Intervista ad Adriano Prosperi - Repubblica 2015-06-28

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la Repubblica %0.&/*$" (*6(/0 3$6-5 "ESJBOP $ on Adriano Prosperi ci incontriamo a Roma dove, ogni tanto, arriva da Pisa. È un viaggio solo un po’ più complicato di altri itinerari ferroviari. Ci viene volentieri. Gra- to a questa città di cui conosce il sostrato inquietante e l’eco che arriva da antichi se- coli. Quando sacro e profano sembravano una mistura politica di una qualche effica- cia. Prosperi svolge meravigliosamente il lavoro di storico, scavando nella prima mo- dernità. In quel mondo, tra il Cinque e il Seicento, su cui la Chiesa stava per prende- re il sopravvento. Senza mai riuscirci veramente. Gli chiedo che Italia ne sarebbe scaturita. Mi guarda. Rilassato, avvolto da un’eleganza asciutta, lievemente demo- dé: «Chi lo sa, certo un’Italia diversa da quella che abbiamo di fronte. Su questo mi pare inappellabile il giudizio di Machiavelli». Cosa disse Machiavelli? «Che la Chiesa non possedeva sufficiente forza per unificare, ma aveva il potere spirituale per impedire ad altri di farlo. È un filo che tirandolo fino ad oggi spiega molte cose interessanti della no- stra tragica debolezza di fronte agli altri Stati. È una tesi che mi ha portato numerose critiche sia da destra che da sinistra. Ogni tanto penso che avrei dovuto fare un mestiere diverso dallo storico». Si fa quello per cui ci si sente portati. «In teoria è vero. Ma prenda me. Vengo dal mondo contadino. Mio nonno mezzadro. Mio padre piccolissimo proprietario. Mai avrei immaginato di farcela. La vita, però, può farti dei regali incredibili. Concorsi a una borsa alla Normale di Pisa che mi avrebbe garantito vitto, alloggio ed esenzione dalle tasse. Mutò la mia esistenza. Fino ad allora, i miei ideali sociali erano radicati nella piccola provincia: il maestro o, se proprio andava bene, il medico condotto in qualche paesino. Riscatto sociale a chilome- tro zero». Invece arriva a Pisa. Che ambiente trova? «Fertile. La città aveva per me la stessa attrazione che avrebbe avuto Las Vegas per un giocatore di roulet- te. Fu incredibile. A 18 anni la vita è incerta e si può dav- vero riuscire a prendere il meglio o il peggio. Ho avuto fortuna». Non dà proprio l’idea di un Rastignac a Parigi. «Molta timidezza ma anche determinazione. L’osti- nata determinazione contadina». Che figure erano i suoi genitori. «Una mamma molto cattolica e un padre comuni- sta. Lo ricordo quando, giacca sulla spalla, partiva fi- schiettando diretto alla casa del popolo. Se non lavora- va era lì che si faceva trovare. Infinite discussioni sull’Unione Sovietica annegate in un bicchiere di Chianti e una partita a carte. Poi, per degli episodi di stalinismo locale, uscì dal partito». Sarebbe interessante rileggere il consenso politico attraverso quei luoghi. «Le due grandi istituzioni in Italia furono la Chiesa e le case del popolo. In mezzo non c’era molto altro». C’era la Normale di Pisa. «Il mio ingresso fu in un mondo totalmente diver- so». Chi furono i suoi insegnanti? «Diciamo che la mia attenzione si rivolse soprattut- to verso i colleghi più bravi. Il più importante dei quali — anche per l’amicizia che ci ha legato e ci lega — è Car- lo Ginzburg. Poi c’era Claudio Baiocchi. Un matemati- co molto dotato che passava il tempo a giocare a poker. A un certo punto ricordo che comparve Francesco Or- lando. Aveva qualche anno più di noi». Cosa faceva? «Il lettore di francese. A un certo punto ci stupì leg- gendoci un suo lungo ricordo di Tomasi di Lampedusa. Aveva un forte accento siciliano e sembrava davvero spingerci a forza dentro a quel capolavoro di cui comin- ciammo ad avvertire gli echi di una terra che ci sembrò straordinaria». Quando dice “ci sembrò” a chi si riferisce? «C’era Carlo Ginzburg che divenne molto amico di Orlando stimandone le grandi doti intellettuali e spe- cialistiche. C’era Sebastiano Timpanaro, il maestro senza cattedra. Si sedeva in fondo all’aula ad ascolta- re». Cosa stima di Carlo Ginzburg? «È un grande storico, forse il più grande e non solo della nostra generazione. È uno sperimentale capace di muoversi con agilità ai margini delle discipline più diverse. La nostra amicizia si è riempita a tal punto di discussioni intellettuali, da farmi sentire spesso sotto osservazione. “Cosa stai facendo ora?”, era una sua fra- se ricorrente e lievemente inquisitoria». Cantimori fu maestro di entrambi. «Non solo di noi due. C’era anche Adriano Sofri. At- tendevamo i suoi seminari con religioso timore. Non era neppure sessantenne. Ma sembrava già un vecchio con il pizzo e gli occhiali. Cappello in testa, cravatta ne- ra da anarchico. Giacca a mezza gamba. Scendeva dal- la carrozza del fiaccheraio con due borse cariche di libri e lentamente si avviava verso l’aula. Pochi gli studenti. Un anno — dopo aver abbandonato il Pci — decise di fa- re un seminario su Nietzsche e alla fine annunciò che avrebbe messo ai voti due possibili corsi: uno dedicato al modo in cui lavorava Marx e l’altro su di un trattato scritto in latino e dedicato all’istituzione del cardinala- to. Inaspettatamente prevalse quest’ultimo. Ricordo che Adriano Sofri rinunciò al seminario». Sa perché? «No, ma suppongo ci fosse in quel momento un inte- resse più per Marx che per i principi della Chiesa». Cantimori aveva tradotto insieme alla moglie alcu- ne parti del “Capitale”. È singolare per uno che ave- va subito un certo fascino del nazionalsocialismo. «Passò da quel mondo agli interessi per il comuni- smo». Perché respinse la cultura liberale? «Non l’amava. Per lui era la cultura delle anime bel- le. Cantimori era interessato al realismo della politica e ai rapporti di forza. La vaporosa idealità gli era estra- nea. Citava la moglie. Fu Emma Mezzomonti, che spo- sò in seconde nozze, ad avvicinarlo al Pci. Emma fu un membro importante del partito durante la clandestini- tà. Germanista. Resta una delle figure più misteriose del Novecento». Cantimori le parlò mai del suo passato? «No, non amava parlare di sé. Ma era un uomo tor- mentato dai suoi errori. Come pure tormentate erano le sue lezioni. Parlava a voce bassissima e spesso si mangiava le parole. Ma aveva la vocazione autentica dello studioso. Anche nei suoi scritti sul nazismo, passa- ti al setaccio, c’era la volontà di capire». Beh, la voce nel “Dizionario di politica” dedicata al- la parola “Onore” non era solo un desiderio di capi- re. «Prevale un’impressione di neutralità, e il bisogno di tenere a bada il “furibondo cavallo ideologico”». 4USBQBSMBOEP i4UJBNP WJWFOEP VO EJTPSJFOUBNFOUP TF OPO VOB WFSB TDPOGJUUBw %BMMB /PSNBMF EJ 1JTB B PHHJ MP TUVEJPTP SJQFSDPSSF SJDPSEJ F DBNCJBNFOUJ 1SPTQFSJ "/50/*0 (/0-* -" #*0(3"'*" "ESJBOP 1SPTQFSJ Í VOP TUPSJDP F TBHHJTUB JUBMJBOP OBUP B -B[[FSFUUP EJ $FSSFUP (VJEJ 'JSFO[F OFM 1SPGFTTPSF FNFSJUP EJ 4UPSJB NPEFSOB QSFTTP MB 4DVPMB /PSNBMF 4VQFSJPSF EJ 1JTB Í NFNCSP EFMM"DDBEFNJB EFJ -JODFJ i*P DJ QSPWP NB RVFMMP EFHMJ TUPSJDJ TUB EJWFOUBOEP VO NFTUJFSF JOVUJMFw %*4&(/0 %* 3*$$"3%0 ."//&--* Copia di f7dfb7a1ab8f161540a95ba200960e40

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Intervista di Antonio Gnoli ad Adriano Prosperi

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    $on Adriano Prosperi ci incontriamo a Roma dove, ogni tanto, arriva da Pisa. unviaggiosolounpopicomplicatodialtri itinerari ferroviari.Civienevolentieri.Gra-toaquestacittdi cui conosce il sostrato inquietantee lecochearrivadaantichi se-coli.Quandosacroeprofanosembravanounamisturapoliticadiunaqualcheeffica-cia.Prosperisvolgemeravigliosamenteil lavorodistorico,scavandonellaprimamo-dernit. Inquelmondo, tra il Cinquee il Seicento, su cui la Chiesa stavaperprende-re il sopravvento. Senza mai riuscirci veramente. Gli chiedo che Italia ne sarebbescaturita.Mi guarda. Rilassato, avvolto da uneleganza asciutta, lievemente demo-d: Chi lo sa, certo unItalia diversa da quella che abbiamo di fronte. Su questomipare inappellabile ilgiudiziodiMachiavelli.CosadisseMachiavelli?Che la Chiesa non possedeva sufficiente forza per unificare, ma aveva il potere

    spiritualeper impedireadaltridi farlo.unfilochetirandolo finoadoggispiegamoltecose interessantidellano-stratragicadebolezzadi fronteagli altriStati.unatesi chemihaportatonumerosecritichesiadadestrachedasinistra.Ogni tantopensocheavreidovuto fareunmestierediversodallo storico.Si faquellopercui ci si senteportati.In teoria vero. Ma prenda me. Vengo dal mondo contadino. Mio nonnomezzadro. Mio padre piccolissimo

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    so.Chi furono i suoi insegnanti?Diciamo che lamia attenzione si rivolse soprattut-

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    della nostra generazione. uno sperimentale capacedi muoversi con agilit ai margini delle discipline pidiverse. La nostra amicizia si riempita a tal punto didiscussioni intellettuali, da farmi sentire spesso sottoosservazione. Cosastai facendoora?,eraunasuafra-sericorrentee lievemente inquisitoria.Cantimori fumaestrodientrambi.Non solo di noi due. Cera anche Adriano Sofri. At-

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    Ritiene che il suo etilismo facesse parte di quel tor-mentocuiaccennava?Sinceramente non lo so. Era un alcolista che non si

    ubriacava. Al bar poteva cominciare al mattino conuna razione abbondante diwhisky o di gin. A volte glicapitava di addormentarsi durante la lezione. Nessu-noosavasvegliarlo.Ho insistito molto su Cantimori perch in fondo fuluiaorientarlanegli studi sullinquisizione. stato un maestro imprescindibile. Quanto a me

    credodi aver dimostrato che linquisizione in Italia siastatadiversadaquella spagnola.Diversa inchesenso?Pi blanda quella romana. Pensi allistituto della

    confessione. Spesso bastava che leretico si pentisseperchfosseperdonatoopagasseunprezzomoltobas-so.untrattochediverr tipicodellastoria italiana.Chevantaggionetraeva laChiesa?Laconfessionequasisempresi trasformavaindela-

    zione. Linquisizione poteva cos conoscere la realt

    ereticale.Controllarlaedebellarla.Immaginoabbia lettoDostoevskij?Sonostatounprecoceesegetadei suoi romanzi.LafiguradelGrandeInquisitorechetratteggia?Credocheavesse il compitodi tenere ilCristo lonta-

    nodallecoscienze.Del resto,tutto ilprocessodellaCon-troriforma fu il progressivo rompersi del rapporto trale coscienzedei credenti e la Bibbia. Fino agli anni Cin-quanta dello scorso secolo occorreva chiedere il per-messoalvescovoper leggere il testo sacro.Oggisembrerebbeassurdounvincolodelgenere.La storia della Chiesa piena di divieti. Pensi

    allAnima. Per tutto ilQuattrocento la si irrise. Pompo-nazzi si spinse fino a parlarne in termini di mortalit.Poi, nel 1513, il papa decret, contro gli averroisti, lasuaimmortalit.Fincos la libertdeipoetiedeifiloso-fi.Checosa laveritstorica?C una verit di fatto. Una certa cosa avvenuta

    uncertogiorno.Unaveritminima.La storiografia dell800 ha inseguito la veritmas-

    sima. Cercare i documenti e in virt di essi raccontarelaStoria.Nel 900siaffaccia lascienzadel falso.Ossia?Il falso diventa il centro di una storia possibile.

    MarcBlochanalizzafondo il fenomeno, inparticolarein quel libromeraviglioso dedicato ai Re taumaturghi.Erano i sovrani di Francia che praticavano il rito dellaguarigionedalle scrofoledegli ammalati.Ilpotere facevamiracoli.Appunto.InostriSavoia impararonodaquelmodel-

    lo quando favorirono la devozione per la Sacra Sindo-ne.Edopo il falso?Si passati al finto. Si passati alla storia delle rap-

    presentazionimentali.Si spieghi.Prima ancora che nella realt la storia, a volte, na-

    sce nella nostra testa. Solo successivamente divieneunfattostorico.Le leggirazziali furonolaconseguenzastorica, dunque reale, di un paradigma immaginario:chelebreofossepernaturaunessereinfidoeilsuosan-guemarcio.Fu unmodo impietoso di guardare alla storia di unpopolo.Il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo,

    nonhamaiconosciuto lacompassione.Nesicuro?La compassione la piena accettazione dellaltro.

    Anchedeldiverso. Il cattolicesimoconoscesolo lapietcheungestodicondiscendenza,unrapporto tradise-guali.Hasofferto ladiseguaglianza?S,ehocercatodicombatterla.Sononatosuunacol-

    lina della Toscana, a Lazzeretto, non lontano da Livor-no. Il nome emblematico. In origine era il luogo dovevenivanoseppelliti imortiper lapestedel1630.Sevuo-letuttohaoriginedaquellaemarginazione.curioso.Cosa?Chealmio paese si festeggi la liberazionenon il 25

    apriledel 1945mail 2settembredel1944.Perchgra-zie agli alleati ci liberammo in anticipo dalla presenzadei tedeschi. La notte prima nessuno del paese dorm.Cera forte inquietudine.Erobambinoe ricordo lanon-na e la mamma agitarsi su un giaciglio di fortuna incantina.Mio padre con il fucile a fare la guardia. Qual-che giorno prima una banda ubriaca di SS aveva ra-strellato e catturato in paese un po di gente. Tra cuimio padre. Alcuni furono fucilati. Pochi, e mio padretra essi,miracolosamente si salvarono. E ora era l conil fucile a difendere le nostre vite. Fu cos che uscimmodallombraedalladittatura.Chi lostorico?Per lungo tempo, almeno in una certa tradizione,

    eracolui che legittimava ilpotere.Forseoggidevedelegittimarlo?Non lo so. Qui forse le ragioni non dico di una scon-

    fittamadi un disorientamento. Si aperta la stagionedi un mestiere inutile che rivela tuttavia una residuapossibilit.Quale?Impedire allo sguardo sul presente di essere trop-

    popovero.Riesce inquestocompito?Ci provo,ma sempre pi difficile scendere in pro-

    fondit.Tuttospingeverso lasuperficie.Ho76anni.Leforzedigradano.E lavecchiaia incombe.Comese la immagina?C poco da immaginare. Si aggira e annusa laria.

    Ogginehounideadiversarispettoalmondodacuipro-vengo. Delmio passato non sopravvissuto quasi nul-la.Nella casadove sono cresciuto ceranoancoragli at-trezzida lavorochesonoscolpiti sullecattedralimedie-vali. Un altro mondo. Penso che allora la vecchiaia siiscrivesse inunprocessonaturale. I nostrinonni invec-chiavano come alberi. E cera una fraternit tra gli uo-minichenoncpi.Davverononrestapinulla?Perdirla ironicamente lavecchiaiaoggiarrivaano-

    stra insaputa. Non si distingue dalle altre et. La ca-muffiamo. La allontaniamo. La rimuoviamo. Inseguia-mo unidea di immortalit. Dimenticando il numerodeinostri anni. Poi di colpoarriva ladecadenza.Quellaparola, che avevamo cancellato, come una raffica diventospazzavia ilpresente. limmaginediuncappel-lo che non riusciamo pi ad afferrare. Vola. Vola. Vola.Forse ilmomentodi lasciarloandare.

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