Euro 4,00

ISBN 978-88-95239-24-8

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Un cellulare racconta storie di smombies,

smartphones e cyber-bulli

Testo: Roberto Alborghetti

Disegni: Eleonora Moretti

Illustrazioni nel testo:Fotolia

Grafica: Emilia Penati

© 2017 I Nuovi Quindici 24020 Gorle (Bg) www.inuoviquindici.com ISBN 978-88-95239-24-8

Prima edizione: gennaio 2017

Stampato in Italia La Stamperia di Gorle (Bg)

PRONTO? SONO IL

LIBROFONINO

roberto a lborghett i

roberto alborghetti

PRONTO? SONO ILLI BROFONINO

Un cellulare racconta storie di

smombies, smartphones e cyber-bulli

Disegnieleonora moretti

Rimblingrong-Ramblongring-Romblangrung… Ehi, amico, non senti come ti squillo?

Rimblingrong-Ramblongring-Romblangrung… Ma non ti accorgi che ti stanno chiamando?

Su, tocca ‘sto tasto verde e rispondi… Ma non vedi che è tua mamma?

Rimblingrong-Ramblongring-Romblan…Oh, era ora! Finalmente Alessandro mi ha

sfiorato con il dito. Cominciavo ad essere un po’ stufo di trillare con questa suoneria sempre al massimo volume. Scusate. Mi presento. Sono Telefonino. Ma il mio nome preciso è Telefo-no Cellulare. Ma mi chiamano anche Telefo-no Mobile, Cell e Smartphone. Insomma, sono uno di quei miliardi di “oggetti” che negli ultimi vent’anni hanno fatto la “rivoluzione” nella vita delle persone. In tutto il mondo.

Lui, invece, Alessandro – o Ale – è il mio amico. È colui che mi tiene praticamente in

pugno. Non mi molla un attimo. Sono sempre tra le sue mani. O nelle tasche dei pantalo-ni. Devo però dire che Ale

è un bravo ragazzo. Vuole bene a mamma e papà

Che buffo quando fai lo “smombie ” !

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Che buffo quando fai lo “smombie ” !

e alla sorellina, che si chiama Cate o Caterina. Ha tanti amici: quando cominciano a man-dargli messaggi mi viene il mal di testa! È un vortice di Glinglonglang-Glanglinglong-Glon-glanglung che mi fa vibrare tutto, ma proprio tutto. Per non parlare quan-do si mettono a chattare – da chat, chiacchiera in inglese – su Checcè o sui vari social, i siti dove pubblicano foto, videoclip, notizie, annunci… Ad esempio, vanno molto forte Facciatua e C i - C i - C inguetta .

A volte divento persino tutto accaldato quando Ale si mette on line e non finisce più di mettere i Mivà o Nonmivà alle foto dei suoi amici. Non mi dà un attimo di tre-gua. Sto perfino male dal solletico che mi fa… Provate voi a sopportare uno che vi tocca e vi sfiora di continuo… Tactete-toctete-tuctete… A volte non ce la faccio proprio più. E meno male che le batterie si esauriscono e così riesco ad addormentarmi e a ricaricarmi un po’…

Quando sono in pausa forzata (capita anche quando il credito della ricarica è a zero) mi ritrovo a pensare: ma come è movimentata la mia vita! Spesso – tra foto, messaggi, video e chat che mi passano e trapassano da tutte le parti - ho quasi la sensazione che mi frigga il cervello. Allora cerco di stare calmo, mentre lui, Ale, è sempre chino su di me, sul mio scher-mo, a pigiare tasti.

Sì, anche lui a volte fa parte della categoria

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dei cosiddetti “Smombies”, parola che indica coloro che camminano tenendo lo sguardo fisso sul d isplay del pro-prio smartphone .

Eh sì, se mi guardo in giro, mi accorgo che sono davvero tanti gli “Smombies”! Da dove deriva questa parola? Semplice: dall’inglese “smartphone zombie” e fa riferimen-to proprio al pedone che si muove lentamente per strada, tutto concentrato sul proprio cellu-lare, come se il mondo attorno non esistesse.

È molto buffo osservare Ale quan-do fa lo “smombie” mentre aspetta lo scuolabus. Sempre lì, a farmi lo

sc rol l , a far scorrere le dita sullo schermo, come se il resto del

mondo non esistesse… Tactete-toctete-tuctete…

Una mattina non si era nem-meno accorto dell’arrivo del pulmino e l’auti-sta ha dovuto perfino urlargli: “Ehi, ragazzo, ci vogliamo dare una mossa?”.

Per non parlare di quando cammina con gli occhi fissi sempre su di me. Non vede nem-meno dove mette i piedi, tanto che la scorsa settimana ha calpestato pure la pupù di un fido, portandosela dietro per un bel po’… E al semaforo, qualche giorno fa, ha rischiato davvero grosso.

Ale stava attraversando l’incrocio con il rosso. Meno male che il colpo di clacson di

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un’automobile gli ha fatto alzare gli occhi dalla chat, evitando un incidente…

Come dicevo, non è soltanto Ale a compor-tarsi da

“Smombie” .

Noto che lo fanno anche distinti signori, attempate signore, baldi giovanotti e frizzanti signorine. Sì, tutti, più o meno. Sul bus ho visto che le ragazze usano lo smartphone come uno specchio: praticamente si truccano il viso usando la fotocamera in funzione selfie , che è una moda che meriterebbe da sola un intero libro (e ne avrei tante da raccontare a questo proposito).

Gli umani dipendono ormai dal tele-fonino. Mi ha molto colpito uno studio che il dottor Rahul Chodarhi ha condotto nel Regno Unito per conto del Child Accident Preven-tion Trust. Ha intervistato circa 2.000 genitori, gran parte dei quali – ben l’85 per cento! – ha ammesso che non aspetta nemmeno qualche secondo prima di controllare il telefono dopo averlo sentito suonare o vibrare.

Insomma, tutti scattano sull’attenti, con una prontezza di riflessi che non ha uguali. Mi viene proprio da dire che… mi ubb id i scono ciecamente.

Ma quello che mi dà alla testa è la velocità e il modo con cui sono composte le parole sulla mia tastiera. Sono parole che spesso faccio fatica a capire. Sì, perché anche Ale e la sua

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banda di amici digitano sigle, strane espressioni, dove le parole mancano

di vocali e consonanti. È un linguaggio rapido, fatto di suo-

ni e di lettere mancanti, disper-se nella velocità con cui è toc-

cata la tastiera… Tactete-toctete-tuctete… Dovreste vedere con che rapidità lui chatta.

Muove le dita che sembra più bravo di un pre-stigiatore. E così anche i suoi amici. Li conosco tutti attraverso ciò che essi scrivono e grazie alle foto che si scambiano.

Ad esempio: c’è Mar (sarebbe Marco), biondino, che va male in matematica e gioca al calcio. Poi c’è Lu (sarebbe Luigi), morettino, che si ingozza sempre di frittelle e bombolo-ni. E poi ci sono: F ra (sarebbe Francesco), grande e grosso, al quale non piace storia e geografia; Anto (sarebbe Antonio), minuto e dai capelli rossi, che è sempre senza ricarica; Da n (sarebbe Daniele), che si diverte sullo skateboard ed ha già fracassato due telefo-nini in pochi mesi (a causa di due spettacolari capitomboli…).

E poi ci sono loro, le compagne di scuo-la: La (sarebbe Laura), Sa (sarebbe Sara),

Ma (sarebbe Manuela), Va (sarebbe Vale-ria), La (sarebbe Lara). Quando vengono digitate tutte insieme salta fuori: la sa ma va la…

Eh sì, roba da ridere. Ma questo è il modo

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di comunicare oggi attraverso la messaggisti-ca degli smartphone… Ale e i suoi amici per dire: “Ci vediamo dopo”, usano: “C vdm dp” . “Comunque ce la metterò tutta per essere promosso” diventa “Cmq c l mtrò tta x esre prmso”. “I rappers per me sono mitici” si tra-sforma in: “I rpprs x me sn mtc”. “Domani ci sei a scuola? Rispondi!” è tradotto con: “Dmn C6 a scla? Rix” .

Sopporto pazientemente anche quando “oggi” diventa “Gg”, “tutto” è scritto “Tt”, “qual-cosa” è “Qlcs”, “perché” è “Xkè”… E poi dove mettiamo gli smileys e gli emoji , le simpatiche faccine usate per esprimere uno stato d’animo, un commento, un parere? Mi chiedo: non sarebbe meglio scrivere in modo più normale e semplice? Lo dico non per me, ma per rispetto di chi, con tanta fatica e lavoro, mi ha inventato…

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