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1 INTORNO A M. Storia di M. attraverso gli occhi del suo assistente sociale Gennaio 2004 Michelangelo Vitale Counselor e assistente sociale

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INTORNO A M. Storia di M. attraverso gli occhi del suo assistente sociale Gennaio 2004

Michelangelo Vitale Counselor e assistente sociale

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Premessa “Lo stimolo creativo e quello distruttivo, che toccano l’apice nei rapporti sessuali e nell’omicidio, sono il materiale grezzo su cui l’uomo e la civiltà debbono lavorare. Nell’intento di preservarsi, l’uomo, la società e la razza umana, devono applicare l’energia degli impulsi distruttivi a scopi utili, quali sradicare la crudeltà, l’omicidio, la malattia, e applicare l’energia dell’impulso costruttivo verso il progresso spirituale e materiale.Lo sviluppo mentale dell’individuo procede dalla lotta interiore che egli sostiene per dirigere le forze che sono in lui verso finalità produttive.” Da: “ Guida per il profano alla psichiatria e alla psicoanalisi “ Eric Berne. Sono queste le cose che mi sono venute in mente, quando ho iniziato a raccogliere le idee e i fatti che servono per descrivere il caso di M. Sono parole molto potenti, forti e piene di speranza, tenendole presenti mi danno la forza di affrontare la tragedia di una persona di cui mi occupo come assistente domiciliare. Le stesse mi danno la possibilità di considerare con più chiarezza, serenità e professionalità il mio intervento. M. è una persona di 40 anni, abita in una piccola frazione di campagna. Lo conoscevo di vista e, come a volte capita, mi ero già immaginato che mi sarei occupato di lui. Una volta, mentre andavo al lavoro, mi attraversò la strada all’improvviso e per poco non lo investivo. Questo modo di rischiare sembra che sia una sua caratteristica. E’ nato in una famiglia di agricoltori, sua madre, insufficiente mentale, era rimasta incinta. L’ aveva partorito di nascosto ed era così impaurita che l’aveva gettato nel gabinetto. E' allontanata dalla famiglia, il padre non si fece mai vedere, il bimbo fu messo in un orfanotrofio gestito da religiosi e ci rimase fino da adolescente. Passati degli anni la madre è ripresa in casa e dopo anche M., di lui si occuperà lo zio fino alla sua morte per malattia. Rimane con le due donne, ha come unico amico un cugino che si occupa tuttora di lui. Si arriva all’inizio di quest’anno, l’Unità di Psichiatria si mette in contatto con il Servizio Sociale perché M. ha subito un T.S.O.: aveva tentato di picchiare la zia, il cugino chiede l’intervento del medico che ordina il ricovero. Occorre un intervento d'assistenza domiciliare e saremo due operatori ad occuparci di lui. In un incontro con l’Ass.Sociale, che ci spiega il caso, si vengono a sapere altre cose: M. aveva tentato di adescare un minorenne, minaccia continuamente di morte la zia, tiene lo stereo a tutto volume, va in giro di notte e i vicini di casa hanno paura. La situazione era classica, lo scemo del villaggio era diventato un mostro. Iniziano le richieste da parte dei parenti, ad eccezione della madre, di un inserimento in una struttura sociale chiusa. E’ inserito in un centro diurno per disabili, dal lunedì al venerdì, il sabato è a casa, la domenica mattina va in paese a servire la Messa, il pomeriggio lo passa al circolo. Rimango colpito anche da altre due cose: la prima che M. a detta del prete del paese conosce tutto il Calendario Liturgico, serve regolarmente la Messa e va con lui a dare l’Acqua Santa durante la Quaresima; la seconda è che al Centro gli assistenti sono stupiti per come se la cava nei lavori di falegnameria. Si concorda una visita a casa per conoscere la zia, e una al Centro. A questo punto mi chiedo com'è riuscito a vivere e a stare con gli altri, e quanto è stato devastato dalla malattia, la paura e l’ignoranza. Vorrei anche sapere che possibilità di migliorare c'è in lui e soprattutto, la sua “physis”, la forza di cui parla Berne, che fornisce lo stimolo per vivere, per crescere e andare avanti, l’energia di sviluppo a che punto è? Poi, quali immagini e sensazioni

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buone e affettuose si possono collocare accanto al suo passato per sopportare meglio il dolore e i ricordi? 10/02/03 Andiamo a casa di M. per conoscere la zia. La casa è spoglia, molto sporca, c’è cattivo odore e freddo. Qui è padrona la malattia mentale, ha lavorato per anni con la complicità dell’ignoranza e quelli che ci abitano sono i suoi schiavi e non hanno la forza di riscattare la propria libertà. Ci sono i segni dappertutto: sui muri sporchi, in terra, nei tegami unti, sui vetri delle finestre, i topi morti. La zia è come la casa, ci fa entrare e ci accomodiamo in un tinello. Ha il viso squadrato, tirato e abbronzato, cammina rigida, lo sguardo fisso, la bocca grande, le labbra sottili e piegate all’ingiù. Ci racconta di suo nipote, dei litigi violenti, ha paura di essere ammazzata, forse non a torto. Non riesce a capire che cosa lo spinge a comportarsi in quel modo, prima c’era suo marito che lo teneva a bada e che lo portava con sé. Poi parla della cognata e dice che è matta anche lei, va via la mattina e torna la sera, fa le pulizie in qualche famiglia; la sera madre e figlio rimangono soli e cenano insieme mentre lei si chiude a chiave in camera. Ho l’impressione di avere davanti una bambina cattiva e la immagino che litiga con M.: lei è davanti e gli urla sul viso che era meglio se non nasceva, che fosse maledetto e andasse a finire sbranato all’inferno; lui la guarda male e la spinge, la afferra per il collo e urla. Io sono rimasto sospeso, come un bambino, per un attimo, ho capito che cosa si poteva provare di fronte a questa persona: ero lui, la mia parte infantile si ribellava, se avessi potuto l’avrei picchiata. Rimango turbato ma riuscivo ad intuire che cosa succedeva tra i due, mi sarebbe servito per stare con M.. La zia era la salvatrice, li teneva in casa, ma aveva paura della simbiosi tra madre e figlio che la faceva sentire un’esclusa, estranea, nonostante fosse la padrona della casa, gestore dei soldi e del cibo. A questo punto diventava il carnefice, li voleva mettere in mezzo alla strada, si presentava a noi come la vittima, aggredita e maltrattata. M. inoltre stava crescendo e cambiando, sembrava essere in una fase adolescenziale con le sue sfide, non voleva più subire, difendeva la madre e si trasformava a sua volta in carnefice nei confronti dell’altra. Mi chiesi anche che cosa potevano dirsi la sera a cena madre e figlio, se non erano mai stati felici, come mangiavano, lei quando tornava gli portava l’aranciata o la spuma dopo aver percorso 10 chilometri a piedi. Le simbiosi sono così. 12/02/03 Abbiamo un appuntamento al Centro Diurno, guarda caso un ex-convento, per un incontro con gli assistenti e conoscere M. Non ci sono stati problemi particolari finora, M. fisicamente sta meglio di altri, collabora, aiuta chi è in carrozzina, anche se pare che abbia delle curiosità di tipo sessuale nei confronti di alcune ospiti. Si ha l’impressione di una persona adattata, non frequenta sempre, ci sono dei giorni in cui si mette in " ferie" e rimane a casa. E’ accompagnato da un pulmino della Pubblica Assistenza o del Servizio Sociale insieme ad altri disabili e due obiettori di coscienza. Pare che abbia problemi d'udito, forse è sordastro, è seguito dal Servizio Psichiatrico con una diagnosi d'insufficienza mentale e fa una terapia che assume di buon grado. Occorrerà somministrargliela

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almeno il sabato per non lasciarlo troppo scoperto. Bisogna che si lavi e si concorda che farà il bagno il sabato, nella Casa Famiglia per anziani gestita dal nostro Servizio. Con Laura, la mia collega, andiamo a conoscere M. In quel luogo il bambino adattato si arrangia mimetizzandosi, ha trovato una sua posizione nel gruppo per sopravvivere e ricevere qualche attenzione. Si rende utile come può e stupisce insegnando agli assistenti come si fa una cornice di legno o si lavora con il traforo. Ci conosciamo e ci studiamo a vicenda, sorride e non parla, sicuramente è incuriosito come noi. Se è vero che nei primi cinque minuti ci si dice tutto, mi auguro che sia andata bene, ma chissà che cosa ci siamo detti veramente. È una persona robusta, cammina incrociando un pò le ginocchia, non coordina il movimento con le braccia che lascia penzolare sul tronco. L’andatura è rigida e cadenzata. Anche il collo è rigido, la testa è inclinata in avanti e quindi lo sguardo va dal basso verso l’alto. Cerca di compiacere. La bocca è semichiusa, il sorriso è molto infantile e contrasta con la cupezza degli occhi e lo sguardo accigliato. Quel tipo di sorriso mi è rimasto impresso, l’ho rivisto sul viso di altri. Mi ha riportato indietro con il tempo ed ho l’impressione di averlo avuto anch’io quando da bambino mi visitava il dottore. A parte quello che ci siamo detti poco prima, come farò a mettermi in contatto con lui? Che cosa fai prima di tutto, cosa pensi molto dopo e cosa provi chissà quando. Occorrerà molta prudenza ma il tempo c’è, non ci sono date, apparentemente. Apparentemente perché è necessario che M. non combini guai, altrimenti andrà a finire in qualche casa di riposo. Stipuliamo il contratto e si stabilisce che io, e più avanti la mia collega Laura, andrò a prenderlo il sabato mattina alle 9, andrò in Casa Famiglia per fare il bagno, si laverà e si cambierà, prenderà la terapia. Dopo passeremo un po’ di tempo insieme e alle 12 si riaccompagnerà a casa. Questo per un periodo da definire, in ogni modo diversi mesi. 15/02/03 Vado a prendere M. a casa , è alla TV, la tiene con il volume alto, mi viene incontro la zia, si lamenta del nipote dice che è stata minacciata di morte e che ha paura. Riesco a liberarmi ed entro in casa, la madre non c’è e nemmeno riesco a trovare segni della sua presenza, saluto M. e gli ricordo i motivi del mio arrivo, dopo usciamo. In Casa Famiglia conosce Antonella,l’assistente responsabile, e gli anziani che abitano lì. Si prepara la colazione con fette biscottate,marmellata e burro. Gli faccio vedere la stanza da bagno con la doccia, lui a casa ha soltanto il lavandino. Ho confezionato la stanza come se fosse un set, persino un lenzuolo in terra per non scivolare, gli ho raccomandato di fare con calma e di starci quanto voleva, se avesse avuto bisogno io sarei stato nella stanza accanto. Dopo siamo usciti e andati in ufficio, ci siamo messi al computer e gli ho fatto vedere dei giochi, se la cava bene meglio di quanto possa fare io. Riconosco in me una certa ansia, come se volessi capire subito dove M. può arrivare, e che cosa è capace di fare, devo stare più attento per non impaurirlo, e poi potrebbe essere solo un modo per rassicurarmi. Occorre che tenga lontane le aspettative e con il tempo essere più adulto e meno genitore.

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22/02/03 C’è andata Laura, abbiamo concordato che lei farà un po’ la parte della mamma rassicurante: si occuperà delle cose che gli mancano e lo accompagnerà a comprarsele, l’aiuterà anche a lavarsi. Laura è molto brava e sensibile, è anche molto gioviale, ci aiuteremo a vicenda. 01/03/03 L’ho trovato nervoso, lo sguardo molto cupo, ha litigato evidentemente con la zia che sta urlando in un’altra stanza. Ogni tanto M. sbatte la porta della stanza per non sentirla mentre lo maledice. Quando lei si accorge che sono arrivato cambia la voce e si ingentilisce cercando la mia complicità, sta chiaramente giocando e cerca di tirarmi dentro: io ne resto fuori, può anche darsi che zia e nipote facciano un altro gioco, potrebbero cominciare a litigare proprio un momento prima del mio arrivo, per far capire che non riescono a stare più insieme e sperano che io gli possa risolvere le situazione. Usciamo ma M. è stato, per tutto il tempo, cupo e taciturno, più del solito. In queste occasioni parla con più difficoltà e si accentua la rigidità del collo. Penso che la cosa migliore sia stargli accanto in silenzio. 29/03/03 Ennesimo litigio con la zia, ma c’è che entrambi riescono talvolta a staccarsi e ognuno si rifugia nel suo mondo: M. si mette appiccicato allo schermo della televisione, con il volume alto; la zia va nel cortile oppure nel campo davanti casa dove c’è un orto. Dopo il bagno si va in ufficio e gli insegno vedere come si fanno le fotocopie. E’ incuriosito ma dopo un po’ si annoia. 18/04/03 C’è stato un incontro importante al Centro Diurno, con l’assistente sociale, gli operatori e il cugino di M. che ci ha parlato di lui. La madre tentò di ammazzarlo quando nacque e poi lo trovarono nel water. Dopo fu affidato all’istituto. Da grande fu preso in casa dallo zio, anche la madre ritornò con loro. I due si riconciliarono e lei, da allora, è sempre stata affettuosa con lui, i problemi sono con la cognata. M. ci soffre e difende la madre. La zia è stanca, la sera cena per conto suo, madre e figlio stanno insieme. E’ stato il cugino a farlo ricoverare e da allora M. non vuole più vederlo. Ci sta male e ci chiede come fare. Gli consiglio di venirlo a trovare ogni tanto al centro portandogli un regalo. Gli chiedo di chi è la casa dove abita M.: mi risponde infastidito che la casa era dello zio materno, ma che sia la madre che M. sono stati esclusi dal testamento, pertanto l’unica proprietaria è la zia che non ha figli. Per quanto riguarda il Centro, M. ha delle fasi alterne: imita gli operatori a volte si sostituisce a loro ma ritengono che lo faccia per motivi di sesso. Ha dimostrato capacità d'adattamento, ha più cura di sé. Ogni tanto rimane a casa. La sensazione è che sia lui a decidere sulla frequenza e sulle situazioni che lo riguardano, passa una parte del tempo al bar a giocare con i videogames. Lo psichiatra lo vede regolarmente. Penso che ci si occupi di lui quando ci sono dei problemi grossi, per il resto tutto è diventato routine (infatti, da quel giorno non ci siamo più visti).

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19/04/03 M. non c’è, è andato con il prete in chiesa per un matrimonio, dopo andrà ad aiutarlo a dare l’acqua santa. Questo vuol dire che fa meno paura. La zia mi ha richiesto se era possibile metterlo in un ricovero, cerca di farmi stare male. 26/04/03 Stamani si è comprato “La gazzetta dello sport”, lo leggiamo insieme in Casa Famiglia, si parla un po’ delle partite e d’ora in poi diventerà una consuetudine. Gli ho proposto di fare il bagno nella vasca in una stanza più grande. Lenzuolo in terra, asciugamani morbidi, accappatoio comprato con Laura. E’ andato tutto bene. In questo periodo M. è più taciturno, è andato meno al centro, parla con più difficoltà. Se rimane a casa non parla con nessuno e perde l’uso della parola. L’ho portato dall’assistente sociale che gli ha chiesto come stava e gli ha raccomandato di farsi trovare dagli obbiettori la mattina. M. ha cambiato espressione, quando ci si occupa di lui pare che stia per mettersi a piangere, ha una piega particolare delle labbra. È vergognoso come i bambini piccoli. 24/05/03 Quando sono arrivato a casa mi ha accolto la zia, ma non si è lamentata come il solito. M. mi ha sbattuto la porta in faccia e si messo alla televisione, forse si era ingelosito, ma sono riuscito a convincerlo ad uscire. In Casa Famiglia si è rilassato, c’era anche Laura, ha sorriso ed ha fatto colazione come il solito. Ho riflettuto sul mio stile genitoriale: io sono più riservato e gioco più sui tempi lunghi, Laura è più aperta e scherza di più. Dopo siamo andati in un centro commerciale. M. è rimasto stupito dalla quantità di televisori, ne vorrebbe uno da mettere in camera. Pizza, com’è buona! Gliel’ho presa, finalmente ci muove. Si entra con i comportamenti. Al ritorno siamo passati davanti a casa mia, c’era stato per l’Acqua Santa e aveva riconosciuto mia moglie Antonella. Mi dice: “Lei sta qui”. Mi da del Lei e mi parla direttamente per la prima volta. È andata bene, eppure io dentro al centro commerciale sono entrato in ansia, ho avuto timore che si attivasse troppo in mezzo a tutte quelle cose. C’è stato un momento in cui eravamo due bambini, solo che io non vedevo l’ora di venire via. Non riuscivo più ad osservare ed ascoltare, mi sono ricordato poi di avere già vissuto un momento simile, e mi ero trovato in difficoltà. Questa volta invece avevo svalutato tutto, poi M. ha visto la pizza ed io mi sono ricordato di essere a lavorare. 11/06/03 M. ha litigato sul pulmino con gli obbiettori, all’improvviso mentre erano ad un incrocio ha aperto lo sportello e si è buttato di sotto. Se l’è cavata con una escoriazione al ginocchio e tanta paura per tutti. Che cosa era successo? Gli obbiettori lo prendevano in giro, oppure c’era confusione. O qualcosa di più profondo e oscuro. Lui non dice niente. Rimarrà a casa per qualche giorno.

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11/10/03 M. si è fatto crescere il pizzo. La situazione è stazionaria. I familiari chiedono periodicamente che sia messo in una struttura (ma poi toccherà alla mamma?). L’assistente sociale pensa che farlo dormire qualche volta alla R.S.A. potrebbe fare bene a tutti per alleggerire ogni tanto la tensione: M. accetta volentieri, anzi sembra entusiasta. La zia afferma che il nipote è più calmo. 18/12/03 M. ha tentato di nuovo di buttarsi giù dal pulmino, l’obbiettore l’ha preso al volo. Anche questa volta non si capisce bene che cosa sia successo. Ho pensato le cose dell’altra volta. E’ successo poi che M. è rimasto qualche giorno a casa (ancora punizioni), è stato portato dallo psichiatra che gli ha aumentato la terapia, adesso lo portano al Centro da solo in auto, perché dicono che regge meglio il rapporto uno ad uno. 25/12/03 Ieri M. è stato in Casa Famiglia con Laura, ha fatto il presepe e l’albero di Natale, ha pranzato lì. Oggi sono andato a sua per fargli gli auguri di Natale e portargli una stecca di cioccolata. Non c’era, ma c’erano il cugino e la zia che bestemmiava. Si è accorta di me e ha indossato la maschera e adoperato i soliti convenevoli. Ho cercato M. al circolo del paese. L’ho trovato in piazza con un secchio d’immondizia, dava una mano a pulire. Quando mi ha visto è rimasto sorpreso, ci siamo fatti gli auguri. 27/12/03 Fatta colazione in Casa Famiglia e letto il giornale, si è parlato di calcio. Dopo aver fatto il bagno l’ho aiutato a radersi, si è voluto lasciare la mosca al labbro inferiore. Abbiamo messo a posto insieme. Gli ho chiesto, per la prima volta, come sta la sua mamma, mi ha risposto “ bene”, con una voce che veniva dalla pancia . Mi ha chiesto un calendario nuovo, è andato a cercare il giorno del suo compleanno: 22 luglio, giovedì. Il fine di quest’intervento non è solo quello di far stare M. lontano dalla zia e di farlo lavare, è necessario confortare il suo bambino e rassicurarlo. C’è una relazione d’aiuto e le transazioni che ci sono state tra noi due nei primi mesi, appartenevano al tipo Genitore- Bambino, occorreva che M. imparasse ad avere cura del suo aspetto. Mi sono ricordato di due frasi di Berne che mi sono servite per riflettere; la prima: ”Ogni psichiatra, comunque, ha funzione di psichiatra infantile, anche se la sua attività è limitata agli adulti”, e il mio intervento è terapeutico? Lo è nella misura in cui si solleva una persona dalla sua condizione di disagio e questo avviene con il massimo rispetto nei suoi confronti, e gli si da la speranza di poter vivere meglio, con più consapevolezza. Parlare da adulto e trattare come un bambino. La seconda: “Concentrarsi sulle attività che gratificano tutti e tre contemporaneamente: l’esibizionismo del bambino, la curiosità intellettuale e la concretezza dell’adulto e la filantropia del genitore “. Come si riconosce in questo caso il GAB (Genitore, Adulto, Bambino) ? Berne intanto consiglia di cercare di distinguere tra l’A e il B; il G potrà venire fuori più avanti; per quanto riguarda M., è stato ed è ancora difficile individuare proprio questo. Ho visto l’A quando fa

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delle richieste di accudimento, cambiando la voce e guardando negli occhi. E’ sul B che ci sono tante cose, come si capisce da sopra. Ci sono certamente tante contaminazioni. B ribelle quando litiga, adattato nel gruppo e con gli operatori, professore quando si arrangia. M. è sempre stato considerato un bambino e trattato come tale, e questo gli ha portato il vantaggio di poter vivere. Ma c’è di più, sono preoccupato per le volte che si è buttato giù dal pulmino, sono convinto che qualcosa di profondo e antico lavora contro di lui. Allora ho fatto riferimento alle spinte e alle ingiunzioni che ho visto in M., per capire meglio. In lui ci sono delle spinte come “compiaci”, si può possibile capire dalla sua postura: spalle tirate in su e avanti, chinato in avanti, l’inclinazione del collo, sempre verso chi gli parla, le sopracciglia aggrottate, il sorriso teso. Un’altra è “sforzati”: la voce è molto tesa, sembra che venga dalla gola, tanto il collo è teso, quasi strozzata. Bisogna ripetergli spesso ciò che gli si dice, forse perché è sordastro o perché è meglio non sentire più certe cose, usa spesso segnali interrogativi. Spesso tiene i pugni chiusi, si china in avanti, ha delle linee verticali sopra il naso. Le parti genitoriale che hanno influito a dare le spinte appartengono a delle figure storiche, bisogna anche tenere conto del periodo che M. ha vissuto in istituto; con tutto ciò che ne comporta.. Le ingiunzioni: “ Non esistere”, e questo fin da quando fu messo alla luce, e via via fino ad oggi, quando la zia gli urla dietro che l’ammazzerebbe. Una cosa che M. ha fatto propria e che può riaffiorare quando è “là e allora”, una forza che gli fa attraversare la strada o buttare di sotto dal pulmino. E quello che era successo alla madre, quanto può avere sofferto e che messaggi ha mandato al figlio. “Non entrare in intimità”: i genitori lo hanno tenuto lontano senza dargli risposta, e quindi “Non fidarti”. Essere sospettoso verso coloro con cui entra in rapporto, e cercare di cogliere negli altri segnali di rifiuto. “Non essere sano di mente”: un modo di vivere, per tirare avanti, e sennò che cosa poter fare. “Non pensare”: preso da molti di quelli che gli sono stati vicino e tuttora dalla zia, che M. sente come una minaccia. Una voce interna : meglio che tu pensi quello che voglio io, se vuoi del bene, pensa come me, anch’io sono malata e pensando cose malate sono riuscita a vivere fino ad ora, e sono la padrona di tutto. Occorrono dei rimandi rassicuranti e continui: esisti, sei importante per noi; ti puoi fidare, stiamo volentieri con te; puoi essere sano di mente, puoi anche essere sereno e tranquillo, fai pensieri dolci e cari.

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Bibliografia Stewart I. e Vann J. L’analisi transazionale”, Garzanti. Berne E Guida per il profano alla Psichiatria e alla Psicoanalisi, Astrolabio. Berne E Analisi Transazionale e Psicoterapia, Astrolabio. Berne E Intuizione e Stati dell’Io, Astrolabio. Jung C.G. La dimensione psichica, Astrolabio. Stevenson R. L. Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, Corriere della sera. .