Inserto "CGIL" - Aprile 2011

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I supplemento al numero 4 - Anno III - aprile 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org Gli interessi che rappresentano e difendono i sindacati dei lavoratori sono interes - si di carattere collettivo e non particolaristico o egoistico; interessi che in linea di massima coincidono con quelli generali della nazione. Il benessere generalizzato dei lavoratori, infatti, non può derivare che da un maggiore sviluppo dell'economia nazionale, da un aumento incessante della produzione, da un maggiore arricchi - mento del paese, oltre che da una più giusta ripartizione dei beni prodotti. Non è mai accaduto, e non può accadere ai liberi sindacati dei lavoratori, di avere inte- ressi contrari a quelli della collettività nazionale, com'è accaduto - e può sempre accadere, invece - a determinati tipi di associazioni padronali (trust, cartelli, intese ecc.), i quali sono notoriamente giunti a limitare di proposito la produzione - ed anche a distruggerne notevoli quantità- per mantenere elevati i prezzi, allorquan - do i prezzi elevati, piuttosto che la massa di prodotti vendibili, assicurano agli in - teressati maggiori profitti, con danno evidente della maggioranza della popolazio - ne e della nazione [...] I sindacati dei lavoratori rappresentano la forza produttrice fondamentale della società e la stragrande maggioranza della popolazione econo- micamente attiva nei vari rami dell'industria, dell'agricoltura, del commercio, del credito, della scuola, dei pubblici servizi ecc. Tutta la società moderna pone il la- voro come fondamento del proprio sviluppo. Se la funzione sociale del lavoro, e quindi delle organizzazioni sindacali che lo rappresentano, sono considerate sem- pre di maggiore preminenza, in tutti i paesi economicamente più sviluppati ciò è tanto più giusto e necessario in Italia, dove il capitale più grande e più prezioso di cui dispone la nazione è rappresentato appunto dalla sua immensa forza-lavoro; ossia, dal gran numero di lavoratori che conta il nostro paese, nonché dalle loro spiccate e riconosciute capacità tecniche e professionali che - attraverso il lavoro dei nostri emigrati - si sono affermati in quasi tutti i paesi del mondo. I lavoratori, per la loro condizione sociale, sono i maggiori interessati al consolidamento e allo svi- luppo ordinato della libertà e delle istituzioni democratiche, come lo comprova il fat - to che essi hanno costituito il nerbo decisivo delle forze nazionali che hanno abbat - tuto il fascismo ed hanno portato un contributo efficiente alla liberazione della patria dall'invasore tedesco. I sindacati dei lavoratori, quindi, costituiscono obiettivamente uno dei pilastri basilari dello Stato democratico e repubblicano e un presidio sicuro e forte delle civiche libertà, che sono un bene supremo dell'intera nazione. I sindacati dei lavoratori, quali organismi unitari di milioni di cittadini in tutte le province d'Italia e tutori dei loro interessi collettivi e solidali, costituiscono obiettivamente il tessuto connettivo più solido della nazione e della sua stessa unità. (Giuseppe Di Vittorio, Intervento all’Assemblea Costituente, 1945) Foligno, Piazza della Repubblica Comizio del primo maggio 1958 Camera del Lavoro di Foligno Murales cileno - 1971 CGIL CGIL Cera una volta la quando c erano i Comunisti

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Mensile d'informazione politica e cultura dell'Associazione comunista "Luciana Fittaioli" con sede a Foligno (PG)

Transcript of Inserto "CGIL" - Aprile 2011

Page 1: Inserto "CGIL" - Aprile 2011

I

supplemento al numero 4 - Anno III - aprile 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org

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Foligno, Piazza della RepubblicaComizio del primo maggio 1958

Camera del Lavoro di FolignoMurales cileno - 1971

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quando ceranoi Comunisti

Page 2: Inserto "CGIL" - Aprile 2011

II III

Storia della CGIL ai tempi dei comunisti(Tratto da un opuscolo di BrunoRavasio per i 100 anni dellaCGIL)

1. Nascita di un sindacatoLa CGIL è nata a Milano nell’au-

tunno del 1906, ma la sua storia

inizia almeno mezzo secolo pri-

ma. Nella seconda metà del

1800, molto in ritardo su altri

paesi europei, anche nel Regno

d’Italia nascono le prime forme

di industria moderna. L’Italia è

un paese molto povero, preva-

lentemente agricolo, su circa 25

milioni di abitanti solo un milio-

ne sa leggere e scrivere, molti

meno quelli che hanno il diritto

di voto, solo in virtù del “ censo”

e riservato ai maschi. La nascita

delle fabbriche al nord provoca

un massiccio esodo di contadini

dalle campagne verso le città

dove si concentrano le industrie

e determina la formazione di

due classi sociali: la borghesia

industriale, che possiede i

“mezzi di produzione” con i

quali accumula capitale, e il pro-

letariato, che dispone solo della

propria “forza lavoro”. E’ la na-

scita del capitalismo che con la

“rivoluzione industriale” cam-

bia radicalmente il vecchio lavo-

ro su base artigianale. Agli albo-

ri del capitalismo, il prezzo della

merce-lavoro è davvero molto

basso: l’accumulazione di capi-

tali richiede il massimo dello

sfruttamento del lavoro ope-

raio. Salari che consentono la

pura sopravvivenza fisica, orari

di lavoro massacranti, disciplina

durissima, nessuna forma di tu-

tela per infortuni, malattie, gra-

vidanza, pensioni. Ancora peg-

gio va alle donne e ai fanciulli,

largamente sfruttati e sottopa-

gati. Nascono così le “società di

mutuo soccorso” che hanno lo

scopo di fornire sussidi ai pro-

pri aderenti. I soci si autotassa-

no per permettere a chi si am-

mala, o si infortuna, o alla fami-

glia di chi muore di poter attin-

gere a un fondo comune. Nel

1891 a Milano, Piacenza e Tori-

no nascono le prime “Camere

del Lavoro” e nel 1892 il Partito

Socialista Italiano, che dichiara

le Camere del lavoro strumento

di lotta sindacale dei lavoratori.

Nel 1901 si costituiscono le pri-

me federazioni sindacali: tipo-

grafi, ferrovieri, edili, lavoratori

agricoli e la FIOM. Nell’ultimo

decennio del secolo, tuttavia, le

classi dominanti tentano, con il

governo Crispi, di reprimere

con spietata durezza le mobili-

tazioni sociali che crescono in

ogni parte del paese. L’ultimo

grande tentativo di reprimere

con la forza le crescenti lotte per

il diritto all’organizzazione sin-

dacale, l’aumento dei salari e la

riduzione degli orari di lavoro

avviene nel dicembre 1900, con

lo scioglimento della Camera

del lavoro di Genova. Lo sciope-

ro di protesta, proclamato dai

lavoratori portuali, si estende

immediatamente agli operai

delle fabbriche e coinvolge tutta

la città. Il decreto di scioglimen-

to viene revocato. Il grande suc-

cesso del primo sciopero gene-

rale contribuisce a determinare

una profonda svolta politica in

Italia. Finalmente le classi domi-

nanti si accorgono che non è più

possibile solo reprimere le ri-

vendicazioni. Il 29 settembre

1906, a Milano, le Camere del la-

voro, le Leghe e le Federazioni

decidono di confluire in una

unica organizzazione e fondano

la Confederazione Generale del

Lavoro (CGdL). Sono presenti

all’atto di nascita delegati di

quasi 700 sindacati locali, in

rappresentanza di oltre 250.000

iscritti.

2. La CGdL - ConfederazioneGenerale del LavoroFin dall’inizio, la CGdL si confi-

gura come organizzazione ba-

sata sulla solidarietà generale

fra lavoratori e non soltanto sul-

la rappresentanza di mestiere.

Un ruolo importantissimo è

svolto dalle Camere del Lavoro

con funzioni di unificazione

della classe operaia e di coordi-

namento fra i sindacati, gesti-

scono il collocamento al lavoro

e la formazione, prestano assi-

stenza nelle controversie di la-

voro. Nelle Camere del Lavoro si

insegna a leggere e scrivere e si

organizzano biblioteche popo-

lari. La CGdL si caratterizza per

una struttura fortemente cen-

tralizzata e, a differenza delle

Trade Unions inglesi e dei sin-

dacati tedeschi, l’idea di confe-

derazione generale prevale su

quella delle singole federazioni

di categoria. Nel primo decennio

del nuovo secolo si realizzano

importanti conquiste nell’ambi-

to della legislazione sociale e si

affermano significative espe-

rienze di contrattazione territo-

riale e nazionale. Il governo Gio-

litti vara le prime leggi di tutela

del lavoro delle donne e dei fan-

ciulli, decreta l’assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni

sul lavoro, regola il riposo setti-

manale e impone il divieto del

lavoro notturno in alcuni setto-

ri. Inoltre, riforma la Cassa na-

zionale invalidità e vecchiaia,

primo embrione del futuro Isti-

tuto Nazionale della Previdenza

Sociale. Si firmano i primi con-

tratti collettivi di lavoro e nasco-

no le prime forme di rappresen-

tanza sui luoghi di lavoro, le

Commissioni Interne, i contratti

aziendali alla Società Automobi-

listica Itala di Torino e alla Bor-

salino ne legittimano l’esisten-

za. Il cauto riformismo del go-

verno Giolitti subì una brusca

inversione di tendenza con la

guerra di Libia (1911-1912). Nel

segno di un nazionalismo ag-

gressivo e reazionario, ripren-

dono le repressioni poliziesche

contro il movimento operaio. La

CGdL, che si oppone alla guerra

coloniale, è indebolita dalla scis-

sione dei sindacalisti rivoluzio-

nari che formano la USI, che a

sua volta subirà una scissione

da parte dei sindacalisti “inter-

ventisti”, favorevoli all’entrata in

guerra dell’Italia. La situazione

peggiora con lo scoppio della

prima guerra mondiale. La

CGdL proclama manifestazioni

contro la guerra in tutto il paese.

Quando l’Italia entra in guerra,

viene decretata la “mobilitazio-

ne industriale”, le industrie di

importanza strategica sono sot-

toposte a disciplina militare e

viene abolito il diritto di sciope-

ro. Anche la legislazione sociale

introdotta nel periodo giolittia-

no è di fatto abrogata. Alla fine

della guerra, le tensioni accu-

mulate durante il conflitto, con

una l’inflazione spaventosa de-

terminata dalla mancanza dei

generi di prima necessità, inne-

scano una formidabile ripresa

della conflittualità sociale e del-

le rivendicazioni sindacali. La

forza organizzata dalla CGdL

cresce nel “biennio rosso”

(1920-1921), dai 250.000 iscritti

alla fine della guerra a oltre 1

milione nel 1919 e 2 milioni e

duecentomila nel 1920. Nel tu-

multuoso clima politico e socia-

le del dopoguerra, fortemente

influenzate dall’esempio della

rivoluzione sovietica, si ottengo-

no grandi conquiste. Nel feb-

braio del 1919 la FIOM realizza

la storica conquista della gior-

nata lavorativa di 8 ore. A Tori-

no, per impulso del movimento

Ordine Nuovo di Antonio Gram-

sci e Palmiro Togliatti, si impon-

gono nuovi strumenti di rappre-

sentanza operaia, sul modello

dei soviet bolscevichi: i consigli

di fabbrica. Nel 1920 la FIOM

presenta agli industriali un me-

moriale contenente rivendica-

zioni salariali e normative. Dopo

il rifiuto dei padroni a trattare, si

arriva rapidamente all’occupa-

zione delle fabbriche, che coin-

volge circa 400.000 operai. L’oc-

cupazione delle fabbriche del

settembre 1920 si chiude con

una dura sconfitta e la reazione

padronale non si fa attendere. I

grandi gruppi industriali deci-

dono di finanziare il movimento

e i fascisti si scatenano contro le

sedi delle camere del lavoro,

delle cooperative, del partito so-

cialista e dei Comuni ammini-

strati dai socialisti in un clima

continuo di aggressioni, incendi

e omicidi spesso protetti dalle

forze dell’ordine. La risposta al-

lo squadrismo fascista è debole.

Il partito socialista è lacerato da

contrasti interni, che culminano

con la scissione, al congresso di

Livorno, con la fondazione del

Partito Comunista d’Italia. Sia-

mo nel 1921. La vecchia classe

politica di orientamento monar-

chico e liberale apre di fatto le

porte ai fascisti, nell’illusione di

poterli controllare. Nell’ottobre

del 1922 la monarchia favorisce

l’avvento al potere del partito fa-

scista, ancora largamente mino-

ritario nel paese, chiamando

Mussolini a formare il governo.

Con il Patto di Palazzo Chigi

(1925) e con il Patto di Palazzo

Vidoni (1926) il regime fascista

e la Confindustria stabiliscono il

riconoscimento giuridico del so-

lo sindacato fascista. Contem-

poraneamente, viene pratica-

mente eliminata la libertà di

espressione, di associazione e di

sciopero. All’inizio del 1927, il

Comitato Direttivo della CGdL

decide l’autoscioglimento. Molti

dirigenti sindacali tuttavia deci-

dono di tenerne vivo il nome:

così Bruno Buozzi esule in Fran-

cia, così dirigenti sindacali co-

munisti clandestinamente in

Italia.

3. Breve la vita della CGIL uni-tariaNei primi mesi del 1943 la “lun-

ga notte” del fascismo si avvia

alla sua tragica conclusione. Lo

sbarco degli alleati anglo-ameri-

cani in Sicilia, praticamente sen-

za incontrare resistenza, preci-

pita il regime fascista nel pani-

co. Ma un grave colpo alla credi-

bilità del regime era già stato in-

ferto nel marzo del 1943, con i

massicci scioperi che gli operai

di Torino e delle grandi fabbri-

che del Nord effettuarono – co-

gliendo del tutto di sorpresa

l’apparato fascista - per prote-

stare contro la guerra e il carovi-

ta. Fu l’inizio della riscossa ope-

raia, preparata nei mesi prece-

denti dalla CGdL clandestina, le

cui due anime - quella all’estero

di Bruno Buozzi e quella ope-

rante in Italia - avevano supera-

to stretto dal 1935 un patto di

unità di azione. Il 9 giugno del

1944, in una capitale ancora oc-

cupata dall’esercito nazista, vie-

ne firmato il Patto di Roma fra i

tre principali partiti antifascisti.

Il patto sancisce l’unità sindaca-

le e la ricostituzione della Con-

federazione Generale Italiana

del Lavoro (CGIL) e viene siglato

da Giuseppe Di Vittorio per il

PCI, da Emilio Canevari per il

PSI, da Achille Grandi per la DC.

Bruno Buozzi, che con Di Vitto-

rio aveva lavorato intensamente

alla realizzazione del Patto, era

stato trucidato dai tedeschi po-

chi giorni prima della sigla. La

Chiesa non si oppone a una

CGIL unitaria fortemente voluta

dai comunisti e dai socialisti ma,

a ogni buon conto, favorisce la

costituzione, nel 1945, delle

ACLI. Fino alla fine della guerra

la CGIL si adopera nelle regioni

liberate per diffondere le Com-

missioni Interne e le Camere del

lavoro e stipula accordi salariali,

fra cui quello per l’indennità di

contingenza (che deve appunto

semblea in fabbrica, il controllo

sull’organizzazione del lavoro,

la parità normativa fra operai e

impiegati, le “150 ore” per il di-

ritto all’istruzione dei lavoratori.

Lo sciopero generale indetto il

19 novembre dalle tre confede-

razioni sindacali sulle riforme e

in particolare sul diritto alla ca-

sa, registra un’adesione presso-

ché totale. Soprattutto cresce un

nuovo protagonismo dei lavora-

tori, che vogliono decidere le

piattaforme, rivendicano il dirit-

to a nuove forme di lotta, im-

pongono nuove pratiche demo-

cratiche. E’ la nascita dei consigli

di fabbrica, che il nuovo sinda-

cato unitario degli anni 70 rico-

noscerà come propria struttura

di base.

6. Gli anni della crisiL’autunno caldo si dilata per

buona parte del decennio suc-

cessivo. Nel maggio del 1970 è

varata, sull’onda delle grandi

lotte di massa e per iniziativa

del Ministro socialista del Lavo-

ro, Giacomo Brodolini, la legge

300 nota come “Statuto dei la-

voratori” che riconosce ai lavo-

ratori: diritto all’opinione politi-

ca e sindacale, diritto all’assem-

blea nei luoghi di lavoro, diritto

di partecipazione e di organiz-

zazione sindacale in fabbrica,

diritto – con il famoso art. 18 – al

ripristino del rapporto di lavoro

in caso di licenziamento senza

giusta causa. Le piattaforme, le

lotte, gli accordi si svolgono

ovunque in modo unitario, sia a

livello nazionale che territoriale.

Dai luoghi di lavoro, la spinta in

senso unitario è fortissima, fa-

vorita anche da un forte ricam-

bio generazionale dei delegati e

dei rappresentanti sindacali.

Nell’ottobre del 1970 i consigli

generali delle tre confederazioni

si riuniscono a Firenze per esa-

minare la possibilità di avviare

un percorso di unificazione sin-

dacale. In particolare i sindacati

metalmeccanici FIOM, FIM e

UILM spingono sull’accelerato-

re, ma nella UIL e in larghi setto-

ri della CISL nascono forti resi-

stenze. Nel luglio 1972 i tre con-

sigli generali, in sessione unifi-

cata, siglano a Roma il Patto Fe-

derativo, eleggendo un direttivo

paritetico di 90 componenti e

una segreteria di 15 componen-

ti, ugualmente paritetica. La Fe-

derazione CGIL, CISL e UIL ga-

rantirà la gestione unitaria delle

principali vicende sindacali per

tutti gli anni 70 e sarà sciolta de-

finitivamente dal governo Craxi.

Nell’ottobre del 1972 l’assem-

blea nazionale dei delegati me-

talmeccanici fonda la Federazio-

ne Lavoratori Metalmeccanici

(FLM) con organismi e sedi uni-

tarie a ogni livello. I metalmec-

canici, nell’ottobre 1972, orga-

nizzano un grande manifesta-

zione a Reggio Calabria, epicen-

tro di una ribellione popolare,

guidata dalla destra neofascista.

L’approvazione della riforma

sanitaria e di quella scolastica,

dopo la riforma delle pensioni,

completano la struttura essen-

ziale del welfare italiano. Gli an-

ni settanta sono segnati anche

da grandi conquiste civili, grazie

soprattutto alle lotte di emanci-

pazione e liberazione femmini-

le. Nel 1970 è approvata la legge

898 sul divorzio, nel 1971 la

fondamentale legge 1204 di tu-

tela delle lavoratrici madri e

quella sugli asili nido. Nel 1975

è varata la legge 151 di riforma

del diritto di famiglia che intro-

duce la parità tra uomini e don-

ne nell’ambito familiare e nel

1976 la legge 903 di parità in

materia di lavoro. Infine, nel

1978 è approvata la legge 194 “

Norme per la tutela sociale della

maternità e sull’interruzione vo-

lontaria della gravidanza”. Que-

st’ ultima legge e, in precedenza,

quella sul divorzio hanno anche

registrato due grandi vittorie del

NO ai rispettivi referendum

abrogativi. Tuttavia, nella secon-

da metà degli anni settanta, l’a-

zione del sindacato inizia a in-

debolirsi. Gli industriali utilizza-

no la crisi economica per ribal-

tare a proprio favore i rapporti

di forza scaturiti dall’autunno

caldo. Quasi ovunque, nelle

aziende, si attuano intensi pro-

cessi di ristrutturazione, favoriti

dall’introduzione di nuove tec-

nologie di automazione dei pro-

cessi produttivi. Gli investimenti

in nuovi impianti, basati sulla

robotica e sull’informatica, ten-

dono soprattutto a risparmiare

forza lavoro, creando forti ecce-

denze di personale. Cresce a di-

smisura il ricorso alla cassa inte-

grazione a zero ore, alla fine del-

la quale scattano licenziamenti

collettivi. Contro l’accresciuto

potere del movimento sindaca-

le, vengono scatenate anche

oscure trame golpiste e lo stra-

gismo fascista. Il 28 maggio

1974, in Piazza della Loggia a

Brescia, esplode una bomba du-

rante una manifestazione sin-

dacale. Otto morti e più di cento

feriti è il tragico bilancio di

quell’attentato fascista. Un’altra

bomba fascista, pochi mesi do-

po, esplode sul treno Italicus

provocando 12 morti e 48 feriti.

Il 16 marzo 1978, il giorno in cui

fu rapito, Aldo Moro - presiden-

te della DC - si stava recando in

parlamento per il voto di fiducia

al governo Andreotti, che inclu-

deva, per la prima volta nella

storia della Repubblica, il PCI

nella maggioranza. Il 2 agosto

1980, quasi in un tragico con-

trappunto, un’altra strage fasci-

sta ferisce il paese: una bomba

esplode alla stazione di Bologna

causando 85 morti e 200 feriti.

Nel settembre del 1980 la Fiat

dichiara che procederà al licen-

ziamento di 14.000 lavoratori e

mette unilateralmente in cassa

integrazione 23.000 lavoratori.

E’ l’inizio di un drammatico

braccio di ferro. I metalmeccani-

ci - contro i licenziamenti – bloc-

cano la produzione e presidiano

per 35 giorni i cancelli della Fiat.

Enrico Berlinguer, segretario ge-

nerale del Partito Comunista Ita-

liano, con un comizio davanti ai

cancelli della Fiat di Mirafiori so-

stiene la lotta dei lavoratori.

Contro questa lotta, e contro il

sindacato che l’ha organizzata,

la Fiat stimola e ottiene la rea-

zione di quadri e impiegati, che

organizzano un corteo di prote-

sta, ricordato come la “marcia

dei 40.000” per le vie di Torino.

Le vicende della Fiat segnano

sempre, nel bene e nel male, la

storia sindacale e dopo la scon-

fitta si acuiscono i dissensi già

presenti all’interno della Federa-

zione Unitaria CGIL-CISL-UIL.

Dopo aver respinto unitaria-

mente, con una grande manife-

stazione a Roma nel giugno del

1982, la disdetta dell’accordo

sulla scala mobile da parte della

Confindustria, emergono posi-

zioni nettamente contrastanti. Il

problema viene risolto il 14

febbraio 1984 dal governo

Craxi, con il famoso “decreto di

San Valentino” che taglia per

legge 4 punti di scala mobile.

CISL e UIL esprimono il proprio

consenso al decreto, la CGIL si

oppone duramente e lancia una

imponente mobilitazione so-

ciale. La grave divisione fra le

organizzazioni sindacali pro-

voca la rottura definitiva della

Federazione Unitaria. Il Partito

comunista raccoglie le firme

per il referendum abrogativo

del decreto, che si svolge nel

1985, con la vittoria di misura

del Governo. Un anno prima

era morto Enrico Berlinguer. Al

Congresso di Rimini del feb-

braio 1991 muore il Partito Co-

munista Italiano.

il suo nome alla “contingenza”

della guerra). La CGIL contribuì

fortemente alla vittoria della Re-

pubblica nel referendum che

pose fine alla monarchia. Alle

elezioni del 2 giugno 1946, che

decisero la nascita della Repub-

blica e l’Assemblea Costituente

che avrebbe redatto la nuova

Costituzione, parteciparono per

la prima volta in Italia anche le

donne, ma l’eliminazione dai

contratti collettivi nazionali del-

le tabelle remunerative differen-

ti per maschi e femmine sarà

sancita solo nel 1960. L’Italia,

dopo la liberazione, è in condi-

zioni disastrose. La CGIL, di

fronte ai gravi problemi di rico-

struzione del paese, stipula gli

accordi nazionali che fissano sa-

lari, paga base, indennità di con-

tingenza e assegni familiari, pur

decidendo una “tregua salaria-

le” per favorire il rientro dell’in-

flazione. Al I congresso nazio-

nale, che si svolge a Firenze nel

giugno 1947, la CGIL registra

5.735.000 iscritti. Segretario ge-

nerale viene eletto Giuseppe Di

Vittorio. Ma già in quel congres-

so si avvertono i segni delle divi-

sioni fra la componente social-

comunista e quella cattolica. Il

fatto è che lo scenario politico è

rapidamente cambiato. A Yalta

le grandi potenze vincitrici del

nazismo si dividono il mondo in

due sfere contrapposte: l’est eu-

ropeo e asiatico a egemonia so-

vietica, l’occidente capitalistico

a influenza economica e milita-

re degli Stati Uniti d’America. E’

la “guerra fredda. L’Italia è un

paese strategicamente impor-

tante: collocato ai confini del

blocco dei paesi socialisti, rap-

presenta inoltre una sorta di

portaerei naturale per la sua

configurazione geografica nel-

anni ‘60 l’Italia è nel pieno del

boom economico e da Paese

prevalentemente agricolo nel

dopoguerra si è rapidamente

trasformata in una delle Nazioni

più industrializzate del mondo.

I bassi salari hanno favorito l’in-

sediamento di molti capitali

stranieri e la nascita di nuove in-

dustrie manifatturiere italiane. Il

tumultuoso processo di indu-

strializzazione produce costi

sociali enormi. In particolare si

rafforza lo squilibrio fra le re-

gioni del “triangolo industriale”,

Piemonte, Liguria e Lombardia,

e quelle del Mezzogiorno. Tra il

1951 e il 1961 ben 1.700.000 la-

voratori emigrano dalle regioni

del Sud verso il Nord industria-

lizzato: un vero e proprio esodo

di massa. Alla fine del 1964 le

correnti interne alla CGIL aveva-

no la seguente consistenza:

57,2% per i comunisti, 28% per i

socialisti, 14,8% per i socialpro-

letari. Il patto di governo della

CGIL fra le diverse componenti

manterrà l’unità interna fino al-

la fine degli anni 80, nonostante

la divaricazione dei relativi par-

titi di riferimento. Nel 1965 si

svolgono i congressi della CGIL

e della CISL, entrambi caratte-

rizzati da un forte dibattito sul-

la programmazione economica

e sull’autonomia del sindacato e

sono decise le prime regole per

l’incompatibilità fra cariche po-

litiche e sindacali. Il congresso

delle Acli rompe ogni colletara-

lismo con la DC e si pronuncia

per l’unità sindacale e contro

ogni forma di discriminazione

verso i comunisti. La FIM radica-

lizza in senso anticapitalistico le

proprie posizioni e si schiera

contro la politica imperialista

degli USA nel Vietnam. Il 1968 si

apre con un successo storico

per il movimento operaio: la

riforma delle pensioni, ottenuta

dopo che una forte protesta dei

luoghi di lavoro aveva indotto la

CGIL a ritirare il consenso di

massima che aveva espresso,

con CISL e UIL, su un precedente

accordo con il governo. Lo scio-

pero generale proclamato dalla

sola CGIL il 7 marzo registra

ovunque un’adesione massiccia

e unitaria. Nel frattempo è

esplosa la rivolta studentesca,

partita dalla università califor-

niana di Berkeley contro la chia-

mata alla guerra nel Vietnam, si

estende alla Francia, alla Germa-

nia e all’Italia. La contestazione

riguarda l’intero sistema forma-

tivo, il suo carattere selettivo e

mette in discussione l’intero

modello sociale. In Italia, le lotte

studentesche si intrecciano con

le lotte. Al Petrolchimico di Por-

to Marghera, alla Pirelli Bicocca

di Milano e in molte altre grandi

fabbriche si sperimentano nuo-

ve forme di rappresentanza, per

delega diretta del gruppo omo-

geneo di reparto e non per sigla

sindacale. Il Primo Maggio 1968

vede, per la prima volta dopo la

rottura del 1948, cortei unitari

di CGIL, CISL e UIL a celebrare

insieme la festa del lavoro. No-

nostante una forte repressione

poliziesca che reprime con di-

versi morti le lotte scopiate nel

sud Italia (Avola, Battipaglia),

all’inizio del 1969 si conclude

positivamente un’altra grande

vertenza sindacale, che assume

un valore emblematico della

spinta egualitaria che sale dalle

fabbriche: l’abolizione delle

“gabbie salariali” e cioè dei salari

differenziati a seconda dell’area

geografica di appartenenza. Pre-

ceduta da migliaia di vertenze e

accordi aziendali, la stagione dei

contratti nazionali in autunno si

avvia con un durissimo braccio

di ferro alla Fiat e esplode con

piattaforme rivendicative radi-

calmente innovative : aumenti

salariali uguali per tutti, le 40

ore settimanali, il diritto all’as-

l’area del mediterraneo. Fortissi-

ma è dunque la pressione ame-

ricana per ridurre e isolare la

presenza del Partito comunista,

che ha accresciuto notevolmen-

te la sua forza, soprattutto fra i

lavoratori, durante gli anni della

lotta al fascismo. I comunisti nel

maggio del 1947 sono estro-

messi dalla direzione del Paese

e la rottura del Governo di unità

nazionale si riverbera anche sul-

la CGIL. Il contributo ancora uni-

tario dei dirigenti della CGIL ai

lavori della Costituente permet-

te alla nuova Costituzione Italia-

na di assumere il lavoro quale

valore fondamentale della vita

civile e sociale e di sancire l’as-

soluta libertà e volontarietà

dell’organizzazione sindacale.

Alle elezioni del 18 aprile del

1948 la Democrazia Cristiana

conquista la maggioranza asso-

luta dei seggi in Parlamento, il

rischio di una rottura sindacale

è sempre più probabile nono-

stante l’impegno personale di Di

Vittorio a mantenere l’unità del-

la CGIL. Il pretesto che la corren-

te democristiana cercava per

scindersi dalla CGIL è fornito

dallo sciopero generale che la

Confederazione proclamò a se-

guito dell’attentato a Togliatti

avvenuto il 14 luglio del 1948.

Ma la decisione era già presa da

tempo, l’esistenza delle ACLI of-

friva una struttura su cui basar-

si e pochi giorni dopo lo sciope-

ro la componente democristia-

na decise la scissione dalla CGIL.

Il nuovo sindacato fu denomi-

nato inizialmente “Libera CGIL”

e poi, nel 1950, definitivamente

CISL. Contemporaneamente,

sempre nel 1950, escono dalla

CGIL anche i centristi laici e so-

cialdemocratici e fondano la

UIL.

4. La CGIL di Di VittorioGli anni 50 sono gli anni della

divisione - ma sarebbe meglio

dire della contrapposizione

frontale, fra i principali sindaca-

ti che subiscono il collaterali-

smo con i partiti politici di rife-

rimento. In particolare, la CISL

sostiene i governi centristi della

Democrazia Cristiana e cerca

l’insediamento nelle aziende

con una politica negoziale basa-

ta sulla moderazione e la colla-

borazione con l’impresa. La

CGIL è fortemente classista e

anticapitalista, legata a doppio

filo con i partiti di ispirazione

marxista e si impegna in grandi

lotte politiche generali come

quando, nel gennaio e nel mar-

zo del 1953, proclama lo sciope-

ro generale contro la “legge truf-

fa”, una legge elettorale maggio-

ritaria voluta dal governo per

rafforzare la propria maggio-

ranza. Ma la rottura non è sol-

tanto di natura ideologica.

Emergono differenze fonda-

mentali anche sulla concezione

della rappresentanza e della de-

mocrazia sindacale, differenze

le cui tracce permangono tutto-

ra e spiegano perché, nonostan-

te la caduta delle antiche barrie-

re ideologiche, sia ancora oggi

così difficile la strada dell’unità

sindacale. La CGIL ha una visio-

ne della rappresentanza di tipo

“universalistico”. In buona so-

stanza essa pensa che l’azione

negoziale, riguardando tutti i la-

voratori, iscritti e non iscritti al

sindacato, debba essere validata

appunto “dall’universo” dei la-

voratori. La CISL ritiene, al con-

trario, che fonte di legittimazio-

ne della propria azione siano

soltanto i propri “soci” e cioè co-

loro che hanno liberamente de-

ciso di associarsi al loro sinda-

cato. Da qui, la contrarietà all’i-

stituto del referendum e alla de-

finizione legislativa della rap-

presentanza, come pure è previ-

sto dall’art. 39 della Costituzio-

ne. In un clima di pesante anti-

comunismo, scatta - dopo la rot-

tura sindacale - una dura repres-

sione nei confronti dei militanti

della CGIL in fabbrica e nelle

campagne. Molti attivisti sono li-

cenziati, molti altri costretti - co-

me alla FIAT - nei reparti “confi-

no” dove vengono umiliati an-

che quadri di grande professio-

nalità. Sempre alla FIAT dal ‘49

al ‘53 sono licenziati 30 membri

di commissione interna iscritti

alla CGIL. L’ambasciatrice ame-

ricana in Italia, Clara Luce, di-

chiara che le imprese dove i sin-

dacalisti della CGIL avessero ot-

tenuto più del 50% dei voti alle

elezioni della Commissione In-

terna non avrebbero potuto ac-

cedere a contratti con gli USA.

Pio XII lancia la scomunica ai co-

munisti e favorisce l’alleanza

con il MSI per il Comune di Ro-

ma. Durissima è anche la re-

pressione poliziesca. Il Ministro

degli interni Scelba scatena i re-

parti della “celere” contro le ma-

nifestazioni operaie e non si esi-

ta a sparare sui lavoratori. La

CGIL, guidata dal comunista

Giuseppe di Vittorio, reagisce ai

durissimi attacchi di Governo e

Confindustria lanciando il “Pia-

no del lavoro”, una grande ini-

ziativa politica con al centro

un’altra idea di sviluppo econo-

mico e sociale. Il Piano del lavo-

ro prevede la nazionalizzazione

delle aziende elettriche, la rea-

lizzazione di un vasto program-

ma di opere pubbliche e di edili-

zia popolare, la costituzione di

un ente nazionale per la bonifi-

ca e l’irrigazione delle terre. Il

Piano del lavoro non fu recepito

dal Governo ma con esso la

CGIL riesce a rompere l’isola-

mento, a parlare a tutto il paese,

a tenere uniti lavoratori occupa-

ti e disoccupati, gli operai delle

fabbriche del Nord e i braccianti

delle campagne del Sud. Al III

congresso del 1952, la CGIL as-

sume l’obiettivo di far entrare la

Costituzione nei luoghi di lavo-

ro, con il riconoscimento dei di-

ritti dei lavoratori. Obiettivo che

si concretizzerà nel 1970, con

l’approvazione dello Statuto dei

lavoratori. Il contrasto con la CI-

SL e la UIL è all’apice e mentre la

CGIL si batte per le grandi que-

stioni nazionali, soprattutto la

CISL persegue il proprio radica-

mento nelle fabbriche siglando

numerosi accordi separati. Le

stesse elezioni delle Commis-

sioni interne, nei luoghi di lavo-

ro, si svolgono all’insegna della

più aspra contrapposizione

ideologica fra le organizzazioni

sindacali, riflettendo le scontro

frontale delle elezioni politiche.

E proprio alle elezioni per il rin-

novo della Commissione Inter-

na alla FIAT, nel marzo del

1955, la FIOM CGIL, che dalla Li-

berazione aveva sempre con-

quistato la maggioranza assolu-

ta con percentuali prossime al

65%, subisce un pesante ridi-

mensionamento diventando il

secondo sindacato con il 36%

dei voti, mentre alla FIM CISL va

il 41% e il 23% alla UILM. Ma la

CGIL reagisce con un’analisi ri-

gorosa delle ragioni della scon-

fitta: una vera e propria autocri-

tica. E’ la svolta: la CGIL accetta

la sfida di misurarsi con la realtà

dell’impresa e riorienta la pro-

pria politica contrattuale in dire-

zione di una più diffusa artico-

lazione. La contrattazione

aziendale, in questo senso, di-

venta uno strumento nuovo e

più elastico dello scontro di

classe. Questa scelta strategica

permetterà alla CGIL, nel giro di

pochi anni, di riconquistare po-

sizioni nelle fabbriche e di inne-

scare - a partire dai luoghi di la-

voro – l’inizio di un nuovo pro-

cesso unitario, favorito anche

da un ripensamento della CISL

delle proprie tesi collaborative.

5. Sessantotto e dintorniDopo gli anni della “guerra fred-

da” si apre, alla fine degli anni

‘50, la stagione del disgelo cui

seguirà una politica di disten-

sione internazionale, pur con

momenti di drammatica tensio-

ne come la crisi per i missili so-

vietici a Cuba, la costruzione del

Muro di Berlino e l’inizio della

“escalation” della guerra nel

Vietnam. In Italia, la mutata si-

tuazione internazionale favori-

sce l’inizio di una timida apertu-

ra a sinistra. Ma un primo gover-

no DC-PSDI presieduto da Fan-

fani è ben presto affondato e il

governo Tambroni, nel 1960, ot-

tiene la maggioranza in Parla-

mento grazie all’appoggio della

destra neofascista. Riconoscen-

te, Tambroni consente al MSI di

celebrare il proprio congresso a

Genova, città medaglia d’oro per

la Resistenza. Contro questa ve-

ra e propria provocazione, a

non molti anni dalla Liberazio-

ne, scoppiano a Genova e in tut-

to il Paese scioperi e imponenti

manifestazioni di massa, nel

corso delle quali la polizia spara

e uccide operai e giovani. Il go-

verno Tambroni è costretto a di-

mettersi il 19 luglio e si apre un

lungo periodo di mutamento

politico che porterà al governo

di centro-sinistra con la parteci-

pazione del PSI. All’inizio degli

Page 3: Inserto "CGIL" - Aprile 2011

II III

Storia della CGIL ai tempi dei comunisti(Tratto da un opuscolo di BrunoRavasio per i 100 anni dellaCGIL)

1. Nascita di un sindacatoLa CGIL è nata a Milano nell’au-

tunno del 1906, ma la sua storia

inizia almeno mezzo secolo pri-

ma. Nella seconda metà del

1800, molto in ritardo su altri

paesi europei, anche nel Regno

d’Italia nascono le prime forme

di industria moderna. L’Italia è

un paese molto povero, preva-

lentemente agricolo, su circa 25

milioni di abitanti solo un milio-

ne sa leggere e scrivere, molti

meno quelli che hanno il diritto

di voto, solo in virtù del “ censo”

e riservato ai maschi. La nascita

delle fabbriche al nord provoca

un massiccio esodo di contadini

dalle campagne verso le città

dove si concentrano le industrie

e determina la formazione di

due classi sociali: la borghesia

industriale, che possiede i

“mezzi di produzione” con i

quali accumula capitale, e il pro-

letariato, che dispone solo della

propria “forza lavoro”. E’ la na-

scita del capitalismo che con la

“rivoluzione industriale” cam-

bia radicalmente il vecchio lavo-

ro su base artigianale. Agli albo-

ri del capitalismo, il prezzo della

merce-lavoro è davvero molto

basso: l’accumulazione di capi-

tali richiede il massimo dello

sfruttamento del lavoro ope-

raio. Salari che consentono la

pura sopravvivenza fisica, orari

di lavoro massacranti, disciplina

durissima, nessuna forma di tu-

tela per infortuni, malattie, gra-

vidanza, pensioni. Ancora peg-

gio va alle donne e ai fanciulli,

largamente sfruttati e sottopa-

gati. Nascono così le “società di

mutuo soccorso” che hanno lo

scopo di fornire sussidi ai pro-

pri aderenti. I soci si autotassa-

no per permettere a chi si am-

mala, o si infortuna, o alla fami-

glia di chi muore di poter attin-

gere a un fondo comune. Nel

1891 a Milano, Piacenza e Tori-

no nascono le prime “Camere

del Lavoro” e nel 1892 il Partito

Socialista Italiano, che dichiara

le Camere del lavoro strumento

di lotta sindacale dei lavoratori.

Nel 1901 si costituiscono le pri-

me federazioni sindacali: tipo-

grafi, ferrovieri, edili, lavoratori

agricoli e la FIOM. Nell’ultimo

decennio del secolo, tuttavia, le

classi dominanti tentano, con il

governo Crispi, di reprimere

con spietata durezza le mobili-

tazioni sociali che crescono in

ogni parte del paese. L’ultimo

grande tentativo di reprimere

con la forza le crescenti lotte per

il diritto all’organizzazione sin-

dacale, l’aumento dei salari e la

riduzione degli orari di lavoro

avviene nel dicembre 1900, con

lo scioglimento della Camera

del lavoro di Genova. Lo sciope-

ro di protesta, proclamato dai

lavoratori portuali, si estende

immediatamente agli operai

delle fabbriche e coinvolge tutta

la città. Il decreto di scioglimen-

to viene revocato. Il grande suc-

cesso del primo sciopero gene-

rale contribuisce a determinare

una profonda svolta politica in

Italia. Finalmente le classi domi-

nanti si accorgono che non è più

possibile solo reprimere le ri-

vendicazioni. Il 29 settembre

1906, a Milano, le Camere del la-

voro, le Leghe e le Federazioni

decidono di confluire in una

unica organizzazione e fondano

la Confederazione Generale del

Lavoro (CGdL). Sono presenti

all’atto di nascita delegati di

quasi 700 sindacati locali, in

rappresentanza di oltre 250.000

iscritti.

2. La CGdL - ConfederazioneGenerale del LavoroFin dall’inizio, la CGdL si confi-

gura come organizzazione ba-

sata sulla solidarietà generale

fra lavoratori e non soltanto sul-

la rappresentanza di mestiere.

Un ruolo importantissimo è

svolto dalle Camere del Lavoro

con funzioni di unificazione

della classe operaia e di coordi-

namento fra i sindacati, gesti-

scono il collocamento al lavoro

e la formazione, prestano assi-

stenza nelle controversie di la-

voro. Nelle Camere del Lavoro si

insegna a leggere e scrivere e si

organizzano biblioteche popo-

lari. La CGdL si caratterizza per

una struttura fortemente cen-

tralizzata e, a differenza delle

Trade Unions inglesi e dei sin-

dacati tedeschi, l’idea di confe-

derazione generale prevale su

quella delle singole federazioni

di categoria. Nel primo decennio

del nuovo secolo si realizzano

importanti conquiste nell’ambi-

to della legislazione sociale e si

affermano significative espe-

rienze di contrattazione territo-

riale e nazionale. Il governo Gio-

litti vara le prime leggi di tutela

del lavoro delle donne e dei fan-

ciulli, decreta l’assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni

sul lavoro, regola il riposo setti-

manale e impone il divieto del

lavoro notturno in alcuni setto-

ri. Inoltre, riforma la Cassa na-

zionale invalidità e vecchiaia,

primo embrione del futuro Isti-

tuto Nazionale della Previdenza

Sociale. Si firmano i primi con-

tratti collettivi di lavoro e nasco-

no le prime forme di rappresen-

tanza sui luoghi di lavoro, le

Commissioni Interne, i contratti

aziendali alla Società Automobi-

listica Itala di Torino e alla Bor-

salino ne legittimano l’esisten-

za. Il cauto riformismo del go-

verno Giolitti subì una brusca

inversione di tendenza con la

guerra di Libia (1911-1912). Nel

segno di un nazionalismo ag-

gressivo e reazionario, ripren-

dono le repressioni poliziesche

contro il movimento operaio. La

CGdL, che si oppone alla guerra

coloniale, è indebolita dalla scis-

sione dei sindacalisti rivoluzio-

nari che formano la USI, che a

sua volta subirà una scissione

da parte dei sindacalisti “inter-

ventisti”, favorevoli all’entrata in

guerra dell’Italia. La situazione

peggiora con lo scoppio della

prima guerra mondiale. La

CGdL proclama manifestazioni

contro la guerra in tutto il paese.

Quando l’Italia entra in guerra,

viene decretata la “mobilitazio-

ne industriale”, le industrie di

importanza strategica sono sot-

toposte a disciplina militare e

viene abolito il diritto di sciope-

ro. Anche la legislazione sociale

introdotta nel periodo giolittia-

no è di fatto abrogata. Alla fine

della guerra, le tensioni accu-

mulate durante il conflitto, con

una l’inflazione spaventosa de-

terminata dalla mancanza dei

generi di prima necessità, inne-

scano una formidabile ripresa

della conflittualità sociale e del-

le rivendicazioni sindacali. La

forza organizzata dalla CGdL

cresce nel “biennio rosso”

(1920-1921), dai 250.000 iscritti

alla fine della guerra a oltre 1

milione nel 1919 e 2 milioni e

duecentomila nel 1920. Nel tu-

multuoso clima politico e socia-

le del dopoguerra, fortemente

influenzate dall’esempio della

rivoluzione sovietica, si ottengo-

no grandi conquiste. Nel feb-

braio del 1919 la FIOM realizza

la storica conquista della gior-

nata lavorativa di 8 ore. A Tori-

no, per impulso del movimento

Ordine Nuovo di Antonio Gram-

sci e Palmiro Togliatti, si impon-

gono nuovi strumenti di rappre-

sentanza operaia, sul modello

dei soviet bolscevichi: i consigli

di fabbrica. Nel 1920 la FIOM

presenta agli industriali un me-

moriale contenente rivendica-

zioni salariali e normative. Dopo

il rifiuto dei padroni a trattare, si

arriva rapidamente all’occupa-

zione delle fabbriche, che coin-

volge circa 400.000 operai. L’oc-

cupazione delle fabbriche del

settembre 1920 si chiude con

una dura sconfitta e la reazione

padronale non si fa attendere. I

grandi gruppi industriali deci-

dono di finanziare il movimento

e i fascisti si scatenano contro le

sedi delle camere del lavoro,

delle cooperative, del partito so-

cialista e dei Comuni ammini-

strati dai socialisti in un clima

continuo di aggressioni, incendi

e omicidi spesso protetti dalle

forze dell’ordine. La risposta al-

lo squadrismo fascista è debole.

Il partito socialista è lacerato da

contrasti interni, che culminano

con la scissione, al congresso di

Livorno, con la fondazione del

Partito Comunista d’Italia. Sia-

mo nel 1921. La vecchia classe

politica di orientamento monar-

chico e liberale apre di fatto le

porte ai fascisti, nell’illusione di

poterli controllare. Nell’ottobre

del 1922 la monarchia favorisce

l’avvento al potere del partito fa-

scista, ancora largamente mino-

ritario nel paese, chiamando

Mussolini a formare il governo.

Con il Patto di Palazzo Chigi

(1925) e con il Patto di Palazzo

Vidoni (1926) il regime fascista

e la Confindustria stabiliscono il

riconoscimento giuridico del so-

lo sindacato fascista. Contem-

poraneamente, viene pratica-

mente eliminata la libertà di

espressione, di associazione e di

sciopero. All’inizio del 1927, il

Comitato Direttivo della CGdL

decide l’autoscioglimento. Molti

dirigenti sindacali tuttavia deci-

dono di tenerne vivo il nome:

così Bruno Buozzi esule in Fran-

cia, così dirigenti sindacali co-

munisti clandestinamente in

Italia.

3. Breve la vita della CGIL uni-tariaNei primi mesi del 1943 la “lun-

ga notte” del fascismo si avvia

alla sua tragica conclusione. Lo

sbarco degli alleati anglo-ameri-

cani in Sicilia, praticamente sen-

za incontrare resistenza, preci-

pita il regime fascista nel pani-

co. Ma un grave colpo alla credi-

bilità del regime era già stato in-

ferto nel marzo del 1943, con i

massicci scioperi che gli operai

di Torino e delle grandi fabbri-

che del Nord effettuarono – co-

gliendo del tutto di sorpresa

l’apparato fascista - per prote-

stare contro la guerra e il carovi-

ta. Fu l’inizio della riscossa ope-

raia, preparata nei mesi prece-

denti dalla CGdL clandestina, le

cui due anime - quella all’estero

di Bruno Buozzi e quella ope-

rante in Italia - avevano supera-

to stretto dal 1935 un patto di

unità di azione. Il 9 giugno del

1944, in una capitale ancora oc-

cupata dall’esercito nazista, vie-

ne firmato il Patto di Roma fra i

tre principali partiti antifascisti.

Il patto sancisce l’unità sindaca-

le e la ricostituzione della Con-

federazione Generale Italiana

del Lavoro (CGIL) e viene siglato

da Giuseppe Di Vittorio per il

PCI, da Emilio Canevari per il

PSI, da Achille Grandi per la DC.

Bruno Buozzi, che con Di Vitto-

rio aveva lavorato intensamente

alla realizzazione del Patto, era

stato trucidato dai tedeschi po-

chi giorni prima della sigla. La

Chiesa non si oppone a una

CGIL unitaria fortemente voluta

dai comunisti e dai socialisti ma,

a ogni buon conto, favorisce la

costituzione, nel 1945, delle

ACLI. Fino alla fine della guerra

la CGIL si adopera nelle regioni

liberate per diffondere le Com-

missioni Interne e le Camere del

lavoro e stipula accordi salariali,

fra cui quello per l’indennità di

contingenza (che deve appunto

semblea in fabbrica, il controllo

sull’organizzazione del lavoro,

la parità normativa fra operai e

impiegati, le “150 ore” per il di-

ritto all’istruzione dei lavoratori.

Lo sciopero generale indetto il

19 novembre dalle tre confede-

razioni sindacali sulle riforme e

in particolare sul diritto alla ca-

sa, registra un’adesione presso-

ché totale. Soprattutto cresce un

nuovo protagonismo dei lavora-

tori, che vogliono decidere le

piattaforme, rivendicano il dirit-

to a nuove forme di lotta, im-

pongono nuove pratiche demo-

cratiche. E’ la nascita dei consigli

di fabbrica, che il nuovo sinda-

cato unitario degli anni 70 rico-

noscerà come propria struttura

di base.

6. Gli anni della crisiL’autunno caldo si dilata per

buona parte del decennio suc-

cessivo. Nel maggio del 1970 è

varata, sull’onda delle grandi

lotte di massa e per iniziativa

del Ministro socialista del Lavo-

ro, Giacomo Brodolini, la legge

300 nota come “Statuto dei la-

voratori” che riconosce ai lavo-

ratori: diritto all’opinione politi-

ca e sindacale, diritto all’assem-

blea nei luoghi di lavoro, diritto

di partecipazione e di organiz-

zazione sindacale in fabbrica,

diritto – con il famoso art. 18 – al

ripristino del rapporto di lavoro

in caso di licenziamento senza

giusta causa. Le piattaforme, le

lotte, gli accordi si svolgono

ovunque in modo unitario, sia a

livello nazionale che territoriale.

Dai luoghi di lavoro, la spinta in

senso unitario è fortissima, fa-

vorita anche da un forte ricam-

bio generazionale dei delegati e

dei rappresentanti sindacali.

Nell’ottobre del 1970 i consigli

generali delle tre confederazioni

si riuniscono a Firenze per esa-

minare la possibilità di avviare

un percorso di unificazione sin-

dacale. In particolare i sindacati

metalmeccanici FIOM, FIM e

UILM spingono sull’accelerato-

re, ma nella UIL e in larghi setto-

ri della CISL nascono forti resi-

stenze. Nel luglio 1972 i tre con-

sigli generali, in sessione unifi-

cata, siglano a Roma il Patto Fe-

derativo, eleggendo un direttivo

paritetico di 90 componenti e

una segreteria di 15 componen-

ti, ugualmente paritetica. La Fe-

derazione CGIL, CISL e UIL ga-

rantirà la gestione unitaria delle

principali vicende sindacali per

tutti gli anni 70 e sarà sciolta de-

finitivamente dal governo Craxi.

Nell’ottobre del 1972 l’assem-

blea nazionale dei delegati me-

talmeccanici fonda la Federazio-

ne Lavoratori Metalmeccanici

(FLM) con organismi e sedi uni-

tarie a ogni livello. I metalmec-

canici, nell’ottobre 1972, orga-

nizzano un grande manifesta-

zione a Reggio Calabria, epicen-

tro di una ribellione popolare,

guidata dalla destra neofascista.

L’approvazione della riforma

sanitaria e di quella scolastica,

dopo la riforma delle pensioni,

completano la struttura essen-

ziale del welfare italiano. Gli an-

ni settanta sono segnati anche

da grandi conquiste civili, grazie

soprattutto alle lotte di emanci-

pazione e liberazione femmini-

le. Nel 1970 è approvata la legge

898 sul divorzio, nel 1971 la

fondamentale legge 1204 di tu-

tela delle lavoratrici madri e

quella sugli asili nido. Nel 1975

è varata la legge 151 di riforma

del diritto di famiglia che intro-

duce la parità tra uomini e don-

ne nell’ambito familiare e nel

1976 la legge 903 di parità in

materia di lavoro. Infine, nel

1978 è approvata la legge 194 “

Norme per la tutela sociale della

maternità e sull’interruzione vo-

lontaria della gravidanza”. Que-

st’ ultima legge e, in precedenza,

quella sul divorzio hanno anche

registrato due grandi vittorie del

NO ai rispettivi referendum

abrogativi. Tuttavia, nella secon-

da metà degli anni settanta, l’a-

zione del sindacato inizia a in-

debolirsi. Gli industriali utilizza-

no la crisi economica per ribal-

tare a proprio favore i rapporti

di forza scaturiti dall’autunno

caldo. Quasi ovunque, nelle

aziende, si attuano intensi pro-

cessi di ristrutturazione, favoriti

dall’introduzione di nuove tec-

nologie di automazione dei pro-

cessi produttivi. Gli investimenti

in nuovi impianti, basati sulla

robotica e sull’informatica, ten-

dono soprattutto a risparmiare

forza lavoro, creando forti ecce-

denze di personale. Cresce a di-

smisura il ricorso alla cassa inte-

grazione a zero ore, alla fine del-

la quale scattano licenziamenti

collettivi. Contro l’accresciuto

potere del movimento sindaca-

le, vengono scatenate anche

oscure trame golpiste e lo stra-

gismo fascista. Il 28 maggio

1974, in Piazza della Loggia a

Brescia, esplode una bomba du-

rante una manifestazione sin-

dacale. Otto morti e più di cento

feriti è il tragico bilancio di

quell’attentato fascista. Un’altra

bomba fascista, pochi mesi do-

po, esplode sul treno Italicus

provocando 12 morti e 48 feriti.

Il 16 marzo 1978, il giorno in cui

fu rapito, Aldo Moro - presiden-

te della DC - si stava recando in

parlamento per il voto di fiducia

al governo Andreotti, che inclu-

deva, per la prima volta nella

storia della Repubblica, il PCI

nella maggioranza. Il 2 agosto

1980, quasi in un tragico con-

trappunto, un’altra strage fasci-

sta ferisce il paese: una bomba

esplode alla stazione di Bologna

causando 85 morti e 200 feriti.

Nel settembre del 1980 la Fiat

dichiara che procederà al licen-

ziamento di 14.000 lavoratori e

mette unilateralmente in cassa

integrazione 23.000 lavoratori.

E’ l’inizio di un drammatico

braccio di ferro. I metalmeccani-

ci - contro i licenziamenti – bloc-

cano la produzione e presidiano

per 35 giorni i cancelli della Fiat.

Enrico Berlinguer, segretario ge-

nerale del Partito Comunista Ita-

liano, con un comizio davanti ai

cancelli della Fiat di Mirafiori so-

stiene la lotta dei lavoratori.

Contro questa lotta, e contro il

sindacato che l’ha organizzata,

la Fiat stimola e ottiene la rea-

zione di quadri e impiegati, che

organizzano un corteo di prote-

sta, ricordato come la “marcia

dei 40.000” per le vie di Torino.

Le vicende della Fiat segnano

sempre, nel bene e nel male, la

storia sindacale e dopo la scon-

fitta si acuiscono i dissensi già

presenti all’interno della Federa-

zione Unitaria CGIL-CISL-UIL.

Dopo aver respinto unitaria-

mente, con una grande manife-

stazione a Roma nel giugno del

1982, la disdetta dell’accordo

sulla scala mobile da parte della

Confindustria, emergono posi-

zioni nettamente contrastanti. Il

problema viene risolto il 14

febbraio 1984 dal governo

Craxi, con il famoso “decreto di

San Valentino” che taglia per

legge 4 punti di scala mobile.

CISL e UIL esprimono il proprio

consenso al decreto, la CGIL si

oppone duramente e lancia una

imponente mobilitazione so-

ciale. La grave divisione fra le

organizzazioni sindacali pro-

voca la rottura definitiva della

Federazione Unitaria. Il Partito

comunista raccoglie le firme

per il referendum abrogativo

del decreto, che si svolge nel

1985, con la vittoria di misura

del Governo. Un anno prima

era morto Enrico Berlinguer. Al

Congresso di Rimini del feb-

braio 1991 muore il Partito Co-

munista Italiano.

il suo nome alla “contingenza”

della guerra). La CGIL contribuì

fortemente alla vittoria della Re-

pubblica nel referendum che

pose fine alla monarchia. Alle

elezioni del 2 giugno 1946, che

decisero la nascita della Repub-

blica e l’Assemblea Costituente

che avrebbe redatto la nuova

Costituzione, parteciparono per

la prima volta in Italia anche le

donne, ma l’eliminazione dai

contratti collettivi nazionali del-

le tabelle remunerative differen-

ti per maschi e femmine sarà

sancita solo nel 1960. L’Italia,

dopo la liberazione, è in condi-

zioni disastrose. La CGIL, di

fronte ai gravi problemi di rico-

struzione del paese, stipula gli

accordi nazionali che fissano sa-

lari, paga base, indennità di con-

tingenza e assegni familiari, pur

decidendo una “tregua salaria-

le” per favorire il rientro dell’in-

flazione. Al I congresso nazio-

nale, che si svolge a Firenze nel

giugno 1947, la CGIL registra

5.735.000 iscritti. Segretario ge-

nerale viene eletto Giuseppe Di

Vittorio. Ma già in quel congres-

so si avvertono i segni delle divi-

sioni fra la componente social-

comunista e quella cattolica. Il

fatto è che lo scenario politico è

rapidamente cambiato. A Yalta

le grandi potenze vincitrici del

nazismo si dividono il mondo in

due sfere contrapposte: l’est eu-

ropeo e asiatico a egemonia so-

vietica, l’occidente capitalistico

a influenza economica e milita-

re degli Stati Uniti d’America. E’

la “guerra fredda. L’Italia è un

paese strategicamente impor-

tante: collocato ai confini del

blocco dei paesi socialisti, rap-

presenta inoltre una sorta di

portaerei naturale per la sua

configurazione geografica nel-

anni ‘60 l’Italia è nel pieno del

boom economico e da Paese

prevalentemente agricolo nel

dopoguerra si è rapidamente

trasformata in una delle Nazioni

più industrializzate del mondo.

I bassi salari hanno favorito l’in-

sediamento di molti capitali

stranieri e la nascita di nuove in-

dustrie manifatturiere italiane. Il

tumultuoso processo di indu-

strializzazione produce costi

sociali enormi. In particolare si

rafforza lo squilibrio fra le re-

gioni del “triangolo industriale”,

Piemonte, Liguria e Lombardia,

e quelle del Mezzogiorno. Tra il

1951 e il 1961 ben 1.700.000 la-

voratori emigrano dalle regioni

del Sud verso il Nord industria-

lizzato: un vero e proprio esodo

di massa. Alla fine del 1964 le

correnti interne alla CGIL aveva-

no la seguente consistenza:

57,2% per i comunisti, 28% per i

socialisti, 14,8% per i socialpro-

letari. Il patto di governo della

CGIL fra le diverse componenti

manterrà l’unità interna fino al-

la fine degli anni 80, nonostante

la divaricazione dei relativi par-

titi di riferimento. Nel 1965 si

svolgono i congressi della CGIL

e della CISL, entrambi caratte-

rizzati da un forte dibattito sul-

la programmazione economica

e sull’autonomia del sindacato e

sono decise le prime regole per

l’incompatibilità fra cariche po-

litiche e sindacali. Il congresso

delle Acli rompe ogni colletara-

lismo con la DC e si pronuncia

per l’unità sindacale e contro

ogni forma di discriminazione

verso i comunisti. La FIM radica-

lizza in senso anticapitalistico le

proprie posizioni e si schiera

contro la politica imperialista

degli USA nel Vietnam. Il 1968 si

apre con un successo storico

per il movimento operaio: la

riforma delle pensioni, ottenuta

dopo che una forte protesta dei

luoghi di lavoro aveva indotto la

CGIL a ritirare il consenso di

massima che aveva espresso,

con CISL e UIL, su un precedente

accordo con il governo. Lo scio-

pero generale proclamato dalla

sola CGIL il 7 marzo registra

ovunque un’adesione massiccia

e unitaria. Nel frattempo è

esplosa la rivolta studentesca,

partita dalla università califor-

niana di Berkeley contro la chia-

mata alla guerra nel Vietnam, si

estende alla Francia, alla Germa-

nia e all’Italia. La contestazione

riguarda l’intero sistema forma-

tivo, il suo carattere selettivo e

mette in discussione l’intero

modello sociale. In Italia, le lotte

studentesche si intrecciano con

le lotte. Al Petrolchimico di Por-

to Marghera, alla Pirelli Bicocca

di Milano e in molte altre grandi

fabbriche si sperimentano nuo-

ve forme di rappresentanza, per

delega diretta del gruppo omo-

geneo di reparto e non per sigla

sindacale. Il Primo Maggio 1968

vede, per la prima volta dopo la

rottura del 1948, cortei unitari

di CGIL, CISL e UIL a celebrare

insieme la festa del lavoro. No-

nostante una forte repressione

poliziesca che reprime con di-

versi morti le lotte scopiate nel

sud Italia (Avola, Battipaglia),

all’inizio del 1969 si conclude

positivamente un’altra grande

vertenza sindacale, che assume

un valore emblematico della

spinta egualitaria che sale dalle

fabbriche: l’abolizione delle

“gabbie salariali” e cioè dei salari

differenziati a seconda dell’area

geografica di appartenenza. Pre-

ceduta da migliaia di vertenze e

accordi aziendali, la stagione dei

contratti nazionali in autunno si

avvia con un durissimo braccio

di ferro alla Fiat e esplode con

piattaforme rivendicative radi-

calmente innovative : aumenti

salariali uguali per tutti, le 40

ore settimanali, il diritto all’as-

l’area del mediterraneo. Fortissi-

ma è dunque la pressione ame-

ricana per ridurre e isolare la

presenza del Partito comunista,

che ha accresciuto notevolmen-

te la sua forza, soprattutto fra i

lavoratori, durante gli anni della

lotta al fascismo. I comunisti nel

maggio del 1947 sono estro-

messi dalla direzione del Paese

e la rottura del Governo di unità

nazionale si riverbera anche sul-

la CGIL. Il contributo ancora uni-

tario dei dirigenti della CGIL ai

lavori della Costituente permet-

te alla nuova Costituzione Italia-

na di assumere il lavoro quale

valore fondamentale della vita

civile e sociale e di sancire l’as-

soluta libertà e volontarietà

dell’organizzazione sindacale.

Alle elezioni del 18 aprile del

1948 la Democrazia Cristiana

conquista la maggioranza asso-

luta dei seggi in Parlamento, il

rischio di una rottura sindacale

è sempre più probabile nono-

stante l’impegno personale di Di

Vittorio a mantenere l’unità del-

la CGIL. Il pretesto che la corren-

te democristiana cercava per

scindersi dalla CGIL è fornito

dallo sciopero generale che la

Confederazione proclamò a se-

guito dell’attentato a Togliatti

avvenuto il 14 luglio del 1948.

Ma la decisione era già presa da

tempo, l’esistenza delle ACLI of-

friva una struttura su cui basar-

si e pochi giorni dopo lo sciope-

ro la componente democristia-

na decise la scissione dalla CGIL.

Il nuovo sindacato fu denomi-

nato inizialmente “Libera CGIL”

e poi, nel 1950, definitivamente

CISL. Contemporaneamente,

sempre nel 1950, escono dalla

CGIL anche i centristi laici e so-

cialdemocratici e fondano la

UIL.

4. La CGIL di Di VittorioGli anni 50 sono gli anni della

divisione - ma sarebbe meglio

dire della contrapposizione

frontale, fra i principali sindaca-

ti che subiscono il collaterali-

smo con i partiti politici di rife-

rimento. In particolare, la CISL

sostiene i governi centristi della

Democrazia Cristiana e cerca

l’insediamento nelle aziende

con una politica negoziale basa-

ta sulla moderazione e la colla-

borazione con l’impresa. La

CGIL è fortemente classista e

anticapitalista, legata a doppio

filo con i partiti di ispirazione

marxista e si impegna in grandi

lotte politiche generali come

quando, nel gennaio e nel mar-

zo del 1953, proclama lo sciope-

ro generale contro la “legge truf-

fa”, una legge elettorale maggio-

ritaria voluta dal governo per

rafforzare la propria maggio-

ranza. Ma la rottura non è sol-

tanto di natura ideologica.

Emergono differenze fonda-

mentali anche sulla concezione

della rappresentanza e della de-

mocrazia sindacale, differenze

le cui tracce permangono tutto-

ra e spiegano perché, nonostan-

te la caduta delle antiche barrie-

re ideologiche, sia ancora oggi

così difficile la strada dell’unità

sindacale. La CGIL ha una visio-

ne della rappresentanza di tipo

“universalistico”. In buona so-

stanza essa pensa che l’azione

negoziale, riguardando tutti i la-

voratori, iscritti e non iscritti al

sindacato, debba essere validata

appunto “dall’universo” dei la-

voratori. La CISL ritiene, al con-

trario, che fonte di legittimazio-

ne della propria azione siano

soltanto i propri “soci” e cioè co-

loro che hanno liberamente de-

ciso di associarsi al loro sinda-

cato. Da qui, la contrarietà all’i-

stituto del referendum e alla de-

finizione legislativa della rap-

presentanza, come pure è previ-

sto dall’art. 39 della Costituzio-

ne. In un clima di pesante anti-

comunismo, scatta - dopo la rot-

tura sindacale - una dura repres-

sione nei confronti dei militanti

della CGIL in fabbrica e nelle

campagne. Molti attivisti sono li-

cenziati, molti altri costretti - co-

me alla FIAT - nei reparti “confi-

no” dove vengono umiliati an-

che quadri di grande professio-

nalità. Sempre alla FIAT dal ‘49

al ‘53 sono licenziati 30 membri

di commissione interna iscritti

alla CGIL. L’ambasciatrice ame-

ricana in Italia, Clara Luce, di-

chiara che le imprese dove i sin-

dacalisti della CGIL avessero ot-

tenuto più del 50% dei voti alle

elezioni della Commissione In-

terna non avrebbero potuto ac-

cedere a contratti con gli USA.

Pio XII lancia la scomunica ai co-

munisti e favorisce l’alleanza

con il MSI per il Comune di Ro-

ma. Durissima è anche la re-

pressione poliziesca. Il Ministro

degli interni Scelba scatena i re-

parti della “celere” contro le ma-

nifestazioni operaie e non si esi-

ta a sparare sui lavoratori. La

CGIL, guidata dal comunista

Giuseppe di Vittorio, reagisce ai

durissimi attacchi di Governo e

Confindustria lanciando il “Pia-

no del lavoro”, una grande ini-

ziativa politica con al centro

un’altra idea di sviluppo econo-

mico e sociale. Il Piano del lavo-

ro prevede la nazionalizzazione

delle aziende elettriche, la rea-

lizzazione di un vasto program-

ma di opere pubbliche e di edili-

zia popolare, la costituzione di

un ente nazionale per la bonifi-

ca e l’irrigazione delle terre. Il

Piano del lavoro non fu recepito

dal Governo ma con esso la

CGIL riesce a rompere l’isola-

mento, a parlare a tutto il paese,

a tenere uniti lavoratori occupa-

ti e disoccupati, gli operai delle

fabbriche del Nord e i braccianti

delle campagne del Sud. Al III

congresso del 1952, la CGIL as-

sume l’obiettivo di far entrare la

Costituzione nei luoghi di lavo-

ro, con il riconoscimento dei di-

ritti dei lavoratori. Obiettivo che

si concretizzerà nel 1970, con

l’approvazione dello Statuto dei

lavoratori. Il contrasto con la CI-

SL e la UIL è all’apice e mentre la

CGIL si batte per le grandi que-

stioni nazionali, soprattutto la

CISL persegue il proprio radica-

mento nelle fabbriche siglando

numerosi accordi separati. Le

stesse elezioni delle Commis-

sioni interne, nei luoghi di lavo-

ro, si svolgono all’insegna della

più aspra contrapposizione

ideologica fra le organizzazioni

sindacali, riflettendo le scontro

frontale delle elezioni politiche.

E proprio alle elezioni per il rin-

novo della Commissione Inter-

na alla FIAT, nel marzo del

1955, la FIOM CGIL, che dalla Li-

berazione aveva sempre con-

quistato la maggioranza assolu-

ta con percentuali prossime al

65%, subisce un pesante ridi-

mensionamento diventando il

secondo sindacato con il 36%

dei voti, mentre alla FIM CISL va

il 41% e il 23% alla UILM. Ma la

CGIL reagisce con un’analisi ri-

gorosa delle ragioni della scon-

fitta: una vera e propria autocri-

tica. E’ la svolta: la CGIL accetta

la sfida di misurarsi con la realtà

dell’impresa e riorienta la pro-

pria politica contrattuale in dire-

zione di una più diffusa artico-

lazione. La contrattazione

aziendale, in questo senso, di-

venta uno strumento nuovo e

più elastico dello scontro di

classe. Questa scelta strategica

permetterà alla CGIL, nel giro di

pochi anni, di riconquistare po-

sizioni nelle fabbriche e di inne-

scare - a partire dai luoghi di la-

voro – l’inizio di un nuovo pro-

cesso unitario, favorito anche

da un ripensamento della CISL

delle proprie tesi collaborative.

5. Sessantotto e dintorniDopo gli anni della “guerra fred-

da” si apre, alla fine degli anni

‘50, la stagione del disgelo cui

seguirà una politica di disten-

sione internazionale, pur con

momenti di drammatica tensio-

ne come la crisi per i missili so-

vietici a Cuba, la costruzione del

Muro di Berlino e l’inizio della

“escalation” della guerra nel

Vietnam. In Italia, la mutata si-

tuazione internazionale favori-

sce l’inizio di una timida apertu-

ra a sinistra. Ma un primo gover-

no DC-PSDI presieduto da Fan-

fani è ben presto affondato e il

governo Tambroni, nel 1960, ot-

tiene la maggioranza in Parla-

mento grazie all’appoggio della

destra neofascista. Riconoscen-

te, Tambroni consente al MSI di

celebrare il proprio congresso a

Genova, città medaglia d’oro per

la Resistenza. Contro questa ve-

ra e propria provocazione, a

non molti anni dalla Liberazio-

ne, scoppiano a Genova e in tut-

to il Paese scioperi e imponenti

manifestazioni di massa, nel

corso delle quali la polizia spara

e uccide operai e giovani. Il go-

verno Tambroni è costretto a di-

mettersi il 19 luglio e si apre un

lungo periodo di mutamento

politico che porterà al governo

di centro-sinistra con la parteci-

pazione del PSI. All’inizio degli

Page 4: Inserto "CGIL" - Aprile 2011

L’idea degli inserti di questogiornale poggia sul progettodi fornire elementi di cono-scenza, memoria, informa-zione che, senza pretesa nédi completezza né di qualitàscientifica, si propongonol’obiettivo di stimolare curio-sità, interessi e dibattito an-che, se necessario e comun-que sia il benvenuto, di scon-tro e confronto politico,ideologico e culturale. Alcuninumeri addietro abbiamorealizzato un inserto dedica-to alla storia dei comunistinella amministrazione co-munale di Foligno, specifica-mente nel suo periodo piùduro e difficile della ricostru-zione post bellica e della sot-tomissione del nostro paeseall’influenza interna dellaDemocrazia Cristiana edesterna degli Stati Unitid’America. Per questo nume-ro avevamo pensato di ripe-tere l’operazione appuntan-do l’attenzione sulla storiaparallela, ma fortemente in-terdipendente, dei comunistinell’azione sindacale e dun-que sulla storia del sindacatocomunista, la CGIL. Nella re-dazione del precedente in-serto avevamo avuto la for-tuna (guidata peraltro da una“memoria storica” della am-ministrazione comunale, Ro-berto Testa) di reperire negliarchivi della biblioteca co-munale una straordinaria(anche perché ma più ripetu-ta) pubblicazione del rendi-conto ai cittadini reso dallaprima amministrazione co-munale. Questa volta le ricer-che sono state straordinaria-mente (stesso termine insenso negativo) deludenti.Nonostante la preziosa e ge-nerosa collaborazione diun’altra “memoria storica”del sindacato, Feliciano Cer-

velli, e un’ulteriore collabora-zione documentale deglioperai della FIOM della OMA,che stanno ammirabilmentecercando di costruire una bi-blioteca sindacale, siamo riu-sciti a trovare solamente ma-teriali fotografici (anche seabbondantissimi), ma tuttiriferiti ai soli primi anni deldopo guerra. Ne è valsa a re-cuperare la memoria dellastoria della CGIL locale la ce-lebrazione del centenariodella nascita della Confede-razione (abbiamo acquisitoun’ottima pubblicazione,purtroppo però limitata alsolo periodo temporale dallanascita della Camera del La-voro di Foligno, primi del no-vecento, sino all’avvento del-la dittatura fascista che, percirca un ventennio, la ha con-dannata al silenzio). La delu-sione e il dispiacere sono no-tevoli, anche perché il mate-riale fotografico raccolto ciracconta con le immagini difenomeni di partecipazioneimpressionanti, non solo serapportati all’odierna (chia-miamola) disaffezione dimassa, ma anche in terminiassoluti per quei tempi equel territorio. Testimonian-ze di una realtà di lavoro, so-prattutto operaio e metal-meccanico di alto profiloprofessionale, unica nellanostra Regione e di rilevanzapersino nazionale (sorpren-dente indice in tal senso è lapresenza del sindaco di Bo-logna, il “sindaco” per anto-nomasia Dozza, in testa a uncorteo del 1 maggio a fiancodel sindaco di Foligno Fitta-ioli). Ringraziamo ovviamen-te la famiglia di uno dei prin-cipali artefici della Cameradel Lavoro di Foligno, Vin-cenzo Loreti, che ci ha alme-no consentito di ricordarne,

anche se per brevi cenni, lavita e l’azione. Questo inser-to si chiude quindi, delibera-tamente, con una quarta pa-gine “tronca”; bianca com’èbianca (sbiancata?) la memo-ria delle lotte sindacali dellanostra città. L’augurio chequesta “denuncia” provochiuna benefica reazione e chine ha il dovere, per memoriapersonale e per ruolo, perchési impegni a colmare questagravissima lacuna. Abbiamofesteggiato i 150 anni dal-l’Unità d’Italia celebrandoanche, con abbondanza dimateriali, ricerche e studi,importanti personaggi dellanostra città che hanno vissu-to e contribuito a queglieventi remotissimi. Cosa ne èdella nostra storia più recen-te, quella che realmente econcretamente ha creato ipresupposti del nostro oggi?Vengono in mente i tempidella scuola primaria e infe-riore quando gli scolari veni-vano tempestati dalla narra-zione delle gesta eroiche delrisorgimento sino all’irre-dentismo della prima guerramondiale, quella “grande”,quella vinta dall’Italia, men-tre veniva calata una cortinadi silenzio sul più recentepassato della dittatura fasci-sta, della resistenza e dellanascita della Repubblica.Stiamo forse tornando a queitempi di oscurantismo ideo-logico e culturale? Ci augu-riamo di no e, quindi, confi-diamo che coloro che posso-no e che debbono facciano illoro dovere. Ci impegniamoquindi a tornare sul temadelle lotte sindacali che han-no interessato il nostro terri-torio a partire dal secondodopoguerra non appena di-sporremo dei materiali oggimancanti.

IV

La storia “dimenticata” della CGIL di Foligno

lavoro, partì a piedida Capodacqua perparteciparvi e inter-venire portando ilsuo pensiero. Il Sin-daco Italo Fittaioli,presente all’Assem-blea, rimase colpitodal suo intervento,volle conoscere ilgiovane e, intuitoneil coraggio, l’entu-siasmo e le capacità,lo indirizzo allaScuola di Partitopassaggio allora ne-cessario per l’iscri-zione al Partito Co-munista (varrà di ricordareche la scuola di partito delPCI non era affatto un luogodi becero indottrinamento,ma una vera e propria “uni-versità” per la solida prepara-zione culturale e scientificadei futuri quadri politici, sin-dacali e amministrativi delPCI. A quella scuola insegna-vano i più qualificati docenti,anche di livello universitario edi fama internazionale. Al-l’epoca fare parte del PartitoComunista era una prerogati-va di tutti i maggiori espo-nenti della cultura, dellascienza e dell’arte italiani). Daquel momento in poi Loretilavorò nel PCI e nel 1952 en-trò a far parte della CGIL conl’incarico di seguire il patro-nato INCA, successivamentele vertenze e i contratti. Inquel periodo era segretariodella Camera del Lavoro diFoligno Paolo Ortolani (perchi ne ha ancora memoria,detto “Peppoletta”). Nel 1958Loreti assunse l’incarico di se-greteria della Camera del La-voro, della quale divenne se-gretario nel Congresso del1965 e vi rimase sino al 1975.Il Partito Comunista di Foli-gno iniziava allora un lungo

percorso di mutazione gene-tica con l’ingresso massicciodi “quasi” comunisti e il pro-gressivo depotenziamento eallontanamento dei quadristorici. In forte e aperto con-trasto con questa grave deri-va ideologica, che dal Partitoera ricaduta anche sul suosindacato, Loreti si dimisedalla carica di segretario dellaCamera del Lavoro e, senzapretese (né, va detto, minimeofferte di aiuto), tornò almondo del lavoro, anche con-correndo per un posto di“spazzino” nell’azienda mu-nicipalizzata. Emblematica laspecifica circostanza che por-tò alla rottura con la nuovadirigenza del Partito e del sin-dacato: l’occupazione da par-te di lavoratori a rischio diposto di lavoro della sala delConsiglio Comunale. L’Am-ministrazione “comunista”reagì con una denuncia pena-le e, come detto, con la so-stanziale cacciata dell’ “agita-tore” sindacalista responsabi-le. L’Amministrazione, cioèl’esercizio del “potere”, avevasopraffatto il Partito e lo stes-sa cosa si apprestava a fareanche con il sindacato dei la-voratori.

Vincenzo Loreti è nato a Foli-gno il 6 gennaio 1928. Rima-sto orfano di padre insiemead altri due fratelli (che com-plessivamente avevano 8 an-ni), a causa della povertà incui si era venuta a trovare lafamiglia, venne affidato aglizii paterni che abitavano aRoma. Nel 1937 tornò a Ca-podacqua con la madre, chenel frattempo si era risposa-ta, e completò gli studi fre-quentando la quinta elemen-tare. Iniziò quindi a lavorarenell’agricoltura e al taglio del-la legna per aiutare la fami-glia. Nel 1939 dotato di amo-re per il sapere e fornito diun’arguta intelligenza siiscrisse a Foligno alla scuoladi avviamento industrialeconseguendo ottimi risultati.Sopraggiunta la guerra, nel1940 fu costretto a sospende-re gli studi che riprese al ter-mine della guerra. Nel 1943,giovanissimo, iniziò l’attivitàdi partigiano portando viverie medicinali ai compagni na-scosti nei boschi. Tra il ’49 e il’51, tornato dal servizio mili-tare, riprese a lavorare nellacampagna per i “padroni”della zona, continuando aleggere ogni genere di librisul partito comunista. In que-sto periodo visse la sofferen-za del lavoratore della terra,del suo sfruttamento e sentìl’esigenza di lottare per laconquista dei diritti dei lavo-ratori. Già dal 1° maggio del1951 riuscì a far rispettare laFesta dei Lavoratori, coinvol-gendo tutti i suoi compagni anon lavorare e a farsi retribui-re la giornata come di diritto,pur sapendo che il giornosuccessivo sarebbero stati li-cenziati, e così accadde. Nel1951, venuto a conoscenzache a Foligno c’era una riu-nione sulle problematiche del

Senza memoria non c’è consapevolezza del presente e tanto menoci può essere progetto per il futuro