Interventi di rigenerazioneurbana: criteri per il recuperosostenibile dei centri storici

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Nelle discipline del progetto, sia alla scala urbana che a quella edilizia, il tema dell’intervento sul patrimo- nio esistente, per coloro che a diversi livelli e con differenti competenze vi si sono cimentati, ha rappre- sentato da sempre una sfida – spesso impervia – tra le istanze della conservazione e le spinte all’innova- zione; tra i cultori dell’intangibilità dell’originario valore storico-documentale di un edificio e coloro che, invece, si mostrano disponibili a sacrificare tali valori con sospetta e colpevole superficialità; e ciò in nome di una modernità – talvolta almeno chiassosa – che spesso è apparsa funzionale solo alla rendita immobiliare. D’altronde, è sotto gli occhi di tutti che i centri storici delle nostre città, soprattutto quelli minori, sovente si trovino in condizioni di forte degrado ambientale, cui spesso si intrecciano anche fenomeni altrettanto significativi di disagio sociale. Quando invece, più recentemente, la politica e il mondo professionale e della ricerca scientifica hanno compreso che le azioni di trasformazio- ni e di modificazione del territorio dovessero avere nella sostenibilità il loro registro fondamentale, la loro qualità irrinunciabile, quella dialetti- ca (innovazione/conservazione), invero un po’ accademica, è stata superata da una nuova prassi del “fare città” ; e il dibattito che essa aveva alimentato ha ceduto il passo a un confronto, sicuramente più utile del precedente e, nondimeno, più stimolante sul piano disciplinare, su quali possano essere i criteri paradigmatici per una re-integrazio- ne dell’edificio storico, finalmente inteso come un componente del più ampio sistema territoriale, nel cui contesto è fisicamente collocato, storicamente datato, antropologicamente stratificato e infine, socio-econo- micamente integrato. Con questa chiave di lettura, appare evidente il cambio di prospettiva: non mette più conto stabilire se si debba “conservare” o “innovare” questo o quell’edificio (monumentale o meno), quanto piuttosto se si debba riconoscere valore alla sua potenzialità di essere re-integrato in un “corpus” urbano che ne trascen- de le dimensioni fisiche e i suoi stessi valori storici, per interpretare invece la sua qualità più significativa: cioè quella di essere un elemento di un sistema, la rappresentazione di una stratificazione del tessuto il quale è allo stesso tempo edilizio, urbano, storico, culturale, ambientale, territoriale. Anzi, si potrebbe ben dire che non è più neanche il singolo testo architettonico a dover essere al centro dell’attenzione dei decisori politico istituzionali e dei progettisti, ma un intero sistema, complesso e integrato, composto non solo da edifici differenti, pur tra loro interrelati, ma comprensivo anche di altre componenti, prime fra tutte quelle ambientali e antropiche. Sotto questa luce, la dialettica tra conservazione e innovazione lascia spazio al problema dell’integrazio- ne. Le modalità con cui sapremo integrare i monumenti e le città storiche, la qualità delle relazioni che sapremo rigenerare tra di essi e anche tra essi e le urbanizzazioni più recenti: queste saranno i nuovi stru- menti paradigmatici con cui misurare tutti gli interventi sul patrimonio storico; queste saranno i nuovi strumenti concettuali attraverso cui rileggere i singoli organismi architettonici come parte di un sistema territoriale, al quale appartengono anche i centri storici, in grado di garantire da una parte l’identità di lunga durata agli abitanti di un luogo, dall’altra una nuova tappa al percorso co-evolutivo che si stratifica sul patrimonio territoriale e sul suo valore relazionale 1 . In un certo senso si potrebbe ben dire che è pro- prio la dimensione territoriale dell’intervento nei Centri Storici e il suo valore strategico che consentono di superare la vexata questio sottesa alla dialettica innovazione/conservazione. Sottrarre un Centro Storico al rischio dell’abbandono, al pregiudizio del degrado sociale, al pericolo del decadimento fisico Carlo Patrizio Università degli Studi di Roma “La Sapienza” , CRITEVAT sede di Rieti Istituto Nazionale di Bioarchitettura Interventi di rigenerazione urbana: criteri per il recupero sostenibile dei centri storici L’articolo propone un nuovo strumento interpretativo per i centri storici: dalla dimensione storico-architettonico-edilizia, al loro valore paesaggistico-territoriale, alla "rigenerazione urbana". 86 _ ilProgettoSostenibile 29 Figura 1. Il centro storico di Mesagne, lambito dalla Via Appia, con gli assi principali della sua struttura urbana. In giallo, l’edificio e la piazza oggetto dell’intervento di riqualificazione. Figura 2. L’edificio e la Piazza Commestibili prima dell’intervento di recupero e di rigenerazione urbana. In giallo, si riconoscono alcune pesanti alterazioni della pavimentazione lapidea originale. Figura 3. La pianta del piano terra dopo l’intervento di recupero previsto nel progetto di variante. Figura 4. La pianta del piano copertura prevede la realizzazione di un giardino pensile, che sarà realizzato nel secondo lotto di lavori.

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Interventi di rigenerazione urbana: criteri per il recupero sostenibile dei centri storici | Carlo Patrizio

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Nelle discipline del progetto, sia alla scala urbana che a quella edilizia, il tema dell’intervento sul patrimo-

nio esistente, per coloro che a diversi livelli e con differenti competenze vi si sono cimentati, ha rappre-

sentato da sempre una sfida – spesso impervia – tra le istanze della conservazione e le spinte all’innova-

zione; tra i cultori dell’intangibilità dell’originario valore storico-documentale di un edificio e coloro che,

invece, si mostrano disponibili a sacrificare tali valori con sospetta e colpevole superficialità; e ciò in

nome di una modernità – talvolta almeno chiassosa – che spesso è apparsa funzionale solo alla rendita

immobiliare. D’altronde, è sotto gli occhi di tutti che i centri storici delle

nostre città, soprattutto quelli minori, sovente si trovino in condizioni

di forte degrado ambientale, cui spesso si intrecciano anche fenomeni

altrettanto significativi di disagio sociale.

Quando invece, più recentemente, la politica e il mondo professionale

e della ricerca scientifica hanno compreso che le azioni di trasformazio-

ni e di modificazione del territorio dovessero avere nella sostenibilità il

loro registro fondamentale, la loro qualità irrinunciabile, quella dialetti-

ca (innovazione/conservazione), invero un po’ accademica, è stata

superata da una nuova prassi del “fare città” ; e il dibattito che essa

aveva alimentato ha ceduto il passo a un confronto, sicuramente più utile del precedente e, nondimeno,

più stimolante sul piano disciplinare, su quali possano essere i criteri paradigmatici per una re-integrazio-

ne dell’edificio storico, finalmente inteso come un componente del più ampio sistema territoriale, nel cui

contesto è fisicamente collocato, storicamente datato, antropologicamente stratificato e infine, socio-econo-

micamente integrato.

Con questa chiave di lettura, appare evidente il cambio di prospettiva: non mette più conto stabilire se si

debba “conservare”o “innovare”questo o quell’edificio (monumentale o meno), quanto piuttosto se si

debba riconoscere valore alla sua potenzialità di essere re-integrato in un “corpus”urbano che ne trascen-

de le dimensioni fisiche e i suoi stessi valori storici, per interpretare invece la sua qualità più significativa:

cioè quella di essere un elemento di un sistema, la rappresentazione di una stratificazione del tessuto il

quale è allo stesso tempo edilizio, urbano, storico, culturale, ambientale, territoriale. Anzi, si potrebbe ben

dire che non è più neanche il singolo testo architettonico a dover essere al centro dell’attenzione dei

decisori politico istituzionali e dei progettisti, ma un intero sistema, complesso e integrato, composto non

solo da edifici differenti, pur tra loro interrelati, ma comprensivo anche di altre componenti, prime fra

tutte quelle ambientali e antropiche.

Sotto questa luce, la dialettica tra conservazione e innovazione lascia spazio al problema dell’integrazio-

ne. Le modalità con cui sapremo integrare i monumenti e le città storiche, la qualità delle relazioni che

sapremo rigenerare tra di essi e anche tra essi e le urbanizzazioni più recenti: queste saranno i nuovi stru-

menti paradigmatici con cui misurare tutti gli interventi sul patrimonio storico; queste saranno i nuovi

strumenti concettuali attraverso cui rileggere i singoli organismi architettonici come parte di un sistema

territoriale, al quale appartengono anche i centri storici, in grado di garantire da una parte l’identità di

lunga durata agli abitanti di un luogo, dall’altra una nuova tappa al percorso co-evolutivo che si stratifica

sul patrimonio territoriale e sul suo valore relazionale1. In un certo senso si potrebbe ben dire che è pro-

prio la dimensione territoriale dell’intervento nei Centri Storici e il suo valore strategico che consentono

di superare la vexata questio sottesa alla dialettica innovazione/conservazione. Sottrarre un Centro

Storico al rischio dell’abbandono, al pregiudizio del degrado sociale, al pericolo del decadimento fisico

Carlo PatrizioUniversità degli Studidi Roma“La Sapienza”,CRITEVAT sede di Rieti

Istituto Nazionaledi Bioarchitettura

Interventi di rigenerazioneurbana: criteri per il recuperosostenibile dei centri storici

L’articolo propone un nuovo strumentointerpretativo per i centri storici:

dalla dimensione storico-architettonico-edilizia,al loro valore paesaggistico-territoriale,

alla "rigenerazione urbana".

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Figura 1. Il centro storicodi Mesagne, lambito

dalla Via Appia,con gli assi principali

della sua struttura urbana.In giallo, l’edificio

e la piazza oggettodell’intervento

di riqualificazione.

Figura 2. L’edificioe la Piazza Commestibili

prima dell’interventodi recupero

e di rigenerazione urbana.In giallo, si riconoscono

alcune pesanti alterazionidella pavimentazione

lapidea originale.

Figura 3. La piantadel piano terra dopo

l’intervento di recuperoprevisto nel progetto

di variante.

Figura 4. La piantadel piano copertura

prevede la realizzazionedi un giardino pensile,

che sarà realizzatonel secondo lotto di lavori.

appare un’operazione rivolta più alla reintegra-

zione di un sistema territoriale, altrimenti sma-

gliato nella sua continuità fisica, funzionale e

simbolica, che un intervento teso esclusiva-

mente a restituire valore storico a un edificio,

fosse anche monumentale. Le diverse dimen-

sioni del sistema territoriale obbligano tutti gli

attori (decisori politico-istituzionali, progettisti,

soggetti sociali ed economici, abitanti) a

immaginare interventi “pluri-obiettivo” che

siano in grado di rimettere in valore i beni

patrimoniali di un territorio; dove per patrimo-

nio territoriale si deve intendere la stratifica-

zione sintetica di tutti gli atti dell’abitare che si

producono nel contesto del paesaggio natura-

le, del paesaggio costruito e del paesaggio cul-

turale. Si tratta, in ultima analisi, di un approc-

cio epistemologicamente del tutto differente:

interventi introversi, esclusivamente orientati

alla dimensione del singolo oggetto architet-

tonico e quindi inviluppati nella dialettica,

tutta disciplinare, innovazione/conservazione,

oppure programmi e azioni che, con atteggia-

mento olistico, sappiano integrare soluzioni

progettuali interdisciplinari, in grado di affron-

tare il tema del recupero dei Centri Storici in

termini di strategie complesse e complessive,

fino alla elaborazione di veri e propri piani di

gestione? Com’è noto, l’olismo è quella conce-

zione secondo cui il tutto è un’entità più

ampia della somma delle singole parti di cui

esso si compone. Ecco dunque la questione

centrale del ragionamento che stiamo condu-

cendo: ogni volta che si passa a un sistema di

ordine superiore (dall’edificio al centro storico,

dal centro storico alla città, dalla città al territo-

rio) non possono rimanere validi ed efficaci gli

stessi strumenti interpretativi e di intervento.

Dal concetto di re-stauro o re-cupero si passa

allora all’approccio proprio della ri-

generazione, dove le stesse differenze lessicali

non sono casuali. Non si tratta più di “ridare

stabilità” o di “riprendere” in uso un bene patri-

moniale che aveva perso le sue funzionalità

essenziali, semmai bisogna assicurare con un

processo nuovamente generativo, una reinter-

pretazione originale di tutto un contesto attra-

verso la trasformazione attiva di un paesaggio

(urbano, nel caso dei Centri Storici) che – solo

– ne può conservare i suoi caratteri identitari.

In questo senso, i processi di rigenerazione

urbana appaiono delle strategie più dinamiche

rispetto ai classici progetti di restauro o ristrut-

turazione. Questi ultimi avevano come termi-

nale l’organismo architettonico o il comparto

urbano, nel caso della ristrutturazione urbani-

stica, intesi nella loro fisicità; anche quando si

finiva col decidere interventi di sostituzione,

ciò avveniva considerando solo aspetti di

carattere strettamente disciplinari, come ad

esempio il programma funzionale, i costi, le

quantità da insediare, nei casi migliori anche i

valori storico-documentali o storico-monu-

mentali. I nuovi programmi di Rigenerazione

Urbana invece, muovendo dalla urgenza di

ridurre il consumo di territorio necessario per

le trasformazioni urbane, offrono uno strumen-

to integrato e meta-disciplinare per pianificare

lo sviluppo di quella data porzione di territo-

rio, ma lo fanno avendo a riferimento della

loro azione non solo e non tanto gli elementi

che rappresentano la fisicità di un quartiere,

ma anche e soprattutto un tessuto economico,

sociale e culturale e, nel caso dei centri storici,

anche un tessuto paesaggistico sul quale si

intrecciano i caratteri identitari durevoli del-

l’abitare. Nei Programmi di Rigenerazione

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dato che di per sé i programmi di rigenerazio-

ne, al pari di ogni altro intervento di riqualifica-

zione, consentono di evitare altro sicuro con-

sumo di suolo; in questo senso essi assicurano

la dimensione della sostenibilità ambientale.

Inoltre, la sistematica messa in atto di processi

di pianificazione e progettazione partecipata

appare una strada indispensabile per il conse-

guimento di quel carattere di programma inte-

grato che, solo, assicura la soluzione del disa-

gio sociale e il risultato dell’inclusività. Infine,

l’integrazione: le istanze della sostenibilità

ambientale, quelle dell’inclusione sociale, le

componenti culturali e simboliche di ogni

intervento di rigenerazione che si voglia attua-

re in un Centro Storico devono trovare l’inte-

resse convergente degli operatori economici,

degli abitanti e degli Enti Locali. Ciò solo può

garantire una gestione nel tempo dell’inter-

vento che sia positiva e orientata al manteni-

mento degli obiettivi programmati e messi a

fondamento della rigenerazione stessa. È que-

sta, appena enunciata, la caratteristica fonda-

mentale dell’approccio strategico, inteso come

strumento metodologico per la pianificazione

Urbana, il centro storico non è più solo una

“riserva di storia”; esso è invece un pezzo di

territorio da restituire ai processi produttivi e

riproduttivi dei suoi abitanti. Proprio nell’inte-

grazione di tali processi, impossibili da rappre-

sentare attraverso modelli statici, risiede nello

stesso tempo la dinamicità e l’originalità del-

l’approccio della rigenerazione urbana. Le stes-

se dinamicità e originalità che sono contenute

in ciò che appare molto simile ad un vero e

proprio atto ri-creativo, compiuto non già dal

progettista/pianificatore,ma da un soggetto

locale e plurale che, pure attraverso il contribu-

to di saperi esperti, tuttavia non rinuncia a

esercitare in prima persona la fondamentale

facoltà dell’abitare, intesa come processo com-

plesso e integrato di identificazione in un

luogo, di costruzione di un immaginario e, infi-

ne, di autoriconoscimento in una visione di

futuro. Lo strumento della rigenerazione urba-

na è sicuramente future-based nella misura in

cui esso stabilisce, attraverso la partecipazione

degli attori sociali, un modello per mezzo del

quale prendersi nuova cura di quella parte del

patrimonio territoriale oggetto di intervento,

perché possa essere trasmesso alle generazio-

ni future arricchito eppure integro. E risulta

anche un tipico processo dal basso (bottom

up), in quanto sinergicamente promosso da

una pluralità di soggetti portatori di interessi,

primo fra tutti l’Ente Locale, i quali, in un qua-

dro generale organico e sistematico, si produ-

cono in un atto corale riguardante non solo la

dimensione fisica dell’intervento di riqualifica-

zione, ma anche quella socio-economica e cul-

turale; in una parola, producono territorio o

“atti di nuova territorializzazione”2. E ciò, in un

contesto nazionale nel quale il sistema legisla-

tivo produce solo provvedimenti “spot o di

natura derogatoria (…), dal cd. Piano casa al

decreto sviluppo”3, sembra ancora più innova-

tivo rispetto a una prassi diffusamente costitui-

ta solo da strumenti regolativi.

Da quanto esposto fin qui, risultano evidenti

almeno tre implicazioni concettuali irrinuncia-

bili della rigenerazione urbana: lo strumento

della partecipazione, il carattere della sostenibi-

lità e il valore aggiunto della integrazione. A

tale riguardo va anzitutto (e banalmente) ricor-

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di interventi che abbia tra i suoi caratteri più

significativi la costruzione di una visione con-

divisa del futuro di un territorio e contempora-

neamente – non secondaria – la capacità di

rendere praticabili, fattibili e durevoli gli inter-

venti pianificati. Viene a essere così assicurata

anche la declinazione degli aspetti sociali ed

economici della sostenibilità.

La rigenerazione di PiazzaCommestibili a Mesagne (BR)

Nel luglio 2008, la Regione Puglia, su impulso

dell’Assessorato alla Qualità del Territorio e in

linea con le politiche di radicale e avanzato rin-

novamento nella gestione del territorio,messe

in atto sino a quel momento a partire più o

meno dal 2005, si è dotata di un testo normati-

vo importante ed efficace, proprio per discipli-

nare gli interventi di rigenerazione urbana4.

Detta legge è stata poi finanziata mediante

interventi ricadenti in capo all’Asse VII del P.O.

Fesr 2007-2013 della stessa Regione Puglia e

ha trovato risposta ampia e consenso unanime

presso gli Enti Locali interessati. Tra questi, il

Comune di Mesagne che, nel corso della

seconda metà del 2010, si vedeva riconoscere il

finanziamento degli interventi di completa-

mento della riqualificazione urbana di Piazza

Commestibili che aveva già avviato con un

primo lotto per mezzo di altre risorse. Si tratta

di un luogo urbano posto nel cuore della città

storica, il quale indubbiamente rappresenta un

sito di altissimo valore identitario per tutti i

mesagnesi. La piazza infatti ha ospitato a

lungo, nei decenni passati, il mercato ortofrutti-

colo della città e, per quanto lo spazio che essa

descrive sia stato in quegli anni impropriamen-

te occupato da chioschi e baracche di natura

provvisoria e di nessuna qualità, è stato

comunque il crocevia del commercio alimenta-

re al minuto per intere generazioni. Proprio il

recupero dell’unità spaziale della antica piazza,

ottenuta anche attraverso la rimozione definiti-

va di quelle baracche, è stata una delle più

importanti scelte effettuate nel progetto di

recupero, per il quale è stata necessaria una

Variante in corso d’opera in seguito al ritrova-

mento di reperti archeologici rinvenuti durante

le operazioni di scavo per la realizzazione delle

nuove fondazioni. È stata quindi confermata la

scelta di utilizzare la superficie di copertura dei

due bracci di cui si compone l’edificio per

altrettanti giardini pensili che saranno realizza-

ti nel secondo e ultimo lotto dei lavori, al fine

di migliorare le prestazioni energetiche dei

locali al piano terra e soprattutto per mitigare il

cosiddetto effetto “isola di calore”. Al contrario,

ha dovuto invece subire una vera e propria

riprogettazione in sede di variante, il ballatoio

di collegamento posto alla stessa quota dei

giardini pensili, ora interamente realizzato in

aggetto dall’edificio esistente anziché essere

appoggiato a pilastri di nuova realizzazione,

come inizialmente previsto. Si tratta di un inne-

sto architettonico di rilevante importanza nel

quadro generale del progetto di recupero, cui

viene demandato il compito di rappresentare

nello stesso tempo il legame con il passato e

uno slancio innovativo che data inequivocabil-

mente l’intervento. Da una parte infatti, la pas-

serella è realizzata in acciaio, un materiale cioè

tipico dei mercati di fine ottocento/inizi nove-

cento; dall’altra, è stata progettata con un

design che allude linguisticamente agli inter-

venti high-tech delle grandi città europee,

senza tuttavia assumerne gli eccessi o rievoca-

re la chiassosità di taluni di essi.

Questo atteggiamento, rivolto alla ricerca di un

equilibrio più pacato e rassicurante, ha costi-

tuito la cifra generale del progetto di variante,

con cui si è scelto di non realizzare, nel centro

storico di una piccola città contadina del

nostro Sud operoso, un intervento che potesse

apparire invece rappresentativo di una opulen-

za globalizzata, a-topica e a-cronica. Al contra-

rio, è stato realizzato un recupero che fosse il

più rispettoso possibile di un luogo urbano di

raro pregio, nel quale ogni altra addizione

sarebbe risultata quantomeno ultronea, se non

pregiudizievole di una tensione e di un equili-

brio tra le diverse parti che non sono sembrati

ammettere modificazioni pesanti. L’edificio,

completati i lavori con il secondo lotto, ospite-

rà circa quindici locali commerciali di vicinato;

essi faranno da cornice permanente a una frui-

zione collettiva della nuova piazza che tutti

aspettano di poter riutilizzare al più presto e

compiutamente e che tuttavia ha già iniziato a

ospitare manifestazioni ed eventi all’aperto

proponendosi all’attenzione degli abitanti

come luogo di aggregazione e di qualità. Al

recupero urbano di Piazza Commestibili, la

nuova Amministrazione Comunale attribuisce

un alto valore strategico per il suo potenziale

di rigenerazione, non solo in riferimento a

quella puntuale centralità urbana,ma per il

rilancio di tutto il Centro Storico, inteso come

motore di uno sviluppo locale da perseguire

sia sul piano sociale che sul versante economi-

co/produttivo. E anche nel tessuto sociale

della città c’è molta attesa per il suo completa-

mento, segno evidente che i processi parteci-

pativi messi in atto, da una parte, stanno già

mostrando il loro esito positivo e dall’altra,

stanno producendo ulteriore aggregazione

sociale organizzata, ad esempio con la fonda-

zione di un’associazione dei commercianti

delle vie vicine.

Note

1 - Cfr. A.Magnaghi, Il Progetto locale, Bollati Boringhieri, 2010.

2 - Cfr. ibidem.

3 - Cfr. A. Barbanente,“Sulla riqualificazione urbana” in

Urbanistica Informazioni n. 237, 2011

4 - Cfr. la LR 21 del 29/07/2008, pubblicata sul BUR n. 124 del

01 agosto 2008.

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Figure dalla 5 alla 9.Prospetti e prospettivedella nuova piazza.È visibile il ballatoio,in acciaio e legno,alla quota del giardinopensile.

Figura 10. La passerella dicollegamento tra i duebracci dell’edificioè realizzata medianteun sistema reticolaretridimensionale.

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Piazza Commestibili,Mesagne (BR)

Progetto architettonico: Simonetta Dellomonacoe Luigi PasimeniProgetto strutturale: Carlo PatrizioProgetto architettonico e strutturale di variante:Carlo PatrizioDirezione Lavori: Carlo PatrizioImpresa appaltatrice: IMER Service srl,Martina Franca (TA)Direttore tecnico: geom. Paolo Bottoni