Intervento e slides del Direttore Riccardo ... - svimez.info · Mentre nel 2015 l'economia mondiale...
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Conferenza stampa di anticipazione del Rapporto SVIMEZ 2016
Roma, 28 luglio 2016
Intervento di Riccardo Padovani, Direttore della SVIMEZ
1. Ben trovati. Nelle Anticipazioni del Rapporto dello scorso anno, abbiamo
messo in evidenza i tratti di fondo delle trasformazioni economiche, sociali e
demografiche avvenute nell'area dopo sette anni di recessione ininterrotta. Quest'anno, il
tema è fornire non solo elementi di lettura della migliore dinamica congiunturale, ma
identificare gli elementi che consentano di rendere più solida e durevole la ripartenza
dell’economia meridionale e dell’intero Paese, ben oltre la congiuntura.
Mentre nel 2015 l'economia mondiale ha rallentato, ridimensionando le attese
sulla ripresa dell'Italia – che torna a crescere dopo tre anni di recessione, ma fa segnare
performance deboli nel confronto europeo –, per il Mezzogiorno è stato un anno
positivo, molto oltre le previsioni.
L’uno per cento di incremento di PIL nell’area interrompe sette anni consecutivi
di contrazione.
Il dato dell'economia meridionale ha tratti di straordinarietà, avendo beneficiato,
come vedremo, di alcune condizioni peculiari, che sul piano tendenziale non è detto si
ripetano. La sfida, ora, è di non lasciare che questa performance del 2015 conservi i
caratteri dell'eccezionalità, affidandosi a nuove condizioni congiunturali favorevoli, che
tuttavia non sono ripetibili a livello tendenziale, se non supportate da precise scelte
politiche.
Bisogna avere la consapevolezza che la ripartenza si inserisce non solo in un
quadro di persistente e irrisolta emergenza sociale, ma anche di persistenti fragilità
strutturali. La crescita dell'anno scorso ha ridotto in misura molto parziale il
depauperamento di risorse e potenziale produttivo provocato dalla crisi, che si esprime
ancora troppo debolmente ed è concentrato in alcune nicchie, mentre generalmente si
confermano i grandi problemi di competitività legati alla dimensione e alla
specializzazione settoriale. Insomma, la lunga spirale di bassa produttività, bassa
crescita e dunque minore benessere richiederà un tempo e un impegno non breve per
essere spezzata.
Tuttavia, l'importanza del dato del 2015 va rimarcata. Testimonia che la “Grande
recessione” ha certamente colpito ma non ha fatto venire meno la capacità del
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Mezzogiorno di rimanere agganciato, com'è accaduto, pur con fasi alterne, dal
Dopoguerra ad oggi, allo sviluppo del resto del Paese.
Ce lo confermano le previsioni, che per il biennio 2016-2017 mostrano una
crescita di entrambe le macroaree (con una decelerazione tendenziale del Sud nell'anno
in corso), pur in un quadro di rallentamento delle aspettative di crescita dell'intero
Paese. Il problema, dunque, ancora una volta, è lo sviluppo economico nazionale, e in
questo - proverò in conclusione a spiegare perché - il Mezzogiorno può essere a nostro
avviso un'opportunità.
2. (Fig. 1) Nel 2015 il prodotto dell’Italia è tornato a crescere (0,8%), dopo tre
anni di cali consecutivi, segnalando l’avvio della ripresa dopo la crisi dei debiti sovrani
del 2012. Il recupero appare però lento, se confrontato con l’Area dell’Euro, dove la
crescita è stata doppia (1,7%), o con l’intera Unione Europea, dove l’incremento è stato
ancora maggiore (2%).
Il ritardato aggancio alla ripresa è in parte riconducibile non solo a fattori
congiunturali e alla persistente necessità di politiche di bilancio restrittive che hanno
influito negativamente sulla domanda interna, ma anche a cause di più lungo periodo
(Fig. 2), relative all’andamento negativo della produttività e quindi della competitività
internazionale del Paese, che sono all’origine del divario di crescita negativo rispetto ai
principali Paesi europei, che ormai da quasi un ventennio appare una caratteristica
dell’economia italiana.
Nel complesso del periodo 1996-2015, (Fig. 1) il gap cumulato del Paese nella
crescita del prodotto è pari a 29 punti percentuali con l’Unione europea (a 28 paesi),
quasi 23 punti quello con l’Area dell’Euro: nel periodo l’economia italiana è cresciuta
moderatamente, di circa il 10% in termini cumulati, un ritmo molto più lento di quello
francese (36%) e di quello tedesco (30%), un quinto appena di quello spagnolo (51%).
Il dato meridionale fa impressione: nel ventennio cresce di appena l'1,3 per cento, quasi
40 punti in meno dell'Ue a 28.
Il 2015, come detto, è stato un anno per molti versi eccezionale per il
Mezzogiorno: non solo ha interrotto una serie consecutiva di cali del prodotto che
durava da sette anni, ma ha anche realizzato una crescita maggiore di quella del Centro-
Nord. (Fig. 3) Secondo le nostre valutazioni di preconsuntivo, il PIL è cresciuto dell’1%
al Sud, un incremento di 0,3 punti superiore a quello del resto del Paese (0,7%).
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La crescita del prodotto nelle regioni del Sud ha beneficiato l'anno scorso di
alcune condizioni peculiari: l’annata agraria particolarmente favorevole; la crescita del
turismo che ha beneficiato delle crisi geopolitiche dell’area del Mediterraneo
intercettando parte del flusso; la chiusura della programmazione dei Fondi Strutturali
europei 2007-2013, che ha portato ad un’accelerazione della spesa pubblica legata al
loro utilizzo per evitarne la restituzione. Anche la domanda estera netta ha dato un
contributo positivo, con un incremento delle esportazioni verso il resto del mondo del
4%.
Il recupero del Mezzogiorno appare ancora più veloce in termini di prodotto per
abitante (Fig. 4), essendo amplificato dai trend demografici divergenti tra le aree del
Paese: il Pil pro capite nell'area è cresciuto dell’1,1%, a fronte dello 0,6% nel resto del
Paese. Il divario di sviluppo tra Nord e Sud in termini di prodotto per abitante ha quindi
nel 2015 ripreso a ridursi.
3. Nell'anno, la crescita del prodotto è stata sostenuta nel Mezzogiorno
dall’aumento, per la prima volta dal 2008, sia dei consumi che degli investimenti.
(Fig. 5) I consumi finali interni nel 2015 sono cresciuti dello 0,3% a fronte della
diminuzione del -0,6% dell’anno precedente. La differenza tra le due aree è dovuta
esclusivamente alla componente privata. I consumi delle famiglie sono aumentati nel
2015 nel Mezzogiorno dello 0,7% (-0,1% nel 2014), meno che nel resto del Paese
(1,2%, rispetto all’incremento dello 0,9% registrato l’anno precedente). Insomma, gli
incrementi di reddito e di occupazione non si sono riflessi al Sud che parzialmente sui
consumi delle famiglie, che sono comunque risultati frenati, probabilmente per la
necessità di ricostituire le scorte monetarie, prosciugate negli anni di crisi.
(Fig. 7) Il miglioramento del clima di fiducia degli imprenditori e le meno
stringenti condizioni poste dalle banche per l’accesso al credito, uniti alle aspettative
positive sulla domanda interna, hanno sospinto gli investimenti anche nel Mezzogiorno,
che sono cresciuti nel 2015 dello 0,8% dopo sette anni di variazioni negative.
L’incremento è stato in linea con quello del Centro-Nord (0,8%), dove il calo era stato
nel tempo inferiore.
4. Nel 2015, il Mezzogiorno fa registrare incrementi di prodotto superiori al
resto del Paese in tutti i settori, tranne che per l’industria in senso stretto. (Fig. 8) Il
valore aggiunto nel settore agricolo, come detto, è cresciuto al Sud in modo eccezionale
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(+7,3%, che però compensa l’elevata flessione registrata l’anno precedente, -6,1%).
Questo risultato particolarmente positivo è attribuibile a due fattori: l’andamento
climatico favorevole con i suoi effetti sulla produzione in termini quantitativi, e
l’evoluzione dei prezzi alla produzione in rapporto a quelli dei mezzi di produzione.
Anche il prodotto terziario è cresciuto al Sud dello 0,8%, più del doppio che nel Centro-
Nord (0,3%). Il comparto che in entrambe le aree è cresciuto maggiormente è stato
quello composito del commercio, ristorazione e turismo, aumentato nel Mezzogiorno
del 2,6%, del 2% nel resto del Paese. In ripresa al Sud anche il settore delle costruzioni:
l’attività produttiva è aumentata dell’1,1%, mentre è calata ancora nel resto del Paese.
Nel settore dell’industria in senso stretto, invece, il prodotto è calato nel
Mezzogiorno del -0,9% (a fronte del +1,7% del Centro-Nord). La dinamica negativa del
Sud è da attribuire al settore energetico: se si considera infatti solo il settore
manifatturiero, il prodotto si è ampliato anche nel Mezzogiorno - anzi, in misura
maggiore rispetto al resto del Paese (+1,9% contro +1,4%).
5. (Fig. 10) La ripresa del 2015 si è manifestata in tutte le regioni italiane, e
segnatamente in quelle del Mezzogiorno, tutte reduci - con la sola eccezione
dell’Abruzzo e della Puglia (che avevano partecipato alla ripresina del 2010-2011) - da
un settennio di profonda recessione. La Basilicata fa registrare il più intenso ritmo di
crescita (+5,5%), grazie soprattutto al contributo dell'automotive, e analogo percorso
segue il Molise, sia pur con un ritmo più moderato (+2,9%); anche l’Abruzzo cresce del
2,5% grazie all'industria, cancellando così il risultato deludente del 2014 (-2%); la
Sicilia e la Calabria (per l'eccezionale performance dell'agricoltura) crescono
rispettivamente dell’1,5 % e dell’1,1%. Molto più contenuta (solo lo 0,2%) appare la
partecipazione alla ripresa della Campania, della Puglia e della Sardegna, per la
persistenza di alcune crisi industriali.
6. (Fig. 12) Le nostre previsioni per il biennio 2016-2017, relative ai principali
aggregati economici del Centro-Nord e del Mezzogiorno, confermano che la ripresa del
Paese è più lenta del previsto, e però diffusa in entrambe le ripartizioni.
Nel 2016, il Pil dovrebbe aumentare dello 0,3% al Sud e dello 0,9% nel resto del
Paese. Il dato complessivo dell'Italia sarebbe +0,8%, più basso di quanto previsto dal
DEF, ma in linea con le ultime autorevoli previsioni disponibili (dal Fmi a
Confindustria). Come per l’anno precedente, il principale driver della crescita sarebbe
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costituito dalla domanda interna: in primis, dalla spesa sul territorio operata dalle
famiglie (rispettivamente: +0,7% nel Sud e +0,6% nel Centro-Nord) che verrebbe
affiancata, nelle regioni centrosettentrionali, da un’accelerazione nella spesa per gli
investimenti totali (+2,0%, contro lo 0,8% del 2015), mentre, nel Sud, il medesimo
aggregato dovrebbe fa registrare una variazione (0,6%) inferiore di due decimi di punto
percentuale rispetto a quella del 2015.
Nel 2016 la dinamica del reddito centro-settentrionale dovrebbe risultare,
insomma, diversamente dal 2015, maggiore di quella meridionale: un dato, questo,
imputabile non tanto al lato della domanda, quanto al possibile venir meno, nel 2016, ad
alcuni “picchi” settoriali nell’offerta meridionale che hanno fortemente inciso sul
risultato del 2015.
Nel 2017, l’evoluzione congiunturale delle due macro-aree sarebbe invece molto
simile: +0,9% nel Sud e +1,1% nel Centro-Nord. È un dato rilevante, che dimostra la
capacità del Mezzogiorno di riprendere, anche in via tendenziale, un sentiero di crescita.
Anche nel 2017 la crescita verrebbe ad essere essenzialmente trainata dalla domanda
interna. Con riferimento alla componente più importante, la spesa delle famiglie sul
territorio è ipotizzata accrescersi dell’1,1% al Sud e dello 0,7% al Centro-Nord. Il
“balzo” nei consumi privati del Sud, in presenza di una variazione del reddito
disponibile (+0,8%) sostanzialmente analoga a quella del 2016 (+0,9%), si deve alla
reazione dei consumatori alla lunga crisi: dapprima ricostituiscono lo stock delle attività
finanziarie nette (2016) e successivamente (2017) dovrebbero tornare a spendere in
misura relativamente maggiore.
7. (Fig. 13) La fase più intensa della crisi italiana è stata fortemente connotata
dalla sua natura «industriale», specialmente nel Mezzogiorno che, nella recessione, ha
perso oltre un terzo del valore aggiunto manifatturiero. Finalmente, nel 2015 si è
verificata una prima, importante, inversione di tendenza, con una dinamica maggiore
rispetto a quella del Centro-Nord.
L’apparato produttivo merdionale sopravvissuto alla crisi, insomma, sembra
essere in condizioni di rimanere agganciato allo sviluppo del resto del Paese e manifesta
una capacità di resilienza. Dalle valutazioni effettuate sulla base delle informazioni
disponibili, la ripresa di una dinamica positiva del valore aggiunto risulta essere diffusa
a quasi tutte le principali branche produttive, anche se eterogenea in quanto a intensità.
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(Fig. 15) Accanto all'aumento del prodotto, poiché nel 2015 la flessione dei
livelli occupazionali nel manifatturiero al Sud non si è arrestata, anche la produttività
del lavoro aumenta del +3,5%, oltre un punto percentuale in più del dato relativo al
resto del Paese (+2,2%). La crescita delle retribuzioni unitarie manifatturiere è inoltre
risultata pressoché simile in entrambe le ripartizioni (2,9% nel Sud e 3,0% nel resto del
Paese); di conseguenza, l’evoluzione del CLUP è risultata modesta nel Centro-Nord
(+0,7%) e addirittura negativa del Mezzogiorno (-0,5%). Si tratta, con ogni evidenza,
dei primi importanti segnali di recupero di competitività dopo la crisi.
Diversi studi (da Cerved-Confindustria alla Fondazione La Malfa), hanno fatto
emergere, negli ultimi tempi, che anche al Sud si rileva la presenza di un gruppo di
imprese dinamiche, innovative, con un grado elevato di apertura internazionale e
inserite nelle catene globali del valore (CGV). I segnali di ripartenza sono presenti e non
vanno sottovalutati. Ma serve una politica industriale che non punti solamente a
sostenere le “eccellenze”, finalizzata a consolidare la struttura dell'intero sistema. Nel
Rapporto ci soffermeremo lungamente sugli strumenti. Qui, ne citiamo uno soltanto. Da
tempo la SVIMEZ sostiene che per rilanciare l’attrattività degli investimenti sia
necessario introdurre le Zone Economiche Speciali (ZES). (Fig. 16) Al di là delle
iniziative delle singole Regioni, sarebbe opportuno predisporre una legge nazionale che
ne consenta una implementazione in tempi brevi. Le esperienze di successo sono note,
a partire da quella polacca.
Tra i fattori che negli anni della crisi hanno determinato la vulnerabilità delle
imprese meridionali, si rilevano le stringenti condizioni di accesso al credito (sia come
disponibilità, sia come costo), anche a causa della diversità della clientela tra le due aree
del Paese, in termini di dimensione, settore e rischio. (Fig. 17) Nell’economia italiana,
attualmente l’ammontare di crediti in sofferenza si avvicina ai 190 miliardi di euro, di
cui 42,4 al Mezzogiorno e 144,5 al Centro-Nord. Le azioni da intraprendere dovrebbero
andare oltre le misure già in campo, tenuto conto del problema, non trascurabile,
relativo al ruolo – da preservare – che le banche locali rivestono nel Mezzogiorno. La
SVIMEZ propone, tra l'altro, che la Società di Gestione delle Attività (Sga) - che a suo
tempo rilevò le partite in sofferenza del Banco di Napoli e ora prevista tra i partecipanti
al Fondo Atlante 2, - impegni le proprie risorse in modo da farle tornare ai territori da
cui provengono.
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8. (Fig. 18) L’andamento del mercato del lavoro nel Mezzogiorno è più
strettamente correlato a quello dell’attività economica: come infatti ha rappresentato
l'epicentro della crisi, la dinamica positiva dell'occupazione è stata il maggior punto di
forza della ripartenza del Sud nel 2015. Nella media dell’anno, nelle regioni meridionali
gli occupati aumentano di 94 mila unità, pari al +1,6%, mentre in quelle del Centro-
Nord si registra una crescita di 91 mila unità, pari allo 0,6%.
Questo dato positivo non deve comunque far perdere di vista la voragine che con
la crisi, si è aperta nel mercato del lavoro meridionale (Fig. 19). Mentre il Centro-Nord,
infatti, con l’aumento dell'anno passato ha recuperato quasi completamente i livelli
occupazionali pre-crisi, il Sud resta assai distante, di quasi mezzo milione (482 mila) di
occupati sotto il livello del 2008.
Il generale miglioramento della condizione del mercato del lavoro nel 2015, in
particolare nel Mezzogiorno, emerge da un insieme di elementi: si riducono la
disoccupazione e l'inattività, aumenta il lavoro a tempo pieno e, accanto alla crescita
dell'occupazione atipica (che normalmente accompagna le fasi di ripresa ciclica),
aumentano anche le posizioni standard.
(Fig. 24) L’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato è in termini relativi
più accentuato nelle regioni del Mezzogiorno (+37 mila occupati, pari all'1%, a fronte
dei 65 mila nel Centro-Nord, pari al +0,6%), segno che anche il Sud ha beneficiato della
decontribuzione sulle assunzioni a tutele crescenti che, va ricordato, ha finanziato per
l'intero Paese con 3,5 miliardi di euro originariamente previsti nel Piano di Azione
Coesione (PAC). Infatti, l'affievolimento della misura per il 2016 è probabilmente la
ragione principale del rallentamento della dinamica occupazionale del primo trimestre
di quest'anno. La SVIMEZ ne auspica fortemente il ripristino (una possibilità peraltro
parzialmente prevista nella stessa legge di stabilità per il 2016) nella formula dell'anno
scorso.
Il maggiore contributo alla ripresa occupazionale del 2015, però, nel
Mezzogiorno, anche in valori assoluti, è venuto dai contratti a termine (+56 mila, pari al
+7,4%), il che si spiega principalmente con la dinamica settoriale: gli aumenti maggiori
sono nell'agricoltura e nel turismo, due settori in cui tipicamente prevalgono le forme di
lavoro temporanee, stagionali o occasionali. A onor del vero, va rilevato che anche nel
resto del Paese l'aumento dell'occupazione a termine è stato relativamente maggiore
(+3,3%, contro il +0,6%). Questo dato, ci spinge a qualche considerazione
problematica: l'importante intervento sul lavoro, rappresentato dal combinato del Jobs
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Act e della decontribuzione, pur avendo fatto registrare i segnali positivi che abbiamo
evidenziato, non è riuscito a modificare il comportamento prevalente delle imprese, che
tendono ancora a privilegiare, come prima forma di assunzione, l'occupazione a termine
e atipica.
9. I miglioramenti, insomma, si inseriscono in un quadro di persistente difficoltà,
soprattutto sul versante sociale. (Fig. 26) La strutturale carenza di occasioni di lavoro
qualificato, che grava in particolare sulle giovani generazioni meridionali, ha
rappresentato negli anni Duemila anche la determinante principale della ripresa dei
flussi di emigrazione dal Sud verso il Nord: tra il 2002 e il 2014 sono emigrati oltre
1.627 mila meridionali, con un saldo migratorio netto di 653 mila unità. Di questa
perdita di popolazione il 73%, 478mila unità, ha riguardato la componente giovanile, di
cui poco meno del 30% laureati (133 mila).
Il fenomeno delle migrazioni interne ha contribuito a produrre cambiamenti
repentini e profondi nella demografia meridionale, determinando un intreccio perverso
di crisi economica, sociale e demografica.
La “Grande recessione” ha inciso pesantemente sulle condizioni delle famiglie
italiane e soprattutto di quelle più numerose. (Fig. 30) La quota di famiglie e di persone
in condizioni di povertà assoluta nella crisi è più che raddoppiata in entrambe le parti
del Paese. Nel 2014 la situazione era lievemente migliorata, soprattutto al Sud, mentre è
di nuovo peggiorata nel 2015: gli individui in condizioni di povertà assoluta sono
aumentati di 218 mila unità nel Mezzogiorno. (Fig. 31) Un altro indicatore
fondamentale è il rischio di povertà, dove si registra la differenza maggiore tra le due
ripartizioni territoriali: nel Sud è il triplo rispetto al resto del Paese.
Le oscillazioni dell’ultimo biennio pongono in luce quanto sia incerto e difficile
il percorso di uscita dalla povertà per le famiglie, da una condizione di deprivazione che
riguarda in Italia oltre 4 milioni e mezzo di persone. Soprattutto, rendono evidente
quanto siano necessarie e non più rinviabili misure organiche e non episodiche di
contrasto della povertà. Una prima importante risposta a questa esigenza si può trovare
in quanto previsto dalla Legge di stabilità 2016, con Piano per la lotta alla povertà che,
oltre ad aumentare le risorse disponibili, si fonda giustamente sulla natura di inclusione
attiva, e non assistenziale, del contrasto alla povertà anche mediante l’offerta di servizi
alla persona. Per questi ultimi, andrebbe tenuto debitamente conto degli attuali forti
divari che penalizzano i cittadini meridionali. L’elemento problematico è invece
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costituito dalla mancata previsione di un progressivo incremento dei finanziamenti, che
renda disponibile nel breve periodo un ammontare di risorse in grado di raggiungere la
totalità, o almeno la maggior parte, dei cittadini in condizioni di povertà assoluta. Il
miliardo e mezzo previsto a regime, infatti, è ben lontano da questo obiettivo. Ogni
valutazione sui costi dovrebbe tenere conto che ridurre le disuguaglianze, ormai,
risponde non solo a un'esigenza di giustizia, ma anche di maggiore efficienza
economica.
10. Da tempo, la SVIMEZ segnala che la soluzione per i problemi strutturali
dell'economia italiana non verrà da una ripresa internazionale a cui “agganciarsi”, ora
sempre più debole e gravata dalle pesanti incertezze geopolitiche e commerciali. Le
condizioni e le sfide per la ripartenza possono trovare risposta solo nel campo dello
sviluppo, per cui è fondamentale ripristinare a scala nazionale il ruolo degli investimenti
pubblici, come indispensabile leva di attivazione e di stimolo anche di quelli privati.
Crediamo che sia possibile rilanciare il Paese dall'interno, e i dati del 2015,
positivi grazie al ruolo della domanda interna, indicano in questo senso una direzione.
In particolare, il dato del Mezzogiorno, oltre a segnare una non scontata inversione di
tendenza, mostra quanto il Sud sia "reattivo" alla leva degli investimenti pubblici.
(Fig. 34) Nella crisi, lo abbiamo segnalato più volte, gli investimenti pubblici
hanno subito un vero e proprio crollo. E ancora nel 2014, la spesa in conto capitale nel
Mezzogiorno ha raggiunto il punto più basso dell’intera serie storica (appena 13,2
miliardi di euro, lo 0,9% del Pil; era l'1,6% nel 2001).
Nel 2015, invece, la spesa pubblica in conto capitale ha fatto registrare un
significativo incremento, dovuto essenzialmente alle risorse aggiuntive europee,
rendicontate per la chiusura del ciclo 2007-2013. Un risultato positivo affatto scontato,
che ha dato un impulso agli investimenti pubblici complessivi dopo il calo del biennio
precedente. Tuttavia, va detto, si è trattato di una spesa largamente sostitutiva: viene
meno la leva nazionale delle politiche di coesione (FSC) e la spesa ordinaria è
sostanzialmente dimezzata rispetto alla media storica.
Un’ulteriore positiva discontinuità, per contrastare il declino dell'intervento
pubblico nel Mezzogiorno, in un'area così reattiva a questo tipo di politiche può essere
ora rappresentata dall'attuazione del masterplan. Per esprimere un giudizio complessivo,
attendiamo la stipula di tutti i Patti; e ci torneremo, naturalmente, in occasione della
presentazione del Rapporto.
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La novità principale che emerge, ad oggi, è la programmazione - pur in forte
ritardo sulle previsioni normative - di una parte rilevante del FSC 2014-2020. Il metodo
bilaterale dei Patti fa emergere le priorità di sviluppo del territorio, mette al centro i
progetti regionali, benché il risultato appaia talvolta, almeno ad oggi, quello di
un'operazione sostanzialmente ricognitiva. A nostro avviso, occorre accentuare i
caratteri di strategicità degli interventi, fissare le modalità operative per un reale
coordinamento, non solo tra le diverse fonti finanziarie delle politiche di coesione,
europee e nazionali – e questo è l’obiettivo più rilevante che si vuole conseguire con il
Masterplan –, ma soprattutto con le politiche generali ordinarie, che finora sono state il
vero buco nero delle politiche nel Mezzogiorno.
Insomma, la sfida è quella dell'aggiuntività, che risulta decisiva proprio nel
2016. Infatti, a fronte di una previsione tendenziale che vede un sensibile rallentamento
nella crescita nell'area (+0,3% di Pil, dopo il +1% del 2015), si potrebbe registrare una
performance sicuramente migliore qualora lo spazio di investimenti aperto con
l'attivazione della "clausola di flessibilità" – che vale lo 0,3% del PIL nazionale nel 2016
– risultasse davvero aggiuntivo e non sostitutivo. E dunque, se pur le nostre previsioni
per l’Italia sono in linea con quelle via via peggiorative di altre istituzioni, noi non
esprimiamo pessimismo: se si investe, il Sud risponde e può rappresentare
un'opportunità per l'intero Paese. Secondo le nostre stime, infatti, l’incremento di PIL,
nel Sud, associato agli investimenti complessivamente attivabili dalla clausola (circa 7
miliardi nell'area), sarebbe pari a circa 0,8 decimi di punto percentuale nel 2016, con un
beneficio per l'intero Paese, alla cui crescita il Mezzogiorno tornerebbe ad allinearsi.
Ecco perché la SVIMEZ, quest'anno, pone ancora con maggior forza l'esigenza
di un rilancio degli investimenti, in logistica, infrastrutture, energie, territorio, capitale
umano, nuova industria manifatturiera, agroalimentare e culturale, rovesciando la
perifericità del Sud. Investimenti che rendano "attraente" il territorio e rilancino la
competitività, per una crescita più robusta e durevole nel tempo, per la ripresa di un
vero cammino di sviluppo dell'Italia tutta.
Paesi1996-2000
2001-2007
2008-2014
2014 20152008-2015
1996-2015
Fig.1. Tassi di crescita annuali e cumulati del PIL in termini reali (%) (a)
LA RIPRESA IN ITALIA È PIÙ LENTA RISPETTO AL RESTO
D’EUROPA
2000 2007 2014 2015 2015
Mezzogiorno 10,5 4,5 -13,2 -1,2 1,0 -12,3 1,3
Centro-Nord 10,3 9,7 -7,8 -0,1 0,7 -7,1 12,5
Italia 10,4 8,5 -9,0 -0,3 0,8 -8,3 9,8
Unione Europea (28 paesi) 15,4 17,0 0,9 1,4 2,0 2,9 38,8
Area dell'euro (18 paesi) 14,8 14,7 -0,9 0,9 1,7 0,8 32,7
Area non Euro 18,3 23,9 6,1 2,7 2,8 9,0 59,8Area non Euro 18,3 23,9 6,1 2,7 2,8 9,0 59,8
Germania 10,0 10,2 5,3 1,6 1,7 7,1 29,7
Spagna 22,2 27,7 -6,3 1,4 3,2 -3,3 50,9
Francia 15,4 13,8 2,6 0,6 1,3 3,9 36,5
Grecia 19,6 32,0 -26,0 0,7 -0,2 -26,2 16,6
(a) Calcolati su valori concatenati – anno di riferi mento 2010
Fig. 2. Totale economia - Tassi di crescita annuali e cumulati del valore aggiunto per occupato (%) (a)
Paesi1996-2000
2001-2007
2008-2014
2014 20152008-2015
1996-2015
2001-2015: L’ITALIA È STATA L ’UNICO GRANDE PAESE EUROPEO A PRESENTARE
UNA DINAMICA DELLA PRODUTTIVITÀ COMPLESSIVAMENTE NEGATIV A
2000 2007 2014 2015 2015
Mezzogiorno 7,0 -2,6 -4,6 -0,5 0,0 -4,7 -0,7Centro-Nord 3,8 -1,3 -4,9 -0,3 0,1 -4,8 -2,5
Italia 4,7 -1,4 -4,6 -0,3 0,0 -4,5 -1,4
Unione Europea (28 paesi) 9,6 10,0 2,3 0,3 0,7 3,0 24,2Area dell'euro (18 paesi) 6,4 6,5 1,7 0,3 0,5 2,2 15,8Area non Euro -0,3 19,4 5,0 0,8 1,3 6,4 26,6
(a) Calcolati su valori concatenati – anno di riferi mento 2010
Area non Euro -0,3 19,4 5,0 0,8 1,3 6,4 26,6Germania 5,3 10,9 -0,9 0,6 0,7 -0,2 16,6Spagna 6,6 8,0 2,1 0,4 0,7 2,8 18,3Francia 0,5 0,0 12,3 0,5 0,3 12,7 13,3Grecia 14,1 16,8 -8,4 0,2 -1,6 -9,9 20,1
Fig. 3. Prodotto Interno Lordo (variazioni % annue e cumulate) (a)
2015: IL MEZZOGIORNO CRESCE PIÙ DEL CENTRO-NORD
Ripartizioni 1996-2000
2001-2007
2008-2014
2014 20152008-2015
1996-2015
Mezzogiorno 10,5 4,5 -13,2 -1,2 1,0 -12,3 1,3
Centro-Nord 10,3 9,7 -7,8 -0,1 0,7 -7,1 12,5
- Nord-Ovest 9,1 8,7 -7,3 -0,9 0,8 -6,6 10,7
- Nord-Est 13,0 9,2 -6,9 0,3 0,6 -6,4 15,5
- Centro 9,6 11,9 -9,2 0,7 0,7 -8,6 12,1
Italia 10,4 8,5 -9,0 -0,3 0,8 -8,3 9,8
(a) Calcolate su valori concatenati – anno di riferi mento 2010
Fig. 4. PIL per abitante del Mezzogiorno e sue comp onenti (indici: Centro-Nord = 100) (a)
AnniProdotto per abitante Prodotto per
occupato%
Occupati per abitante
%euro % %
IL DIVARIO NEL PIL PER ABITANTE TORNA A RIDURSI
% %euro % %2000 14.523,6 56,2 76,4 78,9 73,5
2007 18.370,5 56,9 76,9 77,7 74,1
2008 18.473,0 57,0 77,1 77,7 73,9
2009 17.944,2 58,0 79,4 79,8 73,1
2010 17.914,2 56,8 78,1 78,1 72,7
2011 18.037,3 56,1 77,0 77,0 72,9
2012 17.900,5 57,1 78,7 78,6 72,5
2013 17.651,9 56,8 78,6 78,2 72,3
2014 17.514,7 56,1 78,0 78,0 71,9
2015 17.886,7 56,5 78,1 77,9 72,3
(a) Calcolati su valori a prezzi correnti
Fig.5. Tassi annui e cumulati di variazione % dei c onsumi finali interni (a)
Categorie2001-2007
2008-2014
2014 20152008-2015
Mezzogiorno
2015: I CONSUMI IN RIPRESA ANCHE AL SUD, PUR SE MENO
INTENSA CHE NEL RESTO DEL PAESE
MezzogiornoSpese per consumi finali famiglie 3,9 -12,6 -0,1 0,7 -12,0Alimentari, bevande e tabacco 1,8 -14,7 -0,1 -0,1 -14,8Vestiario e calzature -1,3 -16,7 -2,1 1,0 -15,9Abitazioni e spese connesse 1,5 -2,2 -0,5 0,3 -1,8Altri beni e servizi 6,4 -17,7 0,6 1,6 -16,4
Spese per consumi finali AAPP e ISP 6,7 -7,0 -1,7 -0,6 -7,6Totale 4,7 -11,0 -0,6 0,3 -10,7
Centro-NordSpese per consumi finali famiglie 6,2 -5,0 0,9 1,2 -3,9Spese per consumi finali famiglie 6,2 -5,0 0,9 1,2 -3,9Alimentari, bevande e tabacco 4,3 -10,2 0,5 0,2 -10,0Vestiario e calzature 0,5 -4,4 1,3 1,6 -2,9Abitazioni e spese connesse 4,7 -2,8 0,4 0,3 -2,5Altri beni e servizi 7,5 -4,8 1,3 2,0 -2,8
Spese per consumi finali AAPP e ISP 10,1 -0,1 -0,6 -0,6 -0,7Totale 7,1 -3,9 0,5 0,8 -3,2
(a) Calcolate su valori concatenati – anno di riferi mento 2010
Fig. 7. Gli investimenti nei settori ( tassi annui e cumulati di variazione %) (a)
Branche 2001-2007 2008-2014 2014 2015 2008-2015
2015: DOPO SETTE ANNI DI CALO , GLI INVESTIMENTI
AUMENTANO ANCHE NEL MEZZOGIORNO
MezzogiornoAgricoltura, silv. e pesca 0,4 -56,5 -10,8 9,5 -52,3Industria -2,9 -42,7 -11,4 -0,7 -43,1In senso stretto -4,5 -42,6 -12,7 -1,6 -43,5Costruzioni 8,9 -43,2 -1,8 5,4 -40,1
Servizi 20,6 -39,9 -5,2 0,9 -39,4Totale 13,3 -41,4 -6,8 0,8 -40,9
Centro -NordCentro -NordAgricoltura, silv. e pesca 9,1 -28,5 -4,6 -2,1 -30,0Industria 19,7 -27,8 -2,4 1,8 -26,5In senso stretto 18,4 -24,5 -2,2 1,7 -23,3Costruzioni 31,9 -55,4 -5,3 2,9 -54,2
Servizi 16,9 -26,1 -2,4 0,6 -25,7Totale 17,4 -26,7 -2,5 0,8 -26,1
(a) Calcolate su valori concatenati – Anno di riferi mento 2010
Fig.10. Variazione del PIL nelle regioni italiane. ( Tassi medi annui e cumulati di variazione %) (a)
Regioni 2014 2015 2001-2007 2008-2014 Regioni 2014 2015 2001-2007 2008-2014
m.a. m.a. m.a. Cum. m.a. Cum. m.a. m.a. m.a. Cum. m.a. Cum.
Piemonte -1,6 0,9 1,1 7,9 -1,9 -12,6 Abruzzo -2,0 2,5 0,6 4,2 -1,1 -7,7
2015: TUTTE LE REGIONI MERIDIONALI INTERROMPONO LA
RECESSIONE. BASILICATA , ABRUZZO E MOLISE GUIDANO LA RIPRESA
Valle d'Aosta 1,3 -1,0 1,0 7,3 -0,7 -4,6 Molise 0,7 2,9 0,7 5,0 -2,9 -18,7
Lombardia -0,8 0,8 1,3 9,5 -0,6 -4,4 Campania -1,7 0,2 0,8 5,4 -2,5 -16,2
Trentino Alto Adige
-0,3 0,6 1,0 7,5 0,4 2,8 Puglia -1,0 0,2 0,3 2,1 -1,7 -11,6
Veneto 0,5 0,7 1,3 9,2 -1,3 -8,8 Basilicata 0,5 5,5 -0,1 -0,5 -1,9 -12,8
Friuli Venezia Giulia
-0,3 -0,2 0,9 6,7 -1,8 -12,1 Calabria -0,3 1,1 0,5 3,6 -2,1 -14,1
Liguria 0,5 0,9 0,7 4,9 -2,1 -13,9 Sicilia -1,3 1,5 0,8 5,8 -2,0 -13,1
Emilia-Romagna 0,4 0,6 1,4 10,3 -0,9 -6,1 Sardegna -1,0 0,2 0,9 6,7 -1,5 -10,1
Toscana 0,2 1,0 1,1 8,1 -1,0 -6,5Toscana 0,2 1,0 1,1 8,1 -1,0 -6,5
Umbria -1,4 2,4 0,8 6,1 -2,3 -15,0 Mezzogiorno -1,2 1,0 0,6 4,5 -2,0 -13,2
Marche 1,9 1,0 1,7 12,3 -2,0 -12,9 Centro - Nord -0,1 0,7 1,3 9,7 -1,1 -7,8
Lazio 1,0 0,2 2,0 14,9 -1,4 -9,3 - Nord-Ovest -0,9 0,8 1,2 8,7 -1,1 -7,3
- Nord-Est 0,3 0,6 1,3 9,2 -1,0 -6,9
- Centro 0,7 0,7 1,6 11,9 -1,4 -9,2
Italia -0,3 0,8 1,2 8,5 -1,3 -9,0
(a) Calcolate su valori concatenati – anno di riferi mento 2010
Fig.12. Previsioni per alcune variabili macroeconom iche, circoscrizioni e Italia, variazioni %, s.d.i.
Mezzogiorno Centro-Nord Italia
2015 2016 2017 2015 2016 2017 2015 (a) 2016 2017
LE PREVISIONI PER IL 2016 E IL 2017 CONFERMANO LA (LENTA) RIPRESA IN ENTRAMBE LE MACROAREE
PIL 1,0 0,3 0,9 0,7 0,9 1,1 0,8 0,8 1,0
Consumi totali 0,3 0,3 0,6 0,8 0,6 0,5 0,6 0,5 0,5
Consumi delle famiglie sul territorio 0,7 0,7 1,1 1,2 0, 6 0,7 1,1 0,6 0,8
Esportazione di beni (b) 9,8 1,7 3,6 3,8 3,6 3,8 4,3 3,4 3,8
Investimenti totali 0,8 0,6 1,8 0,8 2,0 2,1 0,8 1,7 2,0
- Investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto
3,2 1,6 1,8 2,0 2,4 2,5 2,2 2,1 2,2attrezzature, mezzi di trasporto
3,2 1,6 1,8 2,0 2,4 2,5 2,2 2,1 2,2
- Investimenti in costruzioni -0,4 0,0 1,7 -0,5 1,5 1,6 -0, 5 0,9 1,6
Reddito disponibile delle famiglie (nominale)
0,9 0,9 0,8 1,0 1,1 0,8 0,9 0,9 0,8
Occupazione totale (unità di lavoro) 0,8 0,2 0,3 0,4 0,3 0,4 0,6 0,3 0,4
Tasso di disoccupazione 19,4 20,1 20,4 8,8 8,7 8,6 11,9 12, 2 12,4
(a) ISTAT - (b) Al netto dei prodotti petroliferi, a prezzi correnti.
Fig.13. Tassi % di variazione annuali e cumulati de l valore aggiunto del settore manifatturiero (a)
2001-2007 2008-2014 2014 2015 2008-2015
Mezzogiorno 5,8 -33,8 -2,3 1,9 -32,5
Centro-Nord 7,5 -13,3 -0,1 1,4 -12,0
Italia 7,2 -16,3 -0,4 1,5 -15,0
MANIFATTURIERO AL SUD: NEL 2015 IL PRODOTTO TORNA A CRESCERE , DOPO UN
TRIENNIO DI RECESSIONE. PER LA PRIMA VOLTA DAL 2008 LA DINAMICA È
MAGGIORE RISPETTO AL CENTRO-NORD
Italia 7,2 -16,3 -0,4 1,5 -15,0
Ue a 28 17,4 -3,5 1,8 2,2 -1,4
Area dell‘euro 18,5 -4,1 1,5 2,5 -1,7
Area non dell‘euro 13,9 -1,5 2,6 1,2 -0,3
Germania 19,5 3,3 2,3 1,7 5,1
Francia 13,0 -3,4 -0,2 2,6 -0,8
Regno Unito 0,3 -5,5 2,9 -0,3 -5,8Regno Unito 0,3 -5,5 2,9 -0,3 -5,8
Spagna 14,8 -17,8 2,2 3,7 -14,8
Portogallo 2,7 -6,7 2,2 1,5 -5,2
Grecia 21,6 -37,8 -6,7 -0,2 -37,9
Repubblica Ceca 77,5 16,6 6,2 8,0 25,9
Polonia 79,6 46,0 7,9 7,3 56,6
(a) Calcolati su valori concatenati. Anno di riferi mento, 2010.
Fig.15. Produzione e competitività dell'industria ma nifatturiera
A) Tassi % di variazione2001-2007 2008-2014 2014 2015 2008-2015
Mezzogiorno1. Valore aggiunto (a) 5,8 -33,8 -2,3 1,9 -32,5
2015 : AUMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ MEDIA DELL ’INDUSTRIA MANIFATTURIERA
MERIDIONALE . FORTE E MAGGIORE CHE NEL CENTRO-NORD: PRIMO RECUPERO DEL DIVARIO
DI COMPETITIVITÀ ACCUMULATO NEL SETTENNIO DI CRISI
2. Occupati totali 3,5 -24,9 -2,4 -1,6 -26,1
3. Valore aggiunto per occupato (2/1) 2,3 -11,8 0,1 3,5 -8,7
4. Costo del lavoro per occupato dipendente (b) 21,4 6,5 2,8 2,9 9,7
5. Costo del lavoro per unità di prodotto (4/3) 18,7 20,8 2,6 -0,5 20,1
Centro-Nord1. Valore aggiunto (a) 7,5 -13,3 -0,1 1,4 -12,0
2. Unità di lavoro totali -0,1 -13,1 -0,9 -0,8 -13,7
3. Valore aggiunto per occupato (2/1) 7,6 -0,2 0,9 2,2 2 ,0
4. Costo del lavoro per occupato dipendente (b) 22,2 14,4 2,5 3,0 17,8
5. Costo del lavoro per unità di prodotto (4/3) 13,5 14,7 1,7 0,7 15,55. Costo del lavoro per unità di prodotto (4/3) 13,5 14,7 1,7 0,7 15,5
B) Mezzogiorno in % del Centro-Nord2000 2007 2014 2015
1. Valore aggiunto (a) 17,7 17,4 13,3 13,4
2. Occupati totali 22,9 23,7 20,5 20,3
3. Valore aggiunto per occupato (2/1) 77,4 73,6 65,1 65 ,9
4. Costo del lavoro per occupato dipendente (b) 79,6 79,1 73,6 73,6
5. Costo del lavoro per unità di prodotto (4/3) 102, 8 107,5 113,2 111,7
(a) Calcolati su valori concatenati. Anno di riferi mento, 2010; (b) Valori correnti
Fig. 16. Investimenti e posti di lavoro nelle ZES po lacche, nel periodo 2005-2015
AnniInvestimenti totali (miliardi di euro)
Тasso annuale di crescita degli
investimenti (%)
Numero totale degli occupati
(migliaia di unità)
Тasso annuale di crescita degli occupati (%)
TRA IL 2005 ED IL 2015 QUASI 20 MILIARDI DI EURO GLI INVESTIMENTI
NELLE ZES POLACCHE E 2013 MILA NUOVI OCCUPATI
2005 1,07 113,4 74,6 26,42006 1,33 24,1 112,2 50,52007 2,23 68,2 146,4 30,52008 2,44 9,6 182,4 24,62009 2,43 -0,3 210,5 15,52010 2,27 -6,9 208,0 -1,22010 2,27 -6,9 208,0 -1,22011 1,52 -32,9 224,0 7,72012 1,48 -2,8 240,8 7,52013 1,41 -4,4 247,5 2,82014 1,68 18,6 266,7 7,8
2015 1,80 7,5 287,3 7,7
Fig. 17. Crediti in sofferenza, per settore di att ività economica
Mezzogiorno Centro-Nord
SU 187 MILIARDI DI EURO IN SOFFERENZA NEL 2015, 42,5 SONO AL SUD. NEL
MANIFATTURIERO NEL TRIENNIO 2013-2015 L’INCIDENZA DELLE SOFFERENZE
SUGLI IMPIEGHI È STATA AL SUD DEL 33%, DOPPIA RISPETTO AL CENTRO-NORD
Manifattura Costruzioni Servizi Manifattura Costruzio ni Servizi
Tasso di ingresso in sofferenza, media 2009-2015 (%)
5,46 6,46 4,00 2,92 5,80 2,81
Incidenza dei crediti in sofferenza sugli
33,20 37,92 25,05 16,92 26,94 14,83in sofferenza sugli impieghi, media 2013-2015 (%)
33,20 37,92 25,05 16,92 26,94 14,83
Volume di crediti in sofferenza nel 2015, per il to tale economia, valori assoluti (miliardi di Euro)
Mezzogiorno 42,4Centro-
Nord144,5 Italia 187,0
Fig.18. Occupati, disoccupati e forze di lavoro
Aggregati
Media annua(migliaia di unità)
Var. % sull'anno precedente
Variazioni % cumulate
2001 - 2008 - 2001 -
IL MERCATO DEL LAVORO AL CENTRO DELLA RIPARTENZA DEL SUD
Aggregati2008 2014 2015 2013 2014 2015
2001 -2007
2008 -2014
2001 -2015
Mezzogiorno
Occupati 6.432 5.856 5.950 -4,1 -0,8 1,6 1,0 -9,0 -7,1
Persone in cerca di occupazione
877 1.526 1.432 13,8 5,5 -6,1 -40,4 74,0 7,2
Forze di lavoro 7.309 7.382 7.383 -1,1 0,5 0,0 -6,2 1,0 -4,6
Centro -NordCentro -Nord
Occupati 16.658 16.423 16.514 -0,7 0,8 0,6 5,6 -1,4 6,1Persone in cerca di occupazione
788 1.710 1.601 29,9 5,4 -6,4 -18,2 117,1 91,3
Forze di lavoro 17.446 18.133 18.115 0,5 1,2 -0,1 4,4 3 ,9 10,5
Fig. 19. Andamento dell’Occupazione nelle due circo scrizioni (dati trimestrali destagionalizzati T4 200 8 = 100)
MA AL SUD MANCANO ANCORA QUASI MEZZO MILIONE DI OCCUPATI
RISPETTO AL LIVELLO PRE -CRISI
Fig. 24. Occupati, per carattere dell'occupazione e tipologia d'orario (anno 2015)
L’ IMPATTO POSITIVO, MA LIMITATO , DEL JOBS ACT
Circoscrizioni territoriali
Totale Dipendenti IndipendentiTempo
determinatoTempo
indeterminatoTempo pieno
Tempo parziale
Media 2014-2015
Variazioni assolute in migliaia
Mezzogiorno 94,1 92,7 1,4 55,8 37,0 63,3 30,8Centro-Nord 91,7 114,7 -23,0 49,7 65,0 47,1 44,7Italia 185,8 207,5 -21,6 105,5 102,0 110,4 75,4
Variazioni percentualiMezzogiorno 1,6 2,2 0,1 7,4 1,0 1,3 3,0Centro-Nord 0,6 0,9 -0,6 3,3 0,6 0,4 1,5Italia 0,8 1,2 -0,4 4,6 0,7 0,6 1,8
Fig. 26. I flussi migratori calcolati in base ai ca mbi di residenza nel periodo 2002-2014
Voci Unità (%)
L’ESODO: TRA IL 2002 E IL 2014 VIA DAL SUD QUASI
MEZZO MILIONE DI GIOVANI
Emigrati dal Mezzogiorno 1.627.188
- di cui laureati 281.256 17,3
- di cui giovani (15-34 anni) 843.367 51,8
- di cui laureati 181.653 21,5
Rientrati nel Mezzogiorno 973.601
- di cui laureati 102.428 10,5
- di cui giovani (15-34 anni) 365.188 37,5
- di cui laureati 48.253 13,2
Saldo migratorio netto -653.587
- di cui laureati -178.828 27,4
- di cui giovani (15-34 anni) -478.179 73,2
- di cui laureati -133.400 27,9
Fig. 30. Persone in condizione di povertà assoluta ( 2005-2015)
Mezzogiorno Centro-Nord
Persone povere (in migliaia)
Incidenza di povertà (%) su popolazione
Persone povere (in migliaia)
Incidenza di povertà (%) su popolazione
AL SUD UNA PERSONA SU DIECI IN POVERTÀ ASSOLUTA
NEL 2015 218 MILA POVERI IN PIÙ
migliaia)popolazione
(in migliaia)popolazione
2005 1.021,4 5,0 889,8 2,4
2006 781,1 3,8 879,2 2,3
2007 786,5 3,8 1.002,0 2,7
2008 1.073,2 5,2 1.040,0 2,7
2009 1.234,3 6,0 1.084,2 2,8
2010 995,8 4,8 1.475,9 3,82010 995,8 4,8 1.475,9 3,8
2011 1.269,2 6,1 1.383,2 3,6
2012 1.521,3 7,3 2.030,7 5,2
2013 2.207,2 10,6 2.213,0 5,6
2014 1.866,0 9,0 2.235,3 5,6
2015 2.084,0 10,0 2.514,0 6,3
Fig. 31. Individui a rischio di povertà in % popola zione residente. (Anno 2014)
TRIPLO NEL SUD IL RISCHIO DI POVERTÀ RISPETTO AL CENTRO-NORD
Fig. 34. Quadro Finanziario Unico. La spesa in cont o capitale* della P.A. in Italia dal 2000 al 2015 (valori in miliardi di euro costanti 2010)
2001 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015**
Mezzogiorno
Spesa in conto capitale 25,0 20,9 21,0 22,1 18,0 17,7 15,4 14,0 13,2 15,5Spesa in cc sul PIL (%) 1,6 1,2 1,3 1,4 1,1 1,1 1,0 0,9 0,9 1,0
LA RIPRESA DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI NEL 2015DOPO IL CROLLO DEL BIENNIO PRECEDENTE
Spesa in cc sul PIL (%) 1,6 1,2 1,3 1,4 1,1 1,1 1,0 0,9 0,9 1,0
-Risorse ordinarie 8,7 8,6 10,3 11,7 10,1 8,7 7,8 5,9 6,3 5,1-Risorse aggiuntive 16,3 12,3 10,7 10,4 7,9 9,0 7,6 8,1 6,9 10,4
-Fondi strutturali UE*** 5,0 3,7 3,3 3,8 2,4 3,6 3,1 3,5 3,5 6,1-Cofinanziamento *** 4,4 3,3 2,9 2,4 1,4 1,8 1,7 1,9 2,0 3,0-Fondi coesione nazionale 6,9 5,3 4,5 4,2 4,1 3,6 2,8 2,7 1,4 1,3
Italia
Spesa in conto capitale 60,4 59,8 61,6 62,1 53,4 48,8 44,0 40,5 35,5 37,6Spesa in cc sul PIL (%) 3,8 3,5 3,7 3,9 3,3 3,0 2,8 2,6 2,3 2,4
-Risorse ordinarie 41,1 44,8 48,7 48,3 42,3 36,4 33,0 28,9 25,9 23,8-Risorse aggiuntive 19,3 15,0 12,9 13,8 11,1 12,4 11,0 11,6 9,6 13,8
Quota % Mezzogiorno su ItaliaSpesa in conto capitale 41,4 34,9 34,1 35,6 33,7 36,3 35,0 34,6 37,2 41,2
-Risorse ordinarie 21,2 19,2 21,1 24,2 23,9 23,9 23,6 20,4 24,3 21,4-Risorse aggiuntive 84,5 82,0 82,9 75,4 71,2 72,6 69,1 69,8 71,9 75,4
Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Sistema dei Conti Pubblici Territoriali, 2016.
* Al netto delle partite finanziarie - ** Indicatore Anticipatore CPT - ***Al netto della formazione