Intervista a Bersani - Unità 05.05.2013

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Eacosapensadovrebbero servire le suedimissioni,onorevoleBersani?«A incoraggiare una discussione vera, a decideredelle correzioni profonde riguardo il nostro mododi essere. L’Italia è nei guai e ha bisogno che il Pdsia all’altezza del compito, che sia in grado di assu-mersi le proprie responsabilità. Certamente in que-sti anni abbiamo avuti problemi, ma siamo comun-que riusciti ad essere i principali protagonisti politi-ci di governo nella gran parte dei territori. Poi, mes-si di fronte alla prima vera responsabilità nazionaleda quando siamo nati, non siamo riusciti a saltarel’asticella. Abbiamo mancato la prova».Anchenelsuopartitoc’èchil’hacriticataperlagestio-nedellapartitadelQuirinale:comerispondeachiso-stienecheèstatounerrorepuntaresuMarinieachifanotarechepoi lasceltadiProdierafigliadiunosche-matotalmenteopposto?

«Guardi, ho sentito ricostruzioni francamente favo-listiche e giustificazioni di comodo di quel che èavvenuto, ma non ho intenzione di replicare o diricostruire passaggio per passaggio quelle giorna-te perché sarebbe doloroso per me e umiliante unpo’ per tutti. Mi fermo su un punto incontestabile:noi siamo venuti meno a delle decisioni formali ecollettive. Che possono essere variamente giudica-te - anche se io le ritengo assolutamente giuste, nel-le condizioni date le uniche possibili e coerenti coni nostri deliberati - ma che restano, ripeto, decisio-ni formali e collettive».Cheideasièfatto,perchéilPdnonhatenutonelpas-saggiosulQuirinale?«Già nei giorni precedenti la scelta del presidentedella Repubblica, ci eravamo indeboliti caricando-ci addosso la responsabilità dello stallo nella forma-zione di un governo. Un’idea sbagliata, fatta circo-lare anche dentro il nostro mondo. Poi, quando si ètrattato di applicare una decisione che avevamo as-sunto, quella cioè di cercare un presidente larga-mente condiviso fino a prova contraria, la provacontraria che io avevo immaginato potesse proveni-re dagli altri è invece venuta da noi. E nella fasesuccessiva, di fronte all’impossibilità di una largacondivisione, quando abbiamo proposto un nostrocandidato sul quale era stata presa una decisioneentusiasticamente collettiva, con nessuno che ave-va appoggiato la mia richiesta di voto segreto, ab-biamo registrato un colossale inadempimento».Èunaquestionedidisciplinaoc’èdell’altro?«È inutile fermarsi a temi per così dire disciplinari,in questa vicenda sono emersi problemi che dobbia-mo assolutamente affrontare. Primo: un deficit diautonomia, una nostra incomprensibile permeabi-lità, una difficoltà ad esercitare un ruolo di rappre-sentanza, di orientamento, di direzione. Secondo:l’incapacità di distinguere tra funzioni istituziona-li, come è quella del Presidente della Repubblica, efunzioni politiche e di governo. E, mi dispiace dirlo,ma è difficile non vedere in questo la lunga seminadella cultura berlusconiana berlusconiana che ha

messo frutto anche nel nostro campo. Terzo: l’ir-rompere di rivalse, ritorsioni, protagonismi spiccio-li di fronte a un passaggio di enorme portata. Èl’insieme di questi problemi che mi fa dire che èarrivato il tempo di dirimere un tema: vogliamoessere un soggetto politico o uno spazio politicodove ognuno esercita il proprio protagonismo?».Unaquestionenondapoco,perunpartitocheènatoseianni fa, noncrede?«Questa ambiguità si è resa non più addomesticabi-le alla prima, vera prova di diretta responsabilitànazionale. Ora però il tema va affrontato, sapendoche se scegliamo la seconda strada possiamo esse-re utili ad alcuni di noi, ma non al Paese e agli inte-ressi e ai valori che vogliamo difendere. Se dobbia-mo invece essere un soggetto politico, dobbiamochiederci qual è la nostra missione per questo Pae-se e capire che, se scegli di entrare in una liberaassociazione, decidi di devolvere a una comunitàalmeno una parte delle tue convinzioni, delle tueaspirazioni, delle tue ambizioni. Perché se si disper-de l’idea che entrare in un collettivo è una scelta

morale, di libertà e di responsabilità, noi non pos-siamo essere utili al Paese».OraèincaricaungovernoincuicisonoministridelPdedelPdl, cheèquelloche leipercinquantagiornihaescluso: l’erroreèstatocommessoierioèstatocom-messooggi?«È stato commesso nel passaggio per il Quirinale,che ha comportato un nostro pesante indebolimen-to e un mutamento nel rapporto di forza. Nell’in-consapevolezza di tanti di noi, lì è tramontata lapossibilità di un governo di cambiamento, la possi-bilità di aprire la legislatura con una terapia d’urtocapace di riconnettere il governo e noi stessi con lasocietà. So bene che fra di noi ci sono parecchi chehanno ritenuto irrealistica quella prospettiva. Mac’era troppo realismo in quei giudizi. Il vero reali-smo sta nella connessione al Paese, alle sue esigen-ze. Quello era un tentativo che aveva dentro un ele-mento di azzardo, di combattimento, ma non erairrealistico, non sarebbe stato irrealistico, anche secerto in quella prima fase della vicenda, non erairrilevante il fatto che il Presidente della Repubbli-ca non avesse la pienezza dei propri poteri».Grilloperòhachiusoaogniipotesidicollaborazione,sia nella fase della formazione del governo che inquellaperilCapodelloStato:colsennodipoisièpen-titodiaver insistitocosì a lungo?«Intanto sia chiaro che io mi rivolgevo a tutto ilParlamento. In ogni caso sbaglia chi sostiene chemi sarei fatto umiliare da Grillo. L’arroganza umi-lia chi la mostra e rimarrà l’idea di una mia disponi-bilità a lavorare per un governo del cambiamento.L’idea di Grillo è stata fin dall’inizio quella di tener-si totalmente disimpegnato e cercare di lucrare ilpiù possibile sulla necessità di una convergenza tranoi e la destra. Lucrare si può per un giorno, unmese, forse anche per un anno ma, se poi si mostral’impotenza e l’inconcludenza di certe posizioni, èfinita».MaperchéilPdnonhafattosualapropostadielegge-reRodotàalQuirinale?«Dopo quanto successo con Marini e con Prodi,

PierLuigiBersani«Il Pdhamancato la provaOradiventi davverounpartito»

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«Dobbiamo sostenerecon determinazione Enrico Lettache si è caricato di un compitopesantissimo, in una fase nuova»

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«Siamo venuti meno a decisioniformali e collettive. Nella partitadel Quirinale abbiamo bruciatoil governo di cambiamento»

ILCENTROSINISTRA

SIMONECOLLINIROMA

2 domenica 5 maggio 2013

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pensiamo davvero che ci sarebbero stati i voti perRodotà? Dopodiché non è accettabile un prendereo lasciare, dire o così o niente. Il Movimento 5 Stel-le ha sempre rifiutato qualsiasi dialogo sul governoe sul presidente della Repubblica. Rodotà è una fi-gura degnissima ma è stata strumentalizzata perun’operazione politica finalizzata a creare difficol-tà piuttosto che a ricercare soluzioni. Mi piacereb-be piuttosto chiedere a Grillo e tutti gli altri perchéhanno detto no a uno come Marini, forse perchériesce a farsi capire dagli edili? O perché no Prodi?»Torniamoalladomandadiprima:èstatounerroredo-poilpassaggiodelQuirinaledareilvialiberaalgover-nodelpresidente insiemealPdl?«No, e anzi ora possiamo soltanto ringraziare il pre-sidente Napolitano per aver evitato un avvitamen-to della situazione e aiutato l’allestimento di un go-verno che aveva come alternativa soltanto nuoveelezioni con il Porcellum. Quindi, adesso noi senzatante chiacchiere dobbiamo sostenere con determi-nazione Enrico Letta, che si è caricato di un compi-to pesantissimo e difficile, in una fase nuova, diver-sa, quella che lui ha chiamato giustamente“governo di servizio”».Sostenereungovernoincuic’èMiccichéeBiancofio-re?ConBerlusconicheproponel’abolizionedell’ImuechiedepersélapresidenzadellaConvenzionesulleriforme?«Quanto alla squadra di governo, nessuno può na-scondersi la difficoltà di allestire una compagine inqueste condizioni politiche. Ma nelle condizioni da-te Letta ha trovato un buon equilibrio. Noi dobbia-mo pienamente sentire in quel governo la nostraresponsabilità e combattere perché ottenga dei ri-sultati, a partire dalle risposte da dare alla gravesituazione economica e sociale. Per quanto riguar-da l’Imu, anche noi abbiamo detto che si deve cor-reggere, ma nel caso si intervenga deve rinvenirsitraccia di quanto da noi proposto. E lo stesso valesugli ammortizzatori sociali e sugli esodati. Nessu-no può avanzare diktat. Per quanto riguarda le ri-forme istituzionali, sarebbe buona cosa allestireuna Convenzione, come già avevo proposto duran-te le consultazioni. Ma l’autocandidatura di Berlu-sconi alla presidenza mi pare una miccia accesa euna pretesa senza fondamento».Lesuedimissionisarannoratificateall’Assembleana-zionaledelPd, sabato:che tipodidiscussioneauspi-casi faccia inquellasede?«Parto dal punto di fondo: ci vuole un congressovero, che sia svincolato dalla scelta di un candidatopremier, visto che per la prima volta da quandoesiste il Pd un presidente del Consiglio lo abbiamo.Quindi penso che sia possibile avviare una procedu-ra per arrivare a una modifica dello statuto tale percui non ci sia più coincidenza tra la figura del segre-tario e quella del candidato premier. Serve apriresubito una discussione che consenta di affrontare itemi che dicevamo prima, la natura del Pd, la suamissione, le sue responsabilità di fronte al Paese. Eauspico che l’Assemblea di sabato non sia un mi-ni-congresso».Comunquedovràeleggere ilsuosuccessore:unreg-genteounsegretarioapienotitolo?«È una discussione formalistica. L’Assemblea devepronunciarsi su una persona, dare un mandato pie-no a qualcuno che dovrà condurci nella fase con-gressuale e intanto rappresentare il Pd di fronte alPaese».Insommaunsegretario.«Ma sì, una figura che goda di un largo consenso eche sia di garanzia per tutti. Naturalmente questesono opinioni che impegnano solo me stesso. In set-timana bisognerà preparare uno sbocco positivodell’Assemblea con l’aiuto dei segretari regionali edel coordinamento».Atuttiquelli che lestannochiedendodicongelare lesuedimissioni finoalcongressocosadice?«Che io lavorerò perché al congresso si affronti unadiscussione seria, vera, ma non rivedo le mie deci-sioni. Ho sempre detto che non mi sarei ricandida-to, che bisogna mandare avanti una classe dirigen-te nuova, e dovremo discutere sulla base di qualicriteri si arriva alla selezione. Dopodiché sono sta-to segretario per quattro anni duri e appassionanti,so bene che in politica si vince assieme e si perde dasoli, ma so anche che la politica come qualsiasi atti-vità umana ha una sua moralità. A questa non horinunciato da una vita e non intendo rinunciarciora».

Mentre dal territorio si ingrossano levoci che vorrebbero un congresso subi-to, il Pd si prepara all’Assemblea nazio-nale di sabato con molte incognite euna certezza: quel giorno verrà eletto ilnuovo segretario al posto del dimissio-nario Pier Luigi Bersani. Un reggenteo un segretario? La questione in realtàè mal posta perché comunque lo statu-to prevede l’elezione di un segretario enulla potrà limitare la libertà del prossi-mo congresso. La diversità nominalisti-ca (reggente o segretario) dunque si li-mita al fatto che nel primo caso si trat-terebbe di una figura di garanzia chenon si candiderebbe nel prossimo con-gresso; nel secondo caso invece chi ver-rà eletto sabato punterà a costruireuna leadership per il futuro.

Gli unici in carica sono i vicepresi-denti dell’Assemblea nazionale Scalfa-rotto e Sereni ma a preparare l’Assem-blea saranno soprattutto i segretari re-gionali che martedì o mercoledì inizie-ranno a preparare l’assise. Alcuni di lo-

ro spingono per fissare al più presto ilcongresso (e con loro il sindaco di BariMichele Emiliano) ma la maggioranzapunta ad aprire il percorso congressua-le in autunno, anche se la data precisasarà probabilmente stabilita più avantidalla direzione. Anche Pippo Civati èsu questa linea: il Pd sia «aperto e inclu-sivo» o «bisognerà farne un altro», scri-ve sul suo blog.

I nomi sul tappeto da giorni sonodue: Gianni Cuperlo e Guglielmo Epifa-ni. Ma con ogni probabilità non ci saràuna conta: l’obiettivo è arrivare sabatoa un’intesa su un unico candidato. L’al-tra grande incognita riguarda il cam-biamento dello Statuto e la cancellazio-ne della norma che prevede come il se-gretario sia automaticamente il candi-dato alla premiership. L’assemblea disabato dovrebbe dare mandato allacommissione Statuto per questa modi-fica, che andrà poi ratificata in una suc-cessiva Assemblea nazionale. Sull’argo-mento ieri è arrivata la presa di posizio-ne di Walter Veltroni che in una intervi-sta al Corrieresi è schierato nettamentecontro la differenziazione segreta-rio-candidato premier: «Sono contra-rio, il leader della che abbia vinto le ele-

zioni può decidere poi che ci sia un se-gretario diverso, ma solo a elezioni vin-te e in una logica di sintesi, non per per-seguire due linee politiche diverse nel-lo stesso tempo», così come sull’ideache il nuovo segretario debba rappre-sentare la sinistra per compensare lapremiership di Enrico Letta: «In que-sta argomentazione c’è l’annientamen-to del Pd: questa storia di ex dc ed expci deve finire».

Una posizione, quella di Veltroni,che spiazza Renzi e i renziani. Il sinda-co di Firenze da tempo ha fatto saperedi non essere assolutamente interessa-to a diventare segretario, e che dunquenon correrà questa gara. I rapporti fraRenzi e Veltroni sono stati semprestretti e questa sortita potrebbe modifi-carli. Se la segreteria non interessa aRenzi, ciò non significa che i renzianinon si faranno sentire e pesare nel deli-cato passaggio che il partito sta attra-versando. Se fra Epifani e Cuperlo nonci sono predilezioni di sorta (sebbene ilsecondo rappresenterebbe la disconti-nuità generazionale), i renziani punta-no ad essere significativamente rappre-sentati nella nuova segreteria.

Altro punto di contrarietà è quellodi una ventilato cambio di modalità sul-le primarie per l’elezione del segreta-rio: il leader non deve essere scelto daisoli iscritti. Ma questa ipotesi viene av-versata anche dagli stessi bersanianiche non vogliono cambiare la modalitàper cui può votare chiunque sottoscri-va un programma di intenti.

Ponte Valleceppi è una pic-cola frazione alle porte diPerugia. Mentre la città siaggrappa alle colline, ilpaese, oltre duemila abi-tanti, è adagiato nel pia-

no, accanto al fiume Tevere. Una distille-ria, una fabbrica metalmeccanica di me-die dimensioni, un ponte storico, unodei parchi più belli della città, e, infine,una Casa del Popolo nel centro del pae-se, erede di una delle più forti sezionilocali del Pci. Piero Lo Leggio e AngeloZucchini ci aspettano qui, in questo edifi-cio di tre piani destinato anche alle attivi-tà di un’intera comunità.

Politicamente Ponte Valleceppi è unapiccola enclave della sinistra. Qui nelleultime elezioni il Pd ha preso il 40% deivoti, sempre qui, nelle ultime primarie ilnome di Bersani ha raccolto, contraria-mente al resto della città, più consensi(il 54%) del sindaco di Firenze MatteoRenzi. E ancora, qui la Festa de l’Unità,nata a metà degli anni ‘70 ha mantenutoil suo vecchio nome, se non fosse per l’ag-gettivo «democratica» inserito svogliata-mente nel mezzo.

Piero Lo Leggio e Angelo Zucchininon li definiresti giovani. Almeno nonanagraficamente. Il primo ha 56 anni eattualmente è il segretario del circolo, ilsecondo di anni ne ha 62 ed è stato ilreferente della sezione per molto tem-po. Nei giorni confusi e drammaticidell’elezione del presidente della Repub-blica e della formazione del governo Let-ta hanno deciso, con i cento iscritti, dioccupare simbolicamente la sede del Pdal grido «non moriremo berlusconiani»,dando vita a una sorta di “Occupy Pd”suigeneris, alimentato non solo dalle nuo-ve generazioni, come è accaduto neglialtri circoli italiani, ma, soprattutto, davecchi militanti e funzionari di base. Ilcircolo, convocandosi in assemblea per-manente, ha prodotto un documento du-rissimo, spedito ai referenti cittadini delpartito, nel quale ha comunicato di inter-rompere il tesseramento, rimarcando la«totale autonomia da un gruppo dirigen-te locale e nazionale», e congelando, inultimo, la «Festa democratica de l’Uni-tà».

Un’insubordinazione. Che qui, in que-sta forma, non si era mai vista. «Noi - cispiega Lo Leggio - non siamo marziani.Siamo solo uno di quei tantissimi circoli

che costituiscono il nerbo del partito,che fanno le campagne elettorali porta aporta, che fanno le iniziative. È questaparte del partito che si sta ribellando».

Il rapporto di fiducia si è rotto subitodopo la bocciatura di Prodi. «E dopo lanascita del governo Letta questo senti-mento si è acuito. Non capiamo come idirigenti non facciano a capirlo».«L’aver affondato il Professore - ci diceZucchini - ha avuto un significato politi-co preciso: si è scelta una direzione dimarcia bloccando la nascita di altri tipidi governo». Tipo? «Uno di scopo, adesempio, che durava il tempo di fare al-cune cose, come la legge elettorale, do-podiché si tornava a votare». Non si ècapito, sostiene Lo Leggio, che «le lar-ghe intese non erano necessariamente adestra». Ma non è stato fatto perché «cisarebbe costato in rapporti interni, ciavrebbe costretto a togliere qualche cro-sta dal ventennale assetto del partito.Non capisco perché le larghe intese do-vevano sottintendere solo Berlusconi».

E invece le cose sono andate in manie-ra diversa. «Nella direzione voluta da Na-politano, persona straordinaria, ma allaquale il partito ha ceduto una fetta di so-

vranità». «Si sono affidati - continua ilsegretario - a uno che da presidente si ètrasformato in sovrano per fargli svolge-re tutto quello che il partito non è statopiù in grado di svolgere». Un’alleanza,un governo.

«Oggi – scandisce Zucchini - siamo inpresenza di un abbraccio mortale per ilpartito, per la sinistra e per la democra-zia del Paese». Angelo si ferma e prendefiato. «Vorrei che fosse chiara una cosa.Queste azioni non sono state assuntecon superficialità. Sono state vissute esofferte. Vorrei che altrettanta sofferen-za ci fosse nei dirigenti nazionali. Fateun esame di coscienza».

Il problema ora è che futuro dare alpartito. «Si dovrà aprire la fase congres-suale che ridisegni una classe dirigenteinnovata e cambiata» spiega ancora Zuc-chini. «Ho sentito che c’è qualcuno, co-me D’Alema, che propone l’elezione delsegretario già alla prossima assembleadell’11 di maggio. Ecco, se passa una co-sa di questo tipo si aggiungerebbe maleal male, si toglierebbe la partecipazionedal basso per scelte riguardanti la demo-crazia di questo partito. Ci vogliono con-gressi e candidati contrapposti perchéquesto deve essere un partito contendi-bile». «Scalabile» gli fa eco Lo Leggio.

Si vedrà. Per ora l’unica cosa certanel futuro del Pd, almeno di quello minu-scolo di Ponte Valleceppi, è l’assenza del-la storica «Festa democratica de l’Uni-tà». «La decisione - dice Lo Leggio - èstata sofferta. Attorno alla Festa ruota-no 200 volontari, è un fatto di popolo, èun evento che coinvolge tutto il paese eche è anche un modo di fare comunità.Con i proventi della festa sono state fi-nanziate scuole, fatta beneficenza, ope-re nel parco, finanziata l’attività politi-ca».

Ma in questa situazione «siamo a disa-gio. Molte persone mi fermano e mi dico-no: “Ma cosa avete fatto?”. Io rispondo:“L’hanno fatto, non mi rappresentanopiù”. E questo sentimento è lo stessoche abbiamo condiviso nel momento diorganizzare la Festa. Ci siamo detti:“Con quale faccia ci presentiamo se noncondividiamo niente di quello che sta fa-cendo il Pd?». Dunque, nulla da festeg-giare. E se si dovesse fare «sarà con altreassociazioni democratiche e del mondodel lavoro». Un’occasione per «ripensa-re e unirci attorno a valori comuni».

● Assieme alla nuovaguida l’Assemblea disabato dovrà discuterele modifiche statutarie● Congresso in autunno

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«Da Berlusconi non accettiamodiktat. Vuole la presidenzadella Convenzione? È unapretesa senza fondamento»

Segretario, si cerca l’intesa

MASSIMOFRANCHI

ROMA

«Niente Festa, mai con Berlusconi»

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I nomi in campoda giorni sono due:Gianni Cuperloe Guglielmo Epifani

InunpiccolocircoloalleportediPerugia ivecchimilitantihannooccupatolasededelPd.«Nonsiamomarziani.Siamoilnerbodiunpartito inpericolo»

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LASTORIA

domenica 5 maggio 2013 3