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INTRODUZIONE ALL’AUTOIPNOSI di Claudia Porta (claudiaporta.com) – © tutti i diritti riservati – riproduzione vietata 1 Ipnosi: illusione o realtà? Per la maggior parte delle persone, il termine ipnosi rievoca spettacoli di pseudo-magia durante i quali l’ipnotista sembra prendere il controllo della mente dell’ipnotizzato, impartendogli ordini che questi seguirà ciecamente. Quello che si vede in TV è reale (sì, lo confermo!) ma è solo la punta dell’iceberg. Tanto per cominciare, l’ipnotista da palcoscenico effettua dei test e pre-seleziona, osservando le reazioni del pubblico, i soggetti più sensibili, ovvero più facilmente ipnotizzabili. In una seconda fase chiederà agli eventuali volontari di farsi avanti. Una persona già identificata come suggestibile e che in più ha la volontà di prestarsi a questo gioco (perché di un gioco si tratta, in questo caso), è la “cavia” perfetta. Non perché sia debole o manipolabile ma perché desidera sperimentare questa esperienza. Quando si è in stato di trance ipnotica (forse è proprio il termine “trance” a trarre in inganno) non si è addormentati, incoscienti o passivi (anche se le persone particolarmente suggestibili possono scivolare in uno stato molto simile al sonno): si è semplicemente più aperti ai suggerimenti dell’ipnotista, che riesce a comunicare direttamente con l’inconscio, aggirando le barriere e le limitazioni imposte dalla mente conscia. Il soggetto in trance sente ciò che gli dice l’ipnotista/ipnoterapeuta, così come i rumori e gli altri stimoli esterni, e può anche rispondere, verbalmente o mentalmente. Prove scientifiche Il fatto che esistano medici chirurghi che operano i propri pazienti utilizzando l’ipnosi al posto dell’anestesia dovrebbe essere una prova sufficiente della validità e della veridicità di questa tecnica. Già nel 1955 la British Medical Association definiva l’ipnosi come uno stato alterato dell’attenzione, passeggero, che può essere indotto da una terza persona e descriveva gli effetti che questo stato può provocare o far scomparire: anestesia, paralisi (temporanea), modificazioni vasomotrici, eccetera. Nel 1957 K.I. Platonov svolge un esperimento impressionante. Utilizzando un metronomo come sottofondo, provoca un’accelerazione della coagulazione del sangue e la cicatrizzazione di una piaga aperta in un paziente in stato di trance ipnotica. In seguito, il semplice suono del metronomo, nello stesso paziente non in stato di ipnosi, accelererà la coagulazione del sangue.

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di Claudia Porta (claudiaporta.com) – © tutti i diritti riservati – riproduzione vietata 1

Ipnosi: illusione o realtà? Per la maggior parte delle persone, il termine ipnosi rievoca spettacoli di pseudo-magia durante i quali l’ipnotista sembra prendere il controllo della mente dell’ipnotizzato, impartendogli ordini che questi seguirà ciecamente. Quello che si vede in TV è reale (sì, lo confermo!) ma è solo la punta dell’iceberg. Tanto per cominciare, l’ipnotista da palcoscenico effettua dei test e pre-seleziona, osservando le reazioni del pubblico, i soggetti più sensibili, ovvero più facilmente ipnotizzabili. In una seconda fase chiederà agli eventuali volontari di farsi avanti. Una persona già identificata come suggestibile e che in più ha la volontà di prestarsi a questo gioco (perché di un gioco si tratta, in questo caso), è la “cavia” perfetta. Non perché sia debole o manipolabile ma perché desidera sperimentare questa esperienza. Quando si è in stato di trance ipnotica (forse è proprio il termine “trance” a trarre in inganno) non si è addormentati, incoscienti o passivi (anche se le persone particolarmente suggestibili possono scivolare in uno stato molto simile al sonno): si è semplicemente più aperti ai suggerimenti dell’ipnotista, che riesce a comunicare direttamente con l’inconscio, aggirando le barriere e le limitazioni imposte dalla mente conscia. Il soggetto in trance sente ciò che gli dice l’ipnotista/ipnoterapeuta, così come i rumori e gli altri stimoli esterni, e può anche rispondere, verbalmente o mentalmente.

Prove scientifiche Il fatto che esistano medici chirurghi che operano i propri pazienti utilizzando l’ipnosi al posto dell’anestesia dovrebbe essere una prova sufficiente della validità e della veridicità di questa tecnica. Già nel 1955 la British Medical Association definiva l’ipnosi come uno stato alterato dell’attenzione, passeggero, che può essere indotto da una terza persona e descriveva gli effetti che questo stato può provocare o far scomparire: anestesia, paralisi (temporanea), modificazioni vasomotrici, eccetera. Nel 1957 K.I. Platonov svolge un esperimento impressionante. Utilizzando un metronomo come sottofondo, provoca un’accelerazione della coagulazione del sangue e la cicatrizzazione di una piaga aperta in un paziente in stato di trance ipnotica. In seguito, il semplice suono del metronomo, nello stesso paziente non in stato di ipnosi, accelererà la coagulazione del sangue.

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Cos’è l’ipnosi L’ipnosi è uno stato di coscienza alterato, ovvero diverso da quello in cui siamo per la maggior parte del tempo, ma non per questo a noi sconosciuto: si tratta infatti di uno stato naturale nel quale ci immergiamo da soli anche più volte al giorno. Perché piangi davanti a un film pur sapendo che ciò che vedi sullo schermo è pura invenzione? Perché come il volontario che sale sul palco per “giocare” con il mentalista, hai deciso di “stare al gioco” e di immergerti nella storia. Lo stesso accade con i libri e con tutte le altre attività in cui ci capita di essere profondamente assorti, al punto da “staccarci” per un periodo più o meno breve dalla realtà che ci circonda. Perché quando ascolti la colonna sonora della tua adolescenza ti senti come quando avevi 13 anni? Perché quello stimolo è un’ancora che ti ha riportato indietro nel tempo. Allo stesso modo un odore, un sapore, un suono possono riportarci in un tempo e in un luogo diverso da quello in cui ci troviamo. Nel film d’animazione Ratatouille il severo e temutissimo critico gastronomico assaggia – appunto – la ratatouille, e viene automaticamente catapultato negli odori, nei sapori, nell’atmosfera, ma soprattutto nelle sensazioni della propria infanzia. Sono esperienze che viviamo tutti ogni giorno e che possono essere paragonate alla trance ipnotica. Il sapore della ratatouille è un’ancora che trasporta il soggetto in un ricordo così vivo da provocare forti emozioni. E le emozioni inducono automaticamente stati di coscienza modificati: quando siamo arrabbiati, impazienti o innamorati reagiamo in modo diverso dal solito. Ti è mai capitato di essere al volante e di arrivare a destinazione per poi renderti conto che hai guidato con il “pilota automatico” e che non ricordi affatto di aver percorso il tratto di strada che ti ha portato fin lì? Altre volte, addirittura, percorrendo un tragitto abituale, seguiamo la solita strada dimenticando che questa volta stavamo andando in un altro posto, e che avremmo dovuto svoltare ad un certo punto. In tutti questi casi sei in uno stato alterato di coscienza, un vero e proprio stato di trance ipnotica. Come hai fatto ad arrivare a destinazione se non stavi facendo attenzione? Ebbene, mentre la tua mente conscia era immersa nei tuoi pensieri, il tuo inconscio ha preso i comandi. Erickson le chiamava trance quotidiane. Questo stato di trance può essere considerato una forma di autoipnosi. Ti accorgi di aver appena vissuto uno di questi stati di coscienza alterati non appena ritorni al tuo stato normale: come quando c’è un rumore di fondo di cui ti accorgi solo quando si arresta. Trattandosi di momenti di “assenza” non sono molto utili al nostro percorso di crescita personale, ma gli stessi meccanismi possono invece essere utilizzati per aiutarci a migliorare la nostra vita. Come funziona Secondo Virgile Lemarié, formatore presso l’Arche1, l’ipnosi è come un taxi (o un Uber, se preferisci). La nostra parte conscia è il passeggero. L’inconscio è il conducente. Il corpo è l’auto. L’ipnotista? Non è altro che un cartello stradale che indica la direzione. Da solo, non serve a niente. Se il passeggero non decide di intraprendere il viaggio, di salire sul taxi e di comunicare con il conducente, non succederà assolutamente nulla.

1 Prestigioso centro di formazione e di ricerca sull’ipnosi francese.

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Sì, è vero, l’ipnosi somiglia un po’ alla magia. Ma la bacchetta magica ce l’hai in mano tu. Io posso fungere da cartello stradale, da freccia luminosa, da manuale d’istruzioni per l’utilizzo dell’inconscio. Posso insegnarti le tecniche da utilizzare per entrare in trance e per accedere alle tue risorse interne che, come probabilmente già sai, sono potentissime.

Autoipnosi Ok, finora abbiamo parlato di ipnosi. Questo stato di coscienza alterato può essere indotto da un’altra persona, ma lo si può anche indurre in modo autonomo. Torniamo alla metafora del taxi. La parte conscia è il passeggero. L’inconscio è il conducente, il corpo è il taxi. Quando prendiamo il taxi, la prima cosa che facciamo è dire al conducente dove vogliamo andare. Non importa se noi conosciamo la strada oppure no: quello è il suo lavoro. Lui sa come condurci dove vogliamo andare ma noi dobbiamo formulare la nostra richiesta. Una volta comunicata la richiesta all’inconscio, possiamo rilassarci: sarà lui a prendere in mano la situazione. In autoipnosi è quindi necessaria la partecipazione della mente conscia: in assenza di un terapeuta, essa sarà la guida che indicherà all’inconscio la strada da imboccare. Per praticare da soli dobbiamo quindi avere le idee chiare su ciò che stiamo per chiedere al nostro inconscio, dopodiché potremo sederci comodamente sul sedile posteriore e lasciarci andare. La parola “voglio” è fondamentale in questo caso. Purtroppo per molti di noi questa parola ha una valenza negativa. Da bambini ci insegnano, infatti, che dire “voglio” è da maleducati, e che dobbiamo dire “vorrei”. Ora, immagina di autosuggestionarti dicendo al tuo inconscio “vorrei smettere di fumare”. Un’espressione che non trasuda certo grande motivazione. L’inconscio (e spesso anche i nostri interlocutori esterni) ha bisogno di una bella scossa: VOGLIO smettere di fumare! Come abbiamo detto nelle pagine precedenti, la trance ipnotica è uno stato di coscienza alterato. Uno dei tanti stati di coscienza alterati che viviamo ogni giorno. Di solito pensiamo di essere “noi stessi” quando viviamo uno stato di coscienza “ordinario”. Ma alcune variazioni possono cambiare il nostro modo di comportarci o la nostra sensibilità. Alcune persone, ad esempio, diventano irritabili quando hanno fame. Altre sono particolarmente allegre quando ascoltano un certo tipo di musica. Alcuni si sentono gratificati quando sono al centro dell’attenzione, altri preferirebbero confondersi con la tappezzeria. In tutti questi casi, la persona non è nel suo stato di coscienza ordinario e avrà comportamenti diversi in base a ciò che sta vivendo. Pensa ad una persona innamorata: è in uno stato di coscienza alterato che può durare settimane, mesi, anni… e che influenzerà il suo comportamento e le sue scelte. Nel quotidiano, la vita ci riporta automaticamente verso questo stato di coscienza che consideriamo “normale”. In autoipnosi possiamo provocarne volontariamente uno diverso, scegliendolo in modo che ci sia utile per l’obiettivo che desideriamo raggiungere. La differenza tra autoipnosi e questi stati di coscienza alterati casuali sta proprio nell’intenzione. Imparando l’autoipnosi potrai passare con estrema facilità dal tuo stato di coscienza ordinario a quello adatto per il lavoro che hai deciso di affrontare.

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Volere è potere? Da bambina mi hanno insegnato che “volere è potere”. Ne sono assolutamente convinta, ma c’è un dettaglio che non va trascurato: bisogna capire chi vuole cosa. Un fumatore che decide di smettere dovrebbe poter smettere tranquillamente, dato che lo “vuole”. Perché allora è così difficile? Perché una parte di lui vuole continuare a fumare! Forse la sigaretta è l’unica scusa che ha per prendersi una pausa in ufficio; forse è l’unico modo che conosce per socializzare, o magari con la sigaretta in mano si sente più “cool”. Fatto sta che se una parte di questa persona vuole smettere, ce n’è un’altra che vuole continuare. È necessario che queste due possano comunicare e trovare una soluzione. Essendo in genere la seconda parte inconscia, non è facile entrare in contatto con essa. L’ipnosi può essere un modo efficace per farlo. Là dove la volontà non arriva, l’ipnosi può essere efficace. Prendiamo l’esempio di una persona che vuole perdere peso ma non ci riesce. La sua volontà, da sola, non riesce a controllare le pulsioni che la portano a mangiare in eccesso. In seguito ad una rottura amorosa, e al conseguente stato di coscienza alterato, la stessa persona potrebbe perdere velocemente parecchi chili. Perché? Semplicemente perché la sua attenzione è focalizzata altrove che sul cibo. L’esempio potrebbe essere valido anche nel senso opposto: un’altra persona, dopo una rottura (stato di coscienza alterato) potrebbe consolarsi con il cibo e ingrassare quando invece è sempre stata in forma. Anche in questo caso, difficilmente la volontà riuscirà a permettere alla persona di riprendere in mano la situazione. Agendo sullo stato di coscienza, invece, si potranno ottenere i risultati desiderati. Ovviamente non consiglio a chi vuol perdere peso di simulare uno stato di coscienza da cuore spezzato, ma so per certo che il semplice fatto di realizzare che i meccanismi della volontà non sono necessariamente così semplici e che gli stati di coscienza hanno un ruolo determinante è un primo passo verso il raggiungimento dei propri obiettivi. Se finora non hai raggiunto il tuo obiettivo non significa che non sei abbastanza forte o che non hai sufficiente forza di volontà. Anche se molti pseudo-guru dei tempi moderni affermano il contrario, la volontà da sola non basta. Deve andare a braccetto con lo stato d’animo adatto. La volontà fa parte della mente conscia, e non sempre l’inconscio ascolta le sue istruzioni. Quando la tua mente conscia, la tua parte razionale, vuole perdere peso mentre quella inconscia ha deciso di nascondersi sotto i chili di troppo per evitare di incontrare altre persone che ti faranno potenzialmente soffrire… non ce la farai. Quando vuoi smettere di fumare perché sai che ti fa male ma nel profondo credi di aver bisogno della sigaretta per socializzare o per “staccare” un attimo, non te ne libererai. Per raggiungere i tuoi obiettivi devi fare in modo che la tua parte inconscia e quella inconscia si mettano d’accordo. L’ipnosi e l’autoipnosi sono strumenti potentissimi ed estremamente utili per sintonizzare il tuo inconscio sulla stessa frequenza della mente conscia.

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Comunicare in positivo Tornando alla metafora del taxi, se iniziamo a dire al tassista «Voglio andare in piazza Duomo ma senza passare da via Grandi, evitando il quartiere cinese e assolutamente non passando davanti al tribunale» lo manderemo in confusione gli complicheremo il lavoro e quasi certamente finiremo col ritrovarci nel posto sbagliato. Meglio quindi comunicare sempre in modo chiaro e positivo ed evitare le negazioni: di’ all’autista cosa vuoi da lui e questi seguirà le tue istruzioni. Quando prepari le tue sedute di autoipnosi (all’inizio potrà essere utile scriverle, poi leggerle ad alta voce e registrarti) dovrai tenere conto di questo fattore e fare attenzione al linguaggio che utilizzi. Se ripeti “Non ho fame”, non fai che esporre il tuo inconscio alla parola “FAME”. Meglio concentrarti sulla sensazione di sazietà e di soddisfazione dopo una moderata porzione di cibo.

L’inconscio Ma cos’è, alla fine, questo inconscio? Semplicemente una parte della nostra mente. La parte più grande, più ampia, più capiente. La parte che non conosciamo. È come una soffitta nella quale riponiamo scatoloni piene di cose che ci sembrano inutili ma che comunque ci appartengono: ricordi che non consideriamo importanti, eventi traumatici che nascondiamo lassù per evitare di soffrire, competenze inutilizzate. L’inconscio contiene anche una enorme cassetta degli attrezzi che ci permetterebbe, se solo vi avessimo accesso, di costruire tutto ciò che ci occorre per raggiungere i nostri obiettivi. L’ipnosi non è altro che la scala che ci permette di salire in questa soffitta.

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Milton Erickson racconta un episodio di quando era ragazzo e trovò un cavallo che pascolava sul suo terreno: Questo cavallo non aveva nessun segno di riconoscimento, ma Erickson si offrì di riportarlo ai proprietari. Per fare ciò, salì semplicemente sul cavallo, lo condusse sulla strada e lasciò che scegliesse da che parte voleva andare. Interveniva solo quando il cavallo lasciava la strada per pascolare o per vagare in un campo. Quando alla fine il cavallo arrivò all'appezzamento di un vicino, diverse miglia giù per la strada, questo vicino chiese a Erickson: «Come facevi a sapere che quel cavallo veniva da qui e che era nostro?». «Io non lo sapevo», rispose Erickson, «ma il cavallo sì. Non ho fatto altro che mantenerlo sulla strada». Morale della favola? Il nostro inconscio conosce la via. Dobbiamo solo evitare che si perda per strada o che si lasci condizionare da influenze esterne.

Vari tipi di ipnosi IPNOSI TERAPEUTICA L’ipnosi terapeutica è, come si evince dal nome, l’ipnosi messa al servizio della salute, della terapia, della guarigione, sia essa fisica o psicologica. Si tratta di utilizzare strumenti che tutti possediamo per poter rimettere ordine nella nostra soffitta, buttando via ciò che non ci occorre e che ci fa star male, e tirando invece fuori ciò di cui abbiamo bisogno. Facciamo un esempio: l’autostima. Tutti abbiamo avuto, se non altro da bambini, momenti in cui ci sentivamo perfettamente a nostro agio con noi stessi. Ci limitavamo ad “essere” senza preoccuparci del giudizio degli altri, di essere all’altezza, di fare brutta figura, eccetera. Nella nostra soffitta abbiamo tutti uno “scatolone” che contiene questa esperienza. Grazie all’ipnosi possiamo andare a cercarlo e riappropriarci del suo contenuto. Un altro esempio: un trauma subito durante l’infanzia. Spesso questi traumi vengono dimenticati. Il motivo? L’inconscio ci protegge, chiudendo in uno scatolone a doppio giro di scotch le esperienze che ci hanno provocato sofferenza. Ma a volte ciò che è chiuso dentro lo scatolone è talmente marcio che imputridisce, gocciola, puzza… Non sappiamo da dove venga quell’odore pestilenziale ma ne subiamo le conseguenze (disturbi alimentari, attacchi di panico, dipendenze, dolori cronici apparentemente inspiegabili…). La soluzione? Trovare quello scatolone e disfarsene. Nella maggior parte dei casi non sarà nemmeno necessario aprirlo per vedere cosa contenga. In molti casi l’ipnoterapia ha successo ma non si è capito cosa è successo. L’inconscio ha individuato e risolto il problema ma non lo ha necessariamente comunicato alla parte conscia. Durante una seduta di ipnosi terapeutica, il terapeuta aiuta il paziente a dimenticare per un attimo la realtà esterna, con tutti i condizionamenti che questo comporta, e ad accedere alle sue risorse inconsce, a quello che gli orientali chiamano il vero Sé, e che ricercano attraverso la meditazione. La meditazione stessa non è altro che una forma di autoipnosi. Le differenze tra queste due pratiche sono essenzialmente due: il modo di accedervi e il fatto che l’autoipnosi ha in genere un obiettivo preciso mentre la meditazione non dovrebbe averne.

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Molto simile (per non dire identico) all’autoipnosi è invece lo Yoga Nidra, una pratica antichissima durante la quale lo yogi pianta un seme nel suo inconscio, per poi curarlo con la pratica facendolo crescere e fiorire. Questo seme è l’obiettivo che la persona desidera raggiungere. Durante una seduta di ipnosi il terapeuta sarà in grado di offrire dei suggerimenti (suggestioni) al paziente in stato di trance. Libero dai condizionamenti della mente conscia (cosa penseranno gli altri? Come lo dirò a mio marito?) l’inconscio potrà valutarli e decidere se li ritiene adatti o meno. Sempre nel quadro dell’ipnosi terapeutica, troviamo due macro-categorie: l’ipnosi classica e l’ipnosi ericksoniana: Ipnosi classica Nata nell’800 e ampiamente utilizzata in terapia, in sala operatoria e sul palcoscenico, si tratta di una forma di ipnosi direttiva e autoritaria, con suggestioni dirette che potrebbero far pensare ad una forma di manipolazione o di sottomissione del soggetto rispetto all’ipnoterapeuta. Molti ipnoterapeuti la utilizzano ancora con ottimi risultati. Ipnosi ericksoniana Prende il nome da Milton Erickson, che la elaborò nei primi del Novecento partendo dall’osservazione diretta delle persone che gli stavano intorno ma soprattutto di se stesso e di come i suoi meccanismi interni potessero influenzare il corpo: paralizzato dalla polio, senza speranza a detta dei medici, il giovane Erickson si convinse che se era stato capace di imparare a camminare una volta, avrebbe potuto farlo nuovamente, e così fu. Da allora non smise mai di studiare i meccanismi della mente umana ed elaborò un approccio meno direttivo rispetto a quello classico. Ai suoi pazienti proponeva delle metafore, o vero delle storie – reali o inventate (a volte inventate ma spacciate per reali, per sua stessa ammissione) – in grado di veicolare un messaggio all’inconscio e di operare il cambiamento. Pensiamo a favole come quella del brutto anatroccolo, che possono dare coraggio a chi si sente diverso. Una favola del genere, raccontata ad un soggetto in stato di ipnosi, avrà un impatto molto forte sulla sua autostima. Il soggetto in trance, infatti, è libero da tutti i condizionamenti provenienti dall’esterno e pronto ad assorbire la “lezione” contenuta nella metafora, adattandola alle sue esigenze e alla sua indole. Ipnosi regressiva A volte, per risolvere un problema che appare inspiegabile, il terapeuta accompagna il suo paziente in un “viaggio nel tempo”. Nella soffitta del suo inconscio, il paziente ritrova ricordi che potrebbero giustificare il disturbo attuale e strumenti utili per superarlo. Ad esempio una donna molestata da piccola potrebbe sviluppare una bulimia per “nascondersi” nei chili di troppo e proteggersi da eventuali nuovi molestatori. La difficoltà, in questo caso, sta nella credibilità del ricordo riesumato, che potrebbe provenire non da un’esperienza reale ma da una immaginaria oppure onirica. Ho parlato infatti di “viaggio nel

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tempo” ma l’ipnosi è in realtà un viaggio nella mente. Ciò che il soggetto vede non è la realtà di un momento precedente ma la sua rappresentazione di questa realtà. Ipnosi da palcoscenico e ipnosi istantanea Spesso temuta perché vista come una forma di manipolazione, l’ipnosi da palcoscenico non è che un gioco, al quale il volontario decide di prestarsi. È vero, durante lo spettacolo il soggetto è sotto l’influenza del mentalista, ma si tratta di una sua scelta. Ipnosi conversazionale Si tratta di una sorta di ipnosi che non prevede lo stato di trance, o una trance molto leggera. Consiste semplicemente in una conversazione, durante la quale l’ipnotista o il terapeuta offre al soggetto delle suggestioni, orientando la sua attenzione verso l’obiettivo (vendergli un prodotto se si tratta di marketing, aiutarlo a stare meglio se parliamo di terapia). Ipnosi spirituale Si tratta di un tipo di ipnosi regressiva che porta il soggetto indietro nel tempo non solo in questa, ma anche nelle vite precedenti. Come per l’ipnosi regressiva non è possibile provare la veridicità delle esperienze vissute, che possono tuttavia avere effetti positivi sul soggetto che cerca risposte nel proprio inconscio. Io pratico l’ipnosi terapeutica (classica o ericksoniana, a seconda dei casi) e l’ipnosi istantanea, e mi sto formando all’ipnosi conversazionale. Ricevo quotidianamente persone che hanno bisogno di un sostegno, sia dal vivo che a distanza. Sono però fermamente convinta che se imparassimo fin da bambini a conoscere la nostra mente e a padroneggiarla come facciamo con il corpo, ciascuno potrebbe fare questo lavoro da sé. Per questo incoraggio sempre le persone con cui lavoro a praticare l’autoipnosi.

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Ipnotista o ipnoterapeuta? Le definizioni non sono molto chiare. Qui parlerò di ipnotista riferendomi, in generale, ad una persona che pratica l’ipnosi, e di ipnoterapeuta nel caso di una persona che si dedica in particolare all’ipnosi terapeutica. In altri testi le definizioni potrebbero essere diverse. Potresti anche sentir parlare di “ipnologo”, termine che viene in genere associato all’ipnoterapia. Queste due figure non sono necessariamente intercambiabili. L’ipnotista è una persona capace di utilizzare le induzioni e le suggestioni per provocare in un altro la trance ipnotica e ottenere un determinato comportamento, come ad esempio gli ipnotisti di strada o da palcoscenico. Una persona che pratica l’ipnosi di strada o da palcoscenico non è in grado di effettuare sedute di ipnosi terapeutica (a meno che non disponga di entrambe le qualifiche). L’ipnoterapeuta è una persona con una formazione specifica (in Italia si richiede una formazione in ambito medico o psicologico), in grado di accompagnare i suoi pazienti verso la risoluzione di un problema fisico, psicologico o psicosomatico. L’ipnoterapeuta potrebbe non conoscere e/o non voler praticare i “giochini” ipnotici che probabilmente hai già visto in tv. Una stessa persona può padroneggiare entrambi gli aspetti dell’ipnosi oppure conoscerne uno solo.

Fenomeni ipnotici I fenomeni ipnotici sono quelli che si possono ottenere tramite induzione della trance ipnotica. Puoi testarne alcuni facendo questi test di suggestività ed eventualmente provare ad andare oltre rivolgendoti ad un ipnotista2 o prenotando una seduta a distanza con me. I fenomeni ipnotici più semplici sono i movimenti ideomotori (le dita o le mani che si avvicinano “come per magia”), le mani o altre parti del corpo che restano “incollate”, la catalessi (rigidità, ovviamente temporanea) di una parte del corpo, la levitazione (anche in questo caso parliamo di una parte del corpo, in genere una mano o un braccio, non immaginare di sollevarti da terra!). Fenomeni più avanzati sono l’amnesia (guarda il video della ragazza che dimentica il numero 7), afasia (incapacità di pronunciare una determinata parola, ad esempio il proprio nome), allucinazioni positive (una balena volante nel cielo sopra di te?), allucinazioni negative (il mio amico Alan Tons, ipnotista da palcoscenico, è riuscito a convincere i turisti presenti a Parigi che la Tour Eiffel era scomparsa per poi farla apparire qualche giorno dopo nella sua città: Marsiglia!). La scomparsa della torre è un’allucinazione negativa, la sua comparsa è un’allucinazione positiva. Tutti questi sono meccanismi innati della nostra mente: quando indossi gli occhiali, nel giro di poco tempo sviluppi un’allucinazione negativa, ovvero non li vedi più. Lo stesso vale per il tuo

2 IMPORTANTE: non affidarti al primo arrivato. Il modo migliore per trovare un buon ipnotista è tramite il passaparola.

Una persona raccomandata da qualcuno di cui ti fidi è una persona di cui ti puoi fidare.

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naso. Quando immagini un nuovo progetto e lo visualizzi, stai creando un’allucinazione positiva. Un buon ipnotista potrà darti l’illusione che ciò che immagini sia davvero davanti a te.

Ipnosi terapeutica: applicazioni pratiche Di seguito una lista, non esaustiva, dei disturbi che possono essere trattati con l’ipnosi: Acufene Aggressività Allergie Anoressia Ansia Asma Autostima (scarsa) Balbuzie Bruciature Bulimia Comportamenti compulsivi Depressione Difficoltà relazionali Dipendenze (alcool, tabacco…) Disturbi sessuali Dolore (fisico o psicologico) Dolori mestruali Eczema Emicrania Enuresi Fobie Fuoco di Sant’Antonio Insonnia Iperattività Lutto/separazione Memoria Nervosità Ossessioni Sovrappeso Stanchezza cronica Stress Tic Traumi psichici Verruche IMPORTANTE: l’ipnosi NON DEVE sostituire una diagnosi e un eventuale trattamento medico. Può risolvere un problema di salute quando la sua origine (che essa sia nota o meno) è legata ad un problema che risiede nella mente, ma in nessun caso va utilizzata come alternativa alla medicina.

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Placebo, il medico interiore Durante la mia esperienza con l’ipnosi di strada ho potuto constatare che molte persone hanno bisogno di razionalizzare gli effetti dell’ipnosi e di spiegarli in altro modo. Ad esempio un ragazzo a cui avevo installato un pulsante “risata” sulla spalla insisteva nel dire che rideva perché il suo amico lo stava guardando. Il fatto che ridesse solo quando gli toccavo la spalla gli appariva assolutamente irrilevante. Anche in terapia i pazienti che guariscono cercano di trovare una spiegazione “logica” alla loro guarigione (come se “Ho trovato, dentro di me, il coraggio di prendere in mano la situazione” non fosse una spiegazione soddisfacente). Molti ammettono che, sì, l’ipnosi ha funzionato, ma è stata certamente una forma di effetto placebo. Questa interpretazione non mi disturba affatto, anzi, rafforza le mie convinzioni: è il paziente a svolgere il lavoro, non l’ipnoterapeuta. «Il Placebo» scriveva Norman Cousin «è il medico che abbiamo dentro». L’effetto Placebo, scrive Olivier Lockert, ipnoterapeuta, autore e formatore francese, costituisce il 55% di qualsiasi processo di guarigione. Tutti sappiamo che la nostra mente ha immense potenzialità che purtroppo non sappiamo sfruttare. L’ipnosi ci aiuta ad andare a pescare un po’ di queste capacità. Vogliamo chiamarlo effetto placebo? Va benissimo! Purché il soggetto stia meglio!

L’ipnosi può inoltre essere utilizzata per migliorare le proprie capacità psicofisiche, concentrarsi meglio sui propri obiettivi, riprendere le redini della propria vita e infiniti altri ambiti relativi alla crescita personale. Analgesia, anestesia e controllo del dolore L’ipnosi (o l’autoipnosi) possono essere utilizzati per alleviare o addirittura eliminare il dolore. Queste tecniche sono così potenti che ci si può sottoporre ad interventi chirurgici sostituendo l’anestesia con lo stato di trance, anche autoindotto.

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Funzionerà per te?

Percorrere la propria strada – una storiella buddista Il Buddha aveva molti discepoli e persone comuni che venivano ad ascoltare i suoi discorsi e i suoi insegnamenti. Un giorno una di queste persone si avvicinò al Maestro e gli chiese come mai, nonostante fossero tanti anni che veniva ad ascoltarlo, nonostante comprendesse perfettamente i suoi insegnamenti, nulla era cambiato nella sua vita. L’uomo vedeva altre persone vendere tutto e darsi alla vita ascetica, oppure smettere di seguire il Maestro. In ogni caso c’era un’evoluzione. Nel suo caso, invece, sembrava non accadere nulla. Il Buddha chiese a quell’uomo da dove provenisse, e lui rispose che era originario di un villaggio al nord del Paese.

- Ci torni spesso? - Sì, abbastanza spesso. - Quindi conosci bene la strada. - Sì, la conosci a memoria. - Se un altro uomo dovesse recarsi al tuo villaggio, sapresti spiegargliela? - Certo. - Dopo aver ascoltato la spiegazione, quell’uomo sarà arrivato al villaggio? - No, Maestro, per arrivare al villaggio non basterà ascoltare, dovrà mettersi in cammino e

percorrere la strada. Il Buddha non ebbe bisogno di aggiungere altro. L’uomo capì che ascoltare i suoi insegnamenti non era sufficiente: avrebbe dovuto metterli in pratica nella sua vita di tutti i giorni.

Spesso leggiamo libri di crescita personale, concordiamo al 100% con i messaggi che contengono e in molti casi questi non fanno che confermare cose che in fondo sapevamo già. Ma allora, se le sapevamo già, perché abbiamo bisogno di tutti questi libri sulla crescita personale? E perché ci sembra di non essere cresciuti per niente o – comunque – non abbastanza? Perché leggiamo, ascoltiamo, rileggiamo… ma non mettiamo in pratica ciò che abbiamo imparato. Vorrei che questo non fosse l’ennesimo manualetto che leggi e che riponi su uno scaffale. Vorrei che ti dessi una possibilità di ottenere davvero quello che desideri. Le tecniche che ti propongo sono efficaci, così come molte altre che forse hai già studiato. La differenza è una sola: tra tutte, la tecnica che funzionerà è quella che metterai in pratica. Un’altra storiella che sottolinea questo aspetto è quella dei due lupi, già riportata nel mio libro “Mindfulness per genitori”:

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“Una leggenda indiana parla di un nonno che raccontava questa storia al nipote: Dentro ciascuno di noi ci sono due lupi che combattono in continuazione tra di loro. Uno è bianco. È buono, calmo e paziente. L’altro è aggressivo, egoista, avido e invidioso. «In ciascuno di noi? Anche dentro di me, nonno?» chiede il bambino. «Anche dentro di te» risponde il nonno. «Qual è il più forte? Quale dei due vincerà?». «Quello a cui darai da mangiare».”

Autoipnosi e meditazione Mi sono avvicinata all’ipnosi dopo vent’anni di yoga e meditazione, prima come allieva, poi come insegnante. Sono stati proprio alcuni dei miei allievi ad incuriosirmi dicendomi, alla fine di una seduta di yoga nidra3 o di meditazione, che l’esperienza appena vissuta somigliava molto ad una seduta di ipnosi.

Desiderosa di approfondire, ho deciso di informarmi. Non ho trovato fonti che paragonassero le diverse pratiche (ipnosi, yoga nidra, meditazione) né persone con esperienza in tutti e tre i campi con cui potermi confrontare. In diversi libri sull’una o sull’altra tecnica ho letto, però, che quella di cui si parlava era assolutamente diversa dalle altre. Non riuscendo a trovare la differenza ho deciso di rivolgermi ad un’ipnoterapeuta. Anche dopo aver testato su di me, prima con l’ipnosi ericksoniana e poi con l’autoipnosi, riuscivo a scorgere una sola differenza: la meditazione andrebbe praticata senza alcuno scopo mentre attraverso l’ipnosi si persegue un obiettivo preciso. Per il resto le modalità, lo stato di coscienza ottenuto e persino, nella maggior parte dei casi, la maniera di arrivarci, sono esattamente identiche. Nello yoga nidra viene ad aggiungersi, rispetto alla meditazione, l’obiettivo da raggiungere (sankalpa), appianando le ultime differenze. L’ipnosi offre, oltre al rilassamento, altri metodi per entrare nello stato di coscienza alterato.

L’ipnosi praticata con un terapeuta può quindi essere paragonata alla meditazione guidata, mentre nell’autoipnosi si lavora autonomamente.

3 Semplificando al massimo, lo yoga nidra è una pratica antichissima proveniente dall’India durante la quale il

soggetto entra in stato di trance grazie ad un rilassamento profondo e poi evoca mentalmente un obiettivo da

raggiungere.

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Spesso chi si avvicina alla meditazione o all’autoipnosi si chiede se sta lavorando nel modo giusto: “Starò meditando?” oppure “Sarò in trance ipnotica?” La presenza di un insegnante o di un terapeuta rassicura il soggetto e lo aiuta a rimanere sulla strada che ha deciso di percorrere.

In effetti l’ipnosi in sé è sempre autoipnosi…

«È un po' come voler far ridere qualcuno: possiamo raccontargli una barzelletta ma non possiamo forzare l'altro a ridere. Se fossimo educati fin dall'infanzia ad utilizzare le capacità della nostra mente, non avremmo bisogno di un ipnoterapeuta. Una seduta di ipnosi "a due" non è altro che una seduta di autoipnosi guidata».

Olivier Lockert Ipnosi, training autogeno, sofrologia… Ma quando parlo di ipnosi, spesso le persone mi chiedono quale sia la differenza con altre pratiche come il training autogeno e la sofrologia. La mia risposta è… non molte. La differenza sta essenzialmente nel “marketing” con il quale queste tecniche, tutte valide, vengono veicolate. Il training autogeno è stato “inventato” dallo psichiatra e psicoterapeuta tedesco J. H. Schultz, dopo aver studiato l’ipnosi con Oscar Vogt. La principale differenza tra questa tecnica e quella che allora era l’ipnosi è il fatto che l’ipnosi necessitasse di un terapeuta mentre la tecnica messa a punto da Schultz era essenzialmente quello che oggi chiamiamo… autoipnosi! La sofrologia non è altro che ipnosi ribattezzata. Alla fine degli anni cinquanta Alfonso Caceydo, neuropsichiatra spagnolo, creò a Madrid il primo reparto di ipnosi clinica. Ma a quei tempi nel suo Paese l’ipnosi non godeva di buona reputazione. Caceydo continuò a praticarla e ad insegnarla con il nome di sofrologia. Entrambe le tecniche contengono il tocco personale del loro creatore, come ogni seduta con un ipnoterapeuta comporterà delle differenze dettate – appunto – dal suo stile. Nessuna di esse è oggettivamente migliore delle altre, ciascuno adotterà quella con la quale – casualmente – è venuto a contatto per prima, oppure potrà scegliere quella che più gli si addice dopo averle confrontate personalmente. Entrambe sono – come diceva lo stesso Schultz - «Figlie legittime dell’ipnosi».

Prima di iniziare Prima di salire sul taxi devi sapere dove vuoi andare. Per cominciare, quindi, stabilisci un obiettivo. Questo deve essere preciso, realistico, ecologico, e dipendere esclusivamente da te. Per ecologico intendo che deve rispettare l’ecologia della tua vita e di quella delle persone che ti stanno attorno. Se vuoi una vita da dongiovanni devi considerare il fatto che tua moglie potrebbe non essere d’accordo. In questo caso bisogna valutare le diverse possibilità: lasciar perdere,

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trovare un compromesso, o accettare le conseguenze (in questo caso il fatto che tua moglie potrebbe lasciarti). Ricorda di formulare il tuo obiettivo in positivo. Se hai bisogno di aiuto per stabilire il tuo obiettivo puoi leggere qui o consultarmi per una seduta a distanza.

Storia dell’ipnosi Lo sapevi? L’ipnosi non è una scoperta recente ma una pratica antichissima. Olivier Lockert ne parla nel suo libro “HYPNOSE4”:

Le prime tracce compaiono oltre 6000 anni fa in Mesopotamia: un manoscritto cuneiforme sumero descrive guarigioni ottenute grazie a stati alterati di coscienza, corrispondenti a quelli in seguito codificati come stati di trance dall’ipnosi classica. Qualche secolo più tardi l’induismo nascente propone pratiche simili a quella che oggi chiameremmo autoipnosi (yoga nidra, meditazione…) In Egitto troviamo tracce di pratiche ipnotiche in ambito medico e terapeutico già sotto Ramesse II. Una stele risalente alla ventesima dinastia rinvenuta nel 1972 da Musès descrive dettagliatamente una seduta di ipnosi. La suggestione ipnotica è presente anche presso gli antichi greci e romani: presso il tempio di Asclepio, e non solo, i sacerdoti mormoravano parole di guarigione ai pazienti assopiti. Socrate metteva i suoi pazienti in stato di sophrosyne (calma e concentrazione profonda) grazie ad un flusso monocorde di belle parole. Una vera e propria induzione ipnotica. Un suo contemporaneo, Antifonte di Ramnunte, affermava di avere il potere di guarire le persone attraverso la parola. In Europa come in Africa, in America, in Australia o tra i ghiacci del polo nord stregoni, sciamani, druidi e preti hanno da sempre prodigato le loro cure attraverso rituali che includevano molte delle caratteristiche tipiche di quella che oggi chiamiamo ipnosi. Nel 1529 Paracelso introduce il concetto di magnetismo animale come vero e proprio “guaritore interiore”. Nel 1750 padre Johann Joseph Gassner, esorcista, utilizza pratiche ipnotiche. Nel 1766 Franz Anton Mesmer, ispirato da Paracelso, getta le basi della psicoterapia e studia il magnetismo animale, la cui esistenza fu poi negata da una commissione istituita da Luigi XVI e in seguito riabilitata dal rapporto Husson. Risale al 1929 la prima anestesia chirurgica ottenuta tramite ipnosi, effettuata da Jules Cloquet per l’ablazione di un seno a causa di un cancro. Nel 1841 Charles-Léonard Lafontaine fa sperimentare lo stato di trance ipnotica a James Braid, chirurgo scozzese, che formula ufficialmente il concetto di ipnosi: al concetto di magnetismo animale Braid sostituisce la

4 Edizioni IFHE, Parigi, 2000

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capacità del soggetto di entrare in trance grazie alla concentrazione su un’unica idea, con l’aiuto di un terapeuta. Nello stesso periodo il dottor John Elliotson, chirurgo e inventore dello stetoscopio, introduce l’anestesia tramite ipnosi all’ospedale. Il dottor Parker (Mesmeric Hospital di Dublino) pubblica il resoconto di 200 interventi effettuati sotto ipnosi, tra i quali un’amputazione senza dolore. James Esdaille, chirurgo scozzese emigrato in India, riporta oltre 2000 interventi effettuati sotto “anestesia mesmeriana”. L’arrivo del cloroformio non fermerà gli affezionati dell’anestesia ipnotica. Il dottor Durand de Gros introduce il termine di medicina psicosomatica e sottolinea il legame tra corpo e mente in ambito medico. Nel 1866 Ambroise Auguste Liébault e Hippolyte Bernheim fondano la scuola di Nancy. Secondo Bernheim lo stato di trance ipnotica è un fenomeno naturale. Nel 1878 Jean-Martin Charcot, titolare della prima cattedra di neurologia al mondo definisce lo stato di ipnosi come patologico e lo paragona all’isteria. Nel 1885 Sigmund Freud scopre l’ipnosi e si forma alla scuola di Nancy. Freud ammetterà più tardi di non essere a proprio agio con la tecnica e l’abbandonerà, ma invierà regolarmente le persone che riteneva avrebbero tratto beneficio dall’ipnosi da altri colleghi. Nel 1919 Pierre Janet inventa la regressione ipnotica, che verrà utilizzata per curare i traumi del passato. Nel 1955 in Gran Bretagna l’ipnosi entra a far parte delle materie insegnate alla facoltà di medicina. Nel 1958 l’ipnosi entra anche nelle facoltà di medicina americane. Nel 1901 nasce Milton Erickson, che rivoluzionerà le tecniche d’ipnosi terapeutica grazie all’osservazione diretta del comportamento umano. Oggi queste tecniche vengono studiate in modo scientifico e sono a disposizione di tutti. Per approfondire puoi leggere i diversi articoli sul mio blog o guardare i video sul mio canale YouTube. Se vuoi testare l’ipnosi o l’autoipnosi in prima persona, prenota una seduta a distanza con me.