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Introduzione all’analisi delle serie storiche e dei metodi di previsione Indice 1. Capitolo introduttivo, 1 1.1 Introduzione 1.2 Fasi di un’analisi di previsione e struttura delle dispense 2. Metodi e strumenti di base, 5 2.1 Serie storica e dati cross section 2.2 Analisi grafiche preliminari 2.3 Sintesi numeriche 2.4 Misure di bontà di adattamento e di accuratezza della previsione 2.5 Trasformazioni e aggiustamenti 2.6 Aggiustamenti della serie per tener conto delle variazioni dei prezzi 2.6.1 I numeri indici semplici 2.6.2 I numeri indici sintetici: Paasche,Laspeyres, Fisher 2.6.3 I principalinumeri indici costruiti in Italia 2.6.4 Esempi di aggiustamento di una serie storica 3. Metodi di scomposizione, 31 3.1 Introduzione 3.2 Il modello di scomposizione 3.3 Rappresentazioni grafiche negli approcci di scomposizione 3.4 La media mobile 3.5 Scomposizione classica: il modello additivo 3.6 Scomposizione classica: il modello moltiplicativo 3.7 Alcune osservazioni ulteriori sui metodi di scomposizione 4. Studio del trend mediante forma analitica, 51 4.1 Introduzione 4.2 Forme analitiche per rappresentare il trend 4.3 Stima del trend 4.4 Stima della componente sistematica e previsione

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Introduzione all’analisi delle serie storiche e dei metodi di previsione

Indice

1. Capitolo introduttivo, 1

1.1 Introduzione 1.2 Fasi di un’analisi di previsione e struttura delle dispense

2. Metodi e strumenti di base, 5

2.1 Serie storica e dati cross section 2.2 Analisi grafiche preliminari 2.3 Sintesi numeriche 2.4 Misure di bontà di adattamento e di accuratezza della previsione 2.5 Trasformazioni e aggiustamenti 2.6 Aggiustamenti della serie per tener conto delle variazioni dei prezzi 2.6.1 I numeri indici semplici 2.6.2 I numeri indici sintetici: Paasche,Laspeyres, Fisher 2.6.3 I principalinumeri indici costruiti in Italia 2.6.4 Esempi di aggiustamento di una serie storica

3. Metodi di scomposizione, 31 3.1 Introduzione 3.2 Il modello di scomposizione 3.3 Rappresentazioni grafiche negli approcci di scomposizione 3.4 La media mobile 3.5 Scomposizione classica: il modello additivo 3.6 Scomposizione classica: il modello moltiplicativo 3.7 Alcune osservazioni ulteriori sui metodi di scomposizione 4. Studio del trend mediante forma analitica, 51 4.1 Introduzione 4.2 Forme analitiche per rappresentare il trend 4.3 Stima del trend 4.4 Stima della componente sistematica e previsione

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Cap 1 Analisi preliminare 1

1. Capitolo introduttivo 1.1 Introduzione In molte situazioni che interessano l’impresa e il management, emerge la necessità di pianificare le azioni future. La previsione è uno strumento importante per una pianificazione efficiente. Inoltre, tale strumento rende il decisore meno soggetto ad eventi inaspettati in quanto gli impone un approccio più scientifico riguardo alla conoscenza dell’ambiente in cui opera.

Fra gli scopi per i quali lo strumento previsivo è di cruciale importanza ricordiamo.

1. Utilizzo efficiente delle risorse: programmazione della produzione, organizzazione dei trasporti, del personale, ecc.. I fenomeni da prevedere sono costituiti da: livello della domanda, del materiale, del lavoro, ecc.

2. Approvvigionamento delle risorse: è importante prevedere le necessità future di materiali, prodotti, ecc. perché esiste un certo intervallo di tempo per ottenerli.

3. Determinazione dell’ammontare delle risorse necessarie: tutte le organizzazioni devono determinare le risorse che saranno necessarie nel lungo termine.

Le tre categorie sopra individuate si riferiscono a tre tipologie di previsioni: di breve, di medio e di lungo periodo. Questo significa che una organizzazione che vuole predisporre un sistema previsivo, dovrà seguire approcci differenti.

Un sistema previsivo aziendale deve realizzare uno stretto collegamento fra tutte le aree o divisioni dell’impresa. Ad esempio, una errata previsione sulle vendite influenza le decisione sul budget, sulla politica delle scorte, ecc. Un errore nella pianificazione di budget può avere ricadute sulle spese pubblicitarie, sullo sviluppo di nuovi prodotti , ecc.

Sono state sviluppate numerose tecniche previsivi che sono classificate in due categorie generali: tecniche quantitative, basati su metodi statistici e tecniche qualitativi, basate prevalentemente su giudizi (Makridakis, Wheelwright, Hyndmann, 19XX). I metodi di tipo quantitativo possono essere impiegati quando: (i) sia disponibile una sufficiente informazione sull’evoluzione passata del fenomeno; (ii) tale informazione possa essere quantificata, e (iii) si possa assumere che le caratteristiche dell’evoluzione passata continuino a sussistere nel futuro, al fine di effettuare la previsione. L’applicazione del

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2 Cap. 1 Capitolo introduttivo

corretto metodo di previsione, riesce spesso a identificare la relazione che c’è fra la variabile da prevedere e il tempo (oppure altre variabili che hanno il ruolo di predittori) rendendo possibile l’operazione di previsione. Le tecniche o metodi di tipo quantitativo sono numerosi perché sono stati sviluppati nell’ambito di numerose discipline. Ogni tecnica ha suoi scopi precipui, costi e tempi di realizzazione rispetto ai quali ne viene valutata la convenienza. Nella maggioranza dei casi le tecniche quantitative sono di tipo formalizzato; esse richiedono cioè l’impiego di metodologia statistico-matematica a livello più o meno elevato.

Metodi quantitativi: è disponibile sufficiente informazione quantitativa.

ANALISI DELLE SERIE STORICHE (TIME SERIES): prevede la ripetizione, nel futuro, del sentiero storico (es. andamento delle vendite, del PIL, ecc.).

METODI ESPLICATIVI: impiegano modelli di regressione per misurare quanto una variabile esplicativa influenza la variabile da prevedere (es. effetti sulle vendite della promozione pubblicitaria e/o del prezzo).

Metodi qualitativi: limitata o nessuna informazione quantitativa ma esiste sufficiente informazione di tipo qualitativo (es. quale sarà la rapidità di calcolo di un PC nel 2010?).

E’ importante soffermarci sulla categorizzazione interna ai metodi quantitativi fra modelli di analisi delle serie storiche e modelli esplicativi. Questi ultimi assumono che la variabile da prevedere possa essere messa in relazione con una o più variabili indipendenti o esplicative. Ad esempio, la domanda di beni di consumo di una famiglia dipende dal reddito percepito, dall’età dei componenti, ecc. Tali tecniche di previsione impiegano i metodi di regressione e quindi la fase principale dell’analisi consiste nella specificazione e stima di un modello che mette in relazione la variabile da prevedere (variabile risposta) e le variabili esplicative. Queste, spesso, hanno la funzione di variabili strumentali rispetto alle quali si esplicita l’andamento del fenomeno da prevedere. La fase di previsione vera e propria richiede la conoscenza dei livelli futuri delle variabili esplicative che, sostituiti nella formula stimata del modello, forniscono la previsione per la variabile che interessa (la variabile dipendente del modello). I metodi esplicativi sono di particolare utilità ed efficacia quando la variabile esplicativa è direttamente manipolabile dal decisore (ad es. il prezzo del prodotto).

Nell’analisi delle serie storiche il fenomeno da prevedere viene trattato come una scatola nera in quanto non si cerca di individuare i fenomeni che lo possono influenzare. L’obiettivo di questo approccio consiste nell’identificazione dell’evoluzione passata del fenomeno e nella

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Cap 1 Analisi preliminare 3

estrapolazione del sentiero passato per ottenere la previsione. In altre parole, il fenomeno da prevedere viene modellato rispetto al tempo e non rispetto ad una variabile esplicativa. Questa impostazione si rivela senz’altro utile quando:

1. il fenomeno è poco conosciuto oppure è difficile individuare (misurare) le relazioni che questo ha con altri fenomeni;

2. siamo interessati a conoscere ciò che accadrà e non il modo in cui accadrà.

Gli approcci o metodi di tipo qualitativo non richiedono dati o informazioni formalizzate. Essi si basano soprattutto su giudizi e sull’esperienza accumulata e sono prevealentemente usati per indicare tendenze più che per prevedere specifici valori numerici. Si ritiene che questi metodi possano essere usati con successo in congiunzione con i metodi quantitativi, nelle aree dello sviluppo di prodotto, degli investimenti di capitale, nella formulazione di strategie, ecc.

Concludiamo questo paragrafo sottolineando che il decisore ha a sua disposizione un vasto armamentario di strumenti di previsione che variano per: l’informazione necessaria, il livello di formalizzazione e di trattamento statistico-matematico, l’orizzonte temporale di previsione, il costo. 1.2 Fasi di un’analisi di previsione e struttura delle dispense

Un’analisi di previsione basata su dati quantitativi si sviluppa in cinque fasi.

1. Definizione del problema 2. Raccolta di informazioni 3. Analisi preliminare dei dati 4. Scelta e adattamento del modello 5. Valutazione del modello e suo impiego a fini previsivi.

La fase 2 concerne sia informazioni di tipo quantitativo sia di tipo qualitativo (es. giudizi). E’ in genere necessario raccogliere dati storici sul fenomeno di interesse (ad esempio: fatturato mensile). La fase 3 riguarda l’impiego di metodi statistici grafici e descrittivi, che vengono discussi nel capitolo 2. Lo scopo è quello di cercare di individuare eventuali regolarità nell’andamento temporale del fenomeno di interesse. Per la fase 4, vedremo l’impiego di approcci empirici di analisi delle serie storiche come i metodi di scomposizione (capitolo 3) basati sulle medie mobili e anche approcci che richiedono l’impiego di metodi di regressione (capitolo 4).

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4 Cap. 1 Capitolo introduttivo

Sono disponibili numerosi criteri per la valutazione della bontà del modello, a seconda dell’approccio di analisi che è stato scelto (fase 5). A questo proposito è importante fare distinzione fra fitting error o errore di stima e forecasting error o errore di previsione. Il primo fa riferimento a come il modello si adatta ai dati passati; il secondo riguarda la capacità del modello nel prevedere i dati futuri. Nelle dispense viene dato ampio spazio ai metodi quantitativi, tuttavia nell’ultimo capitolo (capitolo 5) viene fatto un cenno anche ai metodi di previsione di tipo qualitativo.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 5

2. Metodi e strumenti di base

2.1 Serie storica e dati cross section E’ importante fare innanzi tutto una distinzione fra serie storica e dati cross section o dati sezionali. Una serie storica è una sequenza di osservazioni ordinate rispetto al tempo (ad esempio: il fatturato mensile, i prezzi giornalieri delle azioni, il tasso di interesse settimanale, il profitto annuo, ecc.). Lo scopo dell’analisi delle serie storiche consiste nello studio dell’evoluzione passata del fenomeno rispetto al tempo; la previsione viene ottenuta ipotizzando che tali regolarità di comportamento di ripetano nel futuro. A tale scopo noi assumiamo, in queste note, che i tempi di osservazione siano equispaziati. Questa non è una grossa restrizione poiché molti fenomeni di interesse aziendale vengono registrati in corrispondenza di tempi equispaziati o di intervalli di medesima ampiezza. Un esempio di serie storica è riportato nella Tab. 2.1, che contiene il dato sulla popolazione residente in Italia dal 1979 al 2000.

Tab. 2.1 – Popolazione residente in Italia a metà anno (migliaia di unità) Anno Popolazione Anno Popolazione 1979 56.318 1990 56.719 1980 56.434 1991 56.751 1981 56.510 1992 56.859 1982 56.544 1993 57.049 1983 56.564 1994 57.204 1984 56.577 1995 57.301 1985 56.593 1996 57.397 1986 56.596 1997 57.512 1987 56.602 1998 57.588 1988 56.629 1999 57.646 1989 56.672 2000 57.728

Fonte: Istat La Tab. 2.2 contiene dati sezionali (o trasversali) che sono riferiti ad un medesimo periodo di tempo. In particolare, si tratta del PIL delle venti regioni italiane, prodotto nel 1999.

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6 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Tab. 2.2 - PIL regionale anno 1999 (miliardi di Lire) Regione PIL Regione PIL Piemonte 186328,9 Marche 55344,1V. d’Aosta 5806,1 Lazio 216629,9Lombardia 436875,2 Abruzzo 39631,8Trentino A.A. 45347,1 Molise 9544,2Veneto 195651,8 Campania 139188,6Friuli V.G. 49461,6 Puglia 100616,6Liguria 64664,1 Basilicata 16154,3Emilia R. 188508,8 Calabria 47131,2Toscana 144547,6 Sicilia 124999,4Umbria 29973,9 Sardegna 47438,3

Fonte: Istat

2.2 Analisi grafiche preliminari La prima cosa importante da fare quando ci accingiamo ad analizzare una serie storica è quello di visualizzare i dati mediante una rappresentazione grafica. Lo scopo è quello di individuare eventuali regolarità di comportamento che sono utili nel suggerire l’approccio modellistico. Il grafico più semplice è il cosiddetto time plot (oppure line plot) che consiste nella rappresentazione dei dati rispetto al tempo. Il time plot dei dati di Tab. 2.1 è mostrato nella Fig. 2.1. La Fig. 2.2 riporta invece il time plot delle vendite mensili di birra in Australia, per il periodo 1991-1994 (dati in Tab. 2.3).

Fig. 2.1 – Time plot per i dati di Tab. 2.1

55.500

56.000

56.500

57.000

57.500

58.000

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

Anno

Popo

lazion

e (mi

gliaia

)

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 7

Fig. 2.2 – Time plot dei dati di Tab. 2.3

120.000

130.000

140.000

150.000

160.000

170.000

180.000

190.000

200.000

1991 1992 1993 1994

Migli

aia di

litri

Tab. 2.3 – Vendite mensili di birra in Australia (migliaia di litri)

Anno Mese Quantità Anno Mese Quantità 1991 Gennaio 164.000 1993 Gennaio 139.000

Febbraio 148.000 Febbraio 143.000 Marzo 152.000 Marzo 150.000 Aprile 144.000 Aprile 154.000 Maggio 155.000 Maggio 137.000 Giugno 125.000 Giugno 129.000 Luglio 153.000 Luglio 128.000 Agosto 146.000 Agosto 140.000 Settembre 138.000 Settembre 143.000 Ottobre 190.000 Ottobre 151.000 Novembre 192.000 Novembre 177.000 Dicembre 192.000 Dicembre 184.000

1992 Gennaio 147.000 1994 Gennaio 151.000 Febbraio 133.000 Febbraio 134.000 Marzo 163.000 Marzo 164.000 Aprile 150.000 Aprile 126.000 Maggio 129.000 Maggio 131.000 Giugno 131.000 Giugno 125.000 Luglio 145.000 Luglio 127.000 Agosto 137.000 Agosto 143.000 Settembre 138.000 Settembre 143.000 Ottobre 168.000 Ottobre 160.000 Novembre 176.000 Novembre 180.000 Dicembre 188.000 Dicembre 182.000

Fonte: Makridakis, Wheelwright, Hyndman (19xx)

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8 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Un time plot immediatamente rivela tendenze o oscillazioni regolari, e altri andamenti di tipo sistematico rispetto al tempo. La Fig. 2.1 riporta dati annuali che evidenziano un andamento sistematicamente crescente nel lungo periodo (trend crescente). La serie di Fig. 2.2 presenta una andamento meno liscio; essendo i dati a cadenza mensile, in essi è presente il fenomeno denominato stagionalità. Si può notare (aiutandoci anche con la Tab. 2.3) che i picchi elevati si registrano sempre nei mesi caldi (novembre e dicembre; attenzione: i dati si riferiscono all’Australia!) e vicini alle feste natalizie.

In generale, possono essere individuati quattro tipi di andamento (o pattern) rispetto al tempo.

1. Pattern orizzontale. In questo caso la serie oscilla intorno ad un valore costante (media della serie). Tale serie è detta stazionaria in media. E’ il caso tipico che si presenta nel controllo di qualità on line quando il processo si mantiene sotto controllo rispetto alla media. 2. Pattern stagionale. Questo esiste quando la serie è influenzata da fattori stagionali (es. mensile, semestrale, trimestrale, ecc.). Prodotti come gelati, bibite analcoliche, consumo di elettricità sono soggette al fenomeno stagionale (v. Figg. 2.2 e 2.3). Le serie influenzate dalla stagionalità sono dette anche serie periodiche poiché il ciclo stagionale si ripete in un periodo fisso. Nei dati di tipo annuale la stagionalità non è presente (v. Fig. 2.1). 3. Pattern ciclico. Questo tipo di andamento è presente quando la serie presenta aumenti e diminuzioni che non sono di periodo fisso. Questa è la principale differenza fra le fluttuazioni cicliche e quelle stagionali. Inoltre, l’ampiezza delle oscillazioni cicliche è generalmente più grande di quella dovuta alla stagionalità. Nelle serie economiche il pattern ciclico è determinato dalle espansioni e contrazioni dell’economia dovuti a fenomeni congiunturali. 4. Trend o tendenza di fondo. E’ caratterizzato da un andamento crescente o decrescente di lungo periodo. La serie della popolazione residente in Italia è un esempio di andamento tendenziale o trend di tipo crescente; la serie delle vendite mensili di birra, invece, non presenta alcun trend. Ha un pattern di fondo di tipo orizzontale

Molte serie evidenziano una combinazione di questi pattern. Ad esempio, la serie di Tab. 2.4 presenta sia trend sia stagionalità (v. Fig. 2.3). E’ proprio questo genere di complessità che rende l’operazione di previsione estremamente interessante. I metodi previsivi, infatti, devono essere in grado di riconoscere le varie componenti della serie in modo da riprodurle nel futuro, nell’ipotesi che il pattern passato continui a ripetersi, nelle sue caratteristiche evolutive, anche nel futuro.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 9

Tab. 2.4 – Vendite mensili di bottiglie di bibita QQQ (da ½ litro) Anno Mese t Nr. Anno Mese t Nr. Anno Mese t Nr.

1999 1 1 189 2000 1 13 244 2001 1 25 298 1999 2 2 229 2000 2 14 296 2001 2 26 378 1999 3 3 249 2000 3 15 319 2001 3 27 373 1999 4 4 289 2000 4 16 370 2001 4 28 443 1999 5 5 260 2000 5 17 313 2001 5 29 374 1999 6 6 431 2000 6 18 556 2001 6 30 660 1999 7 7 660 2000 7 19 831 2001 7 31 1004 1999 8 8 777 2000 8 20 960 2001 8 32 1153 1999 9 9 915 2000 9 21 1152 2001 9 33 1388 1999 10 10 613 2000 10 22 759 2001 10 34 904 1999 11 11 485 2000 11 23 607 2001 11 35 715 1999 12 12 277 2000 12 24 371 2001 12 36 441

Fonte: dati fittizi di nostra elaborazione

Fig. 2.3 – Time plot della serie di Tab. 2.4

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35

t

Nr. b

ottigl

ie

Se una serie storica esibisce un’oscillazione stagionale è utile eseguire un seasonal plot o grafico stagionale, che consiste nella rappresentazione dei valori della serie (in ordinata) versus i periodi stagionali come: mesi, trimestri, semestri, ecc. (in ascissa). I punti corrispondenti al medesimo anno vengono uniti da segmenti lineari di modo che si formano tante spezzate quanti sono gli anni della serie. Il seasonal plot per la serie di Tab. 2.4 è rappresentato nella Fig. 2.4. Si può apprezzare la presenza di oscillazioni stagionali in espansione durante i mesi estivi con inizio da giugno, in contrazione a partire da ottobre.

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10 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Fig. 2.4 – Seasonal plot della serie di Tab. 2.4

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12mesi

Nr. b

ottigl

ie

1999

2000

2001

Il seasonal plot è in grado di mostrare anche l’eventuale presenza del trend. Nella Fig. 2.4, ad esempio, notiamo che la spezzata relativa al 1999 è la più bassa mentre quella del 2001 è la più elevata. E’ evidente che il livello annuo della serie è aumentato nei tre anni. Nella fase di analisi preliminare di una serie storica, può essere di utilità anche il grafico in cui i valori della serie (in ordinata) sono rappresentati rispetto ai periodi annuali (in ascissa). La Fig. 2.5 riporta questo tipo di grafico per i dati di Tab. 2.4.

Fig. 2.5 – Grafico della serie di Tab. 2.4 rispetto agli anni

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1998 1999 2000 2001anni

Nr. b

ottigl

ie

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 11

La Fig. 2.5 è in grado di dare indicazioni riguardo a: la presenza del trend; si nota come le tre ‘colonne’di punti tendono, con

gli anni, ad essere posizionate leggermente più in alto; il tipo di oscillazione stagionale interna all’anno; si nota come,

all’aumentare del trend, il range di variazione dei valori stagionali è più ampio.

2.3 Sintesi numeriche In aggiunta ai grafici, è utile approfondire l’analisi statistica, calcolando indici sintetici quali: media, mediana, campo di variazione, varianza, deviazione standard (standard deviation), ecc.

Indici di posizione e di variabilità frequentemente usati Serie storica: y1, y2, …, yt, …, yn, t=1,…,n

Media aritmetica ∑=

=n

tty

ny

1

1

Campo di variazione (range) R=Max(yt)−min(yt)

Varianza 2

1

2

11 )yy(

nS

n

tt −−

= ∑=

Deviazione standard 2

1

2

11 )yy(

nSS

n

tt −−

+=+= ∑=

Altre misure statistiche impiegate nell’analisi delle serie storiche sono: la covarianza e la correlazione che, nella fattispecie, vengono denominate rispettivamente autocovarianza e autocorrelazione dal momento che sono calcolate fra coppie di punti della medesima serie, distanti k periodi. La costante k è detta lag temporale. Le formule dell’autocovarianza e dell’autocorrelazione sono illustrate nel quadro di seguito riportato.

Autocovarianza e autocorrelazione

Autocovarianza )yy)(yy(n

c kt

kn

ttk −−

−= +

=∑

111

Autocorrelazione 02

1

1

cc

)yy(

)yy)(yy(r k

n

tt

kt

kn

tt

k =−

−−=

=

+

=

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12 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Consideriamo i dati di Tab. 2.4, relativi alle vendite di bottiglie di bibita QQQ, dove n=36. Se poniamo k=1, otteniamo n-k=n-1=35 coppie di valori (yt, yt+1), t=1,…,n-1, per calcolare l’autocovarianza e l’autocorrelazione. Se poniamo k=2, otteniamo n-k=n-2=34 coppie di valori (yt, yt+2), t=1,…,n-2, e così via. I valori di rk con k=1,2,…,24, sono rappresentati nella Fig. 2.6 che è denominata correlogramma ed è molto utile per l’identificazione dell’ampiezza delle oscillazioni cicliche o stagionali presenti nei dati.

Fig. 2.6 – Correlogramma per i dati di Tab. 2.4

-0,6

-0,4

-0,2

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

lag

autoc

orre

lazion

e

Dal correlogramma di Fig. 2.6, possiamo dedurre la ciclicità del legame di autocorrelazione dovuto al marcato fenomeno stagionale che influenza i dati. Da notare che l’autocorrelazione è negativa per periodi di 6, 18 mesi, e infatti mentre di giugno-luglio si registrano impennate nelle vendite, i mesi dicembre-gennaio vedono un fatturato al minimo. Al contrario è positive ed elevata la correlazione di lag 12 mesi. Tutto ciò è una conferma della presenza di una marcata stagionalità di ampiezza 12 periodi (mesi). C’è da osservare che l’autocorrelazione rk (e lo stesso discorso vale per l’autocovarianza ck) viene calcolata su n-k coppie di valori; pertanto all’aumentare di k si riduce la numerosità dei dati ovvero la consistenza delle informazioni. 2.4 Misure di bontà di adattamento e di accuratezza della previsione In molte analisi statistiche in cui un modello viene adattato a un set di dati (ad es. nell’analisi di regressione), il termine accuratezza si riferisce alla capacità del modello di riprodurre i dati sui quali è stato stimato e cioè della

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 13

bontà di adattamento del modello (goodness of fit). L’accuratezza nella previsione (forecast accuracy), invece, misura la capacità del modello a riprodurre i dati futuri della serie. Se il metodo di previsione si propone un orizzonte temporale di più periodi, la verifica della sua capacità previsiva può avvenire come di seguito indicato:

1) si utilizzano i primi m dati della serie per la stima del modello; 2) si usano i successivi m+1,…,n dati per la verifica dell’accuratezza

previsiva.

Per capire quanto appena detto introduciamo un po’ di simbologia:

y1, y2, …, yn indica la serie di dati disponibile; y1, y2, …, ym m<n, indica la serie di dati che viene usata per la stima del

modello di previsione (training sample); ym+1, ym+2, …, yn , indica la serie di dati che viene usata per la verifica

della capacità previsiva (test sample); sono le stime dei valori del training sample ottenute tramite

il modello stimato; my...,,y,y 21

Fm+1, Fm+2,…,Fn sono le previsioni (forecast) riferite al periodo di tempo da t=m+1 a t=n (test sample), ottenuto tramite il modello stimato sul training sample.

La differenze fra l’errore di stima et e l’errore di previsione ft, può essere apprezzata dalle formule seguenti:

, t=1,…,m; ttt yye −= ttt Fyf −= , t=m+1,…,n.

Spesso il decisore è interessato a conoscere il valore della serie, relativo al periodo immediatamente successivo all’ultimo dato disponibile. Si tratta della previsione a un passo (one-step forecast) che consiste nella previsione di un periodo in avanti rispetto all’ultima osservazione (ad esempio si hanno dati fino al mese di giugno 2001 e si vuole prevedere il dato per il mese di luglio 2001). Ogni previsione Ft viene determinata pertanto usando i t-1 dati precedenti: y1, y2,…,yt-1; e cioè impiegando un modello di previsione che è stato stimato sui primi t-1 elementi della serie. Il procedimento è esemplificato facendo riferimento al quadro riportato qui di seguito. Partendo da un punto t=H>1 il modello viene stimato via via aggiungendo un nuovo elemento fino a t=n-1; si ottengono complessivamente n-H previsioni in corrispondenza dei periodi a partire da H+1 fino a n. In presenza di stagionalità, questo procedimento necessita di una serie adeguatamente lunga. Infatti, l’individuazione e la modellazione della

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14 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

stagionalità richiede di norma almeno cinque anni completi. Nel caso di dati mensili, ad esempio, H deve essere per lo meno superiore a 60 (12x5).

Passi Serie per la stima One-step forecast Errore di previsione 1 2 : :

n−1

y1, …, yHy1, …, yH, yH+1: : y1, …, yH, yH+1, …, yn-1

FH+1FH+2

: :

Fn

yH+1−FH+1

yH+2−FH+2: :

yn−Fn

Vediamo infine le misure di bontà di adattamento/previsione usate più frequentemente. Tali misure sono:

errore medio (mean error: ME): media aritmetica degli errori; errore quadratico medio (mean squared error: MSE): media aritmetica

dei quadrati degli errori; errore medio assoluto (mean absolute error: MAE): media aritmetica

degli errori presi in valore assoluto; errore medio assoluto percentuale (mean absolute percentage error:

MAPE): media aritmetica degli errori relativi, presi in valore assoluto e moltiplicati per 100.

Nel quadro qui sotto sono riportate le formule dei quattro indici calcolate sugli errori di stima di una serie di m elementi, e sugli errori di previsione per un intervallo di previsione di m periodi. Infatti, quando tali indici vengono calcolati su et, si ottiene una misura di goodness of fit; quando sono calcolati su ft, viene quantificato l’errore di previsione.

Bontà di adattamento Accuratezza della previsione

∑=

=m

t tem

ME1

1

∑=

=m

t te

mMSE

121

∑=

=m

tmMAE te

11

1001

1∑=

=m

tmMAPE

t

t

ye

∑=

=m

t tfmME

11

∑=

=m

t tf

mMSE

121

∑=

=m

tmMAE tf

11

1001

1∑=

=m

tmMAPE

t

t

yf

Brevemente commentiamo il tipo di informazione che viene offerta da questi indici.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 15

ME è l’unico indice che può assumere anche valori negativi. Il MAE avrà valori bassi perché elementi positivi e negativi, nella sommatoria, tenderanno a compensarsi. Il segno di ME ci dice se si tende, in media, a sopravvalutare (ME<0) o sottovalutare (ME>0) il fenomeno. MSE e MAE rendono positivi i singoli addendi della sommatoria. Per la presenza dell’esponente, MSE è meno agevole da interpretare da persone non specialiste. I tre indici ME, MSE e MAE forniscono un valore che dipende dall’unità di misura della serie. Il MAPE elimina questo problema in quanto l’errore viene relativizzato dividendolo per il valore osservato. Il MAPE può però essere usato solo se il fenomeno è misurabile su scala a rapporto. Per il calcolo del MAPE sorgono difficoltà quando la serie osservata contiene valori nulli o molto prossimi a zero. A scopo puramente esemplificativo, vediamo l’impiego di questi indici per valutare un semplice metodo di previsione sul la serie di Tab. 2.4. I dati fino a t=24 (training sample) sono utilizzati per la stima del modello di previsione; i dati del 2001 (test sample) sono impiegati per la verifica della capacità previsiva del metodo che consiste nel prevedere il dato del mese j (j=1,…,12) del 2001, mediante la media aritmetica semplice dei valori dello stesso mese j nei due anni precedenti. Denominiamo come M1 questo metodo di previsione. I risultati sono mostrati nella Tab.2.5. Tab. 2.5 – Previsioni con M1 per il 2001 (dati di Tab. 2.4)

Mese yt Ft ft

1 298 217 822 378 263 1163 373 284 894 443 330 114 ME=171,2 5 374 287 88 MSE=36614,2 6 660 494 167 MAE=171,2 7 1004 746 259 MAPE=25,5% 8 1153 869 285 9 1388 1034 355

10 904 686 218 11 715 546 16912 441 324 117

In questo caso ME=MAE poiché tutti gli errori di previsioni sono positivi. Ciò è determinato dal fatto che, essendo presente un trend crescente, la media dei dati relativi ai due anni precedenti fornisce una previsione sistematicamente inferiore a quanto osservato nel 2001. Come si vede dai valori di Tab. 2.5, questi indici possono presentare delle difficoltà interpretative innanzi tutto perché non abbiamo un valore di

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16 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

riferimento per decidere se il metodo di previsione è soddisfacente o no. Non c’è dubbio qui che un MAPE pari a 25% è inaccettabile. Ma se otteniamo un MAPE uguale a 3%, come deve esesre valutato il metodo di previsione? Un procedimento molto semplice consiste nel confrontare i valori ottenuti col metodo M1 con quelli derivanti dall’impiego di un metodo cosidetto naive. Un metodo naive è, ad esempio, il seguente: prendere come previsione per il periodo t il dato del periodo t-1. La previsione per il mese di gennaio 2001 è uguale al valore della serie in corrispondenza di dicembre 2000, e così via. I risultati di questo metodo naive sono riportati nella Tab. 2.6.

Tab. 2.6 – Previsioni per il 2001 col metodo naive (dati di Tab. 2.4)

Mese yt Ft ft 1 298 371 -732 378 298 803 373 378 -54 443 373 70 ME=5,8 5 374 443 -69 MSE=53668,8 6 660 374 286 MAE=188,2 7 1004 660 344 MAPE=27,6% 8 1153 1004 1499 1388 1153 235

10 904 1388 -48411 715 904 -18912 441 715 -274

Vediamo che, a parte ME che risente del fenomeno di compensazioni degli errori, tutti gli altri indici presentano valori più elevati. Pertanto il metodo M1 (seppure anch’esso piuttosto naive) è leggermente migliore.

Un altro problema interpretativo concerne il fatto che questi indici esprimono funzioni di distanza, fra valori osservati e previsti, che sono molto diverse fra loro e che possono essere anche discordanti (nell’esempio sopra riportato abbiamo visto un ME più basso per il metodo naive rispetto a M1, e valori più elevati per gli altri indici). Occorre quindi decidere in via preliminare l’indice da usare per misurare l’accuratezza della previsione. Al fine di valutare le prestazioni del metodo di previsione, è buona regola condurre anche analisi grafiche degli errori, per esaminare il loro andamento rispetto al tempo. Su questo punto torneremo nei prossimi paragrafi.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 17

2.5 Trasformazioni e aggiustamenti Talvolta l’aggiustamento o la trasformazione dei valori della serie originale produce dati più facilmente interpretabili. In questo paragrafo consideriamo tre tipi di aggiustamenti: (i) trasformazioni matematiche; (ii) aggiustamenti per rimuovere le oscillazioni dovute a effetti di calendario; (iii) aggiustamenti per rimuovere oscillazioni dovute a mutamenti nella popolazione oppure nei prezzi.

Trasformazioni matematiche. Tenuto conto che le serie storiche di natura economica presentano valori positivi, le trasformazioni più frequentemente usate sono: la radice quadrata e la funzione logaritmica. Vediamo un esempio di trasformazioni logaritmica. La serie rappresentata in Fig. 2.5 evidenzia un’oscillazione stagionale che aumenta con l’aumentare del livello della serie. Nel primo anno della serie il range dei valori mensili è uguale a 726 (nr. di bottiglie) mentre, nell’ultimo, sale a 1090. Il metodo di previsione deve tenere conto: del trend crescente e della marcata oscillazione stagionale che aumenta col livello della serie. In questo caso può essere utile procedere ad una trasformazione logaritmica. Vediamo dall Fig. 2.7, come questa trasformazione renda l’oscillazione stagionale dello stesso ordine di grandezza per i tre anni, evidenziando meglio anche la presenza di un leggero trend crescente.

Fig. 2.7 – Dati trasformati (logaritmi naturali) di Tab. 2.3

4

4,5

5

5,5

6

6,5

7

7,5

1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34

t

ln (N

r. bo

ttiglie

)

Se operiamo la trasformazione dei dati, il metodo di previsione lavorerà sui valori trasformati. Ciò significa che, nel caso esemplificato, il metodo farà la previsione Ft=ln(yt) anziché di yt. Sarà pertanto necessario operare la trasformazione inversa che è exp(Ft) per riportarci alla scala originale.

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18 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Anche per la valutazione dell’accuratezza previsiva occorre lavorare con la scala originale della serie.

Rimozione degli effetti di calendario. Alcune oscillazioni della serie sono determinate dalla variabilità dei giorni mensili (nr. totale di giorni, nr. giorni lavorativi, ecc.). Il numero mensile di giorni è molto variabile (da 31 a 29 negli anni bisestili; da 31 a 28 negli anni non bisestili); se questa variabilità non è rimossa, c’è il rischio che la serie esibisca oscillazioni difficili da interpretare. Il dato yt, relativo al mese t, viene quindi aggiustato moltiplicandolo per un peso wt. ottenendo così il dato aggiustato yt,agg, dove:

tmesedelgiornidi.nrmensiligiornidimedio.nrwwyy tttagg,t ==

dove nr. medio di giorni mensili è pari a 365/12=30,4167 negli anni non bisestili; a 366/12=30,5 negli anni bisestili. Un aggiustamento simile avviene su dati riferiti, ad esempio, alla produzione mensile, allo scopo di tenere conto dei giorni effettivamente lavorati. In tale caso wt sarà:

tmesenellavorativigiornidi.nrmensililavorativigiornidimedio.nrwt =

Nelle serie storiche economiche espresse in valori monetari, un’evidente fonte di variabilità è costituita dalla variazione dei prezzi. In tali circostanze è necessario riportarci a valori costanti mediante l’operazione di deflazionamento. I dati della serie vengono così resi comparabili.

Aggiustamenti della serie per tenere conto di variazioni nella popolazione di riferimento sono simili a quello appena illustrato. Ad esempio, nel valutare la situazione economica di una nazione sarebbe più corretto esaminare la serie del PIL procapite anziché quella del PIL totale aggregato. Ci sono studi demografici che forniscono previsioni della popolazione (v. il sito www.istat.it) che possono essere utili, appunto, in fase previsiva per riportarci al dato originale. 2.6 Aggiustamenti della serie per tener conto delle variazioni dei prezzi Le serie di tipo economico sono costituite spesso da grandezze aggregate espresse in valore monetario. E’ il caso, ad esempio, del fatturato totale risultante dalla vendita di prodotti diversi, che hanno prezzi unitari diversi. Indicando con qht e pht , rispettivamente, la quantità e il prezzo unitario del prodotto h-esimo al tempo t, il valore dell’aggregato al tempo t è:

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 19

(2.1) ∑=

=H

hhthtt qpy

1

dove H indica il numero di prodotti (merci, elementi) coinvolti. Le serie a prezzi correnti sono espresse ai prezzi del periodo t e quindi l’evoluzione temporale del dato yt è influenzata anche dalla variazione dei prezzi che può verificarsi nel tempo. Quando abbiamo a che fare con una serie espressa in termini monetari a prezzi correnti, è opportuno trasformare tali dati in valori ‘virtuali’ a prezzi costanti, capaci cioè di esprimere la misura del volume fisico (quantità) del fenomeno. Supponendo di volere esprime l’aggregato yt ai prezzi dell periodo 0, scelto come base, sono disponibili tre metodi:

1. il metodo diretto; 2. il deflazionamento di yt con un indice dei prezzi che misura la variazione dei prezzi dell’aggregato fra tempo 0 (tempo base) e il tempo t; 3. la proiezione di y0 nel futuro, mediante un indice delle quantità che misura la variazione delle quantità dell’aggregato fra il tempo 0 (tempo base) e il tempo t.

Il metodo diretto. Il metodo diretto può essere applicato quando si dispone di dati relativi alle singole quantità e ai singoli prezzi per ogni periodo t e per tutti gli H elementi dell’aggregato. Scelto t=0 come anno base, si costruiscono i valori a prezzi costanti impiegando i prezzi dell’anno base. La serie a prezzi costanti 0yt viene quindi calcolata come:

(2.2) ∑=

=H

hhtht qpy

100

I dati interni all’azienda che sono del tipo prezzixquantità (es. costi totali, fatturato), possono essere espressi a prezzi costanti utilizzando il metodo diretto.

Per problemi di risorse, spesso non conviene impiegare il metodo diretto perché esso richiede informazioni relative ai prezzi (dell’anno baso) di tutti gli H elementi dell’aggregato. Inoltre, il metodo diretto non può essere applicato quando l’aggregato è una grandezza puramente monetaria (come ad esempio l’ammontare di un debito o di un credito finanziario) che non può essere espressa come prodotto di prezzoxquantità. In tali casi si ricorre all’operazione di deflazionamento per la quale è necessario dispone di un adeguato indice dei prezzi. Esso deve essere rappresentativo delle variazione dei prezzi degli elementi che costituiscono l'aggregato da deflazionare. In generale, un indice dei prezzi costruito per deflazionare un aggregato coinvolge solo una parte degli H elementi (prodotti, beni, merci, ecc.) che compongono l’aggregato stesso. Indicando con 0Ip,t il valore

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20 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

dell’indice dei prezzi al tempo t con anno base 0, l’operazione di deflazionamento è:

(2.3) t,p

tt I

yy

00 =

dove 0Ip,t misura la variazione dei prezzi dell’aggregato dal tempo 0 al tempo t.

Impiego dell’indice di quantità. Se l’aggregato è del tipo prezzixquantità come in (2.1), e si dispone di un indice delle quantità degli elementi dell'aggregato, si può ottenere il valore a prezzi costanti moltiplicando il dato y0 (dato dell'anno base a prezzi correnti dell’anno base) per l'indice in questione e cioè:

(2.4) t,qt Iyy 000 =

dove 0Iq,t misura la variazione delle quantità dell’aggregato fra il tempo 0 e il tempo t. Anche per l’indice di quantità vale quanto affermato per l’indice dei prezzi: nel suo calcolo è coinvolta una parte degli H elementi componenti l’aggregato. Come si può vedere, nelle tre formule (2.2)-(2.4) abbiamo usato lo stesso simbolo 0yt per indicare il dato espresso ai prezzi dell’anno base. Ciò non deve far credere che i tre approcci producano la stessa serie e cioè gli stessi valori a prezzi costanti. Il risultato del metodo diretto sarà in generale diverso da quello del deflazionamento, ecc. Nel seguito di queste note illustreremo meglio il metodo del deflazionamento, approfondendo il concetto di indice o numero indice. 2.6.1 I numeri indici elementari I numeri indice consentono lo studio della dinamica temporale di un fenomeno quantitativo in quanto misurano le variaizoni relative intercorse fra due punti nel tempo. Il vantaggio di usare la variazione relativa anziché quella assoluta risiede nel fatto che quest’ultima risente dell’unità di misura in cui il fenomeno è espresso. Con riferimento ai prezzi, siano pt e p0 i prezzi di un bene al tempo t e al tempo 0. La variazione assoluta, la variazione relativa e l’indice elementare con anno base t=0, sono rispettivamente:

variazione assoluta (pt–p0) variazione relativa (pt–p0)/p0numero indice elementare 0ip,t=pt/p0.

Come si può facilmente verificare, il numero indice misura la variazione relativa in quanto quest’ultima equivale a 0ip,t–1. La grandezza 0it rappresenta un numero indice elementare poiché H=1; quando si ha a che

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 21

fare con un aggregato con H elementi e quindi con H prezzi, si usa un indice sintetico o composto. Il numero indice elementare qui introdotto è detto a base fissa in cui il tempo 0 (che non corrisponde necessariamento al periodo iniziale della serie) è il periodo cosiddetto base. L’indice elementare a base mobile è definito come:

t-1ip,t=pt/pt-1 . Esso misura la variazione relativa fra il tempo t e il periodo immediatamente precedente t-1. Gli indici elementari hanno alcune proprietà interessanti che sono riportate nel quadro seguente qui sotto, che contiene anche indicazioni sulla simbologia usata in questo paragrafo.

Simbologia usata e proprietà dei numeri indici elementari Simbologia Serie dei prezzi: p1, p2, …, pt, …, pn, t=1,…,n Serie delle quantità: q1, q2, …, qt, …, qn, t=1,…,n Serie dei valori: v1, v2, …, vt, …, vn, t=1,…,n Valore vt=pt qt

Generico indice elementare in base b: bit

Indice dei prezzi in base b: bip,t

Indice delle quantità in base b: biq,t

Indice dei valori in base b: biv,t

t=1,2,…,n Proprietà 1. Identità. tit=1, t=1,…,n 2. Reversibilità delle basi. bit =1/ tib

3. Transitività (circolarità). bia ait= bit

4. Scomposizione delle cause. biv,t= bip,t biq,t

E’ di particolare interesse la proprietà di transitività poiché permette di trasformare una serie espressa a prezzi costanti dell’anno base a in una serie a prezzi costanti dell’anno base b. Un’altra proprietà di rilievo è quella della scomponibilità delle cause (detta anche di reversibilità dei fattori) che scompone la variazione di una grandezza in valore nel prodotto fra la variazione di prezzo e la variazione di quantità. 2.6.2 I numeri indici sintetici

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22 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Dovendo esprimere a prezzi costanti un aggregato economico e non potendo applicare il metodo diretto, una possibile soluzione è, come abbiamo detto, quella del deflazionamento mediante un adeguato indice sintetico dei prezzi. E’ sintetico nel senso che sintetizza le variazioni dei prezzi degli H elementi dell’aggregato. I principali problemi connessi alla costruzione di un indice sintetico dei prezzi sono i seguenti.

1. Scelta del paniere di elementi/beni. Accade che non tutti gli elementi coinvolti nell’aggregato sono utilizzati per la costruzione dell’indice sintetico. Il suo calcolo è basato su un numero limitato di prodotti: quelli ritenuti più rappresentativi della variazione dei prezzi. Si procede, infatti, ad un campione ragionato degli elementi da includere: un’attenta scelta degli elementi è infatti più importante del numero degli stessi.

2. Scelta del periodo base. Di norma si sceglie un periodo normale, in cui, cioè, non si sono verificati eventi che abbiano determinato andamenti eccezionali per la grandezza da deflazionare.

3. Scelta del metodo di aggregazione degli indici elementari. Per i prezzi viene norma usata una media ponderata degli indici dei prezzi elementari, scegliendo come pesi i valori riferiti ad un prefissato tempo. I principali indici sintetici dei prezzi sono i seguenti.

=

=

=

=

=

= === K

jjj

K

jjjt

K

jjj

K

jjj

j

jt

K

jjj

K

jjjt,p,j

Lt,p

qp

qp

qp

qppp

qp

qpiI

100

10

100

100

0

100

1000

0

=

=

=

=

=

= === K

jjtj

K

jjtjt

K

jjtj

K

jjtj

j

jt

K

jjtj

K

jjtjt,p,j

Pt,p

qp

qp

qp

qppp

qp

qpiI

10

1

10

10

0

10

100

0

dove è l’indice di Laspeyres e è l’indice di Paasche. Lt,pI0

Pt,pI0

Si noti che: i) nelle formule, la sommatoria è estesa fino a K<H per indicare che non tutte le merci dell’aggregato da deflazionare vengono coinvolte nella costruzione dell’indice dei prezzi;

ii) l’indice di Laspeyres impiega, come pesi, dei valori reali ovvero i valori al tempo 0; l’indice di Paasche impiega dei valori fittizi: le quantità al tempo t valutate ai prezzi dell’anno 0.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 23

Vale la pena osservare che, in modo analogo, sono definiti gli indici di Laspeyres e di Paasche delle quantità:

=

=

=

=

=

= === K

jjj

K

jjtj

K

jjj

K

jjj

j

jt

K

jjj

K

jjjt,q,j

Lt,q

qp

qp

qp

qpqq

qp

qpiI

100

10

100

100

0

100

1000

0

=

=

=

=

=

= === K

jjjt

K

jjtjt

K

jjjt

K

jjjt

j

jt

K

jjjt

K

jjjtt,q,j

Pt,q

qp

qp

qp

qpqq

qp

qpiI

10

1

10

10

0

10

100

0

dove è l’indice di Laspeyres e è l’indice di Paasche delle quantità.

Lt,qI0

Pt,qI0

Esiste anche l’indice sintetico di valore che è:

(2.5) Pt,p

Lt,q

Pt,q

Lt,pK

hhh

K

hhtht

t,v IIIIqp

qpI 0000

100

10 ===

=

=

Dall’espressione (2.5), si può facilmente verificare come gli indici di Laspeyres e di Paasche, dei prezzi e della quantità vadano a comporre l’indice di valore. Le proprietà auspicabili per un indice sintetico generico (dei prezzi o delle quantità), che indichiamo con 0It , sono elencate nel quadro di seguito riportato.

Proprietà desiderate per i numeri indici sintetici 1. Identità. tIt=1, t=1,…,n 2. Reversibilità delle basi. bIt =1/ tIb

3. Commensurabilità. L’indice non varia al variare dell’unità di misura fisica usata per le quantità. 4. Determinatezza. L'indice non deve annullarsi né tendere all'infinito se uno dei termini elementari della formula si annulla o tende all'infinito. 5. Proporzionalità. Se dal tempo 0 al tempo t tutti i prezzi variano della stessa proporzione, anche l'indice deve variare secondo lo stesso coefficiente di proporzionalità. 6. Transitività (circolarità). bIa aIt= bIt

7. Scomposizione delle cause. bIv,t= bIp,t bIq,t

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24 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

E’ stato dimostrato che le proprietà non possono essere tutte soddisfatte tutte; ad esempio, se per un indice valgono le proprietà 3, 4 e 5, non può valere la proprietà 6. Di norma, la scelta dell'indice sintetico avviene combinando criteri formali e considerazioni pratiche. Gli indici di Laspeyres e di Paasche non soddisfano le proprietà di: reversibilità delle basi, transitività, scomposizione delle cause. Quest’ultima è verificata in senso debole come mostrato nella espressione (2.5). Una variazione di valore (indice di valore) viene scomposta nel prodotto di un indice di prezzi tipo Laspeyres (Paasche) e di un indice di quantità di tipo Paasche (Laspeyres) Nella ricerca di un indice che soddisfi le proprietà sotto indicate, è stato proposto l’indice di Fisher che è definito come media geometrica dei corrispondenti indici di Paasche e di Laspeyres. Gli indici di Fisher dei prezzi e delle quantità sono:

Pt,p

Lt,p

Ft,p III 000 = P

t,qL

t,qF

t,q III 000 =

L’indice di Fisher verifica tutte le proprietà tranne quella di transitività. Tuttavia, esso viene raramente usato perché richiede informazioni sia sui prezzi sia sulle quantità al tempo base e al tempo t (per i pesi usati dagli indici di Laspeyres e Paasche). Al contrario l’indice di Laspeyres è il più parsimonioso in termini di informazione necessaria in quanto i pesi impiegati sono costituiti da quantità e prezzi dell’anno base. L’indice di Laspeyres è di fatto quello più usato anche se deve sottostare ad un continuo aggiornamento della base perché è sottoposta ad un rapido invecchiamento.

2.6.3 I principali numeri indici costruiti in Italia Fra i principali numeri indice costruiti dall’Istat ricordiamo, per i prezzi: quello dei prezzi (alla produzione) dei prodotti industriali, dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (IPC), dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI). Fra i numeri indici delle quantità citiamo: quello della della produzione industriale, del fatturato e degli ordinativi dell’industria, i numeri indici riguardanti il commercio estero, quelli riguardanti il commercio al minuto. Nella pratica delle indagini statistiche condotte dall’Istat, esistono anche i cosiddetti numeri indici impliciti dei prezzi. Essi sono ricavati direttamente mediante il rapporto fra aggregato a prezzi correnti e aggregato a prezzi costanti. Ciò accade per quelle variabili economiche per le quali si ha a disposizione anche il dato a prezzi costanti. E’ questo il caso del PIL. Il PIL a prezzi costanti viene calcolato come differenza fra produzione totale a prezzi costanti e consumi intermedi a prezzi costanti, elementi che sono deflazionati separatamente.

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 25

Diamo ora uno sguardo agli indici dei prezzi al consumo calcolati dall’Istat. Gli indici dei prezzi al consumo misurano le variazioni nel tempo, rispetto al periodo scelto come base, dei prezzi di beni e servizi (paniere), acquistabili sul mercato e destinati al consumo finale delle famiglie presenti sul territorio del paese. Il sistema degli indici dei prezzi è costituito da:

indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC); indice armonizzato dei prezzi al consumo per i paesi dell’Unione

europea (IPCA); indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed

impiegati (FOI).

Gli indici nazionali NIC e FOI sono prodotti anche nella versione che esclude dal calcolo i tabacchi, ai sensi della legge n.81 del 1992. Tale versione è utilizzata, ad esempio, per l’aggiornamento annuale dei canoni di locazione delle abitazioni. I tre indici sono basati su un’unica raccolta di dati. Essa viene svolta in tutte le città capoluogo di provincia dagli Uffici comunali di statistica presso diverse unità di vendita. In complesso gli indici vengono calcolati su oltre 300.000 quotazioni di prezzo ogni mese, rilevate in 25.000 unità di vendita e 12.000 abitazioni. Le quotazioni di prezzo si riferiscono ad un paniere comune costituito da circa 930 prodotti, raggruppati in 568 posizioni rappresentative, 209 voci di prodotto, 107 categorie, 38 gruppi e 12 capitoli di spesa. Il calcolo degli indici sintetici (per ogni livello di aggregazione dei prodotti) avviene mediante la formula di Laspeyres. I tre indici differiscono per alcuni aspetti. 1. Il concetto di prezzo considerato. Nel caso in cui il prezzo di vendita di alcuni beni e servizi sia diverso da quello effettivamente pagato dal consumatore (è il caso, ad esempio, di quei medicinali per i quali una parte del prezzo è a carico del Sistema sanitario nazionale), gli indici NIC e FOI considerano nel calcolo il prezzo pieno di vendita, mentre l’indice IPCA considera come prezzo quanto effettivamente pagato dal consumatore (compresi eventuali tickets o contributi determinati in misura fissa). 2. La popolazione di riferimento. Mentre gli indici NIC e IPCA si riferiscono ai consumi interni dell’intera popolazione presente in Italia, l’indice FOI si riferisce ai consumi interni delle sole famiglie residenti in Italia facenti capo ad un lavoratore dipendente extra-agricolo.

3. I sistemi di ponderazione(pesi) utilizzati. i tre indici sono calcolati secondo strutture di ponderazione diverse, proporzionali ai consumi delle rispettive popolazioni di riferimento.

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26 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

Ulteriori informazioni sui metodi di calcolo degli indici sono rintracciabili nei seguenti documenti Istat: Nota Rapida, a. 4, n.2, del 15 marzo 1999 e nelle Statistiche in breve del 26 gennaio 2000 e del 25 gennaio 2001.

Vediamo, a questo punto, la principale utilizzazione dei numeri indice dei prezzi al consumo. Si tratta della misura, su base annua, dell’inflazione che viene definita come ‘processo generalizzato di aumento dei prezzi’. Il fenomeno inflazionistico viene attualmente misurato mediante l’indice NIC. Indicando con 0Im,t il numero indice dei prezzi riferito al mese m dell’anno t, e con 0Im,t-1 il numero indice dei prezzi riferito al mese m dell’anno t-1, con base t=0, si ha:

tasso tendenziale di inflazione 110

0 −−t,m

t,m

II

tasso di inflazione media annua 11

121121

112

110

12

10

−=−−

=−

=

∑t

t

mt,m

mt,m

MM

I

I

Una interessante espressione per misurare l’inflazione media annua è la seguente:

(2.6) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−− 1

1120

11201 t

t,

t,

t

t

t

MI

IM

MM

dove:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−1120 t,

t

IM

è detta inflazione propria dell’anno t, mentre

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

1

1120

t

t,

MI

è detta inflazione ereditata nell’anno t (o importata dall’anno t). L'inflazione media offre una visione retrospettiva del fenomeno; infatti secondo la (2.6):

Coeff. inflaz. media = coeff. inflaz. propria x coeff. inflaz. ereditata

La misura di inflazione tendenziale relativa al mese m=12 (dicembre) può essere riscritta in modo analogo:

(2.7) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−− 1120

120

1120

120

t,

t

t

t,

t,

t,

IM

MI

II

dove:

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 27

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

t

t,

MI120

è l’inflazione trasmessa (ovvero lasciata in eredità) all’anno t+1, mentre

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−1120 t,

t

IM

è l’inflazione propria dell’anno t. L'inflazione tendenziale offre pertanto una visione prospettica del fenomeno, secondo la quale si ha:

coeff. inflaz. tendenziale = coeff. inflaz. trasmessa x coeff. inflaz. propria

Il confronto fra inflazione media e inflazione tendenziale può dare indicazione sull’evoluzione del livello generale dei prezzi. In particolare: - se l’inflazione tendenziale è maggiore di quella media, l’inflazione è in fase crescente; - se l’inflazione tendenziale è minore di quella media, l’inflazione è in fase decrescente. Il grafico seguente mostra l’andamento del tasso tendenziale di inflazione (in %) dal gennaio 1980 al dicembre 2001.

Fig. 2.8 – Andamento tasso di inflazione tendenziale in Italia (1980-2001)

20

10

0

Inf.t

end.

%

1980 2001

2.6.4 Esempi di aggiustamento di una serie storica Nei paragrafi precedenti abbiamo introdotto le formule dei principali numeri indici e abbiamo accennato al procedimento di deflazionamento mediante

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28 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

un indice dei prezzi. In questo paragrafo vediamo l’applicazione di questo procedimento. Prima di procedere con i dati numerici, è importante distinguere il tipo di grandezza che deve essere deflazionata:

1. aggregato di beni: l’espressione monetaria è la risultante di un prodotto di somme per quantità (es. grandezze economiche: fatturato, costi, ecc.)

2. grandezze puramente monetarie composte da elementi ai quali non corrispondono transazioni di beni (es. grandezze finanziarie).

Se un aggregato non ha a disposizione il suo indice dei prezzi, si dovrà usarne un altro che misura un fenomeno logicamente connesso al primo aggregato. Questa strada è l’unica possibile per le grandezze puramente finanziarie (punto 2).

Vediamo un esempio di aggiustamento di una serie, utilizzando i dati sui consumi nazionali dal 1979 al 2000 (Tab. 2.7) rappresentati nelle Figg. 2.9 e 2.10. Si può notare come l’andamento della serie dipenda dalla variazione dell’indice dei prezzi (il deflatore), mentre risente meno dell’aumento della popolazione residente (i dati relativi alla popolazione residente sono quelli di Tab. 2.1). Fig. 2.9 – Consumi nazionali anni 1979-2000 (miliardi L.)

0200.000400.000600.000800.000

1.000.0001.200.0001.400.0001.600.0001.800.0002.000.000

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

Anni

Con

sum

i naz

iona

li

Prezzi correntiPrezzi costanti 1995

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Cap 2 Metodi e strumenti di base 29

Fig. 2.10 – Consumi nazionali procapite anni 1979-2000 (miliardi L.)

0

5

10

15

20

25

30

35

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

Anni

Con

sum

i naz

iona

li

Procapite prezzi 1995Procapite prezzi correnti

Tab. 2.7 – Consumi nazionali a prezzi correnti e a prezzi anno 1995

Anno

Consumi a prezzi correnti

(miliardi L.)

Deflatoreprezzi base anno 1995

Consumi a prezzi 1995

(miliardi L.)

Consumi procapite a

prezzi correnti(milioni L.)

Consumi procapite a

prezzi 1995 (milioni di L.)

1979 225.598 0,2346 961.502 4,006 17,073 1980 288.755 0,2849 1.013.530 5,117 17,960 1981 353.134 0,3408 1.036.342 6,249 18,339 1982 417.891 0,3970 1.052.620 7,391 18,616 1983 485.198 0,4560 1.064.114 8,578 18,813 1984 555.901 0,5085 1.093.119 9,826 19,321 1985 626.140 0,5559 1.126.426 11,064 19,904 1986 690.420 0,5912 1.167.840 12,199 20,635 1987 761.756 0,6270 1.214.986 13,458 21,465 1988 845.599 0,6690 1.263.929 14,932 22,319 1989 930.973 0,7161 1.300.090 16,427 22,941 1990 1.026.769 0,7727 1.328.757 18,103 23,427 1991 1.128.607 0,8278 1.363.379 19,887 24,024 1992 1.203.544 0,8689 1.385.131 21,167 24,361 1993 1.225.462 0,9106 1.345.715 21,481 23,589 1994 1.290.037 0,9495 1.358.588 22,552 23,750 1995 1.368.863 1,0000 1.368.863 23,889 23,889 1996 1.453.191 1,0491 1.385.142 25,318 24,133 1997 1.531.885 1,0786 1.420.277 26,636 24,695 1998 1.605.675 1,1033 1.455.317 27,882 25,271 1999 1.676.760 1,1280 1.486.466 29,087 25,786 2000 1.769.990 1,1605 1.525.192 30,661 26,420

Fonte: Istat

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30 Cap. 2 Metodi e strumenti di base

La rappresentazione di grandezze a prezzi costanti è utile pure per confrontare nel tempo dati di bilanci aziendali. Il problema di confrontabilità temporale si pone anche per i ratio di bilancio se il numeratore e il denominatore del ratio risentono in modo diverso dell’evoluzione dei prezzi. Infatti, poiché un ratio di bilancio è costruito su grandezze espresse in valore monetarie, il suo valore Vt al tempo t si può rappresentare in modo estremamente semplificato come:

tt

ttt pq

PQV =

dove col carattere maiuscolo abbiamo indicato la quantità e prezzo del termine posto al denominatore. Le variazioni che il ratio sperimenta nel tempo possono essere determinate sia dalle variazioni delle quantità Qt, qt, sia dalle variazioni dei prezzi Pt, pt. Si veda, a titolo di esempio, un ratio costruito sui dati di contabilità nazionale: il rapporto fra consumi nazionali (visti prima) e PIL, valutati sia a prezzi correnti sia a prezzi costanti. Negli anni di forte calo dell’inflazione (v. anche Fig. 2.8) è maggiore la discrepanza fra i due time plot.

Fig. 2.11 – Andamento del rapporto consumi naz./PIL

0,720,730,740,750,760,770,780,790,800,810,82

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

Anni

Cons

umi/P

IL

Prezzi correntiPrezzi 1995