Iperlibro – Nuovi scenari per la progettazione editoriale

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Iperlibro Nuovi scenari per la progettazione editoriale Autore Jacopo Pompilii #1020 Relatrice Prof.ssa Valentina Rachiele ISIA Urbino Diploma Accademico di I Livello in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva A.A. 2011/2012

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Bachelor Degree final thesis at ISIA Urbino, 2013

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IperlibroNuovi scenari per la progettazione editoriale

Autore Jacopo Pompilii #1020

Relatrice Prof.ssa Valentina Rachiele

ISIA Urbino Diploma Accademico di I Livello in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva

A.A. 2011/2012

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0. Introduzione

1. Breve storia del libro elettronico

> Definizione> Le prime intuizioni> I passi successivi> I primi eReader> Cavalcare il successo> Tablet contro eReader> Il panorama attuale> > Sony Reader> > Amazon Kindle> > Nook> > Kobo> > Apple iPad

2. La codifica digitale dei testi

> Linguaggi di marcatura> I formati digitali> > Testo semplice> > HTML> > XML e XHTML> > PDF> > Mobipocket / Kindle> > Djvu> > ePub> > > OPS> > > OPF> > > OCF> > iBooks Author> DRM> > DRM Free> > Social DRM> > Adobe Content Server DRM> > Apple Fairplay DRM

3. ePub 3 e i nuovi standard per la programmazione

> HTML5> > Una sintassi più efficace ed efficiente> > Layout semantico> > Multimedialità> > L’elemento <canvas>> > SVG> > MathML> > Drag and drop

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> > Geolocalizzazione> > HTML5 Storage> CSS3> > Web fonts> > Media Queries> > Sfondi e bordi> > Colori> > Animazioni, transizioni e trasformazioni> ePUB 3

4. Nuove esperienze d’uso

> La scena attuale> Lettura partecipata> Scrittura nello spazio> Gli strumenti del mestiere> > Adobe Digital Publishing Suite> > iBooks Author> > Inkling> > BEdita> Conclusioni

5. Analisi delle pubblicazioni digitali attuali

> Progettazione dell'interfaccia> > Visibilità> > Affordance> > Feedback> Integrazione con la Rete> Capacità di sfruttare le specificità del mezzo> Bloomberg BusinessWeek+> Al Gore's Our Choice> Life on Earth> Martha Stewart Living> Flipboard> Timbuktu> Zanichelli IeB

6. Il Progetto

> Layout e interfaccia> Trasposizione digitale dei contenuti> Font e schema colori> Widget utilizzati

Bibliografia

Ringraziamenti

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«The control which designers know in the print medium, and often desire in the web medium, is simply a function of the limitation of the printed page. We should embrace the fact that the web doesn’t have the same constraints, and design for this flexibility. But first, we must "accept the ebb and flow of things".»

— John Allsopp, "A Dao of Web Design"

L’editoria digitale è già realtà e occuperà da qui al futuro sempre più importanza nel lavoro di un progettista grafico. È un processo in divenire, e questo comporta grosse incertezze e notevoli diffi-coltà, sia in termini di produzione che di fruizione. Il mercato pul-lula di dispositivi tecnologicamente sempre più avanzati, ma che al momento non vengono sfruttati a pieno. Invece di pun-tare sulle peculiarità offerte sia dall’hardware che dal software, si tende ancora ad emulare il libro tradizionale: interfacce che si-mulano lo sfogliare delle pagine, layout orizzontali su due colon-ne, contenuti statici che falliscono nel coinvolgere maggiormente il lettore. Progettare un libro digitale significa avere il coraggio di mettere in discussione i canoni tradizionali, offrendo un’espe-rienza di lettura diversa.Affinché questa divergenza tra contenitore e contenuto venga colmata, è necessario ripensare da zero alla concezione di eBook, partendo dalle potenzialità e dai punti di forza che un dispositivo digitale offre rispetto al medium carta.Occorre quindi che il designer conosca a fondo la sua tela, avva-lendosi di nuove forme di comunicazione e nuovi linguaggi legati al mondo della programmazione web, oltre ovviamente a tutte le competenze legate alla progettazione grafica tradizionale, op-portunamente adeguate al medium digitale.

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1. Breve storia del libro elettronico

1.1 Definizione

L’electronic book, meglio conosciuto come eBook, è un libro in formato digitale, consultabile — oltre che su computer, tablet e smartphone — su dispositivi ad hoc chiamati eBook Reader. Per “libro in formato digitale” s’intende la codifica del testo tramite una sequenza binaria, rappresentata cioè tramite una serie di 0 e 1: tecnicamente può essere considerato un eBook tanto un file di testo ad hoc quanto una scansione di una pagina cartacea in formato JPEG. Nei paragrafi successivi verranno elencati i vari formati e le peculiarità di ciascuno di essi.

1.2 Le prime intuizioni

L’idea di libro digitale risale a molto tempo prima della nascita del personal computer. Nel 1972 lo scienziato Alan Kay, studioso presso lo Xerox Palo Alto Research Center (PARC), pubblica una ricerca intitolata “A personal computer for children of all ages”, in cui descrive il funzionamento di un dispositivo portatile chiamato «Dynabook». L’idea di Kay era quella di una tavoletta ridotta nelle dimensioni e nei consumi, che consentisse di portare con sé non solo i propri documenti e libri, ma di offrire anche piena connettività e la possibilità di creare contenuti.

4 Kay 1972

1 Alan Kay e il prototipo del Dynabook, nella foto di una cerimonia nel 2008 presso il Computer History Museum a Mountain View, California.

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Dynabook non vide mai la luce poiché non esistevano ancora le tecnologie in grado di realizzarlo, ma quasi quarant’anni dopo l’iPad di Steve Jobs sembra proprio nato dalle idee di Kay. Nel 2010 un giornalista della rivista Tom’s Hardware ha inter-vistato lo scienziato per capire quanto il Dynabook fosse stato d’ispirazione per Apple. In passato c’erano infatti già state colla-borazioni con Xerox, che hanno portato alla nascita del mouse e della GUI (Graphical User Interface, interfaccia grafica) basata su finestre che oggi tutti conosciamo. Nell’intervista Kay afferma che Jobs era al corrente del suo progetto, e che è orgoglioso che le sue predizioni siano diventate realtà:

«Kay agreed that Steve Jobs has known about the Dynabook idea and the interim-Dynabook (called the PARC Alto) for several de-cades. […] I asked Kay, of course, whether he felt that Jobs had stolen the idea for the iPad. Kay quickly denied such a thought. He actually enjoys the success Jobs has with this product and said credit has been given to all parties involved.»

La differenza principale tra il Dynabook e l’iPad resta però quella dell’utilizzo da parte dell’utente: se il primo sarebbe dovuto essere un mezzo per stimolare la creazione di contenuti, il secondo è più legato alla fruizione di contenuti già esistenti (applicazioni, musica, video, libri, etc…). Quest’ultimo aspetto invita a riflettere se i tablet siano abbastanza maturi da poter essere considerati dei validi strumenti per l’educazione scolastica. Se dobbiamo a Kay la paternità dal lato hardware, il primo a intuire invece l’importanza della digitalizzazione — ovvero la conversione in digitale a partire da fonti analogiche — dei testi letterari fu Michael S. Hart, che nel dicembre del 1971 fondò il Progetto Gutenberg. Hart, studente dell’Università dell’Il-linois, aveva accesso a uno dei pochi computer molto potenti quanto costosi in dotazione all’Università, e decise che la sua missione sarebbe stata quella di digitalizzare tutti i libri non pro-tetti da copyright al fine di creare una biblioteca digitale capace di salvaguardare il sapere umano e renderlo fruibile a chiunque nella maniera più semplice possibile. Il primo testo ad essere digitalizzato fu la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti D’America. Il motivo di questa scelta viene svelato in un’inter-vista che Hart rilascia alla giornalista Marie Lebert nel suo eBook “Project Gutenberg (1971-2009)”:

«On July 4, 1971, while still a freshman at the University of Illinois (UI), […] I stopped on the way to do a little grocery shopping to get

4 Isaacson 2011, cap. IV

' Gruener 2010

) www.gutenberg.org/wiki/Gutenberg:The_History_and_Philo-sophy_of_Project_Gutenberg_by_Michael_Hart

' Lebert 2009

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through the night, and day, and along with the groceries they put in the faux parchment copy of The U.S. Declaration of Indepen-dence that became quite literally the cornerstone of Project Guten-berg. […] As I emptied out groceries, the faux parchment Declara-tion of Independence fell out, and the light literally went on over my head like in the cartoons and comics… I knew what the future of computing, and the internet, was going to be… ‘The Information Age.’ The rest, as they say, is history.»

Numerose persone e associazioni nel corso degli anni hanno con-tribuito a indicizzare i testi — anche grazie ad accordi stretti con biblioteche in varie parti del mondo — e al momento in cui scrivo l’archivio annovera più di centomila eBook gratuiti. I libri sono distribuiti in formato di testo semplice non formattato, tramite codifica ASCII; quando disponibili sono presenti anche versioni in HTML, PDF o ePUB.

1.3 I passi successivi

Il primo eBook ad essere commercializzato nel 1981 fu il “Random House Electronic Thesaurus”, dizionario dei sinonimi realizzato dalla Dictonics Publishing, azienda fondata da Dick Brass. Brass fu uno dei promotori dell’Open eBook Standard (OEB), un formato aperto basato su XML nato nel 1999, evoluto poi un decennio dopo nel formato ePub. Nei prossimi paragrafi verrà dato ampio spazio a quest’argomento. Nel 1997 Brass iniziò a lavorare per la Microsoft, come responsabile dello sviluppo del ClearType: si tratta di una tecnica che riduce la scalettatura (aliasing) dei caratteri tipografici su schermo, migliorandone notevolmente la leggibilità. Brass portò avanti anche le ricerche nel campo dei tablet pc e degli eBook, ma fu fortemente osteggiato dai piani alti dell’azienda, come racconta egli stesso in un articolo scritto per il New York Times. Gli ingegneri degli altri reparti bistrat-tarono a lungo il ClearType, facendo passare 10 anni prima che venisse integrato in Windows; il team di sviluppo Office non apprezzò mai l’idea di un tablet PC basato su stilo, rifiu-tandosi di adeguare il software al nuovo metodo di input tattile.

Nel 1986 uscì sul mercato il primo pseudo-eReader prodotto dalla Franklin Electronic Publishers, azienda del New Jersey spe-cializzata nella produzione di cloni Macintosh. Persa la causa contro Apple, la ditta si concentrò sui dispositivi digitali come lo Spelling Ace, che faceva da correttore ortografico e dizionario fonetico. Vennero poi pubblicati manuali di medicina, enciclo-pedie e dizionari, assieme a funzionalità di agenda elettronica;

4 pag. 26

4 Brass 2010

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in due anni l’azienda vendette più di 800 mila Spelling Ace, al prezzo di circa 70 dollari l’uno. Agli inizi degli anni ’90 la Sony lanciò il Sony Data Discman, una sorta di walkman che, oltre a riprodurre i cd audio, leggeva anche particolari cd-rom conte-nenti testi. I dischi — del diametro di 8 cm — erano realizzati in un formato proprietario, ed erano principalmente opere di con-sultazione (come per lo Spelling Ace). Il dispositivo offriva in più modalità di ricerca tramite operatori booleani, con la possibilità di salvarne i risultati per utilizzi successivi. Il Discman ebbe discreto successo solo nel mercato giapponese, ma non riuscì a sfondare in quello statunitense.

1.4 I primi eReader

Il boom vero e proprio arriva sul finire degli anni ’90. Nel 1998 viene prodotto il primo eReader, Rocket eBook, realizzato dalla NuvoMedia, azienda nata grazie alla partecipazione dei colossi dell’editoria Barnes & Nobles e Bertelsmann. Le caratteristiche principali: display LCD retroilluminato 5.5” monocromatico e sensibile al tocco (tramite stilo); risoluzione 480x320 px a 106 dpi; 625g di peso; durata della batteria fino a 33 ore; memoria interna di 4Mb (il trasferimento dei libri avveniva tramite collegamento seriale al pc). Il Rocket supportava file con estensione rb, un formato proprietario contenente codice HTML e immagini. I testi mostrati erano in Verdana corpo 10 e 14 pt. Un altro eReader lanciato nello stesso anno fu il Softbook della SoftPress, azienda di Menlo Park, città nel cuore della Silicon Valley. Dotato di uno schermo di quasi 10 pollici, il Softbook sem-brava voler imitare un libro cartaceo, con cover magnetica in pelle — come le odierne Smart Cover per iPad di Apple — e la possibilità di inserire pagine con annotazioni scritte a mano. Ma i punti di forza del dispositivo erano senza dubbio il modem integrato e i formati dei file. Il primo consentiva di scaricare i libri tramite una normale connessione 56k (ovviamente il wireless e le linee veloci non erano ancora arrivati), mentre il formato HTML e il supporto allo standard OEB consentivano di creare eBook crossmediali e in maniera più veloce. Sia il Rocket eBook che il Softbook vennero rilevati dalla Gemstar, azienda cono-sciuta per il suo Showview, che nel 2000 fece uscire dei modelli aggiornati dei dispositivi.

4 www.fundinguniverse.com/company-histories/franklin-electro-nic-publishers-inc-history

) wiki.mobileread.com/wiki/RB

) wiki.mobileread.com/wiki/SoftBook_Reader

i Il sistema Showview consente di programmare registrazioni televisive su apparecchi compatibili, semplicemente inserendo un codice abbinato al programma tv (solitamen-te pubblicato sulle principali guide tv cartacee).

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1.5 Cavalcare il successo

Il primo a credere nel potere dell’editoria digitale fu Stephen King, che il 14 marzo 2000 pubblicò il suo racconto breve “Riding the bullet – Passaggio per il nulla”, edito dalla Simon & Schuster. Reduce da un brutto incidente, King decise di scommettere sull’eBook e di scrivere una storia che sarebbe stata venduta esclusivamente in formato digitale, al prezzo di due dollari e mezzo. Il giorno dell’uscita del libro i server dell’editore furono presi d’assalto, e “Riding the bullet” vendette online più di 400 mila copie in sole 24 ore; le persone aspettarono ore prima di poter scaricare la propria copia. Il libro poteva essere acqui-stato online dai principali venditori quali Amazon e NetLibrary, oltre che direttamente dai produttori degli eReader come i già citati SoftPress e Nuvomedia. La scommessa fu un successo, ma dopo poche settimane in rete iniziarono a circolare le prime copie hackerate del PDF: la protezione adottata inizialmente avveniva tramite una codifica a 40 bit, piuttosto scarsa se pen-siamo che una rete wireless oggi ha una codifica a 256 bit. Il livello fu aumentato a 60 bit, ma nonostante questo il danno ormai era fatto. L’editore minimizzò il problema sostenendo che si trattava di una minoranza rispetto all’enorme numero di acquirenti legali, che avevano dato inizio ad una nuova era per il mercato dell’editoria digitale. A distanza di più di dieci anni il problema dei DRM (Digital Rights Management) resta ancora, e le limitazioni imposte dagli editori creano problemi di interope-rabilità tra dispositivi e soprattutto disagi all’utente finale.

1.6 Tablet contro eReader

È possibile leggere un eBook praticamente ovunque: dallo schermo di un computer a quello di un cellulare. Ma cosa distingue la categoria degli eReader da quella dei tablet (e dal resto dei dispositivi digitali)? Fondamental-mente un eReader è pensato per la lettura, e ciò che risalta subito all’occhio è lo schermo, molto simile alla pagina di un libro stampato. Inoltre deve avere dimensioni piuttosto contenute, per poter essere comodamente portato con sé; gli schermi si aggirano tra i 5 e i 7 pollici. Un tablet è invece un dispositivo che consente anche di leggere un eBook, ma è pensato per la fruizione di contenuti di varia natura: navigazione su Internet, applicazioni, musica, video, testi. Le dimensioni più o meno con-tenute (solitamente tra i 7 e i 10 pollici) lo rendono ugualmente comodo per leggere, ma lo schermo retroilluminato — pensato per godere a pieno degli altri contenuti — è illeggibile sotto la

4 Farkas 2000

4 AA.VV. 2000

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luce del sole. Lo stesso schermo LCD richiede poi molta energia, rendendo la durata della batteria piuttosto scarsa.

La tecnologia con cui sono realizzati gli eReader è denominata eInk (la ‘e’ sta per elettroforetico), e migliora notevolmente la lettura rispetto ai tradizionali schermi retroilluminati. I primi esperimenti sulla carta elettronica furono condotti alla fine degli anni ’70 presso lo Xerox PARC — la stessa divisione di ricerca in cui era nato il Dynabook — con la realizzazione di Gyricon. Si trattava di uno schermo flessibile, spesso come un foglio di carta, che al suo interno conteneva milioni di microscopiche sfere bicromatiche (per metà bianche e per l’altra nere) immerse in una sostanza oleosa. Ciascuna di queste sfere si comportava come un dipolo, poiché i due emisferi erano di carica opposta: tramite un campo elettrico era quindi possibile ruotare a pia-cimento le particelle, generando testi o immagini persistenti. Questo procedimento sfrutta il fenomeno dell’elettroforesi, “consistente in un movimento unidirezionale di particelle elet-tricamente cariche, sospese o disciolte in un mezzo liquido conduttore, sotto l’azione del campo elettrico tra due elettrodi”. Il progetto fu accantonato dalla Xerox, interessata più al settore delle fotocopiatrici. Venne ripreso nel 2000 dalla Gyricon Media, azienda sussidiaria di Xerox, che commercializzò il progetto con il nome di SmartPaper: si trattava di pannelli basati sulla tecnologia Gyricon, i quali consentivano di sostituire le insegne tradizionali con un sistema aggiornabile da remoto. SmartPaper non riscosse mai successo e il progetto fu abbandonato del tutto nel 2005. L’inchiostro elettronico che oggi conosciamo nasce negli anni ’90 ad opera di Joseph Jacobson, co-fondatore della eInk Cor-poration. L’eInk si basa comunque sull’elettroforesi, ma con un meccanismo più efficace. Lo schermo è costituito da milioni di microcapsule (di circa 100 micron di diametro), ciascuna piena di un fluido trasparente al cui interno sono immerse particelle di

4 Genuth 2007

4 pag. 7

' Dizionario Treccani

4 Wilson 2003

elettrodo superiore

particelle bianche cariche positivamente

mic

roc

aps

ule

particelle nere cariche negativamente

fluido trasparente

elettrodo inferiore

1 Funzionamento della tecnologia eInk, basata sull'elettroforesi.

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pigmento bianco (caricate positivamente) e nero (caricate nega-tivamente). Quando viene generato un campo elettrico negativo le particelle bianche vanno verso l’alto, nascondendo quelle nere. Per comprendere meglio il procedimento possiamo paragonare le microcapsule a delle palle di vetro, quelle che si trovano nei negozi di souvenir. La neve all’interno è il pigmento (bianco e nero); quando entra in gioco una carica elettrica i due pigmenti si separano nettamente, e uno nasconde l’altro a seconda del tipo di carica. A seconda del grado di precisione della tecnologia, gli schermi eInk possono raggiungere fino a 16 livelli di grigio (eInk Pearl). I vantaggi sono molteplici: la resa dello schermo è ottima anche sotto la luce del sole, e soprattutto richiede meno energia rispetto ad un LCD, con conseguenti benefici in termini di durata della batteria (anche fino a 2 mesi).

1.7 Il panorama attuale

Con l’introduzione della tecnologia eInk, a partire dal 2004 sono stati in molti i produttori a presentare i loro dispositivi. Verranno descritti in questa sezione i principali eReader — e, in alcuni casi, tablet — presenti sul mercato.

1.7.1 Sony Reader

Sony lanciò nel 2004 per il mercato giapponese Librie, seguito nel 2006 dalla gamma Sony Reader, tuttora presente sul mercato. Gli aggiornamenti hardware nel corso degli anni hanno apportato diverse migliorie allineate agli altri produttori: schermo tattile (2007), connettività wireless (2009), schermo eInk di seconda generazione, eInk Pearl (2012). Tutta la gamma Sony Reader sup-porta i principali formati eBook in uso, e dal 2009 il Sony Reader Store vende tutti i libri in formato ePub DRM.

1.7.2 Amazon Kindle

Nel 2007 Amazon.com, leader nelle vendite al dettaglio online, presentò il suo eReader, Kindle. Il termine deriva dal verbo inglese to kindle, traducibile con “illuminare”; metaforicamente vuole rap-presentare l’illuminazione data dalla lettura. Le caratteristiche principali della prima generazione di Kindle sono: display eInk 6” a 167ppi, 256 Mb di memoria interna espandibile tramite SD, connessione gratuita Whispernet (tramite rete cellulare) per sca-ricare libri dallo store. Kindle supporta inizialmente soltanto il formato proprietario AZW, di cui è composta tutta la libreria pre-sente sullo store online. La seconda generazione, uscita nel 2009,

i Dati relativi al Kindle Paperwhite, con connessione wireless spenta.

1 Sony Reader

) Friedman 2008http://bit.ly/friedman-2008

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presenta il medesimo schermo con una maggiore profondità di livelli di grigio, una maggiore memoria interna (non espandibile), e la compatibilità con le reti cellulari al di fuori degli Stati Uniti. Kindle 2 supporta anche il formato PDF. Vi è anche un browser piuttosto spartano che consente di navigare su siti ricchi di testi come Wikipedia. Per promuovere il lancio del nuovo dispositivo, Stephen King pubblica in esclusiva una novella per Amazon, “Ur”, che vede proprio un Kindle al centro della trama. In un’intervista al quotidiano Usa Today, King parla di come il pubblico sia inte-ressato al cambiamento dei mezzi di lettura:

«The delivery mechanism to my mind is secondary for me as a writer. That isn’t necessarily true for people in the business end of it. But I did this once before with a story called Riding the Bullet and I never had so many guys in suits come up to me and ask me questions. But they didn’t want to know about the story, they didn’t want to know about the process, they wanted to know about the delivery system, but to me that’s secondary.»

Sempre nel 2009 esce Kindle DX, il modello con schermo 9.7” e il primo con tecnologia eInk Pearl; è anche dotato di accele-rometro che consente un layout orizzontale dei contenuti, oltre che di un sintetizzatore vocale in grado di leggere gli eBook. Quest’ultima funzionalità provocò malumori tra i vari editori, a loro avviso non in regola con le norme sul copyright:

«“They don’t have the right to read a book out loud,” said Paul Aik-en, executive director of the Authors Guild. “That’s an audio right, which is derivative under copyright law.”»

La terza generazione, denominata Kindle Keyboard, esce nel 2010 e introduce l’eInk Pearl anche nello schermo più piccolo. È il primo modello che introduce la connettività Wi-Fi, oltre al consueto 3G, e un lettore mp3. L’anno successivo esce la quarta generazione, che apporta diverse migliorie hardware, prima fra tutti il touch-screen. È stato il primo modello di Kindle ufficialmente venduto in Italia. Nel 2012 viene annunciata la quinta generazione, che vede assieme al consueto Kindle (più veloce e leggero rispetto al precedente) un nuovo eReader: il Kindle Paperwhite. Ha uno schermo 6” a 212ppi con tecnologia PaperLight, in grado di illu-minare lo schermo, ma non chi legge. Questo consente di avere un bianco più definito e un contrasto migliore rispetto ai modelli precedenti, oltre che alla possibilità di leggere anche in assenza di luce ambientale. Entrambi i modelli supportano i formati: AZW,

' Baig, Molina 2009

' Fowler, Trachtenberg 2009

1 Kindle Paperwhite

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PDF, TXT, MOBI, HTML, DOC, DOCX, JPEG, GIF, PNG, BMP. Continua a mancare il formato ePub. Manca anche la sillabazione auto-matica del testo, che limita abbastanza il layout giustificato a blocchetto. Nell’ultima generazione è stato rimosso del tutto il sintetizzatore vocale. Il punto di forza del Kindle è sicuramente lo store Amazon, che direttamente dal dispositivo consente di scaricare più di un milione di libri. Il servizio Whispersync man-tiene sincronizzati libreria, segnalibri, note su tutti i dispositivi compatibili (sono disponibili applicazioni che consentono la lettura anche su computer e smartphone). È possibile poi salvare i propri documenti e inviarli via email tramite il dispositivo stesso. L’integrazione con i social network consente di condividere passaggi dei libri o note senza abbandonare la lettura. Esiste infine la gamma tablet, introdotta alla fine del 2011, basata su sistema Android: alla data in cui scrivo sono due i modelli esistenti, Kindle Fire e Kindle Fire HD. Il primo ha uno schermo LCD 6” con tecnologia IPS, ovvero con un ampio angolo di visione rispetto ad un display tradizionale. Offre le tipiche funzioni di un tablet, quali fruizione di musica, video e applicazioni. La connettività è garantita tramite il Wi-Fi. La versione HD offre invece uno schermo più grande (7” o 8.9”), connessione Wi-Fi evoluta fino al 40% più veloce (grazie alla tec-nologia MIMO, acronimo di Multiple-input and multiple-output) e altre minori migliorie hardware. Entrambi i modelli hanno

) http://www.amazon.it

1 In alto: schermata Home del Kindle Fire HD. L'utente può sfogliare un libro o una rivista, guardare un film o ascoltare musica tramite le applicazioni basate su sistema Android.

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Amazon Silk, un browser che sfrutta dei server dedicati, i quali si occupano di caricare più velocemente le pagine.

1.7.3 Nook

Nook è la linea di eReader di Barnes & Nobles, una delle principali catene di vendita al dettaglio di libri negli Stati Uniti. Il primo modello fu lanciato nel 2009 e aveva uno schermo ibrido — idea poi abbandonata — composto da un eInk 6” più un’area touchscreen LCD per comandare il dispositivo. Al momento in cui scrivo la gamma Nook presenta 4 modelli, 2 eReader e 2 tablet, disponibili soltanto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il Nook Simple Touch è un eReader con schermo eInk Pearl, 6” con risoluzione 167ppi; la versione avanzata offre GlowLight, una tecnologia che illumina la parte superiore dello schermo tramite dei led, senza dare fastidio a chi legge. Nook HD è la ver-sione tablet, con schermo LCD ad alta risoluzione (243ppi per il 7” e 256ppi per il 9”). Nook è basato su Android, sistema operativo open source per dispositivi mobili targato Google. Lo store di Barnes & Nobles offre non solo libri e riviste, ma anche una serie di applicazioni scaricabili sulle versioni tablet del Nook. È consentito il prestito legale di libri tra utenti, con alcune limita-zioni, tramite il servizio Nook LendMe. Curiosa è la possibilità di sfogliare liberamente i libri quando si usa il Nook all’interno delle librerie Barnes & Nobles: il dispositivo si collega alla rete wireless riservando offerte dedicate ai clienti affezionati. Nell’ottobre 2012 viene annunciato l’ingresso di Microsoft, che con una joint venture di 300 milioni di dollari dà inizio alla Nook Media LLC.

1.7.4 Kobo Kobo (anagramma di "book") è il nome degli eReader prodotti dall’omonima azienda canadese, fondata nel 2009 da Indigo Books & Music Inc., catena di librerie canadese. Il primo modello, rilasciato nel 2010, non riscosse molto successo a causa dell’assenza di connettività Wi-Fi o 3G, oltre al prezzo decisamente più alto rispetto all’Amazon Kindle. La gamma attuale (al momento in cui scrivo) prevede tre modelli, tutti dotati di connettività Wi-Fi. Il Kobo Mini, il modello base, ha uno schermo tattile 5” con tecnologia eInk. Il Kobo Touch ha uno schermo 6” eInk Pearl e presenta un retro in tessuto trapuntato, per rendere più piacevole la lettura. Il Kobo Glo, simile al precedente, offre in più una sofisticata tecnologia d’illuminazione (simile a quella della concorrenza) denominata ComfortLight. Tutti i modelli supportano i principali formati

1 Nook Simple Touch

4 D'Elia 2012

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eBook, ed è garantita la crossmedialità tramite una serie di applicazioni per i principali sistemi operativi. In Italia Kobo è venduto da Mondadori, che offre oltre alla vendita del dispositivo anche l’accesso allo store online inMondadori.it, con più di 3 milioni di eBook (di cui un terzo gratuiti). Kobo è aperto anche ai social network e alla condivisione. ReadingLife è un pacchetto di servizi che aumenta l’esperienza d’uso dei lettori. L’eBook diventa un punto di contatto tra i vari utenti, che possono lasciare commenti direttamente nelle pagine, iniziare conversazioni, condividere sui social network le loro preferenze (e scoprire i gusti degli amici), sbloccare trofei virtuali (come i badge di Foursquare, applicazione basata sulla geolocalizzazione), monitorare le statistiche di lettura.

1.7.5 Apple iPad

L’iPad è il tablet targato Apple, presentato da Steve Jobs il 27 gennaio 2010 e definito come l’anello mancante tra smartphone e computer portatile. L’introduzione dell’iPad ha segnato la nascita di un settore che fino ad allora non esisteva: i prece-denti modelli di tablet pc non hanno mai riscosso tale successo a causa di interfacce ancora poco mature e tecnologie poco per-formanti. iPad presentava invece tutte le caratteristiche che avevano reso iPhone così popolare: schermo multitouch, assenza di tasti fisici, interfaccia progettata per poter essere uti-lizzata totalmente con le dita e senza l’ausilio di uno stilo. In aggiunta ad un hardware progettato nei minimi dettagli, iPad poteva contare sull’enorme offerta di contenuti dell’App Store e dell’iTunes Store: musica, film e applicazioni a portata di tap. In concomitanza alla presentazione dell’iPad fu aperto anche l’iBookstore, la libreria digitale di Apple per dispositivi iOS che annovera — alla data in cui scrivo — un milione e mezzo di eBook. iPad ha uno schermo LCD retroilluminato di 9,7”. Le prime

) www.inmondadori.it

i Foursquare è un'applicazione che sfrutta la geolocalizzazione per mostrare i luoghi nelle vicinanze. Per ogni registrazione (check-in) effet-tuata in un luogo, l'utente guadagna punti e sblocca particolari trofei (badge), oltre a una serie di offerte convenzionate con gli esercizi commerciali.

4 Isaacson 2011, cap. XXXVII

1 In alto: iPad (quarta generazione).

1 La famiglia dei dispositivi Kobo.

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due generazioni avevano una risoluzione di 132ppi, mentre dalla terza in poi (2012) è stato introdotto il display retina a 264ppi, con una resa dei caratteri quasi prossima a quella di un libro cartaceo. È possibile leggere e scaricare gli eBook dall’applicazione ufficiale (non preinstallata) iBooks, collegata all’iBookstore. I libri vengono forniti nel formato proprietario ibooks, formato proprietario con DRM basato sull’ePub. L’appli-cazione consente di poter impostare — solo per i formati ePub e iBooks — corpo del carattere, font, colore dello sfondo (com-presa una modalità “notte” ad alto contrasto) e andamento del testo. Con la modalità “scorrimento” scompare la pagina singola, retaggio del libro cartaceo, lasciando spazio allo scrolling ver-ticale. È incluso poi un dizionario integrato in più lingue, un sistema di condivisione di passi sui social network, e un sistema per annotare ed evidenziare il testo. Tramite il ser-vizio iCloud è prevista la sincronizzazione della libreria e dei segnalibri su tutti i dispositivi compatibili. Alla data in cui scrivo non è ancora possibile leggere su Macintosh gli eBook acquistati su iBookstore. I formati HTML, PDF e RTF sono supportati nativamente, mentre per tutti gli altri è suffi-ciente scaricare le rispettive applicazioni: Kindle Reader

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per gli eBook di Amazon, Google Play per i libri di Google, etc… iPad supporta lo standard ePub 3, di cui verrà dato ampio spazio nelle prossime pagine. Le versioni digitali di riviste e quoti-diani sono presenti sotto forma di applicazione e raggruppate nell’applicazione Edicola (Newsstand), che consente di accedere direttamente alla sezione riviste dell’App Store. Le applicazioni compatibili con Newsstand possono essere gratuite, con la pos-sibilità di acquistare le singole uscite direttamente nell’app (Acquisti in-app), o di sottoscrivere abbonamenti con rinnovo auto-matico. Le copie possono essere scaricate in background non appena disponibili. Poiché si tratta di vere e proprie applica-zioni, ognuna presenta un’interfaccia e un’esperienza d’uso a sé. Più avanti verranno prese in esame alcune riviste per com-prendere come vengono progettate e cosa offrono in più rispetto alle versioni tradizionali. Il 23 ottobre 2012 è stato presentato l’iPad Mini, dotato di display LCD 7,9” a 163ppi (non è una risolu-zione pari a quelle offerte dal retina display, ma è comunque alta). L’intento di Apple è stato quello di contrastare i modelli da 7” della concorrenza, offrendo però il 35% di superficie tattile in più a parità di dimensioni del dispositivo. Il prezzo e le dimensioni ridotte rispetto all’iPad lo rendono più appetibile ad un'utenza che desidera la comodità di un eReader unita alle funzionalità di un tablet. Nel primo weekend delle vendite Apple ha annun-ciato una vendita record di 3 milioni di iPad Mini in 3 giorni.

4 pag. 43

4 pag. 59

) www.apple.com/pr/library/2012/11/05Apple-Sells-Three-Million-iPads-in-Three-Days.html

1 Steve Jobs durante il Keynote del 2010 in cui annuncia l'uscita dell'iPad.

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2. La codifica digitale dei testi

2.1 Linguaggi di marcatura

Affinché una macchina sia in grado di comprendere un testo, è necessario che avvenga una codifica, ovvero “sistemare in modo ordinario e coerente un insieme di regole”. Esistono due livelli di codifica: il primo è quello che si occupa di trasformare un carattere in codice binario, leggibile da una macchina (più avanti ne verrà data una definizione più dettagliata); il secondo consiste nel definire la struttura del testo, la semantica. Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web, pone quest’ultimo aspetto come centrale per lo sviluppo di “un’estensione dell’attuale Web, nella quale all’informazione viene dato un significato ben definito, permettendo così ai computer e alle persone di lavorare meglio in cooperazione.” Questo alto livello di codifica avviene grazie ai linguaggi di marcatura (markup language), i quali utilizzano delle convenzioni per descrivere le varie parti di un testo. Gli elementi fondamentali di un linguaggio di marcatura sono:

> i marcatori (tag), che etichettano delle stringhe di testo asse-gnando loro particolari proprietà;

> una grammatica, che definisce l’uso dei marcatori; > una semantica, che definisce la funzione della marcatura.

I tag vengono inseriti direttamente nel testo delimitati da parti-colari caratteri, per evitare confusione tra il testo reale e il testo di marcatura. Esistono due tipi di linguaggi di marcatura, uno legato alla rappresentazione del testo e l’altro strettamente al suo contenuto. I linguaggi procedurali, come ad esempio il CSS (Cascade Style Sheets) o l’RTF (Rich Text Format), si occupano di descrivere la formattazione del testo: gli aspetti tipografici, il layout, e tutto ciò che riguarda la resa grafica. I linguaggi dichiarativi invece definiscono la struttura del testo nelle sue singole parti (es. titolo, sottotitolo, etc…). XML e HTML sono linguaggi dichiarativi, e verranno descritti meglio nei prossimi paragrafi.

' Dizionario Treccani

i Il Dizionario Treccani definisce la semantica il "ramo della linguistica che si occupa dei fenomeni del linguaggio non dal punto di vista fonetico e morfologico, ma guardando al loro significato."

' Berners-Lee, Hendler, Lassila 2001

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2.2 I formati digitali

Sono molti i formati con cui è possibile codificare un libro, ciascuno con le proprie peculiarità. Verranno elencati soltanto i principali formati documentali attualmente in uso, tralasciando i formati soppressi e i comuni file immagine (sebbene le scansioni di libri in formato jpg o simili permettano la lettura di testi, non si tratta di formati pensati appositamente per la fruizione di libri digitali). Altra distinzione necessaria è quella tra formati nati apposta per la fruizione di libri digitali (ePub, Mobipocket, Djvu), e formati adattati allo scopo.

2.2.1 Testo Semplice

I file di testo semplici con estensione txt non contengono alcun tipo di formattazione: nessuna struttura semantica, nessun con-trollo o enfasi del carattere, assoluta mancanza di layout. La codifica, ovvero la corrispondenza tra il valore dei byte — che è sempre un numero intero da 0 a 255 — e il carattere rap-presentato, non è sempre 1 a 1. Per rappresentare caratteri particolari, come le lettere accentate o alfabeti di lingue orientali, possono essere necessari più byte. La codifica più utilizzata è la UTF-8 (Unicode Transformation Format, 8 bit), in grado di rap-presentare tutti i caratteri esistenti al mondo. Gli eBook del Progetto Gutenberg venivano inizialmente distribuiti in questo formato per assicurarne la massima interope-rabilità tra dispositivi diversi. Oggi sono disponibili anche versioni in formati che consentono un maggiore controllo sulla semantica e l’aspetto del testo.

2.2.2 HTML

HTML è l’acronimo di Hypertext Markup Language, linguaggio di marcatura per ipertesti. È stato ideato nel 1991 da Tim Ber-ners-Lee, ricercatore del CERN e padre del World Wide Web. Oltre a definire il linguaggio, Berners-Lee creò un protocollo per trasferire i documenti (HTTP, HyperText Transfer Protocol) e un metodo per raggiungerli nella Rete (l’URL, Universal Resource Locator). I documenti scritti in HTML hanno estensione html o htm. Il linguaggio HTML è di pubblico dominio ed è tutelato dal World Wide Web Consortium (W3C). È basato sul metalin-guaggio SGML (Standard Generalized Markup Language), che ne definisce la grammatica e la caratteristica dei tag, sempre deli-mitati dalle partentesi angolari < e >. La versione in uso di HTML, al momento in cui scrivo, è la 4.01; la versione 5 diventerà uffi-

4 pag. 8

4 D'Elia 2011

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cialmente uno standard nel 2014, ma i browser più aggiornati già interpretano correttamente la maggior parte delle sue carat-teristiche. Alla base della sintassi HTML ci sono gli elementi (tag), i quali hanno la funzione di descrivere la stringa di testo che deli-mitano. Per rappresentare il tag di chiusura si aggiunge una barra / (slash) a quello di apertura.

<h1> Questo è un titolo. Ciao, mondo! </h1>

La stringa di testo delimitata dal tag <h1> indica che è un titolo di primo livello. Alcuni tag non richiedono la loro chiusura, come il tag <img>. I documenti HTML si aprono con la dichiarazione del DTD (Document Type Definition), ovvero il tipo di documento, che dichiara fin da subito quali sono le componenti utilizzate.

<!DOCTYPE html>

In seguito si apre la struttura ad albero dell’HTML:

<html>

<head>

<title> Titolo della mia pagina </title>

</head>

<body>

<h1> Ciao, mondo! </h1>

<p> Questo è un paragrafo </p>

</body>

</html>

Questa è la struttura base di ogni documento HMTL, che com-prende due sezioni distinte: l’intestazione (delimitata da <head>) comprende tutti gli elementi visibili soltanto al browser, neces-sarie per il funzionamento della pagina, e il corpo della pagina (body), che racchiude tutto il contenuto vero e proprio. Ogni tag può avere un attributo, in grado di aggiungere informazioni o specificare funzioni particolari. Attributo e valore sono divisi dal segno uguale (=), mentre il valore è delimitato dalle doppie virgolette.

<p id=”alice”> Mi chiamo Alice </p>

In questo caso, il paragrafo con attributo id — che ne identifica un nome univoco — ha come valore alice. Gli attributi possono essere richiamati nei fogli di stile CSS associati al documento, o definire loro stessi caratteristiche stilistiche. È comunque prefe-ribile distinguere bene tra struttura del contenuto (HTML) e rappresentazione grafica (CSS). Parlare del linguaggio HTML

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i Nell’esempio viene dichiarata la versione 5.

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richiederebbe un libro a sé, ciò che conta è il ruolo del formato HTML nel panorama dei formati per l’editoria digitale. Il formato HTML viene spesso utilizzato puro come mezzo di distribuzione di testi. Il formato ePub, pensato appositamente per la fruizione di eBook, è figlio dell’HTML. Nei prossimi paragrafi verrà chiarito il motivo.

2.2.3 XML e XHTML

XML (eXtensible Markup Language) è un metalinguaggio di mar-catura anch’esso derivato da SGML. È nato con lo scopo di creare nuovi linguaggi per documenti ben strutturati, le cosid-dette applicazioni XML. Grazie alla sua indipendenza dal tipo di piattaforma hardware o software su cui gira, XML permette un’interoperabilità assoluta. La sua struttura è basata, come su HTML, su elementi ed attributi. Un documento XML deve rispettare scrupolosamente le regole strutturali e di sintassi, ed è quindi più rigido di un documento HTML. Un documento XML è ben formato quando rispetta una serie di regole base:

> è consentito soltanto un elemento radice che contenga al suo interno tutti gli altri, anche in più sottolivelli;

> ogni elemento deve avere il suo tag di chiusura; > tutti gli elementi vanno annidati correttamente; > è necessario mantenere una coerenza nell’uso delle maiu-

scole e minuscole (XML, a differenza di HTML, è case sensitive);

> è necessario utilizzare sempre le virgolette doppie (o gli apici) per racchiudere gli attributi.

<?xml version=”1.0” ?>

<glossario>

<termine>

<nome_termine> Nome del termine </nome_termine>

<descrizione> descrizione qui </descrizione>

</termine>

</glossario>

Diverse applicazioni XML vengono utilizzate per la gestione di testi, tra cui il formato ePub, che fa uso del linguaggio XHTML. L’acronimo sta per eXtensible HyperText Markup Language, linguaggio di marcatura di ipertesti estensibile. È in pratica un lin-guaggio HTML conforme allo standard XML. La sintassi è quindi più rigorosa: gli attributi non gestiscono alcun aspetto relativo alla rappresentazione grafica (compito destinato ai fogli di stile

i Esempio di un file XML

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CSS), i tag devono essere ben formati e c’è la distinzione tra maiu-scole e minuscole. La versione attuale di XHTML è la 1.1.

2.2.4 PDF

Il formato PDF, acronimo di Portable Document Format, è stato creato da Adobe Systems nel 1993. Dal suo predecessore, il lin-guaggio PostScript, il PDF eredita la capacità di riprodurre allo stesso modo il contenuto del file a prescindere dall’hardware o software utilizzato, così da garantire la piena interoperabilità tra piattaforme differenti. Un file PostScript (con estensione ps) contiene al suo interno le istruzioni necessarie per interpretare il file, cioè in che modo devono essere rappresentate linee, forme e caratteri. Il file PDF invece è già interpretato, con un conse-guente risparmio di risorse da parte del computer che legge il file. La capacità di mantenere inalterate le caratteristiche grafiche dei file a prescindere dall’hardware utilizzato, ha reso il PDF uno standard de facto per i flussi di lavoro di stampa. Questa rigidità del contenuto del file, indispensabile nei processi di stampa digitale, non è invece l’ideale per la distribuzione di un eBook: il testo e gli altri elementi sono vincolati al concetto di pagina, con dimensioni preimpostate in fase di progettazione. Ciò significa che un PDF su eReader o tablet può essere soltanto ingrandito o rimpicciolito, e non c’è possibilità di adattare il layout in base al dispositivo utilizzato. Dal 2008 il PDF è uno standard aperto, riconosciuto con il nome di ISO 32000. Tutti i principali eReader citati precedentemente supportano la lettura di file PDF (ad eccezione della prima generazione di Kindle), così come i tablet e i principali sistemi operativi (Mac OS X lo supporta nativamente, gli altri hanno bisogno del software gratuito Adobe Reader). Adobe Digital Editions, invece, è un software gratuito per la gestione dei libri digitali. Consente la lettura di eBook protetti da DRM, l’aggiunta di segna-libri e annotazioni, oltre che la sincronizzazione con gli eReader compatibili.

2.2.5 Mobipocket / Kindle

Il formato Mobipocket (con estensione mobi) è stato sviluppato in Francia dall’omonima azienda nel 2000. Si basa sullo standard Open eBook — divenuto poi ePub — utilizzando file in XHTML. Supporta poi l’integrazione con JavaScript e i database SQL. Il formato consente l’aggiunta di segnalibri, annotazioni, com-menti e anche pagine bianche per inserire contenuti a mano

i A partire dalla versione 5 di Acrobat, i PDF possono avere al loro interno dei tag, ovvero dei metadati che consentono di ridisporre il flusso del testo a seconda delle dimensioni del dispositivo di lettura. Ciò però non funziona benissimo con la grafica e richiede comunque una creazione del PDF differente in fase di progetta-zione.

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opS

opSo

pS

opS

libera (a seconda della compatibilità con il dispositivo). Nel 2005 l’azienda viene rilevata da Amazon, e realizza — sulla base del formato Mobipocket — il formato proprietario AZW. L’unica diffe-renza sostanziale è l’aggiunta di un sistema DRM proprietario.

2.2.6 DjVu

DjVu (si pronuncia come il termine francese déjà vu) è un formato immagine che consente di ottenere documenti ad alta qualità con compressioni ottimali, e quindi dimensioni ridotte. Per ottenere ciò l’immagine viene scomposta in più livelli, cia-scuno dei quali compressi a seconda del contenuto del livello stesso. Livelli contenenti del testo avranno ad esempio una riso-luzione maggiore rispetto ad altri contenuti grafici. Il formato DjVu è utile nei casi in cui il layout fisso è parte integrante dell’eBook: basti pensare ad un fumetto, una poesia, o un libro illustrato. È basato su uno standard aperto, ma al momento in cui scrivo è compatibile soltanto con dispositivi iOS e Android. Per la corretta visualizzazione su computer è sufficiente invece scaricare un apposito plug-in.

2.2.7 ePub

Il primo standard per libri digitali si ha con il formato OeBPS (Open eBook Publication Structure), formato aperto per libri digitali basato su XML, rilasciato nel 1999 dall’Open eBook Forum. Nel 2007 il consorzio prende il nome di International Digital Publishing Forum (IDPF) e stabilisce come standard uffi-ciale il formato ePub, riconosciuto da tutti i principali produttori hardware e software. La caratteristica principale del formato ePub è quella di adattarsi in modo fluido a seconda del dispo-sitivo di fruizione (grazie ai testi codificati in XHTML 1.1). Le regole del layout vengono gestite tramite CSS, sebbene con alcune limitazioni (di cui si parlerà in seguito).

ePub è un formato costituito da tre specifiche:

a. l’Open Publication Structure (OPS), che indica come marcare i contenuti del libro vero e proprio;

b. l’Open Packaging Format (OPF), che descrive tramite XML la struttura del file ePub;

c. l’OeBPS Container Format (OCF), che descrive il metodo per creare l’archivio ZIP che conterrà la pubblicazione.

Possiamo immaginare queste tre specifiche una annidata dentro

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i Un plug-in è un componente aggiuntivo che fornisce determinate funzionalità a un programma.

op

S

oCF

opF

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l’altra come una matrioska: l’OCF stabilisce le specifiche del con-tenitore del libro, l’OPF descrive i vari file che compongono la pubblicazione, mentre l’OPS si occupa nella marcatura dei singoli contenuti. La versione di ePub qui di seguito descritta è la 2.0.1, approvata ufficialmente nel settembre 2010. La ver-sione 3 porta con sé diverse migliorie, sfruttando le principali caratteristiche di HTML5 e CSS3.

a. OPS

L’Open Publication Structure (OPS) definisce il contenuto vero e proprio dell’eBook attraverso una serie di linee guida stabilite dall’IDPF. In questo modo viene assicurata la leggibilità e uni-formità su più supporti possibile. Gli eBook conformi allo standard OPS rispettano alla lettera le specifiche XML e XHTML.

b. OPF

L’Open Packaging Format (OPF) stabilisce i legami tra i vari file che compongono il file ePub. Nello specifico il file opf (in realtà è soltanto un file XML rinominato per distinguerlo facilmente) si occupa di:

> dichiarare tutti i contenuti del libro, (es. immagini e XML); > definire i metadati (autore, titolo, etc…); > stabilire l’ordine di lettura dei file dichiarati.

<?xml version=”1.0”?>

<package version=”2.0” xlmns=”http://www.idpf.

org/2007/opf” unique-identifier=”BOOKID”>

<metadata>…</metadata>

<manifest>…</manifest>

<spine>…</spine>

<guide>…</guide>

</package>

Gli elementi principali di un documento OPF sono contenuti tutti all’interno dell’elemento root <package>: l’attributo unique-iden-tifier serve a distinguerlo in maniera univoca da un altro ePub, solitamente tramite codice ISBN. L’elemento <metadata> con-tiene tutte le informazioni relative al libro, quali autore, titolo, prezzo e così via. I metadati sono compatibili con lo standard Dublin Core. L’elemento <manifest> dichiara al suo interno tutti i file che compongono il libro: i file XML che contengono i testi, le immagini correlate, l’indice, etc… L’elemento <spine> serve

4 pag. 33

i Lo standard Dublin Core è un sistema di metadati per catalogare e descrivere un qualsiasi artefatto accessibile sulla Rete, non soltanto nell’ambito editoriale.

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a indicarne invece l’ordine di visualizzazione. Oltre a stabilire il flusso di lettura, si può decidere di mostrare alcuni contenuti come secondari rispetto ad altri (come le risposte di un quiz o una galleria d’immagini). L’elemento <guide>, opzionale e non è supportato da tutti i dispositivi, identifica alcune macroaree del libro (quali prefazione, bibliografia e così via) per consentirne un accesso immediato.

c. OCF

L’OeBPS Container Format (OCF) stabilisce le regole riguardo alla creazione di un contenitore per pubblicazioni digitali. Un file ePub altro non è che un file in formato zip, al cui interno sono presenti una serie di cartelle e file che seguono uno schema preposto dall’IDPF.

libro.epub

⁄ META-INF

⁄ mimetype

⁄ OEBPS

Lo schema qui proposto mostra com’è strutturato al suo interno un file ePub. Il file mimetype è un testo in ASCII, la cui stringa è la seguente:

application/epub+zip

È un file che viene usato per dichiarare la natura del formato e assicurarne la giusta interpretazione da parte del software, se non è in grado di farlo tramite l’estensione. La cartella OEBPS contiene il file OPF e i file ad esso collegati. Nella cartella META-INF troviamo i file stabiliti dallo standard OCF, di cui sol-tanto il file container.xml è obbligatorio. Al suo interno è infatti presente il percorso del file OPF. Di seguito una lista di altri file che possono essere inclusi nella cartella:

> metadata.xml, contenente informazioni generali sulla pubbli-cazione;

> signatures.xml, che contiene eventuali firme digitali; > encryption.xml, che ha al suo interno le informazioni per

decifrare eventuali contenuti cifrati; > rights.xml, che contiene gli eventuali DRM applicati per pro-

teggere l’ePub.

i ZIP è un formato di compressione dati nato nel 1989. Le ultime versioni dei principali sistemi operativi lo supportano nativamente, altrimenti esistono in circolazione numerosi software gratuiti adatti allo scopo.

4 pag. 27

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Nella cartella OEBPS troviamo il file OPF, insieme a tutti i testi e le risorse legate all’eBook. Il file toc.ncx, opzionale, contiene l’indice.

2.2.8 iBooks Author

Il formato iBooks Author (con estensione iba o ibooks) è un formato che prende nome dall'omonimo software per creare eBook sviluppato da Apple. È basato sull’ePub, ma è uno standard chiuso che fa uso di codice proprietario. Questo significa che i documenti realizzati con iBooks Author possono essere soltanto letti su iPad e venduti tramite iBooks Store, oppure rilasciati gra-tuitamente ovunque.

2.3 DRM

L’acronimo DRM sta per Digital Rights Management e indica tutti i sistemi di protezione applicati ai file digitali che ne gestiscono le licenze d’uso. Un DRM può impedire ad esempio la copia di un eBook su un dispositivo non autorizzato, al fine di contra-stare la pirateria. Il principale problema con l’utilizzo di questi sistemi è che possono andare a svantaggio dell’utente finale e non di un eventuale malintenzionato. Un pirata informatico può riuscire ad aggirare le protezioni, mentre l’utente medio può incorrere in problemi che compromettono l’esperienza d’uso di un libro digitale: impossibilità di fare copia-incolla di porzioni di testo, impossibilità di stampare il libro, difficoltà nel prestito digitale, e così via. L’utilizzo di sistemi di archiviazione cloud (ovvero in remoto) mette in pericolo il possesso stesso dei libri digitali: Amazon e Apple ad esempio vendono licenze d’uso, non eBook. Questo significa che l’utente acquista tecnicamente il diritto di poter leggere una pubblicazione, ma non la pubblica-zione stessa. Nell’ottobre del 2012 ha suscitato scalpore il caso di un’utente norvegese che si è vista cancellare da remoto tutto il contenuto regolarmente acquistato del suo Kindle, perché risultava che il suo account non avesse rispettato i termini d’uso. La questione dei DRM interessa non soltanto il mondo dell’editoria digitale, ma anche quello degli altri settori d’in-trattenimento: videogiochi, film e musica. In una lettera aperta pubblicata nel 2007, Steve Jobs scrisse che avrebbe fatto a meno dei DRM nell’iTunes Store se solo avesse potuto, ma erano le eti-chette discografiche a dettar le regole.

«So if the music companies are selling over 90 percent of their music DRM-free, what benefits do they get from selling the remain-

4 pag. 53

) Bekkelund 2012 http://bit.ly/bekkelund

' www.apple.com/it/hotnews/thoughtsonmusic/

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ing small percentage of their music encumbered with a DRM sys-tem? There appear to be none.»

Due anni dopo Apple annunciò l’accordo con le quattro principali case discografiche che portò all'eliminazione dei sistemi di pro-tezione sull’iTunes Store. Rimangono ancora limitazioni su film, serie tv e libri. I consumatori tendono a preferire di gran lunga le alternative ai sistemi DRM, altrimenti rinunciano alle costrizioni imposte dal digitale e si spostano sul mercato tradizionale. Se il mercato degli eBook seguirà il modello di quello musicale, ci vorranno ancora un paio d’anni prima che gli editori si fidino dei loro clienti. Esistono diverse tipologie di DRM per eBook, da quelle più libere a quelle altamente restrittive.

2.3.1 DRM Free Un eBook DRM Free non ha alcun tipo di restrizione: l’utente può liberamente trasferirlo e copiare parti del testo. Questa libertà massima da parte del fruitore si traduce però in un’impossibilità da parte dell’editore di controllare le riproduzioni non autorizzate.

2.3.2 Social DRM

Un Social DRM è un sistema che applica i dati dell’acquirente all’interno dell’eBook, come una sorta di ex libris digitale. In questo modo è possibile facilmente risalire al proprietario in caso di distribuzione non autorizzata. L’utente è quindi più cauto nel prestito, ma non è vincolato da sistemi di protezione più restrittivi. Con una sufficiente conoscenza di HTML è possibile comunque rimuovere questa filigrana.

2.3.3 Adobe Content Server DRM

Adobe Content Server DRM è un sistema di protezione sviluppato da Adobe e utilizzato dalla maggior parte dei venditori di eBook. È un sistema piuttosto macchinoso, che richiede innanzitutto un account Adobe, necessario per attestare la paternità della pubblicazione. Servono poi lettori compatibili e applicazioni che supportano il sistema: su iPad ad esempio sono necessarie applicazioni di terze parti. Prima di poter visualizzare un eBook con protezione Adobe DRM è necessaria un’autorizzazione da remoto, che richiede una conversazione tra i server Adobe e quello del venditore. Questa procedura richiede diversi minuti a seconda della velocità di connessione e ovviamente non può avvenire in assenza di connessione Internet.

) www.apple.com/pr/library/2009/01/06Changes-Coming-to-the-iTunes-Store.html

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2.3.4 Apple Fairplay DRM

Apple Fairplay è il sistema di DRM introdotto da Apple inizial-mente per la musica, utilizzato poi per gli altri contenuti presenti sull’iTunes Store. Gli acquisti effettuati dallo Store possono essere trasferiti soltanto su un numero limitato di dispositivi Apple, tutti legati allo stesso account. La tendenza dei grandi colossi, come Amazon del resto, è quella di legare il cliente al dispositivo e al pacchetto di servizi annessi: una volta entrati nel “recinto” è difficile uscirne.

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3. ePub 3 e i nuovi standard per la programmazione

Lo standard ePub 3 è stato rilasciato nell’ottobre 2011, intro-ducendo il supporto a nuovi linguaggi che migliorano l’aspetto semantico e ampliano le potenzialità degli eBook. EPub 3 è basato su XHTML5 — un linguaggio HTML5 che rispetta le speci-fiche di XML — CSS3 e JavaScript. I vantaggi rispetto alla versione precedente sono molteplici: i layout possono avere strutture più articolate e funzionali; viene introdotto il supporto alle formule matematiche e a tutte le strutture che compongono solitamente un libro (glossari, bibliografie, etc…); sono garantite una mag-giore multimedialità e accessibilità grazie all’uso di audio, video e grafiche avanzate. L’utilizzo di ePub 3 e dei più recenti standard del Web consentono quindi di offrire un’esperienza di lettura dif-ferente da quella di un libro tradizionale. Le novità principali dell’ePub 3 sono:

> passaggio da XHTML 1.1 a HTML5 per la marcatura; > uso dei tag semantici header e footer (spiegati più avanti); > supporto delle modalità di scrittura non latine; > uso delle proprietà introdotte con CSS3; > supporto delle immagini vettoriali scalabili (SVG); > miglioramenti nella gestione dei metadati; > miglior supporto per dizionari e glossari; > uso del linguaggio JavaScript; > supporto di formule matematiche (MathML); > supporto dei tag <audio> e <video> introdotti in HTML5.

Nei prossimi paragrafi si parlerà delle principali novità introdotte in HTML5 e CSS3, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione con ePub 3, anch’esso descritto dettagliatamente.

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3.1 HTML5

L’HTML5 nasce da un gruppo di ricercatori che, distaccatosi dal W3C, fondò il WHATWG (Web Hypertext Application Tech-nology Working Group) e aveva tra i suoi membri Apple, Mozilla Foundation, Opera Software e successivamente anche Google. Lo “scisma” era nato a causa dell’incapacità da parte del W3C di trovare un vero standard che potesse soddisfare gli svilup-patori, poiché l’XHTML non era il linguaggio ottimale per la creazione di applicazioni web e non garantiva una per-fetta compatibilità con tutti i dispositivi. Nei prossimi paragrafi vedremo le principali novità introdotte.

3.1.1 Una sintassi più efficiente ed efficace La prima differenza si nota già dalla prima stringa: il vecchio Doc Type

<!DOCTYPE HTML PUBLIC “-//W3C//DTD HTML 4.01//EN”

“http://www.w3.org/TR/html4/ strict.dtd”>

è stato notevolmente semplificato e sostituito dalla stringa

<!DOCTYPE html>

Sono stati deprecati tutti gli elementi obsoleti e gli attributi possono essere scritti anche senza virgolette.

3.1.2 Layout semantico

HTML è per sua natura un linguaggio di marcatura basato sulla semantica degli elementi. Con HTML5 questo concetto viene ulteriormente valorizzato, e le aree del layout più utilizzate — fino ad oggi identificate con attributi id quali header e footer — hanno un tag personalizzato, strettamente legato al proprio contenuto. Questa novità, oltre a migliorare e razionalizzare la comprensione del codice, rende più facile l’identificazione delle aree di un sito da parte dei motori di ricerca e da tutti i dispositivi di nuova generazione.

1 Il logo ufficiale dell'HTML5 realizzato dal W3C.

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<header>

Corrisponde all’intestazione di una qualsiasi pubblicazione o sito.

<nav>

Comprende tutti i link, interni o esterni ad altri documenti. Può comprendere pulsanti di navigazione espressi tramite punti elenco.

<footer>

Ugualmente all’header, corrisponde alla parte finale di un docu-mento, sito, pubblicazione. Risulta utile per contenere ad esempio le note a piè di pagina.

<section>

È un macro-contenitore che raggruppa contenuti con lo stesso argomento. Può essere utile ad esempio per indicare le rubriche di una rivista, capitoli di libri, e così via.

<article>

Corrisponde al corpo vero e proprio della pagina, che può con-tenere al suo interno header, section e footer.

<aside>

Comprende i contenuti secondari o tangenti rispetto a quelli pre-senti in <article>, come ad esempio delle note a margine o dei banner pubblicitari.

<hgroup>

Serve a raggruppare i vari titoli dall’<h1> all’<h6>, in modo da creare una sorta di intestazione.

Un’altra novità che migliora l’aspetto semantico è l’utilizzo dei microdati, una sorta di etichette in grado di definire meglio dei contenuti. I microdati migliorano le regole d’accessibilità (ovvero “le proprietà che devono possedere le applicazioni informatiche per essere utilizzate con facilità dagli utenti, in par-ticolare da coloro che si trovano in condizioni di disabilità o di svantaggio”) e aiutano i motori di ricerca a indicizzare le diverse tipologie di contenuti.

' Dizionario Treccani

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3.1.3 Multimedialità

Grazie ad HTML5 non è più necessario il ricorso a plug-in esterni — come Adobe Flash Player — per riprodurre contenuti audio e video: è sufficiente utilizzare gli elementi <audio> e <video>. Al momento in cui scrivo non è stato ancora ratificato un unico standard a livello di codec audio e video, perciò è necessario fornire diversi formati dello stesso contenuto per garantire la compatibilità con i diversi browser.

<video poster=”contare-di-piu/poster.jpg” controls>

<source src=”contare-di-piu/video.mp4”

type=”video/mp4”>

<source src=”contare-di-piu/video.ogg”

type=”video/ogg”>

<source src=”contare-di-piu/video.webm”

type=”video/webm”>

</video>

L’incorporamento di contenuti audio funziona allo stesso modo, con il relativo elemento <audio>. Grazie a questa funzionalità è possibile espandere notevolmente le forme di narrazione all’in-terno di un eBook in formato ePub 3.

3.1.4 L’elemento <canvas>

Canvas (tela, in inglese) permette di creare un’area di disegno, senza l’ausilio di tecnologie proprietarie (come Flash di Adobe o Silverlight di Microsoft). In HTML viene definita l’area in cui agisce il corrispondente codice JavaScript. L’elemento <canvas> è in grado di:

> disegnare immagini bidimensionali e tridimensionali raster; > creare animazioni e transizioni; > creare trasparenze; > trasformare le immagini (tramite rotazione o ridimensiona-

mento).

In ambito editoriale l’elemento <canvas> è in grado di offrire esperienze d’interattività molto efficaci, come ad esempio per un libro scolastico: grafici dinamici, aree di disegno, gallerie fotografiche, e così via.

i Il dizionario Treccani definisce il codec un programma in grado di codificare o decodificare segnali audio e video attraverso un processo di digitalizzazione.

i Nel codice mostrato qui a fianco, l’attributo poster indica un’immagine da visualizzare al posto del video in caso di malfunzionamenti, mentre l’attributo controls stabilisce la presenza dei controlli di riprodu-zione (play, pausa, etc…).

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3.1.5 SVG

L’acronimo SVG sta per Scalable Vector Graphic e indica una tec-nologia in grado di creare immagini vettoriali scalabili, descritte da linguaggio XML. A differenza dei formati immagine raster comunemente utilizzati nei siti web (come jpg e png), le immagini vettoriali non subiscono alterazioni se ingrandite o rimpicciolite, poiché descritte da vettori e non da pixel. In questo modo è possibile creare layout che si adattano dinamicamente. È pos-sibile creare immagini SVG interattive, cioè sensibili a seconda di determinati eventi (come il click del mouse), il tutto con sem-plici stringhe di codice: SVG è un linguaggio testuale e aperto.

3.1.6 MathML

La semantica evoluta di HTML5 si arricchisce con MathML (acronimo di Mathematical Markup Language, linguaggio di markup matematico), un linguaggio basato su XML in grado di rappresentare simboli e formule matematiche, senza l’ausilio di immagini. Si tratta di più di 200 tag specifici che permettono di creare ogni tipo di espressione algebrica, interpretabile facil-mente dai browser. MathML è una specifica del gruppo di lavoro sulla matematica del W3C, la cui versione 3.0 è stata rilasciata nel 2010. Gli eBook scolastici e scientifici in formato ePub 3 possono trarne un enorme vantaggio, offrendo così formule mate-matiche chiaramente fruibili.

3.1.7 Drag and drop

Il termine drag and drop (in italiano trascina e rilascia) è un’azione comunemente utilizzata nei sistemi operativi (fu introdotta per la prima volta da Apple nel Macintosh 128k ad opera di Jef Raskin). Consiste nel cliccare un elemento, trascinarlo in un’area e rilasciarlo: basti pensare all’azione che si compie quando si sposta un file nel cestino. Con l’avvento di HTML5 è possibile implementare la stessa azione sui siti in maniera semplice, grazie all’utilizzo di JQuery, una libreria JavaScript compatibile con i prin-cipali browser aggiornati in circolazione.

3.1.8 Geolocalizzazione

La geolocalizzazione consente di sfruttare le coordinate geo-grafiche del dispositivo in uso per offrire un’esperienza d’uso personalizzata basata sulla posizione dell’utente. La localiz-zazione avviene grazie alla tecnologia GPS (presente negli

) Le specifiche del formato SVG sono ratificate dal W3C e sono disponibili all’indirizzo www.w3.org/TR/SVG/.

) www.w3.org/TR/2010/REC-MathML3-20101021/

) mxmora.best.vwh.net/JefRaskin.htm

i JQuery (www.jquery.com) è una libreria Javascript, multipiatta-forma per applicazioni web. È stata pubblicata nel 2006 da John Resig. Con JQuery è possibile interagire ad esempio con gli stili CSS o gli elementi HTML.

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smartphone di ultima generazione), alle celle delle reti mobili e alla triangolazione delle reti Wireless. HTML5 implementa questa funzionalità grazie a JavaScript; gli unici requisiti sono un sistema operativo compatibile e il consenso esplicito dell’u-tente. Il codice JavaScript da utilizzare è il seguente:

if (navigator.geolocation) {

navigator.geolocation.getcurrentPosition(mia_

posizione);

}else{

alert(‘Impossibile stabilire la tua posizione’);

}

function mia_posizione(position) {

var lat = position.coords.latitude;

var lon = position.coords.longitude;

document.getElementById(‘posizione’).innerHTML =

‘La tua posizione: ‘ + lat + ‘,’ + lon;

}

Esempi di applicazione di geolocalizzazione possono essere gal-lerie di foto legate al luogo in cui ci si trova, elementi di un racconto basati sulla propria posizione, guide turistiche dinamiche, e così via. Sono questi gli elementi che possono fare la differenza tra una pubblicazione cartacea e una digitale, e su cui bisogna puntare per offrire nuove esperienze di lettura.

3.1.9 HTML5 Storage

Localstorage è un’evoluzione dei cookies, ovvero un sistema di gestione e memorizzazione dei dati a livello locale. È uno strumento pensato per le webapp che, in questo modo, possono essere utilizzate anche in modalità offline. È previsto uno spazio dai 5 ai 10 megabyte. Quando l’applicazione ritorna online, il con-tenuto verrà aggiornato automaticamente con i dati più recenti.

i In questo esempio il codice cerca di usare la localizzazione. Se l’operazione avviene correttamente, mostra le coordi-nate di latitudine e longitudine, altrimenti avvisa l’utente della fallita geolocalizza-zione.

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3.2 CSS3

I fogli di stile CSS, come già detto nelle pagine precedenti, descrivono l’aspetto grafico del contenuto incluso nel codice HTML ad esso associato, che si occupa invece dell’aspetto semantico. Questa separazione permette di creare più layout per lo stesso contenuto, così da poter offrire la miglior esperienza d’uso a seconda del dispositivo di fruizione. La sintassi si basa su pochi componenti:

selettore {proprietà: valore;}

body {font-family: Georgia, "Times New Roman",

serif; color: red;}

Il selettore indica l’elemento HTML su cui devono applicarsi le regole (proprietà) racchiuse tra le parentesi graffe. Nell’e-sempio mostrato viene dichiarato che tutto ciò che è contenuto nel body dell’HTML, ovvero nell’intera pagina, dovrà avere testo composto in Georgia (o Times New Roman se non disponibile) di colore rosso. I selettori tipo si riferiscono a elementi generici del codice HTML (come h1 o p), mentre grazie agli attributi è pos-sibile definire regole specifiche:

> le classi (class) vengono indicate con il simbolo del punto (.); > gli identificatori (id) con il simbolo del cancelletto (#).

.capitolo {padding-top: 10px;}

#box-biografia {color: #ff3300;}

Le proprietà sono numerose e definiscono tutto il layout, dalla disposizione degli elementi all’aspetto tipografico del testo. Le specifiche CSS3 — non ancora ratificate ufficialmente dal W3C — si basano su quelle CSS2, ma portano con sé numerose migliorie che facilitano il lavoro del progettista grafico. In CSS3 le proprietà che hanno caratteristiche simili e sono affini tra di loro vengono raggruppate in moduli. Grazie a questa struttura schematica è possibile lavorare meglio con le proprietà e con-sentire una più rapida evoluzione delle stesse da parte degli sviluppatori. CSS3 è supportato da tutti i principali browser più aggiornati, ma alcuni moduli sono ancora in fase di test, perciò non vi è ancora piena compatibilità tra i vari browser e dispositivi. Un browser può scegliere di non supportare un determinato modulo, ma se lo fa deve interpretare correttamente tutte le proprietà che esso contiene. Prima di diventare uno standard, un modulo deve superare una serie di livelli di revisione affinché venga ufficialmente raccomandato dal W3C.

) www.w3.org/2005/10/Process-20051014/tr.html#rec-advance

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Verranno di seguito illustrate le proprietà che interessano l'edi-toria digitale.

3.2.1 Web Fonts

Grazie al modulo Web Fonts — e in particolare alla proprietà @font-face — è possibile incorporare nelle pubblicazioni qualsiasi font di cui si possegga regolare licenza, e non più soltanto quelle definite “web safe”. È possibile anche sfruttare servizi online come Google Fonts o FontSquirrel, che ospitano una collezione di font utilizzabili liberamente.

@font-face {

font-family: ‘Lekton’;

src: url(‘http://fonts.googleapis.com

css?family=Lekton’);

}

Una volta dichiarate le font da utilizzare tramite @font-face, è possibile poi richiamarle tramite la proprietà font-family. È con-sigliato inserire comunque una font fallback, ovvero di ripiego nel caso in cui non dovesse funzionare la principale.

body {font-family: ‘Lekton’, Courier, monospace;}

3.2.2 Media Queries

Il modulo Media Queries permette di differenziare il layout a seconda del dispositivo di fruizione, aprendo la strada al Responsive Design (o web design responsivo). Il termine è stato coniato nel 2010 da Ethan Marcotte in suo articolo per "A List Apart", rivista online specializzata in web design. Mar-cotte sostiene che il futuro della progettazione di contenuti per il Web siano i layout fluidi, le immagini flessibili e le media queries. I layout basati sui limiti dello spazio su carta non valgono per la Rete, di fatto un contenitore estremamente flessibile.

«Rather than quarantining our content into disparate, device-spe-cific experiences, we can use media queries to progressively en-hance our work within different viewing contexts.»

Un’altra spiegazione del concetto di responsive design viene fornita dalla web designer Kayla Knight in un articolo per Sma-shing Magazine:

4 Marcotte 2009

' Marcotte 2009

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«Responsive Web design is the approach that suggests that de-sign and development should respond to the user’s behavior and environment based on screen size, platform and orientation. The practice consists of a mix of flexible grids and layouts, images and an intelligent use of CSS media queries. As the user switches from their laptop to iPad, the website should automatically switch to accommodate for resolution, image size and scripting abilities. In other words, the website should have the technology to auto-matically respond to the user’s preferences. This would eliminate the need for a different design and development phase for each new gadget on the market.»

Non si tratta soltanto di stabilire un layout a seconda delle dimensioni dello schermo, ma con il modulo Media Queries vengono tenute in considerazione altre specificità del mezzo: le modalità d’input, la risoluzione e tutto ciò che rende l’espe-rienza d’uso adeguata al dispositivo.

@media screen and (orientation: landscape) {

.iPadLandscape {

width: 30%;

float: right;

}

}

3.2.3 Sfondi e bordi

Tramite CSS è ora possibile arrotondare gli angoli dei bordi e gestire meglio gli sfondi. In questo modo non è più necessario creare layout complessi con immagini raster, con un conseguente miglioramento in velocità di caricamento del contenuto. Le pro-prietà sono le seguenti:

> border-radius: consente di arrotondare gli angoli dei bordi; > box-shadow: consente di generare un’ombra con diversi tipi

di sfumature; > background-image: consente di inserire una o più immagini

come sfondo.

' Knight 2011

i Nell’esempio mostrato le proprietà relative alla classe iPadLandscape funzioneranno soltanto se l’iPad verrà orientato orizzontalmente.

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3.2.4 Colori

Con CSS3 il codice cromatico esadecimale viene affiancato da nuovi strumenti che permettono di assegnare i colori in maniera più efficace ed efficiente. È possibile usare i valori RGB ed HSL, entrambi con il supporto al canale alfa dedicato alla tra-sparenza.

p {color: rgba(255,0,0, 0.5);}

a {color: rgb(0,255,0);}

div {color: rgb(50,50,50);}

3.2.5 Animazioni, transizioni e trasformazioni

Analogamente alle capacità dei file SVG, è possibile manipolare direttamente le immagini con poche linee di codice (es. rotazioni, traslazioni, ridimensionamenti). Animazioni e transizioni — prima possibili soltanto facendo ricorso a plug-in esterni — ora sono integrati direttamente nel browser grazie alle proprietà descritte nei moduli transitions e animations.

div {

width: 100px;

height: 100px;

background-color: #ff3300;

transition-property: background-color;

transition-duration: 1s;

}

div:hover {

background-color: #ffffff;

}

Le nuove potenzialità offerte da CSS3 consentono al designer una massima libertà d’espressione con un notevole risparmio di tempo e una resa ottimale. Affinché questo avvenga è indi-spensabile quindi per un progettista grafico conoscere le basi dei linguaggi HTML e CSS per poter agire nativamente sul con-tenuto finale, anche se il suo compito non è quello di compilare il codice. Nella stessa misura in cui un buon designer è tenuto a conoscere il lavoro del tipografo, così deve avvenire per il mondo dell’editoria digitale: in questo modo il flusso di lavoro con il comparto ingegneristico è più proficuo e permette un maggiore scambio di informazioni. Sull’evoluzione dei software per la progettazione di contenuti editoriali digitali — e del neces-sario cambio di paradigma da parte del progettista grafico — si parlerà meglio più avanti.

i RGB e HSL sono due spazi cromatici definiti dal CIE (Commission Internationale de l'Éclairage).

i Nell’esempio il paragrafo avrà il testo di un rosso al 50% d’opacità, i link saranno in verde e il contenitore avrà testi in grigio.

i Nell’esempio viene descritta una transizione dello sfondo di un div al passaggio del mouse: transition-property definisce la proprietà su cui agirà la transizione, transition-duration indica la durata della transizione.

) Per le altre proprietà di questo e degli altri moduli si consiglia di visitare il sito Web del W3C, disponibile all’indirizzo http://w3.org.

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3.3 ePub 3

Il formato ePub 3 si basa su 4 specifiche, di cui 3 riprese dalla pre-cedente versione:

> epub publications, che definisce la semantica e le diverse risorse utilizzate per creare la pubblicazione (l’ex OPF);

> epub Content Documents 3.0, che stabilisce l’uso dei con-tenuti HTML, CSS e SVG (precedentemente noto come OPS);

> epub Media overlays 3.0, che definisce le regole d’uso dei contenuti audio e video (in particolar modo per le regole sull’accessibilità);

> epub open Container Format 3.0, che definisce la creazione del pacchetto ePub (è la versione aggiornata dell’OCF).

Le tecnologie HTML5 e CSS3 — descritte prima — ampliano le potenzialità dei libri digitali, superando le limitazioni dell’ePub 2.0.1. A trarne vantaggio saranno proprio quelle pubblicazioni che sapranno fare un sapiente uso dei vari media per offrire un’e-sperienza di lettura diversa da quella tradizionale, che vada oltre il semplice testo. La migliore gestione dei layout e delle immagini consente una migliore progettazione di riviste e fumetti; i libri scolastici potranno avvalersi di MathML e SVG per rappresentare formule matematiche e grafici. Un’altra novità che ha suscitato non pochi malumori è il supporto al linguaggio JavaScript, fino alla versione 2.0.1 caldamente sconsigliato. Questo consentirà agli editori di aggiungere script, ma soltanto se necessari per migliorare l’esperienza d’uso e non come semplice orpello:

«Scripting consequently should be used only when essential to the User experience, as it greatly increases the likelihood that content will not be portable across all Reading Systems and creates barri-ers to accessibility and content reusability.»

Strahinja Marković, autore dell’editor ePub Sigil, ha scritto nel 2011 un pesante articolo contro questa scelta dell’IDPF: secondo lui gli editori non sono degli sviluppatori, e finiranno per riempire le loro pubblicazioni di effetti inutili e limitare for-temente la compatibilità tra dispositivi. Sempre nel suo articolo scrive:

«Interactivity in books? My God, how ever did books survive the last five thousand years without JavaScript, <video>, <audio> and <canvas>?»

' idpf.org/epub/30/spec/epub30-overview.html

' Marković 2011http://bit.ly/markovic

g ePub Publications Definisce la semantica e tutti i contenuti utilizzati nell'ePub

d ePub Content Documents 3.0 Regola l'utilizzo dei documenti

r ePub Media Overlays 3.0 Regola l'uso di audio e video

o ePub Media Overlays 3.0 Regola la creazione del file 'ePub

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Il punto cruciale è forse proprio questo: Marković intende l’ePub come forma digitale del libro tradizionale. Niente di più, niente di meno. Tutto il resto appartiene al web e alle app. La questione viene ripresa e appoggiata dal blog di BookRepublic.it, uno dei principali venditori di eBook in Italia:

«Ci si chiede quale sia lo scopo di includere in un formato standard degli elementi (come gli script) che se utilizzati senza la necessaria accortezza rischiano di allontanare dal concetto stesso di standard, dal momento che l’esperienza di lettura non è la stessa a prescin-dere dal dispositivo su cui si legge. Spesso si ha la sensazione che si faccia un’equazione sbagliata (editoria digitale = ePub), quando in realtà si avrebbe bisogno di una diversa realizzazione per quello specifico contenuto. Se l’ePub non è abbastanza per valorizzare quella pubblicazione in digitale forse è il caso di pensarne una dif-ferente: magari un’applicazione, una web app o, perché no, un pdf. Se scrivere righe su righe di javascript non è (ancora?) il mestiere dell’editore, scegliere la forma migliore per valorizzare i contenuti certamente lo è.»

La preoccupazione è più che legittima: Marković teme che gli eBook possano diventare come certi siti alla fine degli anni ’90, pieni di animazioni e suoni a casaccio. È chiamato in causa, qui, non tanto il supporto JavaScript in sé, quanto chi è chiamato a progettare tali pubblicazioni.

' Sechi 2011http://bit.ly/sechi-2011

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4. Nuove esperienze d’uso

4.1 La scena attuale

Nei capitoli precedenti si è visto quanto il panorama dell’editoria digitale sia frammentato: dietro la parola eBook si celano una miriade di dispositivi e svariati formati di codifica. Questa molteplicità persiste naturalmente anche in fase di progettazione, poiché sono tanti i programmi destinati alla creazione di libri digitali. I motivi sono molteplici: la tecnologia muta conti-nuamente e non è ancora ben chiaro quale sarà il modello (o i modelli?) vincente di eBook. La sperimentazione richiede costi e tempi che gli editori spesso non possono permettersi, e il tutto spesso si riduce ad un PDF abbellito con qualche galleria inte-

rattiva di foto. Sono in pochi ad osare, anche perché in alcuni casi si tratterebbe di rivoluzionare completamente il flusso di lavoro tradizionale di una redazione o casa editrice. La tendenza attuale è quella di replicare la controparte cartacea, sia in termini di contenuti che di veste grafica: questo da una parte permette al lettore di non sentirsi smarrito, dall’altra consente di non dover impiegare nuove risorse per la progetta-zione del contenuto digitale. Una codifica in digitale che non sempre riesce a dare qualcosa in più, e viene cannibalizzata dal mercato tradizionale. Il fallimento del "The Daily", quotidiano della News Corp. di Rupert Murdoch rilasciato esclusivamente

4 Stringa 2012

1 In alto: schermata dell'app The Daily.

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per iPad, farebbe pensare però al contrario. Come mai un progetto nato con una redazione apposita e sviluppato a braccetto con Apple è fallito miseramente? Lo scopo principale era quello di replicare l’esperienza di lettura di un quotidiano, con la comodità e le potenzialità offerte da un tablet. Il Daily però si è fatto fuori con le sue stesse mani: l’esclusiva distribuzione su iPad ne ha decretato la fine. Tutti i contenuti erano bloccati nell’applicazione stessa, estremamente pesante e soggetta a frequenti crash. Non si è puntato sulla socialità e sulla condivisione, il fulcro dell’informazione odierna presente su Internet. A tal proposito Derek Thompson, redattore capo del "The Atlantic", afferma: "News Corp built a populist new-spaper away from where the people are. They’re on the Web." Dello stesso avviso è James Bridle, tecnologo e scrittore, che scrive nel suo blog booktwo.org riguardo al futuro dell’editoria:

«Sharing, embedding, extending, is what gives promise to the net-worked book. Without it, we are reduced to linking out, which, while more simple for the reader on a digital device, is really no different to giving a source in a footnote in a printed book. In a closed con-tainer, we deny everything that the possibilities of electronic books bring; we’re limited to the syntax of the static web page and the boundaries of the printed book.»

Due sono in sintesi i principali problemi che rendono le pubblica-zioni digitali attuali poco incisive: la mancata riformulazione dei contenuti e gli eccessivi vincoli (posti sia dagli editori che dai produttori hardware) che scoraggiano l’utente.

4.2 Lettura partecipata

Come porre rimedio a tutto ciò? Ad avere le idee piuttosto chiare è Craig Mod, designer, fondatore della casa editrice pre/post, nonché product designer della pluripremiata applicazione Flip-board. In un suo illuminante articolo, “Post-Artifacts Books and Publishing”, Mod descrive le tre fasi che riguardano la creazione di un libro tradizionale. La prima, chiamata sistema pre-artefatto (pre-artifact system), racchiude tutto il processo creativo dall’idea dell’autore fino alla pubblicazione del libro vero e proprio. La seconda è quella dell’artefatto (artifact system), ovvero quando il libro arriva alle mani del lettore. Entrambe le fasi sono espe-rienze private e isolate: l’autore ha un rapporto uno a uno con la sua opera, come lo avrà poi il lettore, senza che ci sia uno scambio effettivo tra le parti. Esiste infine una terza fase, quella in cui il libro diventa oggetto di discussione da parte di classi

4 Gaggi 2011

' Thomson 2012

' Bridle 2010http://bit.ly/bridle-2010

4 Pavlus 2012

4 Ellis 2012

4 pag. 70

4 Mod 2011

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universitarie, studiosi o semplici appassionati: è il sistema post-ar-tefatto (post-artifact system). È proprio in questo sistema che si compie il valore aggiunto di un libro, ma dati i limiti del mezzo cartaceo, non vi è un legame fisico e tracciabile con l’opera stessa. Secondo Mod e chi scrive, una pubblicazione digitale è in grado di offrire un’esperienza totalmente diversa del concetto di ‘libro’: il fulcro di un sistema che comprende autore e lettori e che prevede un continuo scambio tra i soggetti coinvolti.

«This is the post-artifact system. A system of unlocking. A system concerned with engagement. Sharing. Marginalia. Ownership. Community. And, of course, reading. […] Structurally, marginalia represents a potentially infinite layering atop the content. Mani-fested properly, each new person who participates in the produc-tion of digital marginalia changes the reading experience of that book for the next person. Analog marginalia doesn’t know other analog marginalia. Digital marginalia is a collective conversation, cumulative stratum. Marginalia is, of course, nothing new. Like old Paul Rand, as long as we’ve had books we’ve been scribbling in them. Spilling coffee on them. Covering them in the dirt and dust of travel. Sometimes deliberately, sometimes unknowingly marking them with memories.»

) Open Bookmarks (www.openbookmarks.com) è un progetto creato dallo scrittore e tecnologo James Bridle, fondatore della casa editrice Bookkake. L'intento è creare uno standard che migliori l’esperienza social degli eBook, ad esempio rendendo il testo, i segnalibri e le note a margine aper-te e condivisibili.

' Mod 2011

1 Nello schema (ad opera di Craig Mod, in questa tesi tradotto e rielaborato per renderlo coerente con il progetto grafico) viene illu-strato il processo che va dall'idea dell'autore al compimento della sua opera. Il sistema pre-artefatto consiste in uno scambio (limitato nel tempo) tra l'autore e l'editore. Questo si conclude nella realizzazione del libro cartaceo, definito da Mod "Il Grande immutabile artefatto". Il sistema post-artefatto mostra invece come i marginalia degli utenti contribuiscono all'essenza stessa del libro, rendendolo un progetto in continuo divenire. Entrambe le vie possono essere percorse senza che una intralci l'altra.

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Come afferma Mod stesso, l’idea che il lettore possa partecipare attivamente alla lettura di un testo non è nulla di nuovo. I mar-ginalia, ovvero le “annotazioni poste in margine a codici antichi”, sono sempre stati presenti nella storia. Nel Medioevo le letture erano perlopiù pubbliche:

«Readers in the latter part of the Middle Ages did with books ex-actly what Socrates had claimed was impossible: They questioned and debated each idea. True, the author wasn’t around, but in many ways that made the job more challenging, more interesting. Really a sentence, question it. Read a page, criticize it.»

Il mezzo digitale però può migliorarne la diffusione e lo scambio, annullando le distanze geografiche e temporali. Isabel de Mau-rissens, ricercatrice presso l’ANSAS, afferma in suo articolo l’importanza che le note a margine hanno nel contesto dell’ap-prendimento di conoscenze:

«Le potenzialità didattiche degli eBook sono notevoli e varrebbe la pena seguirne l’evoluzione. Alcune funzionalità come la possibi-lità di annotare il testo, sottolinearlo, inviare quesiti e chiarimenti ad un altro lettore, condividere le note, riscriverle, fanno intrave-dere un revival e una nuova organizzazione delle note ai margini dei testi.»

È piuttosto chiaro perciò come un eBook possa offrire contenuti diversi rispetto alla controparte tradizionale. Anche l’editoria tra-dizionale deve saper sfruttare l’apparente concorrenza mettendo in campo i propri punti di forza: una pubblicazione ben progettata e prodotta non vedrà intaccato il suo mercato. Spetta perciò al progettista grafico (oltre che all’editore natural-mente) affinare le proprie capacità utilizzando di volta in volta i software appropriati alle necessità del progetto. Le pubblica-zioni in ePub 3 sembrano al momento quelle più adatte ad offrire crossmedialità, rispetto degli standard, e supporto ai più recenti linguaggi del Web. Come si è visto però è ancora presto per poter decretare il “vincitore”.

' Dizionario Treccani

' Norman 1994, pp. 46-47

i L’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, istituita nel 2006 per svolgere i compiti dei soppressi INDIRE (Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa) e IRRE (Istituti Regionali di Ricerca Educativa).

' De Maurissens 2011http://bit.ly/maurissens

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49

4.3 Scrittura nello spazio

Tecnologie come HTML5 Canvas, MathML e l’uso di contenuti audio e video all’interno delle pubblicazioni digitali consentono di superare il concetto di scrittura lineare. L'eBook permette di rappresentare un testo attraverso la fusione tra parola e immagine, insieme ad altre componenti quali immagini in movi-mento, grafici, oggetti interattivi - creando così artefatti ibridi. Luciano Perondi, grafico e progettista di caratteri tipografici, nel suo libro “Sinsemie” — dal greco syn (συν), “insieme” e simìa (σήμα), “segno” — fornisce un eccellente studio sulle forme di scrittura non lineari, che ben si sposano con le specificità del mezzo digitale.

«Per sinsemia si intende la disposizione deliberata e consapevole di elementi di scrittura nello spazio con lo scopo di comunicare, at-traverso l’articolazione spaziale, in modo ragionevolmente univoco e secondo regolarità.»

Poiché la natura stessa di un testo è bidimensionale e gli ele-menti che lo compongono sono legati tramite relazioni spaziali, si può desumere che la scrittura appartenga a un insieme più vasto, quello delle immagini. La rappresentazione di un testo, o meglio, la sua denotazione — data ad esempio dai vari accorgi-menti tipografici quali l’uso del grassetto, i rientri o la spaziatura — vale tanto quanto il contenuto stesso ai fini della compren-sione. Ad avvalorare questa tesi vi è anche una spiegazione scientifica sulla lettura di un’immagine a livello cerebrale. L’informazione visiva viene elaborata seguendo due percorsi: il primo, la via ventrale, si occupa di dare una corrispondenza ideale di ciò che si sta osservando, a prescindere dalla sua con-dizione in quel preciso istante; il secondo, la via dorsale, invece elabora l’oggetto in analisi rispetto allo spazio in cui è inserito. Secondo Perondi perciò l’apporto di artefatti sinsemici può attivare ulteriori aree cerebrali rispetto a quelle che interessano la consueta lettura lineare. I vantaggi sarebbero due: un maggior numero di rappresentazioni legate allo stesso concetto aumenta la comprensione dello stesso, e l’utilizzo di rappresentazioni sin-semiche può rendere immediati alcuni aspetti del testo rispetto a un’organizzazione sequenziale. Donald A. Norman, docente di Scienze Cognitive ed Informatica, nel suo libro “Things that make us smart” scrive:

«The powers of cognition come from abstraction and representa-tion: the ability to represent perceptions, experiences, and thoughts

4 pag. 34

' Costa 2011http://bit.ly/costa-2011

' Perondi 2011, pp. 122-127

4 Gruppo di Ricerca Exp 2006

' Norman 1994, pag. 51

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in medium other than that in which they have occurred. […] This ability to represent the representations of thoughts and concepts is the essence of reflection and of higher-order thought. It is through metarepresentations that we generate new knowledge, finding consistencies and patterns in the representations that could not readily be noticed in the world.»

Le pubblicazioni digitali possono trarre massimo beneficio dall’u-tilizzo di tali rappresentazioni (es. mappe, timeline o matrici dinamiche) se sono in grado di sfruttare al meglio le funzio-nalità elencate nei capitoli precedenti. La condizione necessaria è che tali artefatti sinsemici rispettino una precisa grammatica e utilizzino una serie di variabili grafiche adatte allo scopo: una variabile additiva (come ad esempio la tonalità, la densità o la dimensione) è adatta a rappresentare valori incrementali, mentre una variabile sostitutiva (come il colore o la forma) ha un forte potere associativo. In linea di massima maggiore è la naturalezza della rappresentazione — ovvero la corrispondenza tra la cosa in sé e la sua resa grafica — maggiore è la facilità di compren-sione. Norman definisce quest’assonanza mapping naturale. 4 Norman 2011, pag. 38

0 – 10%

10 – 15%

15 – 20%

20 – 25%

25% – +

1 Nell'esempio mostrato in basso (Norman 1994, pp. 70-71) lo stesso dato incrementale — una percentuale — viene rappresentato prima con variabili sostitutive (pattern o colori) 5, poi utilizzando diverse tonalità di un solo colore (variabile additiva) 4. La rappresentazione in basso denota gli errori che sorgono quando si sceglie una variabile non appropriata: lo sforzo cognitivo è maggiore, la legenda diventa indispensabile e la natura stessa dei pattern porta a compiere delle associazioni sbagliate (i pallini più grandi non rappresentano i valori maggiori).

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Attenzione a non cadere nella trappola di voler ricalcare nella totalità l’oggetto da rappresentare:

«A representation is never the same as the thing being represented, else there would be no advantage to using one. The critical trick is to get the abstractions right, to represent the important aspects and not the unimportant.»

Questo principio vale in ogni campo della progettazione, soprat-tutto in quello dell’interfaccia: spesso e volentieri vengono riprodotte artificialmente funzioni legate alla controparte ana-logica senza un reale bisogno. L’uso di tali caratteristiche all’interno di una progettazione prende il nome di skeuomorfismo. Molte applicazioni dei sistemi operativi Mac OS X e iOS pre-sentano una scelta di questo tipo: ad esempio, l’effetto simil-pelle delle applicazioni iCal e Contatti, la simulazione dello sfogliare una pagina o le applicazioni Edicola e iBooks che presentano scaffali di legno come contenitori di libri e riviste. Steve Jobs ne era un forte sostenitore, ma sembra che oggi Apple voglia allontanarsi da questa filosofia. Il problema non sta tanto nel recuperare metafore legate a oggetti tradizionali, quanto a una non reale corrispondenza tra le due parti del paragone. Se l’amore per la riproduzione del reale inficia le funzioni e l’u-sabilità dell’interfaccia, forse non è la strada giusta da seguire ai fini della progettazione. Altri principi di buona progettazione verranno affrontati più avanti nell’analisi specifica di alcune pub-blicazioni digitali.

' Norman 1994, pag. 49

4 Wingfield 2012

4 Sears 2011http://bit.ly/sears

0 – 10%

10 – 15%

15 – 20%

20 – 25%

25% – +

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4.4 Gli strumenti del mestiere

Realizzare una pubblicazione in formato ePub 3 non richiede par-ticolari software: è sufficiente avere dimestichezza con HTML5, CSS3 e JavaScript per poter progettare qualsiasi contenuto. Un editor di codice che può venire in aiuto è Sigil, progetto open source creato da Strahinja Marković e portato avanti dal 2011 da John Schember, già sviluppatore dell’applicazione Calibre (una sorta di iTunes per libri digitali). Rivolta ad un ambito pret-tamente professionale — sia per i costi che per le conoscenze richieste — è invece la Digital Publishing Suite di Adobe, un’esten-sione del programma InDesign appartenente alla Creative Suite.

4.4.1 Adobe Digital Publishing Suite

Adobe DPS è in grado di generare un’applicazione per iOS a partire da un progetto realizzato in InDesign. In questo modo la conversione di una pubblicazione inizialmente progettata per la stampa in una versione digitale diventa piuttosto semplice. Questo processo richiede l’aggiunta di livelli interattivi (come gal-lerie fotografiche o gabbie che mostrano contenuti diversi a seconda dei pulsanti premuti), l’esportazione delle singole pagine nella Adobe Cloud, e una successiva finalizzazione che consente la pubblicazione presso l’App Store di Apple — o un’an-teprima su un numero limitato di dispositivi autorizzati. Per compiere tutto questo processo sono necessari un account Adobe (incluso nelle recenti versioni della Adobe Creative Suite) e un account iTunes Connect (gratuito soltanto nel caso si vogliano pubblicare libri scaricabili gratuitamente). È indi-spensabile infine un computer con sistema operativo Macintosh, necessario per poter comunicare con i server Apple. La fase di progettazione avviene totalmente dentro InDesign, con la possibilità di creare layout differenti a seconda dell’o-rientamento dell’iPad. È chiaro come da un lato sia semplice

4 pag. 43

4 Schember 2011http://bit.ly/schember

) calibre-ebook.com/about

1IIn alto: schema di esportazione del layout InDesign per iPad.

AUTHORING TRAMITE OVERLAY CREATOR E FOLIO BUILDER

ESPORTAZIONE DA INDESIGN

GENERAZIONE DEGLI ARTICOLI (FOLII)

VISUALIZZAZIONESU TABLET

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importare i contenuti di un progetto con finalità cartacee già esistente, dall’altro come questo condizioni fortemente la pubbli-cazione digitale stessa: InDesign è un programma nato per la progettazione di contenuti editoriali tradizionali. Le applicazioni generate con Adobe DPS sono di fatto dei PDF con qualche forma di interattività: ogni articolo o sezione (chiamato folio) si sviluppa seguendo uno scrolling verticale, mentre con quello orizzontale si passa al contenuto successivo. All’interno di questi il testo non è selezionabile, non si adatta fluidamente al dispositivo (cambia soltanto il layout a seconda dell’orientamento se previsto in fase di progettazione) e il tutto risulta vincolato all’applicazione stessa. Sui dispositivi dotati di retina display il testo non appare nitido, a meno che non sia pre-vista a monte una versione ad alta definizione. I contenuti audio e video non possono far riferimento a fonti esterne, non è pos-sibile perciò ad esempio sfruttare i video presenti sui siti quali YouTube e Vimeo. Tutto ciò appesantisce decisamente le dimen-sioni del file. L’interattività offerta spesso si limita a delle semplici gallerie fotografiche, o a copertine che giocano con le transizioni e gli effetti di testo. In alcune pubblicazioni le dimensioni dello schermo vincolano i contenuti come i limiti imposti da un foglio di carta, con l’impossibilità di poter fare scrolling verticale liberamente: ogni schermata è a sé, e i con-tenuti sono divisi schermata per schermata, come se fossero delle pagine cartacee. L’eccessivo peso di una pubblicazione (che oscilla tra i 100 Mb e i 250 Mb) non rende appetibile l’esperienza d’uso: scaricare un numero di una rivista con una connessione dati cel-lulare comporta troppo tempo oltre che un consumo eccessivo di Megabyte previsti dal proprio piano tariffario. Fortunatamente ci sono anche esempi virtuosi (mostrati più avanti) di pubblica-zioni che mostrano accenni d’innovazione e sperimentazione, nonostante i forti limiti dell’architettura imposta da Adobe DPS.

4.4.2 iBooks Author

Un’applicazione creata appositamente per la progettazione di contenuti digitali è iBooks Author, rilasciata gratuitamente da Apple nel 2012 per sistema operativo OSX 10.7 o superiore. iBooks Author è in grado di creare pubblicazioni in formato iBooks, formato proprietario basato su ePub 3, ma compatibile esclusivamente con iPad. L’applicazione ha un’interfaccia simile agli altri software sviluppati da Apple (es. Keynote e Pages), il che consente anche ai principianti di poter creare facilmente contenuti anche grazie ai modelli inclusi. L’estrema semplicità

i I dati si riferiscono alle uscite di dicembre 2012 delle riviste "Wired Italia" e "Domus".

i Al momento in cui scrivo i diversi operatori italiani (Tim, Vodafone, Wind e H3G) offrono 1Gb al mese al costo di 10€.

) www.apple.com/pr/library/2012/01/19Apple-Reinvents-Textbooks-with-iBooks-2-for-iPad.html

4 pag. 43

1 La versione italiana della rivista "Wired" presenta un box Twitter con i messaggi del direttore in tempo reale, ma non è possibile interagire in alcun modo con i tweet.

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limita l’operato del progettista grafico, ma la parziale apertura agli standard del Web permette comunque una resa più che buona. Al momento in cui scrivo la versione in uso, la 2.0, per-mette di realizzare libri digitali con le seguenti caratteristiche:

> il layout fluido consente di disporre gli elementi dinamica-mente sia in modalità orizzontale che verticale;

> è possibile compiere interazioni con il testo, come la condivi-sione sui social network o la ricerca dei termini sul dizionario;

> sono supportate font personalizzate in formato TTF e OTF; > vi è pieno supporto dei contenuti audio e video; > vi è la possibilità di inserire equazioni matematiche tramite

linguaggio MathMl; > i widget consentono di inserire facilmente gallerie fotogra-

fiche, didascalie interattive, infografiche e altri contenuti personalizzati basati su codice HTML, CSS e JavaScript com-patibile con il dispositivo.

Una volta realizzato, il file esportato può essere distribuito gratui-tamente o venduto esclusivamente sull’iBooks Store; quest’ultima opzione richiede un account iTunes Connect (alla stessa maniera di Adobe DPS).

) www.apple.com/it/ibooks-author/

4 pag. 37

) support.apple.com/kb/HT5068

1 Schermata di iBooks Author.

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4.4.3 Inkling

Se gli strumenti offerti da Adobe e Apple sono piuttosto legati al dispositivo e non vanno incontro alla crossmedialità, ci sono altri sistemi che puntano invece proprio sull’apertura dei con-tenuti e la piena compatibilità con il Web. Come Inkling, società di San Francisco fondata nel 2009 da Matt MacInnis, per otto anni dipendente Apple. L’idea di MacInnis è stata quella di rivo-luzionare i libri scolastici, sfruttando a pieno le potenzialità offerte dai tablet, ma aprendosi anche al Web. Dopo aver stretto accordi con due dei principali editori scolastici statunitensi — McGraw-Hill e Pearsons — Inkling ha rilasciato una serie di libri digitali tramite il proprio store (accessibile dall’applicazione dedicata per iPad e iPhone o direttamente sul sito dell’azienda) con molte delle funzionalità che Craig Mod descrive nei suoi articoli. Il sito di Inkling recita:

«When we set out to design Inkling, we thought about the assump-tions people make, usually unconsciously, each time they create or consume a book. Take the concept of a page, for example. A page is a block of content divided by what “fits” into a given physical space. If you’ve ever done an essay for a course, you’ve probably changed the amount of content on a page by changing the line spacing or changing the font size. But the page itself rarely rep-resents a semantic break in the content. That is, a page is a page not because it makes sense for the content itself, but because that’s just what happened to fit. […] Publishing in this new era will cast aside the constraints of the printed book and embrace the opportu-

1 In alto: schermata di un libro di testo sviluppato con Inkling.

4 Nieva 2012

' www.inkling.com/about/

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nity of multitouch devices and their impressive computing power. It will generate content that responds to the user, and it will en-gage people in new ways that television, newspapers, magazines and websites never could.»

Tra le novità principali spiccano: la possibilità di acquistare argo-menti e non libri interi; un social network tra i vari utenti per condividere in tempo reale appunti e domande; contenuti edi-toriali progettati da zero per sfruttare al meglio le potenzialità del mezzo; crossmedialità garantita dall’accesso via Web.

4.4.2 BEdita

Una realtà molto simile a quella di Inkling — ma tutta italiana — è BEdita, framework per applicazioni Web nato dalla collabora-zione tra le bolognesi Chialab e ChannelWeb. BEdita è una sorta di CMS, che prevede diverse forme di pubblicazione a seconda delle necessità. Il framework permette perciò all’interno dello stesso flusso di lavoro di creare output sia per la stampa che digitali, a partire da una serie di contenuti opportunamente “taggati”. Ogni tipo di contenuto è considerato come un oggetto, il quale può avere determinate proprietà, essere inserito in cate-gorie, tradotto, geolocalizzato, etc… La semantica è totalmente personalizzabile. BEdita è un progetto open source, rilasciato gra-tuitamente per opere aventi la medesima licenza, mentre per le pubblicazioni soggette a copyright è disponibile una licenza commerciale. In collaborazione con Zanichelli è nata la piattaforma di lettura IeB (Interactive eBook), che ha tradotto l’esperienza dei libri scolastici in formato digitale.

) Rosanelli 2009http://bit.ly/rosanelli

1 In basso: schermata della dashboard di BEdita. Ogni tassello colorato corrisponde a un modulo che gestisce il corrispondente contenuto.

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Di seguito la descrizione degli IeB dal sito dello studio ChiaLab:

«Gli interactive eBook sono i libri del futuro, integrano i contenu-ti del libro stampato con video,  laboratori  interattivi,  animazio-ni, strumenti per lo studio, il ripasso e la memorizzazione, servizi social dei contenuti  tra studenti e tra professori. Sono progettati per rendere la lettura comoda e sincronizzata su tutti i dispositivi di lettura. L’interfaccia grafica va oltre il semplice PDF e garantisce la massima accessibilità  al testo e alle illustrazioni su qualsiasi dispositivo: dallo schermo del computer da tavolo sino ai picco-li tablet. Gli interactive eBook mantengono la numerazione delle pagine e l’articolazione dei contenuti del libro stampato. Dispon-gono di  glossari tematici  per materie e di  link a risorse esterne  che espandono lo studio guidandolo sulla rete. Attraverso un clic su qualsiasi parola, si accede al suo significato consultando il dizionario Zingarelli  o al  il Ragazzini.  […] Gli interactive eBook si possono sottolineare e annotare; note e appunti saranno condi-visi e sincronizzati su qualsiasi dispositivo di lettura.»

' www.chialab.it/annaffiatoio/ieb-online

4 pag. 74

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4.5 Conclusioni

Esempi virtuosi come Inkling e BEdita dimostrano che è possibile innovare nel campo dell'editoria digitale, che è così in grado di offrire un'esperienza di lettura differente da quella tradi-zionale. Si tratta di una lettura partecipata, in cui autori e lettori fanno parte di un sistema organico che prevede continui scambi. Si tratta di una lettura che travalica il concetto tradizionale di pagina come contenitore e di testo lineare, perché ciò che si legge è costituito da elementi eterogenei presentati su dispo-sitivi diversi: immagini, video, suoni, grafici interattivi, messaggi aggiornati costantemente; schermi di differenti dimensioni e differenti risoluzioni. È indispensabile però ripensare i sistemi produttivi e i flussi di lavoro per garantire una buon prodotto finale: ciò significa non solo un adeguamento delle conoscenze da parte del progettista, ma anche di tutte le altre figure che si occupano di un prodotto editoriale. I contenuti vanno scremati e ripensati per sfruttare le specificità del mezzo; i linguaggi di programmazione devono garantire la massima interoperabilità tra dispositivi; la progettazione deve andare ben oltre l’adatta-mento di un layout cartaceo preesistente, ma deve essere una traduzione che sappia tener conto del mezzo su cui verrà fruita. Solo in questo modo l’eBook riuscirà definitivamente ad emanciparsi e distinguersi dal libro tradizionale, perché la lettura su carta è soltanto una delle tante esperienze d’uso possibili.

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5. Analisi delle pubblicazioni digitali attuali

In questa sezione verranno prese in analisi alcune pubblicazioni digitali che si distinguono per una serie di fattori che rendono l’e-sperienza d’uso innovativa e differente da quella tradizionale. Per compiere l'indagine, si è cercato di capire se le pubblicazioni prese in esame soddisfano i parametri di seguito descritti. Inoltre sono stati considerati altri criteri, quali la coerenza nell'uso degli elementi dell'interfaccia e l'utilizzo di layout coe-renti con il mezzo d'uso.

5.1 Progettazione dell’interfaccia

Un’interfaccia disegnata bene deve rispondere a una serie di criteri che non riguardano soltanto l’aspetto grafico — come ad esempio le icone o le finestre — ma l’interazione tra utente e macchina. Jef Raskin, uno dei creatori del Macintosh, definisce l’interfaccia "il modo in cui si fa qualcosa con uno strumento: le azioni che dobbiamo eseguire e il modo in cui lo strumento risponde". Mi limiterò in questa sezione ad elencare soltanto i principi base, poiché una trattazione esaustiva dell’argomento richiederebbe un libro a parte.

5.1.1 VISIBILITÀ

Gli elementi che richiedono un’interazione da parte dell’utente devono essere ben riconoscibili e distinguibili. La visibilità non può però prescindere da una gerarchia degli elementi da mostrare: rendere visibili sullo stesso piano troppe funzioni comporta un sovraccarico che disorienta l’utente. In alcuni casi perciò nascondere è tanto importante quanto mostrare. Ne “Le leggi della semplicità” di John Maeda, grafico e Preside del Rhode Island School of Design, la pratica di nascondere tutto ciò che può confondere l’utente è suggerita nella prima legge, quella della riduzione.

' Raskin 2003

' Maeda 2006, pp. 13-25

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5.1.2 AFFORDANCE

Il termine indica le qualità di un oggetto che esprimono l’uso che si deve fare dello stesso: la forma di una forchetta ad esempio invita l’utente in maniera naturale ad afferrare l’og-getto per infilzare qualcos’altro. Come suggerisce Norman, "quando gli inviti all’uso sono opportunamente sfruttati, basta guardare per sapere che cosa si deve fare, senza bisogno di figure, etichette o istruzioni. Le cose complesse possono richiedere spie-gazioni, ma quelle semplici non dovrebbero averne bisogno." Applicazioni quali "Wired" o "La vita nòva" fanno un largo uso di legenda per interazioni che in realtà non richiedono icone aggiuntive, come ad esempio la segnalazione di gallerie fotogra-fiche o video riproducibili. Una scarsa affordance può dipendere da un mapping poco intuitivo: un pulsante che deve assolvere a più funzioni — come ad esempio quelli degli orologi digitali — è piuttosto difficile da utilizzare senza una spiegazione a priori.

5.1.3 FEEDBACK

Il feedback è "l’informazione di ritorno che dice all’utente quale azione ha effettivamente eseguito". In questo modo l’utente non è lasciato in balìa degli eventi e ottiene una risposta ade-guata in base all’interazione che compie. Un feedback può sfruttare diversi canali sensoriali per comunicare il proprio mes-saggio. Un pulsante che cambia colore quando premuto o una barra di caricamento sono esempi di feedback visivi, ma esi-stono anche feedback sonori (es. il suono di avvenuto invio di un messaggio di posta elettronica) e tattili (alcuni schermi rila-sciano una leggera vibrazione in corrispondenza dell’area toccata). Anche le finestre modali contenenti messaggi sono esempi di feedback, a patto che queste però diano una reale informazione all’utente. Segnalare ad esempio un errore sconosciuto senza dare ulteriori dettagli a riguardo non aiuta in alcun modo l’utente.

5.2 Integrazione con la Rete

Come già affermato in precedenza, una pubblicazione che non tiene conto della Rete e delle sue potenzialità non può garantire una fruizione tale da soddisfare le aspettative di un internauta. Esempi virtuosi comprendono:

> libertà di interagire con il testo (es. copia-incolla); > condivisione degli articoli con gli amici tramite i principali

canali social;

4 Gibson 1977

' Norman 2011, pp. 20-21

4 pag. 50

' Norman 2011, pag. 43

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> statistiche e dati aggiornati in tempo reale; > contenuti extra scaricabili su richiesta per non appesantire

le dimensioni della pubblicazione; > contenuti basati sui propri interessi, aggregati dai vari social

network (es. libri apprezzati su aNobii, canzoni ascoltate tramite Last.fm, film recensiti su Rotten Tomatoes, etc…).

In generale una pubblicazione digitale ben integrata con la Rete offre un’esperienza d’uso più arricchita rispetto ad un’applicazione che tende a chiudere i contenuti entro se stessa (come è stato per la rivista The Daily).

5.3 Capacità di sfruttare le specificità del mezzo

I contenuti progettati nativamente per pubblicazioni digitali sfruttano al massimo le specificità del mezzo. Queste permettono di migliorare la comprensione, di superare la linearità del testo, di offrire maggiori contenuti e soprattutto differenziati rispetto alla controparte cartacea. Un esempio è The Silent History, romanzo digitale per iPad che offre capitoli extra soltanto se il lettore si trova in determinate aree geografiche legate alla trama del libro; tutto questo ovviamente è possibile grazie alla geolocalizzazione offerta dal dispositivo. Una rivista di eco-nomia può mostrare i dati della borsa in tempo reale, mentre un manuale di fisica può spiegare fenomeni partendo da dati mani-polabili a piacimento. Le potenzialità sono praticamente infinite.

Per ogni pubblicazione digitale sono state selezionate una serie di schermate che mostrano riassunte le caratteristiche innovative secondo i parametri enunciati sopra. Rimane sempre la situazione di incertezza e frammentarietà descritta nelle pagine precedenti, perciò verranno sottolineati anche gli eventuali errori di cui sof-frono le applicazioni. Quest’analisi va vista pertanto come una fotografia dello stato attuale dell’editoria digitale, i cui errori non vanno visti come un fallimento, ma come frutto di una con-tinua sperimentazione e innovazione.

4 pag. 45

) www.thesilenthistory.com

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BLOOMBERG BUSINESSWEEK+Navigazione intuitivaA differenza di altre riviste digitali, non c’è nessuna guida intro-duttiva o legenda: navigare all’interno dell’app è intuitivo. I contenuti che richiedono un’interazione da parte dell’utente sono inseriti in un’interfaccia consolidata e coerente con quella di iOS. Nell’header troviamo ben distinte due aree: la barra di navigazione e la barra degli strumenti. y visibilità La prima mostra le varie sezioni della rivista, ciascuna identificata da un colore specifico. La barra degli strumenti mostra una serie di pulsanti la cui funzione è facilmente intuibile y affordance (info sull’applicazione, modifica impostazioni, contenuti audio, contenuti salvati, ricerca all’interno degli articoli). Nel footer è possibile accedere all’archivio delle altre uscite della rivista.

Testo aperto È possibile selezionare il testo degli articoli come avviene per una normale pagina web. In alternativa si possono utilizzare i pulsanti a sinistra per condividere l’articolo sui principali social network, y rete o salvarlo tra i preferiti per una rapida consulta-zione tramite l’icona apposita in alto a destra. La funzione di ricerca, infine, permette di trovare qualsiasi parola all’interno di tutti i numeri della rivista acquistati e presenti sul dispositivo.

Contenuti audio e videoGli articoli sono arricchiti da video e commenti audio. Per non appesantire la pubblicazione ciascuno di essi si scarica a parte, ma il download richiede pochi secondi. Naturalmente in assenza di connessione Internet la fruizione non è possibile. L'integrazione con il dispositivo consente la riproduzione multi-tasking al di fuori dell’applicazione y rete — o degli altri articoli della rivista — e la messa in pausa direttamente dai pulsanti appositi di iOs (accessibili ad esempio quando l’iPad è bloccato). Quando un contenuto audio è in riproduzione, l’apposita icona in alto a destra diventa animata.

Grafici dinamiciPer ogni azienda quotata in borsa citata negli articoli, è disponibile un grafico che mostra dinamicamente gli ultimi risultati. y medium È sufficiente selezionare il nome della società per far apparire il corrispondente pop-up.

Tipologia: versione digitale dell’omo-nimo settimanale di economia.

piattaforma: iOS (iPhone e iPad).

Contenuti: offre gli stessi articoli della versione cartacea, in aggiunta a una serie di contenuti esclusivi e multimediali che ne arricchiscono l’esperienza di lettura.

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AL GORE’S OUR CHOICETesto tradizionale

L’applicazione è divisa in capitoli, ricalcando in pieno la contro-parte cartacea. Per quanto l’applicazione offra spunti interessanti e molto legati alle specificità del mezzo (come le infografiche interattive), il testo è ancora legato al mezzo cartaceo. L’intera-zione è praticamente nulla: non è possibile ingrandire i caratteri, non si può selezionare il testo né tantomeno condividerlo sul web. x rete Il layout è molto rigido, e la suddivisione in due colonne considera i limiti dello schermo dell’iPad uguali a quelli di un foglio di carta. Scrive a tal proposito Oliver Reichenstein:

«The iPad portrait mode allows for a nice column width with enough white space left and right. The landscape offers even more white space. Why not use it? In a medium with infinite ver-tical space there is no need to create dense multi column layouts. Yes, multi-columns look classy-classic but so do heavy black rotary telephones. In practice, multi column article pages are as useful as heavy dial disc cellphones.»

Infografiche interattive

Il punto di forza di Our Choice sono le infografiche grazie alle quali l’utente può interagire per apprendere i concetti. y medium Vengono usate sapientemente variabili cromatiche additive e la legenda è ridotta al minimo. Le parti che sono tappabili hanno la giusta affordance e sembrano pulsanti. Alcuni schemi sfruttano interazioni ludiche, come ad esempio il soffiare sul microfono dell’iPad per far girare di più le pale eoliche.

Mapping naturale

La navigazione avviene esclusivamente in maniera orizzontale (come l’orientamento dello schermo) ed è segnalata, oltre che dai pallini a inizio capitolo, da un layout che mostra sempre ai bordi uno spiraglio dei contenuti attigui. y mapping Per aprire ogni forma di contenuto basta effettuare un pinch and zoom (ovvero ingrandire con due dita), e per tornare indietro è suffi-ciente compiere l’azione inversa.

Tipologia: versione digitale dell’omo-nimo libro.

piattaforma: iOS (iPhone e iPad).

Contenuti: offre gli stessi contenuti della versione cartacea, in aggiunta ad altri multimediali che ne arricchi-scono l’esperienza di lettura.

' Reichenstein 2010

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LIFE ON EARTHLayout Fluido

Il contenuto del libro si dispone automaticamente in base all’orientamento del dispositivo: in modalità portrait dà maggiore importanza al testo, disposto su un’unica colonna con un margine a sinistra per le immagini e i contenuti interattivi; in modalità landscape è su due colonne intervallate dagli extra.

Testo aperto

Il testo è selezionabile, annotabile ed evidenziabile. y rete In alto a destra è sempre presente una modalità di ricerca. È presente un glossario che rimanda al contenuto corrispondente nel testo. Le equazioni matematiche sono scritte in linguaggio MathML, e in ogni momento è possibile consultare contestual-mente il dizionario.

Navigazione lineare

La navigazione riprende molto quella di "Our Choice", progetto di Mike Matas (per anni product designer presso Apple). Ogni capitolo contiene al suo interno tante piccole miniature cor-rispondenti alle pagine che lo compongono. Il salto di qualità sta nella fluidità del layout, che consente di avere una naviga-zione orizzontale o verticale a seconda dell’orientamento del dispositivo. Le interazioni necessarie per aprire e chiudere i contenuti interattivi mancano in alcuni casi di consistenza: in alcuni casi basta effettuare uno zoom and pinch e in altri invece è necessario toccare dei pulsanti appositi. x coerenza

Widget

Il punto di forza di iBooks Author è la possibilità di inserire widget basati su HTML, CSS e JavaScript. y medium In questo modo le infografiche e le animazioni 3D permettono una maggiore interazione. Essendo poi il libro un manuale scolastico, risultano molto utili i quiz a fine capitolo e le schede studio legate al glos-sario.

Tipologia: manuale di biologia.

piattaforma: iOS.

Contenuti: è un libro di testo di scienze progettato da zero con iBooks Author. Rispetto ad un manua-le tradizionale integra modelli 3D, gallerie fotografiche, video e quiz.

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MARTA STEWART LIVING / WHOLE LIVINGVedere ma non toccare

La rivista è realizzata tramite Adobe Publishing Suite: come è stato affermato in precedenza questo strumento genera dei PDF un po’ troppo legati al concetto di rivista tradizionale. Il testo non è selezionabile, x rete il layout è progettato per singole schermate e utilizza gabbie più adatte a un foglio di carta che a uno schermo scrollabile all’infinito. L’uso di ben tre colonne in modalità portrait comporta una giustezza del testo inadeguata e anche ingiustificata, visto che l’articolo continua scrollando verso il basso. x medium

Articoli su misura

Gli articoli sono brevi e adatti per la fruizione su tablet. y affordance Tutorial video spiegano ad esempio come decorare le magliette, e un’apposita icona consente di scaricare da Internet il materiale necessario per farlo (anche se poi c’è comunque bisogno di un computer con una stampante). Tutte le immagini che mostrano oggetti hanno in didascalia il relativo link per acquistarli online. Vengono usate accattivanti immagini a tutto schermo che ne sfruttano l’ampiezza, ma non tutte le gal-lerie sono interattive.

Tipologia: magazine digitale.

piattaforma: iOS.

Contenuti: è una rivista dedicata prin-cipalmente ad un pubblico femminile. Gli articoli riguardano cucina, fai da te, benessere, stili di vita. Alcuni di essi traggono beneficio dall’inte-rattività offerta dal supporto digitale.

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FLIPBOARDUn avanzato aggregatore RSS

"Flipboard" consente di leggere notizie da più fonti basate su feed RSS o XML, e le impagina come se fosse un quotidiano creato appositamente per l’utente. È sufficiente selezionare le fonti (tra quelle autorevoli consigliate in vetrina, o semplicemente for-nendo un feed RSS) e scegliere di integrare o meno le notizie provenienti dai propri contatti presenti sui social network quali Facebook e Twitter. La navigazione ricalca quella di un libro: è sufficiente sfogliare le pagine trascinandole da destra a sinistra.

Un social network di notizie

Il punto di forza di Flipboard sta nella profonda integrazione con i social network: y rete le notizie condivise dai propri amici vengono inserite nel flusso di articoli consultabili ed è pos-sibile compiere le azioni più comuni (commentare, condividere, effettuare un retweet o mettere un ‘mi piace’) direttamente dall’applicazione. Gli articoli più condivisi all’interno di Flipboard sono segnalati con un’apposita etichetta.

Layout ridotto ai minimi termini

Le notizie formattate secondo gli standard XML vengono ripro-dotte da Flipboard senza alcun tipo di CSS originario: il testo, disposto su un’unica colonna, è il protagonista. Le eventuali immagini a corredo seguono il flusso del testo ed è comunque possibile a fine articolo aprire il link originario. Se la fonte invece è una serie di immagini (come un flusso di 500px o di Instagram), il layout mostra le foto secondo una griglia preimpostata, utiliz-zando uno sfondo adeguato.

Tipologia: aggregatore di notizie.

piattaforma: iOS, Android.

Contenuti: è un aggregatore di notizie profondamente integrato con i social network e sapientemente disegnato. È cucito su misura dell’utente, il quale può personalizzare la rivista in base ai propri interessi.

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TIMBUKTUNon solo per i bambini

L'applicazione è rivolta ai genitori che vogliono condividere l'e-sperienza d'utilizzo dell'iPad con i loro bambini, al fine di educarli sia per i contenuti offerti che per la modalità di fruizione degli stessi. Ogni giorno viene pubblicato un contenuto diverso: tro-viamo favole, tutorial per costruire giocattoli, esercizi didattici e videogiochi.

A doppio filo con la Rete

L'applicazione sfrutta a pieno le potenzialità di HTML5, CSS3 e JavaScript, che permettono l'uso di suoni, caratteri e grafiche adatte ad un pubblico di bambini. y medium Ogni articolo è condivi-sibile sui social network (anche se in realtà è un link che invita a scaricare l'applicazione se l'utente non la possiede), e il testo è completamente selezionabile.

Semplicità e linearità

L'interfaccia è pensata per chi usa principalmente l'applicazione: un bambino. I pulsanti sono molto grandi e ben distinti tra di loro, y affordance e feedback in questo modo il tempo per eseguire un'opera-zione è ridotto al minimo: l'utente non si spazientisce ed è facilitato nel compiere le interazioni. Questo risulta molto utile per un bambino che si appresta ad utilizzare per la prima volta un tablet. La stessa semplicità è riscontrabile nelle illu-strazioni (realizzate da diversi designer di spicco quali Olimpia Zagnoli e LaTigre) e nelle metafore utilizzate all'interno dell'ap-plicazione. Per poter leggere ad esempio un articolo bisogna spendere un numero tot di bolle, acquistabili tramite la funzione in-app di AppStore.

Tipologia: magazine per bambini.

piattaforma: iOS.

Contenuti: gli articoli — pensati per essere fruiti dai bambini anche insieme ai loro genitori — comprendono storie, interviste, tutorial, giochi ed esercizi didattici.

i La legge di Fitts afferma che il tem-po di raggiungimento di un obiettivo (un'area, un bottone) in un compito di puntamento dipende dalla distanza dell'oggetto da raggiungere e dalle dimensioni di tale oggetto.

' Boscarol 2004http://bit.ly/boscarol

) www.olimpiazagnoli.com

) www.latigre.net

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ZANICHELLI IeB

Il libro di testo in ReteGli "Interactive eBook" di Zanichelli portano in Rete il contenuto dei libri di testo tradizionali, ma non si limitano a una mera tra-sposizione digitale. Grazie alle potenzialità offerte dai nuovi linguaggi di Internet è possibile fruire gli IeB su tutti i dispositivi, dal computer al tablet. È sufficiente collegarsi al sito Zanichelli.it e inserire le proprie credenziali.

Apprendimento senza soluzione di continuitàI contenuti del libro corrispondono a quelli dell'applicazione, mantenendo la numerazione delle pagine e l'articolazione degli elementi. Questo permette di passare in qualsiasi momento da un mezzo (cartaceo o digitale) all'altro senza problemi. Tutto ciò è reso possibile grazie al framework BEdita.

Testo aperto Gli IeB sono realizzati utilizzando i più comuni linguaggi di programmazione del Web: y rete questo consente una massima apertura e compatibilità con i diversi dispositivi. Le formule mate-matiche sono scritte in LaTeX e MathML, entrambi linguaggi di marcatura.

Oltre i limiti del testo stampato Ad affiancare i contenuti tradizionali vi sono video, laboratori interattivi, animazioni, verifiche in itinere, collegamenti a risorse disponibili in Rete. y rete In più l'utente ha a disposizione una serie di servizi per migliorare lo studio: dizionario Zingarelli integrato; salvataggio delle note e dei segnalibri; possibilità di commentare insieme ai compagni di classe o con il docente.

Interfaccia invisibileAll'interno dell'applicazione viene dato ampio spazio ai contenuti, mentre l'interfaccia è relegata ai bordi dello schermo. Sulla destra vi è il pannello degli strumenti, ciascuno di essi rappresentato da un'icona piuttosto intuitiva che non richiede legenda. y affordance Sulla sinistra è possibile passare da un contenuto all'altro del libro di testo. Le aree interattive all'interno dei contenuti invece non sempre hanno evidenti feedback ed affordance, il che li rende di primo acchito statici.

Tipologia: editoria scolastica.

piattaforma: Web.

Contenuti: offre gli stessi contenuti dei libri di testo della Zanichelli, in aggiunta a una serie di servizi che sfruttano a pieno le potenzialità dei dispositivi digitali.

4 pag. 56

i Alla data in cui scrivo, l'applicazione è ancora in fase di beta testing, perciò eventuali difetti di performance e usabilità non sono stati presi in considerazione.

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6. Il Progetto

Per comprendere meglio quanto emerso dalla stesura di questa tesi, è stato sviluppato un iperlibro per iPad. Questo progetto adotta quindi un approccio sperimentale nei confronti della pro-gettazione, per illustrare più chiaramente quali possano essere i vantaggi ed i limiti degli strumenti attualmente disponibili.

La scelta dello strumento principale da adottare è ricaduta su Apple iBooks Author, un software gratuito e dall'utilizzo abba-stanza immediato, di cui si è già parlato.

Di contro, tutti gli altri programmi hanno costi piuttosto elevati o sono orientati ai grandi editori (come, ad esempio, la Adobe Digital Publishing Suite), oppure richiedono lunghi tempi di sviluppo (come, ad esempio, Sigil), o non sono ancora sufficien-temente maturi e stabili.

Nelle prossime pagine verranno descritte le scelte progettuali che hanno portato alla creazione della pubblicazione digitale per iPad. I contenuti ricalcano quelli presenti in questa pubbli-cazione cartacea, ma opportunamente declinati per il supporto digitale: la storia del libro elettronico, ad esempio, trarrà beneficio da una timeline interattiva; le sezioni relative ai linguaggi di pro-grammazione consentono di interagire con il codice stesso; i filmati aggiungono ulteriore contenuto rispetto a quello scritto.

) pag. 53

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6.1 Layout e interfaccia

Come già affermato in precedenza, il contenuto del libro si dispo-ne automaticamente in base all’orientamento del dispositivo. In modalità portrait il testo si dispone su un'unica colonna, con un margine a sinistra per le immagini e i contenuti interattivi; in modalità landscape la gabbia prevede due colonne intervallate dai widget quando presenti.

La navigazione all'interno delle pagine avviene attraverso la touch gesture definita flick, che consiste nel posizionare un dito sullo schermo e spostarlo velocemente nella direzione desiderata. Il risultato è lo spostamento della pagina e quindi del contenuto con un movimento fluido detto scrolling.

Questo tipo di navigazione è strettamente legato all'orientamen-to del dispositivo e quindi al layout dei contenuti. In modalità portrait il flick avviene in verticale, mentre in modalità landscape avviene in orizzontale, facendo intuire quindi la disposizione nello spazio (lungo l'asse orizzontale o verticale) delle pagine successive e precedenti. Tuttavia, mentre in modalità landscape lo spostamento all'interno dell'iperlibro mostra un vero e proprio stack di pagine, disposte una sopra all'altra, in modalità portrait l'esperienza è quella di uno scrolling continuo dall'alto verso il basso e viceversa. Questa scelta per l'interfaccia e per l'espe-rienza d'uso suggerisce un primo tentativo di andare oltre il con-cetto di "pagina" tradizionale, valicandone i confini.

L'indice viene generato automaticamente da iBooks Author, con poche possibilità di personalizzazione. Ad ogni capitolo è stata associata un'icona dal forte segno grafico, che richiama gli altri elementi utilizzati per le didascalie, i link e il glossario (basati sul carattere open source IconicStroke).

Le parole 'attive' (come i link o i lemmi presenti nel glossario) sono segnalate in ciano, con un peso maggiore, per segnalare chiaramente all'utente quali siano le zone con cui è possibile inte-ragire e quindi, in questo caso, fare tap. Il tap corrisponde al click del mouse nell'uso del computer e consiste nel premere veloce-mente un dito sullo schermo.

1 Schema dei diversi tipi di layout a seconda dell'orientamento del dispositivo.

1 In alto: rappresentazioni grafiche delle touch gesture flick e tap, realizzate da Craig Villamor, Dan Willis e Luke Wroblewski.

FLICK

TAP

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6.2 Trasposizione digitale dei contenuti

Al fine di sfruttare al massimo le potenzialità offerte dal dispo-sitivo, la pubblicazione digitale prevede una serie di contenuti aggiuntivi e differenziati rispetto a quelli presenti nella versione cartacea della tesi.

c Breve storia del libro elettronico > Definizione > Un po' di storia

g La codifica digitale dei testi > Linguaggi di marcatura > HTML > XML > ePub > Altri formati

E ePub 3 e i nuovi standard per la programmazione > HTML5 > CSS3 > ePub 3

Z Nuove esperienze d'uso > Regole per una buona progettazione > Gli strumenti del mestiere > Le pubblicazioni digitali esistenti

. Glossario

5 CONTENUTI AGGIUNTIVI

• Immagini interattive, oggetti 3D

• Timeline interattiva

Spiegazione in linea dei codici di programmazione, filmati correlati

Spiegazione in linea dei codici ed esempi pratici

• Filmati correlati

• Immagini interattive

• Funzione di ricerca integrata

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6.3 Font e schema colori

pT Sans AaBcCc123 abcdefghijklmnopqrtuvwxyzABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZàáâãäåèéêëìíîïñòóõöùúûüýÿšžÀÁÂÃÄÅÈÉÊËÌÍÎÏÑÒÓÔÕÖÙÚÛÜÝŠŽ0123456789 !"£$%&/()<>?^@

PT Serif AaBcCc123 abcdefghijklmnopqrtuvwxyzABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZàáâãäåèéêëìíîïñòóõöùúûüýÿšžÀÁÂÃÄÅÈÉÊËÌÍÎÏÑÒÓÔÕÖÙÚÛÜÝŠŽ0123456789 !"£$%&/()<>?^@

Aperçu AaBcCc123abcdefghijklmnopqrtuvwxyzABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZàáâãäåèéêëìíîïñòóõöùúûüýÿšžÀÁÂÃÄÅÈÉÊËÌÍÎÏÑÒÓÔÕÖÙÚÛÜÝŠŽ0123456789 !"£$%&/()<>?^@

i Utilizzi: testi glossario, link, didascalie, etichette widget.

i Utilizzi: testo corrente, titoli, titoli widget.

i Utilizzi: codici di programmazione e definizione.

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IconicStroke

')/13456EZc

fgirwxy

i Utilizzi: icone a corredo dell'interfaccia.

C 100 M 20 Y 0 K 20

R 0 G 101 B 166

#0077B3

C 0 M 85 Y 100 K 0

R 230 G 59 B 18

#E63B11

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6.4 Widget utilizzati

iBooks Author consente di inserire Widget, delle piccole appli-cazioni integrate con la pubblicazione digitale. Oltre ai widget offerti di default, è possibile crearne di propri utilizzando HTML, CSS e JavaScript. È sufficiente inserire tutti i file all'interno della stessa cartella e rinominarla con il suffisso wdgt.

1 Timeline JS

"Timeline JS" è una linea del tempo interattiva in JavaScript svi-luppata da VéritéCo e Knight News Innovation Lab. Consente di inserire diversi media provenienti dal web (es. video di Youtube, foto di Flickr, etc…). È sufficiente inserire in un foglio di calcolo collegato — ospitato su Google Docs — i vari contenuti da aggiungere, i quali verranno ordinati automaticamente in ordine cronologico.

1 MapBox

"MapBox" permette di creare mappe personalizzate e caricarle online a partire dai dati di OpenStreetMap, progetto che punta a creare e fornire dati cartografici liberi e gratuiti. Viene fornito gratuitamente anche un widget precompilato per incorporare le mappe nelle proprie pubblicazioni digitali.

Incorporamento video esterni

Poiché i video inseriti all'interno di iBooks Author vengono incorporati nell'elaborato finale, con un conseguente aumento rilevante delle dimensioni del file, è preferibile ricorrere all'uti-lizzo di video già presenti nella Rete. Il codice per incorporare un video di YouTube ad esempio è il seguente:

<iframe width="460" height="345" src="http://www.

youtube.com/embed/OM6XIICm_qo" frameborder="0"

allowfullscreen></iframe>

) support.apple.com/kb/HT5068

) timeline.verite.co

) github.com/mapbox/ibooks-author-example

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Spiegazione codice in linea

Basato su Twitter Bootstrap — un template che facilita lo svi-luppo di applicazioni basate su HTML5 — lo script consente di interagire con le varie parti di codice per apprenderne le fun-zionalità, che appaiono tramite un effetto accordion.

Pulsanti di condivisione social

Il widget permette di condividere su Twitter, Facebook e Google+ direttamente da una pubblicazione creata con iBooks Author. Il codice è basato sull'iBooks HTML Widget Boilerplate di Trevor Burnham.

1 Immagini interattive

Il widget, presente tra quelli di default in iBooks Author, consente di creare immagini navigabili: è possibile ingrandire parti speci-fiche e far apparire dei pop-up esplicativi.

1 Immagini 3D

Il widget, fornito con iBooks Author, permette di inserire oggetti tridimensionali. La prima generazione di iPad è ottimizzata per la visione di oggetti 3D con un massimo di 20mila poligoni, mentre iPad con retina display è in grado di visualizzare fino a 50mila poligoni. Il formato supportato è il dae, esportabile da programmi ad hoc quali Google SketchUp.

) twitter.github.com/bootstrap/

) github.com/trevorBurnham/iBooks-HTML-Widget-Boilerplate

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Bibliografia

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Annalisa Guerisoli, ePub 3 e le altre futuribili forme dell’eBook: tesi di laurea in Arti Multimediali, Accademia di Belle Arti di Carrara, A.A. 2011/2012

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Isaacson [2011] 2011

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Lebert 2009

Maeda [2006] 2006

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Norman [1988] 2011

Norman [1993] 1994

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Berners-Lee, Hendler, Lassila 2001

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D'Elia 2011

D'Elia 2012

Ellis 2012

Farkas 2000

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Gaggi 2011

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Mod 2011

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Nieva 2012

Pavlus 2012

Reichenstein 2010

Stringa 2012

Thompson 2012

Wilson 2003

Wingfield 2012

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i Gli articoli sono stati consultati il 21 gennaio 2012. Per un rapido accesso, utilizza il QR Code a sinistra o visita http://bit.ly/Vn6qtX.

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IeB online

Storia della Franklin Electronic Publishers

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Progetto Gutenberg

International Digital Publishing Forum

Inkling

Mondadori

Jef Raskin sulla storia del Macintosh

MapBox

Open Bookmarks

The Silent History App

Timeline JS

Enciclopedia Treccani

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MobileRead Wiki

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i Gli articoli sono stati consultati il 21 gennaio 2012. Per un rapido accesso, utilizza il QR Code a sinistra o visita http://bit.ly/V4gCUB.

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A tutte le persone che hanno fatto parte di questo straordinario, difficile, irripetibile capitolo della mia vita: grazie, di cuore.

«Sometimes I can't believe it I'm moving past the feeling again.» — Arcade Fire, The Suburbs

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Stampa Sprint Creative Studio, Cassino (FR)

Carta Fedrigoni X-Per Premium White 120 g/m2

Composizione testi Aperçu Mono (progetto di Colophon Foundry) Graphik (progetto di Commercial Type) IconicStroke (progetto di P.J. Onori) PT Serif e Pt Sans (progetto di Alexandra Korolkova)