Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

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1 Università degli Studi di Torino Scuola di Scienze Giuridiche, Politiche ed Economico-Sociali Corso di Laurea Magistrale in: Produzione e Organizzazione della Comunicazione e della Conoscenza Tesi di Laurea Sviluppo locale e Innovazione tecnologica. Caso di studio: L’Istituto Italiano di Tecnologia, IIT. Candidato: Giovanni Capello Relatore: Prof. Sergio Scamuzzi Matricola: 758815 Correlatore: Anno Accademico: 2013-2014

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Università degli Studi di Torino Scuola di Scienze Giuridiche, Politiche ed Economico-Sociali

Corso di Laurea Magistrale in:

Produzione e Organizzazione della Comunicazione e della Conoscenza

Tesi di Laurea

Sviluppo locale e Innovazione tecnologica. Caso di studio: L’Istituto Italiano di Tecnologia, IIT.

Candidato: Giovanni Capello Relatore: Prof. Sergio Scamuzzi Matricola: 758815 Correlatore:

Anno Accademico: 2013-2014

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INDICE

PREFAZIONE…………………………………………………………………………………

CAPITOLO 1……………………………………………………………………….................

SVILUPPO LOCALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA……………………………………..

1.1 L’importanza dello sviluppo locale………………………………………. 1.2 Quali sono le caratteristiche dello sviluppo locale?..........................................

1.3 Il capitale sociale……………………………………………………………………….

1.4 I distretti High-Tech: un esempio di sviluppo locale……………………………….

1.5 I distretti industriali, alcune definizioni……………………………………………….

1.6 Analisi dei distretti High-Tech italiani…………………………………………........

1.7 La normativa italiana sui distretti High-Tech……………………………………….

1.8 Le caratteristiche dei distretti High-Tech esteri…………………………………...

1.8.1 Il distretto High-tech di Yamacraw (Georgia, Usa)……………………..

1.8.2 Il Distretto High-Tech di Sophia-Antipolis (Francia)…………………..

1.8.3 Il Distretto High tech di Cambridge (UK)………………………………

1.9 I distretti High-Tech in Italia……………………………………………………………

1.9.1 Torino Wireless……………………………………………………………….

1.9.2 Biotecnologie in Lombardia………………………………………………..

1.9.3 Hi-Mech in Emilia Romagna…………………………………………….

1.9.4 Aerospazio in Lazio……………………………………………………….

1.10 Le determinanti del distretto High-Tech……………………………………………..

1.11 Analisi comparativa delle performance innovative nell’area UE………………..

1.12 Analisi comparativa tra le Regioni italiane…………………………………………

1.13 Confronto tra i distretti High-Tech analizzati………………………………………

1.14 Conclusioni………………………………………………………………………….......

CAPITOLO 2…………………………………………………………………………………….......

LE POLITICHE PER LO SVILUPPO LOCALE…………………………………………………….

2.1 L’intervento dello stato………………………………………………………………….

2.2 Origine e caratteri dei piani territoriali………………………………………………

2.3 Problemi di realizzazione e le critiche ai patti……………………………………….

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2.4 Tre storie di patti…………………………………………………………………………

2.5 Risultati della ricerca e osservazioni conclusive

2.6 La pianificazione strategica nelle città………………………………………………..

2.7 Il piano strategico della città di Genova……………………………………………..

2.7.1 Il contesto socio-economico della città……………………………………

2.7.2 Il contesto istituzionale……………………………………………………….

2.7.3 Le tappe del piano strategico………………………………………………..

2.7.4 La riorganizzazione del comune……………………………………………

2.7.5 Il piano della Città di Genova 2002………………………………………...

2.7.6 La navigazione strategica…………………………………………………….

2.7.7 Pianificazione di medio-lungo periodo e stili di governance……………

2.8 Premessa sul paragrafo successivo………………………………………………….

2.9 La storia del Distretto High-Tech Genovese………………………………..

2.10 La vocazione tecnologica del distretto genovese

2.11 La storia del Dixet……………………………………………………………………..

2.12 Il parco scientifico tecnologico degli Erzelli: una Silicon Valley in Liguria?.....

2.13 Evoluzione cronologica del Parco Scientifico Tecnologico degli Erzelli…..

CAPITOLO 3…………………………………………………………………………………………

L’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT)………………………………………………….

3.1 Prefazione al Capitolo…………………………………………………………………

3.2 IIT: storia e l’intervento dello Stato italiano………………………………………..

3.2.1 Gli scettici ……………………………………………………….

3.2.1 I favorevoli…………………………………………………………

3.2.3 I contrari…………………………………………………………..

3.3 IIT, Descrizione e composizione interna…………………………………………..

3.4 Centri IIT nel mondo…………………………………………………………………

3.5 I primi risultati……………………………………………………………………….

3.6 Operatività e piano scientifico……………………………………………………… 3.7 Lo staff………………………………………………………………………………….

3.8 Le pubblicazioni e gli indicatori bibliometrici……………………………………

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3.9 Fund raising e brevetti………………………………………………………………

3.10 Il processo di Valutazione di IIT………………………………………………….

3.11 I primi 6 anni………………………………………………………………………..

3.11.1 Il piano scientifico 2012-2014…………………………………. 3.11.2 Evoluzione dello staff e della produttività…………………

3.11.3 Pubblicazioni e indicatori bibliometrici………………………….

3.11.4 Ranking Internazionale……………………………………………. 3.11.5 Valutazione della ricerca…………………………………………. 3.11.6 Progettualità scientifica…………………………………………..

3.11.7 Trasferimento tecnologico……………………………………….

3.11.8 Attività di formazione e di avviamento alla ricerca…………….

3.12 I primi 7 anni……………………………………………………………………………. 3.12.1 Le nuove frontiere: i materiali intelligenti………………….

3.12.2 Le nuove frontiere: i robot al servizio dell’uomo……………….

3.12.3 Valutazione e ranking………………………………………………

3.12.4 Formazione e collaborazioni………………………………………

3.12.5 Trasferimento tecnologico……………………………………….. 3.12.6 Sintesi dell’anno 2013……………………………………………

3.12.7 Il percorso di carriera per gli scienziati alla fine del 2013….

3.12.8 La presenza di IIT nel panorama scientifico internazionale..

3.13 Nikon e IIT: il progetto comune sul microscopio ottico del 2014……………..

3.14 Un progetto triennale con INAIL per la robotica riabilitativa

3.15 iCub……………………………………………………………………………………….

3.15.1 Intervista ad A. Roncone (iCub Facility, Phd Fellow)…… ….

3.16 Il rapporto con le industrie e il tessuto produttivo

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3.17 IIT ed il fotovoltaico a basso costo - alta efficienza

3.18 Osservazioni conclusive………………………………………………………………

CAPITOLO 4…………………………………………………………………………………………

UNA PICCOLA REALTA’ HIGH-TECH ITALIANA: ELBATECH............................

4.1 Micro sviluppo locale e innovazione: Elbatech……………………………………..

4.2 Intervista a Manuela Adami (Elbatech)……………………………………….

4.3 Il progetto ElbaTech4Nature…………………………………………………………… 4.4 Conclusioni……………………………………………………………………………….

Elenco delle figure……………………………………………………………………………………

Elenco delle tabelle…………………………………………………………………………………..

Riferimenti bibliografici………………………………………………………………………………

Sitografia……………………………………………………………………………………………….

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PREFAZIONE

Sviluppo locale e innovazione tecnologica: un’equazione piuttosto intricata da risolvere,

che rappresenta un argomento estremamente attuale. La sociologia economica ha dedicato

molte energie ad analizzare le variabili in gioco e le condizioni necessarie alla crescita

economica, tenendo in considerazione diverse parole chiave fondamentali, prima fra

queste, la tecnologia.

Nel primo capitolo saranno analizzati l’impatto ed i benefici che la tecnologia può avere su

scala locale. Questo proposito richiederà l’analisi delle caratteristiche di diversi distretti

High-Tech oltreoceano che si sono distinti per le loro caratteristiche ma anche di alcuni

casi di studio italiani (nel capitolo 1);

Il secondo capitolo sarà dedicato all’analisi delle politiche attuabili per favorire lo sviluppo

locale e nello specifico, il capitolo 3 si occuperà dell’analisi dell’Istituto Italiano di

Tecnologia (IIT) di Genova, la sua struttura, le sue caratteristiche e il suo sviluppo. Reputo

fondamentale analizzare diverse organizzazioni che hanno saputo fare la differenza, questo

non servirà tanto per costruire delle banali best practices, ma ci aiuterà a capire quali

variabili debbano essere tenute in considerazione per comprendere in profondità i vari

passaggi di questo percorso.

Per analizzare lo sviluppo locale come fenomeno, non possiamo guardare solo a variabili

numeriche come il PIL procapite locale o alla crescita delle transazioni economiche, ma

sarà necessario iniziare a guardare a complicati aspetti sociali e politici che si sviluppano

sul territorio e determinano vantaggi competitivi che la sola azione del mercato non

potrebbe realizzare. Attraverso la cooperazione e la creazione di reti di attori stabili nel

tempo, aumenta la capacità locale di visione e di azione, che determina il cosiddetto

sviluppo.

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Ed è proprio questa “componente sociale” l’elemento chiave dello sviluppo locale. Per

questo motivo la Sociologia può essere la giusta chiave di lettura, perché in grado di

analizzare l’azione dell’individuo all’interno di una complessa rete di relazioni.

Innovazione tecnologica e sviluppo locale sono elementi che corrono sullo stesso binario;

per questo motivo, lo scopo di questa tesi sarà analizzare come l’innovazione tecnologica

possa generare economia, come la conoscenza possa generare benessere.

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CAPITOLO 1

SVILUPPO LOCALE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA

1.1 L’importanza dello sviluppo locale

Il tema della globalizzazione dell'economia è un tema particolarmente significativo.

L'economia è diventata sempre più mobile nello spazio: movimenti di capitali, produzione

di beni e servizi in luoghi lontani, gli investimenti vengono quasi sempre dirottati

all'estero. All'immagine di questo tipo di economia alimentata dalla globalizzazione, se ne

affianca un'altra che si muove nella direzione opposta: lo sviluppo locale.

In questo caso l'attenzione non è a livello globale ma va posta sullo sviluppo di territori,

Città e Regioni che mostrano segni di particolare dinamismo e vitalità. Lo sviluppo locale

si occupa del legame con un particolare territorio, con il suo ambiente istituzionale e

sociale; la novità in questo caso è che rispetto al passato si affermano dei percorsi di

sviluppo meno dipendenti da politiche nazionali dello Stato, ma correlate a soggetti

istituzionali locali che sviluppano esperienze di cooperazione innovativa attraverso accordi

più o meno formalizzati tra loro.

Analizzeremo diversi esempi per delineare le caratteristiche dello sviluppo locale: La

Silicon Valley ed il polo delle biotecnologie di Oxford (che analizzeremo nei paragrafi

successivi) nonostante siano molto diverse, hanno in comune molti elementi. Lo sviluppo

urbano di città che hanno affrontato i problemi del declino delle industrie tradizionali o

hanno avviato progetti innovativi, come la città di Barcellona, Glasgow e Francoforte che

hanno diversi elementi che si ripetono; analizzeremo infine l'esperienza dei distretti

industriali italiani e successivamente un piano strategico di una città.

Di per sé, lo sviluppo locale non si identifica con particolari specializzazioni di tipo

produttivo o con modelli istituzionali nazionali di regolazione dell'economia. Lo sviluppo

locale riguarda sistemi produttivi locali che possono assumere caratteri diversi: possono

coinvolgere grandi o medie imprese-rete che organizzano un insieme di fornitori localizzati

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sullo stesso territorio, oppure agglomerati di piccole imprese (clusters) con un minore

grado di cooperazione tra loro rispetto ai distretti. Nello specifico, anche la

specializzazione produttiva può cambiare: oltre ai casi più conosciuti di sistemi legati alla

produzione di beni per la persona e per la casa come abbigliamento, calzature e ceramiche

vi sono sistemi di imprese specializzate in settori ad alta tecnologia come informatica,

telecomunicazioni, biotecnologie. Possono addirittura esserci sistemi specializzati in

attività terziarie come finanza e turismo o in attività agro-industriali.

1.2 Quali sono le caratteristiche dello sviluppo locale?

«…L’elemento principale dello sviluppo locale è determinato dalla capacità dei suoi

soggetti locali di cooperare per avviare e condurre percorsi di sviluppo condivisi che

mettano in moto risorse e competenze locali…» (C. Trigilia1, 2005).

Questo non implica la creazione di un localismo autarchico, ovvero una chiusura difensiva

verso un'economia globalizzata, al contrario il protagonismo dei soggetti locali sarà in

grado di favorire lo sviluppo di un territorio quando riuscirà ad attrarre in modo utile le

risorse esterne, che possono essere di tipo politico (per es. investimenti pubblici),

economico e culturale (come decisioni di investimento di soggetti privati). Dunque un

punto forte dello sviluppo locale è la sua capacità di avvalersi di risorse esterne per

valorizzare quelle interne: cercare di attrarre investimenti, imprese, risorse scientifiche e

culturali, non solo come occasione per la crescita della produzione, del reddito e

dell'occupazione, ma come strumento che possa incrementare le competenze e le

specializzazioni locali. Lo sviluppo locale non nasce per difendersi dalla minaccia della

globalizzazione, ma si fonda sulle capacità di cooperazione e di strategia dei soggetti locali

per coglierne le opportunità. Come abbiamo già detto in precedenza, il secolo scorso è

stato segnato dalla reazione alla crisi del capitalismo liberale.

1 Trigilia C. Sviluppo Locale: un progetto per l’Italia, Pag. 6. Editori Laterza, 2005.

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Il fordismo e keynesismo hanno conquistato la scena economica: Il fordismo cercava di

separare l'economia dalla società mediante la creazione di grandi imprese verticali che

sfruttavano le nuove tecnologie per realizzare economie di scala, sostituendo infatti la

gerarchia al mercato, rimpiazzando gli imprenditori con i manager e concentrando al loro

interno le diverse fasi produttive, per controllare il mercato del lavoro e quello dei beni.

L'impresa, si autonomizza maggiormente rispetto ai condizionamenti ambientali, in questo

quadro i fattori non economici che influenzano lo sviluppo diventano prevalentemente di

due tipi: a livello micro, riguardano la capacità organizzativa dell'impresa, mentre a livello

macro le cosiddette politiche statali, sia quelle Keynesiane di regolazione della domanda e

stabilizzazione del mercato, sia per le aree meno sviluppate, quelle che vogliono attirare

con incentivi e infrastrutture le grandi imprese esterne, le politiche di sviluppo territoriale

come interventi per il mezzogiorno praticati fino alla fine degli Anni 80 (che vedremo

successivamente).

“Stabilità” era la parola chiave del vecchio assetto che ha guidato il grande sviluppo post-

bellico. Nell'ultimo trentennio essa è stata sempre più sostituita da un'altra parola:

“flessibilità”: la ricerca di maggiore flessibilità, come la capacità di rapido adattamento a

un mercato fattosi più incerto e variabile e insieme la corsa verso una maggiore qualità dei

prodotti diventano scelte obbligate per le imprese dei paesi sviluppati con i più alti costi

del lavoro. Furono inizialmente le piccole imprese, specie se integrate tra loro in sistemi

locali ad elevata specializzazione (distretti) a cogliere le nuove opportunità che si aprono

con la saturazione dei mercati dei beni standardizzati e l'emergere di nuove domande più

variegate. L'aumento del benessere nei paesi più sviluppati si è infatti accompagnato ad un

rilevante mutamento delle preferenze dei consumatori, specie dei benestanti, orientati

sempre più verso prodotti differenziati e ovviamente di maggiore qualità.

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Con il tempo anche le grandi imprese hanno seguito la strada della ricerca di maggiore

flessibilità e qualità, hanno dato più autonomia alle unità produttive decentrate, hanno

modificato l'organizzazione del lavoro taylorista cercando maggiore flessibilità,

coinvolgendo maggiormente i lavoratori, si sono anche ulteriormente aperte alla

collaborazione con piccole e medie imprese esterne per ridurre i costi e i tempi dei processi

di innovazione e di introduzione di nuovi prodotti. Ciò ha spinto anche le grandi imprese

multinazionali a collocare le loro unità produttive in aree a forte specializzazione, dove è

possibile sviluppare una collaborazione con piccole e medie imprese di subfornitura.

Così facendo, si sono formate reti di imprese (o distretti) oppure agglomerazioni di piccole

e medie aziende a minor integrazione, ma anche grandi e medie imprese-rete che si

localizzano in determinati territori.

3.3 Il capitale sociale

Il funzionamento dei beni collettivi è influenzato dall'esistenza di relazioni sociali

personali tra i soggetti coinvolti, che ne facilitano la cooperazione. Esse sono relazioni

extra-economiche che incidono sullo sviluppo economico, sia direttamente nel processo

produttivo (per esempio nel caso dei rapporti tra imprenditori e tra imprenditori e

lavoratori) sia indirettamente attraverso la formulazione di politiche pubbliche o interventi

che creano beni collettivi dedicati per il contesto locale.

Il ruolo di queste reti di relazioni sociali è fondamentale, in quanto rende possibili le

transazioni complesse e rischiose sul piano economico o politico, e fornisce risorse di

fiducia che consentono ai soggetti di cooperare anche in presenza di condizioni di

incertezza e di carenza di informazioni. Come abbiamo visto in precedenza, le condizioni

della produzione flessibile e di qualità richiedono più intensi rapporti di collaborazione,

che non possono essere generati soltanto da meccanismi contrattuali. In questo caso la

disponibilità di reti di relazione tra i responsabili di diverse istituzioni (pubbliche e private)

può essere decisiva per la capacità di produrre in modo efficiente beni collettivi adeguati

alle esigenze delle economie locali in analisi.

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Negli ultimi anni si è diffusa la tendenza a definire le reti di relazioni sociali personali tra

soggetti individuali come il cd. capitale sociale (R. Putnam2, 1994). In alcuni casi si fa

riferimento a una cultura condivisa dai soggetti di un determinato contesto territoriale: il

capitale sociale diventa anche sinonimo di cultura civica (civicness): ovvero una cultura

condivisa che limita i comportamenti opportunistici e favorisce la cooperazione.

Il capitale sociale è l'insieme delle relazioni sociali di cui un soggetto individuale (come

un imprenditore o un lavoratore) o un soggetto collettivo (privato o pubblico) dispone in un

determinato momento. Attraverso questo capitale di relazioni si alimenta la formazione di

risorse cognitive, (come le informazioni) o risorse normative (come la fiducia) che

permettono agli attori di realizzare obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo

sarebbero a costi molto più alti.

Analizzando il capitale sociale a livello aggregato, si potrebbe dire che un determinato

contesto territoriale può essere considerato più o meno ricco di capitale sociale a seconda

che i soggetti individuali o collettivi che vi risiedono siano coinvolti in reti di relazioni

cooperative più o meno diffuse.

Possiamo dunque porci diverse domande importanti relative al capitale sociale:

• Da cosa dipende la sua formazione?

• Ci sono tipi di capitale sociale con origini diverse?

• Come funzionano nella produzione di beni collettivi?

Quando si parla di un territorio ben fornito di capitale sociale, si fa riferimento alla

presenza di reti cooperative con effetti positivi per la collettività: ciò non vuol dire però,

che in assenza di tali effetti manchi necessariamente il capitale sociale. Vi sono diversi

processi di generazione di capitale sociale.

2 Putnam R. Making Democracy Work, Civic Traditions in Modern Italy, Princeton University Press, 1994 -

Cit. in Trigilia C. Sviluppo Locale: un progetto per l’Italia, Pag. 6. Editori Laterza, 2005.

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• Un primo tipo è legato a quelle dotazioni originarie di cui abbiamo parlato prima, che

sono generate e alimentate da identità collettive particolarmente radicate in un territorio, in

questo caso l'origine del capitale sociale e più esterna alla sfera economica, ma vi si

estende facilitandone il funzionamento.

• Il secondo tipo si basa su attività economiche che attraversando la loro ripetizione nel

tempo, vanno al di là dei rapporti contrattuali, generando legami sociali più duraturi.

Possiamo definire il primo processo, che va dalla società all'economia come generazione

per appartenenza, e il secondo, si muove nel senso opposto, come generazione per

sperimentazione. Diciamo che le dotazioni di capitale sociale generate da appartenenza

riguardano la concentrazione in un determinato territorio di gruppi sociali molto legati da

un'identità etnica, religiosa o politica; sono processi che risalgono spesso all'indietro nel

tempo. Il radicamento territoriale può essere legato a forme di difesa della società locale

(K. Polany4, 1944), di fronte alle sfide provenienti dalla penetrazione del mercato, si

determinano processi di mobilitazione sociale a livello territoriale, si intensificano i legami

tra i soggetti coinvolti, si sviluppano forme di rappresentanza politica condivise, si rafforza

la cooperazione sul piano economico.

Un esempio attuale può essere la formazione di subculture etnico-linguistiche, come per

esempio la formazione di comunità di immigrati che si stabiliscono in alcuni territori, o in

determinati quartieri di aree metropolitane.

I legami di appartenenza generano capitale sociale sia tra soggetti individuali che soggetti

collettivi. Per quanto riguarda gli imprenditori, si formano più facilmente reti di relazioni

che alimentano la fiducia reciproca e favoriscono la cooperazione, d'altro canto a livello

locale funzionano i meccanismi di controllo sociale che permettono di individuare e di

isolare chi rompe la fiducia attraverso una rapida circolazione dell'informazione.

3 Polany K. The Great Transformation, Farrar & Rinehart, New York, 1944. Cit. In Trigilia C. Sviluppo

Locale: un progetto per l’Italia, Editori Laterza, 2005.

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Questo senso di appartenenza crea una forte pressione sul comportamento individuale,

contribuendo a limitare l'opportunismo, quindi l'esistenza di un'identità collettiva forte

facilita la formazione di reti cooperative. La generazione per appartenenza alle

conseguenze di rilievo per i caratteri dei legami sociali.

Prendiamo in considerazione i cosiddetti legami forti (M. Granovetter 4,1973) cioè

particolarmente intensi e frequenti. Per quel che riguarda le reti individuali, legami di

questo tipo hanno vantaggi che sono da considerare con attenzione. Tra i vantaggi c'è la

possibilità di cooperazione più complesse e rischiose, che viene ad essere maggiormente

sostenuta da un più forte cemento fiduciario. Tra gli svantaggi va però valutato il rischio di

una chiusura eccessiva delle reti, che potrebbe limitare le informazioni circolanti e influire

negativamente sui processi economici.

Per quanto riguarda i meccanismi di formazione del capitale sociale basati sulla

sperimentazione, a differenza di quelli precedenti, si fondono prevalentemente su legami

deboli. Si formano relazioni meno intense e più occasionali, un'impresa esterna o locale

può stabilire rapporti con altre aziende di una determinata area, se questi rapporti si

concludono con soddisfazione, possono ripetersi e generare legami sociali che vanno al di

là della singola transazione, rendendo anche possibili operazioni più complesse.

Quando manca una comune appartenenza è più difficile cooperare per la produzione di

beni collettivi. Ciascun attore può fidarsi poco degli altri e sulla stessa base giudica con

sospetto eventuali forme di collaborazione con altri soggetti. Oltre alla cosiddetta

conflittualità tra attori collettivi, possono diffondersi legami politici clientelari, in una

situazione in cui le appartenenze sono deboli e il consenso è più difficile da ottenere, i

politici locali possono essere spinti a usare le risorse che controllano per fini

particolaristici, a scapito della produzione di beni collettivi (è spesso successo nel Sud

Italia che si sviluppasse il cd. particolarismo sociale).

4 Granovetter M. The Strenght of Weak Ties, American Journal of Sociology, Vol 78 n° 6, 1973.

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Vengono così privilegiate delle politiche che aumentano la possibilità di dividere le risorse

a fini di consenso (per esempio assunzioni indiscriminate di impiegati pubblici o

distribuzione di sussidi a imprese e famiglie).

In un quadro di questo tipo, non si migliora il contesto locale ma anzi si creano

comportamenti non favorevoli all'imprenditorialità economica e al mercato (Vedi gli studi

di R. Putnam 5, 1994).

1.4 I distretti High-Tech: un esempio di sviluppo locale

Il mutamento dei processi produttivi e la sempre maggiore attenzione ai contesti locali

come fonte di sviluppo economico richiede un'attenta analisi delle caratteristiche strutturali

del sistema economico italiano, per garantire le corrette politiche pubbliche di intervento.

La crisi economica mondiale, oltre a quella italiana ha focalizzato l’attenzione sulla perdita

di competitività del nostro sistema industriale: i settori tradizionali, usualmente legati alla

produzione poco tecnologica e caratterizzata da una manodopera poco qualificata, non

sono in grado di tenere il passo rispetto alle grandi nazioni in via di sviluppo come Cina e

India; il fenomeno della delocalizzazione, che ultimamente molte imprese considerano

l'unico modo per tornare al passo con la concorrenza straniera, è una risposta alla crisi

spesso obbligata. D'altro canto, certe politiche di riammodernamento dei settori tradizionali

e un investimento verso i settori High-tech possono in qualche modo fornire una risposta

alla crisi: i distretti tecnologici in Italia sono uno degli aspetti più innovativi degli ultimi

trent'anni, la loro forte propensione all'innovazione, nita ad una rete locale di istituti di

ricerca può davvero rappresentare una svolta per il nostro sistema economico.

5 Putnam R. Making Democracy Work, Civic Traditions in Modern Italy, Princeton University Press, 1994.

In questa prospettiva è molto interessante il confronto tra Regioni della Terza Italia e del Mezzogiorno

effettuato dall’autore, che nelle sue ricerche ha attirato l'attenzione sulla mancanza nel Sud Italia di capitale

sociale, inteso come cultura civica ereditata da un passato lontano. Nella storia del mezzogiorno si è fatta

molto sentire la carenza di appartenenze sociali allargate.

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1.5 I distretti industriali, alcune definizioni

La crisi del sistema fordista, che fino agli Anni Settanta ha dominato il mercato industriale,

ha creato un veloce mutamento del sistema industriale dei paesi avanzati. La costante

pressione dei mercati emergenti ha reso l'innovazione tecnologica una risorsa

fondamentale per le organizzazioni. I mercati si sono differenziati repentinamente e sono

diventati molto più instabili ed in questo contesto, si inizia a pensare che il processo di

innovazione tecnologica non debba essere più preso in considerazione dalle grandi

imprese, ma distribuito all'interno del mondo delle piccole-medie imprese, molto più

specializzate e vincolate al territorio in cui operano.

Una forte connessione con il territorio è alla base della nascita dei primi cluster

tecnologici: essi si fondano sulla vicinanza tra imprese immerse nello stesso contesto

produttivo e la circolazione della conoscenza attraverso la mobilità del lavoro. La storia dei

distretti industriali italiani è stata fondamentale per lo sviluppo economico.

A partire dagli Anni 90, la posizione delle imprese italiane sui mercati internazionali ha

cominciato a indebolirsi mettendo in crisi il sistema economico e spingendo le piccole

imprese dei distretti a riorganizzarsi in un'ottica più innovativa; è per questo diventato

evidente che il vantaggio competitivo non possa derivare solo dalla specializzazione della

manodopera ma richiede anche componenti basate sull'innovazione e sulla tecnologia. Per

questo motivo in Italia, si sono sviluppati degli agglomerati territoriali formati da piccole-

medie imprese con l'idea comune di basare la loro azione sull'innovazione e sulla

specializzazione settoriale: Si parlerà perciò di Distretti High-Tech.

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«… Il distretto industriale è caratterizzato da un limitato ambito geografico caratterizzato

dalla presenza di un insieme di imprese di piccole e medie dimensioni, specializzate nelle

fasi di uno stesso processo produttivo, con una cultura locale ben definita e che

presentano una rete di istituzioni locali favorevoli all'interazione, competitiva e

cooperativa, sia fra imprese diverse, sia fra imprese e popolazione lavoratrice…».

(G. Becattini 6, 1998)

Questa definizione mette in luce diversi aspetti del distretto industriale:

• l'importante ruolo delle istituzioni;

• il ruolo dei valori e della cultura presenti sul territorio;

• il ruolo del capitale sociale;

• il ruolo delle risorse umane.

Becattini cerca di mettere in luce le differenze e le similitudini tra i cluster, il

distretto industriale e il distretto High Tech. il primo elemento è rappresentato dal ruolo

delle istituzioni, come fattore fondamentale per la nascita dei distretti industriali. Le

istituzioni permettono di creare la rete di relazioni tra imprese e individui che è alla base

del concetto di distretto industriale. Un altro elemento è rappresentato dall'accumulazione

di capacità che, nell'ambito dei distretti industriali avviene mediante processi learning by

doing, attraverso i quali la manodopera, pur non avendo un alto livello di capitale umano in

partenza, sviluppa le conoscenze all'interno del processo produttivo. Tale meccanismo di

trasmissione delle conoscenze, favorisce un vantaggio competitivo che si manifesta con

l'aumento sostanziale della produttività della manodopera impiegata.

6 Becattini G. Distretti Industriali e Made in Italy, Bollati Boringhieri, Torino 1998.

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Un altro elemento nell'ambito del distretto industriale è costituito dalla cultura locale,

ovvero quell'insieme di relazioni tra settore imprenditoriale e la comunità locale che

permette la circolazione delle conoscenze ed è alla base delle reti di relazioni. Questo

elemento ricopre un ruolo primario per la nascita dei distretti industriali e per la loro

crescita sul territorio italiano.

La cultura locale è sicuramente l'elemento che differenzia il distretto industriale dal cluster

tecnologico. I cluster tecnologici sono agglomerati geograficamente concentrati di imprese

connesse ed istituzioni associate in un particolare settore, legate da tecnologie e capacità

comuni. La crescita dei cluster è più facile in situazioni geografiche che consentano facilità

di comunicazione e di interazione personale, e si individuano a livello regionale o a livello

di singole città. Il distretto High-Tech è un elemento innovativo rispetto al distretto

industriale e al cluster.

M. Storper 7 (1997) definisce il distretto High-Tech come: «un sistema territoriale in cui

convivono componenti relazionali e cognitive e processi di accumulazione della

tecnologia»7.

Tale definizione racchiude il concetto di aree in cui la dinamica dell'apprendimento si pone

alla base del processo produttivo e prevede una partecipazione attiva di tutti gli enti di

ricerca e di formazione all'interno del processo produttivo. Più in generale altri autori

definiscono il distretto High-Tech (lungo il corso del testo, per semplificare sarà chiamato

anche distretto HT) come l'insieme di aggregazioni territoriali di attività ad alto contenuto

tecnologico nel quale forniscono il proprio contributo, enti pubblici di ricerca, grandi

imprese, piccole imprese ed enti locali La presenza sul territorio di questi fattori è

essenziale perché si venga a creare un ambiente in cui i costi e i rischi della ricerca

scientifica siano sostenuti dalle imprese anche di piccole e medie dimensioni.

7 Storper M. The Regional World, Territorial development in Global economy, The Guilford Press, New

York. 1997.

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21

Oltre ai diversi servizi legati alla ricerca e alla formazione, un ruolo di rilievo

fondamentale hanno i servizi finanziari, quelli di assistenza alle start-up e quelli legati al

marketing. In particolare, la finanza specializzata, specie nella forma del venture capital, è

fondamentale per lo sviluppo di attività High-Tech, in quanto gli investimenti in questi

settori tendono in media ad essere più rischio. Infine si deve tenere conto del ruolo della

cultura e del capitale sociale, fattori immateriali già precedentemente considerati come

elementi fondanti del distretto HT.

1.6 Analisi dei distretti High-Tech italiani

Il paragrafo precedente mostra alcuni elementi fondamentali per la nascita e l'evoluzione

dei distretti High-Tech. I processi che portano alla nascita di questi distretti sono molto

difficili da comprendere, specialmente sul territorio italiano dove i distretti HT hanno

assunto connotazioni diverse e si sono sviluppati in maniera non omogenea partendo

spesso da accordi privati tra imprese e non da una precisa volontà pubblica. Le principali

linee di ricerca in questo ambito possono essere ricondotte a due filoni principali:

• Il primo cerca di individuare i distretti High-Tech attraverso l'utilizzo di un numero di

variabili relative alla conoscenza e al potenziale delle risorse connesse agli aspetti

tecnologici. Attraverso queste analisi si cerca di riconoscere le aree dotate di livelli di

capacità innovativa e tecnologica più adatti alla nascita dei distretti HT. Il merito di questo

filone di ricerca è stato quello di portare alla luce aspetti ritenuti minori nell'identificazione

dei distretti stessi, come il ruolo del capitale sociale e della cultura locale.

• Il secondo filone di cerca si basa su una scelta a priori delle caratteristiche dei

distretti High-Tech, per l'identificazione della loro fisionomia. la scelta degli aspetti

rilevanti avviene attraverso specifiche analisi e confronti sulle realtà già esistenti: per

esempio attraverso la comparazione di diversi distretti, da cui emerge la presenza di

regolarità nella loro nascita. Questi studi hanno evidenziato la presenza di caratteristiche

comuni ai distretti High Tech, permettendo analisi empiriche specifiche sulle determinanti

dei distretti HT.

Page 22: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

22

Bosi e Scellato 8 (2005) evidenziano alcuni degli aspetti maggiormente ricercati:

- la presenza di centri di ricerca pubblici;

- la presenza di imprese High-Tech (italiane o straniere);

- un elevato tasso di crescita delle imprese;

- la presenza di risorse umane qualificate;

- uno spirito imprenditoriale nel campo delle nuove tecnologie;

- la disponibilità di strumenti finanziari dedicati alle iniziative ad alto contenuto di

innovazione;

- la presenza di rapporti internazionali (di ricerca, tra imprese) e di imprese

multinazionali.

Negli ultimi anni, grazie ad un'intensa attività condotta dal MIUR (Ministero

dell'Università e della Ricerca) sono state sviluppate alcune ricerche specifiche sui

distretti High-Tech italiani. Queste indagini portate avanti a livello europeo, hanno come

finalità l'integrazione delle realtà esistenti in un quadro internazionale.

1.7 La normativa italiana sui distretti High-Tech

I distretti High-Tech, secondo il piano nazionale della ricerca 2005-2007 (PNR), sono

“aggregazioni territoriali di attività ad alto contenuto tecnologico nelle quali forniscono il

proprio contributo, enti pubblici di ricerca, grandi imprese, piccole imprese nuove o già

esistenti, enti locali. “ 9

8 Bosi G. Scellato G. Politiche Distrettuali per l’innovazione delle Regioni italiane , COTEC, 2005. 9 Vedi: http://www.miur.it/0003Ricerc/0141Temi/0478PNR_-_/0783PNR_20/4811Progra_cf3.htm.

Page 23: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

23

L'affermazione del distretto High-Tech quale strumento di sviluppo economico all'interno

dei sistemi nazionali più evoluti, trae origine dalle linee guida per la politica scientifica e

tecnologica del governo approvate il 19 aprile 2002 ed è tutelata dal PNR 2005-2007; essa

segnala la necessità di creare, in numerose aree del paese, dei poli di ricerca e di

innovazione di eccellenza nell'ambito di progetti condivisi tra i vari attori del sistema

scientifico e dell'innovazione. A differenza dei distretti industriali, l'avvio dei distretti HT

utilizza più genericamente gli strumenti della politica della programmazione della ricerca

italiana. In particolare, il processo di collaborazione tra diversi soggetti pubblici

(amministrazioni centrali, regionali e locali) e privati avviene mediante il ricorso agli

strumenti della programmazione negoziata (accordi di Programma quadro, accordi di

Programma).

A tale proposito è opportuno soffermarsi sui rapporti istituzionali che proprio negli anni di

sviluppo dei DT hanno mutato il loro assetto. La riforma del Titolo V della Costituzione

del 2001, varata dopo un lungo iter normativo, individua il settore della ricerca scientifica e

tecnologica e il sostegno all’innovazione come materia concorrente tra Stato e Regioni. La

potestà legislativa spetta alle Regioni ad eccezione della determinazione dei principi

fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

L’insediamento del Governo della XIV legislatura (30 maggio 2001) ed il nuovo assetto

istituzionale, inducono il MIUR a “formulare a questo stadio nuove linee guida anziché

procedere immediatamente alla stesura del documento di dettaglio” ovvero il PNR. Tale

documento programmatico individua quattro assi strategici tra cui l’Asse 4 “Promozione

delle capacità di innovazione nei processi e nei prodotti delle piccole e medie imprese e

creazione di aggregazioni sistemiche a livello territoriale”. L’Asse 4 sancisce il ruolo delle

Regioni nella programmazione delle azioni ad esso riferite ed individua come strumento di

attuazione il ricorso alla programmazione negoziata. Le linee guida pertanto, pur

anticipando la definizione del Distretto High Tech, non definiscono un quadro chiaro di

risorse con cui attivare tale strumento. L’occasione, per le Regioni del Mezzogiorno, si

manifesta con l’attuazione della delibera CIPE 17/2003. Il CIPE (Comitato per la

programmazione Economica), nel destinare le risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate

(FAS), nella delibera 17/2003 vincola una quota destinata ad interventi gestiti dalle

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24

Amministrazioni centrali (in particolare il MIUR ed il Dipartimento per l’innovazione

tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri) all’esito positivo di un percorso di

concertazione con le Regioni del Mezzogiorno. Inoltre, in considerazione del fatto che

l’assegnazione di tali risorse ricadeva nel centro del periodo di programmazione dei Fondi

strutturali 2000/2006 e che queste, per quanto riguarda le politiche di sostegno alla ricerca,

erano quasi esclusivamente indirizzate al mondo delle imprese, la delibera invita ad avere

particolare attenzione ai “profili dell’offerta, alle esigenze di alta formazione e ricerca sia

tecnica che umanistica”. Quindi, pur potendo destinare tali risorse al potenziamento della

ricerca di base e della formazione, il MIUR e le Regioni hanno optato concordemente per

sostenere azioni di ricerca industriale attraverso la costituzione di diversi DT nelle Regioni

meridionali. Contestualmente si arriva ad una prima definizione formale degli obiettivi e

delle caratteristiche dei DHT, intesi come strumento dell’Amministrazione Pubblica per

attuare una politica di sviluppo e diversificazione delle specializzazioni esistenti nei

diversi tessuti produttivi regionali. I principali interventi suggeriti sono:

1) prevedere la partecipazione di imprese del Distretto Tecnologico, imprese caratterizzate

da un elevato grado di competenze tecnologiche e/o di risorse disponibili per l’attività di

ricerca e sviluppo (R&S);

2) assicurare il collegamento potenziale con il tessuto di imprese sub-fornitrici esistenti

nella Regione o nel restante territorio dell’Obiettivo 1;

3) garantire effetti di riposizionamento competitivo degli attori regionali che possono

derivare dal progetto del DHT, soprattutto in termini di diversificazione e di

specializzazione produttiva;

4) essere in grado di determinare l’attrazione di nuove presenze high-tech di origine

esterna al territorio di riferimento del distretto;

5) assicurare la concentrazione spaziale di strutture scientifiche (pubbliche e private),

centri di competenza e organismi di alta formazione che possano essere coinvolti

Page 25: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

25

nell’implementazione del progetto di Distretto HT;

6) favorire l’attivazione di relazioni privilegiate e stabili con fonti di innovazione e centri

di competenza esterni alla Regione che possano essere rafforzate attraverso il progetto di

Distretto Tecnologico;

7) promuovere il coinvolgimento degli attori di mercato (venture capital, organismi

imprenditoriali, Fondazioni bancarie, ecc.) interessati ad investire nelle azioni proposte

attraverso il DT a complemento dei finanziamenti di origine pubblica.

Successivamente, con una serie di delibere (n. 20/2004, n. 81/2004, n. 35/2005, n. 3/2006)

il CIPE avvia il finanziamento per l' attuazione dei DHT.

1.8 Le caratteristiche dei distretti High-Tech esteri

Un primo passo per l’analisi dei Distretti HT è quello di definire gli ambiti e le condizioni

che hanno portato alla loro nascita; un approccio storico al problema, che metta a

confronto le circostanze in cui sono nati i distretti High-Tech esteri rispetto a quelli italiani

potrebbe essere il più idoneo. Verranno successivamente presentati tre casi di eccellenza

nell’ambito dei distretti HT esteri, che delineano diverse esperienze effettuate in contesti

istituzionali differenti. In particolare, si è preso in esame un Distretto HT sviluppatosi negli

Stati Uniti, nello Stato della Georgia, caratterizzato da una forte spinta iniziale da parte del

Governo locale e il Distretto di Sophia Antipolis, in Francia, rappresentativo di una

situazione in cui è la capacità di attrazione sul territorio di grandi imprese estere a

determinare il successo di una iniziativa. Il caso di Cambridge in Inghilterra, ove già

esisteva un importante e affermata presenza dell’High-Tech, testimonia, invece, un

successo legato alla capacità di coordinare le risorse e le competenze di un grande centro

di ricerca pubblica. Sebbene i tre casi trattati presentino delle differenze e delle analogie,

l’analisi delle loro caratteristiche ci aiuterà a individuare alcune dimensioni comuni utili

per la valutazione delle strategie di policy di innovazione in ambito locale e per la

definizione di future linee-guida da applicare al caso Italiano.

Page 26: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

26

1.8.1 Il distretto High-tech di Yamacraw (Georgia, Usa)

Fin dai primi Anni 60 nello Stato della Georgia furono avviate numerose iniziative con

l’obiettivo di realizzare una generale ristrutturazione dell’economia locale, promuovendo i

progetti di ammodernamento e favorendo lo sviluppo di industrie ad alto contenuto

tecnologico. Nello stesso periodo venne avviato un primo importante programma per

stimolare il trasferimento di conoscenze scientifiche e tecnologiche verso le industrie locali

e nel 1980 venne istituito uno dei primi incubatori tecnologici americani, l’Advanced

Technology Development Center, presso il Georgia Institute of Technology (GT), la più

grande università dello Stato. Negli Anni 80 e 90 lo Stato dello Georgia ha avviato diversi

progetti e ha investito ingenti capitali con l’obiettivo di creare sul territorio una base di

conoscenza scientifica e tecnologica di alto livello.

Tra queste iniziative, una delle più rilevanti è stata la creazione della Georgia Research

Alliance (GRA), un’organizzazione privata no-profit creata con l’obiettivo di coordinare le

attività delle diverse Università e centri di ricerca pubblici. Questa organizzazione,

favorendo l’incontro tra soggetti pubblici e privati, ha consentito di realizzare importanti

sinergie e reti di collaborazione che hanno contribuito a far nascere sul territorio un polo di

eccellenza tecnologico, soprattutto nel settore delle nuove tecnologie (in particolare, nel

settore dell'ICT, Information Communication Technology) In questo contesto, nel 1999 è

stato individuato il distretto di Yamacraw su iniziativa del governatore della Georgia. La

creazione del distretto è stata realizzata attraverso la stesura di un programma di iniziative

per favorire l’avvio di attività ad alto contenuto tecnologico nel campo delle tecnologie di

comunicazione a banda larga. Si tratta di un programma quinquennale focalizzato su tre

aree specifiche: broad band devices, embeddeds systems e prototyping.

Gli elementi caratterizzanti di questa iniziativa sono stati:

• l'avvio del programma di ricerca su temi di interesse industriale, con un investimento di

circa 5 milioni di dollari all’anno;

Page 27: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

27

• la disponibilità di un ampio e crescente pool di laureati nelle aree di localizzazione del

distretto;

• la creazione di un fondo di investimento destinato alle start-up ad alto contenuto

tecnologico;

• la messa in atto di una vasta attività di marketing per attrarre capitali e risorse;

• la creazione di spazi per le imprese del distretto.

Attualmente il programma sembra aver ampiamente portato a termine gli obiettivi iniziali:

in pochi anni infatti, sono sorte più di 30 nuove imprese e alcuni tra i principali produttori

di componentistica elettronica per telecomunicazioni a livello mondiale hanno scelto di

localizzare sul territorio i propri impianti e laboratori di ricerca.

La caratteristica più evidente di questa esperienza è data dal forte impegno delle istituzioni

pubbliche nel favorire la nascita del distretto10 e nel sostenerne la crescita. Il distretto di

Yamacraw, infatti, nasce proprio per iniziativa dello Stato della Georgia che agisce come

soggetto propulsore, definendo le priorità e gli obiettivi del progetto, individuando le

strategie e gli strumenti operativi e sostenendo finanziariamente gran parte delle attività.

L’impegno pubblico si è concretizzato soprattutto nel sostegno alle attività di ricerca e di

formazione, con ingenti investimenti per favorire il raggiungimento di livelli di eccellenza.

Lo stanziamento statale complessivo, tra il 1999 e il 2004, è stato di circa 100 milioni di

dollari. Il fattore decisivo nel determinare il successo dell’iniziativa è stato senza dubbio

l’efficienza del sistema pubblico della ricerca e la sua capacità di instaurare cooperazioni al

suo interno e soprattutto con il mondo industriale, con il quale si è stabilita una stretta rete

di relazioni e collaborazioni che ha consentito di sfruttare commercialmente l’eccellenza

raggiunta in ambito scientifico.

10 Per un approfondimento si veda: http://www.senate.ga.gov/sro/Documents/Highlights/1999Highlights.pdf

Page 28: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

28

1.8.2 Il Distretto High-Tech di Sophia-Antipolis (Francia)

Il distretto di Sophia-Antipolis, localizzato nell’entroterra di Antibes, tra Nizza e Cannes, è

Un parco tecnologico avviato all’inizio degli anni Settanta11 che ha ottenuto grande

successo tanto da essere spesso presentato come un importante caso di riferimento per le

attività HT in Europa. Un'idea della dimensione del fenomeno può essere offerta da pochi

dati: a partire dal 2000 il numero di imprese era di 1.193 e il numero di lavoratori in

quest’area nel settore HT era 21.535, mentre il numero di studenti e ricercatori era pari a

circa 5.000. Nella storia del distretto si possono individuare due fasi.

1) Nella prima fase di realizzazione del progetto, la strategia è stata quella di cercare di

attrarre nell’area il maggior numero di imprese senza un preciso disegno strategico in

termini di specializzazione produttiva. L’unico criterio di selezione era quello di preferire

attività ad alto contenuto di ricerca e sviluppo rispetto alle attività manifatturiere

tradizionali. Il progetto inizialmente si sviluppò quindi attraverso l’aggregazione spontanea

di attività anche molto diverse tra loro, senza alcuna strategia comune e senza alcun

intervento pubblico. Ben presto, però, apparve evidente che per sostenere lo sviluppo del

progetto era necessaria la partecipazione ed un sostegno finanziario diretto da parte delle

istituzioni pubbliche locali e nazionali. Nel 1977 la gestione del progetto divenne pubblica,

con un cambiamento nell’identità del progetto stesso. Esso, infatti, divenne un parco

internazionale in cui potevano essere localizzate attività industriali selezionate, non

inquinanti, ad alto contenuto di innovazione.

A partire dalla fine degli Anni Settanta, l’intervento delle istituzioni pubbliche consentì di

dare al progetto una dimensione internazionale con la localizzazione nell’area degli

impianti produttivi di numerose grandi imprese multinazionali, soprattutto americane.

11 Per un approfondimento si veda: http://www.sophia-antipolis.org/index.php/fondation-sophia

antipolis/documents/8-fsa/96-naissance-d-une-ville

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29

L’aggregazione di attività, seppur su scala maggiore, rimase però in qualche modo casuale,

dunque non guidata da una precisa scelta di specializzazione. Le caratteristiche della prima

fase di sviluppo del progetto Sophia-Antipolis possono essere così riassunte:

• la localizzazione nell’area dei centri di R&S da parte di grandi imprese internazionali,

con l’obiettivo di adattare i loro prodotti al mercato europeo;

• la prevalenza di decisioni esterne nella gestione del progetto;

• l'alta diversificazione delle attività localizzate nell’area;

• il basso livello di interazione tra le diverse componenti del progetto.

Nonostante alcune criticità, la prima fase di sviluppo del progetto determinò risultati

estremamente positivi dal punto di vista quantitativo, con la creazione di circa 12.000

nuovi posti di lavoro alla fine degli Anni 80. L’intervento delle autorità pubbliche si

concentrò quindi su due obiettivi specifici: un'intensa attività di marketing nei confronti del

contesto internazionale, in particolare quello statunitense e la creazione nell’area di

infrastrutture e technical facilities per le imprese.

Quest’ultimo elemento, in particolare, ha reso l’area di Sophia-Antipolis estremamente

attraente per le grandi multinazionali (tra cui: Philips, Hitachi, IBM ed Hewlett Packard) e

le ha dato un grande vantaggio competitivo nei confronti di altre aree Europee. A fronte di

questi aspetti positivi rimaneva, tuttavia, la debolezza iniziale dovuta al carattere

essenzialmente esterno dello sviluppo, con attività innovative concentrate sopratutto in due

settori: il settore della computer science delle telecomunicazioni - microelettronica e il

settore delle scienze mediche.

Il settore della computer science delle telecomunicazioni e microelettronica ha

rappresentato il vero motore di sviluppo del progetto con circa il 75% delle attività,

mediante partnership di grandi imprese francesi, internazionali e con numerosi centri di

ricerca impegnati su questi temi.

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30

2) La seconda fase di sviluppo, cominciata a partire dagli Anni 80, è stata caratterizzata dal

passaggio da un modello determinato essenzialmente da decisioni esterne ad un modello

orientato dalle decisioni interne. Tale trasformazione è stata resa possibile soprattutto

grazie ai risultati raggiunti durante la prima fase.

Soprattutto durante la seconda fase, si verifica un elevato aumento del numero di studenti

nell’area. In precedenza, infatti, solo pochi centri di formazione e di ricerca si erano

localizzati nell’area (Ecole Nationale Supérieure des Mines de Paris, Centre National de

la Recherche Scientifique, Institut National de Recherche en Informatique et Automatique).

Queste realtà non erano però sufficienti per la formazione delle risorse umane necessarie

per sostenere un adeguato sviluppo dell’area. Un cambiamento significativo si ebbe nel

1986 con la localizzazione nell’area di Sophia-Antipolis degli istituti di ricerca e dei

programmi di dottorato dell’Università di Nizza. La seconda fase di sviluppo del progetto

Sophia-Antipolis sembra dunque essere caratterizzata dai seguenti elementi:

• il continuo aumento nel numero delle istituzioni di ricerca localizzate nell’area;

• la diminuzione nel numero di grandi compagnie esterne che stabiliscono i loro impianti

produttivi dell’area.

• l’aumento nel numero delle start-ups locali, soprattutto nelle attività e nei servizi legati

all’ICT ;

• l’aumento dell’importanza di imprese piccole e molto piccole;

• l’aumento del coinvolgimento nel progetto dell’Università di Nizza;

• la creazione di una specifica atmosfera volta a favorire le interazioni e la collaborazione

tra i soggetti locali.

Page 31: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

31

La debolezza iniziale del modello di sviluppo viene dunque corretta con un profondo

cambiamento di strategia, mentre la diminuita presenza di grandi imprese nell’area crea

un’occasione di sviluppo per nuove start-ups locali. L’esempio più famoso è quello dello

stabilimento della Digital Equipment Company che riduce i suoi dipendenti da più di 1.100

a poco più di 200, dopo l’acquisizione da parte di Compaq. Molti di questi lavoratori,

estremamente qualificati, non accettarono di lasciare la regione e cercarono di farsi

assumere da altre imprese locali o di creare loro stessi nuove start-ups.

Contemporaneamente molti Istituti di Ricerca riuscirono ad implementare a scopo

commerciale le conoscenze scientifiche sviluppate, sia attraverso brevetti e licenze

concesse alle imprese, sia direttamente dando vita a nuove imprese.

Tra gli aspetti negativi dell’esperienza del distretto Sophia Antipolis, va citata la mancanza

di una forte tradizione industriale nella regione. Di conseguenza le SMEs (Small and

Medium Enterprises) sono poche e rappresentano ancora oggi un’evidente debolezza del

progetto Sophia-Antipolis. Le SMEs presenti nella regione sono nate per lo più nel settore

ICT, ma sono poco numerose ed ancora piuttosto fragili. Alcune di esse sono riuscite ad

espandersi su tutto il mercato francese creando società sussidiarie nell’area; soltanto un

numero minore di imprese è riuscito a realizzare progetti di collaborazione con grandi

imprese locali. Anche le politiche pubbliche, sia nazionali sia locali, hanno inizialmente

contribuito a determinare un modello di sviluppo fortemente dipendente da fattori esogeni.

Esse sono state prevalentemente orientate a favorire l’attrazione nell’area di risorse esterne,

soprattutto internazionali.

Tali debolezze erano particolarmente evidenti nella prima fase del progetto ma hanno

continuato ad esserlo anche nella seconda. Le istituzioni pubbliche, infatti, non hanno

contribuito con una politica coerente al passaggio verso un modello di sviluppo

determinato internamente e meno dipendente dal contesto esterno. Tra i fattori positivi del

modello di sviluppo vi sono però gli ingenti investimenti effettuati per la realizzazione di

infrastrutture e di technical facilities per le imprese. Tra queste, in particolare hanno avuto

grande importanza per lo sviluppo del distretto:

Page 32: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

32

1) la telecommunication network, basata sulla tecnologia in fibra ottica: negli Anni 80

proprio questa realizzazione contribuì in modo decisivo al riconoscimento di Sophia-

Antipolis come centro di eccellenza nell’area ICT;

2) il progetto CICA (International Center for Advanced Communication), un sistema

integrato di servizi comunicativi d’avanguardia a disposizione delle aziende locali.

Va ricordato che a fine del 2013 Huawei (colosso Cinese delle telecomunicazioni) ha

deciso di inaugurare il nuovo centro di Ricerca e Sviluppo in questo distretto. Il CEO e

fondatore Huawei Ren Zhengfei afferma in un intervista che:

«…tale decisione è stata dettata, dal fertile ecosistema IT del polo tecnologico, e dalla

grande competenza nel settore dei tecnici presenti sul territorio. Conosciuti in tutto il

mondo per il loro know how in materia dei dispositivi tecnici elettronici e software…»12

12 http://www.corrierecomunicazioni.it/it-world/29730_huawei-inaugura-il-centro-rd-di-sophia-antipolis.htm

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33

1.8.3 Il Distretto High tech di Cambridge (UK)

Il Cambridge Science Park 13 venne istituito dal Trinity College nel 1973 ma inizialmente

ebbe uno sviluppo piuttosto lento. Venne inaugurato ufficialmente solo nel 1976 e a due

anni da quella data risultavano solo sette membri del distretto e poco più del 20% delle

strutture inizialmente previste risultava già realizzato. Ciò era legato essenzialmente ai

criteri estremamente selettivi applicati dal Trinity College per l’ammissione al Parco.

Nei primi Anni 80 numerose sussidiarie inglesi di grandi multinazionali cominciarono a

localizzare in quest’area i loro impianti (le prime due furono la svedese LKB Biochrom e

l’americana Coherent, leader nelle tecnologie laser).

Attorno alla seconda metà degli Anni 80 il numero di compagnie nel parco era pari a circa

25. Seguì un periodo di intensa crescita in termini sia di imprese presenti sia di

infrastrutture e facilities. Nella seconda metà degli anni Ottanta numerose società di

venture capital aprirono propri uffici all’interno del Parco, favorendo così la creazione di

nuove imprese. Nello stesso periodo furono create le prime associazioni di imprese del

Parco, quali Qudos, fondata dal laboratorio di microelettronica dell’Università di

Cambridge, Prelude Technology Investments e Cambridge Consultants.

Negli Anni 90 il numero di imprese nella regione di Cambridge era pari a circa 1.200 con

l’impiego di oltre 35.000 dipendenti. In questo periodo vennero creati numerosi incubatori

in tutta la regione ed aumentò in modo significativo la disponibilità di finanziamento da

parte di società di venture capital. Se inizialmente le attività prevalenti nel parco erano

quelle legate all’ICT, sul finire degli Anni Novanta cominciano ad assumere sempre

maggiore importanza le cd. scienze della vita, fino a diventare il settore prevalente.

Attualmente sono circa 75 le imprese all’interno del parco con l’impiego di più di 4.000

dipendenti. Nelle aree circostanti vi è il St. John’s Innovation Centre (www.stjohns.co.uk),

creato nel 1987, che ospita circa 64 start-ups high-tech, con l’impiego di circa 1.000

dipendenti e altre 52 imprese tecnologiche sono localizzate nella regione di Cambridge.

13 http://www.cambridgesciencepark.co.uk/about/history/

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34

In totale quindi, la regione può contare su poco più di 1.000 imprese hightech, con circa

27.000 dipendenti ed è la regione europea con il più alto livello di concentrazione nell’alta

tecnologia. La presenza di un Centro Universitario e di altri centri di ricerca di eccellenza

costituiscono un indubbio stimolo al processo di sviluppo imprenditoriale. Negli Anni 70 e

80, molte delle imprese sviluppatesi all’interno del Parco nacquero direttamente

dall’iniziativa di ricercatori universitari alla loro prima esperienza imprenditoriale. La

maggior parte delle imprese del Cambridge Science Park sono però rimaste relativamente

piccole. Ciò è in parte dovuto allo specifico orientamento del Parco verso la ricerca

scientifica di base.

Bisogna considerare però che, se da un lato la specializzazione del Parco e la selettività del

Trinity College hanno limitato il numero e le dimensioni delle imprese al suo interno,

dall’altro, proprio queste caratteristiche hanno favorito lo sviluppo di un centro di

eccellenza scientifica e tecnologica di altissimo livello i cui effetti positivi si riflettono in

gran parte sulle imprese collocate nelle aree circostanti. All’esterno del Parco si è infatti

sviluppata una rete piuttosto vasta di attività di supporto e di servizi ausiliari. Nel

Cambridge Science Park e nelle aree circostanti è localizzato circa il 60% degli impianti

hi-tech dell’intera regione di Cambridge. In conclusione, molti studi hanno evidenziato la

straordinaria vitalità del distretto di Cambridge (paragonabile solo a quella della Silicon

Valley) nella realizzazione di attività imprenditoriali e nello sviluppo di istituzioni e

organizzazioni di supporto sorte senza l’intervento pubblico.

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35

1.9 I distretti High-Tech in Italia

Per quanto concerne l’Italia, l’intensa attività d'indagine svolta dal MIUR14 ha portato

all’identificazione di 27 Distretti Tecnologici relativi a vari settori e distribuiti nelle

seguenti Regioni:

• Campania: 1 (materiali polimerici e strutture);

• Piemonte: 1 (tecnologie wireless);

• Veneto: 1 (nanotecnologie);

• Liguria: 1 (sistemi intelligenti integrati per la logistica);

• Lombardia: 3 (ICT, biotecnologie, materiali avanzati);

• Sicilia: 3 (micro e nanosistemi, agro-bio e pesca ecocompatibile, logistica);

• Lazio: 3 (aerospazio e difesa, farmaceutico, beni e delle attività culturali);

• Emilia Romagna: 1 (Hi-Mech);

• Sardegna: 1 (biomedicina e tecnologie per la salute);

• Calabria: 2 (beni culturali, logistica);

• Friuli-Venezia Giulia: 1 (biomedicina molecolare);

• Puglia: 3 (biotecnologie, hi-tech, meccatronica);

• Toscana 1: (ICT);

• Trentino Alto Adige: 1 (tecnologie per l’edilizia sostenibile).

Inoltre, sono in corso i lavori per la costituzione di altri 4 Distretti nelle Regioni Abruzzo

(innovazione, sicurezza e qualità degli alimenti), Basilicata (tecnologie innovative per la

tutela dei rischi idrogeologici), Molise (innovazione agroindustriale), Umbria (edilizia

sostenibile). Sebbene l’identificazione abbia raggiunto buoni risultati, appare oggi evidente

che non è possibile tracciare un quadro globale sul processo alla base della nascita di questi

DHT. Infatti, come verrà chiarito in seguito, molto spesso la nascita dei Distretti High-

Tech è avvenuta in maniera spontanea e non attraverso un preciso quadro progettuale. In

altre parole, l’interazione tra le imprese ha creato un terreno fertile per l'interazione e lo

scambio di conoscenze, senza servirsi delle istituzioni come mediatori.

14 Per un approfondimento si veda: http://leg16.camera.it/561?appro=92#paragrafo631.

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36

È inoltre importante notare che all’interno delle realtà individuate dal MIUR ci sono

diversi gradi di realizzazione del Distretti HT partendo da realtà già ampiamente

consolidate come i Distretti HT del Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna fino ad

arrivare a realtà proto-distrettuali come i Distretti del Veneto e del Lazio.

In questo ambito verranno analizzate in modo approfondito alcune realtà distrettuali

italiane (tra cui: Torino Wireless, Biotech in Lombardia, High Mech in Emilia Romagna,

Nanotecnologie in Veneto e Aerospazio in Lazio) ed il capitolo 3 sarà interamente dedicato

al distretto High-Tech Genovese e nello specifico all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di

Genova, vero fulcro della presente trattazione.

1.9.1 Torino Wireless

Il Distretto HT Torino Wireless15 si contraddistingue per l’adozione di una forma

strutturata di governance delle proprie attività (una fondazione), che appare

particolarmente efficace nel coordinamento delle risorse. Il distretto si fonda sulla presenza

locale di un polo di ricerca accademica di eccellenza nell’ambito tecnologico di pertinenza.

La presenza di un focus sulle telecomunicazioni è testimoniata sia dalla performance dei

brevetti sia dai dati sui finanziamenti MIUR e sui progetti europei.

Il distretto è stato in grado di attrarre risorse pubbliche e ha saputo formare partnership con

strutture di supporto all’imprenditorialità innovativa già presenti sul territorio; in

particolare, il progetto distrettuale sembra porre una particolare attenzione ai temi della

proprietà intellettuale, prevedendo interventi al fine di garantire i vantaggi competitivi per

le imprese che introducano innovazioni di processo e di prodotto ma, al tempo stesso,

incentivando la propagazione delle innovazioni all’interno del settore. In tal modo il

distretto ha saputo generare esternalità positive all'interno del contesto locale.

15 http://www.torinowireless.it/index.php?IDpage=5708&lang=ita.

Page 37: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

37

Data l’importanza della protezione degli assets legati all’attività culturale, negli ultimi anni

si è messa in atto un’attenta politica di creazione, gestione e valorizzazione dei Diritti di

Proprietà Intellettuale (DPI) in qualunque forma: brevetto, diritto d’autore, segreto

industriale, che sono strumenti utili a capitalizzare un bene intangibile come la conoscenza.

La valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale avviene sia tramite forme tradizionali

come la licenza d’uso, sia attraverso forme innovative come l’avvio di start-up.

Nell’economia del distretto i DPI svolgono un’importante funzione di collegamento fra

l’aspetto tecnologico, industriale e quello economico. In maggior dettaglio, il DHT

piemontese si caratterizza per l’elevata presenza di personale del settore ICT (oltre 7.000

addetti) e per l’intensa attività brevettuale, che vede attribuirsi alle aziende nella sola

provincia di Torino il 20% dei brevetti nazionali.

Dal punto di vista settoriale, il distretto è dedicato all’ICT ed è strutturato in 4 settori

principali:

• le tecnologie software: sistemi operativi, linguaggi e applicativi per elaborazione e

trasmissione di informazioni;

• le tecnologie multimediali: applicativi orientati al trasferimento di dati, da immagazzinare

e trasferire;

• dispositivi microelettrici e ottici: i componenti di base per lo sviluppo di sistemi di

telecomunicazione e trasferimento dell’innovazione;

• tecnologie wireline: i sistemi di telecomunicazione su cavo.

Una rilevante generazione di valore deriva dall’interazione fra le tecnologie ICT ed i

comparti industriali presenti all’interno contesto piemontese. Infatti, la diffusione delle

tecnologie ICT nei settori industriali tradizionali contribuisce all’evoluzione dei loro

prodotti e modelli di servizio e ne aumenta il valore aggiunto, costituendo un importante

mezzo per la crescita del Distretto.

Page 38: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

38

Rispetto alla capacità d'interazione con agenti economici esterni alla Regione, il distretto

ha saputo impiegare nel modo consono la leva strategica degli investimenti da parte di

società estere, come Motorola 16 , che nel 2000 si è stanziata sul territorio impegnandosi in

attività di R&S. L’apertura internazionale del distretto è stata promossa anche attraverso

l’organizzazione di conferenze scientifiche internazionali nell’ambito delle

telecomunicazioni. Le attività distrettuali si sono indirizzate al settore delle piccole e medie

imprese, tramite interventi di finanziamento di progetti innovativi e l’adozione di misure

atte a favorire lo sviluppo locale.

1.9.2 Biotecnologie in Lombardia

Il distretto delle Biotecnologie in Lombardia si sviluppa attraverso strumenti operativi e

manageriali già presenti all’interno della Regione (Per maggiori informazioni si rimanda al

sito ufficiale17 ). Milano è attualmente sede della più importante concentrazione italiana del

settore biomedico, sia pubblico che privato. Nella città operano 1.897 imprese attive nel

settore della Sanità e in altri servizi sociali ad essa collegate. Nella provincia hanno sede

124 delle 210 grandi imprese farmaceutiche aderenti a Farmindustria con oltre 2.000

addetti alla ricerca, circa il 20% del totale nazionale, e sono concentrati in 29 centri di

ricerca. Queste industrie esportano medicinali e prodotti di base per 6,5 miliardi di euro, il

45% del totale nazionale. Anche la nascente industria biotecnologica ha sede nel

capoluogo lombardo e numerosi tra i farmaci più innovativi a livello mondiale sono stati

sviluppati da aziende milanesi, che tuttora detengono una notevole capacità di scoperta e di

sviluppo. Snodo centrale del distretto è il nuovo polo intitolato al premio Nobel per la

medicina Renato Dulbecco (1914-2012), che opererà principalmente negli ambiti della

farmacogenomica (lo studio della correlazione tra effetto dei farmaci e caratteristiche

genetiche individuali), dello sviluppo di farmaci basato sulle nuove conoscenze

scientifiche quali quelle sul genoma umano, e della ricerca sulle cellule staminali e sulle

loro applicazioni cliniche.

16 http://www.967arch.it/1423/motorola_torino/ 17 http://www.biotecnolombardia.it/pdf/scheda_distretto_bio_lombardia.pdf

Page 39: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

39

In particolare, l’iniziativa a favore delle biotecnologie viene realizzata dedicando

specificamente a tale ambito tecnologico una quota di risorse e servizi erogata tramite

strumenti legislativi già in atto. Si può rlevare che tra le iniziative di policy mancano

invece, al momento, specifici interventi dedicati alla formazione sulla proprietà

intellettuale, elemento peraltro di assoluto rilievo nel settore delle biotecnologie.

1.9.3 Hi-Mech in Emilia Romagna

Il distretto Hi-Mech in Emilia-Romagna si basa su un progetto focalizzato sul networking

per la ricerca lungo le filiere produttive della meccanica, coerentemente con le

caratteristiche strutturali del sistema regionale di innovazione. Il settore meccanico è il

motore originario dello sviluppo tecnologico dell’industria italiana: produce oltre il 40%

del valore aggiunto dell’industria manifatturiera (90 miliardi di euro) e contribuisce

all’export complessivo per il 48%. L’industria meccanica in Emilia-Romagna rappresenta

il 43% del comparto manifatturiero, il 55% delle esportazioni e, con oltre 28.000 imprese,

costituisce una delle più alte concentrazioni del Paese, in particolare nella produzione di

macchine per l’industria e nella filiera ‘automotive’. Distribuite su tutto il territorio

regionale, con una particolare presenza nelle Province centrali, le imprese meccaniche

esprimono quasi il 70% della domanda di ricerca del settore industriale. L’Emilia

Romagna è anche una delle Regioni italiane che realizzano la maggior attività di ricerca,

con il 10,5% dei ricercatori a fronte del 6% della popolazione nazionale. Presso le

Università della Regione, il CNR, l’ENEA e l’INFM operano, con competenze specifiche

d’interesse del settore meccanico, 30 dipartimenti e istituti di ricerca che impiegano

complessivamente 1.600 ricercatori18. Svolgono inoltre attività rilevanti per la meccanica,

104 dei 230 laboratori accreditati dal MIUR e 19 dei 30 centri per l’innovazione e il

trasferimento tecnologico presenti in regione. Hi-Mech è distribuito su tutto il territorio

regionale e si configura come una rete di eccellenza interdisciplinare focalizzata sulla

meccanica avanzata, che prevede come strumento operativo i laboratori a rete (Net-Lab).

18http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ricerca/ricerca-internazionale/technological-district/emilia-

romagna

Page 40: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

40

Ogni Net-Lab raccoglie e organizza le migliori competenze in uno specifico settore di

ricerca, in grado di raggiungere l’eccellenza nella ricerca industriale e di trasferire

efficacemente tecnologia. I Net-Lab mettono in rete laboratori, strumentazioni e facilities e

ne creano di nuovi, sviluppano nuovi progetti di ricerca e trasferimento tecnologico,

formano talenti e attraggono nuove risorse umane di elevato profilo scientifico e

tecnologico, elaborano un programma per la creazione di nuove imprese Hi-Tech con

riferimento al settore meccanico. Un’accurata analisi del fabbisogno delle imprese,

dell’offerta di competenza nel mondo della ricerca e l’identificazione delle aree di sviluppo

più promettenti secondo studi di technology foresight, hanno determinato la scelta di 3

ambiti tecnologici, a cui fanno riferimento i Net-Lab:

• metodi innovativi per l’ingegneria meccanica (tecnologie per la progettazione:

simulazione e progettazione integrata, rumore e vibrazioni);

• sistemi meccanici intelligenti (meccatronica e automazione: sensori, attuatori e sistemi di

automazione per l’industria meccanica; tecnologie, prodotti e processi in atmosfera

controllata e modificata);

• materiali, superfici e nanofabbricazione (materiali e superfici: nano-fabbricazione,

materiali per la progettazione avanzata, superfici e ricoprimenti per la meccanica avanzata

e la nanomeccanica).

Nei 3 ambiti tecnologici sono state identificate 8 aree di ricerca alle quali corrispondono gli

8 Net-Lab:

1. Metodi innovativi per l’ingegneria meccanica

SIMECH: simulazione e progettazione integrata nel settore automotive e della meccanica

avanzata, simulazione e progettazione integrata – simulazione avanzata per il veicolo;

Page 41: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

41

LAV: laboratorio di acustica e vibrazioni, monitoraggio e diagnostica mediante analisi

sperimentali e simulazioni vibro-acustiche - controllo attivo e passivo del rumore e delle

vibrazioni.

2. Sistemi meccanici intelligenti

AUTOMAZIONE: sensori, attuatori e sistemi di automazione per l’industria meccanica -

studio e sperimentazione di sistemi di controllo embedded su architetture distribuite con

applicazioni in campo automotive, robotica e macchine automatiche - sviluppo di tecniche

diagnostiche per sistemi di automazione fault-tolerant in campo automotive, robotica e

macchine automatiche - sviluppo di sistemi robotici ad elevata interazione con l’ambiente

con particolare riferimento alla telemanipolazione, alle interfacce evolute ed alla

navigazione autonoma;

MECTRON: applicazioni meccatroniche - progettazione meccatronica per la generazione,

la trasmissione ed il controllo del moto - diagnostica, affidabilità e sicurezza del prodotto

meccatronico;

TECAL: tecnologie, prodotti e processi in atmosfera controllata - sviluppo di tecnologie

asettiche nel confezionamento di liquidi alimentari - progettazione e ingegnerizzazione di

ambienti di lavoro a contaminazione controllata.

3. Materiali, Superfici e nano-fabbricazione

NANOFABER: nanofabbricazione e processi con controllo spaziale nanometrico di

materiali multi-funzionali - fabbricazione ed integrazione di dispositivi in materiali

convenzionali e relativi dimostratori;

MATMEC: materiali e processi per la progettazione meccanica - caratterizzazione dei

materiali per l’ingegneria meccanica - applicazione dei materiali nell’ingegneria

meccanica. La forma di governance adottata appare adeguata. Dal punto di vista

organizzativo il processo di individuazione di cluster tecnologici risponde a pieno

Page 42: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

42

all’esigenza di mappatura delle competenze scientifiche e tecnologiche presenti sul

territorio. L’organizzazione e la tipologia delle attività del distretto appaiono ben inserite

all’interno del quadro legislativo adottato dalla Regione Emilia Romagna.

Uno degli aspetti positivi di maggior rilevanza risiede nella effettiva progettazione di un

network di laboratori di ricerca delocalizzati, orientati a favorire il trasferimento

tecnologico verso la media impresa.

1.9.3 Nanotecnologie in Veneto

Il Distretto Tecnologico delle Nanotecnologie in Veneto19 si trova ancora in una fase di

avvio. Il focus del Distretto sarà l'applicazione delle nanotecnologie ai materiali: proprietà

strutturali e funzionali, nano-componenti per l'industria elettronica, nanocomposti per la

biomedicina e la farmaceutica, nano-sistemi per le parti elettromeccaniche tradizionali di

dimensioni micro e nanoscopiche.

Le nanotecnologie di base saranno le nano-strutture e le analisi e modelli. Il Distretto

Tecnologico è caratterizzato da una buona presenza locale di competenze tecnologiche

nell’area di ricerca delle applicazioni delle nanotecnologie. La forma di governance

adottata è quella della società consortile che vede al suo interno la partecipazione di

imprese locali, Regione ed Università. In ragione sia delle caratteristiche della ricerca di

base che interessano l’ambito tecnologico di riferimento, sia delle caratteristiche del

sistema regionale di innovazione, le attività del distretto dovranno essere orientate non solo

al trasferimento tecnologico ma anche e soprattutto all’attrazione sul territorio di

ricercatori accademici altamente qualificati. Inoltre, il comparto delle nanotecnologie

sembra prestarsi poco ad attività tradizionali di trasferimento tecnologico verso la piccola e

media impresa già presente sul territorio. Gli strumenti di policy dovranno essere

indirizzati ad offrire ai centri di ricerca distrettuali ampie opportunità di accesso ai network

di ricerca di eccellenza tramite finanziamenti per la mobilità dei ricercatori e la

partecipazione a grandi progetti di ricerca internazionale.

19 Per un approfondimento si veda: http://www.venetonanotech.it/.

Page 43: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

43

1.9.4 Aerospazio in Lazio

Come il distretto veneto, il distretto Aerospaziale del lazio20 si trova in una fase di start-up.

La Regione Lazio del resto ha scarsa esperienza anche in riferimento ai distretti industriali

tradizionali. Il Distretto Tecnologico non prevede al momento una specifica forma di

governance basata su un ente consortile. A causa della moderata performance brevettuale

della Regione nel campo delle tecnologie aerospaziali, è plausibile ipotizzare che

l’efficacia del distretto nel medio periodo dipenderà dalla capacità di attrarre localmente

grandi imprese coinvolte nella filiera produttiva dell’ aeronautica e dalla capacità di

sviluppare un efficiente sistema di networking che garantisca successivamente la

partecipazione ad importanti commesse internazionali. In questo senso è opportuno

sottolineare come siano presenti nelle linee guida del distretto due specifici punti:

• interventi per la grande impresa;

• sostegno a grandi progetti.

L’assenza di un’istituzione preposta al governo del distretto, d’altra parte rischia di dilatare

i tempi necessari per la realizzazione di partenership con altri hub tecnologici specializzati

nel settore aerospaziale (ad esempio, con i centri di Torino presso il Politecnico ed Alenia

Spazio21).

20 http://www.lazio-aerospazio.it 21 http://www.finmeccanica.com/business-mercati-markets/settori/spazio/thales-alenia-space

Page 44: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

44

1.10 Le determinanti del distretto High-Tech

L’obiettivo strategico enunciato dal Consiglio Europeo di Lisbona del 23-24 Marzo del

200022 propone il passaggio verso società ed economie fondate sulla conoscenza. In

quest’ambito, risulta importante il sapere incorporare capacità elevate di generazione e

diffusione dell’innovazione nelle imprese e nella società. Due sono le principali strade

individuate per il raggiungimento di questo obiettivo.

• La prima, a carattere tradizionale, colloca la generazione dell’innovazione prima del

processo produttivo in una logica di sviluppo lineare, che procede a cascata

dall’invenzione e prima elaborazione dell’idea innovativa in grandi laboratori di ricerca, al

suo sviluppo e commercializzazione per l’uso entro la produzione di beni e servizi ad opera

delle imprese. Il mutamento delle dinamiche industriali, con il passaggio da grandi imprese

accentrate verticalmente ad un decentramento delle fasi produttive, mette in crisi questa

visione, rendendo più difficile l’incontro fra l’offerta e la domanda di innovazione, quando

le fasi differenti non siano riunite sotto il “tetto” di grandi imprese.

• Alla visione tradizionale si è andata affiancando una visione alternativa fondata

sull’interazione di piccole e medie imprese, strettamente legate al territorio in cui operano.

Il riconoscimento di città dinamiche, Distretti HT, Regioni metropolitane e sistemi

regionali di innovazione come specifiche unità di indagine e di politiche è un punto

centrale per l’adozione di strutture di intervento (e di identificazione degli obiettivi delle

politiche) basate sulla promozione di reti di attori più o meno radicati localmente. E’

importante notare che l’analisi presentata in questa parte si pone l’obiettivo di analizzare i

contesti che meglio si prestano alla nascita dei Distretti HT, e per questo motivo sono stati

individuati, a priori, alcuni aspetti fondamentali che derivano dalla definizione di Distretto

HT e che assumono un ruolo centrale nel determinare le performances dei Distretti stessi.

22 La cd. Agenda di Lisbona è un programma di riforme ti carattere economico approvato a Lisbona dai capi

di stato e di governo delle nazioni dell’Unione Europea. Tra i vari temi trattati vi sono: Innovazione, Capitale

umano e sviluppo sostenibile. Per analizzare le conclusioni tratte dal consiglio Europeo:

http://www.europarl.europa.eu/summits/lis1_it.htm

Page 45: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

45

1.11 Analisi comparativa delle performance innovative nell’area UE

Il volume degli investimenti in R&S rappresenta uno dei principali input del processo

innovativo. Secondo l’indagine condotta dalla Fondazione COTEC (2009), Nell’area

europea, tra il 1990 e il 2006, gli investimenti in R&S sono aumentati in tutte i principali

Paesi, compresa l’Italia. Nel caso italiano, l’incremento maggiore è avvenuto tra il 2000 e

il 2006 ed è stato in media del 2,5%. Questo dato conferma un importante mutamento delle

dinamiche industriali, con il passaggio da piccole e medie imprese, a basso contenuto

tecnologico, verso imprese più legate a settori strategici High-Tech. L’incremento della

percentuale di investimento in R&S dell’Italia è stato secondo solo a quello di Germania e

Spagna, Paese quest’ultimo che ha assistito, negli ultimi anni, a una forte espansione dei

propri investimenti in R&S. Come mostra la Figura 1, in cui si riportano le percentuali di

investimento in R&S sul Prodotto Interno Lordo, per i Paesi UE-15 il gap tra i leader

europei in R&S e i followers (tra cui l’Italia), non sembra affievolito e si assiste oggi ad

una netta separazione tra le zone dell’Europa del Centro-Nord e quelle del Sud-Ovest.

Figura 1 - Intensità degli investimenti in R&S in percentuale del PIL (Fonte: OECD 2008).

Page 46: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

46

La quota maggiore di investimenti in R&S è attribuita ai Paesi dell’Europa del Nord e ad

alcuni Paesi dell’Europa centrale. I paesi in coda sono Irlanda, Portogallo, Italia e Grecia.

Questo dato è confermato anche dall’ampiezza del settore R&S descritto attraverso il

numero degli addetti. Infatti, come mostra la Figura 2, i leader sono i Paesi dell’Europa del

Nord e in particolare quelli della penisola scandinava. Dato interessante è quello

dell’Inghilterra che, sia per percentuale d’investimenti, che per ampiezza del settore R&S,

è al di sotto della media Europea.

Figura 2 - Addetti alla R&S sul totale degli occupati, zona UE-15 (Fonte:OECD).

Page 47: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

47

La Tabella 1 mostra un quadro estremamente differenziato, con una netta prevalenza del

settore privato come principale finanziatore della spesa in R&S, specialmente nell’Europa

settentrionale e una quota ampia di alta formazione in Paesi come Grecia, Italia, Portogallo

e Spagna.

Tabella 1 - Principali enti finanziatori della spesa in R&S (Fonte: OECD 2008).

In particolare, la Grecia è la nazione europea con la prevalenza maggiore del settore

pubblico nei R&S. In Italia la composizione dei R&S è da attribuirsi in parti uguali al

settore pubblico e privato, anche se negli ultimi anni la prevalenza del settore privato sta

acquisendo un ruolo sempre maggiore, passando dal 2000 al 2006 da 1,2% al 4,1%

(COTEC, 2009). Quanto emerso dall’analisi degli investimenti in R&S, può essere solo in

parte esteso alle performance innovative nei paesi UE-15. Come mostrato dalla Figura 3,

infatti, a fronte di un investimento, in media più basso, l’Italia ha un numero di brevetti sul

totale della popolazione superiore alla media Europea. Questo dato è in linea con gli

andamenti all’interno del periodo, con un incremento da 117 a 400 brevetti nel lasso

temporale 2000-2006.

Page 48: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

48

Figura 3 - Quota dei brevetti sul totale della popolazione, zona UE -15. (Fonte: OECD 2008)

Tabella 2 - flussi attivi e passivi della bilancia Tecnologica dei pagamenti, incidenza % rispetto al PIL.

(Fonte: OECD 2008)

La performance brevettuale cattura solo in parte l’output innovativo dei Paesi UE-15. Un

altro indicatore è costituito dalla bilancia tecnologica dei pagamenti. Questo indicatore

misura la differenza tra importazione ed esportazione di tecnologia. La Tabella 2 riporta i

flussi attivi e passivi che compongono la bilancia tecnologica dei pagamenti (in

percentuale del PIL). In Italia la bilancia tecnologica dei pagamenti registra un passivo fino

Page 49: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

49

al 2006 a differenza di altri paesi concorrenti, come Regno Unito, Germania e Francia

(COTEC 2009). Questo dato rispecchia un mutamento delle dinamiche tecnologiche, con

un progressivo rafforzamento di settori ad alta concentrazione tecnologica nei Paesi in

attivo. La tendenza è confermata anche dalle quote esportative per i principali settori ad

alta tecnologia, quote presentate nella Tabella 3.

Tabella 3 - Quote di esportazioni per i principali settori ad alta tecnologia, zona UE- 15 (Fonte: OECD 2008)

L’elemento più interessante che emerge dalla Tabella 3 è rappresentato dalla composizione

delle esportazioni in Italia. I primi due settori nazionali per quote esportative sono il

settore farmaceutico e quello dell’Aerospazio. Entrambi i settori rappresentano due dei

principali Distretti HT, individuati dal MIUR, e sono molto concentrati nella Provincia di

Roma. Il quadro descritto fino ad ora tralascia un aspetto fondamentale per la performance

innovativa, quello che riguarda la dotazione di capitale umano. Sia sul fronte della forza

lavoro impiegata nel settore manifatturiero, che su quello della dotazione di capitale umano

prodotto dalle scuole e dal sistema universitario, l’Italia manifesta la sua debolezza. Ad

esempio, secondo il rapporto COTEC (2009), in Italia solo il 13% della forza lavoro ha una

qualifica universitaria, a fronte di un 26% della media europea. Il dato più preoccupante è

il tasso di abbandono scolastico in Italia, che nel 2007 è stato del 19% (early school

leavers).

Page 50: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

50

D’altra parte la quota di spesa pubblica in istruzione destinata all’Università è solo del 17%

(contro il 25% della Germania e il 22% del Regno Unito), pari appena allo 0,76% del PIL,

contro una media europea del 1,15% (Eurostat, 2007). Questo quadro è riscontrabile nella

Tabella 4, in cui è riportata la percentuale della popolazione con almeno un’istruzione

secondaria superiore. Anche in questo caso l’Italia, insieme a Spagna e Portogallo,

rappresenta il fanalino di coda all’interno della zona europea.

Tabella 4 - Percentuale della popolazione tra 25-64 anni con almeno un’istruzione secondaria superiore

(Fonte: OECD 2008)

Page 51: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

51

1.12 Analisi comparativa tra le Regioni italiane

L’analisi presentata nel precedente paragrafo ha messo in luce alcune delle ze del sistema

economico italiano, sia per quanto riguarda la spesa in R&S sia per la dotazione di capitale

umano. In generale si è riscontrata una forte limitazione del sistema economico italiano

nell’investire in Ricerca e Sviluppo, anche se il problema più grave sembra essere la scarsa

presenza di manodopera specializzata in rapporto alla popolazione. I risultati descritti

hanno una valenza d’insieme, ma non riescono a catturare le performance regionali

all’interno del contesto nazionale. Questo paragrafo, quindi, si pone un duplice obiettivo:

• far emergere l’estrema eterogeneità del contesto italiano;

• introdurre il nesso tra performance tecnologica e presenza di Distretti HT.

Questo secondo aspetto è affrontato attraverso la comparazione tra le Regioni con

maggiore concentrazione di Distretti HT che, come descritto in precedenza, sono:

Piemonte, Lombardia, Veneto Emilia Romagna e Lazio. Le Regioni Lombardia e Lazio

hanno un ruolo di leader nel settore della R&S. Una visione più particolareggiata è fornita

dalla tabella 5, dove è riportata la composizione della spesa in R&S (in valori assoluti)

secondo i principali finanziatori. Un dato molto interessante che emerge dal confronto tra

Lombardia e Lazio è che, nel primo caso, la spesa in R&S avviene principalmente ad opera

di soggetti privati ed imprese mentre, nel secondo, è prevalente la spesa in R&S di enti

pubblici.

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52

Tabella 5 - Composizione della spesa in R&S. Fonte: (ISTAT 2008).

Un quadro analogo a quello appena descritto è evidenziato dalla Figura 4, dove si mostra il

numero di brevetti EPO (European Patent Office) e la spesa media per addetto in

innovazione.

A) B)

A) numero di brevetti EPO per milione di abitanti. B) Spesa media in innovazione per addetto.

Figura 4 - Performance innovativa nelle Regioni italiane. Fonte: (ISTAT 2008).

Page 53: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

53

Anche in questo caso si può notare una netta separazione delle Regioni del Centro-Nord

d’Italia da quelle del Mezzogiorno. A differenza della spesa in R&S, in questo contesto è

evidenziata la fragilità della performance innovativa di alcune Regioni. Interessante è il

caso del Lazio che, a fronte di massicci investimenti in R&S, non è in grado di convertire

le risorse impiegate in un adeguato livello d’innovazione. Questo può sicuramente

dipendere dalla difficoltà di trasferire le conoscenze dall’ambito della ricerca pubblica al

settore privato, e quindi di innescare un processo d’innovazione tecnologica all’interno

delle imprese. Una situazione sostanzialmente differente è quella delle Regioni Piemonte e

Lombardia, caratterizzate da un’elevata incidenza delle spese private in R&S e una

performance brevettuale su livelli medi. In questo caso, l’obiettivo primario dell’attività

distrettuale appare quello di selezionare opportunamente l’eccellenza industriale, anche se

di nicchia, già presente sul territorio.

Nello specifico caso della Lombardia, il sistema regionale d’innovazione può per altro

contare su di una propensione all’investimento da parte di operatori del capitale di rischio

di assoluto rilievo (COTEC, 2005). Gli indici di specializzazione precedentemente riportati

testimoniano, unitamente ai valori assoluti sui finanziamenti per la ricerca ottenuti dagli

Atenei, l’effettiva presenza in tutte le aree geografiche esaminate di una non trascurabile

massa di competenze scientifiche ed industriali negli specifici ambiti di pertinenza

tecnologica. In particolare, nel caso del Piemonte, l’elevata incidenza di progetti europei

vinti nell’area delle telecomunicazioni suggerisce la presenza locale di una determinante

propensione innovativa in questo settore, sia da parte dei centri di ricerca pubblica, sia da

parte di imprese private. (Tabella 6)

Page 54: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

54

Tabella 6 - Finanziamenti dei progetti all’interno delle cinque Regioni considerate, dati in migliaia di Euro.

1.13 Confronto tra i distretti High-Tech analizzati

L’analisi dei Distretti Tecnologici di Yamacrow, Sophia-Antipolis e Cambridge, mette in

luce alcune regolarità nella nascita e crescita dei distretti e alcuni aspetti di contrasto con le

esperienze italiane.

In primo luogo, dalla storia dei tre distretti analizzati, si evidenzia l’importanza delle

istituzioni come motore di sviluppo dell’attività di ricerca e di promozione, oltre alla messa

appunto delle infrastrutture che permettono l’espansione delle attività produttive. In

particolare, le istituzioni sono state alla base della nascita del distretto di Yamacrow e

all'espansione e razionalizzazione del distretto di Sophia-Antipolis, mentre hanno avuto un

ruolo più ristretto in quello di Cambridge. Il ruolo delle istituzioni, nel contesto di Sophia-

Antipolis, si è rilevato fondamentale anche per aumentare gli scambi tra le imprese del

distretto. In secondo luogo, specialmente nel contesto di Sophia-Antipolis, è risultato

centrale il ruolo delle grandi imprese multinazionali, come elemento trainante nella nascita

dei DHT. Questo sembra quindi superare in parte il concetto che vede il DHT legato solo a

piccole e medie imprese.

Page 55: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

55

Un terzo elemento è rappresentato dal contesto industriale in cui viene a formarsi il

Distretto HT. Infatti, un punto di debolezza per la crescita di quest’ultimo può risultare la

mancanza di un'adeguata cultura industriale locale, che preclude la presenza di quegli

elementi di forza che sono stati evidenziati nel caso dei distretti industriali. Infine,

l’esperienza di Sophia-Antipolis, evidenzia la necessità di creare un meccanismo endogeno

alla base della crescita del Distretto High Tech, che si basi sull’interazione tra Università e

centri di ricerca, istituzioni pubbliche e imprese. Tale meccanismo endogeno prevede che

istituti di alta formazione e imprese, in modo sinergico, formino una manodopera

specializzata che, inserita nel processo produttivo, ne incrementi la produttività.

L’endogenità del processo di accumulazione del capitale umano è anche alla base della

crescita del distretto di Cambridge.

In conclusione, i fattori cruciali individuati dal confronto internazionale dei Distretti High-

Tech possono essere così riassunti:

• la pianificazione ad opera di istituzioni locali e centrali ha un ruolo chiave nei DHT;

• l’importanza delle imprese multinazionali;

• l’importanza della cultura locale e industriale;

• la necessità di ultimare un meccanismo endogeno per la creazione di capitale umano

altamente specializzato.

Per quanto riguarda la situazione dei cinque distretti italiani di Lazio, Veneto, Emilia

Romagna, Lombardia e Piemonte, l’analisi mostra alcune regolarità. In primo luogo, come

evidenziato dal contesto laziale e veneto, i proto-distretti sembrano seguire una precisa

volontà politica, che vede alla base della nascita del DHT l’interazione tra imprese,

istituzioni locali e Università. Questo elemento, risulta vitale in un’ottica di crescita

endogena del Distretto, che segue un preciso percorso di sviluppo concordato.

Page 56: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

56

In secondo luogo, in tutti i DHT descritti, assume un ruolo rilevante la capacità di

attrazione di grandi imprese o multinazionali. L’interazione tra piccole e medie imprese e

grandi imprese, può rappresentare un’importante motore per lo sviluppo locale. In

particolare, è interessante il caso della Lombardia, dove il distretto nasce a seguito

dell’uscita dal territorio di grandi imprese che rappresentano i leader nel settore.

Quindi, nel caso italiano i fattori chiave della nascita dei Distretti High Tech sono:

• lo sviluppo concordato tra Enti Locali, imprese e Università;

• il ruolo delle Multinazionali.

Pur tenendo conto delle iniziative messe in atto, rimangono sul campo alcuni problemi di

assoluta rilevanza, direttamente connessi alle caratteristiche strutturali dell’economia

italiana. In sintesi, le criticità individuate sono:

• la distribuzione della dimensione media delle attività industriali è ancora troppo

sbilanciata a favore della piccola e piccolissima impresa;

• i mercati finanziari nazionali dedicati al capitale a rischio appaiono ancora estremamente

limitati e di difficile accesso per le piccole imprese operanti nei settori High-Tech;

• non è attiva una sufficiente capacità di collaborazione e di interazione per la ricerca nel

medio periodo tra il mondo accademico e della ricerca pubblica e il settore industriale.

Page 57: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

57

1.14 Conclusioni

L’analisi che abbiamo condotto seguendo l'obiettivo di delimitare e caratterizzare i contesti

tecnologici europei e nazionali ha portato alla luce molti aspetti su cui avviare un'attenta

riflessione.

Come abbiamo mostrato, il posizionamento dell’Italia rispetto ai competitors europei

soffre di alcune carenze strutturali dovute ad una scarsa capacità di innovare e investire in

R&S e capitale umano. Queste carenze, se si considera l’insieme delle Regioni italiane,

sembra presentarsi in maniera estremamente eterogenea, con una spaccatura netta tra

Regioni del Centro-Nord e quelle del Sud d’Italia. In questo contesto, la Regione Lazio

sembra soffrire meno delle altre e si pone, insieme alla Lombardia, come leader nell'attività

innovativa e di formazione.

Tenendo conto di questo quadro generale, si possono trarre alcune considerazioni e

implicazioni più specifiche. In primo luogo, una delle problematiche che emerge in

maniera più forte dal contesto italiano ed internazionale, è la difficoltà di trasferire le

conoscenze dall’ambito della ricerca pubblica (prevalente in Italia) al settore privato, e

quindi di innescare un processo di innovazione tecnologica all’interno delle imprese.

Questa problematica è particolarmente presente nella Regione Lazio, dove a fronte di

massicci investimenti in R&S, non si è raggiunto un livello di eccellenza nell’attività di

innovazione. In secondo luogo, come evidenziato in più parti nel corso della ricerca, la

carenza maggiore del sistema produttivo italiano sembra essere legata alla scarsità di

capitale umano e alla possibilità di impiegare manodopera altamente specializzata e

qualificata. Infatti si riscontra una disparità tra domanda e offerta di occupazione

qualificata nei nuovi settori ad alta tecnologia.

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58

Infine, per quanto riguarda la Regione Lazio, la performance esportativa rispetto ai due

settori con alta intensità distrettuale sembra avere un grosso impatto sul complesso

dell’economia Italiana. In particolare, i settori in cui si inseriscono i due distretti -

Aerospazio e Biotecnologie - sono quelli con una maggiore propensione ad esportare e in

cui si riscontra una minore perdita di competitività rispetto all'apparato produttivo italiano

nel suo complesso. In sintesi, le principali criticità individuate per i DHT italiani sono:

1) debolezze strutturali del sistema economico italiano, specialmente negli investimenti in

R&S e capitale umano;

2) difficoltà di trasmissione delle conoscenze tra gli istituti di ricerca e le imprese;

3) carenza di manodopera specializzata;

4) la performance dell’export migliora per le imprese che appartengono a settori ad alta

intensità distrettuale.

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59

CAPITOLO 2

LE POLITICHE PER LO SVILUPPO LOCALE

2.1 L’intervento dello stato

Nei capitoli precedenti abbiamo messo a confronto due esperienze significative di sviluppo

locale: i distretti tecnologici tradizionali e i distretti High-Tech. Nei primi il processo di

sviluppo è maggiormente legato a conoscenze e valori, nei secondi l'elemento importante è

la costruzione volontaria e consapevole da parte degli attori locali. In entrambi i casi però

notiamo la combinazione di processi spontanei e di azioni collettive intenzionalmente

orientate a incoraggiare lo sviluppo locale. Una variante diversa, che si è diffusa negli

ultimi anni è invece il tentativo di incrementare lo sviluppo locale mediante l'utilizzo di

politiche che mirano a promuovere la cooperazione tra gli attori locali.

Per molto tempo, le politiche per lo sviluppo delle aree cd. "arretrate" sono state attuate

mediante l'intervento dello Stato Centrale, i Governi, realizzavano grandi infrastrutture di

trasporto e di comunicazione per ridurre la distanza delle imprese dei mercati, o

redistribuivano sul territorio risorse per incrementare e favorire la localizzazione di nuove

attività economiche: questo accadeva mediante incentivi agli investimenti delle imprese

private o mediante l'impiego delle imprese pubbliche. Questo quadro è cambiato

nell'ultimo decennio, mediante la nascita delle cosiddette nuove politiche per lo sviluppo

locale. E se perseguono innanzitutto l'obiettivo di promuovere un maggior protagonismo

dei soggetti locali nel definire le scelte di sviluppo del territorio, ciò significa che l'aiuto

esterno, sotto forma di finanziamenti monetari e di assistenza tecnica si lega all'impegno a

valorizzare risorse locali più o meno latenti. In secondo luogo, per raggiungere tale

obiettivo, le nuove politiche presuppongono forme di cooperazione tra soggetti privati e

pubblici, che insieme si impegnano a intraprendere una serie di iniziative integrate in un

progetto condiviso. Perché si è manifestato questo cambiamento?

Page 60: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

60

Prima di tutto occorre ricordare le profonde trasformazioni che hanno investito i modelli di

organizzazione produttiva, il declino del fordismo manifestatosi negli ultimi decenni,

specie in relazione ai mutamenti intervenuti nella domanda dei consumatori e nei caratteri

del mercato, (che abbiamo approfondito in prcedenza) si è accompagnato a modelli di

organizzazione produttiva volti alla ricerca di flessibilità e di qualità. Questa strada è

diventata fondamentale per le imprese dei paesi sviluppati, anche per difendersi dalla

competizione basata sui costi, alimentata sempre più dai paesi in via di sviluppo.

Rispetto alla fase fordista, in cui prevalevano imprese più autonome dall'ambiente, le

economie esterne diventano quindi più importanti e danno nuovo rilievo al rapporto tra

economia e territorio. In questo quadro prendono forma in vari paesi dell'unione europea,

le nuove politiche per lo sviluppo locale, che mirano a qualificare l'ambiente economico e

sociale con interventi volti ad elevare la dotazione di infrastrutture e servizi, e a favorire la

cooperazione tra le imprese private nei processi di produzione di beni o servizi.

A questo fine, le nuove politiche si basano su forme di coordinamento tra i soggetti

pubblici e privati (specialmente le associazioni di rappresentanza degli interessi) nella

formulazione di progetti di sviluppo che possono essere sostenuti, a seconda dei

programmi coinvolti, con aiuti esterni da diversi livelli istituzionali (Regioni, Stato, Unione

Europea). Non bisogna dimenticare anche una strada diversa, che fa leva sul ruolo di

agenzie di sviluppo indipendenti volte ad attrarre gli investimenti esterni a favore di un

determinato territorio, specie con servizi e benefici fiscali, tra gli esempi più rilevanti vi

sono quelli dell'Irlanda e del Galles. Questa strada può conseguire risultati significativi in

termini di investimenti e occupazione, nel breve periodo, ma per ora appare più

problematica se valutata in termini di radicamento delle imprese nel contesto locale e di

rafforzamento della specializzazione delle economie locali.

Page 61: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

61

Le politiche di sviluppo locale assumono in Europa una varietà di forme istituzionali, ma

presentano un elemento comune: si basano su accordi formalizzati tra soggetti istituzionali

pubblici e privati. Gli attori pubblici possono essere di vario livello: Comuni, Province,

Regioni, Istituzioni Statali ed Europee. I soggetti privati includono organizzazioni di

rappresentanza degli interessi economici, ma anche l'associazionismo sociale e culturale o

le fondazioni bancarie.

Per sottolineare la novità rappresentata da queste forme di regolazione territoriale si usa

spesso il termine di Governance, distinguendolo da government, cioè dai meccanismi

tradizionali di governo. Queste nuove politiche di sviluppo infatti, non si basano solo

sull'autorità pubblica, né si configurano come meri interventi di deregolazione, orientati a

creare più spazio per i soggetti privati. Si tratta piuttosto di forme di regolazione

dell'economia e della società basate su accordi tra soggetti pubblici e privati.

In Europa si possono riscontrare due tipi principali:

• Il primo: più normato, basato su un programma istituzionale che stabilisce le procedure

di funzionamento e di relazione tra i diversi attori e definisce le modalità di finanziamento;

• una variante più volontaristica, legata invece ad accordi che prendono corpo su

un'iniziativa autonoma dei soggetti locali.

Un esempio del primo tipo è costituito dalle politiche di sviluppo regionale promossa

dall'Unione Europea con i fondi strutturali: essi hanno introdotto, il requisito del

partenariato, cioè una forma di concertazione tra soggetti pubblici e privati come

condizione per il finanziamento dei progetti di sviluppo.

Il modello europeo ha influenzato in molti casi le politiche di sviluppo nazionali, ma è

accaduto anche il contrario: l'esperienza di patti locali per lo sviluppo e l'occupazione,

avviati in alcuni paesi, ha spinto per esempio l'Unione Europea a sperimentare "i patti

territoriali europei".

Page 62: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

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Tra le politiche informatiche a livello nazionale, nel caso italiano particolare interesse

assumono i patti territoriali; ma esperienze simili sono riscontrabili anche in Germania, in

Francia e in Gran Bretagna. vi sono poi molteplici esempi della variante non normata,

basata su accordi volontari tra i soggetti locali.

In Europa e in Italia si riscontra una serie di esperienze che vanno sotto l'etichetta di "patti

per lo sviluppo e l'occupazione", "patti per l'occupazione", "patti per il lavoro".

Nell'ambito di questo tipo si possono poi anche considerare l'esperienza di governo dello

sviluppo delle città che vengono in genere definite di "pianificazione strategica".

2.2 Origine e caratteri dei piani territoriali

In Italia le nuove politiche pro-sviluppo locale basate sul coordinamento tra attori pubblici

e privati hanno assunto nell'ultimo decennio un ruolo particolare. I motivi sono molti,

riguardano da un lato le caratteristiche dell'organizzazione produttiva e i processi di

riaggiustamento che si sono resi necessari a livello locale. Dall'altro, entrano in gioco le

modificazioni intervenute nell'assetto istituzionale dello Stato, con una rilevante

cambiamento nei rapporti tra centro e periferia, tra Stato Centrale e Governi Regionali e

Locali.

È noto come l'Italia sia, tra i principali paesi europei, quello più fortemente caratterizzato

da sistemi produttivi locali basati sul ruolo delle piccole-medie imprese (C. Crouch1,

2001); l'intenso sviluppo di questo modello produttivo, a partire dagli Anni 70, ha

consentito di compensare la crisi delle grandi imprese di tipo fordista.

1 Crouch C., Le Galès, P., Trigilia, C., Local Production System in Europe, Oxford University Press, New

York, 2001.

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63

Questo fenomeno ha però anche creato una consistente domanda di politiche per lo

sviluppo locale. È cosi nata un'ampia e variegata sperimentazione di interventi a sostegno

dello sviluppo locale, in parte sostenuta dai governi locali e regionali, specie nelle aree

della cd. Terza Italia (Definizione di Arnaldo Bagnasco, ovvero l’Italia Centrale, che

comprende Lazio, Marche,Toscana e Umbria), che ha visto la partecipazione delle

associazioni di rappresentanza delle categorie economiche.

D'altra parte anche i processi di crisi delle vecchie strutture industriali, specie nel Nord-

ovest, o di carenza di sviluppo, specie nel Sud, hanno spesso sollecitato i governi locali a

interventi per affrontare i problemi delle economie locali.

Tanto più che nel frattempo la crisi delle imprese pubbliche, la grave situazione dei conti

pubblici, richiedevano un ruolo più attivo dei governi locali per far fronte ai problemi

economici e occupazionali.

Veniamo così al secondo aspetto che caratterizza l'esperienza italiana: la tendenza verso un

decentramento politico-amministrativo che ha aumentato dal lato dell'offerta istituzionale il

coinvolgimento dei governi locali nelle politiche di sviluppo economico e di welfare. In

Italia si è da tempo sviluppata una tradizione di ricerca socio-economica che ha posto

l'attenzione sulle economie locali non solo in termini di rapporti di mercato, ma anche in

relazione a meccanismi di cooperazione formale e informale tra gli attori privati e pubblici

delle diverse aree.

Le prime sperimentazioni dei patti territoriali hanno una connotazione volontaristica e sono

promosse nell'ambito del CNEL24 (Il consiglio nazionale per l'economia e il lavoro);

diverse decine di patti sono state avviate nel mezzogiorno intorno alla metà degli anni '90.

2 Per un approfondimento si veda: http://www.camera.it/parlam/leggi/96662l09.htm#legge.

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64

Successivamente, dal '95-'96, i patti vengono regolati da una normativa nazionale che

definisce i caratteri dello strumento, le procedure e le modalità di finanziamento. In sintesi

essi diventano una politica pubblica di sviluppo locale che cofinanzia (fino a una quota

massima di 100 miliardi di lire) un accordo tra attori pubblici e privati per realizzare un

programma di iniziative integrate di investimento, localizzate in un determinato territorio.

L'idea di fondo si può riassumere nel tentativo di favorire lo sviluppo attraverso interventi

che stimolino, con incentivi finanziari, gli attori locali (pubblici e privati) a cooperare per

mettere a punto progetti integrati di sviluppo locale, da sottoporre a procedimenti di

valutazione. La cooperazione appare necessaria per creare beni collettivi locali dedicati,

cioè tarati sulle specifiche esigenze e risorse dei sistemi locali. Questi possono assumere la

forma specifica di beni categoriali o di club, come per esempio servizi per le imprese

(formazione, marketing, trasferimento tecnologico), o di veri e propri beni pubblici, come

infrastrutture di comunicazione, creazione di parchi, rafforzamento della sicurezza nei

territori.

Ovviamente la cooperazione tra soggetti pubblici e privati è indispensabile anche per la

valorizzazione di un territorio con particolari qualità ambientali o storico-artistiche. Si

tratta di risorse comuni che sono sfruttabili da tutti i soggetti locali ed esterni, ma che

possono deperire se il consumo non è disciplinato.

Il contributo allo sviluppo locale consiste in questo caso nella capacità di regolare l'uso

delle risorse comuni attraverso una efficace cooperazione.

In questo quadro, gli incentivi individuali alle imprese, così come eventuali vantaggi di

costo a livello fiscale e salariale, non si giustificano in una logica esclusivamente

aziendale, cioè con l'obiettivo tradizionale di compensare la carenza di produttività delle

singole aziende. Si tratta piuttosto di rimuovere gli ostacoli che influenzano negativamente

la produttività, migliorando il contesto in cui le imprese si muovono o possono nascere. Si

vogliono quindi accrescere le economie esterne tangibili (infrastrutture, servizi) e

intangibili (capacità relazionali, capitale sociale). Non si tratta però di tentare una banale

replica dei distretti industriali, i patti sono da concepire come uno strumento di sviluppo

locale che può indirizzarsi verso forme diverse di sistema produttivo locale che

Page 65: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

65

coinvolgano anche grandi imprese, e verso specializzazioni non necessariamente ancorate

all'industria manifatturiera. Come abbiamo già notato, la valorizzazione di tradizioni in

campo agricolo, o di risorse ambientali e storico-artistiche richiede progetti a elevata

interdipendenza dei diversi attori pubblici e privati, e un'elevata capacità di realizzare beni

collettivi.

L'elemento guida delle nuove politiche è dunque che obiettivi di sviluppo locale non

possono essere conseguiti senza una mobilitazione e una responsabilizzazione dei soggetti

locali stessi, che dispongono di risorse di informazione e di consenso indispensabili.

Da un lato infatti, le istituzioni pubbliche mancano delle informazioni adeguate per

interventi che possano agire efficacemente sulle economie locali, dall'altro, gli stessi

soggetti privati, specie in zone arretrate o con problemi di ristrutturazione, non hanno di

solito le motivazioni e le risorse sufficienti per uscire dalla trappola di equilibri a bassa

produttività e per valorizzare meglio le risorse locali attraverso processi di cooperazione.

Da qui discende l'obiettivo di fondo delle nuove politiche: puntare sulla cooperazione e

sull'accordo tra i diversi interessi pubblici e privati così da produrre e far circolare

informazioni e consenso per azioni più ricche ed efficaci a sostegno dello sviluppo locale

(Il Capitale sociale analizzato in precedenza è dunque una caratteristica necessaria).

Le nuove politiche non sono da identificare con un decentramento di competenze e risorse,

non sono un sostegno al localismo, ma si basano su nuovi rapporti intergovernativi tra

centro e periferia. I livelli istituzionali superiori (U.E, Stato Centrale e Regioni) devono

mantenere un ruolo importante di offerta di opportunità, per stimolare gli attori locali a

mobilitarsi, ma anche di valutazione dei progetti. In tal modo si intende evitare che si

formino coalizioni collusive volte a convogliare risorse finanziarie verso determinate aree,

senza credibili progetti di sviluppo.

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66

La ragione di fondo delle nuove politiche è che attraverso lo strumento del patto, i soggetti

coinvolti siano stimolati a scoprire nuove preferenze, a ridefinire i loro interessi in modo

da impegnarsi in azioni più rischiose e innovative; Attraverso l'interazione ripetuta e la

concertazione, possono svilupparsi fiducia e reti di relazioni che aiutano l'innovazione

economica e "allungano la vista" degli attori, nel tentativo di stimolare processi di

apprendimento collettivo attraverso la partecipazione e il monitoraggio reciproco (learning

by monitoring: Sabel 3 1994).

2.3 Problemi di realizzazione e le critiche ai patti

Negli anni tra il 1997 ed il 1999 sono stati attivati 61 patti, di cui 10 europei, ovvero gestiti

con una procedura prevista da un programma specifico dell'Unione Europea. Più tardi, ad

essi si sono aggiunti altri casi, tra cui i patti agricoli (91) e quelli per le calamità naturali

(32), per un totale al 2003 di 220 (esclusi i patti europei). Nel complesso circa l'80% della

popolazione e della superficie del mezzogiorno è stato interessato dal fenomeno, e il 27%

della popolazione e il 34% della superficie del Centro-Nord. Questi dati testimoniano il

successo dell'esperienza dei patti, ma mostrano una scarsa selettività dei meccanismi di

valutazione che ha spesso inciso negativamente sulla qualità dei progetti.

Sono state riscontrate diverse difficoltà in sede di realizzazione che hanno alimentato forti

critiche nei riguardi dei patti come strumento di sviluppo. E se sono state avanzate siano

importanti organizzazioni di rappresentanza degli interessi, come Confindustria, sia da

numerosi economisti e studiosi appartenenti a orientamenti culturali e politici diversi.

3 Sabel, C. F. Learning by monitoring, The Institutions of economic development, Princeton University, 1994.

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67

Dopo il 2001, le competenze sui patti sono state trasferite al ministero per le attività

produttive ed è stato poi realizzato il passaggio alle Regioni. In generale lo strumento

“Patti” non è stato più valorizzato nella politica economica del governo, è da sottolineare

che non sono solo i ritardi nella realizzazione ad essere messi sotto accusa, ma le

caratteristiche stesse dei patti, con riferimento a due aspetti principali:

• la lentezza delle procedure decisionali legate alla concertazione;

• la diffusione di pratiche collusive tra i soggetti locali.

Il secondo punto costituirebbe in pratica la creazione di coalizioni per attingere a

finanziamenti pubblici illudendo quei vincoli, relativi all'integrazione dei singoli interventi

da finanziare in un progetto di sviluppo locale.

Gli obiettivi dei patti non sono, infatti misurabili solo in termini esclusivamente aziendali e

occupazionali. Si tratta piuttosto di realizzarne l'impatto sul territorio a tre diversi livelli:

• il grado di integrazione delle iniziative private tra di loro e con le infrastrutture previste;

• la realizzazione di infrastrutture pubbliche e servizi che migliorano il contesto locale, sia

per le imprese che per il benessere dei cittadini e il rafforzamento delle capacità della

pubblica amministrazione;

• il cambiamento nella concezione dello sviluppo del territorio da parte dei soggetti locali

in termini di maggiore responsabilizzazione, e la crescita di capacità relazionali e

cooperative tra i soggetti istituzionali pubblici e privati (il capitale sociale).

Come si vede, non si tratta di aspetti facili da valutare, specie quanto più ci si allontana da

indicatori finanziari e occupazionali. Per muoversi in tale direzione è necessario disporre di

indagini dirette sul campo.

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2.4 Tre storie di patti

Prima di assumere i principali risultati della ricerca, vale la pena richiamare brevemente

l'esperienza di alcuni casi di patti territoriali, sono tre storie maturate in tre contesti diversi

quasi tutti segnati da condizioni di disagio economico e sociale.

1) L'Alto Belice Corleonese (Analisi effettuata da D. Cersosimo e G. Wolleb 4)

L'area della Sicilia Nord-Occidentale, vicino a Palermo, in cui si è realizzato questo passo

è nota per essere uno dei centri di maggior insediamento della Mafia. È un territorio che

comprende 20 comuni tra i quali Monreale, Piana degli Albanesi e Corleone; una zona

caratterizzata, nella seconda metà degli anni 90, da condizioni di forte disagio economico

(bassi redditi ed elevata disoccupazione) e da deboli tradizioni associative. Nello stesso

periodo si determina tuttavia una novità importante sul piano politico e istituzionale: le

nuove regole di elezione diretta dei sindaci portano all'affermazione in quasi tutti i comuni

dell'area dei sindaci di centro-sinistra. I nuovi sindaci iniziano una nuova prassi: si

incontrano, si interrogano sul da farsi, rompendo un'antica tradizione di separazione tra i

diversi comuni, cominciando a lavorare insieme costituiscono un gruppo di collegamento

tra loro. Gli amministratori locali vengono a conoscenza dell'iniziativa del CNEL che sta

lanciando i patti territoriali. Si decide di dare avvio a questa esperienza e si coinvolge nella

preparazione del patto un vasto arco di forze sociali locali con un'intensa fase di

discussione degli interventi da proporre. Vengono raccolte le proposte di infrastrutture e

servizi degli enti locali, e quelle di investimento dei privati. Si costituisce l'assemblea di

partenariato istituzionale e sociale del patto, che è presieduta dal coordinatore istituzionale,

individuato nel sindaco di Piana.

4 Cersosimo D. e Wolleb G. Politiche pubbliche e contesti istituzionali. Una ricerca sui Patti Territoriali, in

Stato e Mercato, 2001.

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69

Nel 1998 il piano di azione locale sottoscritto dei soggetti locali è presentato all'Unione

Europea e approvato. Viene costituita la società di gestione del patto, di cui fanno parte i

20 Comuni aderenti e le parti sociali coinvolte.

Nel 1999 partono i primi investimenti e nel 2001 tutti quelli previsti si concludono (la

procedura dei patti europei favorisce una rapida realizzazione degli interventi, pena la

perdita dei finanziamenti).

In un contesto come quello che è stato esaminato si potrebbe considerare già un risultato

positivo il fatto di essere riusciti a presentare un piano e spendere le risorse finanziate. I

finanziamenti sembrano essere ben spesi, il progetto si è basato su tre punti:

• il rafforzamento della filiera agro-alimentare e dell'artigianato tradizionale;

• la valorizzazione turistica delle risorse naturalistiche e culturali;

• il rafforzamento del tessuto civile e dell'associazionismo.

Intorno a questi obiettivi che si sono legati incentivi alle imprese e investimenti pubblici in

infrastrutture. Per esempio accanto ai progetti imprenditoriali finanziati, sono state

realizzate e migliorate le aree attrezzate per gli insediamenti artigianali e industriali, il

sostegno agli agriturismi si è accompagnato alla realizzazione di percorsi naturalistici

attrezzati, al ripristino di tratte ferroviarie dismesse, al recupero dei siti monumentali, a

interventi per la riqualificazione ambientale (discariche) e per attrezzature legate al tempo

libero e alle attività sportive.

Nel complesso le iniziative private che realizzano investimenti con i finanziamenti del

patto sono 125. Gli investimenti ammontano a circa 65 miliardi di lire, coperti per i due

terzi da contributi pubblici, con una occupazione aggiuntiva di 400 addetti. I progetti

pubblici finanziati sono 44, pari a un investimento di circa 20 miliardi di lire, l'80% dei

quali indirizzati a finanziare opere pubbliche nell'ambito della valorizzazione turistica del

territorio.

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Ma non bisogna limitarsi a questi dati per valutare l'impatto dell'iniziativa. Occorre tenere

conto di una serie di accordi sottoscritti tra i soggetti pubblici e privati (i cd. protocolli),

che riguardano temi fondamentali come la distribuzione delle infrastrutture del territorio, il

controllo delle infiltrazioni mafiose nella realizzazione delle opere, l'avvio di procedure

che agevolano le aziende nelle richieste di autorizzazione licenze, la convenzione per la

creazione di uno sportello unico per le imprese e di un marchio per il vino locale (Il

Monreale Doc 5). Questi effetti non sono meno importanti per il territorio, perché avviano

esperienze di collaborazione e di governo che, anche attraverso il ruolo attivo della società

di gestione del patto nella progettazione locale, si estendono poi ad esperienze successive,

come il patto per l'agricoltura (il cd. "patto verde") e il PIT (Piano Territoriale Integrato

previsto dalla regione nell'ambito della gestione dei fondi regionali europee).

L'esperienza del patto territoriale in Sicilia va valutata positivamente.

2) Napoli Nord-est (Analisi effettuata da Paola De Vivo6 )

La fascia metropolitana tra Napoli e Caserta, racchiude nove comuni tra i quali Acerra,

Pomigliano e Caserta, con una popolazione di 270.000 abitanti. In questo caso non ci

troviamo in un'area periferica con strutture economiche tradizionali, ma in una

conurbazione metropolitana che ha visto concentrarsi in passato consistenti investimenti

industriali, sostenuti da vari interventi straordinari. Il contesto economico locale è

caratterizzato negli Anni 90 dalla crisi dei vecchi insediamenti industriali e dalla crescita di

un tessuto di piccole e medie imprese in settori legati a tradizione di artigianato locale,

come abbigliamento e calzature. Vi sono inoltre settori di agricoltura più dinamici.

Nel complesso, si tratta di un territorio ad elevatissima densità demografica, con forti tassi

di disoccupazione e lavoro nero, con un assetto urbano segnato dalla speculazione edilizia

e dalla diffusa presenza della criminalità legata alla camorra. In seguito alla nuova legge

elettorale comunale, si manifestano dei cambiamenti della classe politica locale.

5 http://www.dps.tesoro.it/documentazione/uval/materiali_uval/MUVAL_26_PIT_SICILIA.pdf. 6 De Vivo P. Pratiche di concertazione e sviluppo locale, l’esperienza dei patti territoriali e dei Pit della

regione Campania, Franco Angeli, 2004

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71

Ad Acerra viene eletta una giovane donna come Sindaco della città (Coalizione di centro-

sinistra) che si pone l'obiettivo di introdurre elementi innovativi nel governo del territorio.

Vengono promossi una serie di incontri con altri sindaci della zona, con le forze sociali

locali (Sindacati, Organizzazioni di categoria), gli istituti bancari, con parlamentari ed

esponenti del CNEL. Si decide di percorrere la strada del patto territoriale e l'iniziativa è

appoggiata la Provincia di Napoli. Si formalizza la costituzione di un tavolo di

concertazione e si arriva alla predisposizione del piano di azione locale sottoscritto da

soggetti pubblici e privati.

I punti più importanti del progetto locale sono due:

• il sostegno al tessuto di piccole-medie imprese, concentrate specialmente nei settori

dell'abbigliamento, delle calzature e della meccanica;

• l'intervento sulla qualità urbana per combattere il degrado, e sul tessuto sociale per

migliorare l'orientamento e la formazione professionale, e per contrastare la devianza e il

disagio giovanile.

Si realizzano aree attrezzate mediante la promozione di esperienze consortili, per esempio

in un ex biscottificio (Colussi), è stata realizzata un'area attrezzata per un complesso di

piccole imprese prima localizzate in edifici poco idonei, che hanno anche costituito un

consorzio per la produzione di servizi comuni. In campo agricolo è stata finanziata la

costruzione di serre e la realizzazione di strutture collettive per la commercializzazione e il

marketing dei prodotti (in particolare il vino).

Per quanto riguarda la qualità urbana, sono stati intrapresi diversi interventi di recupero e

ristrutturazione di edifici di interesse storico, sono stati costruiti giardini per l'infanzia,

parchi e attrezzature sportive. Un impegno consistente per combattere il disagio sociale è

stato preso mediante attività di orientamento e formazione dei giovani, incorporazione con

le scuole con attività di laboratorio legati alla musica, al teatro e alla produzione

artigianale, ma anche la promozione di iniziative di carattere sociale, culturale e sportivo.

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Nel complesso si è trattato di oltre 50 milioni di euro di investimenti per più di 350

iniziative, quasi tutte realizzate tra il 1999 e il 2001, con occupazione aggiuntiva di oltre

1000 unità. Per quanto riguarda Le conseguenze indirette e a lungo periodo, la

sottoscrizione di numerosi protocolli tra diversi soggetti pubblici e privati, per la sicurezza

e la legalità, per lo snellimento nelle procedure amministrative per le imprese e per i

rapporti di lavoro, non tutte queste imprese hanno funzionato bene ma hanno segnato un

cambiamento nella governance locale. Anche in questo caso il patto ha seminato qualcosa

che ha lasciato il segno in una realtà locale particolarmente disagiata e di difficile

governabilità.

3) Il Sangro Aventino (Analisi effettuata da Rossella Di Federico7)

A differenza delle due esperienze precedenti, quella che ora viene considerata non è

collocata in un'area di particolare disagio economico sociale. Il Sangro Aventino è un

territorio dell'Abruzzo, tra le province di Chieti e dell'Aquila, caratterizzato negli Anni 90

da un buon livello di sviluppo economico, una debole pressione demografica, un'elevata

integrazione sociale con bassissimi tassi di criminalità. Il tasso di disoccupazione (9%) si

collocava ben al di sotto della media meridionale, l'occupazione industriale è consistente

ed è sostenuta dagli insediamenti industriali della Val di Sangro (Fiat e Honda).

L'iniziativa del Sangro Aventino non nasce dal volere di un sindaco, ma da un

parlamentare dei democratici di sinistra alla sua prima esperienza dopo un'attività di

insegnante. La provincia di Chieti sostiene la proposta di attivare una concertazione tra le

varie forze locali e le amministrazioni pubbliche. Nel 1998 viene approvato il piano di

azione locale, alcuni mesi dopo viene costituita la società di gestione del patto, una società

consortile a maggioranza pubblica alla quale partecipano le amministrazioni pubbliche

dell'aria e i soggetti istituzionali privati impegnati nella fase di concertazione (28 soci).

7 Di Federico R. Sviluppo locale: il ruolo della partecipazione e della comunicazione, Homeless books, 2012.

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73

Il progetto locale vuole rafforzare le risorse esistenti e la crescita di nuove attività. Si punta

innanzitutto a qualificare il tessuto delle piccole e medie imprese locali nel settore

metalmeccanico, in parte legate alle reti di subfornitura delle grandi imprese localizzate

nell'area; ciò avviene attraverso il sostegno a progetti imprenditoriali di innovazione

tecnologica organizzativa, e attraverso la realizzazione di servizi collettivi, tra i quali la

formazione professionale, l'accesso al credito, la costruzione di aree attrezzate e di

infrastrutture di comunicazione.

Si vuole incrementare la produttività del settore agricolo e le produzioni locali tipiche (per

esempio le industrie importanti nella produzione della pasta).

L'altro asse è costituito dalla valorizzazione delle risorse naturalistiche e ambientali per lo

sviluppo del turismo. Sotto questo profilo c’è l’impegno a sostenere la struttura recettiva e

a realizzare servizi collettivi di promozione e infrastrutture per lo sport e tempo libero;

complessivamente sono state ammesse al finanziamento 313 iniziative con un contributo

pubblico accordato di € 45.000 e una investimento totale di oltre € 116.000. Circa due terzi

degli investimenti riguardanti progetti imprenditoriali, mentre la parte restante va alle

infrastrutture. L'occupazione aggiuntiva è di oltre 1000 unità. La maggior parte degli

interventi erano già completati alla fine del 2002.

Sono stati effettuati diversi accordi: il protocollo sulle relazioni industriali e i rapporti di

lavoro, siglato tra le associazioni imprenditoriali e quelle sindacali, che interviene sulla

formazione professionale e la flessibilità; ma anche il protocollo sottoscritto dagli enti

locali per la realizzazione dello sportello unico per le attività produttive. In tutte queste

esperienze la società di gestione del patto svolge un ruolo propulsivo importante come

strumento che favorisce la cooperazione e sostiene sul piano tecnico la progettazione

locale.

Page 74: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

74

2.5 Risultati della ricerca e osservazioni conclusive

I tre casi che abbiamo esaminato sono certamente tra quelli di miglior funzionamento dei

patti. Ci sono stati anche molti esempi di insuccessi o di risultati più modesti. In Italia è

stata sperimentata diffusamente un'importante politica di sviluppo locale basata sui patti

territoriali; questa politica ha cercato di promuovere più il contesto locale piuttosto che le

singole aziende considerate isolatamente. L'obiettivo è stato quello di non limitarsi a

compensare con aiuti pubblici (incentivi, sgravi fiscali) le imprese per affrontare problemi

ambientali che ne limitano la produttività, ma di incidere sulle condizioni di contesto. Si è

puntato dunque a promuovere la crescita di economie esterne, materiali e immateriali che

favoriscono la produttività e la competitività.

La stessa Unione Europea ha cercato di contribuire alla sperimentazione di queste politiche

per l'innovazione economica e sociale, che sono però difficili e ambiziose, i cui effetti più

significativi non si misurano a breve termine. Paradossalmente, l'Italia si è spinta molto in

avanti nella sperimentazione, ma ha anche incontrato molti problemi di realizzazione che

hanno minato la credibilità di questo strumento. Alcuni patti, nonostante le condizioni

istituzionali sfavorevoli, hanno funzionato, molto sembra dipendere dalla capacità della

leadership politica locale di cogliere le opportunità offerte da strumenti come i patti per

impegnarsi su progetti di sviluppo solidi, coinvolgendo altri attori pubblici e privati.

Lo sviluppo locale non è solo diventato più importante come strumento per coniugare

crescita economica e coesione sociale, ma è anche meno condizionato dai vincoli della

storia e della geografia di quanto spesso si creda: l'importante è comunque per seguire con

interventi intelligenti che stimolino il protagonismo dei soggetti locali.

Page 75: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

75

2.6 La pianificazione strategica nelle città

Nascono dagli Anni 90 nuovi esperimenti di governo del territorio e di promozione dello

sviluppo locale che sono stati portati avanti, in varie città europee e italiane.

La pianificazione strategica si basa su un processo di cooperazione volontaria tra diversi

soggetti pubblici e privati, che collaborano alla creazione di un percorso di sviluppo

condiviso, individuano alcuni obiettivi strategici e si impegnano a realizzare una serie di

azioni tra loro integrate.

In questo modo si cercano di affrontare non solo diversi problemi relativi al coordinamento

tra diverse istituzioni politiche, che è impossibile ottenere solo per via gerarchica, ma

anche di associare le organizzazioni di rappresentanza degli interessi economici, sociali e

culturali. In questo caso il ruolo degli attori privati è cruciale, non solo per le risorse

finanziarie che possono investire, ma ancor di più per le conoscenze e il consenso necessari

a realizzare interventi efficaci che richiedono un elevato coordinamento e un impegno a

più lungo termine. Tali sono esperimenti che in Italia tendono a misurarsi con i nodi che la

riforma istituzionale del 1993 (un'importante riforma che si poneva l'obiettivo di rafforzare

le istituzioni locali) ha in parte lasciato irrisolti. Essi cercano di accrescere il protagonismo

dei soggetti locali nello sviluppo del territorio e si basano sull'utilizzo di accordi

formalizzati tra attori pubblici e privati: si tratta di un'esperienza di tipo volontaristico,

molte città hanno deciso di intraprendere la pianificazione strategica per far fronte ai

problemi posti dalla crisi del vecchio modello di industrializzazione, o comunque dalla

necessità di sostenere l'economia locale e l'occupazione nelle condizioni di crescente

competizione internazionale. Ci sono diverse esperienze in varie città europee, a partire

dalla seconda metà degli Anni 80 e soprattutto, nel decennio successivo: ricordiamo i casi

di Barcellona30, Manchester, Stoccolma, ma anche Praga e Budapest.

8 Campanella R. Barcellona: città-laboratorio: Una praxis per il progetto della Città Metropolitana,

Rubbettino editore, 2002

Page 76: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

76

In Italia il fenomeno si sta diffondendo dalla fine degli Anni 90: tra le città più grandi sono

Torino, Firenze, Venezia; tra quelle di dimensioni minori sono già in fase avanzata La

Spezia, Genova, Pesaro, Trento.

La pianificazione strategica assume in Europa una varietà di forme istituzionali. In genere

sono presenti tre aspetti:

• vi è un aspetto tipico di quelle che abbiamo definito nuove politiche di sviluppo: una

mobilitazione dei soggetti locali su obiettivi di sviluppo economico del territorio, per

migliorare le condizioni di vita degli abitanti.

• Il coinvolgimento di attori privati e diverse forme di collaborazione tra diversi soggetti

istituzionali pubblici e privati, promuovendo il coordinamento tra di loro mediante accordi

formalizzati;

• il perseguimento di obiettivi integrati (economici, sociali, infrastrutturali) di medio e

lungo periodo, ritenuti strategici per lo sviluppo locale.

Le interrelazioni tra queste diverse dimensioni sono al centro della pianificazione

strategica. Si riconosce che non è possibile accrescere l'inclusione sociale e ridurre le aree

di disagio senza aumentare le opportunità per attività lavorative stabili e qualificate.

D'altra parte, non si può per seguire il rafforzamento di determinate specializzazioni

produttive senza adeguati collegamenti con le politiche della ricerca, della formazione, o

anche dell'inclusione sociale. E ancora: non è possibile migliorare la qualità sociale e

rendere più attraente un'area per i lavoratori qualificati senza un'adeguata politica

infrastrutturale che migliori la mobilità e l'accessibilità, e senza una politica urbanistica

che distribuisca le funzioni produttive, i servizi e le residenze in modo equilibrato nel

territorio. Sono diversi elementi correlati tra loro. Nei processi di pianificazione strategica

è possibile distinguere tra diverse fasi.

Page 77: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

77

Il primo momento iniziale è caratterizzato dall'iniziativa di un soggetto istituzionale

pubblico (di solito il Comune) che promuove la costruzione di un primo nucleo di attori

interessati (Organizzazioni di rappresentanza degli interessi, Università, altre associazioni).

Viene quindi elaborata, con l'aiuto di esperti, ma in stretto collegamento con le istituzioni e

le forze sociali, un'analisi dei punti di forza e di debolezza del contesto e sono individuati

alcuni assi strategici di intervento.

Sulla base di questa cornice, vengono presentate le iniziative pubbliche a una platea più

ampia di soggetti e alla cittadinanza.

Si apre la seconda fase, dedicata alla progettazione, cioè all'individuazione degli interventi

che nel loro insieme costituiscono il piano. Questa fase è importante per la creazione di

una visione condivisa dello sviluppo dell'area e per la sua traduzione in una serie di

interventi specifici attraverso il confronto tra i diversi soggetti. I gruppi di lavoro che

definiscono i progetti sono in genere coordinati da esperti che svolgono un ruolo di dialogo

e di intesa tra i vari attori coinvolti. Questa fase si conclude con la sottoscrizione di un

piano che in genere si accompagna alla costituzione di un organismo più stabile, come

un'associazione che raccolga i sottoscrittori e gli altri soggetti collettivi interessati, con

l'obiettivo di seguire la fase di realizzazione dei progetti e di aggiornamento del piano. Tale

associazione non avrà però i compiti operativi, non gestirà dunque in modo diretto i

finanziamenti, questo compito sarà lasciato alle istituzioni pubbliche, che hanno maggiori

competenze. L'associazione ha il compito di promuovere il coordinamento necessario tra i

diversi soggetti dai quali dipende l'efficace e rapida realizzazione dei singoli interventi

previsti dal piano.

Page 78: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

78

2.7 Il piano strategico della città di Genova

A titolo di esempio, essendo la tesi incentrata sullo sviluppo locale dell’area Genovese e in

particolare sulla figura di IIT, ho deciso di inserire il piano strategico della città di Genova,

nel quale si riesce a intravedere (già agli inizi del nuovo millennio) una spiccata vocazione

High-Tech.

2.7.1 Il contesto socio-economico della città

Nell’ultimo decennio del secolo scorso, similmente ad altre realtà territoriali occidentali, la

città di Genova ha dovuto fare i conti con la crisi del modello socio-economico che aveva

caratterizzato la sua storia precedente. Tra i fattori critici più significativi, occorre rilevare:

• la crisi della grande industria a partecipazione statale;

• le difficoltà di sviluppo del porto e delle infrastrutture ad esso collegate, all’interno delle

quali hanno assunto particolare rilievo le problematiche relazioni tra il sistema porto e il

resto della città;

• la crisi demografica, legata all’incremento della popolazione anziana, e la nascita di

nuovi bisogni sociali;

• la situazione di oblio caratterizzante il patrimonio artistico e culturale della città.

Allo stesso tempo rimanevano forti le opportunità di valorizzazione e sviluppo della città:

• in termini geografici, ambientali e culturali, grazie in particolare alla presenza del mare e

al grande patrimonio artistico da riscoprire;

• in termini di capitale sociale e di reti ed identità politiche e territoriali, in gran parte

risultato del recente passato di sviluppo della grande industria. Basti pensare all’Università,

al sistema formativo e professionale e alle dimensioni dell’associazionismo.

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79

Rispetto a tali criticità e opportunità c’era bisogno di un ripensamento profondo,

finalizzato a:

- creare una nuova idea di città, con riferimenti strategici capaci di orientare in termini

convergenti i principali attori della vita sociale culturale ed economica;

- essere base di riferimento per l’azione delle istituzioni pubbliche, ed in particolare del

Comune. La valutazione delle esperienze di successo che si erano svolte all’inizio degli

Anni 90, specialmente riguardo ad un primo intervento di recupero del rapporto fra città e

mare attuato nell’area del porto antico in occasione delle celebrazioni della scoperta

dell’America del 1992, la riorganizzazione delle strutture portuali e la forte ripresa delle

attività, aveva posto in evidenza che trasformazioni profonde e miglioramenti significativi

erano possibili a condizione che:

- si operasse con una visione ed una prospettiva di medio lungo periodo (almeno 10-15

anni) nella consapevolezza della complessità dei processi necessari, sul piano tecnico,

economico ed istituzionale/amministrativo;

- l’orizzonte fosse il più possibile ampio e condiviso, sufficientemente strutturato, in modo

che risultasse riconoscibile di per sé, tendenzialmente al riparo dalle difficoltà di tipo

contingente derivanti da valutazioni divergenti che singoli soggetti istituzionali e socio-

economici in gioco potessero effettuare di volta in volta (ad esempio, per ragioni settoriali

o di orientamento politico conseguente ai cambi di maggioranza).

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80

2.7.2 Il contesto istituzionale

A livello istituzionale, due aspetti fondamentali hanno determinato le condizioni di

contesto in grado di spingere non solo Genova, ma anche altre città italiane verso

l’attivazione di processi di pianificazione strategica:

• il progressivo decentramento istituzionale ed amministrativo dello Stato, volto ad

accrescere l’autonomia e la responsabilità degli enti locali rispetto al governo territoriale;

• la crescente attenzione rispetto alle compatibilità economiche nazionali ed europee delle

politiche di bilancio pubblico con conseguente riduzione del volume dei trasferimenti

finanziari agli enti locali e territoriali.

Altro elemento trainante è stato l’elezione diretta del Sindaco, con la quale si è determinato

a livello delle città una forte coincidenza tra ruolo di responsabilità, rappresentanza della

comunità amministrata e relazioni con gli ambiti di espressione delle esigenze e delle

risorse presenti sul territorio. Il Sindaco, specialmente di una grande città, per

corrispondere a tale ruolo in modo reale, si trova quindi nella condizione di sviluppare

comportamenti e strumenti di governance che vanno oltre i confini delle competenze

amministrative e delle risorse finanziarie e organizzative del comune strettamente intesi,

per coinvolgere al meglio i soggetti che esprimono il tessuto socioeconomico della città, e

rapportarsi attivamente agli altri ambiti istituzionali locali e nazionali. (come abbiamo visto

nei 3 esempi di Patti, par. 2.3)

Il “programma di mandato” del Sindaco deve quindi farsi carico non solo dei servizi e dei

risultati che derivano dall’esercizio delle specifiche attribuzioni amministrative del

Comune, ma dell’insieme delle esigenze e potenzialità di sviluppo della Città. Di

conseguenza si tratta di attivare percorsi e processi in grado di coinvolgere soggetti diversi

in termini interistituzionali e di relazioni pubblico/ privato, che quindi non possono contare

su strumenti organizzativi e operativi stabili unitari complessivamente definiti e

formalizzati; ma piuttosto devono contare sulla capacità di cooperazione che le leadership

territoriali riescono ad attivare, provvedendo al meglio a mettere insieme le attribuzioni e

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81

le risorse delle diverse istituzioni e le esigenze e opportunità che si presentano nel

territorio. Il Comune, essendo l’ente che più complessivamente rappresenta le istanze

territoriali e che, con la figura del Sindaco direttamente eletto dispone di una leadership a

ciò corrispondente, si trova nelle condizioni:

• da un lato, di poter-dover promuovere un adeguato livello di programmazione strategica;

• dall’altro di raccordare a ciò, sia in termini di contenuti che in termini di flessibilità e

capacità di evoluzione, i propri strumenti istituzionali di programmazione: piano regolatore

e sistema di bilancio in primo luogo.

Sotto questo aspetto, il processo di pianificazione strategica del Comune di Genova si è

sviluppato in un contesto in cui, a fronte di una forte esigenza di governance locale,

permanevano gap significativi connessi alle specifiche attribuzioni delle singole istituzioni.

In particolare, gli aspetti principali che hanno caratterizzato il contesto istituzionale

genovese in proposito riguardano:

• il rapporto fra Comune, Provincia, Regione ed Autorità Centrali, in un territorio in cui la

Città di Genova rappresenta la grande maggioranza (in termini di popolazione, strutture

produttive e PIL) della Provincia e dell’intera Regione;

• il rapporto fra Città e Porto (uno dei più grandi del Mediterraneo e l’azienda di gran

lunga maggiore della regione), ben diverso da quello che caratterizza le esperienze Nord-

Europee;

• il rapporto con le autorità centrali, storicamente determinante in considerazione della

presenza massiccia dell’industria a partecipazione statale.

Page 82: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

82

2.7.3 Le tappe del piano strategico

Alla fine degli Anni 90, in occasione dell’avvio del mandato, l’Amministrazione

Comunale ha deciso di misurarsi con le problematiche illustrate in precedenza, attivando

un percorso di analisi, valutazione e proposizione che coinvolgesse i principali soggetti

espressione delle forze economiche, sociali e culturali della città. Tale percorso, definito

“Verso la Conferenza strategica”, si è sviluppato a partire da un Workshop sulla

metodologia del governo urbano con la partecipazione dei soggetti (cittadini,

organizzazioni produttive, scientifiche, associative) portatori delle specifiche esigenze e

interessi. L’obiettivo primario dell’amministrazione è stato quello di dare risposte alla

domanda “come operare per assicurare uno sviluppo desiderabile e sostenibile per la

nostra città ?”, attraverso:

• l’attivazione di un dialogo strutturato con tutti gli attori pubblici e privati della città;

• la raccolta di tutte le idee ed i progetti realizzabili, provenienti dalle diverse realtà;

• l’organizzazione di un percorso di condivisione del progetto di sviluppo della città. La

preparazione, l’esecuzione degli incontri e l’elaborazione dei materiali conseguenti hanno

richiesto un impegno di 6 mesi, sono state coordinate direttamente dagli assessori

competenti per le diverse tematiche, con il supporto degli uffici comunali. Il percorso di

condivisione ha trovato una sua prima conclusione nella Conferenza strategica che si è

svolta nei giorni 12-13-14 maggio 1999. La partecipazione alla Conferenza è stata

imponente, con l’adesione di più di 250 associazioni produttive, culturali e sociali del

territorio e una presenza media di circa 500 persone alle sei sessioni di discussione. Sulla

base del percorso preparatorio la Conferenza si è aperta definendo una nuova idea di città

fondata sui seguenti riferimenti strategici:

• “Una città di città ”, al fine di riconoscere e valorizzare le specificità territoriali, ed al

contempo aprire maggiormente al rapporto con i piccoli comuni circostanti;

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83

• “Perseguire uno sviluppo policentrico (porto, industria, turismo, servizi)”, per superare

alternative schematiche, spesso occasione di conflitti e di alibi paralizzanti rispetto al

riconoscimento e perseguimento delle opportunità effettive di crescita;

• “Essere parte del Nord-Ovest italiano”, in modo da ritrovare su base territoriale quelle

sinergie indispensabili per lo sviluppo, recuperando su tali basi quello che nella prima metà

del secolo scorso aveva costituito il cosiddetto “triangolo industriale” (Piemonte,

Lombardia e Liguria) fondato però su una “divisione del lavoro” in genere fortemente

diretta a livello di governo centrale (prevalenza delle industrie a partecipazione statale);

• “Essere porta da e per il Mare Mediterraneo”, per ricongiungere la collocazione

geografica alla cultura ed esperienza storica che aveva visto la Repubblica Marinara di

Genova protagonista economica nei secoli scorsi.

Nel corso della Conferenza strategica è stato possibile giungere ad una prima definizione

di un documento chiamato “Piano della città”, che ha rappresentato il primo passo per la

formulazione di un vero e proprio piano strategico . Complessivamente, la Conferenza si è

rivelata un successo, in quanto sono stati raggiunti due importanti obiettivi:

• la condivisione di un percorso di sviluppo strategico della città, mediante il

coinvolgimento attivo di tutte le componenti della società che vi operano;

• la formalizzazione di tale percorso in un piano/programma articolato in linee strategiche,

obiettivi ed azioni, che è divenuto anche punto di riferimento per l’azione amministrativa

del Comune.

Un terzo obiettivo, volto a concretizzare uno “steering committee” in cui far evolvere e

monitorare l’intero processo, è stato caratterizzato da uno sviluppo più complesso, sfociato

fino alla costituzione del “Comitato per lo Sviluppo ” avvenuta nel 2004, su cui si dirà

oltre.

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84

Su questo aspetto hanno inciso le difficoltà di strutturare in termini complessivi organismi

di governance in presenza di più enti, ciascuno dotato di attribuzioni specifiche rispetto

alla città e, soprattutto, di organi elettivi o di nomina autonomi (Regione, Provincia,

Comune, Camera di Commercio, Autorità Portuale) particolarmente sensibili all’alternarsi

delle maggioranze e delle posizioni politiche. Non si è quindi pervenuti alla istituzione

formale di un nuovo organismo di governance ma, in coerenza con tale impostazione e

con il Piano della città, è stato invece possibile procedere efficacemente attraverso forme di

concertazione e di governo coordinato rispetto a singoli obiettivi ed azioni di peso molto

rilevante come ad esempio la preparazione e gestione di “Genova Capitale Europea della

cultura 2004 ”.

2.7.4 La riorganizzazione del comune

Parallelamente al percorso avviato con la Conferenza strategica , nel 1999 si provvedeva

ad una ridefinizione complessiva dell’organizzazione comunale che doveva sempre più

caratterizzarsi come “sistema aperto”. Punto di riferimento centrale del processo di

riorganizzazione è stato l’orientamento verso il cittadino/cliente, il quale è servito non solo

e non tanto da singoli uffici comunali, ma piuttosto da una rete articolata di erogatori

appartenenti alle diverse istituzioni pubbliche, anche privati o diretta espressione della

partecipazione ed autoorganizzazione sociale. Pertanto, anche rispetto all’erogazione dei

servizi (e non solo rispetto allo sviluppo del territorio) il comune può svolgere sempre più

un ruolo rilevante di integratore della rete (sensore, coordinatore e promotore) piuttosto

che di semplice produttore e diretto finanziatore. Perciò la struttura organizzativa comunale

è stata trasformata agendo su tre direzioni principali9:

• il decentramento, con la costituzione di 9 divisioni territoriali al fine di avvicinare

l’intervento pubblico agli ambiti di espressione dei bisogni di servizio ma anche di capacità

di risposta;

9 http://www.direttorigenerali.it/documenti/0/0/50/58/PRESENTAZIONE_ANDIGEL.doc.

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85

• l’esternalizzazione, con la costituzione di aziende ed istituzioni autonome, non solo per

assicurare le necessarie condizioni per l’efficienza dei servizi di tipo produttivo/industriale

ma per disporre progressivamente di organismi e strumenti gestionali idonei alla

partecipazione degli altri soggetti pubblici e privati che possono e devono contribuire ai

risultati;

• la riduzione delle strutture centrali, al fine di liberarle dei compiti operativi,

riqualificando le risorse verso quelle funzioni di programmazione e progettazione con gli

altri soggetti che operano sulla città.

Inoltre, sul piano strutturale va sottolineata l’istituzione dell’Unità di Progetto Piano della

città, a cui è stato attribuito il compito di supportare la giunta comunale nella gestione e

nell’aggiornamento aggiornamento del piano strategico, coordinando direttamente i

principali progetti di tipo urbanistico e infrastrutturale che si sviluppano sul territorio

cittadino, interfacciandosi con i competenti uffici comunali e delle altre istituzioni

pubbliche locali e nazionali nonché con i soggetti privati coinvolti. A questi interventi di

tipo strutturale è stato associato un quarto aspetto relativo allo sviluppo degli strumenti di

pianificazione e controllo. È infatti attraverso tali strumenti che si può assicurare il

coordinamento e l’integrazione di un’organizzazione sempre più aperta rispetto

all’ambiente esterno e decentrata, sul territorio e attraverso aziende ed istituzioni

specifiche. Oltre alla costruzione e gestione del Piano della città, lo sviluppo dei sistemi di

pianificazione e controllo ha visto una crescente cura nella predisposizione e gestione degli

strumenti di programmazione triennale quali il bilancio triennale e la relativa Relazione

Previsionale e Programmatica ed il Piano Triennale dei Lavori Pubblici, e la realizzazione

di una procedura di budgeting e gestione per obiettivi (assegnati dalla Giunta ai dirigenti),

annuale, e con controllo trimestrale sia delle grandezze di ordine finanziario che degli

indicatori di efficacia, efficienza e qualità rispetto alle principali linee di attività.

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2.7.5 Il piano della Città di Genova 2002

Il Piano del 2002 ha consentito di pervenire ad una maggiore strutturazione degli strumenti

di pianificazione strategica e della loro integrazione con gli strumenti di pianificazione

gestionale ed operativa. In particolare il Piano della città è stato impostato su un orizzonte

temporale al 2010, ed è stato articolato secondo 7 linee strategiche:

• “Città di tutti ”, comprendente obiettivi volti a promuovere attivamente la persona nelle

diverse fasi della vita;

• “Città della qualità”, comprendente obiettivi volti a realizzare la riqualificazione urbana

ed il riequilibrio del territorio;

• “Città dell’economia e del lavoro”, comprendente obiettivi volti a realizzare lo sviluppo

compatibile e dell’occupazione;

• “Città superba”, comprendente obiettivi volti a valorizzare il patrimonio storico della

città al fine della comunicazione e marketing;

• “Capitale portuale”, comprendente obiettivi volti a sviluppare il sistema portuale e le

infrastrutture;

• “Capitale della cultura”, comprendente obiettivi volti ad assicurare all’evento Capitale

Europea della Cultura 2004 10 un impatto strutturale e duraturo per identificare Genova

quale città d’arte;

• “La gestione della città”, comprendente obiettivi volti alla valorizzazione della

partecipazione e alla razionalizzazione delle strutture organizzative, di erogazione dei

servizi e dell’impiego delle risorse patrimoniali e finanziarie direttamente disponibili, in

funzione delle altre linee strategiche.

10 Per un approfondimento: http://mediterranee.revues.org/2840#abstract

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Complessivamente le 7 linee strategiche sono state sviluppate attraverso 35 obiettivi (qui

sotto gli obiettivi della prima linea strategica: “Città di tutti”).

Tabella 7 - Azioni della linea strategica n.1: “Città di tutti”, Il Piano della città di Genova 2002.

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I documenti di programmazione finanziaria e di budgeting fanno riferimento

sostanzialmente alle risorse di stretta competenza comunale, per cui non considerano

organicamente gran parte delle risorse di origine privata o di altre amministrazioni che

comunque concorrono in misura rilevante, quando non preponderante, al conseguimento

degli obiettivi e alla realizzazione delle azioni del Piano della città. L’aspetto più

importante della ricerca di coerenza fra i tre livelli di programmazione e dell’impegno a

realizzare l’integrazione fra gli strumenti (Piano della città ; bilancio pluriennale e budget

annuale del Comune) è, quindi, proprio relativo al sostegno del programma ed al richiamo

alla responsabilità e adeguatezza di comportamenti che i principali soggetti che

intervengono nei sistemi decisionali (Consiglio e Giunta) e gestionali (dirigenti) mettono

gradualmente in atto per assicurarne lo sviluppo.

2.7.6 La navigazione strategica

La natura concertativa della pianificazione strategica di una grande città come Genova

mette in primo piano l’aspetto processuale della stessa. Il concorso di più soggetti

istituzionali autonomi, unitamente alla complessità degli obiettivi e delle azioni, (sotto i

diversi aspetti: tecnico/normativo, dimensione delle risorse economiche, pluralità degli

interessi,ecc.) richiede un continuo intervento di adeguamento che coinvolge i livelli

decisionali e gestionali. I vincoli e le opportunità difficilmente possono essere definiti una

volta per tutte e richiedono, per essere affrontati e colti con efficacia, flessibilità tattica,

attenzione costante, e l’esercizio di idonee capacità di leadership. Per rispondere a tale

esigenza di aggiornamento continuo, si è deciso di intervenire sulle modalità di lavoro

della Giunta comunale: le riunioni settimanali della Giunta costituiscono, infatti, l’ambito

di regolazione del processo di programmazione strategica, dal momento che sono

occasione non solo per prendere decisioni formalizzate (Deliberazioni) ma anche per

acquisire informazioni, approfondire ed effettuare verifiche rispetto agli obiettivi di fondo

che l’Amministrazione comunale persegue.

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89

Pertanto, accanto alla tradizionale verbalizzazione formale delle riunioni di Giunta è stata

introdotta una verbalizzazione informale, a solo supporto del Sindaco e degli Assessori,

relativa agli argomenti trattati: ogni argomento viene sinteticamente descritto in termini di

contenuti ed attività da svolgere, indicando gli amministratori responsabili delle stesse e i

tempi di conclusione previsti. A partire dal 2004 gli argomenti sono stati suddivisi in tre

categorie: informativi, gestionali (propedeutici a provvedimenti di indirizzo ai dirigenti e

gli uffici), e programmatori. Questi ultimi costituiscono l’occasione per affrontare le

esigenze di regolazione e di adeguamento della pianificazione strategica, sia per risolvere

difficoltà sopravvenute, sia per cogliere nuove opportunità.

2.7.7 Pianificazione di medio-lungo periodo e stili di governance

L’esperienza genovese conferma che i progetti strategici per un’area metropolitana si

rivelano molto complessi sotto diversi aspetti (normativi, tecnici, economici) e soprattutto

in relazione alla composizione degli interessi in gioco. Nel momento in cui vengono

affrontati problemi di ordine trasversale che investono la generalità del territorio, della

popolazione e del sistema produttivo, occorrono stili di governance innovativi rispetto alle

tradizionali logiche di intervento, che tendono a focalizzare l’attenzione su segmenti

limitati dal punto di vista territoriale, settoriale, temporale o economico. Secondo queste

logiche:

• le problematiche di sviluppo socio-economico del territorio vengono affrontate

prevalentemente in ambiti circoscritti, in base alle attribuzioni di singoli enti ed istituzioni;

• gli aspetti di complessità gestionale interna prevalgono sulla progettualità diffusa, e

pertanto ogni problematica specifica viene affrontata attraverso l’applicazione di

appropriate soluzioni organizzative;

• l’interazione tra enti del settore pubblico viene disciplinata esclusivamente nell’ambito

del quadro normativo ed istituzionale che regola una determinata materia e gli accordi tra i

diversi soggetti coinvolti si basano esclusivamente su strumenti e procedure formali

previsti dalla normativa;

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90

• il rapporto tra pubblico e privato vede tendenzialmente il primo in posizione di

supremazia sul secondo. Comunque sia, il settore privato viene soprattutto visto come

destinatario di politiche ed interventi definiti dal settore pubblico. È molto raro il

coinvolgimento attivo del privato, secondo una logica di corresponsabilità con il settore

pubblico, nella pianificazione e nell’attuazione delle politiche pubbliche sul territorio.

La pianificazione di medio-lungo periodo, invece, impone uno stile di governance nel

quale il coinvolgimento dei principali soggetti che rappresentano il tessuto istituzionale

economico e sociale nell’identificazione dei problemi e delle soluzioni diventa

indispensabile per assicurare adeguato e coerente sviluppo nel tempo agli interventi. Tale

coinvolgimento deve essere dinamico e processuale, conquistato sul campo in termini di

governance , attraversare i confini fra le diverse istituzioni pubbliche e gruppi di interesse,

e non può contare su soluzioni dirigistiche stabilite una volta per tutte. Con ciò non si

vuole comunque negare l’importanza di momenti di impostazione e verifica esplicitamente

scanditi, quali le conferenze strategiche. Pertanto, per il positivo sviluppo del processo

diventa fondamentale la capacità di governance da parte dei vertici istituzionali, che

devono essere in grado:

• da un lato, di promuovere, nell’ottica degli interessi generali, il merito dei problemi e dei

risultati da conseguire;

• dall’altro, di assicurare il rispetto delle specifiche prerogative delle istituzioni coinvolte e

dei loro organi.

La delicatezza dei processi decisionali connessi con le scelte strategiche richiede uno

specifico “stile di governance ”:

• attento ed adeguato, contestualmente, rispetto agli aspetti, politici, economico-

imprenditoriali e giuridico-amministrativi;

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91

• capace di praticare l’innovazione e la collaborazione progettuale, trasversalmente rispetto

ai diversi ambiti istituzionali e di rappresentanza sociale, senza creare “incidenti di

percorso” che possano bloccare il processo.

La sedimentazione delle azioni e delle esperienze positive di questo tipo è particolarmente

importante perché crea una nuova identità propulsiva fra i diversi soggetti che possono

agire sullo sviluppo cittadino: in tal modo si costruisce la base per superare sia gli

orientamenti verso le “posizioni di rendita”, sia le eventuali identità settoriali,

tendenzialmente di tipo collusivo anziché progettuale. Il piano strategico della città di

Genova racchiudeva al suo interno delle forti connotazioni high-tech, in questa sede, già si

teneva in considerazione l’operato del Dixet, del Progetto Leonardo inerente al Parco

Scientifico Tecnologico degli Erzelli e anche della nascita di IIT, che ricordiamo, è attivo

dall’ottobre del 2005.

Page 92: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

92

2.8 Premessa sul paragrafo successivo

Volendo analizzare nello specifico l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (IIT), risulta

necessario osservare le basi strutturali su cui l’economia dell’innovazione genovese si

fondava in precedenza, mi riferisco al distretto High-Tech già esistente, ma anche al Dixet

(Distretto di Elettronica e Tecnologie Avanzate di Genova11) e al Programma Leonardo da

Vinci 12 (che include la creazione del Parco Scientifico Tecnologico degli Erzelli).

2.9 La storia del Distretto High-Tech Genovese

Il distretto tecnologico di Genova affonda le proprie radici nella sua tradizione industriale

che, a partire da fine Ottocento ha contribuito allo sviluppo industriale della Regione e del

Paese intero. In particolare la grande impresa a partecipazione statale ha avuto a Genova

un ruolo determinante nell’ultimo dopoguerra, coprendo settori quali l’energia,

l’impiantistica, la siderurgia e la cantieristica. A partire dagli anni Ottanta tale impresa ha

affrontato una profonda crisi strutturale a seguito della quale hanno preso gradualmente

spazio nuove attività tecnologiche legate all’automazione industriale, all’elettronica ed alle

telecomunicazioni.

Tali imprese di fatto sono nate dalle ceneri delle grandi industrie presenti in Liguria:

• costruzioni navali;

• elettromeccanica;

• siderurgia;

• produzioni militari;

• trasporti elettrificati, ecc.

11 Per un approfondimento sulla mission del Dixet si veda: http://www.dixet.it/index.php?P=4.

12 http://programmaleonardo.net

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93

Rispetto all’iniziale specializzazione tecnologica basata sull’elettronica industriale e

sull’automazione di processo, la specializzazione tecnologica si è gradualmente allargata

verso l’elettronica per telecomunicazioni, l’informatica, il biomedicale, i servizi, il

software, l’information technology e l’e-commerce.

Oggi, dunque, esistono sul territorio realtà profondamente diverse: grandi società già a

partecipazione statale, importanti aziende che fanno capo a gruppi multinazionali, piccole e

medie società private, spin-off industriali ed universitari e giovani imprese innovative.

Inoltre, la provincia di Genova, e in generale la Regione Liguria, ha avuto da sempre un

ruolo chiave nel sistema dei trasporti e della logistica Nazionale ed Europea grazie alla sua

localizzazione sul territorio, che costituisce una cerniera nelle relazioni nazionali ed

internazionali che si evidenzia nei volumi di traffico che raggiungono i tre porti principali.

2.10 La vocazione tecnologica del distretto genovese

La scelta di creare a Genova un distretto HT basato sui sistemi intelligenti integrati deriva

da diverse considerazioni. In Liguria esiste un sistema produttivo flessibile basato su un

numero elevato di piccole-medie imprese e si sono sviluppati alcuni comparti produttivi a

medio e alto contenuto tecnologico (es. energia, meccanica, strumentazione, robotica,

microelettronica, tecnologie biomedicali, ecc.), dove la produzione si colloca su posizioni

d’avanguardia a livello internazionale. Inoltre, tenendo conto dell’originaria

specializzazione dell’area nel settore dei trasporti e della logistica, è stata avvertita la

necessità di creare un distretto incentrato non su un’unica tecnologia, ma su un settore

verso il quale far convergere più tecnologie, prevalentemente di tipo informatico,

elettronico, telematico e robotico.

La materia del distretto è dunque quella del trasporto e della logistica, con attenzione

mirata agli aspetti marittimi e portuali, vera e significativa peculiarità genovese. Proprio

per la presenza in Liguria di un know-how tecnico scientifico e di attività industriali che

gravitano intorno ad attività marittime e portuali, e per la sensibilità nell’ambito dei temi

legati al mare e alla navigazione è nata la proposta di porre la Liguria come centro di

riferimento nell’area delle tecnologie sopracitate, valorizzando le conoscenze e le

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94

professionalità che nei vari comparti pubblici e privati, si sono sviluppate e accumulate. Lo

sviluppo di tali tecnologie infatti rappresenta per la Regione un percorso privilegiato

rispetto ad altre tematiche quali le ICT e le nano - biotecnologie, sulle quali il numero di

possibili competitors è certamente maggiore.

Le motivazioni della costituzione a Genova di un distretto HT possono essere ricondotte a

due:

• quasi tutte le imprese liguri operavano per progettare sistemi, sia quelle ICT sia quelle

più manifatturiere; ne consegue una vocazione aperta alla moderna tecnologia ICT;

• la presenza di eccellenza nei diversi settori dei sistemi intelligenti in ambito accademico,

come conseguenza di una lunga tradizione fondata sulla ricerca scientifica.

Nel luglio del 2003 la Regione Liguria, l’Università di Genova, la Camera di commercio di

Genova, il Parco Scientifico Tecnologico della Liguria 13 e Dixet (vedi successivamente)

hanno firmato un protocollo d’intesa per la realizzazione di un distretto High-Tech ligure

sui “Sistemi intelligenti integrati” nel settore dei trasporti e della logistica.

Nel settembre del 2004 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa con il MIUR; esso

prevedeva la nascita di una società mista (50% pubblica, 50% privata) per la gestione dei

progetti del distretto prevedendo un finanziamento iniziale di 30 milioni.

Il Parco scientifico Tecnologico della Liguria è una società senza fini di lucro, che ha tra i

propri compiti specifici la promozione, la realizzazione e il coordinamento delle iniziative

dirette a favorire in Liguria l'aggregazione di attività di ricerca, formazione e servizi, quali

fattori determinanti dei processi innovativi e del trasferimento di tecnologie al sistema

produttivo, utilizzando e valorizzando le risorse scientifiche e tecnologiche esistenti sul

territorio regionale e favorendo lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.

13 http://erzelli.it/.

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95

In particolare, le sue competenze sono:

• favorire l’innovazione tecnologica nelle piccole-medie imprese liguri al fine di

migliorarne l’efficienza interna e la competitività;

• rafforzare la relazione tra ambiente accademico della ricerca e il tessuto delle imprese

locali;

• valorizzare il patrimonio scientifico e tecnologico esistente all’interno della Regione;

• diventare un punto di riferimento per lo sviluppo, la promozione e la valorizzazione dei

poli tecnologici in Liguria;

• diffondere i risultati ottenuti dall’attività svolta;

• favorire la diffusione dell’innovazione: promuovendo momenti di confronto con i

rappresentanti del sistema produttivo regionale e scambio di conoscenze-esperienze tra il

sistema locale e altre realtà a livello nazionale ed internazionale.

2.11 La storia del Dixet

Rispetto alla vocazione industriale del ‘900 (siderurgia, cantieristica, impiantistica) il focus

tecnologico dell’industria genovese si è progressivamente spostato verso l’elettronica

industriale e l’automazione di processo e, più recentemente, verso l’elettronica per

telecomunicazioni, l’informatica, il biomedicale, il software, l’information technology e

Internet. Nel gennaio 2000, la Provincia di Genova ha promosso un primo studio di

fattibilità sul comparto della “Elettronica e tecnologie avanzate”, che si concluse con

l’organizzazione di un Convegno, durante il quale venne evidenziato il totale consenso

delle imprese coinvolte ad aderire ad una iniziativa di tipo ‘distrettuale’. Nel giugno 2000,

si costituì il Comitato Promotore, espressione delle diverse realtà imprenditoriali coinvolte

(grandi imprese, P-M imprese, neo-imprese) con l’adesione di 76 di esse.

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96

Nel novembre 2000 venne convocata presso la Camera di Commercio di Genova,

l’Assemblea Generale delle imprese aderenti all’iniziativa (salite, nel frattempo a 120), che

approvò le proposte presentate dal Comitato Promotore e deliberò di dar vita

all’Associazione no-profit “Distretto Elettronica e Tecnologie Avanzate di Genova – Club

d’Imprese”, successivamente conosciuta con l’acronimo di Dixet 14. Nel febbraio 2001

venne stipulato l’atto di nascita della nuova Associazione, che si diede per finalità

“…la promozione ed il coordinamento delle attività e delle iniziative finalizzate allo

sviluppo delle imprese che operano nei settori dell’elettronica e delle tecnologie

avanzate…”.

Nel giugno 2001, la Giunta regionale della Liguria ha approvato la personalità giuridica di

diritto privato dell’Associazione Dixet.

Ricordiamo che la tradizione di Genova è, da sempre, legata alla grande industria pesante e

al porto, ma dopo un periodo di declino, è rifiorita sia grazie ai pilastri industriali sui quali

ha appoggiato in passato sia attraverso nuove realtà industriali, quali quelle dell’High-

Tech. Ecco, allora, che grazie alla capacità di lavorare alla riconversione di un patrimonio,

il nuovo si è rigenerato da una tradizione antica. E’ in questa ottica che l’innovazione deve

essere vista come elemento necessario al raggiungimento di nuovi obiettivi, in uno

scenario industriale certamente diverso rispetto al passato. Oggi il settore dell’High-Tech

è in forte espansione, sta creando nuove opportunità di occupazione ed in tale direzione

deve andare lo sforzo comune, nella costante ricerca di soluzioni che favoriscano un

rapporto collaborativo tra industria tradizionale e nuove attività. Su questo percorso si

pone Dixet, che raggruppa oltre 110 aziende di cui oltre l’80% è rappresentato da piccole e

medie imprese che operano nei settori dell’elettronica, robotica, meccatronica, informatica,

telecomunicazione e biomedicale.

14 Per maggiori informazioni sulla storia del Dixet: http://www.dixet.it/index.php?P=44

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97

Nel corso della sua attività Dixet è stato protagonista di importanti iniziative, facendo

emergere un tessuto industriale che era in parte sconosciuto, ma che rappresentava e

rappresenta tuttora un tassello fondamentale nella struttura economica di Genova e della

Liguria.

Il Distretto costituisce una struttura innovativa anche perché non si tratta del tradizionale

Distretto italiano che nasce dalla corporazione di più aziende, operanti nel medesimo

settore con una relazione di tipo artigianale, ma sono, viceversa, tante, diverse, realtà che

ruotano intorno ad un punto di eccellenza. Obiettivo principale di Dixet è di creare una

massa critica in grado di produrre innovazione, una concentrazione di risorse e di capacità

scientifiche, formative e tecnologiche proprie dei distretti tecnologici o, per meglio dire,

dei technology village, così come sta avvenendo in altri Paesi europei.

L'Associazione del Dixet è apolitica e apartitica, non ha fini di lucro e si pone come

obiettivo di operare nell'ambito della provincia di Genova. Dixet intende valorizzare il

patrimonio costituito dalle imprese ad alta tecnologia che già oggi operano nell'area

metropolitana di Genova e contribuire concretamente allo sviluppo di un nuovo tessuto

produttivo, promovendo i seguenti aspetti:

• la crescita del potenziale umano, in modo da allineare l'offerta formativa con la domanda

delle imprese per professionalità ad alto livello di qualificazione;

• il recupero e la trasformazione di aree industriali dismesse per l'insediamento di nuove

imprese high tech;

• lo sviluppo di reti telematiche e servizi avanzati, in grado di favorire le sinergie e la

cooperazione tra le imprese del distretto;

• l’attivazione di processi di technology transfer e la creazione di laboratori congiunti tra

le imprese, l'Università e gli enti di ricerca;

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98

• la promozione del distretto e delle sue imprese in ambito nazionale, europeo ed

internazionale;

• il collegamento e collaborazione con altri distretti e poli tecnologici italiani ed europei.

Dixet costituisce un formidabile volano tecnologico per il sistema economico di Genova e

della Liguria ed intende contribuire a trasformare la costa Nord del Mediterraneo in un'area

preferenziale per la localizzazione di imprese e centri di ricerca ad alta tecnologia.

Alcuni Dati:

• Numero imprese High-Tech della provincia di Genova: 2418 (fonte Istat);

• Totale addetti High-Tech della provincia: 14780 (fonte Istat);

• numero di imprese del DHT: 150 (fonte locale);

• numero di addetti del DHT: 7500 (fonte locale);

Il distretto genovese, localizzato prevalentemente nell’area Sestri Ponente-Valpolcevera,

conta circa 7.500 addetti (di cui il 75% circa operante presso grandi imprese e il 25% circa

presso piccole e medie imprese) che operano in circa 150 imprese, tra le quali alcune di

grande rilevanza nazionale ed internazionale (es. Marconi, Esaote, Elsag, Piaggio Aero

Industries, Siemens Automation) ma per la maggior parte di dimensioni medie e piccole. In

particolare, una decina di imprese sono di grandi dimensioni (con più di 200 addetti),

mentre la grande maggioranza delle aziende sono medie (tra i 50 e i 200 addetti), piccole

(tra i 10 e i 49 addetti) e micro-neo imprese (con meno di 10 addetti). Tali imprese hanno

come comune denominatore la matrice tecnologica nel settore delle ICT, ma operano in

vari settori: dall’elettronica e microelettronica all’informatica, dall’automazione e robotica

alle telecomunicazioni. Entro il 2021, dice il presidente del Dixet Carlo Castellano:

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99

«…Vogliamo stabilire 190 imprese d’alta tecnologia con oltre 21.000 addetti entro il 2021

a Genova. Questa è la sfida dell’High-Tech a Genova e in Liguria…»15

2.12 Il parco scientifico tecnologico degli Erzelli: una Silicon Valley in Liguria?

Tanti paesi hanno tentato di replicare una Silicon Valley a casa loro. Sono stati tanti i casi

di cloni, più o meno fortunati, da Shanghai e Singapore, da Bangalore e a Seoul. Genova

prova a diventare un polo d'attrazione di cervelli, per invertire la fuga dei talenti dall'Italia.

Quello che però a Genova hanno capito alcuni imprenditori visionari, è che l'esperimento

ha bisogno di un'alleanza solida tra pubblico e privato, che la ricerca scientifica ha la

necessità di instaurare un dialogo con il mondo dell'impresa, che un polo di sviluppo

scientifico-tecnologico ha bisogno di unire colossi multinazionali e minuscole start-up

create dai giovani, e infine che tutto il territorio debba sentirsi coinvolto e partecipe nella

sfida.

La spianata degli Erzelli, un'altura che domina le colline adiacenti all'aeroporto Cristoforo

Colombo, sta prendendo forma e solleva la testa dopo cinque anni di crisi, guardando

molto lontano, progetta e costruisce una nuova vocazione globale. L'orizzonte è ampio, si

spinge fino a includere il progetto "Genova 2021, città della tecnologia". Per forza

un'operazione simile deve avere respiro lungo. Questa nasce dalla creatività di alcuni

"grandi vecchi" (over-70) e già passa le consegne a una generazione di trentenni.

Giuseppe Rasero, direttore del Parco Scientifico e Tecnologico di Genova High-Tech

afferma:

15 Tratto da: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/05/18/APL6TkXC-dixet_imprese_tech.shtml.

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100

«…in una città che ha perso 200.000 abitanti nell'ultimo ventennio, noi ne riportiamo già

15.000, facendoli venire dal mondo intero…» 16.

Due realtà già ben visibili sono i palazzi che ospitano i laboratori di ricerca costruiti da

Ericsson (azienda svedese leader nel mondo delle telecomunicazioni) e dalla Siemens

(azienda tedesca che si occupa di energia e telecomunicazioni), la prima delle quali ha

trasferito 950 persone, la seconda 750. Seguirà ben presto Esaote, il gioiello

multinazionale di Castellano, che produce elettronica per apparecchi biomedici. La

giapponese Toshiba è in trattative per insediare qui un altro centro di ricerca.

Il Parco Scientifico e Tecnologico è un costante work in progress, un cantiere aperto in

costante evoluzione, un'opera aperta, con pezzi che si aggregano di volta in volta. Siamo su

un'altura a 120 metri sul livello del mare, esposta a Sud. L'area è davvero immensa, quasi

sorprendente per una città avara di spazio come Genova. Non a caso, prima quest'area fu

adibita a deposito di container. 440.000 metri quadri, di cui oltre 220.000 destinati al verde

pubblico: la definizione di Parco non è usurpata. Proprio perché una vera Silicon Valley

deve essere altamente vivibile, deve sprigionare fascino verso i giovani talenti da tutto il

mondo intero: qui sorgeranno un lago, una pista per correre di 10 km, diversi campi

sportivi all'aperto, palestre per fitness, ristoranti multietnici, asili nido, librerie, negozi di

musica. La sola area verde e ricreativa occuperà lo spazio di dieci campi di calcio. Per i

collegamenti con Genova, dovrà entrare in funzione una funivia-cabinovia dalla nuova

stazione ferroviaria che servirà anche l'aeroporto. La questione dei trasporti è vitale perché

entro pochi anni si trasferirà qui tutta la facoltà di Ingegneria dell'università di Genova.

16 Tratto da: Rampini F. Erzelli: Come la Silicon Valley, ecco il Parco del futuro, 12/08/2013, La Repubblica.

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«…Con 84.000 metri quadri dedicati tutti all'insegnamento e alla ricerca - dice il

direttore dei lavori - l'università diventerà parte di un ecosistema capace di stimolare la

creatività e l'innovazione attraverso l'incontro diretto tra scienziati, tecnologi, studenti,

manager, imprenditori. Nascerà un gigantesco incubatore di idee, investimenti,

occupazione qualificata. È proprio questa fertilizzazione incrociata, tra pubblico e privato,

tra ricerca pura e applicazioni produttive, quella che finora tanti giovani italiani erano

costretti a cercare all'estero…» (F. Rampini, 2013).

Sono pochi i Parchi che uniscono scienza pura e industria. Pochissimi di dimensioni così

vaste e nati dal nulla: il PST di Genova è tra i primi 20 del mondo, capace di competere

con il celebre Sophia Antipolis, citato in precedenza, sulla vicina Riviera francese.

Elisabetta Migone, ingegnere meccanico, si occupa dei progetti di start-up, del Talent

Garden che si aprirà ai giovani per il coworking, e degli accordi internazionali: l'hanno

mandata a lungo a studiare poli tecnologici su altri continenti, da Pechino a Boston.

«…Anche per le multinazionali straniere è preziosa la vicinanza di giovani creativi…» -

dice E. Migone . «…This is the future, questo è il futuro…», hanno commentato i top

manager svedesi vedendo Erzelli.

Elisabetta Migone va spesso in Cina anche per seguire un progetto che sta molto caro a

Rasero: integrare alle altre attività che sorgono qui a Erzelli un polo medico. La Regione

Liguria sta già progettando di creare un nuovo ospedale di ricerca proprio su questa

collina, e gli investitori cinesi sono interessati proprio a tale progetto.

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La parte più delicata e avveniristica del Parco è quella che riguarda l'incubatore di start-up.

Due trentenni come Maria Silva ed Elisabetta Migone sono naturalmente già in contatto

con realtà interessanti come la Fondazione Mind the Bridge17 (quella che porta i giovani

innovatori italiani nella palestra-incubatore di San Francisco), sono consapevoli del rischio,

presente soprattutto in Italia, di trasformare le start-up in un fenomeno mediatico, più

marketing che sostanza.

"Bisogna concentrarsi sulla sostanza e selezionare progetti che abbiano una vera

consistenza industriale, una competenza dimostrabile". (Maria Silva).

Aiuta il fatto che Genova abbia avuto tante eccellenze tecnologiche, solo in parte colpite

dalla crisi. E non è un caso che questo Parco di Erzelli stia decollando proprio mentre dalla

parte "antica" della città, il porto di Genova, si moltiplicano i segnali di ripresa dell'export

Made in Italy. Certo, dalla nascita di Genova High Tech (di cui parleremo nel paragrafo

successivo) nel 2003 sono passati dieci anni, dalla firma del primo accordo con l'università

(2007) ne sono trascorsi sei. Sono tempi quasi storici, rispetto alla velocità del

cambiamento in Cina o in California. I soci tutti privati di GHT hanno già investito 1,5

miliardi di Euro, la facoltà di Ingegneria si è fatta pregare molto, prima di rassegnarsi a

lasciare la sua sede storica nel pieno centro città: "elegante, affascinante, perfino

romantica - la definisce Maria Silva - ma poco adatta a fare ricerca avanzata”.

17 http://mindthebridge.org/

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2.13 Evoluzione cronologica del Parco Scientifico Tecnologico degli Erzelli

Agli inizi degli anni 2000, un gruppo d'imprenditori e manager liguri riuniti sotto

l'associazione DIXET (di cui abbiamo precedentemente parlato) costituiscono la società

Genova High-Tech (GHT) S.p.A finalizzata proprio alla realizzazione del polo tecnologico.

La società viene capitanata da Carlo Castellano, amministratore delegato di Esaote Spa e

da Giuseppe Rasero, ex dirigente dell'IRI. Nella società sono presenti, tra le altre, quote di

Intesa San Paolo, Banca Carige, Aurora Costruzioni, Coop Liguria, Prometeo Srl di

Giuseppe Rasero, Talea SpA ed EuroMilano Spa, la società immobiliare che ha progettato

il campus universitario Bovisa del Politecnico di Milano nella zona nord del capoluogo

lombardo.

• Nel 2003 Genova High Tech firma un impegno d'acquisto dell'area degli Erzelli da Aldo

Spinelli, allora proprietario dell'area che usava per il deposito container. Nel 2006 viene

conclusa la vendita, con il versamento di 39 milioni di euro.

• Nell'ottobre 2006 è stato siglato l’accordo di pianificazione tra Regione Liguria,

Provincia e Comune di Genova, che approvava la variante urbanistica inerente l’intera area

di Erzelli.

• Nel dicembre 2006 viene sottoscritto un "atto d'intenti" tra Regione Liguria e Università

di Genova per ottenere risorse per la Facoltà di Ingegneria a Erzelli.

• Nell'aprile 2007 viene firmato un'accordo di programma tra Comune di Genova, Regione

Liguria, Università di Genova e Genova High-Tech che prevede la costruzione del parco

tecnologico con ampi spazi per aziende high tech, oltre al trasferimento della Facoltà

d'Ingegneria dell’Università di Genova e di alcuni laboratori del CNR.

• Da aprile 2009 hanno il via i lavori di costruzione del Parco Scientifico Tecnologico,

chiamato PST "Leonardo Da Vinci".

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Il progetto del nuovo Parco Scientifico Tecnologico di Genova prevede, oltre alla

realizzazione di una nuova sede per la Facoltà d'Ingegneria dell’Università di Genova, la

costruzione di edifici per centri di ricerca e aziende high tech come Siemens ed Ericsson, la

creazione di un parco urbano con strutture ricreative, servizi commerciali e culturali,

laboratori e residenze per studenti e ricercatori. Il parco tecnologico sarà interamente

connesso ad una rete wi-fi a banda larga.

• Nel corso del 2012 altre entità scientifiche e industriali hanno espresso la propria volontà

di considerare un eventuale trasferimento agli Erzelli. Tra queste, il Consiglio Nazionale

delle Ricerche (CNR) nonché la giapponese Toshiba.

• Nel maggio 2012 effettua il trasferimento agli Erzelli la sede genovese della

multinazionale Ericsson.

• Nel luglio 2012 il Consiglio d'Amministrazione dell’ateneo genovese ha espresso parere

negativo al trasferimento per la Facoltà d'Ingegneria dell’Università di Genova per

problemi di copertura economica dell'operazione. Tuttavia nei mesi successivi si sono

rimesse in moto le trattative tra Regione Liguria, Università di Genova e Genova High-

Tech per migliorare le condizioni per il trasferimento della facoltà ingegneristica presso la

collina del ponente cittadino. Il rettore dell'Università di Genova ha annunciato che una

decisione definitiva sarà presa entro la primavera 2013.

• Nel luglio 2013 anche Confindustria Genova ha ribadito il pieno appoggio all'operazione

Erzelli.

• A fine luglio 2013 è arrivata la formale accettazione da parte del senato accademico

dell'Università di Genova per il trasferimento della facoltà d'ingegneria ad Erzelli. Il 31

luglio 2013 a Roma, Regione Liguria, Università di Genova, Comune di Genova, Agenzia

Nazionale Invitalia e Ministero per lo Sviluppo Economico hanno ufficializzato e

sottoscritto l'accordo definitivo per il via libera al progetto.

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• Nell'estate 2013 il progetto del Parco Scientifico Tecnologico sembra aver preso

definitivamente forma, e il suo interesse aumenta sia tra la popolazione genovese sia, di

conseguenza, nella carta stampata. In quel periodo, il giornalista e saggista Federico

Rampini pubblica sul quotidiano “la Repubblica” un reportage sul progetto Erzelli, in cui

tra le altre cose scrive:

«Diversi segnali mi sembrano incoraggianti: lo spirito di cooperazione tra pubblico e

privato, l'incrocio fra ricerca pura e applicazioni industriali, l'alleanza fra "grandi vecchi"

come Carlo Castellano che sono custodi di un "know how" genovese, e una giovane leva di

manager cosmopoliti (tra cui molte donne trentenni). Insomma mi è parso che Erzelli sia

un caso in cui una serie di forze genovesi sono riuscite a pensare positivo, come si usa in

America». (F. Rampini, 2013).

• Nel dicembre 2013 viene aperta, presso il parco tecnologico degli Ezelli, una sede di

Talent Garden, dedicata al "coworking".

• Agli inizi del 2014 Roberto Cingolani, direttore scientifico dell' IIT (di cui parleremo

nello specifico), ha confermato l'intenzione del centro di ricerca scientifica da lui diretto di

aprire nel parco degli Erzelli un laboratorio dedicato alla robotica riabilitativa.

• A metà gennaio 2014 purtroppo un nuovo ostacolo si presenta di fronte al progetto. Una

sentenza dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP) stabilisce che il

trasferimento della Facoltà d'Ingegneria dell'Università di Genova necessita d'una gara

d'appalto a livello europeo.

• A fine gennaio 2014 anche la multinazionale tedesca Siemens ha trasferito la sua sede

genovese presso il parco tecnologico degli Erzelli.

• Nei mesi successivi gli attori coinvolti si sono impegnati per permettere all'Università di

Genova d'acquistare direttamente il terreno dove dovrà sorgere la Facoltà d'Ingegneria che

nel frattempo ha cambiato nome in "Scuola Politecnica". Riguardo al progetto, alcuni

docenti universitari hanno espresso dubbi sulla logistica e sul trasporto delle persone dal

centro città alla collina del parco.

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• Alla fine di Aprile 2014 è arrivato il parere positivo dell'Autorità per la Vigilanza sui

Contratti Pubblici (AVCP) sul trasferimento della Scuola Politecnica dell'Università di

Genova presso il parco tecnologico degli Erzelli.

Quando quindi gli ultimi dubbi di fattibilità del progetto sembrano essere sgomberati, a

sorpresa il preside della Scuola Politecnica (nonché candidato rettore dell'Università di

Genova) Fausto Massardo fa approvare in Consiglio di Facoltà un documento per bloccare

nuovamente il trasferimento della facoltà presso il polo tecnologico. Questa scelta

inspiegabile viene considerata da molti come una boutade elettorale, rischia purtroppo

d'aumentare ulteriormente i ritardi per i lavori di completamento del parco.

Nonostante i costanti ritardi, il Parco Tecnologico ha preso forma. Concludiamo il

paragrafo con un pensiero espresso da Rasero, che spiega il suo intento e le sue elevate

aspettative verso il parco tecnologico:

«…Alla fine, anche lo Stato e le sue Istituzioni stanno facendo la loro parte. Stiamo

riuscendo a pensare in grande, il nostro modello è un'intuizione come il Cern di Ginevra,

che i fondatori della Comunità europea vollero creare mezzo secolo fa e oggi sembra

quasi un miracolo. Noi qui stiamo creando le condizioni per una diversità notevole:

scientifica, economica, etnica, culturale. Se in questo Parco lavorano insieme l'impresa, la

ricerca ingegneristica, la medicina, il potenziale creativo sarà fantastico. Siamo in un

luogo ideale: tutti i trend demografici dicono che le élite di talento si spostano verso le

città, e verso il mare. Questo è un laboratorio che avrà rilevanza globale, non solo per

l'Italia…» 18.

18 Tratto da: Rampini F. Erzelli: Come la Silicon Valley, ecco il Parco del futuro, 12/08/2013, La Repubblica

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CAPITOLO 3

L’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT)

3.1 Prefazione al Capitolo

Il fulcro della tesi è analizzare come l’innovazione tecnologica possa incrementare il

fenomeno dello sviluppo locale e quindi generare benessere a livello sociale. Oltre agli

esempi già citati, il mio compito sarà analizzare l’Istituto Italiano di Tecnologia nato a

Genova circa dieci anni fa; essendo Ligure, ho avuto modo di entrare in contatto con IIT

personalmente, raccogliendo le informazioni necessarie (anche tramite una piccola

intervista) direttamente alla fonte. IIT è un esempio brillante di come Tecnologia, Sviluppo

Locale, Università e Benessere siano sì diverse variabili, ma tutte appartenenti alla stessa

equazione, per questo motivo, sarà dedicato molto spazio all’analisi dell’istituto, dalla sua

organizzazione interna al suo operato.

Immagine 1. L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, visto dall’ingresso.

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108

3.2 IIT: storia e l’intervento dello Stato italiano

L'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è un centro di ricerca scientifica statale, governato da

una Fondazione e creato per promuovere la ricerca scientifica in Italia. La sede scientifica

è a Genova, mentre conta diversi centri di ricerca distaccati e attivi in varie città italiane, in

collaborazione con diverse Università. Il direttore scientifico, nonché ideatore del progetto,

è il fisico Roberto Cingolani.

Per quanto riguarda l’intervento dello Stato per favorire lo sviluppo, va nominata la Legge

24 novembre 2003, n. 326. Tale legge, il cui titolo I riporta: “Disposizioni per favorire lo

sviluppo”, descrive direttamente l’Istituto Italiano di Tecnologia, la sua fondazione e gli

interventi strutturali necessari. Riporto direttamente l’articolo 4:

Legge 24 novembre 2003, n. 326. Articolo 4: Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) 1

1. E' istituita la fondazione denominata Istituto italiano di tecnologia (IIT) con lo scopo di

promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l'alta formazione tecnologica, favorendo

così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale. A tal fine la fondazione instaura rapporti

con organismi omologhi in Italia e assicura l'apporto di ricercatori italiani e stranieri

operanti presso istituti esteri di eccellenza.

2. Lo statuto della fondazione, concernente anche l'individuazione degli organi

dell'Istituto, della composizione e dei compiti, e' approvato con decreto del Presidente

della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri

dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze.

1 Tratto da: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/03326l.htm.

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109

3. Il patrimonio della fondazione e' costituito ed incrementato da apporti dello Stato, di

soggetti pubblici e privati; le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate

da contributi di enti pubblici e di privati. Alla fondazione possono essere concessi in

comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e

indisponibile dello Stato. Il trasferimento di beni di particolare valore artistico e storico e'

effettuato di intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e non modifica il regime

giuridico, previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni

demaniali trasferiti.

4. Al fine di costituire il patrimonio dell'Istituto Italiano di tecnologia, i soggetti fondatori

di fondazioni di interesse nazionale, nonché gli enti ad essi succeduti, possono disporre la

devoluzione di risorse all'Istituto fino a 2 anni dopo la pubblicazione dello statuto di cui al

comma 2, con modifiche, soggette all'approvazione dall'autorità vigilante, degli atti

costitutivi e degli statuti dei propri enti. Con le modalità di cui al comma 2, vengono

apportate modifiche allo statuto dell'Istituto per tenere conto dei principi contenuti negli

statuti degli enti che hanno disposto la devoluzione.

5. Ai fini del rapido avvio delle attività della fondazione Istituto italiano di tecnologia, con

decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il

Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di

entrata in vigore del presente decreto, sono nominati un commissario unico, un comitato

di indirizzo e regolazione ed un collegio dei revisori. Il commissario unico con i poteri

dell'organo monocratico realizza il rapido avvio delle attività della fondazione Istituto

italiano di tecnologia in un periodo non superiore a due anni dalla sua istituzione di cui al

comma 1 ed al termine rende il proprio bilancio di mandato.

6. Per lo svolgimento dei propri compiti il commissario unico e' autorizzato ad avvalersi,

fino al limite massimo di 10 unità di personale, anche delle qualifiche dirigenziali,

all'uopo messo a disposizione su sua richiesta, secondo le norme previste dai rispettivi

ordinamenti, da enti ed organismi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni ed integrazioni. Può avvalersi, inoltre,

della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di

università e di istituti universitari.

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110

7. Per le finalità di cui al presente articolo, la Cassa depositi e prestiti e' autorizzata alla

emissione di obbligazioni e alla contrazione di prestiti per un controvalore di non oltre

100 milioni di euro. Nell'ambito della predetta somma la Cassa depositi e prestiti e'

autorizzata ad effettuare anticipazioni di cassa, in favore del commissario unico nei limiti

di importo complessivi stabiliti con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze che

fissano, altresì, le condizioni di scadenza e di tasso di interesse.

8. Gli importi delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti al commissario

unico devono affluire in apposito conto corrente infruttifero aperto presso la Tesoreria

centrale dello Stato, intestato alla fondazione Istituto italiano di tecnologia e ne

costituiscono il patrimonio iniziale.

9. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, a decorrere dal 2005 e per un

massimo di venti anni, al rimborso alla Cassa depositi e prestiti dei titoli emessi, dei

prestiti contratti e delle somme anticipate, secondo modalità da stabilire con propri

decreti. Gli interessi di preammortamento, calcolati applicando lo stesso tasso del

rimborso dei titoli emessi, dei prestiti contratti o delle anticipazioni sono predeterminati e

capitalizzati con valuta coincidente all'inizio dell'ammortamento e sono corrisposti con le

stesse modalità, anche di tasso e di tempo.

10. A favore della fondazione, ai fini della sua valorizzazione, e' autorizzata la spesa di 50

milioni di euro per l'anno 2004 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005

al 2014.

11. Tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della fondazione e di conferimento

e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in

regime di neutralità fiscale.

Il punto 10 sicuramente è il più diretto: l’Istituto ha ricevuto dunque un finanziamento

dallo Stato Italiano di 50 milioni di euro per l’anno 2004, e 100 milioni di euro per

ciascuno degli anni dal 2005 al 2014.

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La legge 326/2003 ha scatenato numerose reazioni da parte dalla comunità scientifica,

politica e industriale Italiana, creando diverse fazioni: gli scettici, i favorevoli e i contrari,

successivamente saranno analizzati alcuni articoli di giornale e punti di vista discordanti.

3.2.1 Gli scettici

Sin dalla sua nascita, l'IIT ha ricevuto diverse critiche per l’ingente quantità di fondi

Statali, considerata da alcuni eccessiva rispetto alle dotazioni di altri Istituti Universitari e

di ricerca. Per un breve periodo il presidente del centro, Vittorio Grilli, è stato

contemporaneamente anche direttore generale del Ministero del Tesoro; per risolvere il

conflitto di interessi a dicembre 2011 Gabriele Galateri di Genola gli è subentrato. Dopo i

primi anni, numerose critiche sono inoltre cadute sull'IIT riguardo alla scarsità di risultati

rispetto all'alto numero di fondi pubblici ricevuti.

Così scrive Angelo Leopardi in un articolo per Leragioni.it nel novembre 2010:

«…Consideriamo uno dei dipartimenti, quello di robotica (Advanced Robotics), e

prendiamo come anno di riferimento il 2009. Risultano 52 pubblicazioni, di queste solo 9

sono articoli su riviste con revisione paritaria ("peer review"), 2 sono contributi su libro e

ben 41 sono articoli presentati a convegni. Se ripetiamo lo stesso esercizio per gli altri

gruppi di ricerca troviamo una situazione migliore. In totale nel 2009 i ricercatori IIT

hanno prodotto circa 200 articoli su riviste internazionali, un risultato sicuramente buono

anche se non eccezionale, considerando che, sommando i componenti di tutti i gruppi di

ricerca, si arriva a circa 300 persone. Passiamo alle richieste di brevetto: anche qui

abbiamo un risultato buono, ma sicuramente non sconvolgente: 12 richieste di brevetto nel

2009. Per comprendere questi numeri dobbiamo confrontarli con quelli di strutture di

ricerca con analoghi finanziamenti. I ricercatori del Politecnico di Torino (che ha un

Fondo di Finanziamento Ordinario poco superiore ai 100 milioni di euro / anno, quindi

quasi uguale a quello dell'IIT) hanno prodotto circa 700 articoli su rivista nell’anno 2009.

I brevetti sono stati 18… ». 2

2 Leopardi A. : Tratto da "Che fine ha fatto l’Istituto Italiano di Tecnologia? Una “storia italiana”", 2010-

11-08, Leragioni.it

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112

3.2.2 I favorevoli

L’economista Francesco Giavazzi, ha scritto nel 2003 su Corriere della sera:

«…Perché sia un successo, IIT deve superare molte difficoltà. Innanzitutto il rapporto con

le Università. Senza studenti un istituto di soli ricercatori diverrebbe presto sterile: ciò

significa collocarlo in una città dove c’è un'università eccellente. Genova, di cui si è

parlato, ha il vantaggio di un ambiente industriale fertile, frutto della tradizione di

imprese come Ansaldo, ma una Università non altrettanto vivace: forse meglio Pisa, dove

già esistono eccellenze, non solo alla Scuola Normale. Poi le aree di ricerca dalle quali

partire, poche, individuate tra quelle dove più alta è la probabilità di raggiungere in breve

la frontiera della ricerca - o perché già esistono in Italia laboratori eccellenti, o perché si

spera di convincere qualche ricercatore, non solo italiano, a spostarsi in Italia. Le

biotecnologie e la filiera della fisica, da quella teorica alla tecnologia dei materiali,

sembrano aree ovvie. Il rapporto con le imprese è particolarmente delicato: uno dei fattori

del successo è la possibilità di trasferire nuova tecnologia all'industria: questo richiede

imprese che sappiano utilizzare tecnologie di frontiera. Nella fisica dei materiali è

naturale pensare alla St. Microelectronics, una delle poche imprese europee (è una società

italo-francese) che regge la concorrenza dei colossi americani, Intel e Motorola. Ma vi è il

rischio che il rapporto con le imprese distorca il progetto: senza ricerca di base si fa

design o innovazione di processo, non scienza di frontiera, nella quale c’è cesura tra

ricerca astratta e ricerca applicata. Se IIT uscirà indenne dal Parlamento, la palla

passerà al mondo della ricerca: a quel punto la responsabilità dell'occasione sprecata

sarebbe in gran parte nostra. IIT deve essere visto come un’opportunità da cogliere, uno

strumento per far compiere un salto al paese, perché introdurrà la competizione nel

mondo dell'università e della ricerca e romperà lobby e baronie…». 3

3 Giavazzi F. : Tratto da”Una Cambridge anche in Italia”, 23-10-2003, Il Corriere della Sera.

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La posizione di Giavazzi è sicuramente più propositiva, anche se con qualche riserva. Egli

auspica all’impegno degli attori convolti nel creare un Istituto che possa davvero fare la

differenza, sul piano scientifico e occupazionale, descrivendo IIT come “un’opportunità da

cogliere”.

3.2.3 I contrari

Intervista al Prof. Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica (da parte di Giovanni Caparra,

4-11-2003, Il Corriere della Sera4):

«Professor Carlo Rubbia, le piace l’idea dell’IIT, il nuovo istituto per la ricerca applicata

previsto dalla legge finanziaria?»

«…Mi pare che non ci sia molta consapevolezza su che cosa significhi la nascita di un

organismo del genere: tutto è molto più complicato di quanto si immagina. Devo

constatare che c’è un silenzio assordante sugli altri enti italiani di ricerca già esistenti

come il CNR, l’istituto di fisica nucleare, lo stesso Enea. Per cominciare a raccogliere

qualche frutto da una istituzione nuova occorrerà una decina d’anni e intanto che cosa

succede agli altri enti? E poi perché crearne un altro se quelli già attivi possono fare le

stesse cose? Di questi, invece, non si parla più. Risolviamo i problemi che hanno ma

salviamo ciò che di buono offrono e sosteniamoli con una politica di sviluppo. Si destinano

100 milioni di euro l’anno al neonato organismo quando l’intero contributo dello Stato

all’Enea, 3.700 dipendenti e 10 laboratori, è di 200 milioni di euro l’anno. Che cosa poi

debba fare il fantomatico IIT è oscuro…».

«Dovrebbe svolgere una ricerca applicata... »

4 Giovanni Caparra, Intervista a Carlo Rubbia: No al Mit Italiano – Il Corriere della Sera- 4-11-2003

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«…La ricerca applicata è una banalità. Come diceva Einstein esistono soltanto le

applicazioni della ricerca. Prima, però, bisogna investire nella scienza fondamentale.

Oggi non avremmo l’ingegneria genetica se Watson e Crick non avessero scoperto

cinquant’anni fa la struttura del Dna. Puntare solamente alla ricerca applicata è un

grosso errore…».

«E allora su che cosa dobbiamo puntare?»

«Sui ricercatori. Nei discorsi che si ascoltano negli ultimi tempi ci si dimentica degli

uomini e delle donne che fanno ricerca. Inseguiamo modelli stranieri ma intanto da tre

anni sono bloccate le assunzioni e oggi l’età media di chi lavora è intorno ai 50 anni,

quindi fuori gioco. Nel frattempo ci sfuggono le nuove generazioni dalle quali nascono i

risultati. In altre parole, si è perso il fulcro della discussione».

«E poi su che cosa crede che bisognerebbe investire?»

«Sulle infrastrutture, gli strumenti, che nei nostri centri sono vecchi, superati e non ci

permettono di essere competitivi. Dobbiamo rimettere in funzione la ricerca pubblica,

riempire i laboratori di giovani e la messe fiorirà».

Il ministro Letizia Moratti ha varato una strategia della ricerca. Non è adeguata?

«Sono state formulate solo delle linee guida generali. Possono andare bene ma ancora non

c’è un vero piano destinato a precisare che cosa si vuol fare e, soprattutto, con quali

risorse. Quel piano, poi, dovrebbe nascere con il concorso degli scienziati e non fatto

scendere dall’alto. Così perdiamo tempo e andiamo indietro invece che progredire».

Il governo vuole arrivare per la fine della legislatura a spendere l’1% del Pil nella ricerca

pubblica, mentre un altro 1% dovrebbe essere garantito dal mondo privato...

Page 115: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

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«Mancano due anni alla fine della legislatura e non vedo cambiamenti in prospettiva

rispetto alle risorse attuali: alla fine rimarrà il solito 1%, tutto compreso. Nascondersi

dietro le difficoltà economiche internazionali non serve. I Paesi nordici sono nella stessa

condizione ma investono intorno al 3% e cifre altrettanto pesanti dedicano Francia,

Germania, Giappone e Usa. Ci siamo dimenticati che i ministri della ricerca europei a

Barcellona nel 2000 si sono impegnati ad arrivare in dieci anni ad una spesa, per l’Ue,

pari al 3% del Pil».

«Rinnovando le strutture, aprendo ai giovani e garantendo risorse potremmo emergere dal

fondo delle statistiche internazionali in cui ci troviamo per innovazione e competitività?»

«No. Ci vuole anche un cambiamento di metodo. In Italia si lavora con la mentalità del

singolo ricercatore. Invece, oggi, per vincere bisogna fare team. Poi occorre modificare il

modo di gestire la ricerca. Un esempio: nel ’99 l’Enea ha presentato un piano

sull’idrogeno che doveva essere finanziato con soldi recuperati dalle licenze per i cellulari

Umts. Erano stati garantiti 100 milioni di euro. Poi tutto si complicò e solo all’inizio di

quest’anno si è iniziata una valutazione, ma con disponibilità ridotta a un quarto.

Conclusione: si sono persi 4 anni. Un ricercatore impegnato su questo fronte che cosa

dovrebbe fare intanto?».

«Per migliorare le cose è utile cercare di riportare a casa gli scienziati italiani che lavorano

all’estero?»

«In nessun Paese straniero verrebbe in mente di lanciare un’operazione del genere. Io mi

preoccuperei soprattutto di quelli che sono in Italia. Abbiamo tanti cervelli eccellenti che

non hanno le possibilità di esprimersi: pensiamo a loro invece di rimpatriare uomini con il

miraggio di non far pagare le tasse per incentivarli. Pensiamo a non fare scappare quelli

che abbiamo, che essendo bravi vengono subito accettati all’estero dove fanno carriera.

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«E poi chi lavora all’estero cosa verrebbe a fare in Italia, senza risorse per la ricerca,

senza infrastrutture, senza un’organizzazione adeguata?».

3.3 IIT, Descrizione e composizione interna

La struttura di ricerca, presso la sede genovese, è articolata in vari dipartimenti e

laboratori5:

a. Robotica avanzata (Advanced Robotics);

b. scoperta e sviluppo di farmaci (Drug Discovery and Development);

c. neuroscienze e tecnologie del cervello (Neuroscience and Brain Technologies);

d. robotica, scienze cognitive, del cervello (Robotics, Brain and Cognitive Sciences);

e. nanochimica (Nanochemisty);

f. nanostrutture (Nanostructures);

g. nanofisica (Nanophysics);

h. analisi di modelli e visione automatica ("Pattern Analysis and Computer Vision");

i. Nikon Imaging Center (NIC@IIT), centro di microscopia ottica.

Immagine 2: Progetto Definitivo dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). 5 Per maggiori informazioni: http://www.iit.it.

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117

Dalla fondazione dell'istituto fino al 2010 è stato attivo anche un dipartimento di

Telerobotica, chiuso poi per il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. Sul piano

contrattuale, l'istituto ha scelto di seguire l'impostazione del Max Planck Institute tedesco:

per gli scienziati e i ricercatori non esistono posizioni a tempo indeterminato, ma soltanto

contratti con validità quinquennale, rinnovabili soltanto nel caso lo scienziato abbia

raggiunto gli obiettivi prefissati. L'amministrazione prevede un consiglio e un comitato

esecutivo. Il programma di dottorato di ricerca viene gestito dall'IIT insieme all'Università

di Genova.

3.4 Centri IIT nel mondo

I Centri IIT6 costituiscono uno strumento fondamentale per l’ampliamento del portafoglio

degli obiettivi di ricerca previsto dal piano strategico 2009-2011. Logisticamente si trovano

presso realtà accademiche e scientifiche di eccellenza e sono parte integrante

dell’organizzazione nazionale di IIT, permettendo così di collaborare, con personale di

ricerca proprio e strumentazione all’avanguardia, con il sistema di ricerca nazionale.

Tra i principali centri vi sono:

1. Center for Space Human Robotics IIT@PoliTo - Politecnico di Torino;

2. Center for Nano Science and Technology IIT@PoliMi - Politecnico di Milano;

3. Center for Genomic Science IIT@Semm - Istituto FIRC, Milano;

4. Center for Neuroscience and Cognitive Systems IIT@UniTn - Università di

Trento.

5. Brain Center for Motor and Social Cognition IIT@UniPr - Università di Parma;

6. Center for Nanotechnology Innovation IIT@NEST - Normale di Pisa;

7. Center for Micro-Biorobotics IIT@SSSA - Sant'Anna di Pisa;

6 http://www.iit.it/en/research/centers.html.

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8. Center for Advanced Biomaterials for Health Care IIT@CRIB - Università di

Napoli;

9. Center for Biomolecular Nanotechnologies IIT@UniLe - Università di Lecce;

10. Center for Nano Science IIT@Sapienza - Sapienza Università di Roma;

11. Laboratory for Computational and Statistical Learning IIT@MIT, Boston, U.S.A;

12. Laboratorio per lo Studio della funzione nervosa, Ospedale San Martino, Genova;

Nel resoconto relativo all'attività scientifica del 2012, curato dal direttore scientifico

Roberto Cingolani e pubblicato nell'estate 2013 sul sito web dell'Istituto, si annuncia

l'imminente avvio d'un nuovo laboratorio IIT presso il Dipartimento di Neurobiologia7

della Harvard University a Boston negli Stati Uniti. Nel Novembre 2013 un accordo di

collaborazione scientifica è stato firmato tra IIT e istituto scientifico russo Skoltech

(Skolkovo Institute of Science and Technology), situato a Skolkovo, vicino a Mosca.

Agli inizi del 2014 Roberto Cingolani, direttore scientifico dell'Istituto Italiano di

Tecnologia, ha dichiarato l'intenzione del centro di ricerca scientifica da lui diretto di aprire

un laboratorio dedicato alla robotica riabilitativa nel parco scientifico tecnologico degli

Erzelli a Genova.

3.5 I primi risultati

IIT fa parte delle istituzioni censite e valutate dal Scimago Institution Rankings (SIR), la

classifica mondiale delle istituzioni di ricerca prodotto ogni anno da Scimago. Per poter

essere censiti è necessario aver pubblicato almeno 100 documenti scientifici di qualsiasi

tipo (articoli, revisioni, lettere, articoli di conferenze, ecc.) nell'ultimo anno del

quinquennio a cui si riferisce il report, e che siano censiti da Scopus (base di dati).

7 http://neuro.med.harvard.edu/resources-funding/department-funding-sources.

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Nel SIR 20098 (riferito al quinquennio 2003-2007) IIT non è stato censito perché non

esisteva per la maggior parte del periodo di riferimento. Nel SIR 2010 (riferito al

quinquennio 2004-2008), pur non esistendo negli anni 2004 e 2005, IIT si è piazzato alla

posizione 2823 su 2833 istituti nel mondo, ma in posizione 363 nella classifica per indice

di impatto normalizzato (NI, ossia la misurazione dell'impatto scientifico che le istituzioni

hanno sulla comunità scientifica). Nel SIR 2011 (riferito al quinquennio 2005-2008), IIT

sale alla posizione 2738 su 3042 istituti nel mondo, ma al 240º posto nella classifica per

indice di impatto normalizzato e al 1479º posto per tasso d'eccellenza.

Nel SIR 2012 (riferito al periodo 2006 - 2010), l'IIT raggiunge la posizione 1907a su 2640,

mentre nella classifica per impatto normalizzato va al 130º posto su 297 istituti. Nel SIR

2013 (relativo al periodo 2007 - 2011) l'IIT sale alla 1547a posizione su 2740, mentre nella

classifica per impatto normalizzato va al 140º posto su 309 enti analizzati.

3.5.1 Valutazione Anvur 2013

La valutazione dall'agenzia governativa Anvur (Agenzia Nazionale di valutazione del

sistema universitario e della ricerca9), relativa alla produzione scientifica di Università e

Centri di Ricerca scientifica italiani nel periodo 2004 - 2010, e resa pubblica nel luglio

2013 è risultata sostanzialmente positiva per l'IIT10.

In tutte le quattro aree scientifiche in cui l'istituto opera e per le quali è stato valutato

(scienze fisiche, scienze chimiche, scienze biologiche, e ingegneria industriale e

dell’informazione, risulta una valutazione media dei prodotti della ricerca scientifica

superiore alla media nazionale dell'area stessa.

8 http://www.scimagoir.com/pdf/SIR%20Global%202009%20O.pdf.

9http://www.anvur.org

10http://www.iit.it/it/notizie-a-eventi/notizie/1998-excellent-results-for-iit-in-the-evaluation-of-research-

anvur.html

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120

In seguito alla pubblicazione dei risultati della valutazione Anvur, il presidente del

Comitato Esecutivo dell'IIT Gabriele Galateri di Genola ha espresso la sua soddisfazione.

L'Istituto Italiano di Tecnologia - IIT - nasce con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo

tecnologico del paese e l'alta formazione in ambito scientifico/tecnologico. In questo senso,

infatti, l'IIT è impegnato a realizzare il proprio programma scientifico, che vede

nell'integrazione fra la ricerca scientifica di base e lo sviluppo di applicazioni tecniche, il

principale principio ispiratore. Gli ambiti di ricerca riguardano campi della scienza

dall'elevato contenuto innovativo, che rappresentano le frontiere più avanzate della

tecnologia moderna, con ampie possibilità applicative in molteplici settori dalla medicina

all'industria, dall'informatica alla robotica, alle scienze della vita, alle nanobiotecnologie.

La ricerca è condotta seguendo piani strategici di durata triennale. Il primo Piano

Strategico (2005-2008), basato su 3 piattaforme, era focalizzato sullo sviluppo di

tecnologie umanoidi (Robotica, Neuroscienze, Scoperta Farmaci).

Il terzo Piano Strategico (2012-2014) mira a consolidare le basi poste negli anni precedenti

rafforzando l’impatto e il trasferimento dei prodotti della ricerca al sistema produttivo,

anche grazie ai risultati sinergici delle attività scientifiche interdisciplinari e a nuove

collaborazioni internazionali.

IIT ha pubblicato nel Maggio del 2011 un resoconto dettagliato sui suoi primi 5 anni11 di

vita. Da esso apprendiamo che le tappe fondamentali del percorso per l’istituzione e lo

svolgimento delle prime attività, riportate nel documento sottostante, sono le seguenti:

1) 2004-2005: a seguito della legge istitutiva di novembre 2003, è stato costituito un board

internazionale di esperti per la redazione dello statuto, della governance e della struttura

della Fondazione IIT.

11 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-primi-5-anni-report-ita.pdf.

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2) 2005-2008: la fase di startup.

L’Istituto ha iniziato la sua attività scientifica il giorno 8 dicembre 2005, con l’assunzione

del Direttore Scientifico e ha terminato la fase di start up di 36 mesi nel dicembre 2008.

Nel luglio del 2006 sono stati selezionati i direttori di ricerca con un bando internazionale

su Nature e Science, cui hanno applicato 155 scienziati da tutto il mondo tra cui sono stati

selezionati 23 candidati.

La valutazione è stata effettuata da panel internazionali tematici costituiti ad hoc. Sono

stati assunti 6 direttori provenienti da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia. Durante

lo start up è stata inoltre allestita la sede centrale dei laboratori, ristrutturando

completamente l’edificio di circa 30.000 metri quadri situato a Genova.

Sono stati progettati oltre 20.000 metri quadri di laboratori di fisica, chimica, life science,

farmacologia e microscopia elettronica. Infine sono stati attivati numerosi dottorati di

ricerca in collaborazione con una rete multidisciplinare di Università e centri di ricerca in

Italia; sono state condotte interviste a migliaia di candidati e sono stati assunti gli

scienziati. Per quanto non fossero attesi risultati scientifici nel periodo di startup, lo

scaglionamento dell’avvio dei laboratori e dei diversi dipartimenti ha consentito il

raggiungimento di particolari traguardi, in termini di pubblicazioni, brevetti e contratti già

nei primissimi anni di attività.

3) 2009-2011: è stato completato il laboratorio centrale di Genova e il suo staff (circa 600

unità, aggiornato al dicembre 2010). Nell’ultimo quadrimestre del 2009 è iniziata la

costituzione di dieci laboratori IIT presso alcune importanti istituzioni di ricerca e

accademiche italiane (La cd rete dei centri IIT). Tali strutture hanno durata quinquennale,

rinnovabile sulla base della valutazione fatta dal Comitato tecnico scientifico della

fondazione (CTS).

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Ciascuno dei centri della rete è istituito presso infrastrutture messe a disposizione dalla

struttura ospite, dove scienziati IIT lavorano con strumentazione propria. In questi centri

collaborano anche numerosi ricercatori, e studenti della struttura ospite, tutti associati

all’IIT, in modo da aumentare la sinergia fra IIT, Università ed enti di ricerca.

3.6 Operatività e piano scientifico

IIT è un istituto di ricerca fortemente interdisciplinare che sviluppa sia ricerca di base sia

ricerca tecnologica nell’ambito di un piano scientifico triennale approvato dal CTS e dagli

organi della Fondazione. L’interdisciplinarietà di IIT discende innanzitutto dalla

concezione del piano scientifico che si articola nello sviluppo di sette piattaforme

scientifico-tecnologiche complementari e sinergiche, che si differenziano in 7 dipartimenti:

• Robotics Brain and Cognitive Sciences - RBCS ;

• Advanced Robotics - ADVR ;

• Neuroscience and Brain Technologies – NBT;

• Drug Discovery and Development - D3;

• Nanochemistry – NACH;

• Nanophysics – NAPH;

• Nanostructures – NAST;

Ciascuna piattaforma ha una “zona culturale” che si sovrappone con quelle vicine, in modo

da garantire che i risultati di ciascuna siano utili e funzionali allo sviluppo delle altre. (vedi

Figura 5) I centri della rete coinvolgono istituti attivi in differenti aree di ricerca (come per

esempio l’Università di Torino, di Milano, di Trento, di Pisa e di Lecce), tale

organizzazione consente ad IIT di disporre delle più avanzate conoscenze nei diversi

settori, necessarie allo sviluppo del piano scientifico, e contestualmente permette la

massimizzazione delle sinergie con la ricerca a livello nazionale, mediante lo scambio e la

condivisione di informazioni e risultati tra i diversi dipartimenti territorialmente dislocati

(in questo modo, per esempio, il dipartimento di Nanoscienza con sede a Milano può

comunicare con un dipartimento omologo di Pisa).

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123

Figura 5 - Piattaforme di ricerca del piano scientifico 2009-2011. (Fonte: www.iit.it)

3.7 Lo staff

Le basi cui si fonda la visibilità e la reputazione scientifica internazionale dell’IIT sono:

• attrattività per i giovani ricercatori;

• internazionalità dello staff ;

• pubblicazioni e indicatori bibliometrici;

• progettualità scientifica.

La figura 6 mostra la crescita dello staff di IIT presso il laboratorio centrale di Genova e

l’impulso dovuto all’attivazione della rete dei centri. Una volta a regime (fine 2011/inizio

2012) l’intero IIT si assesterà su circa 1000 unità complessive. La successiva figura 7

mostra la distribuzione delle categorie di personale aggiornata a dicembre 2010. È

chiaramente dominante la percentuale di staff scientifico e di supporto tecnico a fronte di

una struttura amministrativa piuttosto leggera come nello standard degli istituti di ricerca

internazionali. A tutto dicembre 2010 la rete contava circa 190 unità di personale su un

Page 124: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

124

totale di circa 750. La figura 8 mostra la distribuzione delle età associate alle tipologie di

profili scientifici, indicando una buona omogeneità fra le figure professionali.

L’età media risulta essere di circa 34 anni e quella per i ruoli apicali (senior e direttori) di

circa 49 anni.

Per quanto riguarda l’attrattività dei giovani, è importante sottolineare la larga base

rappresentata dai profili PhD e Post Doc, che, oltre a tenere bassa l’età media, garantisce il

necessario turnover su scala triennale. L’internazionalità dello staff è provata dalla

provenienza dei ricercatori da oltre 30 nazioni nel mondo (chiara indicazione di inversione

del fenomeno della cd. fuga dei cervelli) con una percentuale di 48% di ricercatori

provenienti dall’estero (28% di passaporti stranieri e 20% di italiani rientrati) e 52% di

italiani.

Figura 6 - Crescita dello staff del laboratorio centrale dal 2006 al 2010. (Fonte: www.iit.it)

Figura 7 - Staff a dicembre 2010: Distribuzione categorie di personale: Scienziati:

75.9% - Tecnici: 11.4% - Amministrativi: 12.6% (Fonte: www.iit.it)

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125

Figura 8 - Distribuzione per età dei ricercatori IIT a dicembre 2010. (Fonte: www.iit.it)

Figura 9 - Nazionalità dei ricercatori IIt (Zone Blu) Dicembre 2010. (Fonte: www.iit.it)

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126

L’insieme di questi dati mostra come l’Istituto sia stato in grado di attrarre scienziati di

giovane età ma con diversa seniority scientifica e diverso background da tutto il mondo.

(Figura 9) Questo è il risultato di un’attenta politica di selezione del personale e di

un’offerta al ricercatore in termini di proposta di lavoro, ambiente scientifico e budget di

ricerca, che ha cercato di perseguire le migliori pratiche internazionali.

3.8 Le pubblicazioni e gli indicatori bibliometrici

La figura 10 mostra la crescente produttività scientifica di IIT nei suoi primi 5 anni di vita.

Ad aprile 2011 IIT conta circa 1800 pubblicazioni scientifiche, il 70% delle quali sono

state pubblicate nell’ultimo biennio, da quando cioè è terminata la fase di start up e la

costruzione del laboratorio centrale. La rete dei centri IIT, lanciata nel settembre 2009, ha

prodotto nel 2010 circa 160 pubblicazioni, sia pur con organico e laboratori in fase di

costruzione. Parallelamente al raggiungimento della condizione di regime, è aumentata

anche la qualità delle riviste di pubblicazione.

Le pubblicazioni di IIT comprendono articoli su riviste scientifiche con comitato di

redazione internazionale, full papers e proceedings a conferenze internazionali con peer

review e capitoli di libri. Occorre precisare che l’impatto dei proceedings a conferenze

internazionali può essere più o meno alto in relazione ai settori scientifici di riferimento.

Nel caso della robotica, una delle piattaforme più grandi di IIT, i full papers a conferenze

internazionali sono i principali deliverables riconosciuti dalla comunità scientifica.

Page 127: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

127

Figura 10- Pubblicazioni di IIT su riviste Internazionali, full papers e conference proceedengs con peer

review, libri o capitoli di libri. (Fonte: www.iit.it)

Figura 11 - Distribuzione statistica degli Impact Factor delle pubblicazioni di IIT su riviste Internazionali. (Fonte: www.iit.it)

Page 128: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

128

La figura 11 mostra la distribuzione percentuale delle pubblicazioni su riviste scientifiche

internazionali suddivise per fasce di Impact Factor. Le riviste di alto impatto (IF>7:

Advanced Materials, JACS, Nature Publishing Group, PNAS, Physical Review Letters,

Neuron, etc.) rappresentano circa il 21% del totale delle pubblicazioni; è particolarmente

importante segnalare che la maggior parte di queste risalgono all’ultimo biennio, in linea

con le aspettative della Fondazione entrata nella fase di regime. La produttività di

pubblicazioni con IF fra 4 e 7 comprende tutte le principali riviste internazionali di settore

(American Physical Society, Applied Physics Letters etc..), il cui minor IF dipende dalla

più ristretta comunità a cui sono indirizzate e non da valutazioni di qualità. Considerazioni

analoghe valgono per le pubblicazioni con IF fra 1 e 4, tipiche della comunità robotica, che

in IIT ha contribuito in maniera rilevante alla produttività totale.

La figura 12 mostra un’analisi più approfondita della produzione scientifica di IIT, con

riferimento al numero di articoli pubblicati sulle riviste internazionali più prestigiose

(Impact Factor ≥7) negli ultimi anni. La varietà delle riviste scientifiche ad alto contenuto

tecnologico sottolinea chiaramente il livello di interdisciplinarietà raggiunto dalla

Fondazione.

Page 129: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

129

0 5 10 15 20 25 30

Figura 12 - Riviste scientifiche con IF≥7 (in parentesi quadre) su cui sono comparsi articoli IIT

(Fonte: www.iit.it).

Page 130: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

130

3.9 Fund raising e brevetti

Analizziamo infine i dati relativi al fund raising e ai brevetti di IIT. A tutto dicembre 2010,

IIT ha 32 Progetti Europei in corso, vinti su base competitiva a livello europeo. Inoltre,

conta ad oggi 1 vincitore e 2 finalisti di ERC grants, che rappresentano la selezione più

avanzata di progetti di ricerca individuale per giovani scienziati a livello europeo. A questo

vanno aggiunti circa 30 contratti e grant competitivi da strutture private e pubbliche,

nazionali e internazionali (Figura 13). Tutto ciò risulta in un portafoglio complessivo di

circa 16.5 milioni di Euro di progetti esterni, con una decisa tendenza ad aumentare vista

l’avvenuta approvazione di ulteriori nuovi grants sottomessi nel 2010 e approvati fra la

fine del 2010 e l’inizio del 2011. Per quanto riguarda le attività di trasferimento

tecnologico, occorre ricordare che l’obiettivo di sviluppare e cedere tecnologie richiede

tempi solitamente molto lunghi, in quanto dipende a sua volta dal raggiungimento di una

qualità scientifica e infrastrutturale di alto livello. Non esiste, infatti, possibilità di

sviluppare e trasferire tecnologie innovative al sistema produttivo se non si è prima

raggiunta una consolidata eccellenza scientifica in settori pertinenti e una reputazione

internazionale tale da essere attrattivi per le aziende.

In tal senso IIT ha cominciato ad essere produttivo e visibile a livello internazionale, grazie

essenzialmente al crescente numero di brevetti registrati (figura 14) e ai numerosi risultati

di rilievo tecnologico pubblicati e presentati a conferenze internazionali. È il caso del robot

umanoide iCub12, che è divenuto in pochi anni la più avanzata piattaforma open source nel

mondo per robotica umanoide sulla quale si studia lo sviluppo di capacità cognitive. Ad

oggi sono stati distribuiti 17 esemplari completi, oltre a diversi componenti, nei principali

laboratori di robotica europei ed è inoltre emerso un interesse crescente negli Stati Uniti e

in Giappone, sviluppando di fatto la più grande world community di robotica umanoide

esistente basata su tecnologia IIT.

12 http://www.icub.org/

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131

Figura 13 - Numero di progetti finanziati da fondi esterni. (Fonte: www.iit.it)

Figura 14 - Numero di brevetti IIT depositti per anno. (Fonte: www.iit.it)

È da segnalare che di pari passo alla crescita della struttura, dal 2010 sono scaturite anche

alcune iniziative di trasferimento tecnologico maturate dai risultati della ricerca di IIT:

1) Sviluppo di un nuovo farmaco antidolore per il quale è pronta la fase di test preclinico

(Dipartimento D3)13;

2) costituzione di un laboratorio congiunto IIT;-Leica Gmbh per lo sviluppo di sistemi di

misura STED (Facility di Nanophysics)14;

3) Costituzione di un laboratorio congiunto IIT-Nikon Ltd, per lo sviluppo di microscopi

ottici a super risoluzione15, Facility di Nanophysics (che analizzeremo successivamente).

13 Per un approfondimento si veda: http://www.iit.it/it/notizie-a-eventi/notizie/notizie-2011.html?start=25.

14http://www.leica-microsystems.com/science-lab/institutions/detail/institute/iit-italian-institute-of-

technology-genoa-italy/show/institute/. 15http://www.iit.it/en/news/news/2014-news/2465-launch-of-nikon-imaging-centeriit-the-new-top-center-for-

optical-microscopy.html.

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132

Esse testimoniano non solo la crescente capacità tecnologica di IIT, risultante dall’avvio

completo delle sue strutture negli ultimi due anni, ma anche la crescente attrattività su

aziende tecnologiche leader mondiali che investono su IIT per lo sviluppo di prodotti

innovativi. In generale, l’obiettivo del trasferimento tecnologico è di lungo termine. Si

ritiene che esso possa consolidarsi progressivamente nei prossimi anni e che i risultati

conseguiti ad oggi siano significativi e vadano nella direzione attesa.

3.10 Il processo di Valutazione di IIT

IIT è stato sottoposto a costante valutazione da parte di panel esterni composti da scienziati

stranieri16. Ogni anno i ricercatori di IIT producono un report di valutazione che per i

livelli apicali viene esaminato dal Comitato Tecnico Scientifico. Inoltre, periodicamente le

strutture di ricerca sono soggette a valutazione da parte di panel di esperti esterni.

Nel 2008 è stato effettuato il primo assessment da parte di un Comitato di Valutazione

nominato dal Consiglio della Fondazione e costituito da esperti dell’industria, della

consulenza e del mondo scientifico. Sempre nel 2008 è stata organizzata la prima

valutazione con on-site visit dei 3 dipartimenti di Robotica (ADVR, RBCS, TERA). Il

panel era composto da esperti provenienti dalle Università di Stanford, di Karlsruhe e dal

Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Nel 2010 sono state effettuate tre on-site visits per la valutazione del dipartimento

TeleRobotics and Applications (TERA) a luglio, dei dipartimenti di Robotics Brain and

Cognitive Sciences (RBCS) e Advanced Robotics (ADVR) a settembre, e sempre nello

stesso mese del dipartimento Neuroscience and Brain Technologies (NBT). I panels

costituiti ad hoc erano costituiti da scienziati provenienti dall’Università di Stanford,

Harvard, Berkeley, Rockefeller, ETH-Zurigo, MIT e dai Laboratori Roche. I rapporti dei

panel sono stati positivi, tranne che per il dipartimento TERA. Per quest’ultimo le

valutazioni annuali del recente biennio mostravano il non raggiungimento degli obiettivi

prefissati; è stato pertanto necessario l’approfondimento da parte di un panel esterno.

16 Alcuni dati: http://fisiciaroundtheworld.wordpress.com/2013/04/03/chi-valuta-liit/

Page 133: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

133

La commissione ha confermato la mancanza di una performance di elevato livello,

decretando la chiusura del dipartimento entro la metà del 2011.

Nel corso del 2011 e all’inizio del 2012 hanno avuto luogo le on-site visits delle strutture

più recenti di IIT: le facilities di Nanophysics, Nanochemistry e Nanostructures e il

dipartimento D3. Concludiamo ricordando che fino all’inizio del 2012 erano oltre 30 gli

accordi scientifici bilaterali siglati da IIT con enti di ricerca italiani e stranieri (fra cui

CNR, MIT, e Korean Institute of Technology etc.) e oltre 200 studenti di dottorato in

formazione.

3.11 I primi 6 anni

Il 2011 è coinciso con l’applicazione del piano scientifico 2012-2014.

Riprendendo in analisi le 7 piattaforme scientifico-tecnologiche, l’interdisciplinarietà e

complementarietà della ricerca di IIT è stata confermata dall’ampia distribuzione dei

profili scientifici dello staff di IIT, i quali sono riconducibili a 17 settori disciplinari

differenti, divisi quasi equamente fra hard-science e life science. Le pubblicazioni

scientifiche di IIT nel periodo 2006-201117 rispecchiano ulteriormente tale

interdisciplinarità; la figura 15 presenta la loro distribuzione nelle aree tematiche

individuate dalle categorie del database Scopus di Elsevier, mostrando la compresenza di

oltre 13 discipline diverse, le quali coprono la maggiore parte dei settori fondamentali delle

scienze tecniche (come ingegneria, informatica e scienze dei materiali) e numerosi settori

delle scienze della vita (come medicina, neuroscienze e biologia).

17 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-6th-year-2011-report-eng.pdf.

Page 134: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

134

Figura 15 - Distribuzione delle pubblicazioni di IIT per area tematica, basata su campione di 1798

pubblicazioni (fonte: Database Scopus – www.scopus.com).

Page 135: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

135

3.11.1 Il piano scientifico 2012-2014

Il nuovo piano scientifico18 ha forti elementi di continuità con quello precedente e rafforza

le attività sinergiche delle sette piattaforme scientifico-tecnologiche che lo articolano. In

particolare, il piano mira a valorizzare le caratteristiche interdisciplinari dell’attività

scientifica di IIT e a potenziare la sua capacità di trasferimento tecnologico. (Figura 16)

Figura 16 - Descrizione delle piattaforme scientifiche del piano scientifico 2012-2014. (Fonte: www.iit.it) 18 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-strategic-plan-2012-2014.pdf.

Page 136: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

136

La colonna di sinistra elenca le entità biologiche la cui complessità cresce all’aumentare

della scala di grandezza: da quelle, come gli anticorpi, in cui il funzionamento e i

meccanismi di riconoscimento sono regolati principalmente da leggi biochimiche, fino

all’uomo, in cui l’interazione corpo-mente raggiunge i massimi livelli di complessità.

La colonna accanto rappresenta l’equivalente artificiale che viene sviluppato mediante

tecniche e tecnologie di tipo chimico, biochimico, micromeccanico, nanotecnologico,

cognitivo e biologico. Ciascuna entità-prototipo, dall’anticorpo all’uomo, ha un suo

equivalente artificiale bioispirato, che viene sintetizzato e/o assemblato grazie alla sinergia

di differenti tecnologie (chimiche e meccatroniche) e per cui è richiesta l’introduzione di

capacità cognitive crescenti. Ciascuna riga orizzontale dello schema rappresenta uno

specifico dominio disciplinare: chimica, biologia e biochimica sono i principali settori di

sviluppo e ricerca su virus, cellule, anticorpi e le loro controparti biomimetiche. La scienza

dei materiali, le nanotecnologie e la sensoristica contribuiscono all’incremento della

complessità delle architetture sino a giungere a sistemi animaloidi e umanoidi in cui

giocano un ruolo crescente le attività cognitive, il riconoscimento di immagini, la

percezione dello spazio e di se stessi, e la coordinazione senso-motoria.

3.11.2 Evoluzione dello staff e della produttività scientifica

Lo staff scientifico dei laboratori centrali di Genova, rispetto ai dati precedentemente

analizzati (del resoconto dei primi 5 anni di attività dell’IIT19) passa da 571 unità

(scienziati) a 611 (dati di fine 2011). Per quanto riguarda l’internazionalità dello staff di

IIT, Il 40% dei ricercatori provenienti dall’estero è costituito da un 23% di passaporti

stranieri e da un 17% di italiani rientrati. Quest’ultimo dato mostra un’inversione del

fenomeno della fuga dei cervelli, in quanto nei dati precedentemente analizzati, il 48%

dello staff proveniva dall’estero (quindi l’occupazione registra un aumento dell’8% di

scienziati Italiani).

19 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-first-5-years-report-eng.pdf.

Page 137: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

137

3.11.3 Pubblicazioni e indicatori bibliometrici

Analizzando i dati relativi agli anni passati, c’è stato un notevole incremento degli output

di IIT: nel 2010 sono state prodotte circa 160 pubblicazioni, mentre nel 2011 salgono a

quasi 800. A fine del 2011 il database di IIT contava oltre 2000 pubblicazioni,

comprensive della produzione di tutti i settori, dal farmaceutico alla robotica. In media nel 2011 la produttività individuale si è attestata intorno a 2 pubblicazioni per

unità di staff (includendo direttori/coordinatori, senior scientist, team leader e post-doc). In

seguito al raggiungimento di una situazione di regime a Genova e alla crescita nella rete,

anche la qualità scientifica media di IIT è aumentata. La figura 11 mostra la produzione

scientifica globale di IIT suddivisa in quattro fasce di Impact Factor che riflettono

approssimativamente le classi di pubblicazioni su proceedings (IF=1-2), topical journals

(IF=2-4), riviste di settore di alto (IF=4-7) e di altissimo livello (IF>7). Oltre a dimostrare

che le riviste di alto impatto rappresentano il 47% del totale delle pubblicazioni (48% per il

2011), è particolarmente importante segnalare che l’Impact Factor globale di IIT cresce

costantemente negli anni, e che le pubblicazioni su riviste di prestigio sono aumentate del

46% dal 2010 al 2011. Pur essendo consapevoli delle limitazioni oggettive del significato

degli indicatori bibliometrici e della recente storia di IIT, l’insieme di questi dati indica che

l’Istituto continua a crescere in maniera rapida e a guadagnare visibilità nella comunità

scientifica mondiale.

3.11.4 Ranking Internazionale

La crescita a livello internazionale di IIT è confermata dal terzo SIR World Report 201120

(SIR 2011, Global Ranking) che presenta la classifica mondiale delle istituzioni di ricerca

prodotto da Scimago21. SIR 2011 analizza la produzione scientifica e gli indicatori

bibliometrici per il periodo 2005-2009 degli istituti scientifici che nell’anno 2009 abbiano

pubblicato almeno 100 lavori registrati dal database mondiale Scopus.

20 per leggere tutto il rapporto: http://www.ireg-observatory.org/pdf/sir_2011_world_report.pdf 21 www.scimagoir.com.

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138

Ricordiamo che Scopus22 censisce la maggior parte delle pubblicazioni su International

Journals e in misura molto minore i full papers delle conferenze internazionali o i capitoli

di libro.

SIR 2011 ha recensito 3042 istituzioni di ricerca (di cui 1046 europee e 125 italiane) che

producono oltre l’80% delle pubblicazioni mondiali. SIR 2010 (anni di osservazione 2004-

2008) ne recensiva 2833, SIR 200923 (anni di osservazione 2003-2007) circa 2000. I

parametri della valutazione sono quantitativi, quali: il numero di output (O); la percentuale

di pubblicazioni su riviste scientifiche ad alto IF (Q1); la percentuale di pubblicazioni con

coautori di istituzioni di un’altra nazione (IC) e qualitativi, come: l’impatto normalizzato

(NI), dato dal valore medio di citazioni delle pubblicazioni di un ente rispetto alla media

mondiale delle riviste di settore nello stesso periodo di osservazione, definita pari a 1

(valori con NI< 1 sono associati a bassa qualità e hanno un indicatore rosso; valori con NI

fra 1 e 1.75 sono considerati medio-buoni con indicatore giallo; valori con NI> 1.75 danno

l’indicatore verde di eccellenza “green label of excellence”); il parametro “excellence rate”

(EXC) indica per ciascun istituto quale percentuale degli output prodotti entra a far parte

del gruppo del 10% delle pubblicazioni più citate in un dato campo scientifico, le “top

10%”, nel quinquennio di analisi.

IIT non esisteva nei primi due anni di osservazione del SIR 201024 (2004-2008), tuttavia le

pubblicazioni del 2008 sono state sufficienti a censirne la presenza nel ranking mondiale.

Per numero totale di output sul quinquennio di riferimento (216 pubblicazioni visibili a

Scopus), IIT era alla 2823esima posizione su 2833 istituti nel mondo. Al primo posto

compariva l’Accademia Cinese delle Scienze con 130,000 output; al secondo posto il

CNRS francese con 125,000. Invece, la classifica in base al fattore di impatto normalizzato

vedeva IIT alla 363esima posizione nel mondo, con NI=1.77, e quindi all’interno del

gruppo dei 375 istituti segnalati con il “green label of excellence”.

22 http://www.scopus.com. 23 http://www.scimagoir.com/pdf/SIR%20Global%202009%20O.pdf. 24 http://www.scimagoir.com/pdf/SIR%20Global%202010%20O.pdf.

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139

Secondo tale graduatoria, l’Accademia Cinese delle Scienze scendeva intorno alla

2000esima posizione con indicatore rosso, il CNRS francese intorno alla 1000esima

posizione con indicatore giallo.

Nel SIR 201125 la statistica di IIT migliora in maniera sostanziale. Benché nel quinquennio

di riferimento (2005-2009) il 2005 non sia ancora un anno di attività e il 2009 sia l’anno di

start up della rete (istituita nell’ultimo trimestre dell’anno), Scopus rileva 560 output. Per

numero di pubblicazioni IIT è al 2738esimo posto su 3042 istituti totali. Il fattore di

impatto normalizzato cresce a NI=1.98, indicando che i lavori di IIT sono citati circa il

doppio della media mondiale nei settori comparabili. Rispetto a tale parametro (si veda il

Normalized Impact Report, SIR 2011), IIT sale al 240esimo posto su 3042 nella classifica

globale, rimanendo nel gruppo dei “green label of excellence” (costituito da 402 istituti),

all’85esima posizione in quella europea e al 13esimo posto in quella italiana (dove è primo

come istituto di carattere tecnologico). Queste posizioni corrispondono al “top 8%” nel

mondo, al “top 8%” in Europa e al “top 10%” in Italia, e collocano IIT nelle immediate

vicinanze di grandi istituzioni scientifico-tecnologiche straniere, quali il California

Institute of Technology (una posizione prima di IIT, cioè al 239esimo posto) e il Weizmann

Institute of Science (al 353esimo posto). È interessante notare che nonostante il

quinquennio di osservazione (2005-2009) comprendesse anni di attività nulla o parziale di

IIT, il parametro “rate” d’eccellenza è EXC=12.63, superiore alla soglia minima di buona

qualità (EXC=10) indicata da SCImago. Rispetto a tale valore, IIT si posiziona al

1479esimo posto, ovvero in una posizione entro la prima metà della classifica, nonostante

le citazioni abbiano avuto meno di quattro anni per crescere.

25 http://www.scimagoir.com/pdf/SIR%20Global%202011%20O.pdf

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140

3.11.5 Valutazione della ricerca

L’incremento della produzione scientifica di IIT in termini di qualità e quantità è reso

possibile anche dalla costante attività di monitoraggio e di valutazione della ricerca che

l’Istituto conduce grazie al supporto dei propri organi interni, e attraverso il

coinvolgimento di panel internazionali di esperti.

Nel 201126 tale attività si è esplicata nelle seguenti azioni:

• Valutazione annuale dei rapporti dei direttori e dei coordinatori da parte del Comitato

Tecnico Scientifico (CTS);

• On-site visit per la conclusione del processo di riorganizzazione e potenziamento del

Dipartimento Neuroscience and Brain Technologies (NBT), che ha generato le unità di

Neurotechnologies (direttore J. Assad) e Synaptic Neuroscience (direttore F. Benfenati) e

la Neuro Facility di servizi biochimici (coordinata da L. Franco);

• On-site visit per la valutazione delle facility di Nanochemistry, Nanophysics e

Nanostructures da parte di un panel internazionale composto da E. Bizzi (MIT - USA),

Chairman del CTS di IIT, A. Nurmikko (Brown University- USA), J. Feldmann (Ludwig

Maximillian University - Germania) e Y. Arakawa (Tokyo University - Giappone).

26 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-6th-year-2011-report.pdf.

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141

3.11.6 Progettualità scientifica

Nel 2011 il fund raising di IIT è cresciuto in maniera sostanziale. Attualmente IIT ha in

corso oltre 50 Progetti Europei (erano 32 nel 2010) vinti su base competitiva, con un grado

di successo intorno al 18%. Anche nella partecipazione alle selezioni più prestigiose a

livello europeo, IIT ha migliorato i propri risultati: nel 2011 sono stati vinti 2 bandi

European Research Council (ERC) e 5 programmi Marie Curie27. A Dicembre 2011 il

portafoglio progetti totale di IIT ammonta a oltre 40 milioni di Euro come rappresentato

nella figura 17; tali progetti troveranno realizzazione a partire dal 2012.

Figura 17 - Portafoglio totale progetti. (Y= milioni di Euro, X= Anni). (Fonte: www.iit.it)

27 http://ec.europa.eu/research/mariecurieactions/index_it.htm

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142

3.11.7 Trasferimento tecnologico

Nel 2011 è stata completata la struttura organizzativa dedicata al Trasferimento

Tecnologico (TT Office) con l’assunzione di un dirigente di ampia esperienza

internazionale. Il TT Office è stato strutturato in due unità: una dedicata al trattamento,

protezione e licensing della proprietà intellettuale generata dai ricercatori di IIT, l’altra al

networking con aziende e investitori e alla gestione di contratti e processi di trasferimento

tecnologico. Di seguito si elencano le principali iniziative avviate nel 2011:

• Finalizzazione del piano finanziario di uno spin off costituito da un gruppo di ricercatori

del Dipartimento di NBT volto alla produzione di un nuovo sistema per la registrazione di

impulsi elettrici in reti neuronali, con applicazioni diagnostiche e cliniche;

• Avvio da parte del Dipartimento D3 di una fase di test preclinico di un farmaco

antidolore di brevettazione IIT;

• Avvio di un laboratorio congiunto tra IIT (Dipartimento di Nanophysics) e Nikon Ltd,

per lo sviluppo di microscopi ottici a super risoluzione;

• Definizione di una collaborazione tra IIT (Dipartimenti di ADVR e RBCS) e INAIL,

Centro di Riabilitazione Motoria di Volterra, per lo sviluppo di tecnologie robotiche e

strategie riabilitative per pazienti con patologie post-traumatiche;

• Definizione di un laboratorio congiunto con l’Istituto Giannina Gaslini di Genova per la

riabilitazione robotica. Dal punto di vista della produzione di proprietà intellettuale il

portafoglio di brevetti nel 201128 è ulteriormente cresciuto come mostrato dalla figura 18.

Al momento IIT dispone di 68 invenzioni che hanno dato luogo a 112 domande di

brevetto, di cui 61 italiane e 51 internazionali. Le estensioni dopo 12 mesi dal primo

deposito sono 31.

28 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-6th-year-2011-report.pdf.

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143

Figura 18 – Evoluzione del portafoglio brevetti IIT 2006-2011(Fonte: www.iit.it)

La figura 19 mostra il numero di brevetti depositati da parte dei dipartimenti e dei centri

della rete. Si nota una predominanza di produttività da parte dei gruppi di robotica e di

quelli che sviluppano nanotecnologie e scienza dei materiali. Questo è ben visualizzato

dalla figura 20 che mostra la produzione di brevetti suddivisa per piattaforme.

Figura 19 - Distribuzione dei brevetti per dipartimenti e centri della rete. (Fonte: www.iit.it)

Page 144: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

144

Figura 20 - Distribuzione dei brevetti per piattaforma. (Fonte: www.iit.it)

3.11.8 Attività di formazione e di avviamento alla ricerca

Durante il periodo dei sei anni di attività, IIT ha costruito una fitta rete di rapporti nazionali

e internazionali con enti di ricerca pubblici e privati, con aziende e con istituzioni

accademiche. Nel corso del 2011 sono stati siglati circa 20 accordi tra convenzioni quadro

e attuative. Tutti gli accordi prevedono la possibilità per i ricercatori di accedere alle

reciproche strutture e di trascorrere periodi anche prolungati presso i laboratori degli enti

coinvolti per ricerca e formazione, oltre a contemplare dottorandi in co-tutela. Di seguito

una lista dei principali accordi stipulati nel 2011 con una breve descrizione dell’argomento

della collaborazione:

• IIT-CMBR con Chonnam National University: micro e nano biorobotica;

• IIT-CMBR con Linköpings Universitet: microattuatori bioispirati, sensoristica integrata;

• IIT-CMBR con Scuola Superiore Sant’Anna e Stazione Zoologica A. Dohrn:

caratterizzazione biomeccanica del braccio del polpo;

Page 145: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

145

• IIT-CBN con CNR-NNL: nanotecnologie per materiali avanzati, life science, energia e

MEMS;

• IIT-RBCS con Istituto Giannina Gaslini: laboratorio congiunto per la ricerca clinica e

riabilitazione robotica;

• IIT-RBCS con Fondazione Maugeri: bioingegneria per la riabilitazione motoria;

-IIT-D3 con New Anti-Infectives Consortium: esperimenti e analisi di simulazioni su

molecole di comune interesse;

• IIT-D3 con Università di Camerino: sviluppo farmaci;

• IIT-D3 con Università di Pisa, Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia

e Biotecnologie: progettazione, sintesi chimica, screening e test farmacologici per la cura

dell’Alzheimer;

• IIT-D3 con Università di Milano-Bicocca: progettazione, sintesi, screening di molecole di

interesse per la cura di patologie neurologiche;

• IIT-Nanostructures con Recruit R&D Co., Ltd.: nanotecnologia per batterie al litio;

• IIT-RBCS con Università di Modena e Reggio Emilia (rinnovo): studi di risonanza

magnetica funzionale per attività di interfaccia cervello-macchina (BMI);

• IIT-RBCS con Università di Ferrara (rinnovo): elettrofisiologia su primati inferiori dei

circuiti cerebrali deputati alla codifica di alcuni movimenti della mano;

• IIT-CNST con Università di Bologna, Dipartimento di Chimica: fotosintesi artificiale

e nanomateriali per efficienza energetica;

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146

• IIT con Università di Pisa, Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale: sviluppo di

prototipi di microattuatori con applicazioni robotiche e in bio-medicina;

Particolare attenzione è stata dedicata alla stipula di accordi relativi a programmi formativi,

tra cui nel 201129 con:

• Alta Scuola Politecnica: alta formazione;

• Politecnico di Torino e Commissione per gli scambi culturali fra Italia e Stati Uniti:

Fulbright Distinguished Chair per docenti statunitensi in ambito di studio dei materiali e

componentistica per robotica umanoide ad uso spaziale.

Inoltre, sono state strette convenzioni mirate allo svolgimento di tirocini formativi e di

orientamento con istituti d’istruzione universitaria nazionali (ad es. Università di Genova,

Università di Napoli Federico II, Università di Bari, Politecnico di Milano) ed esteri (ad es.

Université Pierre et Marie Curie, Parigi).

29 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-6th-year-2011-report.pdf.

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147

3.12 I primi 7 anni

Il 2012 rappresenta il settimo anno di attività dell’IIT e coincide con il lancio del piano

scientifico triennale 2012-2014, un programma che consolida definitivamente la natura

interdisciplinare dell’istituto, focalizzandosi su alcune aree di ricerca funzionali allo

sviluppo di scienza e tecnologia intorno all’essere umano. Il piano segue e talora anticipa il

trend internazionale di convergenza tecnologica di nanoscienze, bioscienze e scienze

cognitive. Durante l’anno il CTS è stato potenziato con l’istituzione di tre panel tematici

dedicati a robotica, neuroscienze e nanomateriali, ciascuno coordinato da uno scienziato di

rilevanza internazionale, e guidati nello sviluppo delle attività dal nuovo Presidente del

CTS, il Prof. Giorgio Margaritondo (EPFL, Losanna). Il CTS, oltre a svolgere un’attività di

supervisione scientifica annuale della performance dei dipartimenti e centri, compie on site

visit periodiche di valutazione, avvalendosi di panel di esperti esterni, e formula

raccomandazioni strategiche per la prosecuzione ottimale dell’attività.

Nel corso dell’anno 2012 è stata inoltre completata la valutazione di IIT in termini di

struttura, organizzazione, management, risorse umane, impostazione scientifica e risultati

da parte di un Comitato di Valutazione nominato dal Consiglio della Fondazione nel 2011.

Presieduto dal prof. Margaritondo e composto da altri 6 membri del panorama scientifico-

manageriale internazionale, il comitato ha concluso il suo programma di verifica a maggio

2012, dopo 15 mesi di attività, confermando i risultati di IIT come più che soddisfacenti e

suggerendo importanti azioni per il miglioramento dello sviluppo scientifico organizzativo

di IIT. In particolare, il comitato ha riportato il seguente commento:

«…We found the institute well positioned to fulfill all aspects of its statutory mission. In

particular, the development of infrastructures, human resources and quality control is

right on target. The research output already meets stringent international standards both

in Genoa and in the network of poles/centers... » 30

30 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-seventh-year-ita.pdf.

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148

Il comitato ha inoltre evidenziato alcune note particolarmente positive, quali:

Special commendations to IIT and its management for:

• The outstanding accomplishments concerning the growth of the institute, in particular its

human resources and infrastructure;

• The rapid achievement of research output rates comparable to the best institutions in

Italy and abroad;

• The international openness, in particular in its hiring practices;

• The adoption of strict international standards for its quality evaluations;

• The rapid and effective establishment of the center/poles in many Italian regione;

• The brilliant and cost-effective solution for the IIT central site;

• The dedication and hard work of its staff, in particular the top leaders;

Al fine di supportare il Direttore Scientifico nello svolgimento di alcune attività strategiche

è stato nominato un team di 4 Vicedirettori con deleghe specifiche: Recruiting and Career

track of the scientific staff, European calls and initiatives, Integration of the IIT Network,

Outreach and Science Dissemination.

Le indicazioni del comitato tecnico scientifico e del comitato di valutazione hanno, infine,

portato a:

• Avvio della iCub Facility, con lo scopo di convogliare tutti gli sforzi dell’area robotica

della Fondazione verso il costante aggiornamento della piattaforma umanoide di IIT;

Page 149: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

149

• Estensione della rete IIT negli Stati Uniti con il nuovo laboratorio congiunto presso il

Dipartimento di Neurobiologia della Harvard University di Boston (U.S.A);

• Rafforzamento del laboratorio di Computational Machine Learning attivato nel 2010

presso il MIT (U.S.A)

Infine, nel corso dell’anno la visibilità di IIT è aumentata anche grazie allo spazio

guadagnato dai ricercatori nell’ambito di iniziative di comunicazione scientifica pubbliche

e di competizioni. Le proposte originali di Trasferimento Tecnologico riguardanti progetti

di start-up hanno partecipato alla selezione di Start Cup Ricerca - il Sole 24 Ore, il Premio

Nazionale dell’Innovazione (PNI) 2012 e Italia Camp.

3.12.1 Le nuove frontiere: i materiali intelligenti

Una spugna capace di assorbire gli olii separandoli dall’acqua e manovrabile con campi

magnetici, e una carta multifunzionale - idrofobica, fluorescente, antibatterica e magnetica

sono due esempi di nuovi materiali innovativi 31 realizzati all’IIT nel corso del 2012.

La spugna oleofila è realizzata con materiali economici e processi nanotecnologici

facilmente riproducibili su scala industriale. Il materiale di base è, infatti, la schiuma di

poliuretano, un polimero comunemente usato per il confezionamento degli imballaggi e per

l’isolamento termico, che trattato con nanoparticelle di ossido di ferro e di

politetrafluoroetilene (noto in commercio come Teflon) acquisisce proprietà magnetiche,

superidrofobiche e superoleofile. Il processo rende il materiale di partenza capace di

assorbire una quantità di sostanza oleosa fino a tredici volte il suo peso. Le possibili

applicazioni sono molteplici, innanzitutto nel campo ambientale per la pulizia delle acque

da inquinanti oleosi.

31 Per un apprfondimento: http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-seventh-year-ita.pdf.

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150

La carta “intelligente” rimane stampabile e riciclabile anche dopo le modificazioni che

l’hanno resa idrofobica, fluorescente, antibatterica o magnetica. Il processo di

realizzazione prevede la produzione di un polimero arricchito da nanoparticelle, il quale,

una volta spalmato sulla carta – o su altri materiali cellulosici – avvolge le fibre formando

soffici gusci polimerici tridimensionali che intrappolano una quantità controllabile di

nanoparticelle. L’aspetto complessivo del materiale, sia esso carta o tessuto, non muta, ma

le proprietà sono diverse a seconda del tipo di nanoparticelle utilizzato: diventa

antibatterico se sono d’argento, autopulenti o altamente idrofobico se di cera o Teflon,

fluorescente se quantum dots, o magnetico se nano particelle magnetiche. L’invenzione ha

numerose possibilità di utilizzo: può essere materiale per il packaging, o per la

preparazione di tessuti impermeabili o con proprietà antibatteriche e fungicide utili in

campo sanitario, dell’abbigliamento, della domotica.

3.12.2 Le nuove frontiere: i robot al servizio dell’uomo

HyQ è il robot idraulico32 quadrupede disegnato e sviluppato dai ricercatori di IIT traendo

ispirazione dagli animali, dal cane al cavallo allo stambecco, con l’obiettivo di sostituire

l’uomo in situazioni di emergenza o in ambienti difficili da raggiungere. Nel maggio 2012

i ricercatori hanno testato le sue capacità di movimento su terreni reali e accidentati,

portando il robot fuori dal laboratorio in una pista lunga 20 metri. I risultati sono strati

sorprendenti: il robot è in grado di camminare a una velocità di 2 m/s e di superare ostacoli

che trova lungo il percorso adeguando il proprio passo. HyQ è un quadrupede in alluminio

di 1 metro di lunghezza per un peso di circa 70 chilogrammi, capace di camminare,

correre, saltare e sollevarsi sulle zampe posteriori. HyQ è uno dei pochi robot quadrupedi

al mondo che riesce a compiere movimenti veloci e precisi grazie a soluzioni

ingegneristiche innovative. (ref. Semini et al., ICRA 2012, Saint Paul, Minnesota, USA).

32 http://www.iit.it/en/advr-dls-hyq-robot.html.

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151

Per quanto riguarda iCub33, sono circa 25 gli esemplari costruiti da IIT e sono più di 20 i

laboratori nel mondo che lo utilizzano per i loro studi sull’intelligenza artificiale: iCub

continua ad affermarsi come la piattaforma robotica di ricerca più diffusa al mondo. Il

robot ha la forma e le dimensioni di un bambino di circa 4 anni, da cui il nome “cub” che

in inglese significa “cucciolo”. Possiede 53 “snodi” (gradi di libertà) di movimento, la

maggior parte dei quali sono nelle braccia e nelle mani per consentire azioni di presa e di

manipolazione fine degli oggetti. iCub ha telecamere che riproducono la vista, microfoni

per la ricezione di suoni, sensori inerziali che riproducono il senso dell’equilibrio e sensori

di forza per misurare l’interazione con l’ambiente. Tali caratteristiche rendono iCub un

robot umanoide che è in grado di vedere l’ambiente che lo circonda, riconoscere alcuni

oggetti, capire se una persona è presente di fronte a esso e rispondere a semplici comandi

vocali. Nel 2012 il torso, le braccia e i palmi delle mani di iCub sono stati ricoperti di una

“pelle” artificiale, una superficie sensorizzata che gli permette di avere il senso del tatto,

registrando e rispondendo alle interazioni di contatto fisico con le persone.

L’introduzione del nuovo piano scientifico vede il raggiungimento a regime dello staff del

Laboratorio centrale a Genova e la crescita progressiva di quello della rete. A fine 2012 il

numero totale di persone in forza all’IIT è di 1143: oltre 450 scienziati nei laboratori di

Genova, quasi 400 scienziati nella rete dei centri e meno di 300 tra figure di supporto

amministrativo e tecnico prevalentemente nella sede di Genova. La distribuzione delle

categorie che compongono lo staff mostra una percentuale di personale scientifico e di

supporto tecnico di circa l’85%, dominante rispetto alla struttura amministrativa e di

supporto alla ricerca costituita dal restante 15%. La distribuzione dell’età dello staff

scientifico mostra un’età media globale inferiore a 34 anni e, nella suddivisione associata

alle diverse tipologie di profili scientifici, indica una preponderante presenza di giovani

(post doc e PhD per oltre il 75%) e un’età media dei ruoli apicali (senior scientist e

direttori) inferiore ai 50 anni.

33 Per maggiori informazioni, consultare il mini sito dedicato ad iCub: http://icub.focus.it/.

Page 152: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

152

La grande concentrazione di profili giovani è garantita, oltre che dalla forte attrattività

internazionale nei confronti dei post doc, anche dagli accordi di collaborazione con istituti

universitari italiani, per cui un consistente numero di studenti di dottorato svolge il proprio

percorso di alta specializzazione scientifica all’interno e sotto la supervisione dello staff

scientifico di IIT. In particolare, nel 2012 il numero degli studenti che hanno svolto le loro

attività didattiche e di ricerca secondo il piano scientifico di IIT sono 311, di cui circa 180

nella sede centrale.

Le figure dei dottorandi e dei post-doc sono caratterizzate da una giovane età e da un

elevato turnover, quest’ultimo determinato dalla generale propensione degli scienziati a

confrontarsi con realtà di ricerca differenti per arricchire la propria esperienza

professionale. Per esempio, nel corso dell’anno giovani scienziati IIT hanno ottenuto

posizioni di prestigio presso istituti di ricerca internazionali, quali l’ETH e il Max-Planck.

L’elevato rinnovamento dello staff è condizione essenziale per mantenere alta la

produttività e per avere sempre una riserva adeguata di talenti giovani sui quali investire

per futuri percorsi di carriera. In questa prospettiva, IIT ha introdotto l’iter di “tenure

track” e “long term contracts”, che permette di selezionare e di trattenere i cervelli migliori

da tutto il mondo. Le candidature per le posizioni di “tenure” sono esaminate da panel di

esperti esterni, che svolgono l’importante compito di valutarle secondo standard

internazionali, aiutando a rafforzare, così, la qualità scientifico tecnologica di IIT. Grazie

anche a tale approccio, il numero di paesi di provenienza dei ricercatori e dottorandi è

salito a circa 50, confermando l’attrattività di IIT e la sua capacità di essere una realtà

multiculturale. Il 42% dei ricercatori proviene dall’estero: per il 24% sono stranieri e per il

18% italiani rientrati dopo lunghe permanenze all’estero.

Il melting pot culturale è affiancato da una forte interdisciplinarietà, data dall’ampia varietà

di curricula scientifici dello staff. Un’analisi della distribuzione dei titoli di studio ha

evidenziato la presenza di oltre 17 aree disciplinari, che comprendono le scienze dure e

applicate, le scienze della vita e medicina, ma anche filosofia, psicologia e disegno

industriale. La multidisciplinarietà è punto centrale del piano scientifico 2012-2014, e al

fine di rafforzarla, nel 2012 è stato lanciato un bando interno per lo sviluppo di progetti

Page 153: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

153

interdipartimentali della durata di due anni da svilupparsi grazie alla condivisione di un

post doc tra due dipartimenti o un dipartimento e un centro. Un panel esterno ha valutato le

50 proposte pervenute, selezionandone 14.

Anche la distribuzione delle pubblicazioni attesta un’ampia varietà disciplinare, infatti,

secondo la categorizzazione del database Scopus (Elsevier), esse ricadono in 13 categorie

scientifiche coprendo in modo piuttosto omogeneo tutti i settori fondamentali delle scienze

tecniche e molti delle scienze della vita. Il trend di crescita del numero di pubblicazioni

registrato negli anni ha avuto conferma anche nel 2012, con oltre 850 output nell’anno, per

un totale di oltre 3000. Il numero di pubblicazioni congiunte fra diversi centri di ricerca o

dipartimenti è cresciuto a circa 65, oltre alle numerose comunicazioni a congressi

internazionali.

A fine 2012 le pubblicazioni di IIT sulle riviste ad alto impatto costituiscono circa il 47%

del totale. Infine, sia la produttività media individuale di oltre 2 pubblicazioni per unità di

staff (il quale include direttori/coordinatori, senior scientists, team leaders e post doc), sia

l’Impact Factor medio per ricercatore di circa 7, hanno mantenuto un ottimo livello.

3.12.3 Valutazione e ranking

Il carattere internazionale dell’Istituto pone i processi di verifica e di valutazione quali-

quantitativi dell’attività di ricerca al centro della programmazione scientifica e della

valorizzazione del capitale umano. Un Comitato di Valutazione esterno opera

periodicamente per verificare il raggiungimento degli obiettivi scientifici e l’adozione di

misure gestionali di standard internazionale. Tale attività affianca la valutazione interna

annuale dello staff secondo un modello Money By Objective (MBO).

Nel 2012 le attività di analisi sono state le seguenti:

• valutazione annuale dei rapporti di attività di direttori e coordinatori da parte del CTS;

• report finale del Comitato di Valutazione;

Page 154: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

154

• on site visit per il Dipartimento D3;

• adesione al programma di valutazione da parte dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del

sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR).

Secondo un benchmark effettuato dal Comitato di Valutazione nel 2012, il numero di

citazioni medio per pubblicazione di IIT è comparabile a quello di altre istituzioni

internazionali. La statistica seguente è stata calcolata considerando le citazioni medie per

pubblicazione riscontrate a febbraio 2012 su output del 2009 e del 2010.

2009 2010

IIT 9.84 5.19

Weizmann 8.37 5.54

EPFL 8.45 4.91

Caltech 11.02 7.20

MIT 12.06 6.13

Berkeley 9.37 5.45

Stanford 9.31 5.08

(Fonte: www.scimagoir.com)

I parametri bibliometrici (Q1 e EXC) di IIT valutati da Scimago Institutions Rankings

(Report 201234) sono confrontabili in modo consistente con i parametri misurati per gli

istituti sopra menzionati e riconosciuti a livello internazionale.

34 Per informazioni dettagliate: http://www.scimagoir.com/pdf/SIR%20Global%202012%20O.pdf.

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155

3.12.4 Formazione e collaborazioni

Nel 2012 IIT ha proseguito l’ampliamento della rete di rapporti nazionali e internazionali

per ricerca e formazione con istituti pubblici e privati e con aziende, siglando circa 40

accordi tra convenzioni quadro e attuative. Tali accordi prevedono la possibilità per i

ricercatori di fruire dei reciproci laboratori avanzati e di condividere la conoscenza

scientifica, e spesso contemplano dottorandi in co-tutela. A titolo di esempio, correlati allo

sviluppo delle piattaforme del piano scientifico di IIT, sono stati definiti i seguenti accordi:

• Robotica e Computazionale: Waseda University, Università di Verona, Università di

Pisa;

• Nuovi materiali: Nanjing University, IMT Alti Studi Lucca, Università di Barcellona,

Kilometro Rosso;

• D4 e Neuroscienze: Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Bologna, Università

di Trieste.

Inoltre, sono state strette convenzioni per lo svolgimento di tirocini formativi e di

orientamento con istituti d’istruzione universitaria nazionali ed esteri, quali l’Università di

Genova, l’Università di Roma Tre, l’Università Politecnica delle Marche, l’École

Polytechnique Universitaire “Pierre et Marie Curie” e l’Université d’Aix-Marseille.

IIT, nell’ambito del Programma Erasmus35, ha accolto studenti provenienti da Università

europee, tra cui l’Université de Bourgogne, Delft University of Technology e Utrecht

University. Infine, nell’ambito delle partnership istituzionali mirate a programmi di alta

formazione, sono da segnalare gli accordi congiunti di Dottorato di Ricerca che permettono

agli studenti di svolgere il proprio percorso di specializzazione su tematiche del piano

scientifico di IIT e all’interno dei suoi laboratori.

35http://www.erasmusplus.it/

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156

Nel 2012 sono state assegnate 107 borse di dottorato congiunte, portando il numero totale

di dottorandi a circa 311 unità. Nel contesto dell’alta formazione IIT e l’Università di

Genova, insieme a importanti imprese ed enti High-Tech liguri, hanno collaborato per

l’avvio del master in Trasferimento Tecnologico, Imprenditorialità e Innovazione, con

l’obiettivo di trasferire a laureati le competenze specifiche per la gestione di processi di

innovazione nelle imprese high-tech e negli enti di ricerca.

3.12.5 Trasferimento tecnologico

Il raggiungimento di un alto livello di qualità scientifica da parte di IIT è confermato anche

dalla crescita del fund raising proveniente da progetti competitivi e dai risultati del

trasferimento tecnologico. Alla fine del 2012 l’Istituto ha un portafoglio progetti pari ad un

totale di quasi 60 milioni di Euro, che rappresenta una fonte di finanziamento per ricerche

specifiche, anche pluriennali, in particolare36:

• 64 progetti finanziati dall’Unione Europea;

• 12 progetti finanziati dal Ministero della Salute;

• 19 progetti finanziati da Fondazioni italiane o Europee;

• 5 progetti finanziati da Fondazioni o Enti USA;

Tra questi si segnalano, inoltre, la vincita di 1 bando European Research Council (ERC) e

di 3 programmi Marie Curie. Il 2012 ha visto un forte incremento delle attività di

trasferimento tecnologico; oltre ai circa 160 brevetti depositati, 25 concessi e numerose

procedure di licenza avviate, sono stati lanciati i primi progetti di start-up legati a

invenzioni originali dei ricercatori IIT, tra cui:

• 3Brain: sviluppa dispositivi per la diagnostica cellulare d’interesse farmaceutico. Il

sistema è costituito da chip in grado di leggere e analizzare l’attività neuronale su reti

complesse di cellule, permettendo di capire meglio il funzionamento del cervello, ma

anche di studiare le malattie e testare i medicinali;

36 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/iit-strategic-plan-2012-2014.pdf.

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157

• HIRIS (Human Interactive Reliable Integrated System) nasce all’interno di un progetto di

human-computer interaction. É un sistema modulare e riconfigurabile di sensori e attuatori

capaci di interagire tra loro e scambiare informazioni tramite feedback aptici evoluti (tatto,

vibrazione, calore). Per la commercializzazione della tecnologia è stata costituita la società

Circle Garage con focus sui settori del gaming, outdoor&sports, field operations and

security;

• Microturbine: mira alla commercializzazione di una turbina dal diametro di 14 millimetri

che sfrutta la pressione di un fluido disponibile nell’ambiente o in un impianto industriale

per produrre energia elettrica in loco;

• QB Robotics: produce componenti per applicazioni robotiche che mirano alla

realizzazione di robot compliant, ovvero dai movimenti sempre più simili a quelli umani,

aumentandone l’efficienza energetica, la velocità e la versatilità;

• Rehab Technologies: mira alla creazione di una società che produca e commercializzi

soluzioni robotiche per la riabilitazione, in particolare della caviglia e del polso. Il progetto

trae vantaggio dalle collaborazioni in corso con INAIL e Ospedale Giannina Gaslini.

Accanto a questi, sono in corso di definizione altri tre progetti di start-up. A conferma di

una crescente attività di trasferimento tecnologico, le commesse industriali hanno

raggiunto un valore di circa 4.7 milioni di Euro, inclusi i contributi in-kind sotto forma di

strumentazione da parte di aziende leader mondiali nel campo della microscopia e nella

stampa e trattamento di nuovi materiali. L’incremento del valore dei contratti commerciali

di oltre cinque volte rispetto all’anno precedente è conseguente all’aumento del loro

numero così come del loro valore medio. interessante notare che il risultato è stato

raggiunto grazie al contributo di più centri e piattaforme tecnologiche.

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158

3.12.6 Sintesi dell’anno 2013

Durante il 2013 gli scienziati di IIT hanno proseguito le attività previste dal terzo piano

scientifico (2012-2014) con un approccio tecnologico rivolto al miglioramento della vita

dell’uomo. Lo sviluppo di progetti ambiziosi non sarebbe possibile senza il contributo e lo

scambio di conoscenze e scoperte da parte di scienze diverse; la scienza dei materiali, le

neuroscienze, la farmacologia e le nanoscienze si sono integrate perfettamente.

Il 2013 è stato per IIT un anno di consolidamento, del percorso di carriera per gli scienziati

e della struttura “a rete” dei centri e dipartimenti, della presenza di IIT nel panorama

scientifico internazionale e del rapporto con le industrie e il tessuto produttivo.

3.12.7 Il percorso di carriera per gli scienziati alla fine del 2013

Nel corso del 2012 è stato inaugurato un iter di tenure track per selezionare e trattenere i

migliori cervelli e per proporre ai ricercatori di tutto il mondo un modello ispirato alle best

practices internazionali. La tenure track di IIT è definita mediante un percorso di

formazione continua della durata massima di 10 anni durante i quali lo scienziato viene

valutato da un panel internazionale di esperti. I principi essenziali del percorso sono:

• Call internazionali: selezione con lettere di referenza e interviste;

• Livelli di ingresso connessi alla seniority del candidato denominati stage 1, stage 2 e

stage 3, equivalenti a figure accademiche quali assistant professor, associate professor e

full professor.

• Ingresso, passaggi di livello e valutazione mediante una serie di esami finali sulla base di

lettere di referenza e interview da parte di referee esterni.

• Possibilità di posizioni tenured solo per gli stage 2 e 3 (Associate e full professor).

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159

• Massima autonomia scientifica e finanziaria dello scienziato in tenure track.

• Numero di scienziati in tenure a regime non superiore al 15% dello staff totale di IIT.

• Gender policy specifica per la tenure track (es. “stop the clock for maternity”).

Il processo di valutazione è condotto interamente dal CTS di IIT (Comitato Tecnico

Scientifico) con la collaborazione di differenti uffici amministrativi e di supporto, nonché

un panel di esperti internazionali (Standing Committee of External Evaluators, SCEE) che

ad oggi annovera quasi 200 membri incaricati di esaminare la produzione scientifica dei

candidati in maniera trasparente e indipendente.

Nel 2013 è stato avviato un periodo transitorio di valutazione di talenti già presenti nello

staff di IIT: a seguito di uno screening dei 150 Principal Investigators (PI) basato sulle

performances scientifiche e tecnologiche, circa 20 scienziati sono oggi in tenure o tenure

track. Una success rate pari al 13% evidenzia processi di selezione rigorosi, in accordo con

la volontà di trattenere alcuni talenti chiave pur lasciando immutata la caratteristica

dinamicità di un contesto di ricerca internazionale: turnover dei giovani su base triennale

ed età media al di sotto dei 34 anni.

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160

3.12.8 La presenza di IIT nel panorama scientifico internazionale

Il portafoglio totale di progetti contrattualizzati da IIT ha superato i 90 Milioni di Euro dal

2006 al 201337. Tale portafoglio include oltre 90 programmi europei e oltre 110 progetti

industriali, di cui attivi al 2013:

• 57 Progetti Europei;

• 26 Progetti nazionali PON, POR, FIRB, INAIL e Ministero della Salute;

• 11 Progetti competitivi finanziati da fondazioni Italiane o europee;

• 6 Progetti finanziati da organizzazioni U.S.A;

• 83 Progetti industriali;

In particolare, i nuovi progetti acquisiti nel 2013 sono stati:

• 19 Progetti Europei (oltre 11.7 Milioni di Euro);

• 16 da enti ministeriali e/o agenzie nazionali e internazionali (circa 10 Milioni di Euro);

• 44 Progetti industriali (circa 3.7 Milioni di Euro);

A livello europeo, l’inizio dell’anno è coinciso con l’avvio dell’attività scientifica dei 2

progetti FET Flagship (Brain e Graphene) di durata decennale e con un finanziamento pari

a 10 Milioni di Euro assegnati dalla Commissione Europea.

37 http://www.iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-seventh-year-ita.pdf.

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161

IIT è partner del programma dedicato agli studi sul grafene con un ruolo specifico nei

settori “Energia”, “Comunicazione” e “Trasferimento Tecnologico”. A fronte di questo

successo è nato “Graphene labs”, un laboratorio multidisciplinare volto ad esplorare le

potenzialità di questo materiale innovativo e le sue applicazioni.

A dicembre 2013 IIT e l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul

Lavoro (INAIL) hanno avviato un’importante collaborazione scientifica per lo sviluppo di

tecnologie robotiche nel campo della riabilitazione e della protesica38, mirata alla futura

industrializzazione e diffusione dei dispositivi che saranno sviluppati (come vedremo in

modo approfondito successivamente).

In particolare, verranno avviati due progetti di elevato livello tecnologico e ad alto impatto

sociale mirati allo sviluppo di un esoscheletro motorizzato per la deambulazione di soggetti

paraplegici e di un sistema protesico avanzato di arto superiore. L’accordo prevede nei suoi

tre anni di durata un apporto di risorse da parte dei due istituti per un valore complessivo di

11.5 milioni di euro.

Il consolidamento della reputazione di IIT a livello nazionale è cresciuto anche in seguito

alla presentazione del rapporto di valutazione generale della ricerca italiana effettuato

dall’Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca

(ANVUR) per il settennio 2004-2010 da parte del MIUR nel luglio del 201339. La

valutazione dello stato della ricerca nazionale è stata eseguita sulla base di un complesso

modello dipendente da molti parametri che tiene conto di numerosi fattori fra cui analisi

bibliometriche, trasferimento di tecnologia, dimensione della struttura, attrattività dei

ricercatori, mobilità interna.

38 http://www.iit.it/en/results/projects-office/projects/2290-progetto-inail-iit.html. 39 http://www.anvur.org/rapporto/main.php?page=menu.

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162

Le classifiche sono state prodotte suddividendo gli enti in piccoli, medi e grandi,

dipendentemente dal numero di persone operative in ciascuna area. IIT risulta in generale

di media grandezza. Delle 14 aree disciplinari analizzate dai Gruppi di Esperti della

Valutazione (GEV), 4 hanno riguardato IIT (scienze fisiche, chimiche, biologiche e

ingegneria): per ciascuna di queste sono stati stabiliti un valore medio nazionale

normalizzato (Voto Medio Nazionale di Area) e una percentuale media di pubblicazioni

eccellenti.

Nelle 4 aree sopra elencate i risultati della valutazione dei prodotti di IIT sono sempre stati

ottimi, mostrando valori maggiori alla media e posizionando IIT sempre ai primi posti

delle relative classifiche. La prestazione di IIT è globalmente fra le migliori degli enti di

ricerca della propria categoria, risultato rimarchevole anche in considerazione del fatto che

nei primi anni del periodo esaminato (2004-2010) le attività non erano praticamente

iniziate.

3.13 Nikon e IIT: il progetto comune sul microscopio ottico del 2014.

La multinazionale giapponese Nikon ha deciso di investire su IIT nella collaborazione a

sviluppare un nuovo centro di microscopia ottica40; la scelta è ricaduta su IIT in quanto

cosiderato uno dei cinque centri di eccellenza al mondo nello sviluppo della ricerca sui

microscopi. Per IIT è un ulteriore motivo di soddisfazione: il nuovo centro Nikon imaging

center (NIC@IIT) viene annoverato tra i 9 laboratori di eccellenza Nikon nel mondo

insieme alle sedi ad Harvard, Singapore, Londra, San Francisco, Parigi, Chicago,

Hokkaido e Heidelberg.

Tutto nasce nel 2008, quando Nikon mette a disposizione dei ricercatori dell’IIT strumenti

molto avanzati per le indagini nel campo dell’oncologia molecolare, cioè lo studio delle

alterazioni nei meccanismi che regolano il funzionamento delle cellule tumorali, e delle

malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer.

40 Per approfondire l’argomento: http://oggiscienza.wordpress.com/2014/07/02/iit-nikon-supermicroscopio/

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163

Per vedere sempre di più e sempre meglio cosa accade a livello molecolare, però, era

necessario operare delle modifiche, perfezionare gli strumenti offerti da Nikon adattandoli

agli scopi di ricerca.

La mission comune è dunque sviluppare tecnologie innovative a costi contenuti: Nikon ha

il compito di fornire gli strumenti e i fondi (un investimento pari a 2.8 milioni di Euro), il

Dipartimento di Nanofisica dell’IIT contribuisce invece con un’equipe di 22 ricercatori e

scienziati, per formare il nuovo centro di sviluppo di microscopia a cui sarà affidato il

compito di sviluppare entro i prossimi 3 anni la nuova generazione di strumenti ottici con

applicazioni biomediche. La ricerca sarà affiancata da un’attività di formazione (prevista

dal 2015) per la nuova generazione di medici, biologi e ingegneri che in futuro utilizzerà i

nuovi strumenti.

Quest’ultimo obiettivo in particolare sta molto a cuore ai ricercatori dell’IIT:

«…È fondamentale formare medici e biologi del futuro perché siano in grado di leggere le

immagini catturate dai nuovi microscopi, di riconoscere le molecole e i loro movimenti, e

di tradurre tutto questo in informazioni. Proprio come ciascuno di noi tutti i giorni è in

grado di riconoscere le persone osservandone il volto…»;

«Se non dovessimo riuscirci, avremmo in mano uno strumento potentissimo ma

inutilizzabile».

La finalità della collaborazione Nikon-IIt è affinare sempre più il microscopio ottico, già

ora in grado di visualizzare un’immagine con una definizione inconcepibile soltanto cinque

anni fa, nitidezza che veniva invece garantita dal microscopio elettronico (ma con un costo

di realizzazione, di mantenimento e di preparazione dei materiali 20 volte superiore). Il

nuovo Centro, di recentissima inaugurazione aggiunge un altro fiore all’occhiello nella

serie dei successi di IIT.

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164

«Seeing is believing: si crede a ciò che si vede», osserva Diaspro, si prendono decisioni, si

elaborano diagnosi e terapie. Uno degli strumenti di elezione per studiare il vivente è

senz’altro il microscopio ottico: permette di penetrare la materia biologica senza

danneggiarla e utilizza una radiazione “naturale” come quella della luce visibile, sotto la

quale viviamo e cresciamo quotidianamente.

«Complesso di inferiorità», lo definisce Diaspro quando si riferisce al microscopio ottico

rispetto a quello elettronico (che offriva utilissimi dettagli molecolari), il nuovo

microscopio ottico però, potrà competere con quelli attuali anche per alcuni aspetti

fondamentali: la possibilità di realizzare analisi in vivo sull’uomo senza essere invasivo

(sostituendo in parte la biopsia), l’operatività in assenza di molecole o sostanze traccianti

artificiali nel corpo per individuare il tessuto o l’organo da studiare, e garantire accesso alla

misurazione del campione biologico in 4 dimensioni (le tre dimensioni dello spazio e l’

evoluzione nel tempo). I nuovi strumenti permetteranno di produrre immagini di campioni

biologici inedite in termini di precisione, dove l’errore della diagnosi potrà essere minore

rispetto alla situazione attuale.

L’impatto medico-sanitario sarà equivalente all’introduzione delle prime analisi a raggi X,

o delle immagini a risonanza magnetica: sarà possibile visualizzare con maggiore dettaglio

le strutture e il comportamento della biologia umana. Inoltre, tra le novità di questa nuova

strumentazione, i ricercatori hanno intenzione non solo di miniaturizzare il microscopio,

ma anche di integrarlo su un sondino o in un dispositivo plastico applicabile sulla pelle, in

grado di raccogliere le informazioni biologiche utili e inviarle ad un computer via wireless:

sfruttando le potenzialità di nuovi materiali come il grafene, la prospettiva è non troppo

lontana, secondo gli esperti. L’obiettivo, dunque, è quello di rendere meno invasivo

possibile il dispositivo.

Nel prossimo futuro, ed è anche questo che ci si aspetta dalla collaborazione tra Nikon e

Iit, «il microscopio - osserva Diaspro - permetterà di vedere molecola per molecola ciò

che realmente accade all’interno del corpo umano». Evoluzione che consentirà al medico

di ricevere un più efficace aiuto nelle decisioni da prendere: «Ad esempio permetterà di

evitare una biopsia per valutare lo stato di una malattia, neurodegenerativa o

oncologica».

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Nel dettaglio, il microscopio già ora - ma il processo si affinerà sempre più - fa vedere le

singole proteine. Che utilità avrà questa ricerca in campo medico? Individuare, grazie alla

precisione del microscopio, la proteina di adesione, per cui le cellule aderiscono una

all’altra, permetterà di sviluppare metodologie per limitare la formazione di metastasi, e

consentire un esame della situazione in modo più rapido e attendibile.

«Nikon riconosce all’IIT la necessaria competenza per affermarsi come centro all’altezza

dello scenario internazionale», ha commentato Toshiyuki Masai, Presidente di Nikon

Instruments. Non manca poi un messaggio di fiducia da parte di Gabriele Galateri di

Genola, Presidente di IIT:

«…Dal nuovo laboratorio ci attendiamo risultati importanti sia per le nostre ricerche e

per gli sviluppi industriali di Nikon Instruments sia in termini di brevetti, di trasferimento

tecnologico, di formazione di nuove professionalità d’avanguardia a beneficio del tessuto

produttivo italiano che ha uno straordinario bisogno di opportunità di innovazione per

recuperare competitività e rilanciare la crescita…».

La collaborazione sinergica tra Nikon e IIT è un esempio di come l’innovazione

tecnologica possa essere un fattore determinante sia per la conoscenza, che per la

generazione di quel “benessere” inteso non solo come sicurezza economica e fonte

occupazionale, ma anche benessere quale tutela e prevenzione della salute dell’uomo.

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3.14 Un progetto triennale con INAIL per la robotica riabilitativa

Lo sviluppo di nuove soluzioni robotiche per la riabilitazione e la protesica è al centro

della collaborazione scientifica siglata tra IIT e INAIL (Istituto Nazionale per

l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) (Dicembre 2013). Il progetto41 avrà la durata

di tre anni e porterà alla costituzione di una squadra interdisciplinare di ingegneri,

personale sanitario e medici che progetteranno e realizzeranno dispositivi robotici avanzati,

verificati nell’efficacia direttamente con i pazienti, ed economicamente sostenibili per il

sistema sanitario nazionale.

Il focus centrale sarà posto sulla costruzione di un esoscheletro motorizzato per gli arti

inferiori e di un sistema protesico mano-polso. La realizzazione dell’esoscheletro, una

struttura robotica vestibile da pazienti paraplegici per il recupero del movimento degli arti

inferiori, sarà basato sull’esperienza clinica di INAIL e sui risultati ottenuti da IIT nel

campo della robotica umanoide con i progetti Coman e iCub. Per i due umanoidi, infatti,

sono state impiegate soluzioni ingegneristiche avanzate per il controllo e compimento di

movimenti sicuri per la deambulazione e il bilanciamento dell’equilibrio su terreni inclinati

o sconnessi, e in seguito a spinte esterne.

Il sistema protesico mano-polso sarà costituito da una mano artificiale poliarticolata e di un

polso in grado di interfacciarsi con le migliori tecnologie oggi disponibili per le protesi

della parte alta del braccio. Il nuovo sistema sarà di più facile utilizzo e con un buon livello

di affidabilità e prestazioni, rispetto alle numerose mani poliarticolate già presenti sul

mercato.

41 http://www.iit.it/en/results/projects-office/projects/2290-progetto-inail-iit.html.

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Il patrimonio di esperienze tecnologiche e scientifiche di IIT è testimoniato dalla

progettazione e realizzazione di diverse mani poliarticolate: la mano del robot umanoide

iCub fornita di sensori tattili, e la Soft Hand, sviluppata in collaborazione con il Centro

Ricerche E. Piaggio dell’Università di Pisa42, che ha un design innovativo basato sullo

studio delle “sinergie” proprie di una mano umana, ed è robusta e flessibile.

I due progetti rientrano nel Piano di Ricerca 2013-2015 del Centro Protesi INAIL di

Bologna, che contribuirà con il proprio personale e le competenze scientifiche e cliniche

maturate a diretto contatto con i pazienti, valorizzando anche la collaborazione con IIT nel

Centro di Riabilitazione di Volterra per lo sviluppo di un robot per la riabilitazione della

caviglia. L’accordo prevede un apporto di risorse da parte dei due istituti per un valore

complessivo di 11.5 milioni di euro.

3.15 iCub

iCub43 è un robot androide alto 1,04 metri e con un peso di circa 25 kg, (delle dimensioni

di un bambino di 3 anni) nato nel 2004 da un team di ricercatori di IIT, con caratteristiche

ritenute fino ad allora impensabili per un automa. È infatti l'umanoide più completo sulla

faccia della Terra: ha mani di metallo, muscoli ad azionamento elettrico, due telecamere

per occhi, due microfoni per orecchie, uno speaker al posto della bocca, la possibilità di

comunicare con le espressioni del volto e perfino una pelle artificiale. Un progetto

avanzato e a lungo termine, con importanti ricadute tecnologiche e, soprattutto, un

ambizioso obiettivo scientifico: simulare un bambino di pochi anni di vita per scoprire

qualcosa di più su come siamo fatti e su come funziona il nostro cervello.

I primi prototipi di robot umanoidi erano molto diversi da quello attuale: avevano soltanto

una telecamera fissa, alla quale fu aggiunta la capacità di movimento.

42 http://www.centropiaggio.unipi.it/. 43 http://www.icub.org/.

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168

Poi sono arrivati i primi esemplari dotati di due occhi e di un braccio meccanico, seguiti da

modelli sempre più complessi, fino alla versione attuale di iCub. Tra tutti i componenti del

robot, uno dei più importanti è la mano.

Secondo le teorie attuali, infatti, le facoltà cognitive umane più elevate derivano dalla

nostra capacità di usare le mani: nel corso dell'evoluzione è stato proprio l'uso della mano a

consentire lo sviluppo dell'intelligenza grazie alla possibilità che ci offriva di interagire con

l'ambiente afferrando gli oggetti e manipolandoli. Un'altra eccellenza di iCub è la pelle, che

ricopre gli arti e il torso ed è - ad oggi - costituita da 5 mila sensori di tipo capacitivo simili

a quelli dei touch screen di smartphone e tablet.

Soprattutto, è la combinazione tra capacità motorie, sensoriali e computazionali che rende

questo robot unico, una piattaforma ideale per lo studio dell'intelligenza.

Il progetto iCub riunisce 200 ricercatori da tutto il mondo, e grazie al loro apporto, oggi il

robot è già in grado di fare molte cose che fa un bambino: per esempio, dopo aver

"imparato" a gattonare nel 2010, è capace di tenersi in equilibrio (capacità che richiede

molta energia anche a un essere umano, perché la posizione eretta è instabile per natura) e

anche di camminare, seppur lentamente.

Addirittura è in grado di "capire" semplici comandi vocali ed esprimere emozioni (gioia,

disappunto, sorpresa) verso i suoi interlocutori. Ovviamente non si tratta di vere emozioni,

ma di espressioni facciali simulate per mezzo di luci, che però aiutano a migliorare

l'interazione tra umani e robot, a farci sentire più a nostro agio con lui. iCub sa inoltre

parlare, vedere, riconoscere e afferrare gli oggetti. E, soprattutto, imparare dagli errori. La

prima volta che prova ad afferrare qualcosa, infatti, può sbagliare; ma poi si corregge e

impara anche a dosare la forza in modo opportuno.

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169

Anno dopo anno, i ricercatori migliorano le prestazioni dei sensori e dei circuiti di iCub,

per renderlo sempre più simile a noi. Fino a poco tempo fa, gli occhi del robot erano

costituiti da "semplici" telecamere. Oggi, invece, sono allo studio sensori ottici più

avanzati, detti "neuromorfi" perché ispirati all'occhio umano.

Un'altra particolarità di iCub è il fatto di essere un progetto open source, come il sistema

operativo Linux. Ogni gruppo di ricerca che partecipa all'iniziativa può modificare iCub

secondo le proprie esigenze, purché ne condivida i risultati con gli altri.

Il piccolo androide, di cui a Genova esistono 3 esemplari ha 25 di fratellini sparsi nel

mondo. Il vantaggio, per i gruppi di ricerca che li usano, è evidente: il fatto di basare i

differenti studi sullo stesso corpo meccanico permette di condividere più facilmente i

risultati e quindi di progredire più velocemente nella ricerca. iCub è nato come progetto a

lungo termine di interesse puramente scientifico. Non mancano, però, le applicazioni.

In campo medico gli studi sul movimento degli arti del robot si possono applicare alla

riabilitazione di persone che, per esempio a causa di un ictus, sono rimaste paralizzate: in

un certo senso, si può dire che il robot impara i movimenti dall'uomo, per tornare a

insegnarli all'uomo. Sono attive in tal senso alcune collaborazioni tra IIT e alcune strutture

ospedaliere. Gli scienziati di Genova sono convinti che un giorno i loro umanoidi potranno

entrare nelle case delle persone, contando anche sul fatto che il prezzo di produzione può

diminuire sensibilmente grazie alla produzione di massa.

Si sta studiando la possibilità, per esempio, che i robot siano utilizzati per l'assistenza agli

anziani: potrebbero controllare lo stato di salute, l'assunzione di medicine e fornire

assistenza.

Non bisogna infine dimenticare il progetto originale, cioè il fatto che iCub sia usato come

modello per le neuroscienze. In questi primi 10 anni iCub ha percorso molta strada.

Eppure, da un certo punto di vista, è appena arrivato al punto di partenza: servire da

modello per gli studi sull'intelligenza. Nei prossimi 10 anni il cucciolo potrà finalmente

crescere, soprattutto da questo punto di vista.

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3.15.1 Intervista ad A. Roncone (iCub Facility, PhD Fellow)

1. «Come sei entrato in contatto con IIT»?

«Ho scritto la tesi con un professore che lavorava nel dipartimento di RBCS (Robotics

Brain and Cognitive Sciences) associato all’Università di Genova, e mi ha offerto di fare il

dottorato (phd) all’IIT. Sono stato selezionato e ho deciso di partecipare ad un progetto

della durata di 3 anni».

2. «Parliami di IIT, cosa ne pensi»?

«l’istituto è una fondazione di ricerca che opera in diversi campi. Per quanto mi riguarda,

l’ambito della robotica da un punto di vista scientifico è stimolante in quanto è applicabile

a diversi ambiti ingegneristici, meccanica, elettronica ed ingegneria del software; dal

punto di vista lavorativo sono convinto che la robotica sia un’area estremamente

promettente per un futuro non troppo lontano. Qual’è il mio parere su IIT? è un istituzione

che lavora nel lungo termine dunque difficile da valutare (per i risultati): per esempio un

farmaco studiato nel dipartimento di Drug Discovery, ha un ciclo di vita di 25 anni tra

l’ideazione e la messa in commercio, quindi è difficile valutare dopo “solo” 10 anni di

attività di IIT. Alcuni dipartimenti se non raggiungono risultati tangibili (5 anni) vengono

chiusi, come è accaduto con quello di Telerobotica, dove 50 ricercatori hanno perso il

lavoro».44

3. «Quale ruolo ricopri all’interno di IIT»?

«Sono uno studente di dottorato (3 anni all’IIt) che si occupa del lato software di iCub,

quindi l’intelligenza artificiale, machine learning, integrazioni multisensoriali, percezione

robotica in generale; in pratica gli insegno come avere una migliore percezione del

mondo, come integrare le informazioni che riceve dalle due telecamere (i suoi occhi) per

creare una migliore ricostruzione tridimensionale dell’ambiente esterno»

44 vedi: http://www.scienzainrete.it/files/Sole_2010_11_30_Ravenna.pdf.

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4. «Parliamo di iCub: dove vuole arrivare»?

«iCub è una piattaforma concepita nell’ambito della robotica cognitiva, che in sostanza

significa una robotica concettualmente diversa da quella tradizionale, come la robotica

industriale o la Home Automation (I robot aspirapolvere per intenderci). La robotica

industriale si occupa di creare dei robot capaci di fare cose difficili, per rimpiazzare

l’uomo in task anche complicate e pericolose, hanno la possibilità di essere programmati

per diverse attività, però hanno il problema che sanno fare una sola cosa, e sono

essenzialmente dei robot che non sanno interagire con l’essere umano, e potenzialmente

pericolosi, in quanto non hanno una minima percezione del mondo esterno. (non sanno

quindi rilevare la presenza dell’essere umano intorno a loro). la Home Automation

presenta invece robot già in grado di avere una minima percezione dell’ambiente esterno e

di adattarsi ad esso, però anche loro sono in grado di eseguire un solo task (ciò per cui

sono stati progettati) e non sanno adattarsi a nuovi compiti».

«La robotica cognitiva ha un punto di vista più ampio, si ispira all’essere umano e agli

animali superiori in generale, e cerca di sfruttare l’apprendimento come mezzo per

sviluppare nuovi task e adattarsi a situazioni contestuali impreviste».

«iCub è una piattaforma di ricerca acquistabile dalle altre università per fare ulteriore

ricerca (il suo costo attuale nel 2014 è di 300.000 Euro); l’obiettivo è quello di abbassarne

drasticamente i prezzi, per poterlo inserire in settori e contesti diversi come per esempio

nelle settore della medicina, già in uso in questo campo il cd, braccio di ferro: è un robot

progettato da IIT, viene usato per la riabilitazione fisioterapica di arti superiori, a seguito

di disabilità o ictus»;

«Un’ applicazione pensata è l’utilizzo di robot nelle cd. clean room, degli ambienti adibiti

a laboratori chimici, e/o elettronici la cui caratteristica principale è la presenza di aria

molto pura, cioè a bassissimo contenuto di microparticelle di polvere in sospensione; un

robot con diverse abilità in queste situazioni anche pericolose (per esempio il trattamento

di sostanze tossiche) potrebbe essere in grado di sostituire un essere umano».

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5. «Il futuro: ti vedi all’interno di IIT nei prossimi anni»

«In questo momento sono al termine del mio PhD di 3 anni, finirò l’esperienza IIT a fine

2014; per politica interna, esiste l’obbligo di non tenere ricercatori per il post dottorato,

questo per favorire la nascita di nuove idee e per far circolare i ricercatori a livello

internazionale».

«in che senso»?

«La ricerca essenzialmente avanza in maniera condivisa, nel senso che esiste una

collaborazione tra vari enti di ricerca, laboratori e ricercatori di tutto il mondo, quindi,

favorendo la rotazione di competenze, per diffondere in modo più distribuito la

conoscenza. “Facendo girare” i ricercatori, si evita inoltre il cd. fenomeno tutto italiano

del mantenimento “della poltrona a vita”, il ricercatore è stimolato a livello professionale

perché cambia contesto di lavoro e anche le collaborazioni che instaura, e in più se non

raggiunge un determinato risultato, è obbligato a fare le valigie e a lasciare il posto ad un

altro ricercatore potenzialmente più competente».

6. «Quindi cosa farai»?

«La mia idea sarà di spostarmi in un altra facility, ma rimanendo nello stesso ambito di

ricerca, reputo interessante lo studio del machine learning e della percezione artificiale, è

un settore estremamente in fermento, e ha bisogno di ricercatori con nuove idee».

7. «Vedremo quindi a breve i robot entrare a fare parte della nostra vita quotidiana»?

«Sicuramente, sono già più di quelli che ci si possa aspettare, sono tra noi ma non li

vediamo…».

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3.16 Il rapporto con le industrie e il tessuto produttivo

Nel 2013 sono state prodotte 57 invenzioni e sottomesse 73 domande di brevetto, che

portano il portafoglio complessivo di IIT a 242 (dati aggiornati a gennaio 201445). La

distribuzione delle domande di brevetto per dipartimenti e centri della rete, dimostra lo

sforzo delle strutture di IIT di proteggere la proprietà intellettuale interna. I settori più

attivi nella produzione di idee sono le nanotecnologie degli smart materials e la robotica,

seguite dall’attività nell’ambito farmacologico.

La vivacità scientifica e la vocazione tecnologica di IIT hanno attirato l’attenzione di

numerose industrie, dal settore tessile a quello energetico, cui ha fatto seguito la

sottoscrizione di contratti di vendita o di ricerca. In aggiunta ai 44 progetti industriali

siglati, IIT ha avviato collaborazioni con aziende leader nel campo della produzione di

strumentazione di laboratorio, le quali hanno messo a disposizione dei ricercatori

attrezzature stato dell’arte perché fossero oggetto di ulteriori miglioramenti tecnologici.

Durante il 2013, le attività di trasferimento tecnologico hanno portato al perfezionamento

delle linee guida legate alla creazione e partecipazione di IIT in iniziative di Start up. Nel

periodo iniziale durante cui la start up deve trovare gli investitori, IIT assicura ai

ricercatori-imprenditori il mantenimento della loro posizione nello staff, la creazione di

una squadra capace di sviluppare l’idea di impresa e l’utilizzo regolamentato della

strumentazione per la realizzazione dei primi prototipi. L’attenzione rivolta verso

l’integrazione con il tessuto produttivo ha portato al lancio di 3 nuove start up e

all’affermazione di 2 idee di impresa (On-Iris e Dual Cam) durante concorsi dedicati. A

questo si aggiunge la trasformazione del progetto Microturbina premiato nel 2012 durante

Italia Camp, nella società Advanced Microturbine.

45 http://iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-8-year-ita-final.pdf.

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3.17 IIT ed il fotovoltaico a basso costo - alta efficienza

Produrre energia fotovoltaica a basso costo e ad alta efficienza sarà possibile grazie a

semiconduttori policristallini con struttura di Perovskite utilizzati in celle solari di nuova

generazione. Un gruppo internazionale di ricerca, composto da scienziati del Center for

Nano Science and Technology (CNST) di IIT a Milano e dell’Università di Oxford, ha

svelato i meccanismi di funzionamento di queste promettenti celle solari. La Perovskite46,

un cristallo inorganico che prende il nome dal suo scopritore (il mineralogista russo L.A.

Von Perovski), ha conquistato l’attenzione della comunità scientifica nell’ultimo anno

perché, quando è usato come semiconduttore consente la fabbricazione di celle solari

ibride con un rendimento di circa 15%, candidandosi a sostituto del silicio in quanto i costi

di produzione sono più bassi, dovuti all’abbondanza in natura dei materiali attivi e ai

metodi di fabbricazione semplici, che avvengono a basse temperature e sono estendibili su

aree più vaste.

I ricercatori hanno dimostrato che attraverso una corretta progettazione dei cristalli di

Perovskite è possibile realizzare un dispositivo solare ad alta efficienza di conversione,

semplice e poco costoso allo stesso tempo. In particolare il team ha studiato i processi che

avvengono all’interno del cristallo quando interagisce con la luce, e ne ha ottimizzato la

composizione chimica, facendo sì che le cariche elettriche foto-generate possano viaggiare

per distanze maggiori di 1 micrometro nel dispositivo: significative se si confrontano con

le dimensioni nanometriche (mille volte più piccole) della struttura cristallina. Questa è

una nuova e ulteriore sfida per IIT.

46 http://iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-8-year-ita-final.pdf.

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3.18 Osservazioni conclusive

L’Istituto Italiano di Tecnologia è nato ufficialmente alla fine del 2003 e regolamentato

dalla Legge 24/11, n. 326 (Vedi nota n.1 Par. 3.2). Come abbiamo affermato in

precedenza, tale legge sanciva l’intervento Statale mediante una spesa di 50 milioni di

Euro per l’anno 2004 e successivi 100 milioni di Euro per ogni anno successivo, dal 2005

fino al 2014. Possiamo affermare che il periodo di “assestamento logistico” dell’Istituto è

terminato, dal venturo 2015 IIT dovrà camminare “con le proprie gambe”.

Abbiamo analizzato l’evoluzione di tale istituto, dal punto di vista del personale, dal punto

di vista del trasferimento tecnologico, dei brevetti e anche le diverse partnership che ha

saputo creare con aziende esterne (come per esempio Nikon, vedi par. 3.13). Come

abbiamo evinto dall’intervista con un membro interno, IIT ha iniziato a creare una fitta rete

di contatti con altre Università, italiane ed Estere, stipulando diversi accordi, con aspetti

finanziari molto interessanti (per esempio: i prototipi di iCub saranno venduti alle altre

università, sempre per fare ricerca, per un ammontare di circa 300.000 Euro per unità).

IIT sta iniziando a muoversi in modo autonomo, ha superato i 1200 membri di staff 47 con

un’elevata percentuale di lavoratori con età inferiore ai 35 anni, e ha saputo incrementare

la percentuale di lavoratori italiani (al 2014, più del 54%) invertendo il cd. fenomeno della

fuga di cervelli. IIT si è fatta avanti nella comunità scientifica, sfornando brevetti

internazionali rilevanti e incrementando il numero di pubblicazioni scientifiche. Possiamo

affermare che parte degli scettici che avevano commentato negativamente la nascita di tale

istituto dovranno almeno in parte ricredersi, in basi ai risultati presentati, l’istituto ha

decisamente superato la fase di test. Dal punto di vista dello sviluppo locale, la nostra

domanda era: potranno i risultati di IIT incrementare il benessere dei propri cittadini?

47 http://iit.it/images/stories/scientific_plan/IIT-8-year-ita-final.pdf.

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176

Come affermato all’interno dell’intervista ad un membro della facilità iCub, IIT è un

istituzione che lavora nel lungo termine dunque è molto difficile valutare i suoi risultati,

(per esempio un farmaco studiato nel dipartimento di Drug Discovery, ha un ciclo di vita di

25 anni tra l’ideazione e la messa in commercio) “solo“ dopo 10 anni di attività;

sicuramente l’ottimo rapporto con l’Università di Genova e altri Atenei sta favorendo

l’ingresso in IIT di giovani Universitari, per programmi di Dottorato (PhD) e assunzioni a

tempo determinato. Grazie al progetto Leonardo e alla successiva nascita di IIT, Genova ha

attraversato un periodo di trasformazione logistica, senza abbandonare le sue vecchie

ambizioni portuali, ha cercato di evolvere verso una concezione di città più High-Tech,

plasmando il volto urbano della città, (Il Progetto “Erzelli”) sta cercando di porre

innovazione tecnologica e conoscenza all’interno dell’identità delle piccole-medie imprese

locali e delle startup.

Ricordiamo i dati già analizzati in precedenza (Par. 2.11):

• Numero imprese High-Tech della provincia di Genova: 2418 (fonte Istat);

• Totale addetti High-Tech della provincia: 14780 (fonte Istat);

• numero di imprese del DHT: 150 (fonte locale);

• numero di addetti del DHT: 7500 (fonte locale);

Sommiamo questi numeri ai dati inerenti ad IIT, come per esempio i dati relatvi al

personale interno, che a metà 2014 arrivano a quasi 1300 unità. E calcolando che i numeri

stanno aumentando, nel complesso abbiamo ottenuto risultati molto confortanti.

Innovazione tecnologica e sviluppo locale possono convivere insieme? È un percorso

ancora tortuoso, ma sicuramente Genova ha capito di avere una chance a livello Europeo

per dimostrare che l’High-Tech debba essere considerato una risorsa per uscire dalla crisi,

IIT ha ancora molta strada da fare, anche se possiamo affermare con certezza che la

macchina si è messa in moto, dal 2014 è “ufficialmente” diventata indipendente da quei

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177

100 milioni annui erogati dallo Stato, dunque ci possiamo aspettare un’ottica più

imprenditriale da parte dei vertici IIT, sperando nelle assunzioni di giovani laureati e

talenti “nostrani”. Confindustria e Dixet hanno da poco fondato l’associazione Genova

2021, città della tecnologia : sarà possibile nei prossimi 7 anni raggiungere un risultato

così ambizioso? Sicuramente siamo sulla strada giusta.

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178

CAPITOLO 4

UNA PICCOLA REALTA HIGH-TECH ITALIANA: ELBATECH.

Dopo aver analizzato la connessione tra sviluppo locale e innovazione a livello macro con

l’Istituto Italiano di tecnologia, spostiamo la lente di ingrandimento su una dimensione

molto più piccola di realtà High-Tech. Le dimensioni spesso non sono direttamente

proporzionali ai risultati conseguiti, anzi, spesso proprio queste micro realtà HT riescono a

ottenere risultati a dir poco straordinari.

4.1 Micro sviluppo locale e innovazione: Elbatech

Elbatech1 nasce nel Settembre 1999 all’Isola d’Elba (Toscana) usufruendo di un indotto

creato da un consorzio misto pubblico-privato chiamato Technobiochip (1992-1996), tale

consorzio era formato da diverse Università italiane (come la facoltà di biologia e fisica di

Firenze e Milano) e da industrie che avevano lo scopo di portare sul mercato i prodotti che

la loro ricerca avrebbe prodotto. Tale consorzio aveva vinto una serie di bandi ministeriali:

tra cui uno sulla bioelettronica e uno sui biosensori, inerenti alla microscopia ad alta

risoluzione. I risultati si sono ottenuti ma le industrie non hanno effettuato tale

trasferimento tecnologico. Il progetto Technobiochip è uscita di scena nel 1996, seguendo

gli spostamenti e la destinazione dei fondi ministeriali, mentre una parte dei ricercatori

industriali originari ha deciso di creare una piccola realtà imprenditoriale High-Tech che ha

usufruito dei contatti che si era creata negli anni di ricerca, per esempio alcune Università

italiane come Firenze, Milano e Torino.

1 http://www.elbatech.com.

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179

Elbatech ha intenzione di offrire soluzioni che nascono da un ampio spettro di conoscenze,

che spaziano dalla biofisica all’elettronica digitale, per offrire servizi vari come la

progettazione del software applicativi e vari prodotti, come controller, amplificatori ad alta

tensione con basso rumore ed altissima precisione, fino ad arrivare alla creazione di

strumentazione nanogravimerica.

Collaborando con i vari ricercatori, Elbatech cerca di creare dei prototipi e customizzare

una serie di prodotti ah hoc rispetto alle esigenze sperimentali delle varie Università e

aziende del loro indotto.

I due settori in cui Elbatech opera sono la microscopia a sonda di scansione (hanno

progettato e realizzato un microscopio STM/AFM in collaborazione con l’Università di

Firenze e l’istituto di ottica e gli amplificatori di segnale con basso rumore. Questi sono

stati i due filoni trainanti dell’attività di ricerca e poi da questi sono nati dei prodotti che

hanno una loro applicazione nel mercato, tipo amplificatori per posizionare le fibre ottiche

e alimentatori di vario tipo.

4.2 Intervista a Manuela Adami (Elbatech)

«…Tutto quello che vedi è stato fatto a spese dell’azienda, noi non riceviamo fondi di

alcun genere, abbiamo partecipato a qualche progetto europeo ma senza grossi risultati,

invece nel 2013 siamo subentrati in due progetti del CNR…»

1. «Quali sono i vostri ultimi progetti»?

«Diversi laboratori di ricerca chiedono a noi di progettare un prodotto di cui hanno

bisogno. Noi lo facciamo e lo installiamo per un periodo di test all’interno del loro

laboratorio, per es. un microscopio o un particolare Amplificatore. Nel 2013 abbiamo

portato all’Università di Canberra, in Australia, una ventina di amplificatori di segnale

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180

marchiati Elbatech, è stata una soddisfazione immensa, e pensa che pochi mesi dopo un

visiting professor Polacco ci ha contattati per avere le stesse macchine all’interno di una

facility in Polonia…».

2. «In Italia avete dei buoni contatti? O dovete sempre uscire dai confini»?

«In Toscana facciamo parte di una consolidata realtà Universitaria di ricerca, mentre con

le aziende è molto difficile entrare in contatto, in quanto progettiamo prodotti di nicchia,

per esempio solo noi e una ditta di Trieste ci occupiamo di quel particolare ramo della

microscopia e siamo solo noi in tutta Italia. Anche a livello aziendale le soddisfazioni non

mancano, un’impresa italiana del tessile ci ha commissionato un microscopio che gli ha

permesso di riconoscere il filo di Cashmere da altri tessuti meno pregiati».

3. «Trovarvi su un’isola così piccola e “lontana” dalle grandi realtà universitarie ed

Industriali italiane ha creato un limite alla vostra attività? Cioè, la distanza ha inciso sulla

qualità dei vostri contatti»?

«Beh, indubbiamente agli albori, negli anni 90, i componenti erano difficili da trovare e

spedire, i tempi erano lunghi e certi fornitori non credevano che una laboratorio High-

Tech potesse operare dall’Isola d’Elba, ma con l’avvento di Internet tutto è cambiato, che

differenza fa trovarsi a Milano o su un isoletta sperduta? Nessuna. Non abbiamo mai

avuto limiti per quanto riguarda il nostro operato, l’evoluzione di internet è stata

ovviamente fondamentale. Con il tempo abbiamo superato i confini europei, da qualche

anno abbiamo un rappresentante dei nostri prodotti (per la parte sensori e nano

gravimetrico) in paesi molto fertili economicamente, come Brasile e Korea, che si occupa

di creare nuovi contatti e clienti». Questi sono i nostri ultimi risultati:

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• All’Università di Cambridge abbiamo spedito un amplificatore di segnale marchiato

Elbatech che viene usato in un laboratorio di fisica per muovere tubi piezoelettrici.

• All’Università di Oxford abbiamo creato insieme ai ricercatori un microscopio ad alta

risoluzione.

• Il Max Planck Institute tedesco ha recentemente acquistato degli amplificatori di segnale.

«Sull’isola si è creata una rete di collaborazioni con un’altra azienda che opera nel

settore, la Caen, con il loro contributo, produciamo strumentazione e riforniamo

nientemeno che il Cern di Ginevra, che ha bisogno di sensori, più recentemente abbiamo

creato una collaborazione con l’EPFL (Ecole polytechnique Federale de Lausanne)

mediante diverse forniture di amplificatori lineari ad alta tensione.”Sempre all’interno

della EPFL sono stati installati tre microscopi a forza atomica (AFM) prodotti da noi

(sono microscopi con risoluzione di un miliardesimo di metro)».

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4.3 Il progetto ElbaTech4Nature

Il progetto ElbaTech4nature2 nasce dalla passione dei membri di Elbatech per la natura.

ElbaTech4Nature è un progetto parallelo che opera nel settore ambientale per realizzare

sistemi di misura, di telecontrollo e di gestione dati e video in real-time su Internet/Intranet

e nel "cloud" in genere. ET4N è importante progetto che fonda le sue radici nell’High-

Tech, ma si riscopre “green”, dando la giusta importanza alla natura e ai suoi aspetti,

cercando di trovare nell’HT uno strumento che possa valorizzare l’aspetto naturale. Esso si

occupa in genere di:

• monitoraggio ambientale;

• fototrappolaggio;

• sensoristica ambientale;

• sorveglianza faunistica;

• rilevamento temperatura e salinità;

• videoriprese infrarossi;

• monitoraggio dell’habitat marino;

Gli ultimi progetti ET4N racchiudono:

• Il progetto del Parco dell’Arcipelago Toscano3 per il telecontrollo tramite telecamere per

la salvaguardia del cinghiale e del muflone;

• Il progetto del Parco dell’Arcipelago Toscano per il monitoraggio con telecamere diurne

e notturne di una colonia di gabbiani corsi sull’isola di Pianosa e invio dello streaming

video su internet; 2 www.et4nature.it/

3 http://www.islepark.it/

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• Il progetto del Parco dell’Arcipelago Toscano per il monitoraggio con telecamere ad

infrarossi customizzati di una tana di berta minore (uccello marino) sull’Isola di

Montecristo con registrazione dello streaming con VCR;

• Realizzazione di una rete sensoristica marina per il controllo della temperatura a varie

profondità di un tratto del Mar Tirreno per studiare l'evoluzione delle praterie di posidonia

oceanica;

• Installazione di una telecamera subacquea con diretta video su internet per il

monitoraggio della vita marina a Cala dei Turchi sull’Isola di Pianosa;

• Controllo delle temperature delle vasche dello stabulario di rane presso il CNR di

Genova;

• Controllo di un sistema di qualità tramite microscopio a forza atomica nel settore tessile

di prestigio;

• Studio dell'influenza delle maree sulla temperatura all'interno della laguna di Orbetello

• Studio dell’influenza di parametri microclimatici sul comportamento e sullo sviluppo di

alcune specie di farfalle target per capire la loro potenziale vulnerabilità in un’ottica di

aumento globale delle temperature (Università degli Studi di Torino – Dipartimento di

Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi – Laboratorio di Zoologia).

• Monitoraggio di temperatura e umidità nelle tane degli orsi bruni (Ufficio Faunistico -

Wildlife Office Parco Naturale Adamello Brenta)

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«ET4N è la nuova frontiera della nostra visione di innovazione. High-tech e natura

possono convivere insieme, il nostro scopo è conservarla, studiarla e valorizzarla. La

Green Economy è un settore molto promettente, siamo sicuri che questa nuova frontiera

darà ottimi risultati nel breve periodo».

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4.4 Conclusioni

La presente trattazione ha cercato di approfondire diverse realtà produttive e di ricerca, per

comprendere e delineare quali fattori (in primis l’innovazione tecnologica) possano

favorire concretamente la ripresa economica del nostro paese.

Le opere di Carlo Trigilia sono il punto di partenza per l’analisi del fenomeno dello

sviluppo locale; egli ha nettamente contribuito allo studio delle origini e dello sviluppo

delle regioni del Centro-Nordest (la cd. Terza Italia di A. Bagnasco, vedi par. 2.2)

mettendo in evidenza il ruolo svolto dalle città e dalle politiche locali nel plasmare un

ambiente favorevole allo sviluppo della piccola impresa e dei distretti industriali. Questi

elementi hanno contribuito a creare un tessuto di rapporti fiduciari (ricordiamo il fattore

capitale sociale, vedi R. Putnam51) e di saper fare diffuso legato a tradizioni artigianali e

commerciali in diversi settori produttivi.

In diversi studi, Trigilia ha analizzato la componente sociale dell’innovazione, il ruolo dei

fattori istituzionali, socio-culturali e politici nello sviluppo locale e nei distretti industriali e

high-tech in Italia e in Europa (vedi Crouch C., Le Galès, P., Trigilia52). L’ autore ha

evidenziato come nell'economia contemporanea le dimensioni sociali e relazionali

dell'innovazione spesso siano più rilevanti rispetto ad altre tipicamente aziendali. I processi

innovativi maturano non solo all'interno dei confini dell'impresa, ma sempre di più

attraverso le relazioni formali e informali che le imprese sviluppano tra loro, con i

fornitori, con i clienti e con le strutture della formazione e della ricerca.

51 Putnam R. Making Democracy Work, Civic Traditions in Modern Italy, Princeton University Press, 1994

Cit. in Trigilia C. - Sviluppo Locale, un progetto per l’Italia, Editori Laterza. 2005.

52 Crouch C., Le Galès, P., Trigilia, C., Local Production System in Europe, Oxford University Press, New

York, 2001.

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186

Questa connotazione interattiva e comunicativa è correlata ad un nuovo radicamento locale

delle attività innovative: è nel territorio, attraverso interazioni di natura informale, che

nasce la conoscenza tacita come risorsa cruciale per l'innovazione.

L’innovazione assume sempre più una dimensione sociale, da qui la maggiore importanza

che assumono le nuove politiche per lo sviluppo locale e i tentativi di accrescere il capitale

sociale relazionale nei territori (vedi il successo delle tre storie di patti, par. 2.4).

In diversi studi compiuti dei primi Anni Novanta, Trigilia ha attirato l’attenzione sulle

condizioni non economiche dello sviluppo, specialmente localizzate nelle regioni

meridionali53. La carenza di cultura civica o di capitale sociale, il prevalere di relazioni

politiche clientelari, la conseguente tendenza delle istituzioni locali a perseguire politiche

scarsamente efficienti nell’offerta di beni collettivi (infrastrutture, servizi) sono tutti fattori

che ostacolano uno sviluppo autonomo, capace di auto-sostenersi. In questo quadro, gli

aiuti dello stato per lo sviluppo economico e per la fornitura di servizi essenziali ai cittadini

meridionali finiscono per avere degli effetti perversi. Invece di favorire la crescita , portano

ad alimentare corruzione e criminalità.

Di conseguenza, le istituzioni locali devono porre maggiore attenzione alle politiche di

sviluppo, per creare un ambiente economico e sociale più favorevole alla crescita

economica di solide attività di mercato, e per offrire ai cittadini servizi più efficienti e

efficaci in campi fondamentali come la sanità, la formazione, l’istruzione e l’assistenza

(come abbiamo visto nei tre casi positivi nel paragrafo 2.4).

53 Trigilia C. Sviluppo senza autonomia. Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno, 1994 Cit. in Trigilia

C. Sviluppo Locale, un progetto per l’Italia, Editori Laterza. 2005.

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Partendo dal esperienze positive di alcuni distretti High-Tech internazionali (tra cui

Cambridge e Sophia-Antipolis) sono stati analizzate diverse realtà innovative italiane già

consolidate, come il distretto delle Biotecnologie in Lombardia (vedi par. 1.9.2) e il

distretto ICT di Torino Wireless46, cercando di capire quali fattori abbiano reso possibile lo

sviluppo di aree altamente tecnologiche anche sul nostro territorio e come si siano distinte

per la loro capacità di “produrre innovazione”, sia in maniera autonoma da incentivi statali,

ma anche grazie al supporto finanziario delle istituzioni (non dimentichiamo il ruolo chiave

delle Agenzie di sviluppo, il cui scopo primario è supportare e incentivare il potenziamento

e la qualificazione dei sistemi produttivi locali).

Ricordiamo alcuni dati:

• Il Distretto Piemontese di Torino Wireless concentra più di 7000 addetti (nel settore ICT)

e produce il 20% dei brevetti nazionali;

• Il Distretto delle Biotecnologie in Lombardia racchiude 1897 imprese nel settore della

sanità (124 su 200 imprese farmaceutiche nazionali aderenti a Farmindustria) con un

indotto di più di 2000 addetti che producono ed esportano il 45% delle medicine prodotte

sul territorio nazionale. Milano è la sede delle più importanti aziende del settore

Biomedico.

• Il distretto High-Mech in Emilia racchiude 28000 imprese meccaniche, 30 istituti di

ricerca che danno lavoro a più di 1600 ricercatori.

Questi sono risultanti in costante crescita e sono molto rassicuranti.

54 Per maggiori dettagli, vedi. Pacetti V. e. Pichierri A. : Policies & Agencies: New policies instruments up

against the crisis, italienforschung.de

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Le politiche di sviluppo locale sono una importante leva che può incrementare lo sviluppo

locale; le modalità di intervento dello Stato sono state delineate grazie all’analisi di tre

storie di patti territoriali, tre storie di successo che hanno consolidato la necessità di

intervenire a livello locale.

Ed è proprio a livello locale che nascono i piani strategici delle città. Per ovvia comodità è

stato analizzato il piano strategico della Città di Genova, che tra le righe aveva già una

radicata vocazione per la tecnologia, ed essendo sede di un porto internazionale, la scelta di

creare un istituto italiano di tecnologia non poteva che ricadere su una città ben immersa

nelle logiche finanziarie dei trasporti e degli scambi internazionali.

Tenendo a mente le condizioni sociali favorevoli analizzate da Trigilia, la nostra lente di

ingrandimento si sposta sull’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che sovvenzionato dallo

Stato, ha iniziato a ottenere ottimi risultati, sia dal punto di vista della ricerca che

occupazionali. Purtroppo per vedere risultati tangibili abbiamo dovuto aspettare quasi 10

anni, come già detto i tempi della ricerca sono molto più lunghi, anche se il tempo è

purtroppo, il fattore più importante da considerare in una situazione di crisi come quella

odierna. L’Istituto ha saputo creare ottime relazioni con l’Università di Genova in primis e

con altre Università italiane ed internazionali. Nei primi anni di operato ha creato una fitta

rete di contatti con diverse realtà innovative, anche grazie al distretto High-tech Genovese

(Dixet) che ha saputo unire a Genova diverse realtà produttive multinazionali,

fondamentali per la logistica e la sopravvivenza del distretto HT stesso (Vedere il Progetto

Leonardo, par. 2.13). Entro il 2021, il presidente del Dixet Carlo Castellano prevede che ci

saranno 21.000 addetti nel settore High-Tech a Genova.

Dunque gli studi di Trigilia hanno avuto un ulteriore riscontro pratico: lo sviluppo locale è

legato in modo indissolubile alla qualità dei rapporti di fiducia instaurati sul territorio.

Questo fatto è stato dimostrato anche dai diversi casi presentati all’interno della trattazione:

dove si instaurano rapporti sociali basati sull’onestà e sulla fiducia, lo sviluppo è evidente.

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Cosa ci insegna il caso IIT? Lo sviluppo locale genovese è stato incrementato grazie ad

un’intensa relazione fiduciaria che ha chiamato in causa diverse forze sociali presenti sul

territorio: le aziende, le Istituzioni, l’Università; possiamo dire con certezza che

l’innovazione tecnologica derivante, ha generato benessere a livello occupazionale e di

riflesso, a livello sociale.

Si possono delineare i primi passi per costruire un paradigma Innovazione tecnologica-

Sviluppo locale? Forse.

L’importante è imparare a coltivare, come sanno fare certe nazioni oltreoceano, ciò che

abbiamo di più caro: la conoscenza.

Page 190: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

190

Elenco delle figure e delle immagini

Figura 1 - Intensità degli investimenti in R&S in percentuale del PIL (Fonte: OECD

2008)……………………………………………………………….………………....Pag. 85

Figura 2 - Addetti alla R&S sul totale degli occupati, zona UE-15 (Fonte:OECD)....Pag. 86

Figura 3 - Quota dei brevetti sul totale della popolazione, zona UE -15……………...Pag. 88

Figura 4 - Performance innovativa nelle Regioni italiane………………………………Pag. 92

Immagine 1. - L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, visto dall’ingresso. 107

Immagine 2: Progetto Definitivo dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). ... …….116

Figura 5 - Piattaforme di ricerca del piano scientifico 2009-2011…………………Pag. 159

Figura 6 - Crescita dello staff del laboratorio centrale dal 2006 al 2010……………Pag 161

Figura 7 - Staff a dicembre 2010: Distribuzione categorie di personale…………… .Pag 161

Figura 8 - Distribuzione per età dei ricercatori IIT a dicembre 2010………………...Pag.161

Figura 9 - Nazionalità dei ricercatori IIt (Zone Blu) Dicembre 2010………………..Pag. 162

Figura 10 - Pubblicazioni di IIT su riviste Internazionali, full papers e conference

proceedengs con peer review, libri o capitoli di libri…………………………………...Pag 163

Figura 11 - Distribuzione statistica degli Impact Factor delle pubblicazioni di IIT su riviste

Internazionali………………………………………………………………………..Pag. 164

Figura 12 - Riviste scientifiche con IF≥7 (in parentesi quadre) su cui sono comparsi

articoli IIT…………………………………………………………………………..Pag. 165

Figura 13 - Numero di progetti finanziati da fondi esterni ………………………...Pag. 167

Figura 14 - Numero di brevetti IIT depositti per anno……………………………...Pag. 167

Figura 15 - Distribuzione delle pubblicazioni di IIT per area tematica, basata su campione

di 1798 pubblicazioni (fonte: database Scopus, 31-12-2011)……………………….Pag 169

Figura 16 – Descrizione piattaforme scientifiche del piano scientifico 2012-2014...Pag. 170

Figura 17 - Portafoglio totale progetti. (Y= milioni di Euro, X= Anni)……………..Pag 175

Figura 18 - Evoluzione del portafoglio brevetti IIT 2006-2011……………………Pag. 176

Figura 19 - Distribuzione dei brevetti per dipartimenti e centri della rete………... Pag. 177 Figura 20 - Distribuzione dei brevetti per piattaforma……………………………...Pag. 177

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Elenco delle tabelle

Tabella 1 - Principali enti finanziatori della spesa in R&S (Fonte: OECD 2008)…..Pag. 87

Tabella 2 - flussi attivi e passivi della bilancia Tecnologica dei pagamenti, incidenza %

rispetto al PIL ………………………………………………………………………..Pag. 88

Tabella 3 - Quote di esportazioni per i principali settori ad alta tecnologia, zona UE- 15

(Fonte: OECD 2008)………………………………………………………………….Pag.89

Tabella 4 - Percentuale della popolazione tra 25-64 anni con almeno un’istruzione

secondaria superiore Fonte: OECD (2008)………………………………………….Pag. 90

Tabella 5 - Composizione della spesa in R&S Fonte: (ISTAT 2008)………………..Pag. 92

Tabella 6 - Finanziamenti dei progetti all’interno delle cinque Regioni considerate, dati in

migliaia di Euro……………………………………………………………………... Pag. 94

Tabella 7 - Azioni della linea strategica n.1: “Città di tutti”, Il Piano della città di Genova

2002…………………………………………………………………………………Pag. 124

Page 192: Innovazione tecnologica e sviluppo locale, il caso IIT (Istituto italiano di Tecnologia)

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