto a consolidare il potere presiden-ziale a discapito di un leader dell'ese-cutivo troppo indipendente. Una simileesibizione di autorità non è nuova alpubblico algerino.Fin dall'indipendenza nel 1962, la pre-sidenza rappresentò la punta di unastruttura statuale centralizzata. L'expresidente Hawary Boumedienne(1965-1978), alla cui scuola l'attualepresidente si è formato come ministrodegli esteri per 13 anni, fu il primo adaccentrare i poteri presidenziali. Lasomiglianza tra Bouteflika e Boume-dienne inizia dai loro sostenitori:entrambi provengono dal clan di Oujdae si sono assicurati il potere con ilsostegno della fazione dell'Armée diLiberation Nationale (ALN) che avevamilitato nelle fila dell'esercito france-se. Il nerbo del sistema di potere era,infatti, ed è l'esercito e le sue fazioni.Dopo l'indipendenza, l'ALN si imposecome fonte di legittimazione del siste-ma politico algerino e garante dell'u-nità nazionale.Tale autorità gli derivava dal ruolosvolto nella guerra contro i francesi edal carattere popolare e nazionale del-l'arma, cioè dal fatto di radunarecoscritti provenienti da tutte le classisociali e da ogni regione del paese. Lasupremazia del potere militare sul civi-le vale ancora oggi nell’Algeria multi-partitica e l'ideologia rivoluzionariache esso incarna è stata ribadita dallaCostituzione del 1996: la difesa degliideali dell’indipendenza, in particolarel'unità nazionale, sono infatti indicaticome presupposto necessario per esse-re ammessi a partecipare alla competi-zione politica. Tale dichiarazione è lapremessa ideologica all'esclusione divalori particolaristici, quali l'identitàreligiosa o etnica, come fondamentidell'attività politica.

Potere e società in Algeria

Il sistema politico su cui si imperniòl’autoritarismo presidenziale post-indi-pendentistico rivelò tutti i suoi limitinegli anni ’80. Il monolitismo del parti-to unico, il Front de libération nationa-le (FLN), istituito per contenere lespinte sociali e politiche senza eserci-tare di fatto alcun potere, e il clienteli-smo intrattenuto dalla classe politicacon una élite di tecno-burocrati sifrantumarono negli anni del declinodelle rendite petrolifere.Lo stato era ricorso alla pianificazioneeconomica e alla creazione di impresedi stato, tra cui i grandi poli industrialidegli idrocarburi, Sonatrach, e siderur-gico, Sider, per mantenere il controllodelle risorse, oltreché per l'attrazionecomune ai paesi dell'allora TerzoMondo verso le ideologie marxiste checoniugavano anti-imperialismo ad anti-capitalismo. Il crollo dell'unico settoreche aveva garantito il successo dell'e-conomia algerina ridusse il margine dimanovra dello stato. L'erosione dellalegittimità del regime, già iniziata nel1980 con i disordini della parte berbe-ra della popolazione che si ribellò allapolitica di arabizzazione del governo,culminò nelle insurrezioni dell'ottobre1988 scatenate da una parziale maaustera riforma economica. Il processo di transizione alla demo-crazia del sistema algerino fu innesca-to "dall'esplosione della società civile"che reclamava una maggiore parteci-pazione politica, chiedendo di spezza-re il monopolio del FLN, sottrarre l'I-slam all'appropriazione da parte dellostato come fattore ideologico legitti-mante e riconoscere i diritti dellaminoranza berbera. La repentina libe-ralizzazione politica fu la misura unila-terale che il regime adottò per la suasopravvivenza politica. La liberalizza-zione politica degli anni 1989-1991,benché integrale, ripropose il tentativodi controllo del sistema politico daparte delle tradizionali strutture dipotere.Non rari furono gli episodi di alleanza

tra elementi del FLN ed elementi dipartiti ai margini del sistema - come laformazione islamica Front islamiquedu salut (FIS) - per mantenere gli anti-chi benefici. In breve tempo si chiarì illimite di questa liberalizzazione nonseguita dall'istituzionalizzazione diprocedure democratiche. In particola-re, benché la costituzione promulgatanel 1989 riequilibrasse i rapporti dipotere tra legislativo, esecutivo e giu-diziario, e aprisse al multipartitismo, ilpotere esecutivo continuò a risiederenel presidente, sempre appoggiato dal-l'élite militare-burocratica e poco scal-fito dall'istituzione di un primo mini-stro. Non fu rafforzato il parlamentocome spazio istituzionale per la risolu-zione dei conflitti o per costringerel'opposizione al rispetto della legalità. La scarsa propensione del regime acedere quote del suo potere scaturìnell'intervento militare che, dopo ilsuccesso ottenuto al primo turno delleelezioni politiche del dicembre 1991dal FIS, abrogò il secondo round elet-torale, impose lo stato d'emergenza,depose il presidente Chadli Ben Jedide lo sostituì con un comitato presiden-ziale extra-costituzionale. Il FIS, fon-dato da Abbassi Madani e Ali Belhadinel 1989, si era posto nella competizio-ne politica con la sua capacità di susci-tare una mobilitazione di massa ricor-rendo ad una retorica conservatricesui temi sociali e a toni radicali nelconfronto politico.Non è chiaro se il FIS avrebbe rispetta-to le nascenti regole democratiche: c'èdissenso anche tra i vertici del FISsulla compatibilità tra Islam e plurali-smo. La sua dissoluzione e il vuotopolitico seguito all’annullamento delleelezioni polarizzò il sistema tra leforze armate islamiche, l’Armée isla-mique du salut (AIS), braccio armatodel FIS, e il Groupe islamique armée(GIA), e le forze di sicurezza del regi-me cui si aggiunsero milizie paramili-tari. Regioni intere del paese passaro-no sotto il controllo di tali forze e lostato perse autorità e legittimità. Afarne le spese fu la società civile, due

DOVE VA L'ALGERIADALLA RICERCA ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 11

volte vittima, fisicamente e politica-mente. L’avvio nel 1994 di un vasto programmadi ristrutturazione economica sostenu-to dal Fondo Monetario Internazionalee dalla Banca Mondiale offrì a nuovigruppi un canale per radicare la loropresenza nel tessuto economico e poli-tico algerino. Tuttavia, il piano diristrutturazione infuse nuove energie ecredibilità internazionale al vecchioregime, che si sentì sufficientementesicuro per rifiutare il dialogo con leforze islamiche interne e rigettare laproposta della Piattaforma di Romadel 1995 di istituire un governo diunità nazionale. Mosso dall’obiettivo didelegittimare il GIA negoziando unatregua con i capi imprigionati del dis-solto FIS, il capo dello stato LiamineZeroual rafforzò i suoi poteri.Nel 1995 le prime elezioni presidenzia-li pluraliste legalizzarono la posizionedi Zeroual a presidente e l ’annoseguente una revisione costituzionaledilatò i poteri presidenziali adottando,fra le altre misure, il diritto di veto sulparlamento. Le elezioni legislative del1997 legittimarono la continuità del-l'ancién regime nel nuovo sistemapolitico: la maggioranza relativa andòal Rassemblement national démocrati-que (RND), il partito creato all'occa-sione "per sostenere la politica delpresidente". Da tale posizione di forzaZeroual conseguì il suo piano di cle-menza con il FIS e nel 1997 l'AIS pro-clamò una tregua unilaterale. La vio-lenza che percorreva il paese si atte-nuò ma non scomparve.

Una nuova fase?

La decisione di Zeroual di indire nel-l'aprile 1999 elezioni presidenzialianticipate per risolvere un conflitto dipotere sulla nomina del suo successoresegnò un successo per le regole demo-cratiche: le modalità con cui le elezio-ni si svolsero bilanciarono tale succes-so. La vittoria di Bouteflika fu circon-data da un clima di accuse sulle irrego-larità del processo elettorale, cheportò al ritiro i sei candidati dell'oppo-sizione il giorno precedente le votazio-ni. Il programma elettorale di Boute-flika poneva come obiettivo riguada-gnare la stabilità interna e rilanciareil paese economicamente. I dubbi sulla

legalità della sua elezione posero comepriorità il consolidamento della legitti-mità del suo mandato. Il processo di legittimazione è iniziatocon il referendum sul piano di "concor-dia nazionale", votato il 16 settembre1999: l'unanimità dell'approvazionedel programma di amnistia dei com-battenti islamici ha confermato il sup-porto popolare alla presidenza. I duepassi successivi hanno inteso consoli-dare la base di potere di Bouteflika neiconfronti delle oligarchie tradizionali.Il rimpasto dei vertici delle forzearmate, attuato lo scorso febbraio, èriuscito nell'intento di indebolire lafazione di Zeroual, ma non ha scardi-nato il baricentro di potere, lasciandointaccati i tre comandanti chiave del-l'esercito.Il secondo passo, il rimpasto del gover-no avvenuto a fine agosto allo scopo didare maggiore coesione tra l'esecutivoe la politica del presidente, ha rimos-so, con la sostituzione del primo mini-stro Ahmed Benbitur, un ostacolo alprocesso di privatizzazione necessarioper la ristrutturazione dell'economia.La nomina di Ali Benflis ha riportatoin primo piano il FLN, suscitando lerimostranze del RND i cui ministri sisono trovati esclusi dai posti chiave.Inoltre, l'intenzione di Bouteflika sem-bra essere stata finora l'integrazionedell'elemento islamico, che ideologica-mente costituiva già nel passato un fat-tore legittimante del regime.Ne è segno la nomina di un ministrodegli esteri, Abdelaziz Belkhadem, conla reputazione di conservatore favore-vole agli islamici. Tuttavia, la continua-zione della politica di pacificazionecon i militanti islamici incontra l'oppo-sizione dei militari. I difficili rapportidi Bouteflika con l'esercito e il partitoRND, che detiene la maggioranza inparlamento, inducono il presidente aconsolidare ulteriormente il potere. Unreferendum per l'estensione del man-dato presidenziale da 5 a 7 anni sidovrebbe svolgere nella primavera del2001. Si parla inoltre di un progettoper la creazione di un partito del presi-dente.La politica del presidente verso gliislamisti solleva inquietudini da partedei paesi occidentali i cui investimentisono di vitale importanza per il paese.I timori di una evoluzione del sistema

politico algerino in direzione islamicasono rafforzati dalle intense relazionicon i paesi del Golfo.Questi rapporti, favoriti da una lungafrequentazione personale di Bouteflikadelle monarchie durante gli anni del-l'esilio seguiti alla morte del suo men-tore Boumedienne, sono stati stabilitinon appena il piano di concordianazionale ha migliorato la situazionedi sicurezza: con le monarchie delGolfo, l'Algeria condivide gli interessidella politiche degli idrocarburi, mag-giore fonte di reddito delle economiedi questi paesi.Tuttavia, l'Algeria, che deve sviluppareindustrie alternative a quella petrolife-ra e del gas, guarda agli investimentiarabi e occidentali. Sebbene la nominadi Benflis, abbia dato segno dell'inten-zione del governo di voler accelerare ilprocesso di privatizzazione, precondi-zione all'aumento degli investimentiesteri, due importanti ostacoli riman-gono: i sindacati, che temono la perdi-ta di posti di lavoro e un sistema finan-ziario dominato dallo stato e ineffi-ciente. La fiducia pubblica interna e interna-zionale ha bisogno, inoltre, di vedereche nella nuova economia c'è spazioper nuovi gruppi sociali oltre alla solitaélite militare-burocratica. Nonostanteil piano di concordia abbia portato unarelativa calma, frange estreme dellasocietà sia islamiche che anti-islami-che continuano a controllare parte delterritorio. Il livello di coesione socialerimane basso.L'attività politica dell'opposizionerimane limitata a causa dello stato diemergenza ma anche la debolezza delpotere del presidente spiega in parte ilrifiuto a riconoscere nuove formazionipolitiche.La società, tuttavia, è più informatadei conflitti di interesse in gioco nelpaese, grazie alla parziale liberalizza-zione mediatica e alla rivoluzionedelle telecomunicazioni. Bouteflika ha finora mostrato di anda-re verso una riedizione del centralismopresidenziale à la Boumedienne, ma èconsapevole che la società civile non èpiù la stessa del passato.

Simona GallottaRicercatrice ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 12

Prospettive sullo Statodi Palestina

Gli Accordi di Oslo del 1993-1995 nonhanno posto fine alla situazione d’occu-pazione dei territori palestinesi. L’unicoeffetto di questi accordi, oltre alla isti-tuzione dell’Autorità Nazionale Palesti-nese (ANP), è stato quello di trasforma-re l’occupazione militare diretta inoccupazione indiretta (artt.42-43 Con-venzione dell’Aja 1907) con l’inevitabilecontinuata applicazione della IV Con-venzione di Ginevra del 1948 sul tratta-mento dei civili in tempo di guerra. Il protrarsi dell’occupazione dei territo-ri palestinesi è rilevabile attraversoun’analisi giuridica internazionale siadel contenuto degli Accordi di Oslo, siadel concreto funzionamento del regimed’autonomia che gli stessi accordihanno istituito. L’obbligo di non altera-re lo status di “territorio occupato” pertutto il periodo interinale è contempla-to dallo stesso Accordo Interinale del25 settembre 1995. Con riferimento allalegislazione vigente nei territori duran-te il periodo interinale, infatti, l'art.XVIII (4) a) dell’Accordo Interinaleprecisa che "legislation, including legi-slation which amends or abrogates exi-sting laws or military orders, whichexceeds the jurisdiction of the Councilor which is otherwise inconsistent withthe provisions of the DOP, this agree-ment, or any other agreement that maybe reached between the two sidesduring the interim period, shall have noeffect and shall be void ab initio".La qualifica di territorio militarmenteoccupato persisterà fino a quando noninterverrà un accordo definitivo sull’as-setto permanente dei territori. La con-clusione delle trattative segnerà la finedel periodo interinale. A norma dellaDichiarazione di Principi (DOP) ilperiodo interinale sarebbe terminatoentro il 4 maggio 1999. Al vertice israe-lo-palestinese di Sharm El-Sheik del 4settembre 1999 si fissò la scadenza delperiodo interinale al 13 settembre 2000.Entro questa data le due parti avrebbe-

ro dovuto raggiungere l’accordo sull’as-setto definitivo dei territori palestinesi.Il mancato rispetto di questa scadenzanon impedisce alle due parti di proroga-re implicitamente o anche esplicita-mente il periodo interinale. L’alterativaa questa proroga potrebbe essere l’in-terruzione del processo di pace intesosecondo lo schema previsto dallaDichiarazione di Principi (DOP) e dal-l’Accordo Interinale. La natura delleproblematiche giuridiche che nascereb-bero da un’eventuale interruzione delprocesso di pace dipenderebbero dagliatti che le parti adotterebbero e inprimo luogo dall’eventuale proclamazio-ne unilaterale d’indipendenza delloStato di Palestina nonostante l’opposi-zione israeliana. Le ragioni della recen-te decisione del comitato esecutivo del-l’OLP di procrastinare la proclamazionedi costituzione dello stato di Palestinanonostante la scadenza del calendarionegoziale sono da ricercare nella con-statazione di fatto che l’occupazionemilitare israeliana dei territori palesti-nesi non cesserebbe nemmeno dopouna interruzione degli stessi accordi diOslo. Un’eventuale proclamazione delloStato di Palestina non costituirebbealcuno stato ma riaffermerebbe sempli-cemente il desiderio del popolo palesti-nese di voler esercitare il suo dirittoall’autodeterminazione in senso statua-le.Israele, continuando a occupare i terri-tori del futuro stato palestinese, nonpermetterebbe a questo stato di nasce-re per carenza della sovranità intesacome “espressione giuridica dell'indi-pendenza”. Il collegamento tra sovra-nità e indipendenza è determinante perl’esistenza giuridica degli stati.L’accordo con Israele in questo senso siqualificherebbe come costitutivo delloStato di Palestina. Se si volesse ottene-re uno stato a tutti i costi e senza l’ac-cordo con lo stato occupante, l’OLPdovrebbe procedere alla liberazione deiterritori sui quali questo stato sorgereb-be e di conseguenza affermarsi comeunica ed esclusiva autorità che esercita

un controllo effettivo su quei territori.Quest’ultima osservazione mette in evi-denza i limiti di una tale ipotesi: l’OLPdovrebbe sconfiggere militarmente loStato d’Israele. Questa è una possibilitàmolto remota per ovvie ragioni di effet-tivi, preparazione e di numeri.L’unica via percorribile resta dunquequella dell’accordo costitutivo delloStato di Palestina.

Camp David 11-24 luglio 2000

Nonostante il mancato raggiungimentodi un accordo formale, il vertice diCamp David ha segnato un progressonelle vedute delle parti che, a detta dimolti negoziatori, costituirebbe la “basenaturale di qualunque futuro negozia-to”. A Camp David si è affermata l’idea chesu Gerusalemme si può contemplareuna sistemazione congiunta a compe-tenze interdipendenti. Tuttavia nonancora è possibile dire se da ciò sipossa giungere a qualche forma disovranità mista (condominio interna-zionale?). L’insistenza d’Israele nel proposito diestendere la propria sovranità sullaspianata del Tempio con le duemoschee di Al-Aqsa e di Omar non sem-bra accettabile da parte palestinese,mentre la proposta israeliana di annet-tere alcune parti della città in cambiodel rilascio di altri territori altrove nonpuò dirsi la base per un eventualeaccordo. Tuttavia, si può già affermareche la questione della sovranità suGerusalemme non è più consideratatabù da Israele. Se ne potrà discuterecome, infatti, sta già avvenendo inIsraele, e ciò rappresenta di per sé unimportante punto di svolta. In tema di diritti territoriali, i negozia-tori israeliani hanno proposto di esten-dere la sovranità palestinese sulla tota-lità della Striscia di Gaza e su circa il90% della Cisgiordania, compresi i suoiconfini esterni e una parte non indiffe-rente della Valle del Giordano. La con-troparte palestinese non ha accettato le

STATO PALESTINESEUN ALTRO RINVIO

DALLA RICERCA ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 13

proposte israeliane. Tuttavia il fattoche certe proposte siano state formula-te è indice di un miglioramento sostan-ziale della posizione israeliana chepermette alla controparte palestinesedi sperare di ottenere migliori possibi-lità di trattativa nelle prossime sessio-ni. È probabile che ai prossimi colloquiqueste proposte vengano negate, tutta-via le aperture israeliane riscontrate aCamp David peseranno sicuramentesui dibattiti futuri.Contrariamente a quanto previsto daimass media durante il vertice, non c’èstato alcun accordo sui rifugiati. Israe-le continua a negare la sua responsabi-lità morale per il problema e persistenel rifiuto di riconoscere il diritto deirifugiati al ritorno. Tuttavia, sebbene lecifre avanzate dai negoziatori israelia-ni siano troppo esigue per potere esse-re prese in considerazione, il riconosci-mento della possibilità di adottarealcuni schemi di ricongiungimentofamigliare rappresenta la caduta di unaltro tabù. Si potrebbe affermare che,pur continuando a negare formalmenteil problema, Israele sta già discutendodi cifre. In breve, dall’esperienza negozialedegli ultimi sette anni sembra di pote-re concludere che le due parti stianoper fare l’ultimo passo verso la soluzio-ne della Questione Palestinese e che lastrada imboccata a Camp David possaessere quella giusta. È probabile, anzi,che i negoziatori israeliani abbianovoluto anticipare alla propria opinionepubblica alcune delle future possibilitàdi soluzione con l’intento di farglieleassorbire gradualmente, in quanto lachiave della pace è il pieno ritiro e ilrispetto delle frontiere internazionali,come fu con Egitto e Giordania e comesi è visto di recente con il Libano. Il pieno ritiro dai territori occupati e ilrispetto delle frontiere internazionalisi comprendono meglio quando si parladi “concessioni”. Il pilastro su cui sipoggia il Processo di Pace è dato dallerisoluzioni 242 e 338 del Consiglio diSicurezza. L’essenza di queste risolu-zioni è rappresentata dallo scambio deiTerritori con la Pace: i territori cheIsraele occupò nel 1967 in cambio delriconoscimento pieno, della pace edella cooperazione. È probabile che,mediante l’accordo, le parti convenga-no di deviare leggermente dal dettatodi queste risoluzioni. Lo spazio tempo-

rale di 33 anni ha, infatti, creato dellesituazioni di fatto che difficilmentepotranno essere sanate. Tuttavia, c’èda precisare che qualsiasi accordodefinitivo della questione palestinesenon può prescindere dallo spirito diqueste risoluzioni: il reintegro dei dirit-ti dei due popoli e il non ricorso all’usodella forza nella definizione delle con-troversie internazionali. Da ciò deriva che la disponibilità pale-stinese a consentire alcune rettifichedi frontiera, in modo da venire incon-tro ad alcune delle richieste israeliane,sia da considerare come pragmatismonegoziale in vista dell’esito finale delprocesso in corso: l’accordo di pace.

Gerusalemme

La questione di Gerusalemme ha rap-presentato il maggior ostacolo nelletrattative. Dalle circostanze dei nego-ziati e dalle dichiarazioni dei negozia-tori sono emerse, tuttavia, alcune ipo-tesi innovative. Nella conferenza stam-pa che ha seguito la chiusura del Sum-mit di Camp David, il presidente ame-ricano Clinton si è limitato a sottoli-neare che le differenze tra le partiapparivano colmabili e, anzi, si èdichiarato stupito di “constatare unavicinanza di vedute” maggiore di quellache si aspettava. Clinton ha posto l’ac-cento sul fatto che qualunque accordotra le parti dovrà consentire a tutti illibero accesso ai luoghi santi. I nego-ziatori israeliani sono stati concordinell’ammettere che, durante il verticedi Camp David, Israele sarebbe statodisposto a oltrepassare alcune dellelinee rosse che aveva fissato alla vigi-lia: non si parla più di rifiuto dellasovranità palestinese su GerusalemmeEst, ma solo dell’opposizione all’eserci-zio di questa sovranità sul Monte delTempio. Forse si vuole conservare ilcontrollo del quartiere ebraico diGerusalemme Est e costituire un con-dominio internazionale sulla Spianatadel Tempio? È possibile che questa siala soluzione.

Conclusioni

A distanza di sette anni dalla firmadella DOP, la conclusione di un accor-do definitivo sul conflitto in VicinoOriente diventa imperativa. Esiste unclima favorevole al raggiungimentodell’accordo e procrastinando ulterior-

mente la stretta finale si rischierebbedi perdere un’occasione unica. Il premier Barak ha pochissimo tempoa disposizione per raggiungere unaccordo sullo status finale dei territori,mentre Arafat non può permettersi dicontinuare a rinviare il termine ultimoper la conclusione di quest’accordo,pena la perdita di credibilità di fronteal popolo palestinese. Barak è ben con-scio di ciò e, infatti, preferisce trattarecon il moderato Arafat piuttosto checon qualche altro negoziatore avventu-riero e poco disposto al compromesso.I palestinesi hanno ancora in manoun’ultima carta negoziale che si chia-ma “trattato di Pace”. È chiaro comequesta carta non possa essere messasul tavolo dei negoziati senza aver otte-nuto tutti gli elementi necessari daincludere in quella che può esseredefinita la “pace finale”: una pace cheponga termine al conflitto e lo sostitui-sca con una pace giusta, duratura ecomprensiva. Lo Stato di Palestina e laquestione di Gerusalemme sono il cul-mine di questo processo. I palestinesidesiderano raggiungere un accordodefinitivo che soddisfi tutte le lororivendicazioni. L’ipotesi di concludereun altro accordo ad interim costitutivodello Stato di Palestina, per poi tratta-re con Israele la questione di Gerusa-lemme e dei rifugiati, non sembraaccettabile dai palestinesi.Il desiderio di porre fine al conflitto, enon solo alla belligeranza, è sentitomolto anche dagli israeliani. Il premierBarak ha riproposto a più riprese l’in-clusione nel trattato sull’assetto defini-tivo di una clausola solenne sulla “finedel conflitto”. Si comprende come unatale richiesta possa essere soddisfattadai palestinesi solo se, a propria volta,essi riceveranno “in cambio” una solu-zione mutuamente accettata sulle que-stioni fondamentali di questo conflitto:Gerusalemme, l’esercizio del dirittoall’autodeterminazione e la questionedei rifugiati e il loro diritto al ritorno.

Walid BarakatRicercatore Associato ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 14

ROMANIAATLANTE

A dieci anni dalla caduta del regime diNicolae Ceausescu e dall’inizio dellatransizione verso la democrazia e l'eco-nomia di mercato, la Romania si presen-ta come uno dei paesi più poveri dellaregione dell’Europa centro-orientale.Una circostanza sorprendente se si con-sidera che il potenziale del paese è ele-vato, grazie soprattutto all'ampiezzadelle risorse demografiche (circa 22milioni abitanti) e a una collocazionegeografica strategica per il trasporto delgreggio dall’area del Mar Caspio all’Eu-ropa. Al momento l'economia rumena èancora lontana dall’approdo di unamoderna e avanzata economia di merca-to ed è prevedibile che i tempi necessariper una trasformazione profonda del suotessuto produttivo saranno lunghi. L’ar-retratezza organizzativa e il ritardo nel-l’implementazione delle regole di merca-to dipendono dalla lentezza del processodi transizione, di fatto iniziato solo dapochi anni. Risale infatti soltanto al feb-braio del 1997 l'avvio di un programmaorganico di ristrutturazione e moderniz-zazione del sistema economico. Ma l’in-stabilità e la scarsa certezza del quadronormativo continuano a svolgere un'azio-ne di freno sugli investimenti esteri, cherimangono bassi: l’elevata corruzione alivello amministrativo e la prepotenzadei piccoli boss locali scoraggiano moltospesso l’iniziativa privata. La creazionedi un ambiente sociale ed economico piùtrasparente appare pertanto la precondi-zione per la stabilizzazione macroecono-mica. Lo squilibrio di molti fondamentalimacroeconomici e i problemi finanziaricausati dal prolungato intervento statalenell’economia del paese sono ancoramolto rilevanti, sebbene l’atteggiamentodel governo nell’affrontare questi proble-mi stia mostrando segnali di cambia-mento. Fino a qualche tempo fa, la poli-tica economica era decisa in base a unorientamento di breve periodo, senza unobiettivo futuro che inducesse a metterein atto quelle riforme impopolari che ilsistema economico richiedeva. Da qual-che anno, la prospettiva dell’ingressonell’Unione Europea ha cominciato aporsi come l’obiettivo di lungo periodo di

cui non vi era traccia in passato. Adincoraggiare la Romania a proseguirecon maggiore decisione sulla stradadelle riforme vi è la presa di posizioneufficiale della Commissione Europea afavore di tutti quei paesi ex comunistiche non fanno parte dei front runners(Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca,Estonia, Slovenia).

L’attuale contesto politico

Dopo la caduta del regime comunista diNicolae Ceausescu, data la mancanza diun’opposizione organizzata, gli stessi exmembri della nomenclatura comunistasi riunirono nel FSN, il Fronte di Salvez-za Nazionale, e guidarono la fase di tran-sizione della Romania verso la democra-zia e l’economia di mercato. Nel 1990 ilFSN stravinse le elezioni riuscendo a fareleggere presidente della repubblica ilsuo candidato Ion Iliescu. Il programma politico del FSN, di stam-po socialdemocratico, era volto a intro-durre gradualmente riforme che assicu-rassero la stabilità politica necessariaper una efficace ricostruzione del paese,ormai dissestato sia economicamente siasocialmente. Ma il tentativo dell’alloraprimo ministro Petre Roman di introdur-re, troppo rapidamente e bruscamentesecondo molti, importanti riformemarket oriented incontrò vaste protestepopolari e portò il governo di Iliescu adabbandonare la politica delle riforme ea licenziare il primo ministro; questi uscìdal partito e fondò il Partito Democrati-co (PD), che divenne successivamente laforza principale dello schieramento UDS(l’Unione Democratica e Sociale). Nelleelezioni del 1992, il partito di Iliescu,che aveva nel frattempo cambiato nomein PDSR, Partito della DemocraziaSociale Rumena, divenne il primo rag-gruppamento politico del paese, avendobattuto il nuovo partito fondato dall’exprofessore universitario Emil Costanti-nescu, il CDR (Convenzione Democrati-ca Rumena), di centro destra. Ma nelle elezioni generali e presidenzia-li del 1996 si registrò un'inversione ditendenza: il CDR divenne il primo parti-to del paese e diede vita ad un governodi coalizione, guidato dal primo ministro

Victor Ciorbea, con l’Unione Democrati-ca e Sociale di Petre Roman (UDS) e conl’Unione Democratica Magiara (UDMR).Nelle elezioni presidenziali fu eletto ilcandidato della CDR, Emil Costantine-scu. Il nuovo governo cercò da subito diintrodurre importanti riforme di stampoliberista, spingendo per un ingressodella Romania nella NATO e nella UE.Nel gennaio 1998 il governo incontrò iprimi problemi per la fine dell’appoggiodel PD di Roman. Ad aprile 1998 vennenominato un nuovo primo ministro,Radu Vasile, il cui ambizioso programmadi riforme economiche si scontrò, come iprecedenti, con il veto incrociato deipartiti della coalizione. L’incapacità diimplementare le riforme economichepromesse e la rivolta dei partiti dellacoalizione hanno portato il 13 dicembre1999 alle dimissioni del governo di RaduVasile. La caduta del governo ha gettatola Romania nell’incertezza proprio inuna fase molto delicata per il paese. Inqueste circostanze il presidente in cari-ca Costantinescu ha deciso, consultatele forze della coalizione, di assegnarel’incarico di primo ministro al governato-re della Banca Centrale, l’economistaMugur Isarescu. L’attribuzione dell’inca-rico a un tecnocrate sganciato dai giochidi potere tra i partiti politici potrebbeassicurare quella tregua tra le forze poli-tiche di cui la Romania ha bisogno. I risultati delle elezioni amministrativedello scorso giugno hanno confermato irecenti sondaggi secondo cui il PSDRdovrebbe divenire il primo partito inentrambe le camere del parlamentonelle elezioni di novembre. Tuttavia lapossibilità di alleanze trasversali rendeincerto il risultato finale. In novembre siterranno anche le elezioni presidenziali.Secondo i più recenti sondaggi, Ion Ilie-scu, candidato del PSDR, ha buone pos-sibilità sebbene sia svantaggiato da unbackground politico molto lungo e dallasua età piuttosto avanzata. Vista l’indi-sponibilità del presidente in caricaCostantinescu a ricandidarsi e l’intenzio-ne dell’attuale primo ministro Isarescudi presentarsi come indipendente diven-ta probabile una vittoria di un candidatodi sinistra o di centro-sinistra.

ISPI - Relazioni Internazionali 15

Il contesto economico attuale

Intorno alla metà degli anni ’90, laRomania ha registrato tassi di crescitapositivi, che sembravano indicare l’avviodella ripresa dopo la caduta dell’attivitàeconomica legata all’abbandono delsistema a pianificazione centrale. Que-sta fase di crescita si è però arrestatabruscamente a causa delle molte diffi-coltà dell’economia rumena. Dal 1997 ilpaese è entrato in una fase di pesanterecessione e il prodotto interno lordo(PIL) in termini reali da allora ha conti-nuato a scendere.La caduta dell’attività produttiva è stataaccompagnata dalla caduta dei consumie da una riduzione particolarmenteaccentuata degli investimenti. Oltre chealle difficoltà economiche del paese, lacaduta degli investimenti appare legataal clima di sfiducia sulle prospettivedella Romania. Le previsioni per il 2000indicano che la caduta del PIL dovrebbearrestarsi, sebbene le prospettive di cre-scita rimangano deboli.Il mercato rumeno tuttavia ha caratteri-stiche interessanti, almeno in prospetti-va, perché può contare su numerosi ele-menti di forza:• Il mercato interno è potenzialmente

molto importante (il secondo dell’areacome dimensioni) potendo contare su23 milioni di consumatori.

• La posizione del paese è strategica nel-l’area centro-orientale trovandosi alcrocevia delle tradizionali vie del com-mercio internazionale.

• Esiste una vasta rete di trasporto flu-viale e il paese ha uno sbocco sul MarNero.

• Il costo del lavoro è basso.• Vi sono buone riserve di materie prime.E' importante segnalare il ruolo rivestitodall'Unione Europea e dal Fondo Mone-

tario. Lo scorso 7 giugno il Fondo Mone-tario Internazionale ha approvato, dopolunghe negoziazioni, la proroga dell’ac-cordo esistente fino al febbraio 2001: ilgoverno rumeno si è impegnato a rifor-mare il settore finanziario e a congelarei salari dei dipendenti delle aziende sta-tali in perdita nonostante le pressionidei sindacati. I principali parametrimacroeconomici sono connessi allenegoziazioni della Romania con l’UnioneEuropea, che rappresentano una prioritàsia per la coalizione di centro sinistra siaper quella di centro destra, per cui nonsono attesi grossi cambiamenti di politi-ca economica in seguito al probabilecambiamento di coalizione al governodopo le elezioni di novembre.

I settori chiave

Il peso del settore agricolo risulta eleva-to sia in termini di quota sul PIL, che diquota sull’occupazione, rispetto alla nor-male suddivisione riscontrabile nei paesioccidentali o anche in molti paesi PECO.La presenza di un’estesa quota di territo-rio arabile e di buona fertilità, lo rendepotenzialmente redditizio, ma i problemidi arretratezza e di sottocapitalizzazionenon permettono nemmeno di soddisfarela domanda interna, costringendo alricorso alle importazioni. Limitata risul-ta la quota del PIL prodotta dal settoredei servizi: il basso sviluppo del settore èda imputare all’arretratezza economicadel paese. In particolare, è mancato lostimolo dello sviluppo industriale al set-tore dei servizi. L’industria mostra unpanorama piuttosto desolante, nel qualeemergono però alcuni settori potenzial-mente redditizi. Accanto al settore dellecostruzioni, che nel momento in cui ver-ranno avviate politiche per il migliora-mento delle infrastrutture dovrebbe

diventare uno dei più redditizi, si segna-la il settore del legname e del mobile,favorito dalla vasta estensione forestaledel paese, che riesce a esportare buonaparte della propria produzione.

Gli accordi europeie i negoziati per l'adesioneall’Unione Europea

I governi rumeni che si sono susseguitidal 1989 in poi hanno fatto dell’ingressonella NATO e nella UE una priorità. Laconvinzione che la ripresa economica ela sicurezza dello stato rumeno dipenda-no fortemente dal perseguimento di que-sto duplice obiettivo spiegano l’orienta-mento a occidente di Bucarest. L’accor-do con la UE che prevede per la Roma-nia il ruolo di partner associato dell’U-nione è diventato effettivo nel febbraio1995. Il passo successivo è stato larichiesta formale, il 22 giugno 1995, dipoter far parte del prossimo round dipaesi che aderiranno all’Unione Euro-pea. Il 15 luglio 1997, l’annuncio daparte della Commissione Europea dell’e-sclusione della Romania dalla primaondata di paesi prossimi all’adesione allaUE provocò amare delusioni. Nell’ultimavalutazione annuale sui paesi che dovreb-bero entrare in futuro a far parte dellaUE, la commissione Europea ha giudicatopiuttosto severamente la situazione dellaRomania in relazione ai criteri definitinel Summit di Copenhagen, e la posizionaall’ultimo posto nella classifica dei candi-dati all’ingresso nell’Unione.

Prospettive

Gli ultimi tre anni hanno messo in lucele numerose debolezze di cui soffre ilsistema economico rumeno, accentuatedall’instabilità politica e sociale. Le pro-spettive per il futuro sembrano però invia di miglioramento. Le previsioni degliindicatori economici per il prossimoanno mostrano che la fase più bassa delciclo dovrebbe essere in via di supera-mento. Nel medio-lungo periodo laRomania dispone una serie di vantaggipotenziali che potranno essere sfruttatia patto che vengano intraprese le rifor-me necessarie per creare stabilità e perconsentire al paese di entrare a pienotitolo tra gli attori europei di rilievo.

Claudia GuaglianoRicercatrice ISPI

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI

1998 1999PIL (US $ bln) 41.5 34.0

Tasso di crescita del PIL reale - 5.4 -3.2

Indice prezzi al consumo 59.0 45.8

Tasso di disoccupazione 10.3 11.5

Export fob (US $ m) 8,302.0 8,505.0

Import fob (US $ m) 10,927.0 9,592.0

Debito/PIL (%) 23.5 28.4

Debito Estero (US $ bln) 9.5 9.1

ISPI - Relazioni Internazionali 16

I ricercatori di ISPI e IFRI che si occu-pano di Mediterraneo si sono incontratiil 17 e 18 luglio a Montecarlo dove hasede l'IEPM, fondato dai due Istituti conil sostegno della "Compagnie Monega-sque de Banque" e "Banque Paribas".L'incontro ha avuto come obiettivo l'ana-lisi critica delle ricerche avviate ormaida diversi mesi dai due Istituti in vista diuna loro prossima pubblicazione. L'ISPIha presentato tre paper incentrati,rispettivamente, sulle possibilità di svi-luppo delle piccole e medie imprese(Sergio Alessandrini), sull'aiuto allo svi-luppo economico ai paesi dell'Africa delNord (Francesco Lovecchio e RobertoZanola), sulla definizione di una identitàmediterranea attraverso lo studio e l'i-dentificazione delle sue radici storico-culturali (Enrico Molinaro).L'IFRI si è concentrato invece sulla poli-tica mediterranea dell'Unione Europea,analizzando l'evoluzione della politica disicurezza regionale, dalla conferenza dei

5 + 5 fino ai recenti sviluppi formulati aLisbona lo scorso giugno. Al centro del-l'analisi dell'IFRI anche la politica disingoli paesi europei verso il Mediterra-neo, e le aspettative dei paesi interessatida tale politica, in particolare Israele e ipaesi arabi del Mashrek. Dai lavori sono emerse differenze diapproccio e priorità tra i diversi paesieuropei, causati dalla singola collocazio-ne geografica e dagli interessi economicie strategici. Se la tradizionale cospicuapresenza britannica nella regione norda-fricana e medio orientale si sposa oggicon un approccio atlantico alle questionidell'area, i paesi della sponda nord delmediterraneo, molto attenti ai cambia-menti e ai conflitti in atto nella regione,sono i motori di una politica "mediterra-nea per il Mediterraneo". L'interessedella Germania è rivolto invece a paesispecifici della regione, con cui intrattie-ne legami storici, come Israele. Tutti ipaesi europei concordano però sulla

necessità di una strategia comune peraffrontare problemi, quali l'immigrazio-ne, che interessano tutta l'Unionesoprattutto dopo Schengen. Da parteloro i paesi della sponda sud lamentanol'inefficacia della politica europea, spes-so vincolata alla risoluzione del conflittoarabo-israeliano come premessa per unasua piena realizzazione. In campo econo-mico il sostegno europeo alle piccole emedie imprese potrebbe essere più inci-sivo. Infatti, le iniziative già presenti nonhanno permesso di superare ostacoliquali la mancanza di una culturaimprenditoriale e di un network diimprese. A tal riguardo i governi localidovrebbero garantire la stabilità econo-mica e un adeguato e trasparente qua-dro regolamentare. Durante l'incontrosono state anche gettate le basi per inuovi progetti di ricerca dell'IEPM chesaranno definiti entro la fine dell'anno.Per informazioni: [email protected], tel. 02 863313283.

DALLA RICERCA ISPI

IEPM: UNO SGUARDO SUL MEDITERRANEO

Il Dgap, acronimo di "Deutsche Gesell-schaft für Auswärtige Politik", nascenel 1955 seguendo il modello scientifi-co di istituti di paesi anglosassonicome il "Council on Foreign Relations"di New York e il "Royal Institute ofInternational Affairs" (Chatam House)di Londra. Tra i principali obiettivi del-l'istituto di ricerca tedesco, fondato inpiena guerra fredda in un momento incui la Germania attraversava una fati-cosa fase di ricostruzione della suaidentità democratica vi è l'interessesulle tematiche internazionali e la pro-mozione della cooperazione accademi-ca al fine di favorire la comprensionedella natura dei conflitti. Il DGAP è inlarga parte finanziato con risorse nongovernative e può contare su una mem-bership di circa 1600 persone tra cuifigurano politici di spicco, diplomatici,esponenti della "business community"e dei media, leader sindacali, docentiuniversitari. In sostanza uno spaccatodella società civile più evoluta e dell'e-stablishment tedesco.Le attività dell'istituto spaziano dalla

ricerca alla formazione, alla raccoltaarchivistica, all'organizzazione di con-vegni. Ogni anno il DGAP promuovecirca 70-80 eventi (lezioni, forum, con-ferenze) cui aderiscono personalitàinternazionali di primo piano.Il DGAP è organizzato in 4 gruppi distudio permanenti e in 5 gruppi chelavorano su progetti specifici.I primi sono così articolati:• "Study group on strategic issues",

che si occupa delle nuove sfide allapolitica di sicurezza internazionalecome conseguenza delle trasforma-zioni radicali intervenute negli equi-libri del sistema internazionale

• "Study group on Europe", che analiz-za gli sviluppi e le problematichedell'integrazione europea anche inrelazione alla politica estera e disicurezza comune (PESC)

• "Study group on globalisation andinternational economic coopera-tion", che studia gli sviluppi dell'eco-nomia globale con particolareriguardo alle ricadute economiche epolitiche sulla Germania e sull'Unio-

ne Europea• "Study group on global issues", che si

occupa dei problemi globali e regio-nali legati ai mutamenti climatici,all'ambiente, all'energia, alle migra-zioni, ai cambiamenti sociali

• I gruppi focalizzati su progetti speci-fici approfondiscono lo studio dellerelazioni bilaterali tra Francia eGermania, Germania e Polonia, Ger-mania e Repubblica Ceca, i temidella non proliferazione delle armidi distruzione di massa, la politicaspaziale internazionale.

Il DGAP promuove numerose iniziativecon la partecipazione di altri istituti ecentri di ricerca europei e non.Nell'ambito della collaborazione conl'ISPI, verrà promosso a Milano il 27 e28 novembre prossimo - insieme alWalter-Hallstein Institut della Hum-boldt Universität e all'IFRI di Parigi - ilConvegno internazionale "Supportingprinciples of a European Constitution"centrato sulla possibilità di creare unaCarta Costituzionale dei diritti dei cit-tadini europei (vedi articolo pag. 2).

DGAP (GERMANIA)

“IN NETWORK” CON ISPI

ISPI - Relazioni Internazionali 17

In un anno travagliatissimo caratterizzato dall'uscita dalla maggioranza di governo dell'Unione per la Libertà (il partitoliberale di Balcerovicz), da un rimpasto dell'esecutivo e dalle recenti dimissioni del ministro delle privatizzazioni Wasacz,i partiti politici polacchi si apprestano al confronto delle elezioni presidenziali e si preparano alle politiche del 2001. Isondaggi danno in forte crescita i partiti dell'opposizione di sinistra che potranno giovarsi della candidatura del presiden-te in carica Kwasniewski. Lo schieramento di centro destra, dilaniato dalle divisioni, candida invece Krzaklewski, uomo dipunta di Solidarnosh, e il vecchio leader Lech Walesa. Le incognite sono rappresentate dai candidati indipendenti: Lep-per, leader del partito contadino, ex pugile, considerato uomo di dubbia moralità e l'economista Olechowski, ex ministrodegli esteri e delle finanze. Complessivamente sono 13 i candidati alla Presidenza della Repubblica. I sondaggi danno perprobabile la riconferma di Kwasniewski alla carica presidenziale.

POLONIA 8 ottobre elezioni presidenziali

La popolazione dello Sri Lanka andrà alle urne il prossimo 10 ottobre per eleggere i 225 membri del parlamento unicame-rale. Il voto deciderà le sorti della presidenza di Chandrika Kumaratunga e, soprattutto, avrà importanti risvolti sulleprospettive di pace nel paese, dilaniato dagli scontri armati tra l'esercito nazionale e i secessionisti delle "Tigri per laLiberazione della Patria Tamil" (LTTE). Le elezioni di ottobre si prospettano come una sorta di "referendum" sulle propo-ste di riforma del presidente Chandrika Kumaratunga, finalizzate a concedere maggiore autonomia alle regioni setten-trionali del paese e in particolare alla penisola di Jaffna, controllata dalla minoranza etnica e religiosa dei Tamil induisti.Sebbene con un margine esiguo la coalizione al governo (People's Alliance) potrebbe risultare favorita.

SRI LANKA 10 ottobre elezioni parlamentari

Pianificate in tre giornate diverse per Alto Egitto, Basso Egitto e Il Cairo, allo scopo di consentire a 6000 giudici di moni-torare i 18.000 seggi elettorali, quelle che si terranno a ottobre saranno le prime elezioni parlamentari che applicherannola nuova legge elettorale. E' prevista la supervisione giudiziaria per garantire la trasparenza delle procedure a seguitodell'annullamento delle elezioni parlamentari del 1990 e del 1995 deciso dalla Corte Suprema lo scorso 8 luglio. A dispet-to della nuova riforma elettorale la democrazia egiziana rimane debole: lo stato d'emergenza, rinnovato a marzo da HosniMubarak per altri tre anni, non permette ai partiti di opposizione di svolgere libera attività politica e li vincola a intratte-nere un rapporto clientelare con il Partito Nazional Democratico al governo dal 1979, di fatto il partito egemone del mul-tipartitico sistema egiziano. Episodi discutibili come il recente arresto e la detenzione del sociologo Saad Eddin Ibrahim,promotore di campagne per la sensibilizzazione della società civile, indeboliscono la portata di riforme democratiche el'intero processo di transizione alla democrazia.

EGITTO ottobre elezioni parlamentari

Entro il 17 novembre 2000 si terranno le elezioni per i 395 membri della Camera Bassa. Attualmente la coalizione al gover-no è dominata dal Democrat Party (DP) cui sono collegati il Chart Thai (CT), il Chart Pattana (CP), il Social Action Party,il Solidarity Party, il Seritham e alcuni membri del Prachakorn Thai. Principali partiti d'opposizione sono il New AspirationParty (NAP) e il Thai Rak Thai (TRT). L'esito delle prossime elezioni è ancora molto incerto. Sul risultato finale peserà inmaniera sostanziale la scelta di alcuni importanti partiti attualmente al governo, tra cui il CT e il CP. Tali partiti erano, inprecedenza, i principali alleati del DP, ma in occasione di una mozione di sfiducia promossa nel dicembre 1999, il NAP èriuscito ad allontanarli dal partito di maggioranza, rendendone incerta la posizione. Successivamente CT, CP e altri trepartiti minori hanno formato una coalizione, dichiarando di voler proporre una terza alternativa al DP e al TRT. Tuttavia, èprobabile che i cinque partiti accettino di allearsi con i Democratici, pur di impedire una vittoria del TRT.

THAILANDIA novembre elezioni della Camera Bassa

Saranno Al Gore per il Partito Democratico e George Bush Jr. del Partito Repubblicano i due candidati in corsa per la pol-trona presidenziale del colosso statunitense (il verde Nader e l’ultra-conservatore Buchanan sono fermi al 4%, e dunquefuori gioco). I sondaggi danno per ora favorita la compagine democratica guidata da Gore. Giudicata difficile l'eventualerimonta della Nuova Destra guidata dal team Bush al motto di “compassione nella conservazione”.

STATI UNITI 7 novembre presidenziali, congresso e senato

Un nuovo passo verso la ricostruzione dello stato di Bosnia ed Erzegovina è stato fatto lo scorso 1 luglio quando la CorteCostituzionale ha stabilito che le tre diverse etnie presenti nel paese – serbi, croati e musulmani – sono le nazioni costitu-tive dello stato. Si tratta di un evento importantissimo perché viene sancita la superiorità dello stato sulle diverse entitàetniche. Tale decisione è stata presa esattamente quattro mesi prima delle elezioni generali di novembre e sarà utilizzatada diversi partiti politici in campagna elettorale, sia pur con diverse connotazioni, e si prevede che influenzerà significati-vamente le scelte degli elettori. Ancora pochi anni fa una decisione di questo tipo avrebbe favorito i partiti nazionalisti,mentre oggi appare chiara la futilità di politiche legate alla segregazione etnica. E’ probabile che i partiti nazionalistianche se coalizzati tra loro non otterranno il consenso ricevuto del passato mentre quei partiti che propongono un percor-so politico differente consolideranno i successi già ottenuti nelle elezioni amministrative di aprile.

BOSNIA 11 novembre elezioni parlamentari e presidenziali

I risultati delle elezioni amministrative di giugno hanno confermato i recenti sondaggi che danno il Partito della democra-zia sociale (PSDR) come favorito per le prossime consultazioni elettorali. Un governo di centro-sinistra guidato dal PSDR èquindi l’esito più probabile delle prossime elezioni politiche, ma la possibilità di alleanze trasversali rende incerti i risulta-ti finali. Improbabili grossi cambiamenti di politica economica dal momento che i parametri macroeconomici sono fissatidall’Unione Europea e visto che tutte le principali forze politiche pongono la futura entrata nella UE come meta imprescin-dibile di medio periodo.Più incerta è la previsione sull'esito delle elezioni presidenziali soprattutto dopo l’annuncio dell’attuale presidente, EmilCostantinescu, di non ricandidarsi nelle elezioni di novembre. Secondo recenti sondaggi, i candidati favoriti sono Ion Ilie-scu, candidato del PSDR, e l’attuale primo ministro Mugur Isarescu che intende presentarsi come indipendente e noncome esponente del polo di centro-destra.

ROMANIA 26 novembre elezioni parlamentari e presidenziali

SI VOTA NEL MONDO

ISPI - Relazioni Internazionali18

ALUMNIElio Menzione Il ministro Menzione ha fre-quentato il “Corso di prepara-zione alla carriera diplomatica”dell'ISPI nel 1974-75 e da moltianni ha intrapreso la carrieradiplomatica, spostandosi invarie parti del mondo e facen-dosi, di volta in volta, portavocedegli interessi italiani. Nato adAlassio (Savona) il 30 agosto1949, nel 1972 si è laureato inGiurisprudenza all’Università diPavia.La sua carriera diplomatica hainizio nel 1975 quando superale prove d’esame del concorsodiplomatico e si inserisce comeVolontario Diplomatico. Nel1976 diviene Segretario di lega-zione alternando periodi di sog-giorno in Italia e all'estero. Nel1977 si trasferisce ad Hanoi in

qualità di Secondo SegretarioCommerciale, confermato, l’an-no seguente, con funzioni diPrimo Segretario Commerciale.In qualità di Primo Segretariodi Legazione nel 1980 è statodestinato a Jakarta, dove haricoperto, dal 1980 al 1984, lacarica di Primo Segretario Com-merciale. Trasferitosi a Limacon l’incarico di Consigliere,promosso Consigliere di Amba-sciata, è stato nominato nel1990, Primo Consigliere.Il 15 agosto 1995 è divenutoPrimo Consigliere della Rappre-sentanza permanente d'Italiapresso l'O.N.U a New York e dal12 agosto 1996 è alla SegreteriaGenerale.Elio Menzione è stato nominatolo scorso luglio ministro pleni-potenziario dell’Unità di Analisie Programmazione.

Dopo l'importante successo registrato lo scorso anno a Milano, la Quadriga è ora alla sua secondaedizione. Si terrà infatti a Roma nei giorni 30/31 ottobre, il secondo meeting di questa importanteiniziativa che trae origine dalle riunioni del Club of Three (Francia, Germania e Regno Unito), daanni avviate su iniziativa di un gruppo di grandi imprenditori come Hubert Burda e George Weiden-feld, con l'intento di favorire l'incontro di partecipanti provenienti da realtà professionali diverseattraverso discussioni informali sulle relazioni tra i rispettivi paesi. La Quadriga si propone così diriunire esponenti del mondo politico, degli affari, della diplomazia e dei mass media provenientidalle quattro nazioni europee, per discutere informalmente di questioni cruciali di politica interna-zionale. Quest'edizione della Quadriga potrà avvalersi della partecipazione, nella mattinata di lunedì30 ottobre, durante la prima sessione, di esponenti della Santa Sede. Nel corso delle tre sessioni verranno discusse numerose cruciali questioni. L'ipotesi dell'allarga-

mento dei confini dell'Europa e la conseguente inclusione di popoli culturalmente ed etnicamentealtri verrà discussa alla luce non solo della necessità di ripensare, rifondandola idealmente, l'iden-tità europea. L'estensione del limes dell'Europa verrà soprattutto pensato tenendo ben presentequello che è ormai un paradigma consolidato nella comunità scientifica internazionale: il tramonto,il compimento e l'esaurimento delle due idee cardine della convivenza internazionale degli ultimidue secoli: l'idea di stato e quella di nazione. Con un'Europa in via di con/federazione, è soprattuttol'oltrepassamento dell'idea di stato, e in particolare della sua istituzione più importante, la sovra-nità, a porre la cruciale necessità di ripensare la sintesi politica stato, magari sostituendola. I parte-cipanti discuteranno poi della compatibilità tra la matrice cristiana dell'identità super-nazionaleeuropea e la necessità per le società moderne di farsi multireligiose e multietniche, cercando unadifficile sintesi tra nazionalismo etnico e nazionalismo civico, tra identità etnica e identità naziona-le. E si discuterà del rapporto dell'Europa con il fenomeno multiforme della globalizzazione e i rischiconnessi all'eventualità di un'Europa ossessionata dai successi dell'economia del colosso americanoe dunque facile vittima di uno snaturamento identitario.

Convegno

QUADRIGA(ITALIA, FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO)

ATLANTE 2000 I "country profile" realizzatidall 'ISPI per "I l Sole 24Ore" - e indirizzati essen-zialmente al le piccole emedie imprese - sono con-sultabili sia sul sito istitu-zionale del quotidiano mila-nese (www.ilsole24ore.it) chesul nuovo portale dedicato albusiness (http://www.24ore-business.ilsole24ore.it).Le schede al momento dispo-nili coprono le 4 aree geopoli-tiche di maggiore interesseper l'ISPI (America Latina,Asia, Europa Centro-Orienta-le, Mediterraneo) e vengonoaggiornate trimestralmente.Il progetto Atlante 2000 rien-tra tra le attività svolte dal-l’Osservatorio “Global Watch”(Vedi articolo pag. 2).Per informazioni:[email protected], tel. 02 863313294

ISPI - Relazioni Internazionali 19

■ LUGLIOLun. 10Ven. 14 Corso “Election monitoring” (Prof. Piero Valabrega, Assistant Professor

Università “L. Bocconi”)Gio. 13 Round Table “L’Italia e la politica internazionale” (B. Biancheri, M.

D’Alema, J. Gawronski, C. Merlini, M. Tronchetti Provera)Lun. 17 Round Table “L’Italia e la politica internazionale” – Roma (B. Biancheri,

G. Bonvicini, F. Danieli, L. Dante, A. Iozzo, S. Mattarella, G. Riotta, D.Rivolta, S. Silvestri, U. Vattani)

■ SETTEMBRELun. 25Mar. 26 Master in International Affairs 2000/2001 SelezioniMer. 27Ven. 29 I Forum di Dialogo con i funzionari italiani nelle Organizzazioni

Internazionali e nell’Unione Europea “L’Italia e le OrganizzazioniInternazionali” - Roma

Day by day

L'analisi dell'evoluzione delsistema internazionale, dellapolitica estera italiana, dellapolitica europea e dei rapporti

transatlantici è al centro de "L'I-talia e la politica internaziona-le", l'Annuario ISPI-IAI edito da"Il Mulino" e curato da RobertoAliboni, Franco Bruni, Alessan-dro Colombo e Ettore Greco.All'interno della collana "Qua-derni - Global Watch" è statopubblicato il paper di Lucia Tajo-li "Integrazione produttiva ecommerciale tra Unione Euro-pea e Europa Centro-Orientale"che fornisce una precisa analisidi tematiche estremamenteattuali e dibattute come la cre-scente integrazione tra UE ePECO e la frammentazioneinternazionale della produzione.Sotto la stessa collana è inoltre

in uscita il paper "Opportunità erischi dell'internazionalizzazio-ne in Polonia" di Claudia Gua-gliano, Stefano Santini e LuciaTajoli, che analizza le caratteri-stiche e le conseguenze - a livel-lo micro e macroeconomico -degli investimenti diretti esteriin Polonia."L'Alleanza dopo lavittoria. La NATO nella nuovasicurezza europea" è il titolo delnuovo libro di AlessandroColombo che, passando attraver-so un esame delle cause di stabi-lità o crisi delle Alleanze, affron-ta poi il caso specifico dell'Al-leanza Atlantica sia sotto il regi-me bipolare che nel periodo"dopo la vittoria".

Ferdinando Adornato, Fondazio-ne Liberal; Dante Annibali, Poli-clinico di Milano; Mario Baldas-sarri, Università, “La Sapienza”;Massimo D’Alema, Fondazioneitalianieuropei; Lamberto Dini,Ministero degli Affari Esteri; Flo-rence Ganoux, Università diLione; Jas Gawronski, Parla-mento Europeo; Ulrike Guérot,Deutsche Gesellshaft für Auswär-tige Politik (DGAP); Peter Haz-

dra, Accademia Nazionale diDifesa di Vienna; Donatella Mal-fitano, CESVI; Gianluigi Mascia,Ministero Affari Esteri; CesareMerlini, Istituto Affari Interna-zionali (IAI); Lorenzo Ornaghi,Università Cattolica di Milano;Alessandro Penati, UniversitàCattolica; Ingolf Pernice, Walter-Hallstein Institut, Università diBerlino; Angelo Petroni, Univer-sità degli Studi di Bologna; Fran-

cesco Pizzetti, Università degliStudi di Torino; Massimo Pronio,CONFAPI; Adalberto RodríguezGiavarini, Ministero degli AffariEsteri argentino; Cesare Romiti,RCS; Hans Stark, InstitutFrançais des Rélationes Interna-tionales (IFRI); Giulio Tremonti,Camera dei Deputati; MarcoTronchetti Provera, PIRELLIS.p.A.; Piero Valabrega, Univer-sità “L. Bocconi”.

Di passaggio in ISPI

ISPI da leggere

ISPI - Relazioni Internazionali20

Periodico Trimestrale registrato al Tribunale di Milano al n. 400 del 3/6/88

Editore: Servizi Promozione Attività Internazionali - SPAI srl - Via Clerici, 5 - MilanoDirettore Responsabile: Franco BruniCoordinamento: Luca Bellocchio, Antonio VillafrancaSegreteria: Barbara TammisoStampa: Tipolitografia Nuova Polistylegraf sas - Corso S. Gottardo, 12 - Milano

Per essere inseriti nella mailing list dell’ISPI, scrivere a:[email protected] o chiamare 02 863313269

Anno VIII - n. 4 - Ottobre / Dicembre 2000ISPI Relazioni Internazionali

Prossimamente

Il programma potrà subire variazioni. Per informazioni: www. [email protected] - Telefono 02 863313269

■ OTTOBRE• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century”(Maria Weber, Senior Research Fellow – Asia,

ISPI; Università “L. Bocconi”) - gio. 5 - gio. 12

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Renzo Cavalieri, Università degli Studi diPavia) - gio. 19

• I Colloquia Internazionali “Enlargement of the European Union: how is Czech Republicpreparing its access to EU?” (Milo Zeman, Primo Ministro della Repubblica Ceca) - lun. 23

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century”(Fabrizio Soda, Avvocato Procuratore Legale,Milano) - gio. 26

• Convegno “Quadriga”, Roma - lun. 30 - mar. 31

• Seminario “Iranian foreign policy and the West: challenges and prospects” (Prof. MahmoodSariolghalam, School of Economics and Political Science, National University of Iran) - mar. 31

■ NOVEMBRE• Corso “Peacekeeping” (Alessandro Colombo, Senior Research Fellow - ISPI; Università Statale,

Milano) - gio. 2

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Alessandra Lavagnino, Università degliStudi di Milano) - gio. 2

• Corso “Peacekeeping” (Francesco Manca, United Nations Department of PeacekeepingOperations - DPKO, New York) - lun. 6 - mar. 7 - mer. 8

• Conferenza di apertura Master 2000-2001 “Le relazioni internazionali dopo la fine della guerrafredda” (Sergio Romano, editorialista del "Corriere della Sera") - mar. 7

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century”(Chung Lee, University of Hawaii) - gio. 9

• Corso “Peacekeeping” (Luciano Forlani, Generale dell'Esercito Italiano) - gio. 9

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Miin Wu, Chairman MacronixInternational CO, Taipei e San Jose) - gio. 16

• Convegno “Dimensioni di internazionalizzazione di Regioni ed Enti Locali: scenari, strategie,percorsi operativi” - gio. 23

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Paul S. P. Hsu, Senior Partner Lee and Li,Attorneys-at Law) - gio. 23

• Corso “ONG e Sviluppo” (Ruggero Tozzo, Nuova Frontiera, Milano; Cinzia Giudici, COSV,Milano; Laura Viganò, Fondazione “Giordano dell’Amore”, Milano). - ven. 24

• Corso “ONG e Sviluppo” (Cinzia Giuduci, COSV, Milano; Paolo Romagnoli, Ce.L.I.M., Milano) - sab. 25

• Convegno “Supporting Principles of a European Constitution” - lun. 27 - mar. 28

• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Guido Samariani, Università Ca' Foscari,Venezia) - gio. 30

■ DICEMBRE• Corso “The Chinese Challenge in the 21st Century” (Giancarlo Grech, Vice Presidente della

Camera di Commercio Italiana in Cina) - gio. 14