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InternazionaleLombardia News
n. 19 – novembre 2016
A cura del Dipartimento delle politiche europee einternazionali di cooperazione e migratorie Cisl Lombardia
E adesso Europa, che fai?Sono passati pochi giorni dalla clamorosa vittoria di Donald Trump alla Presidenza USA edopo i fuochi d’artificio, prima della pessima campagna elettorale e poi dell’inevitabilerito dei complimenti e degli auguri da parte di amici ed avversari, vengono adesso le coseserie, in particolare per l’Europa. [...]
Voci dall’Europa e dal mondo» COP 22: le cinque questioni chiave per la CES
» Turchia: continuano i licenziamenti, Preoccupata la CSI
» CESE ILO: Dialogo sul futuro del lavoro
Prospettive europee» Previsioni economiche d’autunno
» La povertà in Europa: i dati Eurostat 2015
» Indice della giustizia sociale in Europa
» Europarlamentari in visita ai campi profughi
» Città europee “verdi”
Immigrazione e cittadinanza» Reinsediamento e ricollocazioni: rispettare gli impegni
» Rapporto sulla protezione internazionale in Italia
» L’impatto dell’economia immigrata
Cooperazione allo sviluppo» Quante risorse per gli aiuti allo sviluppo
» La valutazione di impatto nella cooperazione
» Cop 22: dichiarazione interreligiosa sul clima
Inoltre in questo numero:Premiato un film prodotto
da IscosA Monza: Convegno sulla
violenza alle donne
ANOLF Lombardia
CISL Lombardia
ISCOS Lombardia
CISL Lombardia
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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In primo piano
E adesso Europa, che fai?di Franco Chittolina | 13 novembre 2016
Sono passati pochi giorni dalla clamorosa vittoria di Donald Trump alla Presidenza USA e dopo i
fuochi d’artificio, prima della pessima campagna elettorale e poi dell’inevitabile rito dei
complimenti e degli auguri da parte di amici ed avversari, vengono adesso le cose serie, in
particolare per l’Europa.
Qualcuno già pronostica che per il nazional-populismo in grande spolvero possa valere la regola
del “non c’è due senza tre”: dopo i successi sulle due sponde dell’Atlantico, prima di Brexit e adesso
di Trump, potrebbe venire adesso il turno di uno tsunami sul continente europeo.
Il pensiero va a importanti consultazioni elettorali dei prossimi dodici mesi, quando saranno
chiamati alle urne a inizio dicembre gli elettori italiani per il referendum costituzionale e quelli
austriaci per la ripetizione del ballottaggio presidenziale, gli elettori olandesi e francesi in
primavera per elezioni politiche e presidenziali e, in autunno, quelli tedeschi per le elezioni federali
e la Cancelleria.
Sarà bene che almeno stavolta all’Europa servano le lezioni del recente passato per non farsi
prendere alla sprovvista, ingannata dai sondaggi e sorda all’inquietudine e alle paure dei suoi
cittadini.
Innanzitutto non bisognerà illudersi che il 2017 sia per l’Unione Europea e per l’Italia una
passeggiata.
Il nostro Paese è da tempo alle prese con una crisi sociale ed economica che non finisce di finire,
come confermano per l’Italia le recenti previsioni della Commissione su una crescita debole, un
deficit strutturale in aumento, un debito pubblico che non accenna a ridursi e una disoccupazione
sostanzialmente congelata. Questo lo scenario sociale ed economico che farà da sfondo al voto
del 4 dicembre e a non improbabili elezioni politiche nei mesi che seguono.
Non sarà molto più allegra la situazione, a primavera, in Olanda e Francia, due Paesi fondatori
dell’Ue dai quali potrebbero venire forti ripensamenti per la prosecuzione del processo di
integrazione europea. In Olanda il nazional-populismo aveva portato nel 2014 al Parlamento
europeo oltre il 34% di euroscettici. In questi ultimi mesi la Francia vede crescere il consenso per
la destra ultra-conservatrice, nazionalista e eurofobica, di Marine Le Pen che al primo turno delle
presidenziali di maggio potrebbe arrivare in testa nel voto e presentarsi al ballottaggio non del
tutto priva di speranze visto quello che è appena capitato nelle elezioni americane.
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Meno allarmanti, ad oggi, le prospettive elettorali in Germania, dove si mantiene un quadro
politico più stabile, nonostante avanzino movimenti euroscettici, anche qui a dominante
nazionalista, che alimentano brutti ricordi di un passato che la Germania continua a scontare,
nonostante la solidità della sua vita democratica, favorita da un’economia rassicurante, ma anche
minacciata da nuove sacche di povertà e di disagio. Molte cose possono ancora capitare di qui al
giorno delle elezioni tedesche, quando per l’Unione europea, verrà meno l’alibi della cautela e del
rispetto delle sensibilità politiche nazionali che ne sta paralizzando la capacità di iniziativa.
É in queste condizioni non proprio brillanti che l’UE deve rapidamente attrezzarsi per fare fronte
ai probabili shock in provenienza da oltre Atlantico, tanto sugli sviluppi del commercio
internazionale minacciato da riflessi protezionisti che sulle scelte di politica estera e di sicurezza
esposte alle fibrillazioni che potrebbero manifestarsi in seno alla NATO, senza dimenticare
l’annunciata marcia indietro degli USA sulle politiche di salvaguardia ambientale.
Ce n’è a sufficienza per pronosticare un 2017 di grandi cambiamenti, di cui oggi è prematuro
anticipare gli esiti. Quello che è sicuro è che nulla sembra più sicuro in questo mondo sempre più
turbolento.
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Voci dall’Europa e dalmondo
A cura di CISL Lombardia
COP 22: le cinque
questioni chiave per la
CES
«Un anno dopo la COP 21 e l’adozione
dell’Accordo di Parigi, le notizie per quanto
riguarda il clima sono particolarmente
preoccupanti. Le temperature continuano a
salire e il mondo si avvicina ogni giorno di più
al momento in cui le perturbazioni climatiche
non saranno gestibili.
I fenomeni metereologici estremi si
succedono con una cadenza inquietante
esponendo milioni di uomini e di donne a un
disagio sia materiale sia psicologico. Di fronte
a questo quadro non si può restare in attesa
ma è necessario amplificare e accelerare gli
sforzi per ridurre le emissioni di gas-serra e
adottare politiche adattive ai cambiamenti in
atto.
«A pochi giorni dalla Conferenza di
Marrakech la CES formula cinque domande
prioritarie che riflettono le inquietudini del
movimento sindacale europeo e
internazionale».
Comincia così il documento con il quale la
Confederazione Sindacale Europea (CES)
rende nota la sua posizione in vista della COP
22. Seguono i cinque punti-chiave del
comunicato.
In primo luogo, la CES accoglie
favorevolmente la rapida ratifica
dell’Accordo da parte dell’Unione Europea e
chiede altrettanta celerità agli Stati membri,
auspicando che «l’entrata in vigore apra la
strada all’applicazione senza indugi delle
principali disposizioni». Particolarmente
importanti sono ritenuti i contributi
nazionali, gli investimenti pubblici e il
coinvolgimento dei partner sociali.
La CES sottolinea, inoltre, l‘urgenza dell’avvio
dei negoziati su quegli elementi dell’Accordo
di Parigi che richiedono ancora alcune
decisioni, ad esempio il «quadro di
trasparenza» le «modalità del bilancio
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mondiale», «le linee guida sui Contributi
nazionali», la definizione dei meccanismi che
garantiscano il rispetto dell’accordo.
L’auspicio della CES è che le decisioni
adottate a Marrakech non indeboliscano
l’attuale quadro e non affievoliscano
l’imperativo della “Giusta transizione”.
La CES ribadisce la sua preoccupazione per lo
scarto tra gli impegni collettivi nella lotta al
surriscaldamento e la limitatezza degli
impegni nazionali. Invita altresì Commissione
europea e Stati membri a rivedere al rialzo gli
obiettivi 2030 intensificando sforzi e
investimenti in quei settori capaci di creare
occupazione (efficientamento degli edifici,
trasporti sostenibili, economia circolare,
energie rinnovabili).
Il Comunicato CES contiene anche l’invito a
integrare gli imperativi della giusta
transizione e del Decent Work come evocato
nel preambolo dell’Accordo di Parigi facendo
riferimento anche ai Principi per la Giusta
transizione adottati dall’Organizzazione
Internazionale del Lavoro, «riferimento
riconosciuto e offerto ai governi e ai partner
sociali disponibili a fare in modo che la giusta
transizione diventi una realtà.
Infine, gli ultimi riferimenti del Comunicato
riguardano il finanziamento della lotta al
cambiamento climatico e la gestione dei
flussi dei migranti ambientali.
Non solo bisogna onorare gli impegni assunti
fino al 2020 (100 miliardi di dollari per i Paesi
in via di sviluppo) ma bisogna anche mettere
a punto un piano per perpetuare tale
sostegno
I cambiamenti climatici - conclude la CES –
amplificheranno le migrazioni e l’Ue deve
contribuire a costruire una risposta politica
globale che non può prescindere dal
riconoscimento in sede ONU dello status di
rifugiato ambientale.
07 novembre 2016 | SINDACATO | per
approfondire
Turchia: continuano i
licenziamenti,
preoccupata la CSI
Il governo turco del presidente Erdogan ha
licenziato oltre 10.131 dipendenti pubblici. I
licenziamenti raggiungono così quota
100.000 dal golpe di metà luglio.
I licenziamenti riguardano persone che
lavorano nei ministeri e nelle agenzie
afferenti ai settori della sanità,
dell’educazione (dove insiste il maggior
numero di licenziamenti e le nuove
assunzioni possono seguire criteri di assoluta
arbitrarietà) e della giustizia.
I provvedimenti sono stati adottati come
conseguenza di nuovi decreti dello stato di
emergenza deciso dal Consiglio dei ministri
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dopo il tentativo di golpe. Arrivano così a
dieci i decreti adottati; molti di essi avranno
conseguenze permanenti per la politica,
l’economi e la società del Paese.
La scorsa settimana almeno 11
rappresentanti del partito di opposizione
HDP sono stati arrestati, dopo che era stata
abolita, nello scorso mese di maggio,
l’immunità parlamentare di oltre 130
deputati eletti. Il partito HDP (Halklarin
Demokratik Partisi, - Partito Democratico dei
Popoli) ha annunciato la sospensione delle
proprie attività parlamentari, intanto
procedono anche gli arresti di giornalisti
(sono oltre 100 ad oggi quelli in carcere) le
chiusure di giornali e il blocco di siti web,
profili social e connessioni internet.
Sharan Burrow, Segretaria generale della
Confederazione Sindacale Internazionale
(CSI) ha dichiarato che ad oggi in Turchia la
democrazia è una «pura impostura».
«Il governo turco – prosegue Burrow – lede le
libertà fondamentali di espressione, quelle
sindacali e si prende gioco del parlamento
arrestando i membri in carica. Ancora una
volta il presidente turco si avvale di un
manipolo di uomini che hanno fallito la presa
del potere, per liberarsi dei fondamenti
elementari della democrazia. La CSI ha già
messo in guardia sui rischi di una deriva
dittatoriale della Turchia e della conseguente
persecuzione dei lavoratori su base etnica o
per reati di opinione».
Nel corso di una riunione del Comitato
Esecutivo della CES che ha reso nota la sua
profonda preoccupazione al presidente della
Commissione europea Jean-Claude Juncker,
il Segretario CES, Luca Visentini ha dichiarato
che «La Turchia deve rispettare i valori
democratici e le libertà sindacali stabilite
dalle convenzioni ONU e dai Trattati
internazionali».
«Condanniamo il mancato golpe ma non
possiamo accettare la distruzione dei mezzi
di sussistenza di centinaia di migliaia di
famiglie, nella maggior parte dei casi senza
prove».
10 novembre 2016 | SINDACATO | per
approfondire
CESE ILO: dialogo sul
futuro del lavoro
Il Comitato Economico e Sociale Europeo
(CESE) e l’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (OIL – ILO) hanno avviato un dialogo
di ato livello sul futuro del lavoro, riunendo
otre 300 rappresentanti dei partner sociali e
delle organizzazioni della società civile con
l’obiettivo di individuare i principali motori di
cambiamento del lavoro e dell’economia in
Europa, anche attraverso la valorizzazione
delle buone pratiche e delle esperienze più
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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positive messe in atti a livelo nazionale e
locale.
Lavoratori e datori di lavoro sono chiamati a
confrontarsi con sfide sempre più rilevanti,
dovute alla globalizzazione ma anche alla
diffusione dei contratti di lavoro atipico e a
cambiamenti tecnologici che impattano sulla
natura stessa del lavoro. Non è un caso, forse
che uno dei dati dell’ultimo eurobarometro
(primavera 2016) riguarda proprio le
percezioni di insicurezza legate alla propria
situazione occupazionale che rappresentano
un problema per il 47% degli europei.
Al dialogo di alto livello sono intervenuti
anche Il presidente del CESE Georges Dassis,
il direttore dell’OIL – ILO Guy Ryder, e la
commissaria Ue per l’Occupazione e gli affari
sociali Marianne Thyssen che nei loro
interventi hanno fatto riferimento alla
doppia natura (opportunità e rischi) e ai
cambiamenti in atto:
«Al fine di costruire un futuro migliore per
tutti dobbiamo assicurarci che la società
civile prenda attivamente parte alla
costruzione di risposte per le nuove sfide, ma
al tempo stesso deve saper sfruttare le
opportunità che nascono dalle profonde
trasformazioni in atto» ha dichiarato il
presidente del CESE.
Analogo invito ad un ruolo attivo è stato
rivolto dal direttore generale OIL ILO a tutti
gli attori del mondo del lavoro «il futuro del
lavoro non è predeterminato e il futuro
dell’Europa dipenderà in larga parte dal
futuro del lavoro in Europa».
Allo «zoccolo duro dei diritti sociali» ha
invece fatto riferimento Marianne Thyssen
definendolo «essenziale per mercati del
lavoro e sistemi di protezione sociale
efficienti».
Proprio il pilastro europeo dei diritti sociali è
stato oggetto di una consultazione pubblica
che si chiuderà a fine anno e a cui stanno
partecipando Stati membri, partner sociali e
rappresentanti della società civile a dire
dell’esigenza di «risposte politiche che
prendano in considerazione l’agenda della
giustizia sociale nel contesto della
trasformazione del mondo del lavoro».
La sessione di dialogo di alto livello prevede
tavole rotonde su temi quali: il posto del
lavoro nella società, l’evoluzione delle forme
e delle condizioni di lavoro, gli effetti
dell’innovazione tecnologia sui luoghi e sulla
governance del lavoro.
15 novembre 2016 | ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI | per approfondire
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Prospettive
EuropeeA cura di CISL Lombardia
Previsioni economiche
d’autunno
Sono state diffuse il 9 novembre scorso le
previsioni economiche d’autunno della
Commissione europea. Si tratta, come
afferma la stessa Commisisone di previsioni
particolarmente esposte al rischio di revisioni
al ribasso vista l’instabilità del contesto
politico attuale (Brexit) e dello scenario
mondiale.
Viene pronosticata una «crescita a livello
moderato» in cui ostacoli e fragilità
ridimensionano la portata dei deboli segnali
positivi in tema di lavoro e consumi privati.
In termini di numeri si prevede per la zona
euro una crescita del PIL pari all'1,7% nel
2016, all'1,5% nel 2017 e all'1,7% nel 2018
(previsioni di primavera: 1,6% nel 2016 e
1,8% nel 2017). La crescita del PIL nell'intera
Ue dovrebbe seguire una tendenza analoga
attestandosi all'1,8% quest'anno, all'1,6% nel
2017 e all'1,8% nel 2018 (previsioni di
primavera: 1,8% nel 2016 e 1,9% nel 2017).
I consumi continueranno ad essere il motore
della crescita, sostenuti da aspettative
positive in tema di occupazione e da
moderata ripresa dei salari. Gli scenari relativi
alla politica monetaria e su quella di bilancio
sono definite rispettivamente
«accomodanti» e «non restrittivi» questo
dovrebbe determinare da un lato un ruolo
positivo degli oneri finanziari (che
continueranno a sostenere la crescita) e
dall’altro il proseguire della riduzione del
disavanzo del bilancio aggregato della zona
euro.
Le criticità evocate in questa edizione delle
Previsioni attengono all’incertezza politica.
alla lentezza della crescita nella zona extra-
Ue, alla debolezza del commercio mondiale,
al basso livello di performance economica
degli ultimi anni (che se continua rallenterà la
crescita) e alla fine di elementi positivi quali il
calo dei prezzi petroliferi e il deprezzamento
monetario.
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Gli aumenti previsti per il PIL sono, secondo
la Commissione, generalizzati e dovrebbero
avere impatto positivo su tutti gli Stati Ue.
Notizie buone, o migliori che in passato,
riguardano anche gli investimenti che
dovrebbero ripartire (+3,3% nel 2016, +3,1%
nel 2017 e +3,5% nel 2018), sostenuti anche
dal Piano Juncker e dalla progressiva
attuazione dei progetti finanziati con i fondi
UE 2014-2020.
Una dinamica debolmente positiva è prevista
anche per l’occupazione: si parla di crescita
dell’1,4% dell’occupazione sia per l’Ue sia per
l’eurozona nel 2016 e di un andamento
positivo ma più contenuto nei due anni
successivi.
Altri dati contenuti nelle Previsioni
riguardano: il rischio inflattivo determinato
dai prezzi dell’energia di cui si prevede un
aumento (l’inflazione passerebbe
dall’attuale 0,3% registrato sia per la zona
euro sia per l’Ue, a valori che nel 2018
dovrebbero attestarsi rispettivamente
all’1,4% e 1,7%); la riduzione dei disavanzi
pubblici (si prevede una riduzione del
rapporto debito/PIL dal 91,6% nel 2016
all'89,4% nel 2018) e, infine di commercio
internazionale : «Si prevede che le
importazioni crescano più rapidamente delle
esportazioni nella zona euro, dove l'avanzo
delle partite correnti dovrebbe diminuire nel
periodo contemplato dalle previsioni».
Proprio a partire dalle previsioni pubblicate a
inizio novembre è stato elaborato il
pacchetto di governance del semestre
europeo presentato la settimana successiva
(16 novembre 2016) che comprende: l’analisi
annuale della crescita, una comunicazione
sull'orientamento di bilancio della zona euro,
una raccomandazione sulla politica
economica della zona euro, e da un'analisi
approfondita delle condizioni economiche,
sociali e del mercato del lavoro. Di tutti
questi documenti si darà conto sul prossimo
numero di Internazionale Lombardia News.
09 novembre 2016 | ECONOMIA| per
approfondire
La povertà in Europa: i
dati Eurostat 2015
Eurostat, l’istituto di Statistica europeo ha
pubblicato i dati aggiornati al 2015 sulla
popolazione Ue a rischio di povertà o
esclusione sociale, condizione che nel 2015
ha coinvolto 119 milioni di individui, pari al
23,7% della popolazione.
Si torna, quindi, dopo tre anni consecutivi di
aumento (2009-2012) e un calo progressivo
negli anni seguenti, agli stessi livelli del 2008.
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Vengono prese in esame anche le differenze
tra Stati membri: quelli in cui la situazione è
più difficile sono Bulgaria, Romania e Grecia
con quote di popolazione a rischio di povertà
pari a 41,3%, 37,3% e 35,7% rispettivamente;
all’estremo opposto si collocano i Paesi
nordici: in Svezia è a rischio di esclusione il
16% della popolazione, leggermente più alte
le quote di Finlandia (16,8%) e Danimarca
(17,7%); ma anche la Francia (il cui dato è
come quello danese) e la Repubblica Ceca
(14%).
Nel panorama europeo, l’Italia fa registrare
tassi di rischio povertà ed esclusione più
elevati della media (28,7%), dato in aumento
di oltre tre punti percentuali che equivale a
oltre 7 milioni di persone.
Il rischio di povertà o esclusione sociale si
configura quando una persona vive almeno
una delle seguenti condizioni: insufficienza
delle risorse economiche dopo i
trasferimenti sociali, grave deprivazione
materiale, bassa intensità lavorativa del
nucleo familiare.
Una persona su 6 (il 17,3% della popolazione)
è a rischio di povertà monetaria dopo i
trasferimenti di Welfare, ha cioè un reddito
disponibile inferiore alla soglia di rischio
povertà.
La severa deprivazione materiale è una
condizione vissuta dall’8,1% dei cittadini
europei: il dato è in calo sia su base annua, sia
rispetto al 2008, le riduzioni sono
rispettivamente di 0,7 e 0,4 punti percentuali.
Infine le persone che vivono in nuclei a bassa
intensità lavorativa (cioè in cui gli adulti
lavorano per meno del 20% del tempo
disponibile per l’occupazione sono il 10.5%
della popolazione Ue di età inferiore ai 59
anni. Le situazioni più difficili si registrano in
Grecia, Spagna e Belgio, Paesi in cui i valori
vanno dal 16,8 al 14,9% mentre i tassi più
contenuti di bassa intensità lavorativa
appartengono a Lussemburgo (5,7%) e Svezia
(5,8%). La percentuale registrata in Italia è
dell’11,7%: poco più di sette milioni di
persone.
17 ottobre 2016| SOCIALE| per approfondire
Indice della giustizia
sociale in Europa
Secondo l’edizione 2016 del Social Justice
Index, pubblicato come ogni anno dalla
Fondazione Bertelsmann, la giustizia sociale
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è migliorata nella maggior parte degli Stati
Ue, dopo che anche a causa della crisi, tra il
2012 e il 2014 si erano raggiunti un po’
dovunque i livelli più bassi.
«Solo nei prossimi anni – precisano però dalla
Fondazione – , sapremo se si tratta di una
tendenza stabile e di lunga durata o di una
dinamica temporanea».
Sicuramente si è arrestata la «tendenza al
ribasso» registrata in molti Paesi dal 2008 per
quanto riguarda la partecipazione anche se
quasi nessuno degli Stati Ue (fanno eccezione
Regno Unito, Polonia, Lussemburgo,
Germania e Repubblica Ceca) raggiunge i
livelli pre crisi.
Cresce ad esempio la partecipazione al
mercato del lavoro (i Paesi virtuosi sembrano
essere Irlanda e Italia) ma non si può ancora
parlare di una vera e propria inversione di
tendenza in termini di giustizia sociale perché
i segni lasciati dalla crisi soprattutto nel sud
dell’Europa (Spagna e Grecia in particolare)
sono molto profondi.
Continua invece ad «essere preoccupante» la
diffusione della povertà e dell’esclusione
sociale: i Paesi nordici (Svezia, Finlandia e
Danimarca), che pure hanno perso qualche
punto rispetto al 2007, confermano di essere
quelli socialmente più giusti. Nel gruppo di
testa anche Austria, Germania e Repubblica
Ceca che hanno i tassi di rischio povertà più
bassi d’Europa (un po’ in controtendenza la
Germania) e che hanno fatto progressi
importanti soprattutto in tema di accesso
alle cure (Austria) e mercato del lavoro come
accade in Germania dove però la solidarietà
intergenerazionale sembra segnare il passo.
Lo scarto tra i Paesi che stanno meglio e gli
altri si è ridotto di poco nell’ultimo anno e
resta ancora elevato. Il Rapporto registra lo
scarso impegno profuso da tutti i Paesi Ue in
tema di lotta alla discriminazione dei gruppi
vulnerabili, rafforzamento della solidarietà
intergenerazionale ed equità nella
distribuzione del reddito.
Particolarmente allarmante, poi la scoperta
secondo la quale un numero sempre
crescente di lavoratori a tempo pieno si trova
a rischio di povertà ed esclusione sociale.
I lavoratori poveri (working poor) sono oggi
circa l’8% della popolazione dell’Ue; la loro
condizione è causata soprattutto
dall’espansione dei settori occupazionali a
basso reddito e dalla «dualizzazione» del
mercato del lavoro, cioè quel processo di
segmentazione visibile in un numero sempre
più ampio di Paesi per cui da un lato ci sono i
lavoratori garantiti e tutelati e dall’altro tutti
gli altri tra cui in particolare i più giovani: la
disoccupazione giovanile ha cominciato a
ridursi ma resta altissima e lontana dai livelli
pre-crisi.
Proprio a minori e giovani il Rapporto dedica
un focus specifico sottolineando come per
loro si riducano progressivamente le
opportunità. Ciò porta con sé non soltanto
l’aumentato rischio di povertà ed esclusione
perchè mancano le opportunità di avere
lavoro e reddito (in alcuni Paesi è a rischio un
giovane su tre) ma anche la rottura della
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solidarietà intergenerazionale e il dilagare
del fenomeno NEET (Not in Education,
Employment and Training) che nell’Ue sono
stimati in una quota pari al 17,3% dei giovani
ma che in Italia arrivano al 31%.
15 novembre 2016| SOCIALE| per
approfondire
Europarlamentari in
visita ai campi
profughi
Si è svolta il 3-4 novembre scorso la visita di
11 eurparlamentari ai campi profughi vicini
ad Atene. Al rientro la capo-delegazione, la
Popolare francese Constance Le Grip ha
sottolineato la necessità di far rispettare gli
impegni di accoglienza a tutti gli Stati,
mettendo in evidenza in particolare la
difficile condizione di vita delle donne sia
durante il viaggio sia nella permanenza nei
campi: «Le donne che scappano dalle loro
case sono esposte a pericoli maggiori per la
propria integrità psicologica rispetto agli
uomini. Innanzitutto, c’è lo sfruttamento
sessuale che fa diventare molte donne
vittime della tratta. E può succedere anche
una volta che sono già in Europa, come nei
campi d’accoglienza ad esempio. Non ci
sono sicurezza e sorveglianza sufficienti, non
possono mai stare sole e anche i bagni sono
comuni. Chi lavora nei campi racconta
dell’alto livello di violenza domestica a cui
sono esposte queste donne» ha dichiarato Le
Grip.
Anche la situazione dei minori non
accompagnati risulta particolarmente grave
e c’è una situazione di ulteriore vulnerabilità
delle ragazze soprattutto dal punto di vista
psicologica.
Nella testimonanza della capo-delegazione
anche un appello alla solidarietà nei confronti
della Grecia che «ha estremo bisogno che
altri Paesi si dimostrino solidali,
particolamente per la questione dei minori»
dal momento che in Grecia non ci sono le
condizioni ottimali per poter seguire questi
ragazzi.
3 novembre 2016| SOCIALE| per approfondire
Città europee “verdi”
Due i riconoscimenti per i quali le città
europee dovevano presentare entro il 16
novembre la loro candidatura: il premio
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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“Green Leaf 2018” e il riconoscimento
“Capitale verde d’Europa 2019”.
Si sono candidate in tutto 28 città grandi e
piccole di tutti gli Stati membri. Il Paese che
ha avanzato il maggior numero di
candidature è il Portogallo che porta due
città (Funchal e Lisbona) a competere quali
possibili Capitali verdi 2019 e ne mette in
gara addirittura tre (Barreiro, Fundão e
Oliveira do Hospital) per il premio Green
Leaf. Tre cadidature per Italia (Firenze e
Bologna potenziali capitali verdi e Grottaglie
per il premio Green leaf), Spagna (Siviglia
come Capitale, Girona e Llorca nell’altra
competizione) e Lituania (Slytud, Jonava e
Turagé concorrono per il premio Green Leaf).
Sono due le candidature del Belgio (Gand
come Capitale e Lovanio per il premio Green
Leaf) ep er l’Albania (Karmëz e Kuke s).
Le altre città candidate al premio Capitale
verde d’Europa sono: Lathi (Finlandia) Oslo,
Pechs (Ungheria), Strasburgo, Tallin
(Estionia) e Varsavia. Competono invece per
il premio Green Leaf Gabrovo (Bulgaria)
Ludwugsburg (Germania) e Vakjo (Svezia).
Il record è stato commentato con
soddisfazione dal commissario europeo per
l’Ambiente Karmenu Vella «sono sempre di
più – ha detto – le città che hanno compreso
come l’investimento “verde” sia un
invesimento sul benessere delle persone
e.sul potenziale di crescita delle comunità
I due premi, gunti rispettivamente alla
decima e alla terza edizione, riconoscono gli
sforzi fatti dalle città per trovare soluzioni
innovative di sostenibilità ambientale capaci
di attirare investimenti (Green Capital) e per
migliorare la qualità di vita dei cittadini.
Si metteranno ora al lavoro le giurie di esperti
e i vincitori saranno proclamati ad Essen,
Capitale verde d’Europa per il 2017 nel
giugno prossimo.
3 novembre 2016| AMBIENTE | per
approfondire
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Immigrazione ecittadinanza
A cura di ANOLF Lombardia
Reinsediamento ericollocazioni:rispettare gli impegni
La Commissione europea ha adottato il 9
novembre scorso la sesta relazione sui
programmi di ricollocazione e di
reinsediamento d'emergenza dell'Ue che
contiene una valutazione di quanto accaduto
dal 28 settembre 2016.
Ad oggi sono 11.852 le persone bisognose di
protezione internazionale che hanno trovato
canali legali di ingresso nell’Ue, secondo i
programmi di reinsediamento, raggiungendo
quindi la metà del numero previsto 22.504.
Le persone che invece hanno beneficiato del
programma di ricollocazione sono state
1.212 con un calo pronunciato anche se non
inatteso rispetto agli obiettivi e alle
tendenze degli ultimi mesi.
La tendenza dell’ultimo periodo (settembre,
novembre) sembra però in riduzione a
indicare che «occorrono ulteriori sforzi da
parte degli Stati membri per mantenere la
tendenza positiva osservata finora».
Gli 11.852 reinsediamenti hanno permesso
l’accoglienza di richiedenti protezione in 21
Stati di Ue (Austria, Belgio, Repubblica Ceca,
Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia,
Germania, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia,
Liechtenstein, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia,
Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno
Unito). La Svezia, il Regno Unito e la Finlandia,
nonché gli Stati associati Svizzera,
Liechtenstein e Islanda, hanno già rispettato
i loro impegni.
I reinsediamenti riguardano anche i
progfughi siriani al centro dell’accordo UE-
Turchia del 4 aprile 2016. Si tratta
complessivamente di 2.217 siriani, di cui 603
nel periodo successivo alla precedente
relazione. Il ritmo di reinsediamento è stato
mantenuto e oltre a Belgio, Estonia, Francia,
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
15
Germania, Italia, Lettonia, Lituania,
Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo,
Spagna e Svezia sono stati effettuati
reinsediamenti anche in Norvegia. Gli Stati
membri dovrebbero continuare a onorare i
loro impegni di reinsediamento, anche
nell'ambito dell'attuazione della
dichiarazione UE-Turchia.
Le ricollocazioni del periodo ottobre
novembre sono state, come detto, 1.212
persone, di cui 921 dalla Grecia e 291
dall'Italia.
Il dato di ottobre è in calo rispetto ai mesi
precedenti (779, di cui 549 dalla Grecia e 230
dall'Italia) ma il dato di novembre, indica che
questo rallentamento dovrebbe costituire
un'eccezione.
La Commissione sottolinea, comunque che
«questo arresto momentaneo nell'ambito di
una tendenza complessivamente positiva
conferma che occorrono ulteriori sforzi per
aumentare il numero di trasferimenti mensili
e per mantenere stabile il ritmo di
ricollocazione. Inoltre, anche se la
ricollocazione di minori non accompagnati ha
iniziato ad aumentare, bisogna impegnarsi di
più affinché tutti i minori non accompagnati
ammissibili alla ricollocazione siano
prontamente trasferiti».
La Commissione fa inoltre appello agli Stati
membri che hanno già partecipato al
programma di ricollocazione perché
continuino ad assumere impegni e a
ricollocare su base regolare e secondo la
quota loro assegnata, abbrevino i tempi di
risposta alle richieste di ricollocazione e
condividano informazioni sui motivi di rifiuto
tramite il canale sicuro offerto da Europol, e
perché aumentino le loro capacità di
accoglienza per alloggiare i candidati alla
ricollocazione.
La Commissione invita altresì la Grecia e
l'Italia a continuare ad accrescere le loro
capacità di trattamento delle domande; in
particolare, incita la Grecia a istituire i
rimanenti centri di ricollocazione, e l'Italia a
mettere in atto gli accordi presi con Europol
e ad eseguire le prime ricollocazioni di minori
non accompagnati.
09 novembre 2016| ACCOGLIENZA| per
approfondire
Rapporto sullaprotezioneinternazionale in Italia
É stato presentato il 16 novembre scorso a
Roma il Rapporto sulla protezione
internazionale in Italia realizzato da ANCI,
Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione
Migrantes, Servizio Centrale dello SPRAR in
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
16
collaborazione con l’alto Commissariato ONU
per i rifugiati ACNUR UNHCR.
Il Rapporto fa il punto sul fenomeno dei
migranti forzati nel mondo e su quello dei
richiedenti protezione internazionale in Italia
e in Europa, con un importante focus sulla
salute mentale e immigrazione nel nostro
Paese.
Nel 2015 e nel primo semestre del 2016 si
sono acuite e cronicizzate molte situazioni di
guerra: si contano 35 conflitti in atto e 17
situazioni di crisi.
Tali scenari di guerra provocano la fuga di un
numero tanto maggiore di persone quanto
più lungo e cruento diventa il conflitto o
quanto più perdurano nel tempo situazioni di
insicurezza, violenza e violazione dei diritti
umani. Nel mondo, nel corso del 2015, sono
state costrette a fuggire dalle loro case circa
34.000 persone al giorno: in media 24
persone al minuto.
Altri motivi di fuga sono costituiti dalle
disuguaglianze economiche, dalle
disuguaglianze nell’accesso al cibo e
all’acqua, dal fenomeno del cosiddetto land
grabbing (la sottrazione di terreni produttivi
nei paesi più poveri) e dall’instabilità creata
dagli attentati terroristici. Nel 2015 sono
stati 65,3 milioni i migranti forzati nel mondo,
di cui 21,3 milioni di rifugiati, 40,8 milioni di
sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti
asilo.
Nello scenario mondiale, i Paesi che
accolgono il maggior numero di rifugiati si
trovano in regioni in via di sviluppo. La
Turchia si conferma il Paese che ospita il
maggior numero di rifugiati con 2,5 milioni di
persone accolte, rispetto agli 1,6 milioni dello
scorso anno; la Siria è il primo paese di origine
con 4,9 milioni di rifugiati.
16 novembre 2016| ACCOGLIENZA| per
approfondire
L’impattodell’economiaimmigrata
É stato presentato al Viminale lo scorso 11
Ottobre il sesto Rapporto annuale
sull’economia dell’immigrazione a cura della
Fondazione Leone Moressa.
Il Rapporto riprende gli ultimi dati Eurostat
(35 milioni di cittadini che risiedono in un
Paese diverso da quello di origine pari al 9,6%
della popolazione, ma il dati comprende
anche i cittadini europei e non solo quelli di
Stati terzi) ed espone la “classifca” basata
sull’indice di attrattività migratoria elaborato
dalla Fondazione Leone Moressa: i Paesi del
Nord Europa risultano più attrattivi sia sul
piano dell’integrazione che su quello del
benessere. L’Italia risulta solo dodicesima,
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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rallentata da un forte differenziale di reddito
tra autoctoni e immigrati, bassi titoli di studio
ed elevato rischio povertà.
Parlando poi dell’impatto economico, il
Rapporto sottolinea che gli immigrati
contribuiscono al sistema del welfare e alla
tenuta del sistema economico. Ad esempio,
con riferimento all’Italia vengono citati i dati
relativi alla quota di popolazione attiva
(77,6% tra gli immigrati e 63% tra gli
autoctoni) e al tasso di occupazione che si
spiegano da un lato con l’età (la popolazione
immigrata è più giovane) e in parte con lo
stretto legame tra lavoro e soggiorno.
La crisi si è fatta sentire molto dagli immigrati
occupati prevalentemente nei settori più
colpiti (ad esempio l’edilizia) ma hanno
dimostrato maggiori capacità di
adattamento
Il contributo degli immigrati alla produzione
di ricchezza è stimato in 127 miliardi di euro,
pari all’8,8% del Valore Aggiunto
complessivo.
Non poca di questa ricchezza è prodotta da
imprenditori stranieri: 656.000 nel 2015 e
soprattutto, in aumento rispetto agli
autoctoni: mentre questi ultimi diminuiscono
(-7,4% dal 2010 al 2015), gli immigrati
aumentano (+20,4%) con una prevalenza di
imprenditori provenienti da Marocco, Cina e
Romania.
Dal punto di vista fiscale, i contribuenti nati
all’estero sono 3,5 milioni nel 2015. Di questi,
2,2 milioni sono effettivi contribuenti IRPEF.
Il volume complessivo dei redditi dichiarati è
di 46,6 miliardi di euro per un gettito di 6,8
miliardi di euro.
Altre entrate fiscali oltre all’IRPEF conferite
dagli immigrati (imposte indirette, sui
carburanti, lotto e lotterie, tasse su
permesso di soggiorno e cittadinanza)
valgono circa 3 miliardi d euro (2015).
I contributi previdenziali, che contribuiscono
di fatto al mantenimento del sistema
pensionistico hanno raggiunto nel 2014 un
valore di 10,9 miliardi di euro (5% del totale
del gettito contributivo), somma che
equivale al pagamento di 640 mila pensioni.
Sommando i contributi versati negli ultimi 6
anni, si raggiunge quota 57 miliardi.
Infine, nel Rapporto viene analizzata la spesa
pubblica italiana destinata ai cittadini
immigrati (Calcolo a costi standard, ripartito
per gli utenti stranieri per ogni voce di
bilancio). Secondo questa stima, nel 2014 la
spesa pubblica per l’immigrazione ammonta
a 14,7 miliardi di euro e rappresenta l’1,75%
della spesa pubblica totale.
11 ottobre 2016| INTEGRAZIONE| per
approfondire
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Cooperazione allosviluppo
A cura di ISCOS Lombardia
Quante risorse per gliaiuti allo sviluppo
AGIRE, network di 9 ONG italiane e la Scuola
Superiore Sant’Anna di Pisa hanno realizzato
il Rapporto dal titolo “Risorse per la risposta
alle emergenze umanitarie” che rileva gli
sforzi della comunità internazionale (un 2015
da record con 28 miliardi di dollari di aiuti
umanitari, +12% rispetto al 2014) ma anche la
loro insufficienza rispetto ai bisogni delle
popolazioni colpite da conflitti e catastrofi
naturai.
Resta scoperto il 45% del fabbisogno e l’Italia
si posiziona al diciassettesimo posto nella
classifica dei donatori globali,
Per quanto “record” la cifra di 28 miliardi è
irrisoria se si pensa che «ogni anno nel mondo
si spreca cibo per un valore di 1.000 miliardi
di dollari» e che l’entità dei bisogni umanitari
ha subito un incremento, raggiungendo
picchi allarmanti (65,3 milioni di persone
sfollate per conflitti e persecuzioni e 89,4
milioni di profughi ambientali).
Per far fronte a questa drammatica
situazione i Governi hanno investito in
assistenza umanitaria 21,8 miliardi di dollari e
l’Aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi Ocse
relativo alla spesa per l’ospitalità interna dei
rifugiati è salito dai 6,6 miliardi di dollari del
2014 a 13,9 miliardi di dollari del 2015.
Aumentano i «nuovi donatori», (Turchia,
Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Arabia Saudita)
«Il cui contributo è più che triplicato dal 2013
al 2015, soprattutto grazie alla forte risposta
dei Paesi mediorientali alle recenti crisi che
hanno colpito la regione». Infatti si tratta di
Paesi islamici sunniti coinvolti in vario modo
nelle guerre siriana/irakena o nello Yemen.
Crescono anche i donatori privati (individui,
fondazioni e aziende), il cui impegno
economico aumenta del 12,7%,
raggiungendo i 6,2 miliardi di dollari. Un
apporto essenziale per continuare ad
assicurare interventi di risposta alle
emergenze anche in Italia, dove le ONG nel
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
19
2015 hanno ricavato in media il 58% dei fondi
complessivi a loro disposizione dal settore
privato (individui, 5×1000, aziende e
fondazioni). Il 32% deriva invece da contributi
di organizzazioni internazionali (Ue
compresa) e solo il 6% da istituzioni
pubbliche italiane.
16 novembre 2016| AIUTI ALLO SVILUPPO| per
approfondire
La valutazione diimpatto nellacooperazione
Uno degli effetti della nuova legge sulla
cooperazione è sicuramente la nuova
centralità della valutazione di impatto delle
azioni realizzate.
In questo quadro il network Link 2007 ha
elaborato il documento dal titolo “Policies di
valutazione di impatto di iniziative di
cooperazione allo sviluppo”, un vero e
proprio vade mecum per chi opera sul campo.
Partendo dall’assunto che la valutazione di
impatto deve essere impostata ex-ante, il
vade mecum definisce in che cosa consiste il
valore sociale che deve essere misurato
quando si parla di valutazione di impatto è il
«il cambiamento tangibile e duraturo
generato da un’organizzazione in un
determinato contesto d’azione. In tal senso,
la creazione di valore sociale non è
contrapposta a quella di valore economico».
Centrali in questo tipo di valutazione sono,
poi il coinvolgimento degli stakeholders,
l’attenzione alle modalità di realizzazione
dell’azione e il focus specifico sulle
dimensioni della resilienza e della riduzione
della vulnerabilità dei beneficiari.
Altre questioni affrontate dal vade mecum
riguardano gli aspetti metodologici della
valutazione, con una predilezione per i
«modelli olistici», l’uso combinato di variabili
qualitative e quantitative, l’utilizzo di metodi
di misurazione che restituiscano un valore
economico monetario,
La valutazione di risultato dovrebbe
prendere in considerazione quattro
dimensioni di misurazione: sociale,
economica, politica e ambientale.
La valutazione rafforza l’accontability
dell’intervento, in primis rispetto ai
beneficiari. Considerando prioritario questo
obiettivo, la valutazione dà conto dei successi
o insuccessi dell’azione alla pluralità degli
stakeholders, tra i quali i donatori e quanti vi
hanno operato. La valutazione deve
obbligatoriamente includere anche eventuali
impatti negativi, connessi con il
cambiamento generato che deve essere
adeguatamente descritto. Il processo di
misurazione deve essere reso noto ed
esplicitato. E’ inoltre auspicabile che venga
sottoposto a convalida esterna, da parte di
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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soggetti qualificati, al fine di garantire la
massima indipendenza dei risultati ed evitare
il rischio di sovrastime, in caso di valutazione
positiva.
Rispetto alle fonti si prediligono sistemi di
rilevazione diretta ove la raccolta dei dati
sistematica è prevista in fase di
progettazione.
16 novembre 2016| AIUTI ALLO SVILUPPO| per
approfondire
Cop 22: dichiarazioneinterreligiosa sulclimaIl documento, firmato da oltre 230 leader
religiosi di 44 Paesi è stato consegnato a un
alto funzionario dell’Equipe sui cambiamenti
climatici del Segretario delle Nazioni Unite.
La Dichiarazione invita gli Stati a gestire in
maniera equa la transizione verso
un’economia a basse emissioni di carbonio ed
esorta i governi a spostare migliaia di miliardi
di investimenti da combustibili fossili ad
energie rinnovabili, in linea con l’accordo di
Parigi e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
(SDGs).
La Dichiarazione interreligiosa è stata
promossa da più di 30 organizzazioni
internazionali di ispirazione religiosa tra cui
FOCSIV ed è un unico potente invito per la
giustizia climatica che unisce le voci dei
leader delle diverse confessioni religiose di
tutto il mondo tra i quali: il Dalai Lama, Mons.
Marcelo Sánchez Sorondo, Cancelliere della
Pontificia Accademia delle Scienze, il
Reverendo Olav Fykse Tveit, Segretario
generale del Consiglio Mondiale delle Chiese,
Sayyid M. Syeed della Società Islamica del
Nord America, l’Arcivescovo Desmond Tutu e
oltre 220 altri rappresentanti religiosi.
Particolarmente importanti le adesioni di 4
Vescovi italiani e di illustri rappresentanti dei
Salesiani, Gesuiti, Domenicani, Cappuccini,
Suore Francescane, Benedettini e
Carmelitani.
La Dichiarazione è pienamente coerente con
il forte messaggio del Segretario Generale
dell’Onu Ban Ki-moon che più volte ha
sottolineato l’urgenza di reindirizzare gli
investimenti verso le energie rinnovabili,
riconoscendo il forte impatto dell’azione
religiosa nella questione climatica: «la terza
più grande categoria di investitori, che
possono contribuire alla creazione di edifici
religiosi sostenibili. Investire eticamente in
prodotti sostenibili ed essere di esempio per
gli stili di vita di miliardi di persone, le cui
azioni possono incoraggiare i leader politici
ad agire con più coraggio nel proteggere le
persone e il pianeta».
16 novembre| 2016| CAMBIAMENTO
CLIMATICO| per approfondire
Internazionale Lombardia Newsn. 19 novembre 2016
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Progetti
Premiato un film prodotto da ISCOS CISL
Data inizio Data fine
Comunicazioni sull’attività in corsoIl film “Pesci piccoli”, di Tommaso Facchin, girato in Cina e prodotto da Iscos Cisl, ha vinto a Brescia
il premio “Salute e sicurezza sul lavoro” del Concorso Gavioli. Facchin è già vincitore del Premio
Gavioli nel 2012 con Dreamwork China, documentario sempre prodotto da Iscos.
La storia del film è quella di Small fish, organizzazione non governativa che offre supporto e
consulenza legale ai lavoratori di Yongkang (Zhejiang) e racconta une delle facce non conosciute
della Cina attuale. Una testimonianza toccante della complessità politica, fisica ed esistenziale
della condizione operaia in quella che oggi è l’”officina del mondo”.
Per saperne di più
Bacheca24 novembre 2016 ore 14.30
I Panni sporchi non si lavano in famiglia
Convengo sulla violenza contro le donne | palazzo della
Provincia Monza Brianza | Scarica l’invito
Redazione:Marina Marchisio, Miriam Ferrari, Paola Bordi, Luis Lageder, Tino Fumagalli
Con il contributo di In collaborazione con
FNP – Lombardia Associazione per l’incontro
delle culture in Europa (APICE)