Introduzione - Matematiche elementari da un punto di vista ...(900 1279) gli studiosi di algebra...

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Capitolo 1 Introduzione In questa prima sezione studieremo e analizzeremo le prime forme di matemati- ca sviluppate dall’uomo. Questo per comprendere come dei concetti, che per noi sono banalmente noti e che pensiamo scontati, in realt´ a hanno una storia molto articolata ed interessante, che ci permetter´ a dunque di indagare sulle fondamen- ta del sistema su cui ci basiamo spesso assumendolo a priori senza domandarci da dove questo abbia origine. La prima attivit´ a matematica sviluppata dall’uomo ´ e quella di contare: testi- monianza di questa attivit´ a si ha nella distinzione tra singolare e plurale nelle lingue di tutto il mondo. In molte civilt´ a antiche, non avendo la necessit´ a di distinguere un elevato numero di oggetti si dava un nome solo alle prime unit´ a e da una certa cifra in poi (solitamente sei) si diceva molti. Quando per´ o nel Paleolitico (fino al 10000 a.C.) l’uomo cominci´ o ad allevare animali, si present´ o l’esigenza molto forte di contare fino a cifre piuttosto elevate. Un esempio: quando un pastore, rientrando dal pascolo, aveva la necessit´ a di controllare che tutte le pecore fossero rientrate, risolveva questo problema di censimento con sistemi molto ingegnosi come far scorrere delle pietre da un sacchetto a un altro al passaggio di ogni pecora dentro al recinto, fino all’esaurimento contempora- neo delle pietre e delle pecore. Notiamo che questa ´ e l’intuizione, in termini moderni, del fatto che due insiemi X e Y hanno la stessa cardinalit´ a se e solo se esiste una biezione tra i due e inoltre gi´ a possiamo osservare che questo rap- presenta un primo passo verso l’astrazione del concetto di numero dagli oggetti che egli stesso rappresenta. Nel secondo periodo dell’et´ a della pietra, nel Neolitico, si compiono notevoli progressi nella comprensione dei valori numerici e delle relazioni spaziali. Tut- to ci´ e riconducibile al passaggio dalla pura attivit´ a di raccolta di cibo alla sua effettiva produzione, cio´ e dalla caccia e pesca all’agricoltura. Questa grossa rivoluzione trasforma da passivo ad attivo l’atteggiamento dell’uomo verso la natura. Successivamente, nel quinto, quarto e terzo millennio a.C. avviene il passaggio dalle comunit´ a neolitiche a nuove e pi´ u avanzate forme di societ´ a che si evolsero in forme di governo assolutistico caratterizzate da configurazioni sociali rigida- mente strutturate in classi, nelle quali viene a crearsi una burocrazia stabile a cui era affidata l’amministrazione dei lavori di pubblico utilizzo. L’economia di questo periodo, nonostante i fiorenti traffici commerciali, rimaneva comunque basata sull’agricoltura. In questo contesto storico la matematica comincia a 1

Transcript of Introduzione - Matematiche elementari da un punto di vista ...(900 1279) gli studiosi di algebra...

  • Capitolo 1

    Introduzione

    In questa prima sezione studieremo e analizzeremo le prime forme di matemati-ca sviluppate dall’uomo. Questo per comprendere come dei concetti, che per noisono banalmente noti e che pensiamo scontati, in realtá hanno una storia moltoarticolata ed interessante, che ci permetterá dunque di indagare sulle fondamen-ta del sistema su cui ci basiamo spesso assumendolo a priori senza domandarcida dove questo abbia origine.La prima attivitá matematica sviluppata dall’uomo é quella di contare: testi-monianza di questa attivitá si ha nella distinzione tra singolare e plurale nellelingue di tutto il mondo. In molte civiltá antiche, non avendo la necessitá didistinguere un elevato numero di oggetti si dava un nome solo alle prime unitáe da una certa cifra in poi (solitamente sei) si diceva molti. Quando peró nelPaleolitico (fino al 10000 a.C.) l’uomo cominció ad allevare animali, si presentól’esigenza molto forte di contare fino a cifre piuttosto elevate. Un esempio:quando un pastore, rientrando dal pascolo, aveva la necessitá di controllare chetutte le pecore fossero rientrate, risolveva questo problema di censimento consistemi molto ingegnosi come far scorrere delle pietre da un sacchetto a un altroal passaggio di ogni pecora dentro al recinto, fino all’esaurimento contempora-neo delle pietre e delle pecore. Notiamo che questa é l’intuizione, in terminimoderni, del fatto che due insiemi X e Y hanno la stessa cardinalitá se e solose esiste una biezione tra i due e inoltre giá possiamo osservare che questo rap-presenta un primo passo verso l’astrazione del concetto di numero dagli oggettiche egli stesso rappresenta.Nel secondo periodo dell’etá della pietra, nel Neolitico, si compiono notevoliprogressi nella comprensione dei valori numerici e delle relazioni spaziali. Tut-to ció é riconducibile al passaggio dalla pura attivitá di raccolta di cibo allasua effettiva produzione, cioé dalla caccia e pesca all’agricoltura. Questa grossarivoluzione trasforma da passivo ad attivo l’atteggiamento dell’uomo verso lanatura.Successivamente, nel quinto, quarto e terzo millennio a.C. avviene il passaggiodalle comunitá neolitiche a nuove e piú avanzate forme di societá che si evolseroin forme di governo assolutistico caratterizzate da configurazioni sociali rigida-mente strutturate in classi, nelle quali viene a crearsi una burocrazia stabile acui era affidata l’amministrazione dei lavori di pubblico utilizzo. L’economia diquesto periodo, nonostante i fiorenti traffici commerciali, rimaneva comunquebasata sull’agricoltura. In questo contesto storico la matematica comincia a

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    delinearsi come scienza pratica, il cui scopo é quello di facilitare il computo delcalendario, l’amministrazione del raccolto, l’organizzazione dei lavori pubblici,la riscossione delle tasse. Aspetto importante da notare nella matematica diquesto periodo é che non si trova alcun accenno a ció che noi oggi chiamiamodimostrazione: non veniva offerta alcuna argomentazione, ma solo un elenco diregole da applicare per giungere alla conclusione.

    1.1 Storia e letteratura scientifica

    1.1.1 Cina

    Non possediamo una datazione precisa riguardo il popolo cinese. Tali difficoltàdi datazione sono dovute a due cause: l’utilizzo di materiali per la scritturadeperibili e il continuo susseguirsi di dinastie alcune delle quali ordinarono anchela distruzione di tutte le opere scritte. Tali problemi di datazione li riscontriamopertanto anche riguardo le opere matematiche.

    Ci addentriamo nella storia e cultura matematica cinese partendo dalle primetestimonianze per proseguire poi accennando ai più importanti testi della letter-atura matematica cinese. Per comprendere invece come consideravano e oper-avano in determinati problemi proseguiremo andando ad analizzare nelle variebranche della matematica i preziosi contributi e scoperte che questo popolo fece.

    La testimonianza più antica di una numerazione in Cina si trova attorno al1500 a.C. e consiste in segni incisi su ossa, chiamate ”ossa oracolari”, vedremoin seguito in cosa consistono.

    La più antica fonte scritta invece della matematica cinese è il Chou PeiSuan Ching, ovvero Il libro classico dello gnomone e delle orbite circolari delcielo[1]. Questo è generalmente considerato il più antico testo classico di ar-gomento matematico, la sua datazione è tutt’altro che nota, esistono infattidiverse opinioni che differiscono tra di loro di quasi un millennio. L’ipotesi piùragionevole lo colloca attorno al 400 a.C. Tale libro si occupa principalmente dicalcoli astronomici anche se include un’introduzione sulle proprietà del triango-lo rettangolo e alcune considerazioni sull’uso delle frazioni con le loro quattrooperazioni, vengono inoltre individuati i comuni denominatori. Nella primaparte di tale scritto, dove è contenuto un dialogo sulle proprietà dei triangolirettangoli, viene enunciato il teorema di Pitagora del quale viene fornita unadimostrazione geometrica. È quasi certo che questo teorema sia stato scopertoprima di Pitagora.

    Il successivo testo che merita essere citato è Chiu Chang Suan Shu, ovveroNove capitoli sulle arti matematiche [2], sembra plausibile l’ipotesi che sia statocomposto tra il 300 a.C. e il 200 d.C. Tale opera occupa il posto nella matem-atica cinese che occupano gli Elementi di Euclide nella matematica greca, nontanto per i contenuti e il modo di esporli, ma per l’importanza che ha avutonella matematica cinese nei secoli successivi e perché, come gli Elementi, essorisulta un compendio di tutto il sapere matematico precedente. Mentre i gre-ci di questo periodo componevano trattati in cui l’esposizione era sistematicae logicamente ordinata, i cinesi si limitavano a descrivere le soluzioni per unaserie di problemi specifici. Questo libro contiene 246 problemi riguardanti l’a-grimensura, l’agricoltura, l’ingegneria, il calcolo ecc. . . In questa opera colpisce

  • 1.1. STORIA E LETTERATURA SCIENTIFICA 3

    la giustapposizione di risultati piuttosto accurati con altri approssimativi e diprocedimenti molto sottili con altri grossolani.

    Nel V sec d.C. merita essere citato il testo Sun Tzu Suan Ching [3] perl’importanza della descrizione riguardo ai numerali bacchette, è un libro semplicee chiaro che si occupa delle operazioni, della misurazione di aree e volumi, dellefrazioni e delle radici quadrate e cubiche. Questo trattato è importante perchéfornisce il primo esempio di un problema risolto tramite l’analisi indeterminata,cioè le congruenze lineari.

    Proseguiamo con la trattazione storica fino al XIII secolo periodo che risul-ta ricco di produzioni. Nel 1247 Chhin Chiu Shao pubblicò Shu Shu ChiuChang, ovvero I nove paragrafi di matematica[4]. In questo testo sono spie-gate le soluzioni numeriche delle equazioni di ogni grado e viene approfonditolo studio riguardo l’analisi indeterminata. Nel giro dei tre anni successivi ChuShih Chieh scrisse due trattati: Suan Sue Chhi Meng, Introduzione agli studimatematici e Ssu Yuan Yu Chien [5], Lo specchio prezioso dei 4 elementi [6].Nel secondo, i quattro elementi a cui viene dato il nome di cielo, terra, uomo emateria rappresentano le quattro incognite della medesima equazione. Questolibro rappresenta il punto più alto raggiunto dall’algebra cinese: esso tratta in-fatti di equazioni fino al quattordicesimo grado e di sistemi di equazioni risoltiutilizzando il ”metodo delle schiere rettangolari” o come le chiamiamo noi oggidelle matrici. In tale testo si trova anche una diserzione sul triangolo di Pascal(o Tartaglia), 350 anni prima della nascita di Pascal. Durante la dinastia Sung(900 − 1279) gli studiosi di algebra cinesi avevano compiuto progressi tali chesolamente nel XVIII secolo l’Europa riusc̀ı a raggiungere, soprattutto per quelloche riguarda la soluzione di equazioni.

    Giunti a questo punto ci chiediamo perché tanti dei metodi a cui abbiamoaccennato non hanno conosciuto uno sviluppo ulteriore e si sono affermati soloa partire dal XVIII secolo d.C.? La risposta più plausibile a tale domanda sem-bra essere contenuta nel fatto che la matematica cinese non ebbe uno sviluppocontinuo, anzi, la cultura e la società cinese fu spesso interrotta da cambi didinastie e interruzioni forzate.

    1.1.2 India

    Le prime testimonianze di una civiltà indiana risalgono al 3500 a.C., dai repertiarcheologici si può affermare che si trattava di una società con alto livello diorganizzazione, con città rifornite da comunità agricole che coltivavano princi-palmente orzo e grano e allevavano bestiame. Lo sviluppo urbano era pianificatoe caratterizzato da un’architettura altamente standardizzata. Con ogni proba-bilità grazie a questa organizzazione i cittadini erano specializzati in misurazionee in aritmetica pratica.

    È importante precisare che nella penisola indiana a partire dal IV millennioa.C. si instaurò la civiltà vedica, cioè quella civiltà associata al popolo che com-pose i testi religiosi conosciuti come i Veda. Tale corrente influenzò non poco lacultura e la matematica indiana. Nella fase vedica gli indiani erano più dediti al-la letteratura e soprattutto a riti e sacrifici. È proprio nei testi religiosi dei Vedache troviamo tra l’800 e il 600 a.C. le prime tracce di matematica e soprattuttodi geometria nella costruzione di altari per sacrifici e di pire sacrificali. Questeindicazioni sono contenute in quella parte di letteratura che va sotto il nome di

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    sulvasutra che inizialmente indicava ”le regole per condurre riti sacrificali” poila parola sulva si rifer̀ı al tratto di fune per la misurazione degli altari. Quasitutte le informazioni che abbiamo sulla geometria indiana derivano da questisulba. Sembra dunque che la matematica indiana sia nata o per lo meno chesi sia sviluppata a servizio della religione. Infatti la geometria dei sulvasutrascaturisce dall’esigenza di assicurare una rigida conformità dell’orientamento,della forma e dell’area degli altari alle prescrizioni stabilite dalle scritture allecostruzioni spesso non erano oggetto di discussione.

    Il sanscrito vedico (ovvero la lingua parlata da questa civiltà) e la religionevedica persistettero fino al VI sec a.C., quando la cultura cominciò a trasfor-marsi nelle forme classiche dell’induismo. Infatti attorno al 500 a.C. in rispostaall’eccesso delle pratiche vediche nacquero il buddismo e il jainismo. Con ciò siebbe un graduale cambiamento nella percezione anche del ruolo della matem-atica: dall’adempimento di necessità rituali che era stata prevalentemente finoa quegli anni a disciplina astratta da coltivare autonomamente. Molti testijaini importanti per la matematica non sono ancora stati studiati quindi le no-tizie che abbiamo a riguardo di questo filone della matematica sono un riflessopervenutoci da alcuni commentatori. Sembra tuttavia certo che i matematiciprovenienti dallo jainismo attorno al I sec. a.C. affrontassero temi della matem-atica che oggi vanno sotto il nome di teoria dei numeri, aritmetica, geometria,studio di frazioni, equazioni semplici, cubiche e biquadratiche, permutazioni ecombinazioni.

    Dal 500 d.C. la matematica assume sempre più un carattere pratico e ap-plicativo ai problemi quotidiani. In questo periodo si posiziona anche l’iniziodell’interesse per l’analisi indeterminata, ciò contrassegna la nascita di un nuovostudio che avrebbe poi raggiunto un livello avanzato durante il periodo classicodella matematica indiana.

    Come abbiamo più volte ripetuto, riguardo la matematica cinese, anche letestimonianze sulla matematica indiana sono imprecise e discontinue. Questemancanze sembrano essere determinate dai seguenti fattori:

    • il declinare della filosofia vedica e l’estinguersi dei sacrifici causarono unabbandono della ragion d’essere della geometria;

    • le idee matematiche venivano sostanzialmente tramandate oralmente, isutra (testi molto sintetici in forma poetica) facilitavano tale tradizioneorale, anche se, privi di qualsiasi commento, questi testi risultavano sterilie privi di significato;

    • la conoscenza dei commenti agli sutra era strettamente legata ad un elitèdi poche persone.

    • gli autori indiani raramente fanno riferimento ai loro predecessori, e imetodi utilizzati dai loro predecessori sono spesso molto differenti, questonon ci permette nemmeno di ricostruire per somiglianza la cronologia dialcune scoperte e personaggi.

    Dopo questa panoramica storica che ci aiuta ad inserirci nella storia indianaproseguiamo considerando, come per i cinesi, i vari ambiti in cui gli indianiapportarono il loro contributo innovativo. Sono velocemente presentati poi a finesezione tre matematici indiani di grande importanza: Aryabhata, Brahmaguptae Bhaskara. I risultati matematici che abbiamo sono generalmente in forma

  • 1.1. STORIA E LETTERATURA SCIENTIFICA 5

    di Sutra, un modo di scrivere che tende alla massima brevità e spesso utilizzauno stile poetico per catturare l’essenza di un argomento o di un risultato. Isulvasutra sono sempre degli scritti che tendono alla massima brevità ma cheparlano di sulva ovvero regole della corda. Le origini e la data dei sulvasutrasono cos̀ı incerte che non è possibile dire se le sue regole abbiano o no qualcherelazione con i più antichi problemi egiziani di agrimensura o con i problemi deigreci.

    Il periodo dei sulvasutra si concluse attorno al II sec d.C., fu seguito dalperiodo dei Siddhanta (sistemi di astronomia) che inizia al termine del IV sec.d.C. i quali si occupano essenzialmente di trigonometria. Ci sono alcuni studiosiche tendono a ritenere le informazioni contenute nei Siddhanta come derivantidalla cultura ellenistica. A sostegno di ciò si può considerare la stretta analogiacon la trigonometria e l’astronomia di Tolomeo o l’approssimazione del valorepigreco. È da sottolineare però il fatto che anche se gli indiani attinsero leloro conoscenze trigonometriche dall’ellenismo, nelle loro opere tale materialeassunse una nuova forma. Mentre la trigonometria di Tolomeo per esempio sibasava sul rapporto funzionale tra le corde di un cerchio e gli angoli al centrosottesi da esse, gli autori del siddhanta trasformarono tale rapporto nello studiodella corrispondenza tra la metà della corda di un cerchio e la metà dell’angolosotteso al centro dell’intera corda. Nacque cos̀ı, a quanto sembra in India ilconcetto che anticipava la funzione trigonometrica moderna di seno di un angolo:l’introduzione della funzione seno rappresenta uno dei maggiori contributi deiSiddhanta all’evoluzione della matematica.

    Ciò che determinò lo sviluppo della trigonometria fu l’interesse nel perio-do che va dal 400 al 1200 d.C. per l’astronomia. Questi calcoli richiedevanoun’ampia gamma di tecniche matematiche, compresi alcuni nuovi metodi inno-vativi di trigonometria piana e sferica e applicazione di equazioni indeterminate.

    È importante ricordare che Aryabhata nel V sec. d.C. forǹı una tavolaper il valore del seno che è di una precisione veramente notevole. Tolomeoaveva già formato una tavola per i valori delle corde nel II sec d.C. ma nonci sono alcune ipotesi a sostegno del fatto che la tavola tolemaica fosse giuntafino in India. In questo periodo si determinò la relazione data dalla costantepigreco e l’approssimazione del rapporto tra la circonferenza di un cerchio eil suo diametro. Non si sa con certezza come gli indiani siano giunti a talirisultati sia per l’approssimazione di pigreco che per la tavola dei seni, l’ipotesipiù accreditata è che tali valori siano stati calcolati attraverso una trattazioneintuitiva del calcolo alle differenze finite e dei metodi di interpolazione. Lamatematica indiana può essere descritta come intuitiva, simile a quella cinese,in contrapposizione al rigoroso razionalismo della matematica greca.

    Passiamo ora ad analizzare abbastanza velocemente tre matematici indianiche hanno portato i contributi più interessanti nella matematica indiana.

    Arybhata

    Aryabhata è vissuto tra il V e il VI secolo d.C. È stato il primo dei grandimatematici-astronomi indiani; la sua opera principale, Aryabhatiya, può essereconsiderata la versione indiana degli Elementi di Euclide, in quanto comprende

  • 6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

    molti risultati dovuti ad autori precedenti di cui ci sono pervenuti solo piccol-issimi frammenti che non ci permettono di ricostruire il loro contributo. Ledifferenze tra le due opere sono comunque molto evidenti, negli Elementi Eu-clide propone una sintesi sistematica della matematica dotata di un alto grado diastrazione, con una struttura logica chiara e con un’evidente finalità didattica.L’Aryabhatiya è invece una breve opera espositiva che intendeva integrare le re-gole di calcolo utilizzate in astronomia e nella misurazione senza alcun interesseper il metodo logico o deduttivo.

    L’Aryabhatiya, composto nel 499, è un compendio delle conoscenze matem-atiche indiane del tempo, è composto in versi; esso copre diversi argomenti, tra iquali l’aritmetica, la trigonometria piana e sferica e le regole per il calcolo di areee volumi, l’intero volumetto risulta essere un’interessante opera anche se è benesottolineare che è una congerie di regole semplici e procedimenti complicati, dirisultati esatti e di errori gravi. Aryabhata usa in quest’opera una numerazioneposizionale, pur senza lo zero, la citazione con cui descrive il sistema posizionaledecimale è la seguente:

    ”Da una posizione all’altra, ciascuna è dieci volte la precedente.”

    Brahmagupta

    Un altro grande matematico indiano è Brahmagupta che è vissuto nel VII sec.d.C. Di lui citiamo un importante testo di astronomia in cui dedica parecchicapitoli alla matematica e innovativi approfondimenti nel campo dell’astrono-mia.

    Il suo testo Siddhanta costituisce la fonte più antica conosciuta, eccettuatoil sistema di numerazione maya, a trattare lo zero come un numero a tuttigli effetti. Anzi non solo lo considera un numero a tutti gli effetti ma enunciaanche le regole dell’aritmetica sui numeri negativi e sullo zero che sono piuttostovicine al modo di ragionare moderno. La principale divergenza è costituita daltentativo di Brahmagupta di definire la divisione per zero, che viene invecelasciata indefinita nella matematica moderna. Per esempio, egli afferma che0/0 = 0.

    Brahmagupta diede inoltre notevoli contributi all’algebra: nella sua operasi trovano soluzioni generali alle equazioni di secondo grado, comprendenti dueradici anche nel caso che una di esse sia negativa. Diede parecchi contributi allosviluppo dell’analisi indeterminata. Fu il primo a dare una soluzione generaleall’equazione diofantea lineare ax + by = c, dove a, b, c sono numeri interi.Perchè questa equazione abbia soluzioni intere occorre che il massimo comunedivisore di a e b divida anche c; Brahmagupta sapeva che se a e b sono primifra loro, tutte le soluzioni dell’equazione sono date da x = p+mb, y = q −ma,dove m è un numero intero arbitrario.

    Bhaskara

    Altro matematico degno di essere menzionato, in quanto rappresenta il culminedella conoscenza matematica e astronomica del XII sec. in ambito mondiale, èBhaskara che vive all’inizio del XII secolo d.C.

    Egli apportò innovazione nel campo dell’astronomia, dei sistemi numerici erisolse molti tipi di equazioni: tutte capacità che sarebbero stare raggiunte inEuropa solo molti secoli dopo.

  • 1.1. STORIA E LETTERATURA SCIENTIFICA 7

    Le sue opere principali furono il Lilavati (che tratta dell’aritmetica), ilBijaganita (Algebra) e il Siddhanta Shiromani (scritto nel 1150).

    Analizziamo alcuni dei contributi fondamentali.

    Bhaskara affermò che ogni quantità divisa per zero è infinito e aggiunseche infinito diviso da quantità rimane infinito. Questo contributo va a colmarela lacuna vista prima nella trattazione di Brahmagupta. Ecco il passo in cuiBhaskara affronta per la prima volta la problematica della divisione per zero:

    ”Dividendo 3, divisore 0. Il quoziente è la frazione 30 . Questafrazione il cui denominatore è zero, viene definita quantità infinita.In questa quantità, consistente in ciò che ha come divisore lo zero,non vi è nessuna alterazione, anche se vi è aggiunto o tolto molto:infatti nessun mutamento ha luogo nell’infinità e immutabilità diDio.”

    Questa affermazione risulta promettente per uno sviluppo ulteriore del con-cetto di infinito, ma una successiva affermazione di Bhaskara in cui afferma chea00 = 0 dimostra in realtà la mancanza di una chiara comprensione del problema.

    Assieme alla risoluzione dell’equazione diofantea già data anche da Brah-magupta, Bhaskara diede anche una soluzione all’equazione di Pell, x2−dy2 = 1,problema posto sempre dallo stesso Brahmagupta.

    Il Lilavati è il trattato più noto scritto da Bhaskara, in questa opera sonocontenute le soluzioni specifiche a cui sono spesso aggiunte considerazioni per-sonali di diversi problemi tratti da Brahmagupta e da altri matematici. NelLilavati sono contenuti tutti i problemi affrontati dalla popolazione indiana.

    Enunciò il teorema di Rolle, un caso speciale di uno dei più importantiteoremi dell’analisi, il teorema del valor medio.

    Il suo Bijaganita (Algebra) era un’opera in dodici capitoli. Fu il primo testo ariconoscere che un numero positivo ha due radici quadrate (una radice quadratapositiva e una negativa).

    Il Siddhanta Shiromani (scritto nel 1150) dimostra come Bhaskara avesseuna profonda padronanza della trigonometria, incluse la tavola del seno e lerelazioni fra le diverse funzioni trigonometriche. Scopr̀ı anche la trigonometriasferica insieme ad altri interessanti risultati. In particolare, Bhaskara parve piùinteressato alla trigonometria di per sé stessa rispetto ai suoi predecessori chela vedevano solo come strumento per il calcolo. Fra i molti risultati interessantiottenuti da Bhaskara, compaiono per la prima volta le regole che oggi chiamiamoregole del seno e del coseno per la somma e la differenza di due angoli.

    La sua opera, il Siddhanta Shiromani, è un trattato astronomico e com-prende molte teorie che non si trovano in opere precedenti. Sono di particolareinteresse i concetti preliminari di calcolo infinitesimale e di analisi matematica.Le sue ricerche non erano per nulla inferiori all’opera di Newton di cinque secolisuccessiva, a parte il fatto che, a quanto pare, Bhaskara non comprese l’utilitàdelle sue ricerche e perciò molti storici della matematica in genere trascuraronoi suoi risultati rilevanti.

    Dopo Bhaskara la matematica in India non fece ulteriori progressi, gli stu-diosi successivi al 1200 si accontentavano di riprendere in mano e commentarele opere dei matematici precedenti. L’unica piccola e limitata zona che sembrasfuggire a questa tendenza è il Kerale, infatti il periodo che va dal XIV al XVIIsecolo fu contrassegnato da un forte sviluppo dell’astronomia e della matematica

  • 8 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

    in questo luogo. Attorno al 1600 con l’arrivo degli inglesi gli indiani scoprironoe si appassionarono alla matematica moderna.

  • Capitolo 2

    I sistemi di numerazione

    Obiettivo di questo capitolo é quello di studiare da quali esigenze nacquero iprimi sistemi di numerazione nelle varie civiltá per comprendere i meccanismimentali alla base dell’evoluzione matematica. I primi sistemi di numerazione dicui abbiamo testimonianza sono di tipo addittivo e risalgono al terzo millennioa.C. con la civiltá egiziana. Vennero poi gradualmente sostituiti con quelli piúpratici di tipo moltiplicativo, con la civiltá sumera, per poi passare infine alsistema di numerazione di tipo posizionale, che ancora oggi usiamo, introdottoper la prima volta attorno al 2000 a.C. dai Babilonesi. Ora vedremo nel dettaglioquesti sistemi: parallelamente a questo studio si comprende come l’introduzionedello zero sia intrinseca all’evoluzione dei sistemi di numerazione e faccia partedi un processo molto lento e interessante, non si tratta cioé di una scopertaimprovvisa e dovuta al genio di qualche personaggio. Infatti lo zero, nella nostraconcezione, comparve per la prima volta con l’introduzione dei sistemi di tipoposizionale: fatto prevedibile, in quanto in un sistema di tipo addittivo nonavrebbe senso inserire un simbolo che indica una quantitá nulla.

    2.1 Cina

    Studiamo il sistema di numerazione cinese: la testimonianza piú antica di unanumerazione in Cina si trova attorno al 1500 a.C. La struttura per la numer-azione cinese é rimasta sostanzialmente inalterata nel corso dei secoli, nonos-tante sia stata in parte cambiata la scrittura. A partire dal II secolo a.C.abbiamotestimonianze di un sistema per eseguire i conti, sviluppato per esigenze com-merciali, amministrative e scientifiche. Si utilizzavano delle bacchette (proba-bilmente di bambú e di avorio) che venivano posizionate in colonne da destraa sinistra, per rappresentare le potenze crescenti di 10. Esistevano due modidiversi per indicare le cifre: con aste orizzontali (heng) o verticali (tsung):

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  • 10 CAPITOLO 2. I SISTEMI DI NUMERAZIONE

    Dal III secolo d.C. queste scritte furono combinate insieme in modo da avereun efficiente sistema di notazione posizionale: i tsung rappresentavano le unitá,le centinaia e le decine di migliaia, mentre gli heng le decine, le migliaia e lecentinaia di migliaia. I matematici cinesi non mostrarono alcuna difficoltá nelconsiderare e utilizzare anche i numeri negativi, che nella numerazione a bac-chette venivano distinti in vari modi: ad esempio venivano usate asticelle rosseper i negativi e nere per i positivi, oppure cambiava la sezione delle bacchette,triangolare per gli uni e quadrata per gli altri.Per quanto concerne la concerne la rappresentazione dello zero, nella numer-azione a bacchette veniva semplicemente lasciato vuoto uno spazio nella colonnacorrispondente. L’alternanza di una cifra tsung e una heng agevolava non pocol’interpretazione di uno spazio vuoto. La questione dello zero si presentó quan-do le bacchette furono tradotte in scrittura, dato che gli spazi vuoti non eranopiú sufficienti a distinguere un numero dall’altro. Inizialmente questo problemavenne aggirato scrivendo i numeri per esteso (specificando cioé l’ordine dellapotenza di dieci) oppure disponendo le bacchette all’interno di una tabella. Apartire dall’VIII secolo venne introdotto un simbolo apposito per indicare unaposizione vuota, un tondino, ma non aveva probabilmente un significato numeri-co. Si presume sia stato portato in Cina da monaci buddhisti indiani, anche senon se ne ha la certezza.

  • 2.2. INDIA 11

    2.2 India

    Studiamo il sistema di numerazione indiano, particolarmente rilevante per lanostra cultura in quanto fu proprio questo popolo ad introdurre lo zero nellaconcezione che é giunta fino a noi.I numeri indiani piú antichi, Kharosthi, si trovano in iscrizioni risalenti al IIIsecolo a.C.: si utilizzava il principio ripetitivo, con simboli specifici per indicarele prime cifre e poi le potenze di dieci fino al migliaio: i numeri fino a cento poierano composti addittivamente:

    Questo sistema venne gradualmente sostituito dalla notazione in caratteriBrahmi, diffusa giá dal II secolo d.C.

    e successivamente, attorno al IX secolo, si passó ai caratteri Gwalior, moltovicini al nostro sistema di numerazione:

    Osserviamo che il passaggio da sistema Brahmi a Gwalior fu molto gra-duale (quasi undici secoli). Questo cambiamento avvenne infatti in seguito afondamentali conquiste concettuali: prima fra tutti la comprensione che sonosufficienti nove cifre (nel sistema decimale, dato che nelle testimonianze giuntefino a noi non ci sono riferimenti in India ad altre basi usate per la numerazione)per esprimere qualsiasi numero perché in base alla posizione che assume unadeterminata cifra questa racchiude in sé la potenza di dieci per la quale deveessere moltiplicata. Un’altra conquista fondamentale fu l’introduzione delladecima cifra, lo zero: non si puó datare la sua comparsa, ci sono varie ipotesial riguardo, ma si puó affermare senza dubbio che non si tratta appunto di unascoperta, ma di un processo graduale e interessante a cui dobbiamo l’efficientesistema moderno.

  • 12 CAPITOLO 2. I SISTEMI DI NUMERAZIONE

  • Capitolo 3

    Operazioni aritmetiche

    3.1 Cina

    I cinesi avevano in comune ai greci l’amore per la numerologia e il misticismolegato ai numeri. Al contrario dei greci però, che erano più attratti all’astrat-tezza e alla metafisica, i cinesi avevano una decisa preferenza per il concreto eper considerare i numeri come qualcosa di concreto che si tocca.

    Essi non si preoccuparono di classificare in modo rigoroso i numeri, tuttaviavenivano fatte le seguenti distinzioni. I numeri pari e dispari vennero associati,come in Grecia, ai due sessi, inoltre era diffusa la superstizione che i numeripari fossero sfortunati e i numeri dispari fortunati. Le aliquote di un numerointero sono definite come i divisori interi ed esatti di un numero. Un numero eradetto deficiente, perfetto o abbondante a seconda che fosse maggiore, uguale ominore della somma delle sue aliquote. Due numeri interi sono definiti amicalise ciascuno è uguale alla somma delle aliquote dell’altro, per esempio 284 e220, infatti: 220 ha come divisori 1, 2, 4, 5, 10, 11, 20, 22, 44, 55, 110 che sommatidanno 284 e 284 ha come divisori 1, 2, 4, 71, 142 che sommati danno 220.

    Nei tempi più remoti si cercava sempre di evitare le frazioni creando un grannumero di unità di misura e di peso sempre più piccole. La matematica cinesefin dalle sue prime manifestazioni aveva familiarità con le frazioni e gestivanomolto bene anche le operazioni con queste già dal I sec d.C. La somma veni-va fatta moltiplicando tutti i denominatori, poi, moltiplicavano il numeratoreper il numero calcolato moltiplicando tutti i denominatori diviso per il propriodenominatore ed infine sommavano tutti i contributi. La sottrazione si facevamoltiplicando numeratori e denominatori alternati e si sottraeva il più piccolodal più grande, il risultato veniva diviso per il prodotto dei denominatori. De-terminarono inoltre un metodo per trovare il comun divisore, dal Chiu ChangSuan Shu [2] leggiamo:

    ”Se due numeri possono essere divisi per due divideteli. Abbassateil denominatore sotto il numeratore e sottraete il numero più piccoloda quello più grande. Continuate questo processo finchè ottenete ilcomun divisore.”

    SCHEMA MCDPer quanto riguarda il problema dell’irrazionalità abbiamo visto nelle prece-

    denti lezioni che per i greci un numero irrazionale era qualcosa che non poteva

    13

  • 14 CAPITOLO 3. OPERAZIONI ARITMETICHE

    essere espresso come rapporto di due numeri interi e ciò aveva messo in discus-sione il concetto di numero. I matematici cinesi, grazie al loro precoce utilizzodelle frazioni decimali per esprimere le radici, non sembra siano stati attrattiné messi in difficoltà dal considerare i numeri irrazionali, anche se erano conscidella loro esistenza separata.

    Il fatto che la concezione delle frazioni decimali e dei numeri negativi nonpresentasse problemi suscita alcuni interessanti interrogativi riguardo alle di-versità funzionali tra l’antica matematica cinese e quella greca. Per i cinesi leprincipale preoccupazione era il primato delle operazioni matematiche; la no-tazione di numero in quanto entità atomica e indivisibile, caratteristica dellamatematica greca antica, non li turbava. La matematica cinese non si pose maiil compito di affrontare il problema dell’irrazionale che aveva sconcertato i greci.C’è poi un’ulteriore differenza fra la tradizione matematica greca e quella cinese.Mentre i greci erano interessati sin dai tempi antichi alla logica formale, i cinesicontinuarono a seguire un tipo di logica dialettica.

    3.1.1 Quadrati magici

    I Cinesi avevano un predilezione speciale per gli schemi, circa III sec. a.C. tro-viamo la prima testimonianza della costruzione di un quadrato magico. Questoera un raggruppamento ordinato di numeri disposto in modo tale che quelli diogni riga, colonna, diagonale principale addizionati dessero lo stesso totale. Lecelle potevano essere riempite con numeri naturali da 1 a n2. Nell’immaginesuccessiva vi è un esempio di quadrato magico:

    4 9 23 5 78 1 6

    La leggenda abbastanza diffusa in Cina sulla nascita del quadrato magico èla seguente:

    ”L’imperatore- ingegnere Yu il Grande venne aiutato a governarel’impero da due animali di origine soprannaturale, emersi da acqueche egli soltanto era stato capace di controllare, i quali gli offrironodue grafici o diagrammi (i quadrati magici appunto). Cos̀ı il Ho Thufu il dono di un cavallo drago che emerse dal fiume Giallo e il LoShu quello di una tartaruga uscita dal fiume Lo.”

    I quadrati magici al contrario di oggi che non sono cos̀ı considerati, nell’an-tica Cina attiravano l’interesse di illustri matematici come oggetti di studiostimolanti. Il loro fascino era accresciuto non solo dal richiamo estetico ma an-che dall’associazione con la divinazione e l’occulto ed erano impressi sugli arredisacri come talismani.

    I quadrati magici avevano anche un forte significato filosofico: l’equilibrioin natura delle due forze complementari rappresentate dai numeri in pari edispari. L’interesse per i quadrati magici contagiò anche le popolazioni vicineche si occuparono di questo oggetto.

    Interessante, e a mio avviso curioso, è l’incoraggiamento al lettore che èpresente in un manoscritto in cui viene spiegata la costruzione dei quadratimagici fino all’undicesimo ordine:

  • 3.1. CINA 15

    ”Non rinunciare perché l’ignoranza non si accorda con quest’arte. . . come l’innamorato non puoi sperare di ottenere successo senzaun’infinita costanza”.

    3.1.2 Risoluzione di equazioni

    Le equazioni di primo grado erano molto difficoltose nei tempi antichi in quantoerano prive di un adeguato simbolismo che li aiutasse nei procedimenti. Perrisolverle i cinesi ricorsero ad un metodo piuttosto macchinoso che più tardi inEuropa venne chiamato metodo della falsa posizione. Questa regola fu trasmessain Europa grazie agli Arabi.

    Il metodo procede nel modo seguente: si fanno due ipotesi sul valore di x,le chiamiamo g1 e g2, si calcolano gli scarti di tali valori cioè f1 = ag1 + b ef2 = ag2 + b, se i valori stimati di x sono esatti gli scarti sono zero. Si procedepoi sottraendo f1 ad f2 ottenendo a(g1− g2) = f1− f2 e moltiplicando per g1 eg2 rispettivamente f2 ed f1. Otteniamo g2f1 = ag1g2 + g2b e g1f2 = ag1g2 + g1bda cui, sottraendo la seconda dalla prima, b(g1−g2) = f1g2−f2g1. Assumevanocome risultato il rapporto −ba che corrispondeva a

    x =f1g2 − f2g1f1 − f2

    .

    I Cinesi riuscivano inoltre a rappresentare e risolvere un sistema di equazionidi primo grado. Venivano infatti disposte le bacchette in modo tale che ad ogniequazione del sistema fosse associata una colonna in cui venivano rappresentatii coefficienti. Non sussistevano problemi nel considerare coefficienti negativiper risolvere equazioni, l’unica sottolineatura degna di nota è precisare che co-munque le eventuali soluzioni negative erano ignorate e questo fatto costituivaun riflesso della natura pratica dei problemi.

    Il metodo cinese di rappresentazione dei coefficienti delle incognite di sis-temi di equazioni lineari mediante bacchette disposte su una tavola da calcoloportò spontaneamente alla scoperta di metodi semplici di eliminazione. La dis-posizione delle bacchette era esattamente quella dei numeri in una matrice. Imatematici cinesi pertanto ebbero ben presto l’idea di sottrarre righe e colonnecome nella semplificazione di un determinante. Questi rimasero gli unici metodifino al XVIII secolo. L’affidamento però a queste tecniche di calcolo se da unaparte sviluppò le regole che troviamo molti anni dopo in Europa, dall’altra nonincentivarono lo sviluppo di un’algebra astratta, requisito importante per unlavoro più avanzato sulle matrici e sui determinanti.

    Vediamo un esempio che si trova nel Chui Chang Suan Shu [2] in cui vienerisolto, con uno schema che chiamiamo informalmente ”proto matriciale”, unsistema di tre equazioni:

    3x+ 2y + z = 39

    2x+ 3y + z = 34

    x+ 2y + 3z = 26

  • 16 CAPITOLO 3. OPERAZIONI ARITMETICHE

    venivano posizionati i coefficienti in colonna nel seguente modo

    1 2 32 3 23 1 126 34 39

    Eseguendo poi operazioni in colonna sulla matrice, cioè con quella che oggiviene chiamata eliminazione di Gauss per colonne, si giungeva alla forma:

    0 0 30 5 236 1 199 24 39

    e dunque, 36z = 99, 5y + z = 24 e 3x+ 2y + z = 39 da cui i valori per x, ye z.

    Altro metodo a cui arrivarono i cinesi molto prima che fosse scoperto inEuropa nel 1700 fu il metodo di Cramer in un caso particolare. Questo metodoè presentato in un capitolo del testo Chiu Chang Suan Shu [2] sotto il nome dimetodo delle eccedenze e del difetto. Lo presentiamo a partire da un problemache si trova risolto in [2]:

    Un gruppo di persone compra contemporaneamente delle galline. Seogni persona pagasse 9 wen, rimarrebbero 11 wen dopo l’acquisto.Se ogni persona desse solamente 6 wen, ci sarebbe un ammanco di16 wen. Quante persone ci sono nel gruppo e qual è il costo totaledelle galline?

    La soluzione proposta è la seguente, riportiamo la regola di soluzione comeviene data nel testo. Ordinate i due tipi di contributi fatti dai componentidel gruppo per l’aquisto delle galline nella prima riga. L’eccesso e il difettorisultanti ordinateli in una riga sotto la prima, che contiene i contributi deimembri. Moltiplicateli diagonalmente tra loro. Sommate i prodotti e chiamatela somma shih. Sommate l’eccesso e la mancanza chiamate tale somma fa. Seuna frazione compare sia in shih che in fa, fate diventare i loro denominatoriuguali. Dividete shih per la differenza tra i due contributi per ottenere il costototale delle galline. Dividete fa per la differenza tra i contributi per ottenere ilnumero delle persone del gruppo.

    Espressa in termini algebrici, l’applicazione della regola è semplice: siano idue contributi a e a′ e l’eccesso e la mancanza b e b′ rispettivamente, quindi siha: (

    a a′

    b b′

    )=

    (9 611 16

    )(ab′ a′bb b′

    )=

    (144 6611 16

    )(ab′ + a′bb+ b′

    )=

    (21027

    )

  • 3.1. CINA 17

    Di conseguenza il costo totale delle galline è:

    shih

    a− a′=ab′ + a′b

    a− a′=

    210

    3= 70

    e il numero delle persone del gruppo è:

    fa

    a− a′=b+ b′

    a− a′=

    27

    3= 9.

    Osserviamo come tale problema può essere espresso in forma di sistema diequazioni a due incognite x e y, dove x è il numero di persone e y il costo totale:ax − cy = b e a′x − c′y = b′. Con i valori del problema le equazioni diventano9x− y = 11 e 6x− y = −16 che in forma matriciale risultano:(

    9 −16 −1

    )(xy

    )=

    (11−16

    )Applicando la regola di Cramer si ha:

    x =bc′ + b′c

    ac′ − a′c=

    11 + 16

    9− 6= 9 y =

    ab′ + a′b

    ac′ − a′c=

    144 + 66

    9− 6= 70.

    Dal momento che c = c′ = 1 il risultato è identico alla soluzione fornita nel ChiuChang Suan Shu [2].

    3.1.3 Estrazione di radici

    Gli antichi procedimenti per l’estrazione delle radici quadratiche e cubiche er-ano sostanzialmente identici a quelli attuali. Vedremo che i matematici arabiritenevano che un numero quadrato scaturisse da una radice, mentre gli autorilatini lo visualizzarono come lato di un quadrato geometrico. Anche nell’anticaCina il procedimento ebbe origine da considerazioni geometriche e i matemati-ci della dinastia Han (II secolo a.C., II secolo d.C.)affinarono le loro tecnichesino a gettare quelle solide fondamenta che consentirono ai grandi algebristi delperiodo successivo di risolvere le equazioni numeriche e anticipare il metodo diHorner (il quale applicato al calcolo delle radici reali di un polinomio risultaproprio lo stesso metodo che vedremo qui di seguito).

    In qualche misura questo metodo può essere considerato già implicito neltesto Chiu Chang Suan Shu [2]. Tale metodo consisteva nell’addizionare e sot-trarre sezioni di una certa figura geometrica. I limiti di questo approccio sonotuttavia evidenti: non può essere usato per risolvere equazioni di grado supe-riore al terzo. Ma già quando viene utilizzato per equazioni cubiche questometodo risulta complicato. Nella matematica cinese il triangolo di Pascal, altrainnovazione cinese che affronteremo tra poco, fu un grande aiuto per romperelo schema geometrico e stabilire un legame sicuro tra i valori dei coefficienti deltriangolo e le equazioni.

    Per esempio se vogliamo trovare la radice quadrata di N , cioè risolvere x2 =N i passi da compiere saranno:

    1) si ponga x = h + y e si faccia una stima sul valore h, N = (h + y)2 =h2 + 2hy + y2 = h2 + y(2h+ y);

  • 18 CAPITOLO 3. OPERAZIONI ARITMETICHE

    2) si ottiene y da N−h2

    2h =2hy2h +

    y2

    2h ;

    3) si addiziona y a 2h, si moltiplica la somma per y e si sottrae il risultatoda N −h2. Se il risultato è zero la risposta è corretta e la radice quadratadi N è x = h+ y, altrimenti si detemini un altro valore per h.

    Horner diede alla stampa questo metodo nel 1819 più di 5 secoli dopo!Ma tecnicamente come facevano i cinesi ad applicare questo metodo? Per

    esempio se volevano calcolare la radice quadrata di 71824 come procedevano?Essi cominciavano con il disporre le bacchette per contare in uno schema forma-to da quattro righe, la riga in alto indica il risultato ottenuto ad ogni passo delleoperazioni con le bacchette. La seconda riga contiene il numero con il quale sieseguivano le operazioni successive. La terza riga veniva chiamata ”riga dell’ele-mento al quadrato” e indica gli aggiustamenti all’elemento della riga precedentedurante il processo dell’estrazione della radice quadrata. L’ultima riga venivautilizzata per fissare le posizioni delle cifre lungo il calcolo.

    7 1 8 2 4

    1

    Il metodo per estrarre le radici quadrate fu esteso infine alla soluzione delleequazioni quadratiche. Fu anche stabilita una connessione tra l’estrazione diradici di ogni grado e la soluzione di equazioni dello stesso grado. Vediamo laprocedura adottata dai cinesi riassunta nelle seguenti quattro fasi:

    i Il numero radice di N lo scriveremo come α+β+γ ovvero 100a+ 10b+ c.

    ii Per prima cosa bisogna individuare per ipotesi il valore della cifra delle”centinaia” della radice quadrata cioè α = 100a. Nel nostro esempioα = 200 viene registrato nella prima riga, quella del ”risultato”. Si spostala bacchetta che riporta nella posizione che indica le decine di migliaia. Simoltiplica la riga dell’elemento al quadrato per a = 2 e si sottrae il risultatodal numero N . Cioè 71824 − 2 ∗ 20000 = 31824. (Questo corrisponde aN2 − α). La tabella si presenterà ora nel seguente modo:

    23 1 8 2 421

    iii Si raddoppia a questo punto il valore di α per ottenere 2α e questo siregistra come nuovo valore al quadrato nella terza riga nella posizioneprecedente alla bacchetta di riporto. Si cerca ora il valore per le decine βcalcolando che questo deve essere la radice quadrata del nuovo elementoal quadrato (40000), risulta quindi β = 60 ovvero b = 6. Si aggiustadi conseguenza la bacchetta di riporto. Questi nuovi risultati vengonoriportati nuovamente nello schema:

    2 63 1 8 2 4

    41

  • 3.1. CINA 19

    iv Si calcola ora il prodotto di b per la bacchetta che riporta (600), questoviene addizionato all’elemento al quadrato della terza riga (4000) ottenen-do cos̀ı 4600. β viene ora moltiplicato per il nuovo elemento al quadratoappena calcolato e sottratto al numero contenuto nella seconda riga. Lenuove cifre cos̀ı ottenute sono le seguenti:

    2 64 2 2 44 6

    1

    continuando con questa linea di ragionamento gli schemi diventano:

    moltiplicando per due il risultato α+ β

    2 64 2 2 4

    5 21

    e ancora, viene trovata la cifra nella posizione delle ”unità” γ = c = 8, laquale, moltiplicata per la bacchetta che riporta, aggiunta alla terza riga e a suavolta moltiplicata per γ mi dà il nuovo valore del numero al quadrato che devosottrarre alla terza riga, ovvero:

    2 6 84 2 2 44 2 2 4

    1

    Poichè la sottrazione mi dà come risultato zero, allora posso leggere il risul-tato corretto nella prima riga.

    2 6 8

    1

    Cominciamo a costruire un quadrato di lato α = 200 e quindi con area paria 40000. Due sezioni rettangolari supplementari ognuna di dimensione 200 · 60danno un’area supplementare di 24000. Per completare la figura del quadratoaddizioniamo un quadrato di lato 60 e quindi di area 3600 . L’area del quadratoin generale risulta, sommando i vari contributi di 67600, ancora inferiore a 71824,dobbiamo dunque aggiungere un ulteriore contributo con i rettangoli, di area260 · 8 e un quadrato di area 64. In questo modo la somma di tutti i contributirisulta proprio essere di 71824.

    Cos̀ı la rappresentazione geometrica della procedura per estrarre la radicequadrata equivale a trovare la lunghezze del lato di un quadrato con un’areapari al numero di cui vogliamo calcolare la radice

  • 20 CAPITOLO 3. OPERAZIONI ARITMETICHE

    3.1.4 Il triangolo di Pascal (o Tartaglia)

    Un’alto strumento, assieme al metodo di Horner, di cui si servivano i cinesi perfare i conti e soprattutto risolvere equazioni ed estrarre radici fu quello che inseguito venne chiamato ”triangolo di Pascal”.

    Questo strumento fece comparsa in Cina nella prima metà del XI secolo.La prima testimonianza è una tabella di coefficienti binomiali fino alla sestapotenza con esponenti interi positivi. Attorno al 1303 nel Ssu Yuan Yu Chien(lo specchio prezioso dei 4 elementi) [6] è presentato un triangolo di Pascal conle spiegazioni di come è stato costruito e riguardo i suoi possibili usi:

    ”I numeri nella riga (n + 1) indicano i coefficienti dell’espansionebinomiale di (a+b)n con n naturale. I coefficienti dell’unità lungo lelinee oblique all’estrema sinistra e all’estrema destra sono rispetti-vamente i coefficienti del primo e dell’ultimo termine in ogni espan-sione. I numeri interni sono i termini interi delle equazioni binomialidi secondo, terzo, quarto ecc. . . ”.

    Assieme al triangolo di Pascal vengono presentate anche numerosi esempi disommatorie di serie. Due esempi che troviamo sempre nel testo sono:

    12 + 22 + · · ·+ n2 = n(n+ 1)(2n+ 1)3!

    1 + 8 + 30 + 80 + ...+n2(n+ 1)(n+ 2)

    3!=n(n+ 1)(n+ 2)(n+ 3)(4n+ 1)

    5!

    Tuttavia non viene data nessuna dimostrazione di tali risultati e sembra chedi tale dimostrazione i matematici cinesi non si siano preoccupati fino al XIXsecolo.

    3.1.5 Analisi indeteminata

    Nella rassegna della letteratura matematica cinese abbiamo più volte menziona-to l’analisi indeterminata. L’istituzione di questa materia in Cina e India nacquein collegamento con i calcoli per i calendari e l’astronomia. Il problema era ditrovare un procedimento per risolvere n equazioni con più di n incognite. Perquanto riguarda i popoli della Mesopotamia e i greci non troviamo significativetestimonianze a riguardo di tale problema, i matematici orientali ne erano inveceaffascinati e attratti, già dal Chiu Chang Suan Shu [2] troviamo un problemain cui viene richiesto di risolvere quattro equazioni a cinque incognite. Unodei tipici problemi di analisi indeterminata che si trovano nei testi matematiciantichi per esempio è il seguente:

    ”Abbiamo un certo numero di oggetti, ma non sappiamo esattamentequanti, se li contiamo a tre per volta ne rimangono 2, se li contiamo a5 per volta ne rimangono 3. Se li contiamo 7 per volta ne rimangono2. Quanti oggetti ci sono?”

    La soluzione a tale problema veniva data cercando di ”indagare” sulle pro-prietà dei numeri che venivano dati dal problema in modo da riuscire a stimareuna soluzione accettabile. Per esempio il problema presentato prima fu risoltodal matematico Sun Tzu (circa nel 400 d.C.) considerando i numeri 70, 21, 15

  • 3.2. INDIA 21

    che risultano multipli di 5·7, 3·7 e 5·3 e aventi resto uno se divisi rispettivamenteper 3, 5, 7. Una soluzione è data dalla somma (2 · 70) + (3 · 21) + (2 · 15) = 233.Sottraendo a 233 più volte possibile 3 ·5 ·7 si ottiene la soluzione minima trovatada Sun Tzu, ovvero 23.

    3.2 India

    3.2.1 Estrazione di radici quadrate

    Un’importante conquista della matematica vedica fu la scoperta di un procedi-mento per calcolare le radici quadrate ad un alto livello di approssimazione. Peresempio essi approssimavano nel modo seguente la radice di 2:

    ”Aumentate la misura di un suo terzo, e questo suo terzo aumentate-lo poi ulteriormente di un suo quarto sottraendo poi la trentaquat-tresima parte di quel quarto. Questo è il valore con una quantitàspeciale in eccesso.”

    In termini moderni con la notazione algebrica:

    √2 = 1 +

    1

    3+

    1

    (3)(4)− 1

    (3)(4)(34)= 1, 4142156

    questa stima risulta corretta fino alla quinta cifra decimale.Successivamente, molti secoli dopo, nel XV secolo d.C. un commentatore dei

    sulvasutra fornisce un’approssimazione ancora migliore completando la formulacon i seguenti due termini:

    − 1(3)(4)(34)(33)

    +1

    (3)(4)(34)(34)

    questa invece fornisce una stima corretta fino alla settima cifra decimale.I salvasutra non contengono alcun indizio sul modo in cui si giunse a questa

    approssimazione notevole. Ci sono varie ipotesi ma nessuna di queste documen-tata da reperti storici. Una delle più plausibili è la seguente. Si prendano inconsiderazione due quadrati, ABCD e PQRS, ognuno con i lati di un’unitàcome nella seguente figura:

    PQRS viene diviso in tre striscie rettangolari uguali, delle quali le primesono contrassegnate con 1 e 2. La terza striscia viene suddivisa in tre quadrati,

  • 22 CAPITOLO 3. OPERAZIONI ARITMETICHE

    il primo dei quali viene contrasegnato con 3. I due quadrati rimanenti vengonodivisi ognuno in quattro striscie uguali contrassegnate da 4 a 11. Queste undiciaree sono addizionate al quadrato ABCD per ottenere un quadrato grande menoun quadrato piccolo sull’angolo F . Il lato del quadrato aumentato (AEFG) è:

    1 +1

    3+

    1

    (3)(4).

    L’area del quadrato ombreggiato è [ 1(3)(4) ]2, in modo che l’area del quadrato

    aumentato AEFG sia più grande della somma delle aree dei quadrati originalidi [ 1(3)(4) ]

    2.

    Per rendere l’area del quadrato AEFG approssimativamente uguale allasomma delle aree dei quadrati originali, si immagini di tagliare due strisciemolto strette di grandezza x dal quadrato AEFG, una dalla parte sinistra euna dal fondo. Quindi

    2x[1 +1

    3+

    1

    (3)(4)]− x2 = [ 1

    (3)(4)]2.

    Semplificando l’espressione e ignorando x2, in quanto trascurabile, si ha:

    x ' 1(3)(4)(34)

    .

    La diagonale di ognuno dei quadrati originali era√

    2, che può essere con-frontata con il lato del nuovo quadrato che è appena stato calcolato:

    √2 ' 1 + 1

    3+

    1

    (3)(4)− 1

    (3)(4)(34).

    3.2.2 Successioni e potenze

    Ci sono diverse testimonianze che ci dimostrano come i matematici jaina sapesseroutilizzare semplici regole di permutazione e combinazione, successioni e progres-sioni aritmetiche e geometriche. Quest’ultimo argomento si sviluppò grazie allaloro teoria filosofica sulle strutture cosmologiche. La loro rappresentazione delcosmo consisteva in innumerevoli anelli concentrici di continenti e oceani che sialternavano con il diametro di ogni anello doppio rispetto al precedente. Se ildiametro dell’anello più piccolo era di 1 unità, quello dell’n−esimo anello avevadiametro 2n−1 unità.

    I jaina sembra conoscessero in qualche modo le proprietà delle potenze an-che se non avevano una notazione per esprimerle, questa ipotesi deriva da unatestimonianza in cui si dice:

    ”La prima radice quadrata moltiplicata per la seconda radice quadra-ta è il cubo della seconda radice quadrata. La seconda radice quadra-ta per la terza radice quadrata è il cubo della terza radice quadrata.”

    In termini moderni sfruttando la notazione algebrica:

    a12 a

    14 = (a

    14 )3 a

    14 a

    18 = (a

    18 )3.

  • 3.2. INDIA 23

    3.2.3 Notazione algebrica

    Gli indiani hanno apportato un grande contributo anche per la nascita di unanotazione algebrica. Questo fatto è di fondamentale importanza per lo svilupposuccessivo dell’algebra. È importante ricordare essenzialmente l’introduzionedi un segno per i numeri negativi, per la rappresentazione delle frazioni, di unsimbolo particolare per denotare l’incognita e successivamente l’utilizzo dellelettere per indicare quantità sconosciute.