Introduzione concerto 2011

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“Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore. Ed ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. Questo verso, tratto dal salmo 121 attraversa, solo apparentemente immutato, secoli di storia e diverse tradizioni religiose. Il suo nucleo, Gerusalemme, la città del popolo eletto, di Melchisedech e del tempio diventa (o entra in coabitazione), in un passaggio di consegne non certo indolore e frutto di un cammino durato lungo tempo la culla della religione di Cristo, luogo concreto della sua passione, morte e risurrezione. La città di Davide è, fin dall’epoca tardoantica, un luogo fisico privilegiato di resurrezione per quanti vi si recano. Gerusalemme, fin dalla stessa epoca tardoantica è nondimeno luogo spirituale, simbolo della Gerusalemme celeste, meta di un pellegrinaggio interiore, luogo santo da portare sempre con sé, come scrive Atanasio di Alessandria alle sue monache attorno al 370. Gregorio di Nissa, cui dobbiamo una vera e propria elaborazione di una “teologia del viaggio” si esprime in maniera molto critica sulla pratica dei pellegrinaggi. Lui, che pure a Gerusalemme era stato afferma che il vero cammino da intraprendere è quello che porta l’uomo dalla realtà fisica a quella spirituale, dalla vita nel corpo a quella nel Signore, e non dalla Cappadocia alla Palestina. La sua, come pure quella di altri Padri della Chiesa è tuttavia una critica agli eccessi, ad una sorta di “turismo spirituale” (per chiamarlo con un termine moderno), o ad una illusione di purificazione dettata dalla paura Molti anni dopo Gregorio, Rodolfo il Glabro, racconta nelle sue Cronache dell’anno 1000: “da tutto il mondo cominciò a dirigersi verso il Sepolcro del Salvatore a Gerusalemme, una folla immensa come mai nessuno prima d'ora aveva osato sperare”. Non è questo certo il caso del pellegrinaggio che Egeria descrive nel suo diario di viaggio, redatto attorno agli anni ‘80 del IV secolo. Egeria è una donna colta (e questo emerge chiaramente dal modo con cui usa la lingua latina nel suo scritto), probabilmente nobile, forse monaca. Sicuramente prenderà i voti ad un certo punto della sua vita ma non siamo sicuri che fosse già consacrata al tempo del suo viaggio. Essa parte, come molte altre nobili vidue in quello scorcio del IV secolo, “dall’estrema spiaggia occidentale del mare Oceano d’Occidente”, scrive Valerio del Bierzo, asceta spagnolo del VII secolo, per un pellegrinaggio che durerà circa tre anni del quale scrive un resoconto per le sue “sorelle” o “signore”.

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introduzione al concerto "Gerusalemme d'oro, di rame e di luce"

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“Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore. Ed ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. Questo verso, tratto dal salmo 121 attraversa, solo apparentemente immutato, secoli di storia e diverse tradizioni religiose. Il suo nucleo, Gerusalemme, la città del popolo eletto, di Melchisedech e del tempio diventa (o entra in coabitazione), in un passaggio di consegne non certo indolore e frutto di un cammino durato lungo tempo la culla della religione di Cristo, luogo concreto della sua passione, morte e risurrezione. La città di Davide è, fin dall’epoca tardoantica, un luogo fisico privilegiato di resurrezione per quanti vi si recano. Gerusalemme, fin dalla stessa epoca tardoantica è nondimeno luogo spirituale, simbolo della Gerusalemme celeste, meta di un pellegrinaggio interiore, luogo santo da portare sempre con sé, come scrive Atanasio di Alessandria alle sue monache attorno al 370. Gregorio di Nissa, cui dobbiamo una vera e propria elaborazione di una “teologia del viaggio” si esprime in maniera molto critica sulla pratica dei pellegrinaggi. Lui, che pure a Gerusalemme era stato afferma che il vero cammino da intraprendere è quello che porta l’uomo dalla realtà fisica a quella spirituale, dalla vita nel corpo a quella nel Signore, e non dalla Cappadocia alla Palestina. La sua, come pure quella di altri Padri della Chiesa è tuttavia una critica agli eccessi, ad una sorta di “turismo spirituale” (per chiamarlo con un termine moderno), o ad una illusione di purificazione dettata dalla paura Molti anni dopo Gregorio, Rodolfo il Glabro, racconta nelle sue Cronache dell’anno 1000: “da tutto il mondo cominciò a dirigersi verso il Sepolcro del Salvatore a Gerusalemme, una folla immensa come mai nessuno prima d'ora aveva osato sperare”. Non è questo certo il caso del pellegrinaggio che Egeria descrive nel suo diario di viaggio, redatto attorno agli anni ‘80 del IV secolo. Egeria è una donna colta (e questo emerge chiaramente dal modo con cui usa la lingua latina nel suo scritto), probabilmente nobile, forse monaca. Sicuramente prenderà i voti ad un certo punto della sua vita ma non siamo sicuri che fosse già consacrata al tempo del suo viaggio. Essa parte, come molte altre nobili vidue in quello scorcio del IV secolo, “dall’estrema spiaggia occidentale del mare Oceano d’Occidente”, scrive Valerio del Bierzo, asceta spagnolo del VII secolo, per un pellegrinaggio che durerà circa tre anni del quale scrive un resoconto per le sue “sorelle” o “signore”.

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Nel diario di Egeria c’è gioia, meraviglia e stupore di fronte ai luoghi che essa ha frequentato nello studio delle Scritture e nella preghiera e che ora ritrova in una dimensione di stupita certezza. Spesso ricorre nel suo diario termini come ipsa vallis, proprio quella valle, la valle che compare in quel preciso passo della Scrittura. Ma è la preghiera la molla che più spinge Egeria ad intraprendere questo lungo percorso, prendendo per base Gerusalemme per visitare a più riprese i luoghi legati alla Storia sacra dell’Egitto e della Palestina e i “santi monaci” che vivono in quei luoghi. Il termine “gratia orationis” diventa nel suo diario quasi un formulare per esprimere lo scopo del cammino. Viaggio spirituale e preghiera sono due dei temi forti che legano il racconto di viaggio del IV secolo alle melodie gregoriane che abbiamo scelto per accompagnare la narrazione la cui trama è data dalla descrizione che Egeria fa delle liturgie della settimana santa e della Pasqua a Gerusalemme Queste liturgie sono un vero e proprio pellegrinaggio nel pellegrinaggio, con il loro spostarsi, di stazione in stazione, di giorno in giorno tra i luoghi che segnano la passione, morte e risurrezione del Signore. I brani che presentiamo provengono da epoche diverse. Alcuni sono più vicini al tempo del viaggio di Egeria, altri più lontani, ma nelle melodie che si innalzano e discendono, seguendo il flusso del testo, talora fioriscono dilatandone lo spazio, talora lo scandiscono come i passi del pellegrino, il monaco compie ogni giorno un tratto del suo pellegrinaggio interiore Il monaco è incardinato secondo la Regola tra le mura di un monastero, ma il cuore è fisso verso una Gerusalemme cardine dell’universo, risplendente di una luce d’oro, come la vede il monaco Bernardo attorno all’anno 1000, e gli occhi attendono, nel canto delle lodi, lo spuntare da Oriente del primo sole, figura della nuova creazione e di quel Sole di giustizia che, quando risplenderà nel suo punto più elevato sarà “all’orizzonte giunto lo cui meridian cerchio soverchia Jerusalèm al suo più alto punto”. Buon ascolto, e buona strada Parva Schola Gregoriana Liberalis