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1 DOMENICO E FRANCESCO: CHIESA TRA MEDIOEVO ED EMODERNA. INTRODUZIONE. L’avvento di francescani e domenicani ha rappresentato l’avvenimento decisivo con il quale la Chiesa ha dato risposta alle esigenze spirituali di una società in veloce trasformazione. L’epoca il tardo medioevale è importante per capire la nostra epoca, la nostra civiltà comincia nel medioevo e i suoi più diretti riflessi sono alla fine dell’età di mezzo. In quest’epoca si formano molte delle strutture ecclesiastiche a tutt’oggi sotto i nostri occhi. Questa lezione ha come secondo scopo quello di introdurci alla riforma protestante e a quella grande riforma della Chiesa che sarà il concilio di Trento. Pertanto si comincerà delineando un quadro introduttivo della società cristiana agli inizi del secondo millennio, a partire dalla riforma gregoriana, per poi passare ai primi movimenti ereticali.

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DOMENICO E FRANCESCO: CHIESA TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA.

INTRODUZIONE.

L’avvento di francescani e domenicani ha rappresentato l’avvenimento decisivo con il quale la Chiesa ha dato risposta

alle esigenze spirituali di una società in veloce trasformazione.

L’epoca il tardo medioevale è importante per capire la nostra epoca, la nostra civiltà comincia nel medioevo e i suoi più

diretti riflessi sono alla fine dell’età di mezzo.

In quest’epoca si formano molte delle strutture ecclesiastiche a tutt’oggi sotto i nostri occhi.

Questa lezione ha come secondo scopo quello di introdurci alla riforma protestante e a quella grande riforma della

Chiesa che sarà il concilio di Trento.

Pertanto si comincerà delineando un quadro introduttivo della società cristiana agli inizi del secondo millennio, a

partire dalla riforma gregoriana, per poi passare ai primi movimenti ereticali.

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SOMMARIO DEGLI ARGOMENTI CHE VEDREMO:

1) I MOVIMENTI ERETICALI: In questo periodo registriamo la comparsa di movimenti di religiosità spontanea in diversi

casi effettivamente eterodossi.

Sono importanti perché sono il segnale di un malessere, di nuove esigenze spirituali.

2) L’ETÀ DI INNOCENZO III: PONTIFICATO MOLTO IMPORTANTE TANTO DA CONDIZIONARE L’ATTIVITÀ DI QUELLI

SUCCESSIVI. Apertura verso i movimenti religiosi, lotta all’eresia e consolidamento dell’autorità papale.

Elaborazione teorica della ierocrazia papale.

3) DOMENICANI E FRANCESCANI: riconoscimento di due importanti movimenti spontanei all’interno della chiesa.

4) BONIFACIO VIII: crisi della ierocrazia, il potere politico vuole essere indipendente dal Sacerdotium ma non rinuncia ad

approfittarne per consolidare il suo potere.

5) PAPATO AD AVIGNONE: la monarchia francese “ospita” il papato ad Avignone e lo sfrutta per la propria politica di

potenza mentre la curia cerca con l’aiuto della potenza francese di rendere tutta l’Europa guelfa.

6) LO SCISMA D’OCCIDENTE E IL CONCILIARISMO.

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COM’ERA IL CONTESTO STORICO DEL TEMPO: CULTURA E SOCIETÀ.

UNA PICCOLA PREMESSA.

Nel medioevo la società è profondamente cristiana, ogni aspetto della vita umana è messa in rapporto al fatto religioso

ed è giustificata nella sua esistenza solo se è funzionale alla salvezza dell’individuo.

Anche il potere politico è visto in funzione della salvezza dell’individuo. L’impero, la massima autorità statale

dell’epoca, aveva come scopo il mantenimento della pace per permettere ad ogni individuo la possibilità di raggiungere la

salvezza eterna.

NON ESISTEVANO CONFINI TRA LA SFERA SECOLARE E LA SFERA SPIRITUALE.

Agli inizi del millennio la struttura della chiesa è ancora quella elaborata in epoca carolingia, una compagine statale

dove alle gerarchie ecclesiastiche era richiesta la partecipazione alla gestione della cosa pubblica.

I vescovi, per esempio, nell’impero carolingio erano considerati missi dominici, cioè funzionari imperiali che dovevano

controllare l’operato di conti e marchesi. Durante l’epoca ottoniana (X SECOLO) ai vescovi è concessa la Districtio sulle città in

modo che nessun potere politico concorrente potesse turbare la loro attività pastorale.

Questo fa si che i vescovi diventino signori delle città e che, con il passare del tempo i vescovi, presi dai compiti

politici, agissero sempre più come membri dell’aristocrazia militare che non come pastori d’anime. La confusione era

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aumentata dalle interferenze del potere politico che voleva controllare chi diventava vescovo1. Anche le famiglie aristocratiche

cercano di impadronirsi delle cattedre episcopali, sia per questioni di prestigio che per i benefici in mano alle chiese (terre,

decime, riscossione delle imposte cittadine ecc.). Lo stesso fenomeno si registra nei confronti delle abbazie.

LA RIFORMA GREGORIANA (SECONDA METÀ DEL XI SECOLO).

La riforma Gregoriana, che prende il nome da uno dei principali animatori del movimento riformista, papa Gregorio VII

(1073-1085), è il tentativo di liberare la Chiesa dall’abbraccio del potere temporale, in questa lotta la Chiesa stessa prende

consapevolezza del proprio status e definisce progressivamente il confine tra il potere secolare e quello sacerdotale. La riforma

Gregoriana porta ad una riforma delle istituzioni ecclesiastiche (Vescovi e abati non possono essere nominati da laici, celibato

e castità per il clero, papa eletto solo dai cardinali) ma lascia però intatti i problemi morali e religiosi (clero poco istruito e

preparato).

Veloci trasformazioni sociali causate da una forte crescita economica (crescita economica che parte

approssimativamente nel IX SECOLO ma che subisce un forte accelerazione dopo il mille) portano all’inurbamento di ampi strati

di popolazione (un immigrazione paragonata a quella ottocentesca verso l’America). La città è la protagonista della crescita

economica e diventa il fulcro della vita sociale ed economica mentre le campagne fino ad allora centrali diventano periferiche.

Allo sviluppo economico segue quello politico, dalla seconda metà dell’XI SECOLO nascono le prime organizzazioni comunali

(anche se il processo inizia molto prima).

Le strutture ecclesiastiche cittadine non erano però pronte per affrontare tali esigenze pastorali. Dobbiamo ricordare che

il mondo medievale era un mondo essenzialmente agricolo dove l’urbanizzazione era molto bassa e un ruolo cruciale nella

pastorale era stato giocato dai monasteri.

1 MONTANARI.

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I PRIMI MOVIMENTI ERETICALI.

SORGONO NEL XI E NEL XII SECOLO, SI DIVIDONO IN TRE TIPOLOGIE: movimenti per la moralizzazione della Chiesa,

movimenti pauperistico-evangelici e movimenti eterodossi, in quest’ultimo caso a tutti gli effetti eretici. Da notare che sono

coinvolte le aree più dinamiche dell’economia medievale: Italia padana e Francia occitana.

1) MOVIMENTI PER LA MORALIZZAZIONE DELLA CHIESA.

In ambito urbano abbiamo la contestazione delle strutture ecclesiastiche ufficiali:

molti laici contestavano al clero la corruzione, la ricchezza e il ruolo politico dei vescovi

(amministratori delle città). Si tratta quindi di una rivolta morale.

Tra questi movimenti troviamo quello della “Patarìa” milanese: nome che probabilmente significava straccioni.

Nato nella seconda metà dell’XI secolo dalla predicazione del diacono Arialdo, il movimento contesta la corruzione del

clero, il matrimonio degli ecclesiastici e la simonia.

Il movimento si diffonde in tutto il nord Italia e ottiene in un primo momento l’appoggio del partito riformatore

all’interno della Chiesa.

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Il movimento trova l’appoggio di ampi strati della popolazione, la quale era ostile all’autorità che aveva il vescovo

all’interno delle istituzioni cittadine.

Questi gruppi ostili all’autorità vescovile sono i ceti più dinamici della società, quelli arricchitisi con il commercio

2) MOVIMENTI PAUPERISTICO-EVANGELICI.

I gruppi pauperistico-evangelici di varia natura, che esprimono l’esigenza di una nuova

religiosità, hanno al loro interno di tutto, caratteristiche eretiche e non. I protagonisti di questi movimenti erano dei

“marginali”: contadini, semplici preti, persone ignoranti.

Abbiamo gruppi contraddistinti da:

- pratiche ascetiche di purificazione (Francia meridionale);

- rifiuto della mediazione ecclesiastica e dei sacramenti (battesimo ed eucarestia);

- lettura integrale della Bibbia per un rapporto diretto con Dio;

- questa spinta a una religione più individualistica, che contraddistingue i membri di questi movimenti, era dovuta alla

fascinazione dell’ascetismo radicale (i cui principali esponenti, per quanto riguarda l’Italia, sono San Romualdo e San

Pier Damiani). Gli asceti infatti cercavano nella solitudine il loro cammino di salvezza: un cammino alternativo a quello

proposto dalla Chiesa.

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Uno dei gruppi più importanti è quello dei VALDESI (metà degli anni 70 del XII sec.) o “Poveri di Lione”. Il gruppo ha

origine dalla predicazione di Valdo, un ricco mercante di Lione che decide di vivere in povertà e di errare predicando il

Vangelo. Il movimento si diffonde anche in Italia settentrionale dove si verifica una scissione: i “Poveri Lombardi”.

Per i seguaci di Valdo la predicazione laica era una necessità fondamentale, tanto che nella diocesi di Lione la

praticavano persino le donne.

In Italia, sempre nella seconda metà del XII secolo, abbiamo il movimento degli UMILIATI. Le loro attività sono

molteplici: alcuni sono dediti alla predicazione, alcuni seguono una regola, altri ancora si trovano periodicamente per

pregare e ascoltare la parola di Dio. Questo loro modo di condurre la loro vita denota un’esigenza di crescita spirituale

del laicato. Si rivolgono più volte alla Chiesa per avere l’autorizzazione a predicare proprio per opporsi alla diffusione

dei Catari in Val padana. Questa necessità a cui il laicato cercava di dare risposta manifestava uno dei problemi della

Chiesa del tempo: la carenze nella predicazione.

Nonostante ciò la Chiesa, sotto i pappati di Alessandro III (1159-1181) e Lucio III (1181-1185), vieta la predicazione ai

laici (1184) e si oppone al riconoscimento di questo movimento.

Gli Umiliati continuano comunque a predicare anche di fronte all’opposizione della Chiesa.

3) Di tutt’altra natura era quello che sostenevano i CÀTARI: un eresia che si contrapponeva fortemente alla dottrina

ufficiale della Chiesa. Essi professavano una religione di stampo dualistico: contrapponevano il bene e il male ma li

consideravano due principi eterni che si affrontano in una lotta incessante.

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Sono molto probabili i legami con i Bogomili, una setta nata in Bulgaria nel X secolo, le cui idee sono giunte

probabilmente nella Francia meridionale e in Italia per mezzo dei pellegrinaggi e delle crociate.

Quando venne individuata, tale setta si era già diffusa in tutti gli strati sociali e aveva strutturato una vera e propria

gerarchia ecclesiastica con strutture territoriali governate dai vescovi.

Nel 1167 danno vita anche a un concilio nella Francia meridionale.

Oltre a vescovi Lombardi e Francesi, intervien anche il loro “papa” Niceta (di origine

greca), che impose all’assemblea un dualismo ancora più radicale di quello perseguito sino

ad allora (un principio primo, il bene, insidiato da un essere maligno dopo la creazione).

Niceta e i radicali considerano Bene e Male due principi eterni e increati. Il mondo terreno era opera di Satana (il Dio

dell’Antico Testamento) il quale avrebbe imprigionato nei corpi terreni l’anima degli angeli caduti. Cristo era invece

uno spirito angelico venuto a combattere le tenebre. Sola via di salvezza è una continua opera di purificazione o, nei

casi estremi, l’autodistruzione. I perfetti erano la fascia superiore della gerarchia dei Catari, coloro i quali avevano

ricevuto il consolamento. Il consolamento era una specie di battesimo, durante il quale si riceveva lo Spirito Santo ( i

più perfetti dei perfetti erano quanti riuscivano ad avere la vittoria finale dello spirito sul corpo, del bene sul male,

lasciandosi morire di fame). La massa dei credenti si limitava ad aiutare i perfetti e ad aspettare di ricevere il

consolamento solo in

punto di morte.

L’ETÀ DI INNOCENZO III.

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Il papato di Innocenzo III (1198-1216) SEGNA FASE LA DECISIVA NELLA LOTTA ANTIERETICALE E LA SUA

CONDOTTA DEL PONTIFICATO È PORTATA AVANTI DAI SUOI SUCCESSORI :ONORIO III (1216-1227) E GREGORIO IX (1227-1241).

Al contrario dei suoi predecessori (ALESSANDRO III, LUCIO III) che avevano condannato qualsiasi tipo di predicazione portata

avanti dai laici, a prescindere da ciò che predicavano, Innocenzo III riconosce all’interno della Chiesa il movimento degli

Umiliati (1201). La sua azione pontificale, infatti, si concretizza nel dialogo con chi era disponibile nel riconoscere l’autorità

della Chiesa e durezza con chi vi si opponeva.

1) Quella parte dei Valdesi che riconoscono l’autorità della Chiesa sono accolti (gli Umiliati in toto, nel 1201), la

stragrande maggioranza dei Valdesi, invece (i “Poveri di Lione” e i “Poveri Lombardi”) vengono scomunicati da

Innocenzo III nel 1215. Sono scomunicati non per la scelta di vivere in povertà ma per aver disobbedito al divieto di

predicazione, la Chiesa doveva mantenerne il monopolio.

2) Torna attenzione alla predicazione, nel pontificato di Innocenzo III e di Onorio III sono riconosciuti gli ordini

Francescano e Domenicano. Caratteristica di questi ordini è quella di associare l’ascetismo degli eremiti (voto di

povertà) alla predicazione itinerante.

3) La coercizione. Innocenzo III stabilisce nel IV CONCILIO LATERANENSE (1215) che l’eresia è equiparabile alla

lesa maestà e pertanto è da punire con la pena capitale (una delle conseguenze di tale deliberazione è la proclamazione

della crociata contro gli albigesi);

Negli anni ‘30 del Duecento viene istituita l’inquisizione ad opera dei successori di Innocenzo III:

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Onorio III (1216-1227), e Gregorio IX (1227-1241). L’Inquisizione era un tribunale al servizio dell’ortodossia romana

che aveva lo scopo, attraverso apposite commissioni di indagine, di ricercare i sospetti di eresia e di condannarli

Nel 1232 l’inquisizione viene affidata a Francescani e Domenicani.

Tra il 1268 e il 1280 un’ondata di processi portò alla distruzione di grandi comunità ereticali: nel 1276 solo a Verona

furono uccisi 176 membri della setta catara di Bagnolo.

ALCUNI ELEMENTI DEL CONTESTO STORICO,

(ci aiutano a capire le trasformazioni in atto)

1. Innocenzo III arbitro della politica continentale:

2. Diventa tutore alla morte dell’imperatore Enrico VI (1197) di suo figlio ancora minorenne, il futuro FEDERICO II

(re di Sicilia nel 1208);

3. Innocenzo III si trova a essere arbitro della successione al trono imperiale.

A causa della minore età di Federico non poteva succedere al padre, inoltre, siccome la corona imperiale era

elettiva, si fronteggiano per la successione due candidati: Filippo di Svevia (fratello di Enrico VI) e Ottone di

Brunswick (candidato del partito guelfo). Innocenzo III appoggia il candidato guelfo (incoronato nel 1209).

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Ottone, però, appena salito al trono si rende subito indipendente dalla politica del papa e rivendica Marche,

Umbria e Lazio (territori appena sottomessi da Innocenzo III). Innocenzo, quindi, scomunica Ottone, 1210, e

sostiene l’appena maggiorenne Federico II. Tutto si risolve nel 1214, quando nella battaglia di Bouvines,

l’esercito di Ottone, alleato con Giovanni Senzaterra (re d’Inghilterra) e i suoi feudatari, è sconfitto da Filippo

Augusto re di Francia e alleato delle forze imperiali.

4. Con Innocenzo III il potere spirituale dei papi divenne superiore a quello temporale dei sovrani.

Sotto il suo pontificato inizia quell’elaborazione teorica del potere papale (dal punto di vista teorico e in caso di

necessità il papa avrebbe potuto sostituirsi ad un altro sovrano) che porterà i successivi pontefici a tentare di

instaurare un vera e propria teocrazia papale (il processo raggiungerà il suo culmine con Bonifacio VIII).

CRESCITA DELLA STRUTTURA ECCLESIASTICA: IL XIII SECOLO

(la Chiesa diventa sempre più come la conosciamo)

o Fino al XIII sec. i papi si limitano a difendere le chiese locali dall’attacco dei poteri concorrenti. Dal Duecento i

papi aumentano il controllo su diocesi e abbazie:

o Aumentano le cause che chiedono l’arbitrato del pontefice;

o Cresce il numero di peccati “riservati”, ovvero di quei peccati, come l’adulterio, per i quali si poteva essere assolti

solo dal papa;

o Dal Duecento cresce il controllo del pontefice sull’elezione dei vescovi. Fino ad allora le elezioni dei vescovi

erano effettuate dai canonici della cattedrale e dai chierici della diocesi. A partire dal Duecento l’autonomia

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dell’elezioni episcopali viene via via limitata fino a quando, con un decreto di Bonifacio VIII (1294-1303), i

vescovi verranno nominati direttamente dal pontefice.

o Viene messo sotto il controllo papale il fenomeno della religiosità spontanea (come abbiamo visto con gli ordini

mendicanti) e del culto della santità (prima era affidata alla vox populi).

DOMENICANI E FRANCESCANI.

DOMENICO DI GUZMÀN (1175-1221), canonico della cattedrale di Osma in Castiglia, animato da spirito missionario

decide di dedicarsi alla conversione degli eretici della Francia meridionale. In un primo momento organizza una comunità

itinerante i cui membri, a due a due, andavano a predicare nelle città della Francia meridionale. Nel 1215 chiede il

riconoscimento della regola la quale viene riconosciuta l’anno successivo sotto Onorio III.

II IV concilio lateranense, infatti, aveva previsto per ogni diocesi la presenza di specialisti della predicazione da

affiancare ai vescovi per la cura d’anime, e l’ordine appena costituito andrà a ricoprire proprio questo ruolo.

LA REGOLA DOMENICANA: viene adottata la regola agostiniana con l’aggiunta del voto di povertà.

Domenico muore durante il capitolo generale di Bologna del 1221.

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FRANCESCO (Assisi 1182- ASSISI 1226), figlio di una famiglia di ricchi mercanti, poco più che ventenne decide di

associarsi alla comunità benedettina che viveva alle pendici del monte Subasio. Dopo 3 anni di eremitaggio ritorna alla vita

associata e si dà alla predicazione itinerante della penitenza. Attorno a lui si raccolsero un gruppo di confratelli che si dicevano

minores, ossia i più piccoli, sottomessi a tutti. All’inizio il movimento francescano non aveva nulla di diverso dagli altri

movimenti pauperistici osteggiati dalla chiesa e condannati dal IV concilio Laterano del 1215.

Il modello di vita francescano, però, è riconosciuto sin dal 1210 da Innocenzo III. Il modello di vita prevedeva: la

condivisione delle forme di esistenza degli ultimi, la pratica del lavoro manuale, la rinuncia a qualsiasi potere sugli altri (un

modo di concepire il proprio ruolo opposto al prestigio degli abati e dei vescovi) e la sequela di Gesù povero umile e rifiutato.

In poche parole il rovesciamento dei valori del secolo.

Francesco recupera talune ispirazioni della tradizione monastica più rigorosa ed evangelica e nello stesso tempo le

supera. Infatti, mentre il monachesimo voleva trasformare il mondo in un chiostro per i francescani, invece, il mondo è un

chiostro (se vogliamo il francescano, per certi aspetti, è un monaco itinerante che condivide le dure condizioni di vita degli

strati umili della popolazione dell’epoca).

Dal 1213 nasce una sezione femminile guidata da Chiara mentre dal 1217 i Francescani si organizzano in province e

cominciano a predicare per l’Europa. In un primo momento, a riconferma dell’assoluta indistinguibilità nei confronti dei

movimenti pauperistico-evangelici dell’epoca, appena giungono in Francia e Germania sono scambiati per Catari e vengono

incarcerati.

Francesco in un primo momento era contrario all’istituzionalizzazione del movimento, convinto però dai suoi

confratelli, stende una regola, la quale viene accolta da Onorio III il 29 novembre del 1223.

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Nel 1226 Francesco muore e nel 1228 viene dichiarato santo con una rapidità straordinaria.

Il contrasto tra piena adesione agli ideali evangelici e istituzionalizzazione dell’ordine porta alla nascita di diverse

correnti all’interno dell’ordine, che in alcuni casi, per la loro radicalità, si pongono sul filo dell’eresia.

Nel 1233 I francescani e i domenicani partecipano ai MOVIMENTI DELL’ALLELUIA che portano ad estirpare l’eresia

dall’Italia padana. Questi movimenti si contraddistinguono per la loro aspirazione alla moralizzazione e alla pacificazione della

vita pubblica e privata. Hanno lo scopo di ricondurre i ceti dirigenti cittadini al riconoscimento della Chiesa come unica vera

interprete della fede in Gesù Cristo.

Nel 1274 il concilio di Lione abolisce tutti gli ordini mendicanti ad eccezione di Francescani, Domenicani e degli

eremiti di Sant’Agostino.

Il successo dei nuovi ordini è dovuto alla loro capacità di coinvolgere i laici in attività religiose che rimanevano

nell’ambito dell’ortodossia. I membri degli ordini mendicanti sono, infatti, il punto di riferimento delle confraternite

laiche.

Le confraternite laiche esistono sin dall’inizio della cristianità e conoscono grande diffusione negli ultimi tre secoli del

medioevo

Domenicani e Francescani hanno il compito di fondarne di nuove e di portare sotto il loro controllo quelle che sorgono

spontaneamente. Altri motivi del successo degli ordini mendicanti sono: che la loro predicazione si concentra nelle città

(il centro della vita del basso medioevo), che si dedicano all’attività di studio ma la loro riflessione teorica la traducono

in azione pastorale, dalle forme organizzative assunte (ordinati in province sotto il diretto controllo papale) e dalla

capacità di condizionare i ceti dirigenti senza esercitare direttamente il potere.

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BONIFACIO VIII (1294-1303).

ALCUNI ELEMENTI DEL CONTESTO STORICO.

(ci aiutano a capire le trasformazioni in atto)

Il cammino del potere papale verso la supremazia sul potere temporale è portato avanti da INNOCENZO IV (1243-1254),

secondo il quale: il papa ha il diritto di scegliere tra i diversi candidati all’impero, di deporre gli imperatori e di

amministrare il potere imperiale in caso di vacanza.

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BONIFACIO VIII:

Bonifacio inaugura il primo giubileo della storia (1300) con lo scopo di rispondere a quei movimenti millenaristici che

vedevano per quell’anno la fine del mondo: a chiunque avesse visitato Roma e i suoi luoghi santi in stato di grazia,

comunicato e confessato, avrebbe ottenuto l’indulgenza dei suoi peccati, cioè la salvezza eterna.

Con la bolla Unam sanctam (1302) riscrive l’intero ordine gerarchico ponendo al vertice della cristianità il papato

(ricorda l’unità della Chiesa sotto un unico capo, necessità di appartenere alla Chiesa per salvarsi e la subordinazione

del potere civile a quello spirituale).

La bolla voleva di rispondere ai tentativi di Filippo il Bello di sottoporre a tassazione gli ecclesiastici.

Il re di Francia, infatti, in preparazione della guerra con l’Inghilterra, voleva infatti tassare i beni della Chiesa per

pagare le spese militari.

Filippo, alla notizia della bolla e dell’ostilità del papa, risponde con una campagna di discredito (accusa il papa di

simonia ed eresia).

Papa Bonifacio scomunica e depone Filippo (giugno 1303) ma il monarca francese non si arrende e organizza una

spedizione per arrestare il papa e condurlo davanti ad un tribunale francese per processarlo per lesa maestà (settembre

1303).

Nonostante l’aiuto dei Colonna (acerrimi nemici della famiglia del pontefice) Filippo non realizza i suoi propositi.

Il papa non viene condotto in Francia ma rifugiatosi nella castello di famiglia ad Anagni viene comunque catturato e

malmenato dai Colonna (il celebre schiaffo di Anagni).

Il papa viene liberato dalla popolazione locale ma muore un mese dopo.

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Alla morte di BONIFACIO nel 1303 il monarca francese riesce a far eleggere il candidato francese, CLEMENTE V (1305-

1314), il quale non neppure scende in Italia e si ferma ad Avignone.

IL PAPATO AD AVIGNONE (1309-1378)

Il successore GIOVANNI XXII (1316-1334), eletto dopo 11 mesi di conclave, sposta la sede ad Avignone e ivi vi fa

costruire il palazzo dei papi.

Per molto tempo è stato visto come un periodo di crisi, una parentesi in cui i papi furono sottoposti al rigido controllo

dei monarchi francesi, in effetti: 1) 7 pontefici su 7 sono francesi, la maggioranza dei cardinali è francese e un terzo dei

santi proclamati in questi anni è francese.

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Il più asservito di tutti è CLEMENTE V (1305-1314): revoca per la Francia la bolla Unam Sanctam e riapre il processo

contro Bonifacio VIII (riesce a evitare che il procedimento sia portato a termine con sacrificando i templari all’avidità di

Filippo il quale, con lo scioglimento dell’ordine, ne incamererà il tesoro).

Anche gli altri pontefici risentono comunque dell’afflusso del re di Francia e questo e questo li rende invisi alle altre

nazioni.

Il successivo pontefice, GIOVANNI XXII (1316-1334), si inserisce nello lotta tra i candidati all’elezione imperiale:

Ludovico il Bavaro e Federico d’Asburgo. Non solo si inserisce in una questione meramente politica ma respinge

entrambe le candidature e si arroga il diritto di nominare un candidato a suo piacere. Nel frattempo affida

l’amministrazione del Regno d’Italia (regno sotto il controllo imperiale) a Roberto d’Angiò.

Ludovico non accetta e viene scomunicato dal papa. Il Bavaro, però non demorde, scende a Roma, si fa incoronare da

Sciarra Colonna (un laico membro della nobile casata che in quel momento aveva il potere su Roma) e promuove

l’elezione di un antipapa.

L’unico risultato ottenuto da Giovanni XII fu di attirarsi le antipatie di tutti e questo anche perché le scomuniche erano

date con leggerezza e per fini politici. Abbiamo quindi progressivo crollo dell’autorevolezza pontificale.

3) Uno dei pochi lati positivi del soggiorno avignonese del papato fu l’irrobustimento delle strutture ecclesiali e il

consolidamento del potere papale all’interno di queste.

Un dei lati negativi di questo processo fu il parallelo accrescersi del fiscalismo curiale e proprio sotto GIOVANNI XXII.

Durante il periodo avignonese prosegue l’accentramento iniziato nel Duecento e le chiese locali vengono private delle

loro autonomie; questo se da un lato impedisce la diffusione e la nascita di eresie dall’altro lato accresce enormemente

le entrate della curia. (per esempio: i frutti del primo anno della nomina di un beneficio erano di prerogativa papale).

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Altre fonti di entrata erano i censi, cioè parte dei tributi dei regni vassalli della santa sede, come il regno di Napoli (altri

regni vassalli erano l’Inghilterra e il regno d’Aragona). Non vanno poi dimenticate le tasse di cancelleria pagate per

ottenere grazie e dispense.

Un motivo di scandalo era la nomina di vescovi che non risiedevano nelle diocesi ma governavano attraverso vicari.

Tali vescovi erano nominati non perché si distinguevano nella cura della anime ma per meriti di corte. Si assiste, infatti,

in questi anni a una crescita vertiginosa del nepotismo, fenomeno ancora più diffuso a partire dal 1365 anno a partire

dal quale ogni carica è di nomina papale (vescovi, arcivescovi, abati e badesse).

Essendo scelti prelati che si distinguevano per meriti di corte venivano nominati vescovi soprattutto abili

amministratori e governatori, uomini di formazione giuridica più che teologica, che portano con se l’esperienza

accumulata. Questo porterà a una burocratizzazione dell’ordinamento diocesano e in alcuni casi si ravvisa la tendenza a

fare dei parroci dei «buoni funzionari» dei riti, il tutto a discapito dell’attività pastorale.

Inoltre, il crescente controllo da parte del papa sulle diocesi era visto con malanimo.

Tutte queste iniziative portano a una corretta amministrazione dei beni ecclesiali. Se da un lato essa è giusta dall’altro,

il poco interesse per la cura d’anime attira le critiche di molti opuscoli che chiedono una riforma della Chiesa.

Come vedremo per quanto riguarda la riforma protestante, non era facile negli animi distinguere la riforma morale e

disciplinare della chiesa da quella dogmatico-istituzionale.

Un altro degli aspetti positivi del periodo avignonese è che la curia riesce a liberarsi dall’endemico conflitto tra le

famiglie baronali romane e poté così, come abbiamo visto, consolidare le proprie strutture senza intoppi.

Il periodo Avignonese si conclude nel 1377 quando GREGORIO XI (1371-1378), mosso dalle preghiere di CATERINA da

SIENA, riporta la sede definitivamente in Italia.

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LO SCISMA D’OCCIDENTE.

Alla morte di Gregorio XI viene eletto Urbano VI (1378-1389), al secolo Bartolomeo Prignano arcivescovo di Bari. Il

nuovo pontefice, però, viene eletto sotto la pressione del popolo romano il quale voleva un papa italiano nonostante che

la maggioranza dei cardinali fossero francesi (11 francesi, 4 italiani e uno spagnolo).

Il papa appena eletto, nonostante gli ammonimenti di Caterina da Siena di comportarsi in modo corretto nei confronti

dei cardinali, li accusa e li ingiuria.

I cardinali francesi, risentiti e delusi, rigettano l’elezione del pontefice considerandola frutto della pressione della folla

e si riuniscono a Fondi con gli Italiani per eleggere un nuovo pontefice.

Viene eletto come nuovo pontefice Clemente VII, ROBERTO DI GINEVRA cardinale e cugino del re di Francia, il quale,

dopo un tentativo di prendere Roma, si trasferisce ad Avignone.

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La cristianità si ritrova così divisa in due ubbidienze: con Clemente VII si schierano Francia, Spagna, Scozia e Italia del

sud; con Urbano VI troviamo Italia del nord e centrale, Inghilterra, Irlanda, Polonia, Boemia, Ungheria e Germania.

Si trovano divisi in due ubbidienze anche due santi molto importanti: Santa Caterina da Siena appoggiava Urbano

mentre San Vincenzo Ferrer riconosceva come papa Clemente VII.

L’elezione desta tutt’ora molte perplessità e non può essere risolta a favore di nessuno dei due. Ai due papi ne

succedono altri senza che lo scisma si sani.

In questo periodo, a causa della crisi che riveste l’istituzione papale, prendono piede le teorie conciliari Tali teorie nella

Chiesa erano sempre state presenti: Umberto di Silva Candida (XI sec.), infatti, riprendendo un’idea già elaborata nel

corso del VII secolo, affermava che un papa eretico può essere sottoposto a giudizio.

L’idea fu in seguito ripresa dai canonisti fino a giungere nel Decretum Gratiani: l’autorità suprema della Chiesa

appartiene al papa ma questi può cadere in eresia e nello scisma e allora un concilio convocato in caso di necessità può

deporlo.

È opportuno ricordare che nel medioevo il concetto di eresia era molto più elastico di quanto non lo sia per noi. Per il

pensiero medievale un papa che non da le dimissioni e in questo modo provoca una scisma può essere definito eretico.

Questo principio, quindi, era riconosciuto dalla Chiesa stessa ma era facile allontanarsi da questo delicato equilibrio per

avvicinarsi alle tesi che vedevano nel papa un monarca costituzionale, un semplice esecutore delle leggi stabilite da un

concilio permanente (Occam, Marsiglio da Padova).

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Per cercare di trovare una soluzione si arriva al concilio di Pisa del 1409 (in quel momento abbiamo GREGORIO XII a

ROMA e BENEDETTO XIII ad Avignone).

Il concilio sceglie di deporre i due papi e di eleggere un nuovo papa nella persona di ALESSANDRO V, al secolo Pietro

Filardi arcivescovo di Milano.

I due papi deposti, però, non demordono e non riconoscono Alessandro V: da due papi si passa a tre.

IL CONCILIO DI COSTANZA 1414-1418.

Convocato dall’imperatore Sigismondo depone due dei tre papi (Giovanni XXIII successore di Alessandro v Pisa, Benedetto

XIII) per eresia spergiuro e scisma, mentre Gregorio XII abdica subito dopo la deposizione di Giovanni XXII.

L’assemblea dei vescovi delibera che si deve convocare un concilio ogni dieci anni, che le deliberazioni del concilio sono

superiori per autorità a quelle del papa ed elegge Odo Colonna con il nome di Martino V (1417-1431).

MARTINO V CONVOCA NEL 1431 IL CONCILIO DI BASILEA per tentare di frenare la deriva conciliarista.

L’assemblea si apre solo dopo la sua morte ed è guidata dal suo successore EUGENIO IV.

All’interno del concilio si confrontano spinte centripete e centrifughe ma nonostante tutto viene confermata la superiorità del

concilio sul papa.

Eugenio tenta di trasferire il concilio a Bologna per cercare di tenerlo maggiormente sotto il suo controllo.

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Nel frattempo giunge in Italia un folto gruppo di padri Greci che chiede di ristabilire l’unione tra gli ortodossi e cattolici per

motivi religiosi ma soprattutto politici (la minaccia turca nei confronti dell’impero bizantino era sempre più pressante).

Eugenio, grazie a questo avvenimento, riesce a trasferire il concilio prima a Ferrara nel 1437 e successivamente a Firenze.

La maggioranza dei padri conciliari di Basilea si oppone alla traslazione e depone e scomunica Eugenio IV ed elegge come

nuovo papa Amedeo VIII duca di Savoia (papa Felice V).

Ne deriva un nuovo scisma che però dura poco perché la cristianità era ormai stanca di divisioni. Nel 1449 Felice V abdica e il

concilio riconosce il pontefice succeduto a Martino V: NICOLÒ V (1447-1455)

Il concilio trasferitosi a Firenze, nel frattempo (tra il 1439 e il 1442), delibera la superiorità del papa su tutta la Chiesa, la

processione dello Spirito Santo e l’esistenza del Purgatorio.

Per quanto riguarda il concilio di Costanza la tesi più diffusa è che non volesse affermare la supremazia del concilio sul papa

tout cour ma solamente stabilire una procedura canonica nel caso di grave crisi per la Chiesa.

Su un’interpretazione più letterale, invece, si basavano quei partiti favorevoli a creare chiese nazionali.

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CONSEGUENZE:

Per la debolezza della Chiesa i principi ne approfittano per avere moltissime concessioni, accentuando la tendenza verso la

formazione delle chiese nazionali.

In Francia: nel 1438 con la Prammatica Sanzione sono accolte molte delle deliberazioni del concilio di Basilea (limitazioni alla

Chiesa di Roma nella nomina degli uffici ecclesiastici, divieto di Appello a Roma come ultima istanza), aspirazione a formare

una chiesa indipendente da Roma e accentuare la dipendenza della Chiesa dallo stato.

In Germania: i principi si comportano allo stesso modo, usurpano le giurisdizioni ecclesiastiche della Chiesa, impongono le

tasse sui beni della Chiesa e nominano gli uffici ecclesiastici. La percezione negativa era inoltre accentuata dal tentativo di

GIOVANNI XXII di condizionare la politica imperiale e la lotta contro l’imperatore Ludovico il Bavaro.

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In Inghilterra: il distacco tra la il popolo dei fedeli e la Chiesa è accentuato proprio a causa del periodo avignonese, periodo che

coincide con la Guerra dei Cent’anni e durante il quale il papa è visto come uno strumento della monarchia francese (e quindi

come nemico del popolo inglese).

In Spagna. In questo periodo nasce l’inquisizione spagnola, un istituzione sotto il diretto controllo della monarchia iberica e

nata con lo scopo di difendere la Spagna dalla minaccia del comportamento ambiguo di ebrei e musulmani convertiti. Alla fine

verrà utilizzata soprattutto come strumento politico per meglio controllare il regno e per eliminare i nemici della corona.