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Parte seconda – Gli scenari settoriali 129 INTRODUZIONE In questa sezione del Rapporto si analizzano caratteristiche e tendenze dell’industria in provincia di Bergamo (capitolo 1) per individuarne punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce (capitolo 3), non senza aver analizzato l’evoluzione delle politiche industriali locali e aver preso atto delle posizioni degli attori rilevanti (capitolo 2). L’industria manifatturiera ha occupato negli scorsi decenni e occupa tuttora una posizione di primo piano nell’economia bergamasca, di cui ha costituito in un certo senso, insieme all’edilizia, il principale volano di sviluppo. In 12 delle 13 aree in cui il territorio bergamasco è stato suddiviso in questo studio (8 comunità montane, 2 aree di pianura, Bergamo e la sua area metropolitana e 2 altre aree pedecollinari: si veda il par. 1.3), la quota degli addetti all’industria sul totale degli occupati è tuttora superiore alla media regionale. Le esportazioni collocano Bergamo al quinto posto tra le province italiane. Accanto ai numerosi e conosciuti punti di forza (tra cui l’elevata flessibilità e versatilità data da un ricco tessuto di piccole e medie imprese, l’assenza di monoculture distrettuali, un forte insediamento di imprese multinazionali bergamasche, italiane ed estere e un nucleo di imprese innovative), frutto anche di ristrutturazioni effettuate e in corso, le pagine che seguono identificano i punti di debolezza (il peso perdurante dei settori tradizionali, l’inadeguatezza del fattore imprenditoriale nell’impresa minore, la scarsa domanda di lavoro qualificato, l’inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto e telecomunicazione, l’insufficiente attenzione all’ambiente, lo scarso investimento in nuove attività, in particolare quelle ad alto contenuto di innovazione). In alcune delle aree sopra richiamate, una percentuale ancora troppo alta dei posti di lavoro totali è generata da settori in declino strutturale. Nell’insieme, l’industria bergamasca sembra in perdita di velocità (come testimoniano i dati sull’andamento della produttività negli ultimi anni) e lo scenario che in questo Rapporto è definito “tendenziale” (cioè senza l’intervento di politiche adeguate: si veda il par. 3.2), lascia intravedere un possibile aumento di competitività dei segmenti “forti” del sistema industriale locale nel contesto però di una sua diminuita capacità di generare reddito e occupazione. Industria

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

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INTRODUZIONE In questa sezione del Rapporto si analizzano caratteristiche e tendenze dell’industria in provincia di Bergamo (capitolo 1) per individuarne punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce (capitolo 3), non senza aver analizzato l’evoluzione delle politiche industriali locali e aver preso atto delle posizioni degli attori rilevanti (capitolo 2). L’industria manifatturiera ha occupato negli scorsi decenni e occupa tuttora una posizione di primo piano nell’economia bergamasca, di cui ha costituito in un certo senso, insieme all’edilizia, il principale volano di sviluppo. In 12 delle 13 aree in cui il territorio bergamasco è stato suddiviso in questo studio (8 comunità montane, 2 aree di pianura, Bergamo e la sua area metropolitana e 2 altre aree pedecollinari: si veda il par. 1.3), la quota degli addetti all’industria sul totale degli occupati è tuttora superiore alla media regionale. Le esportazioni collocano Bergamo al quinto posto tra le province italiane. Accanto ai numerosi e conosciuti punti di forza (tra cui l’elevata flessibilità e versatilità data da un ricco tessuto di piccole e medie imprese, l’assenza di monoculture distrettuali, un forte insediamento di imprese multinazionali bergamasche, italiane ed estere e un nucleo di imprese innovative), frutto anche di ristrutturazioni effettuate e in corso, le pagine che seguono identificano i punti di debolezza (il peso perdurante dei settori tradizionali, l’inadeguatezza del fattore imprenditoriale nell’impresa minore, la scarsa domanda di lavoro qualificato, l’inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto e telecomunicazione, l’insufficiente attenzione all’ambiente, lo scarso investimento in nuove attività, in particolare quelle ad alto contenuto di innovazione). In alcune delle aree sopra richiamate, una percentuale ancora troppo alta dei posti di lavoro totali è generata da settori in declino strutturale. Nell’insieme, l’industria bergamasca sembra in perdita di velocità (come testimoniano i dati sull’andamento della produttività negli ultimi anni) e lo scenario che in questo Rapporto è definito “tendenziale” (cioè senza l’intervento di politiche adeguate: si veda il par. 3.2), lascia intravedere un possibile aumento di competitività dei segmenti “forti” del sistema industriale locale nel contesto però di una sua diminuita capacità di generare reddito e occupazione.

Industria

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Industria 1301. LA SITUAZIONE ATTUALE

1.1 La vocazione industriale nello sviluppo economico recente dell’economia bergamasca: un profilo La composizione per grandi settori delle attività economiche in provincia di Bergamo, documentata nelle tabelle 1, 2 e 3, mostra con immediatezza i tratti caratteristici dell’economia locale rispetto al dato lombardo e italiano: a) l’incidenza elevata dell’industria (ben mostrata dalla composizione del Pil e dagli indici

di specializzazione1) e quella ridotta dell’agricoltura e del terziario; b) all’interno del settore manifatturiero, il ruolo da protagonisti svolto dai settori tradizionali

del made in Italy (tessile, abbigliamento, meccanica leggera); c) la nota specializzazione provinciale nelle costruzioni. Questa vocazione industriale non va frettolosamente scambiata per un ritardo dello sviluppo. Essa, dato insolito nel già insolito panorama italiano (nei paesi ad elevato reddito pro capite, in generale, l’industria pesa assai meno e soprattutto non è specializzata in attività cosi’ tradizionali), non pare abbia infatti influito negativamente né sul reddito pro capite della provincia - superiore alla media italiana ed europea rispettivamente del 10 e del 14% - né sulla crescita del valore aggiunto dell’area nella prima metà degli anni Novanta, in linea con quella nazionale. La performance industriale bergamasca è confermata dai risultati all’esportazione: Bergamo è la quinta provincia esportatrice del Paese e genera l’11,1% delle esportazioni della Lombardia (dati 1999; questa quota è cresciuta pressoché ininterrottamente negli ultimi quindi anni). Oltre il 40% delle esportazioni di Bergamo (dati 1999) era di prodotti metalmeccanici, in particolare di macchine agricole e industriali; seguono i prodotti tessili, del cuoio e dell’abbigliamento, chimici. I mercati di destinazione più importanti sono quelli europei (66% delle esportazioni totali nel 1998), che contano per Bergamo più che nella media nazionale. Nel 1995, la produttività dell’economia bergamasca era più elevata di quella italiana ma sensibilmente inferiore a quella lombarda (fatto 100 il valore italiano, Bergamo era a 105 e la Lombardia a 111); il gap si allarga nella sola industria manifatturiera (Bergamo 104, Lombardia 113). Fra le possibili spiegazioni di questo dato vi è proprio la già citata composizione settoriale della produzione industriale, ricca di attività ad alta intensità di lavoro e a basso tasso di innovazione tecnologica. Questa è una caratteristica dell’Italia intera, per la verità, ma a Bergamo esse hanno dato una prova particolarmente buona di competitività nell’ultimo ventennio, accompagnata dalla sostanziale tenuta dell’occupazione industriale nel periodo 1981-96, sia in valore assoluto che in percentuale (Bergamo - 2,7%, Lombardia -19,9%, Italia –16,6%), che si è comunque accompagnata a un aumento dell’incidenza del terziario (meno forte nel commercio) e a una forte diminuzione di quella dell’agricoltura.

1 Per una definizione degli indici di specializzazione, si veda l’Appendice 2.

La vocazione industriale

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

131 Tabella 1 - Bergamo, Lombardia e Italia, composizione percentuale del Pil per_________ grandi settori (1997, dati in %)

Area Settori di attività economica

Bergamo Lombardia Italia

Agricoltura 1 2 3

Industria 51 36 29

Altre attività 48 62 68

Totale 100 100 100

Fonte: Istat Per quanto riguarda il terziario, va ancora notato che, benché la sua incidenza percentuale sull’occupazione totale provinciale sia inferiore alla media nazionale e regionale, in termini di addetti in rapporto alla popolazione esso ha recuperato il sottodimensionamento che ancora registrava attorno alla metà degli anni Novanta (se di ritardo della provincia si può parlare, riguardo al terziario, è forse in termini qualitativi: si veda, in questo stesso Rapporto, la sezione dedicata ai servizi). Il peso percentuale ridotto del terziario a Bergamo è dunque dovuto solo alla forte incidenza dell’industria, non a valori assoluti inferiori alla media.

1.2 Alcuni caratteri dello sviluppo industriale bergamaso: le recenti tendenze della specializzazione2 Nell’ultimo ventennio, la specializzazione industriale di Bergamo rispetto alla Lombardia (misurata in termini di addetti: si vedano le tabelle 2 e 3) sembra essersi confermata se non addirittura leggermente rafforzata. Ha però avuto luogo, in una certa misura, una ricomposizione settoriale delle attività manifatturiere, che ha già lasciato il segno e che andrà attentamente seguita nel prossimo futuro per le potenziale rilevanza delle sue implicazioni.

2 Il contenuto di questo paragrafo è largamente basato, con qualche aggiornamento, sul Background Report della Rassegna Territoriale su Bergamo dell’OCSE, predisposto a cura dell’Irs e pubblicato nell’edizione 1999-2000 del Rapporto sull’Economia Bergamasca (promosso dalla Camera di Commercio e dalla Provincia di Bergamo).

Caratteri dello sviluppo industriale bergamasco

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Industria 132

Tabella 3 - Indici di specializzazione dell'industria manifatturiera Bergamo (1) Lombardia (2) 1981 peso 1981 (3) 1996 peso 1996 (3) 1981 1996

DI Lavorazione minerali non metalliferi

1,70 4,88 1,54 4,02 0,50 0,50

DH Gomma e plastica 1,20 5,64 1,46 8,07 1,23 1,35 DB Tessili e abbigliamento 1,55 26,72 1,36 20,72 1,05 1,07 DD Legno e prodotti in legno 1,31 3,41 1,35 3,11 0,63 0,66 DJ Metallo e prodotti in metallo 1,23 22,33 1,03 19,83 1,21 1,24 DK Macchine ed apparecchi meccanici

0,92 11,06 1,01 13,26 1,22 1,15

DN Altre industrie manifatturiere 0,79 3,78 0,96 5,01 0,89 0,80 DE Carta, stampa ed editoria 0,72 4,44 0,79 4,90 1,26 1,16 DL Macchine elettr. e appar. el.e ottiche

0,65 7,70 0,77 9,30 1,33 1,29

DA Alimentari, bevande e tabacco

0,77 3,82 0,71 4,16 0,60 0,64

DG Chimica e fibre 0,59 4,16 0,69 4,88 1,39 1,64 DM Fabbricazione di mezzi di trasporto

0,25 1,20 0,60 2,03 0,66 0,57

DC Cuoio, pelle 0,31 0,80 0,37 0,65 0,54 0,37 DF Coke, petrolio, combust.nucleari

0,21 0,07 0,23 0,06 0,61 0,52

Addetti totali dell'ind.manifatturiera

160.277 156.930 1.595.444 1.271.400

NB: il riquadro racchiude i comparti di specializzazione nel 1996 (1) rispetto alla Lombardia (2) rispetto all'Italia (3) addetti del settore in % agli addetti totali manifatturieri della provincia Fonte: elaborazione Irs su dati Istat

Tabella 2 – Addetti alle unità locali, distribuzione per macrosettori industriali e dei _________ servizi

Bergamo Lombardia Italia 1981 1996 1981 1996 1981 1996 IS 81 (2) IS 96 (2) IS 81 (3) IS 96 (3)

Attivita' manifatturiere 57,0 1,1 49,4 1,2 52,9 1,2 42,0 1,2 42,7 35,2 Prod. e distrib.di energia el., gas e acqua

0,7 0,7 0,5 0,4 1,0 0,8 0,9 0,8 1,3 1,1

Costruzioni 10,4 1,5 12,3 1,4 6,8 0,8 8,3 0,9 8,7 9,7 Commercio; riparazione di auto, moto

16,2 0,9 16,0 0,7 18,9 0,8 19,2 0,9 22,6 21,9

Alberghi e ristoranti 3,3 1,0 3,2 0,7 3,3 0,7 3,9 0,7 4,8 5,3 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

3,9 0,7 4,3 0,5 6,0 0,7 6,0 0,8 8,4 7,9

Intermediazione monetaria e finanziaria

2,4 0,7 3,1 1,0 3,5 1,1 4,4 1,1 3,2 4,1

Attiv. immobil., noleggio, informatica, serv. alle impr.

3,4 0,7 8,4 1,8 5,1 1,1 12,2 1,1 4,8 11,3

Altri servizi pubblici, sociali e personali

2,0 0,9 2,4 0,8 2,2 0,7 2,7 0,8 3,1 3,2

Altre Attività (1) 0,6 1,8 0,3 0,6 0,3 0,7 0,4 1,2 0,5 0,3 Totale 100 100 100 100 100 100 (1) discrepanza data dalla presenza di u. loc. estrattive appartenenti ad imprese manifatturiere (2) indice di specializzazione di Bergamo rispetto alla Lombardia (3) indice di specializzazione della Lombardia rispetto all'Italia Fonte: elaborazione Irs su dati Istat

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

133 Una attenta lettura delle tabelle mostra infatti che, tra il 1981 e il 1996: • in termini più aggregati, Bergamo ha accresciuto la sua specializzazione nell’industria

manifatturiera (leggermente) e nei servizi alle imprese (in modo assai più sostanziale, il che è spiegato anche dall’incidenza storicamente modesta di questo settore) confermando sostanzialmente quella delle costruzioni;

• tra i comparti manifatturieri, il gruppo di quelli più specializzati non è sostanzialmente cambiato, ma al suo interno sembrano delinearsi alcune tendenze che dovranno essere attentamente osservate: cresce il peso relativo della gomma/plastica, della meccanica (che non era peraltro fra i comparti di specializzazione nel 1991) e (meno sensibilmente) del legno, diminuisce quello di tutti gli altri, tra cui vanno segnalati, per le rilevanti implicazioni sull’occupazione, il tessile/abbigliamento (coerentemente con le attese, e in cui l’occupazione diminuisce assai più che nella media lombarda) e la metallurgia. Tra i comparti despecializzati (che incidono cioè sull’occupazione bergamasca meno che nella media lombarda), va segnalata, per il suo potenziale impatto occupazionale e/o tecnologico, l’aumentata incidenza della carta/editoria, delle macchine/apparecchiature elettriche e ottiche, della chimica/fibre, dei mezzi di trasporto.

Le tabelle 2 e 3 portano quindi a conclusioni significative e potenzialmente assai rilevanti: a) i quattro comparti il cui coefficiente di localizzazione si riduce tra il 1981 e il 1996 (che

perdono cioè di peso occupazionale quando si confronta la provincia con il dato medio lombardo), rappresentavano nel 1996 il 44,6 per cento dell’occupazione. Due tra questi, il tessile/abbigliamento e la metallurgia, sono due comparti tradizionali della specializzazione bergamasca e da soli rappresentavano ancora nel 1996 il 36,4 per cento dell’occupazione manifatturiera della provincia. La loro tendenziale contrazione non stupisce, poiché risponde a tendenze di lungo periodo della competitività non solo di Bergamo, ma di tutti i paesi di antica industrializzazione: (i) molta manodopera in questi comparti è impiegata in produzioni standard che non richiedono livelli di qualificazione del lavoro elevati e subiscono quindi la concorrenza di paesi a bassi salari; (ii) la domanda di prodotti tessili e dell’abbigliamento cresce meno della crescita del reddito, e quella di acciaio è in declino da decenni per la concorrenza di nuovi materiali. In questi settori, nei paesi più avanzati, cresceranno quindi i fatturati delle imprese più competitive, ma non più l’occupazione;

b) tra i dieci comparti che rafforzano la propria localizzazione in provincia, ve ne sono tre di specializzazione (gomma/plastica, legno e meccanica; quest’ultimo conta il 13 per cento dell’occupazione manifatturiera); tra gli altri, ve ne sono alcuni potenzialmente rilevanti per il futuro in termini sia occupazionali che tecnologici;

Tabella 4 - Specializzazione internazionale della provincia di Bergamo rispetto alla__________Lombardia e all'Italia* Lombardia Italia

1985 1990 1995 1999** 1990 1999**

Ferrosi e Non 0,87 0,91 1,14 1,06 1,14 1,44

Non Metallici 1,57 1,38 1,33 1,43 0,55 0,57

Chimici 1,16 0,91 0,94 0,92 1,26 1,31

- Petrolchimica 1,18 0,86 1,05 1,17 0,00 1,92

Metalmeccanici 0,99 1,03 1,00 0,95 1,24 1,14

- Metallo 0,87 0,97 0,68 0,72 1,32 1,03

- Macchine Agr. e Ind. 1,21 1,38 1,29 1,14 1,52 1,28

- Macchine Ufficio 0,24 0,25 0,72 0,65 0,29 0,74

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Industria 134- Mat. Elettrico 1,05 0,79 0,82 0,78 1,08 0,97

Mezzi Trasporto 0,81 1,07 1,15 1,20 0,65 0,72

- Autoveicoli 0,12 0,82 1,17 1,24 0,50 0,81

Alimentari 0,64 0,63 0,51 0,48 0,32 0,32

- Carni 1,11 0,72 0,35 0,45 0,00 0,33

Tessili, Cuoio, Abb. 1,08 0,93 0,99 1,18 0,87 1,04

- Tessili e Abb. 1,22 1,00 1,07 1,28 1,17 1,42

- Cuoio, Calzature 0,50 0,58 0,44 0,45 0,25 0,14

Altri 0,89 1,09 1,01 1,00 0,99 0,83

- Legno e Mobili 0,95 1,08 0,84 0,70 0,78 0,45

- Carta e Stampa 0,91 1,10 1,22 1,29 0,97 1,10

Manifattura 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00

*Il grado di specializzazione è indicato dal rapporto fra quota di addetti alle unità locali nel settore nella provincia e quota degliaddetti nella regione rispetto al totale degli addetti dell'industria. Un valore dell'indicatore superiore all'unità indicaspecializzazione, un valore inferiore indica despecializzazione

** Le sottoclassi si riferiscono al primo semestre 1999

Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat

c) la crescita del settore dei servizi alle imprese è pure di grande importanza per uno sviluppo industriale innovativo. In molti casi, la distinzione tra questo settore e il comparto manifatturiero è una pura convenzione statistica priva di significato economico (si pensi ad esempio alle funzioni di progettazione che accompagnano molte produzioni industriali ad alta tecnologia: chi se ne occupa è contato nell’occupazione industriale se esse vengono svolte all’interno delle imprese, in quella dei servizi se vengono “esternalizzate”).

Queste conclusioni escono rafforzate e qualificate se l’esame della specializzazione viene condotto in base alle esportazioni, e non più agli addetti (tabella 4). Questi dati, oltre a confermare quanto già detto, mostrano infatti un rafforzamento della specializzazione di Bergamo (rispetto alla Lombardia) nei settori della gomma/plastica, della meccanica, del tessile/abbigliamento, dei metalli e dei minerali non metalliferi; all’interno della meccanica, Bergamo occupa una posizione di assoluto rilievo nelle macchine tessili. Emergono poi i settori dei mezzi di trasporto e della carta/editoria, in cui le esportazioni bergamasche crescono assai più che nella media regionale. Si conferma quindi l’ipotesi che le riduzioni di occupazione segnalate in un settore rilevante come il tessile/abbigliamento siano associate a riorganizzazioni aziendali volte ad accrescere la competitività delle imprese bergamasche, e non già a un processo di declino. Bergamo ospita alcuni distretti industriali, ufficialmente riconosciuti dal legislatore regionale, all’inizio degli anni Novanta, in ossequio alla nuova legislazione nazionale che finalmente aveva assunto il distretto come unità di riferimento per interventi di politica industriale. La l.r. 71/1993 identificava quattro distretti integralmente ricompresi nel territorio provinciale3: Valbrembana (meccanica), Valseriana (tessile), Sebino Bergamasco (gomma), Trevigliese (meccanica). In una recentissima revisione della normativa (Delibera della Giunta n.3839 del 16 marzo 2001), la Regione Lombardia, tenendo conto degli effetti dell’evoluzione strutturale della struttura industriale e utilizzando i parametri statistico-economici più flessibili adottati nel frattempo dalla normativa nazionale, ha ridotto questi distretti a tre: Valseriana, Sebino

3 Alcuni comuni bergamaschi erano poi ricompresi in distretti gravitanti su altre province.

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

135 Bergamasco e Bergamasca-Valcavallina-Oglio (confezioni e accessori per l’abbigliamento, mobilio e accessori). Bergamo ha presentato a lungo una struttura produttiva particolarmente sbilanciata verso la piccola impresa, e vanta ancora negli ultimi anni la più elevata percentuale di artigiani del paese in percentuale della popolazione. Tuttavia, il sistema delle imprese industriali a Bergamo ha attraversato negli ultimi anni un processo di irrobustimento dal punto di vista dimensionale, che gli ha conferito un assetto più solido e maturo. Infatti: • il gap rispetto alla media lombarda si è andato richiudendo negli ultimi anni: secondo i

dati disponibili più recenti, la dimensione media delle imprese manifatturiere a Bergamo è di 12,6 addetti (in Lombardia è di 12), con un notevole rafforzamento delle imprese al di sopra dei 10 addetti;

• la dinamica delle grandi imprese4 è addirittura andata in controtendenza rispetto al dato regionale e nazionale: nel periodo 1981-96, il loro numero in provincia è aumentato mentre diminuiva in Lombardia e in Italia;

• cresce anche, nello stesso periodo, la percentuale delle imprese con più di uno stabilimento (di nuovo in controtendenza rispetto agli aggregati geografici di riferimento);

• il tessuto delle imprese è meno frazionato di quanto non suggerisca il loro semplice conteggio. Le imprese appartenenti a un gruppo, secondo un’indagine campionaria Irs, sono infatti quasi il 60 per cento (con l’80 per cento degli addetti), un valore più elevato di quello rilevato in indagini di livello nazionale di Banca d’Italia e Mediocredito (benché nel 30 per cento dei casi la struttura del gruppo sia relativamente semplice);

• una fitta rete di relazioni e collaborazioni connette tra di loro moltissime imprese; sono particolarmente sviluppati i rapporti di (sub) fornitura tra grandi e piccole imprese.

Secondo le più recenti informazioni di sintesi disponibili (che risalgono al 1998), Bergamo ospita 95 stabilimenti a capitale estero che occupano quasi 16 mila addetti, pari all’11 per cento dell’occupazione industriale locale; sono dati in linea colle medie nazionali. E’ interessante e rilevante osservare che i settori in cui operano queste imprese – macchine per ufficio, chimica, metallurgia, elettricità e mezzi di trasporto - non sono quelli tradizionali di maggiore specializzazione della provincia. La loro presenza potrebbe quindi avere ricadute positive sul tessuto produttivo circostante. Gli investimenti greenfield sono il 20 per cento dell’investimento estero totale (in Italia sono il 9,8 per cento), per lo più realizzati prima del 1990. Dal canto loro, le imprese bergamasche hanno effettuato considerevoli investimenti all’estero. Nel 1998, 28 imprese bergamasche sono multinazionali; 20 di esse sono “piccole multinazionali” con meno di 500 addetti. Operano principalmente nei settori di tradizionale specializzazione della provincia (tessile e meccanico, a conferma ulteriore della loro competitività) e hanno investito all’estero per ragioni non riconducibili alla delocalizzazione produttiva (si sono infatti indirizzate verso paesi sviluppati con costi del lavoro elevati). L’internazionalizzazione produttiva bergamasca (sia in entrata che in uscita) è peraltro proporzionalmente inferiore a quella nazionale (già debole) nei settori ad alta tecnologia e in forte crescita (informatica, telecomunicazioni, farmaceutica, chimica fine), il che riflette sia la tradizionale debolezza della provincia in queste produzioni che, verosimilmente, una scarsa capacità di attrazione in termini localizzativi nonostante la vicinanza a Milano. Tra le possibili cause di quest’ultima circostanza, andrebbero indagate non solo le note carenze nel sistema dei trasporti e nella cura del territorio, ma anche la relativamente scarsa disponibilità, fino ad oggi, di personale con alto livello di preparazione tecnica e scientifica.

4 Secondo la definizione comunitaria, è grande un’impresa con più di 250 addetti.

Le dimensioni e la dinamica delle imprese

L’internazionalizzazione produttiva

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Industria 136La Lombardia ospita il sistema innovativo regionale più forte d’Italia, e Bergamo si trova accanto a Milano, che racchiude in sé la maggior parte dell’attività innovativa italiana: queste circostanze non possono essere messe fra parentesi nel valutare il grado di innovazione espresso dalla provincia. A Bergamo sono peraltro presenti diverse istituzioni scientifiche: le università (quella di Bergamo, con una facoltà di ingegneria, e sezioni di quella di Milano), il CNR (Centro di Geologia), l’istituto farmacologico Mario Negri, la scuola di cardiochirurgia della Clinica Gavazzeni, l’Accademia di Finanza. Ciò che più conta è che, dalle informazioni disponibili, emerge un impegno non secondario di Bergamo nell’attività innovativa. Non solo le sue imprese si dichiarano innovative (in senso ovviamente soggettivo, cioè di innovatori rispetto alla loro situazione precedente) in misura superiore alla media nazionale e regionale, ma, in base al consueto indicatore brevettuale, esso risulta il secondo polo innovativo lombardo (6,3 % dei brevetti della regione). Un’indagine condotta da Irs in collaborazione con Servitec ha permesso di individuare, in base all’utilizzo incrociato di diversi indicatori, 205 imprese innovative nella provincia, concentrate non casualmente in alcuni settori di specializzazione produttiva e commerciale (meccanica, prodotti in metallo, apparecchi medicali e di precisione, gomma e plastica). Si conferma invece la scarsa presenza di settori high tech. L’attività innovativa non sembra strettamente legata alla dimensione: molti innovatori bergamaschi sono di piccole dimensioni. Nello scorso decennio (dati 1991-1999), il numero delle imprese operanti nella provincia è aumentato di circa 3 mila unità; la natalità lorda è stata dell’8-9 per cento, leggermente inferiore a quella lombarda, mentre la natalità netta è più marcatamente prociclica (la mortalità delle imprese cresce nei periodi di attività economica meno dinamica). La nascita di nuove imprese nella bergamasca non sembra influenzata dall’andamento ciclico dell’economia. La più probabile spiegazione di questo fenomeno è la bassa incidenza del self-employment in un’area dove il tasso di disoccupazione è bassissimo. Un’indagine recente5 conferma che le nuove imprese a Bergamo sono create da giovani in possesso di titolo di studio medio o superiore e con precedente esperienza lavorativa, che desiderano accrescere il proprio reddito e si rendono indipendenti perseguendo una propria idea imprenditoriale. Un’ulteriore spiegazione della bassa natalità lorda è probabilmente la già elevata densità di imprese che caratterizza la provincia. In termini settoriali, il saldo demografico delle imprese è positivo, nell’industria, nei comparti delle macchine per ufficio, dell’industria alimentare, delle telecomunicazioni e della meccanica; nell’aggregato dei servizi, in cui il numero delle imprese è globalmente diminuito negli ultimi anni, crescono più che nella media regionale le imprese del terziario avanzato (intermediazione finanziaria e servizi alle imprese).

1.3 Un’analisi per aree territoriali All’interno del territorio della provincia di Bergamo si possono individuare in prima approssimazione una zona di pianura, una fascia pedecollinare in cui si trovano il capoluogo e la sua area metropolitana e una zona di montagna. Secondo la stilizzazione più diffusa, l’industria manifatturiera è fortemente concentrata nella fascia pedecollinare, le costruzioni nelle valli e il terziario nel capoluogo. Per costruire un quadro più dettagliato delle localizzazioni industriali nelle diverse parti del territorio provinciale, si è fatto riferimento ad un’ipotesi di suddivisione utilizzata in precedenza dalla Provincia e dall’Unione Industriali oggetto di successive verifiche, ma funzionale alla lettura territoriale, in base a cui l’intero territorio provinciale è ripartito in 13 sub-aree, di cui 8 di montagna (coincidenti con la suddivisione amministrativa delle otto Comunità Montane, da cui prendono il nome), 3 pedecollinari (area metropolitana di

5 Si veda Irs (a cura di), Rapporto sull’Economia Bergamasca 1994-1995, per la Camera di Commercio e la Provincia di Bergamo.

La demografia delleimprese

L’attività innovativa

Un’analisi per areeterritoriali

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

137 Bergamo, Isola e Val San Martino,Valle Cavallina Sud e Val Calepio) e 2 di pianura (Serio-Oglio e Adda-Serio)6. La tabella 5, che riporta la distribuzione degli addetti all’industria e ai servizi e della popolazione tra queste 13 sub-aree, mostra che (a) le attività industriali e di servizio hanno teso a concentrarsi nell’area metropolitana di Bergamo e nelle altre aree della fascia pedecollinare e a contrarsi in modo talvolta significativo nelle aree di montagna, e che (b) in termini di popolazione, crescono di peso la fascia pedecollinare (esclusa l’area metropolitana di Bergamo) e la pianura, mentre si riduce il peso della montagna (in molte parti della quale, la diminuzione dei posti di lavoro è peraltro più rapida di quella della popolazione, come mostrerà la tabella 7). Tabelle 5 - Addetti all'industria e ai servizi e popolazione per sub area (in % sul totale provinciale)

% addetti % popolazione 1981 1996 1981 1996

Area metropolitana di Bergamo 27,7 28,2 25,4 24,3 Comunità Montana Valle Brembana 4,8 3,5 5,0 4,6 Comunità montana Valle Imagna 1,9 1,8 3,0 3,1 Comunità montana Valle Seriana 9,0 9,1 10,0 9,8 Comunità montana Valle Seriana Superiore 3,5 3,2 4,1 3,9 Comunità montana Valle Cavallina 2,3 2,3 2,8 2,9 Comunità montana Basso Sebino e Monte Bronzone 2,7 2,9 2,8 2,8 Comunità montana Alto Sebino 3,4 2,5 3,3 3,0 Comunità montana di Scalve 0,4 0,3 0,5 0,5 Comunità montane 28,0 25,7 31,6 30,6 Isola e Val San Martino 11,0 11,0 10,6 11,0 Valle Cavallina Sud e Val Calepio 6,9 10,0 7,0 7,9 Altre aree pedecollinari 17,8 21,0 17,5 18,9 Pianura Serio Oglio 5,6 6,1 6,8 6,9 Pianura Adda Serio 20,3 18,9 18,7 19,3 Pianura 25,9 25,1 25,5 26,2 Totale provincia 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale provincia in valore assoluto 316.439 317.693 874.035 949.862 Fonte: elaborazione Irs su dati Istat A questa ripartizione si riferisce il presente paragrafo, che va letto nel contesto generale di quanto sin qui esposto e della tabella 6.1. Quest’ultima riporta l’incidenza degli occupati nell’industria e nei servizi sulla popolazione, in calo tra il 1981 e il 1996 a fronte di una popolazione totale della provincia passata dalle 874 mila unità del 1981 alle quasi 950 mila del 1997 (per effetto di un saldo naturale ancora positivo a cui si è aggiunto un consistente flusso di immigrazione negli ultimi anni7). Va inoltre tenuto presente che gli spostamenti della popolazione in questo periodo sono stati essenzialmente (i) dai comuni di montagna ai piccoli e medi comuni pedecollinari e della pianura (tra i grandi comuni, solo Dalmine ha attratto nuovi residenti), (ii) dalla città di Bergamo ai comuni circostanti. 6 Nell’Appendice 1 è presentata la lista dei 244 Comuni della provincia ripartita secondo queste 13 sub-aree. E’ il caso di ricordare, per completezza, che qualsiasi partizione del territorio è arbitraria e deve essere stabilita in funzione delle finalità dell’analisi (coll’ovvio vincolo dei dati disponibili). Questo concetto, insieme a diversi possibili criteri di ripartizione del territorio provinciale, è stato illustrato da Silvia Biffignandi nel Rapporto sull’Economia Bergamasca 1997-1998. 7 Si veda il Rapporto citato in nota 1.

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Industria 138Tabella 6.1 - Addetti e popolazione in provincia di Bergamo

Addetti/Popol. Occ. sett./Occ. tot 1981 1996 1981 1996

Minerali 0,2 0,1 0,5 0,3 Manifattura 18,9 17,2 52,3 51,4 Costruzioni 3,3 4,1 9,2 12,3 Energia gas e acqua 0,2 0,2 0,7 0,5 Commercio 5,4 5,4 14,9 16,1 Trasporti 1,2 1,4 3,3 4,2 Credito e serv fin 0,8 1,0 2,1 3,1 Servizi per le imprese 1,2 2,4 3,4 7,3 Altri servizi* 4,9 1,6 13,6 4,7 Totale 36,2 33,4 100,0 99,9 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori.

Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Bergamo e la sua area metropolitana Bergamo e la sua area metropolitana ospitavano nel 1997 quasi un quarto della popolazione della provincia e il 19,6% degli addetti manifatturieri. L’area è specializzata nelle attività terziarie (tabella 6.2). In città prevalgono le attività commerciali e terziarie, negli altri comuni sono più largamente ospitate quelle industriali. Il rapporto addetti/popolazione, in leggero calo, è comunque più elevato che nel totale della provincia, e questo gap è crescente. Alla crescita del terziario è cioè comprensibilmente corrisposto un aumento dei posti di lavoro in quest’area. Le specializzazioni industriali dell’area (rispetto al totale provinciale: v. tabella 6.2bis) sono: stampa, alimentari, macchine, minerali non metalliferi. Isola e Val San Martino Ospita oltre il 10% degli abitanti della provincia e il 15,5% degli addetti all’industria manifatturiera, che è l’attività di maggiore specializzazione e quella in cui il rapporto addetti/popolazione (pur calante) è superiore alla media provinciale (tabella 6.3). E’ un’area caratterizzata da forti concentrazioni di stabilimenti industriali, con imprese anche di grandi dimensioni, in particolare attorno a Ponte San Pietro e nell’Isola. Questi insediamenti hanno creato problemi di congestione del traffico e di inquinamento, ripetutamente segnalati anche durante la preparazione di questo rapporto. Le specializzazioni forti (e rafforzatesi nel periodo in esame: v. tabella 6.3bis) sono nella lavorazione dei minerali non metalliferi, nella chimica/fibre e nella cartotecnica. Valle Cavallina Sud e Val Calepio Conta quasi l’8% degli abitanti della provincia e il 10% degli addetti all’industria manifatturiera (l’attività di specializzazione dell’area) e ai servizi (tabella 6.4). E’ un’area fortemente industrializzata, con 27,5 addetti manifatturieri ogni cento abitanti (a fronte di una media provinciale di 17,2). I comparti di più forte specializzazione sono quelli della gomma/plastica e delle pelli/cuoio; di rilievo anche minerali non metalliferi, editoria/stampa, legno/mobili (tabella 6.4bis). Comunità Montana Valle Brembana Conta il 4,6% dei residenti e il 3,6% degli addetti manifatturieri e dei servizi (il valore di 13,4 addetti manifatturieri ogni cento abitanti è significativamente al di sotto della media provinciale: v. tabella 6.5). I settori di specializzazione della valle sono l’estrattivo, le costruzioni, l’energia, i trasporti. In termini assoluti, dopo l’industria (localizzata nella parte

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

139 bassa della valle per ragioni di accessibilità), le attività che pesano di più nella composizione dell’occupazione sono le costruzioni (significativamente al disopra della media provinciale) e il commercio (molte attività, in primis quella alberghiera, sono legate al turismo). I comparti industriali di specializzazione sono: legno/mobili, alimentari/bevande, cartotecnica, tessile (tabella 6.5bis). In termini di addetti, il settore più rilevante è quello metallurgico, seguito da tessile-abbigliamento, legno, meccanica e gomma/plastica. Comunità Montana Valle Imagna Ospita il 3,1% della popolazione e l’1,8% degli addetti manifatturieri e dei servizi. Ci sono 20,2 addetti ad attività economiche ogni cento abitanti, ben al disotto della media provinciale di 33,4 (tabella 6.6). I posti di lavoro sono generati essenzialmente dall’industria, dalle costruzioni (l’attività di più forte specializzazione della valle) e dai trasporti; il turismo è rilevante. Le attività industriali prevalenti (tabella 6.6bis) sono la lavorazione del legno, il tessile-abbigliamento e la meccanica. Comunità Montana Valle Seriana Quest’area conta il 9,8% della popolazione e il 9,1% degli addetti all’industria manifatturiera (che è la principale fonte di occupazione della valle, seguita dalle costruzioni e dal commercio, nonché il suo unico settore di specializzazione) e dei servizi (tabella 6.7). Il terziario non conta peraltro quanto nel resto della provincia. Il comparto di specializzazione tradizionale dell’area è il tessile/abbigliamento (tabella 6.7bis), a cui si affianca il meccanotessile: essi danno vita a un vero e proprio distretto industriale, riconosciuto anche dalla Regione Lombardia (ai sensi della legislazione che negli anni ’90 ha previsto strumenti di supporto per i distretti). Di un qualche rilievo è anche il settore cartotecnico. Lo sviluppo industriale, che pure ha garantito a questa comunità (come al resto della provincia) tassi di disoccupazione assolutamente modesti, ha tuttavia portato alla saturazione dello spazio fisico disponibile, dal punto di vista quantitativo, e di intenso delle sue risorse ambientali, in termini qualitativi; la congestione delle strade ha raggiunto livelli insostenibili. Comunità Montana Valle Seriana Superiore Conta poco meno del 4% della popolazione e oltre il 3% degli addetti manifatturieri e dei servizi; il fatto che questi ultimi siano in numero di 13,2 ogni cento abitanti colloca il rapporto tra addetti totali e popolazione a un livello inferiore (di quasi sei punti percentuali) alla media provinciale (tabella 6.8). In termini di occupazione, i comparti più rilevanti sono il manifatturiero, le costruzioni e il commercio. Il comparto industriale più significativo è anche qui il tessile/abbigliamento, che è il principale settore di specializzazione insieme alla chimica (di discreto impatto occupazionale) e alla lavorazione di minerali non metalliferi (tabella 6.8bis); l’industria meccanica è di un certo rilievo pur non essendo tra i settori di specializzazione. Comunità Montana Valle Cavallina Conta il 2,9% della popolazione e il 2,3% degli addetti industriali della bergamasca. L'industria manifatturiera, pur non essendo attività di specializzazione, è anche qui il principale datore di lavoro, seguita dalle costruzioni e dal commercio (tabella 6.9). Poiché nessuna delle altre attività ha generato posti di lavoro in misura adeguata a contrastarne l’effetto, la riduzione del numero di addetti manifatturieri per cento abitanti tra il 1981 e il 1996 ha determinato una riduzione dei posti di lavoro manifatturieri e dei servizi in rapporto alla popolazione residente (l’unica altra attività specializzazione di un qualche rilievo occupazionale è quella delle costruzioni). Le attività industriali sono localizzate prevalentemente nella zona di Trescore. Il singolo comparto manifatturiero che impiega il maggior numero di addetti è l’abbigliamento, che è anche il principale comparto di specializzazione (tabella 6.9bis).

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Industria 140Comunità Montana del Basso Sebino e Monte Bronzone Conta il 2,8% degli abitanti e il 2,9% degli addetti manifatturieri e dei servizi della provincia. L’industria manifatturiera è l’unica attività di specializzazione (tabella 6.10) e genera oltre il 60 per cento dei posti di lavoro (più che nel 1981); gli altri settori di un qualche peso occupazionale sono ancora le costruzioni e il commercio. La specializzazione dominante (tabella 6.10bis) è la gomma/plastica; gli altri due settori rilevanti sono il tessile/abbigliamento e la cantieristica. Nella Comunità è localizzata in particolare la produzione di guarnizioni di gomma (che impegna il 54 per cento degli addetti manifatturieri locali), di cui essa è il maggior polo produttivo mondiale, riconosciuto tra l’altro come distretto dalla Regione Lombardia in base alle leggi vigenti; alla fine del 1997 l’intero distretto, che comprende tutti e dodici i Comuni della Comunità, alcuni altri comuni bergamaschi e un lembo di territorio bresciano, occupava oltre 3200 addetti del settore. Lo sviluppo industriale intensissimo ed estensivo ha richiamato una forte immigrazione extracomunitaria, ha messo il territorio sotto notevole pressione e ha creato problemi di inquinamento (scarti della produzione della gomma) tuttora non risolti. Comunità Montana Alto Sebino Questa Comunità rappresenta il 3% circa della popolazione e il 2,5% degli addetti manifatturieri e dei servizi della provincia. Queste attività economiche generano anche qui un numero di addetti ogni cento abitanti (27,5) inferiore alla media provinciale (33,4) (tabella 6.11). Industria (in primis) e poi costruzioni e commercio sono anche qui le fonti principali di occupazione (alla fine del periodo ancora più che all’inizio). L’unica specializzazione significativa in termini occupazionali sono anche qui le costruzioni. L’attività industriale di specializzazione della Comunità è la produzione di metalli e prodotti in metallo (50 per cento della manodopera industriale); l’altra significativa è il tessile/abbigliamento (tabella 6.11bis). Di un qualche rilievo il comparto delle macchine e apparecchiature meccaniche. Sono presenti alcuni grandi impianti siderurgici e meccanici, la cui ristrutturazione, nel periodo più recente, ha determinato un calo complessivo dei posti di lavoro nella Comunità. Comunità Montana di Scalve La val di Scalve, sita in una posizione geograficamente decentrata e con difficoltà di accesso alla valle e alle infrastrutture primarie della provincia, ospita lo 0,5% della popolazione e lo 0,3% degli addetti manifatturieri e dei servizi. E’ l’unica sub area in cui l’industria manifatturiera (ricca di imprese artigiane) è nettamente meno importante che nel resto della provincia, pur assicurando comunque il 45% dei posti di lavoro (tabella 6.12). Il comparto più rilevante è quello dell’abbigliamento (tabella 6.12bis). Sono presenti i fenomeni di marginalità e declino tipici delle zone montane, per cui si ha un numero di posti di lavoro per cento abitanti nettamente inferiore alla media provinciale e diffusi fenomeni di despecializzazione. Le uniche due attività di specializzazione (peraltro in calo) sono di nuovo le costruzioni e il commercio. Pianura Serio-Oglio La Pianura Serio-Oglio, collocata nella fascia orientale della provincia, ospita il 6,9% circa degli abitanti e il 6,1% degli addetti manifatturieri e dei servizi della provincia. L’incidenza degli addetti a queste attività economiche sulla popolazione (tabella 6.13) è inferiore alla media provinciale, salvo che nei settori delle costruzioni e dell’estrazione di minerali, che sono i settori di specializzazione della zona (rispetto al 1981, una specializzazione confermata, nel caso delle costruzioni e rafforzata in quello dell’attività estrattiva). Nonostante alcuni rilevanti insediamenti industriali - con specializzazioni nei comparti dell’abbigliamento, del legno e della cartotecnica (tabella 6.13bis) - è sostanzialmente un’area agricola. Pianura Adda-Serio La Pianura Adda-Serio, che conta il 19,3% della popolazione e il 18,9% degli addetti manifatturieri e dei servizi della provincia, invece, ha una composizione delle attività

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

141 economiche più somigliante a quella media provinciale (tabella 6.14), con un peso leggermente maggiore delle attività manifatturiere, tra cui spiccano i punti forti della metallurgia (Dalmine) e delle pelli e cuoio (tabella 6.14bis). L’industria è particolarmente concentrata attorno ai comuni di Dalmine, Treviglio e Caravaggio. Tabella 6.2 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: area metropolitana di Bergamo

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,0 -0,2 0,0 0,0 0,0 -0,4 0,1 -0,2 0,1 0,5 434,3 Manifattura 14,8 -4,2 13,9 -3,3 37,4 -14,9 35,7 -15,7 0,7 0,7 -2,8 Costruzioni 2,5 -0,9 3,3 -0,8 6,2 -3,0 8,6 -3,7 0,7 0,7 2,0 Energia gas e acqua 0,3 0,1 0,4 0,2 0,8 0,2 0,9 0,4 1,2 1,7 42,0 Commercio 7,4 2,0 8,5 3,1 18,9 4,0 22,0 5,9 1,3 1,4 7,8 Trasporti 1,9 0,7 2,4 1,0 4,9 1,6 6,3 2,1 1,5 1,5 -1,2 Credito e serv. Fin. 2,0 1,3 2,4 1,4 5,2 3,0 6,3 3,2 2,4 2,0 -16,4 Servizi per le imprese

1,8 0,5 4,2 1,8 4,4 1,0 10,8 3,5 1,3 1,5 15,5

Altri servizi 8,7 3,8 3,6 2,0 22,1 8,5 9,3 4,6 1,6 2,0 21,1 Totale 39,5 3,3 38,8 5,3 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori.

Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.2bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: area metropolitana _____________ di Bergamo

Indici di specializzazione Composizione % occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,1 1,1 2,6 4,3 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,4 1,0 0,4 0,4 304 Tessile 0,6 0,5 8,5 5,5 305 Abbigliamento e calzature 1,0 1,0 12,2 9,5 306 Legno e mobili 1,0 1,0 5,9 5,0 307 Cartotecnica 0,7 0,6 1,3 1,0 308 Editoria e stampa 2,9 2,8 6,9 8,3 309 Fotografia, cinema, ecc. 3,7 2,8 0,7 0,8 310 Metallurgia 0,2 0,3 1,6 1,3 311 Meccanica 1,2 1,2 44,4 48,3 312 Minerali non metalliferi 1,4 1,2 6,7 5,5 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,1 1,0 4,6 4,7 314 Gomma 0,1 0,2 0,2 0,5 315 Plastica e altre 0,8 0,6 4,0 5,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 32.717 32.009

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; A causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 142Tabella 6.3 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Isola e Val San ___________Martino

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,1 -0,1 0,1 0,0 0,2 -0,3 0,3 0,0 0,5 1,0 112,0 Manifattura 24,1 5,2 21,1 3,9 64,3 12,0 63,0 11,6 1,2 1,2 -0,3 Costruzioni 3,4 0,1 4,1 0,0 9,2 0,0 12,3 0,0 1,0 1,0 -0,1 Energia gas e acqua 0,1 -0,1 0,1 -0,1 0,3 -0,4 0,2 -0,3 0,5 0,4 -6,7 Commercio 4,6 -0,8 4,2 -1,2 12,2 -2,7 12,6 -3,5 0,8 0,8 -4,8 Trasporti 0,8 -0,4 0,8 -0,6 2,1 -1,2 2,4 -1,8 0,6 0,6 -8,9 Credito e serv. Fin. 0,4 -0,4 0,5 -0,5 1,0 -1,2 1,6 -1,5 0,5 0,5 13,4 Servizi per le imprese

1,0 -0,3 1,7 -0,8 2,6 -0,9 5,0 -2,3 0,7 0,7 -8,6

Altri servizi 3,1 -1,9 0,9 -0,7 8,2 -5,4 2,6 -2,1 0,6 0,6 -8,1 Totale 37,5 1,3 33,5 0,0 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; A causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato pe il 1981 comprende anche alcune unitàindustriali e deis servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.3bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Isola e Val San Martino

Indici di specializzazione

Composizione % su occ. ind.

1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,5 2,2 2,2 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,1 1,1 0,1 0,4 304 Tessile 1,0 1,1 14,5 11,6 305 Abbigliamento e calzature 1,2 1,0 13,9 9,7 306 Legno e mobili 0,4 0,5 2,4 2,6 307 Cartotecnica 0,9 1,5 1,7 2,4 308 Editoria e stampa 1,3 0,8 3,1 2,4 309 Fotografia, cinema, ecc. 1,4 1,0 0,3 0,3 310 Metallurgia 0,5 0,7 4,1 2,6 311 Meccanica 1,1 1,1 40,6 44,3 312 Minerali non metalliferi 1,0 2,2 4,9 3,6 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,4 1,9 5,9 8,9 314 Gomma 1,2 0,3 2,0 0,9 315 Plastica e altre 0,9 1,0 4,3 8,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto 22.272 22.050

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori.

Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

143 Tabella 6.4 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Valle Cavallina Sud e ___________Val Calepio

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,1 -0,1 0,1 0,0 0,1 -0,3 0,3 0,0 0,3 1,1 264,7 Manifattura 23,1 4,2 27,5 10,3 64,8 12,5 65,0 13,6 1,2 1,3 2,2 Costruzioni 3,7 0,4 4,5 0,4 10,3 1,1 10,6 -1,7 1,1 0,9 -23,5 Energia gas e acqua

0,3 0,1 0,1 0,0 0,9 0,2 0,3 -0,2 1,3 0,6 -51,2

Commercio 3,8 -1,6 4,8 -0,6 10,7 -4,2 11,4 -4,7 0,7 0,7 -1,1 Trasporti 1,0 -0,2 1,1 -0,3 2,7 -0,6 2,7 -1,5 0,8 0,6 -21,3 Credito e serv. Fin.

0,1 -0,6 0,5 -0,6 0,4 -1,7 1,1 -2,0 0,2 0,4 83,6

Servizi per le imprese

1,3 0,0 2,7 0,3 3,6 0,1 6,4 -0,9 1,0 0,9 -14,9

Altri servizi 2,3 -2,6 0,9 -0,7 6,5 -7,1 2,0 -2,7 0,5 0,4 -10,3 Totale 35,6 -0,6 42,3 8,8 100,0 6,4 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.4bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Valle Cavallina Sud _____________e Val Calepio

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,4 0,9 1,9 3,6 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 1,4 2,3 1,4 0,9 304 Tessile 0,6 0,3 8,1 3,4 305 Abbigliamento e calzature 1,1 0,8 13,6 7,9 306 Legno e mobili 1,6 1,1 10,0 5,3 307 Cartotecnica 1,2 0,8 2,2 1,3 308 Editoria e stampa 0,3 1,3 0,8 3,8 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,6 0,3 0,1 0,1 310 Metallurgia 0,1 0,5 0,9 2,0 311 Meccanica 1,0 0,9 36,6 35,8 312 Minerali non metalliferi 1,2 1,4 5,7 3,2 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,6 1,2 6,6 5,6 314 Gomma 1,6 1,4 2,8 4,2 315 Plastica e altre 1,9 2,8 9,2 22,9 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 14.072 20.687

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 144Tabella 6.5 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________Valle Brembana

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,4 0,2 0,2 0,1 1,2 0,7 0,8 0,5 2,4 3,1 30,9 Manifattura 19,5 0,5 13,4 -3,8 56,4 4,1 52,2 0,8 1,1 1,0 -5,9 Costruzioni 4,2 0,9 3,8 -0,4 12,3 3,1 14,6 2,3 1,3 1,2 -11,4 Energia gas e acqua 0,6 0,4 0,3 0,1 1,9 1,2 1,0 0,5 2,8 1,9 -32,5 Commercio 6,5 1,1 4,2 -1,2 18,9 4,0 16,4 0,3 1,3 1,0 -19,7 Trasporti 1,3 0,1 1,9 0,4 3,7 0,4 7,2 3,0 1,1 1,7 50,3 Credito e serv. Fin. 0,4 -0,4 0,4 -0,6 1,1 -1,1 1,6 -1,5 0,5 0,5 2,2 Servizi per le imprese 1,1 -0,2 1,1 -1,3 3,1 -0,3 4,3 -3,0 0,9 0,6 -35,1 Altri servizi 0,5 -4,4 0,5 -1,1 1,5 -12,1 1,9 -2,8 0,1 0,4 272,7 Totale 34,5 -1,7 25,7 -7,7 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

Tabella 6.5bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana _______________Valle Brembana

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301 Alimentari e bevande 0,0 2,9 12,3 11,5 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,0 0,3 0,0 0,1 304 Tessile 1,7 1,1 24,7 11,8 305 Abbigliamento e calzature 1,0 0,4 12,2 4,4 306 Legno e mobili 2,2 3,0 13,3 14,8 307 Cartotecnica 1,5 2,3 2,9 3,7 308 Editoria e stampa 0,1 0,2 0,1 0,5 309 Fotografia, cinema, ecc. 1,1 0,7 0,2 0,2 310 Metallurgia 0,1 0,0 0,4 0,1 311 Meccanica 0,7 1,1 25,1 46,0 312 Minerali non metalliferi 1,2 0,0 5,4 3,8 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,3 0,0 1,1 0,0 314 Gomma 0,0 0,0 0,1 0,1 315 Plastica e altre 0,4 0,4 2,2 3,1 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 8.509 5.836

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

145 Tabella 6.6 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________Valle Imagna

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,2 0,0 0,1 0,0 0,7 0,3 0,4 0,1 1,5 1,4 -8,0 Manifattura 9,9 -9,0 8,8 -8,4 42,8 -9,4 43,6 -7,8 0,8 0,8 3,5 Costruzioni 4,3 1,0 5,0 0,9 18,6 9,4 24,7 12,4 2,0 2,0 -1,4 Energia gas e acqua 0,1 -0,2 0,0 -0,1 0,3 -0,3 0,2 -0,3 0,5 0,4 -15,9 Commercio 4,0 -1,4 3,4 -2,0 17,4 2,5 16,7 0,6 1,2 1,0 -11,2 Trasporti 0,7 -0,5 0,7 -0,7 3,0 -0,3 3,4 -0,8 0,9 0,8 -9,9 Credito e serv. Fin. 0,2 -0,6 0,4 -0,7 0,9 -1,2 1,9 -1,2 0,4 0,6 45,8 Servizi per le imprese

0,6 -0,7 1,2 -1,2 2,4 -1,0 6,0 -1,3 0,7 0,8 17,7

Altri servizi 3,2 -1,7 0,6 -1,0 13,8 0,2 3,1 -1,6 1,0 0,7 -35,4 Totale 23,2 -13,0 20,2 -13,2 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

Tabella 6.6bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana _____________ Valle Imagna

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,8 1,8 3,2 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,0 0,3 0,0 0,1 304 Tessile 0,5 0,4 7,0 4,4 305 Abbigliamento e calzature 1,2 0,8 15,0 7,5 306 Legno e mobili 5,8 5,8 35,7 28,9 307 Cartotecnica 0,0 0,1 0,1 0,2 308 Editoria e stampa 0,9 1,2 2,3 3,6 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,2 0,5 0,0 0,2 310 Metallurgia 0,1 0,1 1,1 0,3 311 Meccanica 0,8 1,0 28,1 42,6 312 Minerali non metalliferi 0,9 0,0 4,1 3,9 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,0 0,0 0,0 0,0 314 Gomma 0,5 0,0 0,8 0,0 315 Plastica e altre 0,8 0,6 4,1 5,1 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 2.574 2.561

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 146Tabella 6.7 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________Valle Seriana

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,1 -0,1 0,1 0,0 0,2 -0,3 0,2 -0,1 0,3 0,6 92,8 Manifattura 20,5 1,6 19,0 1,8 63,4 11,2 60,8 9,4 1,2 1,2 -2,5 Costruzioni 2,7 -0,6 3,7 -0,4 8,4 -0,8 12,0 -0,3 0,9 1,0 6,5 Energia gas e acqua 0,2 -0,1 0,2 0,0 0,5 -0,2 0,5 0,0 0,7 0,9 29,6 Commercio 4,0 -1,4 4,3 -1,1 12,3 -2,6 13,6 -2,5 0,8 0,8 2,7 Trasporti 0,6 -0,6 0,8 -0,6 2,0 -1,3 2,5 -1,7 0,6 0,6 -2,2 Credito e serv. Fin. 0,3 -0,5 0,6 -0,4 0,9 -1,2 2,0 -1,1 0,4 0,6 53,7 Servizi per le imprese 0,9 -0,3 1,7 -0,7 2,8 -0,6 5,4 -1,9 0,8 0,7 -9,4 Altri servizi 3,1 -1,8 0,9 -0,7 9,5 -4,1 3,0 -1,7 0,7 0,6 -11,0 Totale 32,4 -3,8 31,2 -2,3 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.7bis - Occupazione e specializzazione dell'industria:Comunità Montana _____________ Valle Seriana

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,5 2,5 1,9 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,1 0,1 0,1 0,0 304 Tessile 2,5 3,4 35,9 35,1 305 Abbigliamento e calzature 1,2 1,5 14,1 15,0 306 Legno e mobili 0,5 0,6 2,9 3,2 307 Cartotecnica 4,0 3,0 7,5 4,9 308 Editoria e stampa 0,3 0,4 0,8 1,1 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,6 0,9 0,1 0,3 310 Metallurgia 0,2 0,2 1,9 0,7 311 Meccanica 0,7 0,7 26,6 31,1 312 Minerali non metalliferi 0,3 0,7 1,3 0,9 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,8 0,6 3,4 3,0 314 Gomma 0,0 0,0 0,0 0,0 315 Plastica e altre 0,6 0,3 2,8 2,7 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 18.040 17.601

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

147 Tabella 6.8 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________Valle Seriana Superiore

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 1,6 1,4 0,0 -0,1 5,2 4,7 0,1 -0,2 10,6 0,2 -97,9 Manifattura 12,0 -6,9 13,2 -4,0 39,1 -13,2 47,6 -3,8 0,7 0,9 24,0 Costruzioni 4,5 1,2 5,4 1,3 14,7 5,5 19,5 7,2 1,6 1,6 -1,5 Energia gas e acqua 0,5 0,3 0,3 0,1 1,8 1,1 1,1 0,6 2,6 2,0 -23,3 Commercio 5,8 0,4 5,1 -0,3 18,9 4,0 18,3 2,2 1,3 1,1 -10,3 Trasporti 0,7 -0,5 0,7 -0,7 2,3 -1,0 2,5 -1,7 0,7 0,6 -14,5 Credito e serv. Fin. 0,3 -0,5 0,5 -0,6 0,9 -1,2 1,7 -1,4 0,4 0,5 26,4 Servizi per le imprese 0,9 -0,3 1,6 -0,8 3,0 -0,4 5,8 -1,5 0,9 0,8 -8,6 Altri servizi 4,3 -0,6 1,0 -0,6 14,2 0,6 3,5 -1,2 1,0 0,7 -29,6 Totale 30,7 -5,5 27,6 -5,8 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.8bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana _____________ Valle Seriana Superiore

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,1 0,9 2,6 3,7 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,2 0,4 0,2 0,1 304 Tessile 3,0 1,5 43,0 15,2 305 Abbigliamento e calzature 1,1 1,6 12,7 15,3 306 Legno e mobili 1,1 1,0 7,0 5,2 307 Cartotecnica 0,1 0,1 0,1 0,1 308 Editoria e stampa 0,3 0,5 0,8 1,4 309 Fotografia, cinema, ecc. 1,5 0,8 0,3 0,2 310 Metallurgia 0,0 0,7 0,1 2,7 311 Meccanica 0,6 0,9 19,8 35,8 312 Minerali non metalliferi 0,1 3,6 0,6 1,6 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,5 3,0 6,0 14,6 314 Gomma 0,1 0,0 0,2 0,0 315 Plastica e altre 1,3 0,5 6,3 4,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assolut) 4.335 4.873

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 148Tabella 6.9 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________Valle Cavallina

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,6 0,4 0,4 0,4 2,1 1,6 1,7 1,4 4,3 6,2 44,9 Manifattura 12,9 -6,0 12,4 -4,8 44,3 -7,9 46,9 -4,5 0,8 0,9 7,7 Costruzioni 4,2 0,8 4,9 0,7 14,2 5,0 18,4 6,1 1,5 1,5 -3,6 Energia gas e acqua 0,1 -0,2 0,0 -0,1 0,3 -0,4 0,1 -0,4 0,5 0,3 -46,1 Commercio 5,0 -0,4 4,3 -1,0 17,2 2,3 16,5 0,4 1,2 1,0 -11,6 Trasporti 1,6 0,4 1,2 -0,2 5,5 2,2 4,5 0,3 1,7 1,1 -35,3 Credito e serv. Fin. 0,4 -0,4 0,6 -0,4 1,3 -0,8 2,5 -0,6 0,6 0,8 28,3 Servizi per le imprese

0,8 -0,5 1,5 -0,9 2,6 -0,9 5,8 -1,5 0,7 0,8 7,5

Altri servizi 3,6 -1,3 0,9 -0,7 12,4 -1,2 3,5 -1,2 0,9 0,7 -18,4 Totale 29,2 -7,0 26,4 -7,1 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.9bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana Valle Cavallina

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 1,5 5,6 6,0 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,1 0,0 0,1 0,0 304 Tessile 0,4 0,4 6,2 4,4 305 Abbigliamento e calzature 2,6 2,8 31,5 27,8 306 Legno e mobili 0,7 1,2 4,2 5,9 307 Cartotecnica 0,0 0,1 0,0 0,2 308 Editoria e stampa 0,3 0,1 0,7 0,4 309 Fotografia, cinema, ecc. 2,0 0,8 0,4 0,2 310 Metallurgia 0,1 0,0 0,8 0,0 311 Meccanica 0,8 0,9 27,8 36,2 312 Minerali non metalliferi 2,2 0,0 10,5 9,2 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,3 0,0 1,4 0,0 314 Gomma 1,3 0,9 2,2 2,7 315 Plastica e altre 1,7 0,8 8,5 7,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 3.205 3.460

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

149 Tabella 6.10 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________ Basso Sebino e Monte Bronzone

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,2 0,0 0,1 0,0 0,5 0,0 0,2 -0,1 1,1 0,9 -21,4 Manifattura 20,7 1,8 21,2 4,0 57,5 5,3 61,8 10,4 1,1 1,2 9,3 Costruzioni 4,2 0,8 4,3 0,2 11,6 2,4 12,7 0,4 1,3 1,0 -18,4 Energia gas e acqua 0,1 -0,2 0,0 -0,2 0,2 -0,5 0,0 -0,5 0,3 0,0 -84,9 Commercio 5,2 -0,1 4,3 -1,1 14,6 -0,3 12,5 -3,6 1,0 0,8 -21,1 Trasporti 0,8 -0,4 0,9 -0,6 2,2 -1,1 2,5 -1,7 0,7 0,6 -11,8 Credito e serv. Fin. 0,3 -0,5 0,6 -0,4 0,8 -1,3 1,8 -1,3 0,4 0,6 59,1 Servizi per le imprese 1,0 -0,2 1,6 -0,8 2,9 -0,6 4,8 -2,5 0,8 0,7 -21,4 Altri servizi 3,5 -1,4 1,3 -0,3 9,7 -3,9 3,7 -1,0 0,7 0,8 9,7 Totale 36,0 -0,2 34,2 0,8 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.10bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana ______________ Basso Sebino e Monte Bronzone

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,6 2,1 2,3 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,0 0,0 0,0 0,0 304 Tessile 1,3 0,5 18,9 5,0 305 Abbigliamento e calzature 1,2 0,6 14,2 6,1 306 Legno e mobili 0,7 0,9 4,1 4,5 307 Cartotecnica 0,0 0,0 0,0 0,0 308 Editoria e stampa 0,2 0,2 0,6 0,6 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,8 0,7 0,2 0,2 310 Metallurgia 0,1 0,1 0,6 0,3 311 Meccanica 0,3 0,4 10,3 15,1 312 Minerali non metalliferi 1,4 0,6 6,4 4,0 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,4 0,5 5,8 2,5 314 Gomma 16,6 17,0 28,3 50,9 315 Plastica e altre 1,8 1,0 8,6 8,3 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 5.005 5.619

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 150Tabella 6.11 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ____________Alto Sebino

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,1 0,0 0,1 0,0 0,4 -0,1 0,3 0,0 0,8 1,3 64,5 Manifattura 22,0 3,0 12,9 -4,3 58,4 6,2 46,9 -4,5 1,1 0,9 -18,3 Costruzioni 2,7 -0,7 4,4 0,3 7,1 -2,1 16,2 3,9 0,8 1,3 69,3 Energia gas e acqua 0,1 -0,2 0,0 -0,2 0,1 -0,5 0,1 -0,4 0,2 0,2 -24,8 Commercio 4,9 -0,5 4,8 -0,5 12,9 -2,0 17,6 1,5 0,9 1,1 26,2 Trasporti 1,3 0,1 1,5 0,0 3,4 0,1 5,3 1,1 1,0 1,2 20,6 Credito e serv. Fin. 0,4 -0,4 0,7 -0,4 1,0 -1,1 2,4 -0,7 0,5 0,8 63,3 Servizi per le imprese 1,3 0,1 1,9 -0,6 3,6 0,1 6,8 -0,5 1,0 0,9 -9,7 Altri servizi 4,9 0,0 1,2 -0,4 13,0 -0,6 4,4 -0,3 1,0 0,9 -3,4 Totale 37,6 1,4 27,5 -6,0 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.11bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana ______________ Alto Sebino

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,8 1,3 3,1 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,1 0,0 0,1 0,0 304 Tessile 0,2 0,3 2,6 3,3 305 Abbigliamento e calzature 1,2 1,5 14,1 14,4 306 Legno e mobili 0,6 0,9 3,4 4,4 307 Cartotecnica 0,0 0,0 0,0 0,0 308 Editoria e stampa 0,3 0,2 0,8 0,6 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,6 0,7 0,1 0,2 310 Metallurgia 8,1 8,5 62,7 33,8 311 Meccanica 0,3 0,8 11,5 32,3 312 Minerali non metalliferi 0,3 0,6 1,6 2,6 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,1 0,5 0,3 2,6 314 Gomma 0,6 0,3 1,0 0,8 315 Plastica e altre 0,1 0,2 0,6 1,9 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 6.296 3.723

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

151 Tabella 6.12 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Comunità Montana ___________ di Scalve

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,3 0,1 0,2 0,1 1,0 0,5 0,8 0,5 1,9 2,9 48,3 Manifattura 9,8 -9,1 10,5 -6,7 36,8 -15,5 45,5 -5,9 0,7 0,9 25,8 Costruzioni 5,1 1,8 4,9 0,8 19,2 10,0 21,4 9,1 2,1 1,7 -17,0 Energia gas e acqua 0,4 0,2 0,1 -0,1 1,7 1,0 0,5 0,0 2,5 0,9 -63,6 Commercio 5,3 -0,1 4,3 -1,1 20,0 5,1 18,7 2,6 1,3 1,2 -13,5 Trasporti 1,1 -0,1 0,6 -0,8 4,0 0,7 2,5 -1,7 1,2 0,6 -51,2 Credito e serv. Fin. 0,3 -0,5 0,3 -0,8 1,0 -1,2 1,3 -1,8 0,4 0,4 -9,9 Servizi per le imprese 0,4 -0,8 1,2 -1,2 1,5 -1,9 5,3 -2,0 0,4 0,7 65,7 Altri servizi 4,0 -0,9 1,0 -0,6 15,0 1,4 4,1 -0,6 1,1 0,9 -20,3 Totale 26,6 -9,6 23,1 -10,3 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.12bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Comunità Montana ______________ di Scalve

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,6 0,3 1,7 1,3 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 2,4 0,0 2,4 0,0 304 Tessile 1,1 0,6 15,8 6,1 305 Abbigliamento e calzature 0,9 1,5 10,8 14,8 306 Legno e mobili 2,5 2,8 15,4 13,8 307 Cartotecnica 0,0 0,0 0,0 0,0 308 Editoria e stampa 2,0 2,6 4,8 7,8 309 Fotografia, cinema, ecc. 4,3 1,4 0,9 0,4 310 Metallurgia 0,0 0,0 0,0 0,0 311 Meccanica 1,2 1,0 44,8 43,0 312 Minerali non metalliferi 0,0 1,0 0,2 4,4 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,0 0,8 0,0 4,0 314 Gomma 0,0 0,0 0,0 0,0 315 Plastica e altre 0,7 0,5 3,2 4,2 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 462 472

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 152Tabella 6.13 – Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Pianura Serio Oglio

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special. 1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. %

% %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,2 0,0 0,2 0,1 0,5 0,0 0,7 0,4 1,1 2,5 129,3 Manifattura 14,2 -4,7 15,0 -2,2 48,0 -4,3 51,0 -0,4 0,9 1,0 8,0 Costruzioni 5,3 2,0 6,6 2,4 17,9 8,7 22,3 10,0 1,9 1,8 -7,1 Energia gas e acqua 0,1 -0,2 0,1 -0,1 0,3 -0,4 0,3 -0,2 0,5 0,6 21,6 Commercio 4,0 -1,3 3,9 -1,4 13,6 -1,3 13,4 -2,7 0,9 0,8 -9,4 Trasporti 0,7 -0,5 0,7 -0,7 2,4 -0,9 2,4 -1,8 0,7 0,6 -23,8 Credito e serv. Fin. 0,3 -0,5 0,6 -0,5 1,0 -1,2 1,9 -1,2 0,5 0,6 36,5 Servizi per le imprese

1,1 -0,2 1,6 -0,8 3,6 0,1 5,4 -1,9 1,0 0,7 -28,1

Altri servizi 3,8 -1,2 0,8 -0,8 12,7 -0,9 2,7 -2,0 0,9 0,6 -38,4 Totale 29,7 -6,6 29,5 -4,0 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.13bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Pianura Serio Oglio

Indici di specializzazione Composizione % su occ. ind. 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,0 0,9 3,9 3,7 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 0,2 0,2 0,2 0,1 304 Tessile 0,9 0,8 12,8 8,1 305 Abbigliamento e calzature 1,8 1,7 22,1 16,6 306 Legno e mobili 1,0 1,3 6,0 6,6 307 Cartotecnica 1,8 1,4 3,5 2,3 308 Editoria e stampa 0,2 0,3 0,5 0,8 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,6 0,6 0,1 0,2 310 Metallurgia 0,1 0,4 0,8 1,7 311 Meccanica 1,1 1,0 40,6 43,0 312 Minerali non metalliferi 0,9 0,4 4,3 5,6 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 0,0 0,3 0,1 1,5 314 Gomma 0,2 0,3 0,4 0,8 315 Plastica e altre 1,0 1,1 4,7 9,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 8.486 9.887

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

153 Tabella 6.14 - Addetti, popolazione e specializzazione produttiva: Pianura Adda Serio

Addetti/Popolazione Occupati sett./Occupati tot. Indice di special.

1981 1996 1981 1996 1981 1996 Var. % % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov. % %-%Prov.

Minerali 0,1 0,0 0,0 0,0 0,3 -0,2 0,1 -0,2 0,7 0,5 -27,7 Manifattura 24,2 5,2 18,8 1,6 61,4 9,1 57,2 5,8 1,2 1,1 -5,2 Costruzioni 3,1 -0,3 3,8 -0,3 7,8 -1,4 11,6 -0,7 0,8 0,9 11,2 Energia gas e acqua 0,2 0,0 0,1 -0,1 0,5 -0,1 0,4 -0,1 0,8 0,7 -15,7 Commercio 4,9 -0,5 4,5 -0,9 12,5 -2,4 13,7 -2,4 0,8 0,9 2,0 Trasporti 1,1 -0,1 1,5 0,1 2,8 -0,5 4,5 0,3 0,9 1,1 22,4 Credito e serv. Fin. 0,5 -0,3 0,8 -0,3 1,2 -0,9 2,3 -0,8 0,6 0,7 26,9 Servizi per le imprese 1,3 0,0 2,3 -0,2 3,3 -0,1 6,8 -0,5 1,0 0,9 -1,7 Altri servizi 4,0 -0,9 1,1 -0,5 10,1 -3,5 3,3 -1,4 0,7 0,7 -6,2 Totale 39,4 3,1 32,9 -0,6 100,0 100,0 * La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996) Tabella 6.14bis - Occupazione e specializzazione dell'industria: Pianura Adda Serio

Indici di specializzazione in % su addetti industria 1981 1996 1981 1996

301Alimentari e bevande 0,4 1,3 4,8 5,3 302 Tabacco 0,0 0,0 0,0 0,0 303 Pelli e cuoio 1,6 2,5 1,6 1,0 304 Tessile 0,6 0,8 8,0 8,0 305 Abbigliamento e calzature 0,4 0,5 4,4 5,2 306 Legno e mobili 0,9 0,9 5,7 4,5 307 Cartotecnica 0,2 0,4 0,4 0,7 308 Editoria e stampa 0,5 0,5 1,1 1,6 309 Fotografia, cinema, ecc. 0,6 0,8 0,1 0,3 310 Metallurgia 2,2 2,2 16,9 8,9 311 Meccanica 1,2 1,1 41,6 47,8 312 Minerali non metalliferi 0,9 1,1 4,4 3,8 313 Chimica, petrolifera, fibre tessili 1,0 0,9 4,3 4,4 314 Gomma 0,4 0,2 0,7 0,5 315 Plastica e altre 1,2 1,0 5,9 8,0 Addetti tot. manifatturieri (valore assoluto) 39.423 34.460

* La voce altri servizi comprende: attività legali, commerciali, tecniche e simili; informatica e attività connesse; ricerca e sviluppo; servizi di vigilanza e investigazione; a causa della disomogeneità della classificazione utilizzata nei diversi Censimenti, il dato per il 1981 comprende anche alcune unità industriali e dei servizi appartenenti ad altri settori. Fonte: elaborazioni Irs su dati Istat (Censimenti 1981, 1996)

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Industria 1542. LE POLITICHE E GLI ATTORI

2.1 Le politiche in corso Le politiche locali per l’industria nella bergamasca e la loro evoluzione recente possono essere esaminate suddividendo il decennio trascorso in tre opportuni sotto-periodi. 1) Fino ai primi anni Novanta: un atteggiamento passivo.Per tutta un’epoca, di cui si può

approssimativamente fissare la conclusione nel 1992, la politica locale si è limitata ad assecondare le tendenze “spontanee” di uno sviluppo industriale ad alta intensità di manodopera e di spazio fisico, caratterizzato da specializzazione e competitività nei settori tradizionali (tessile, abbigliamento, meccanica), da un ristretto ma robustissimo numero di grandi imprese e da una presenza di imprese piccole e artigiane elevata anche in rapporto alla media regionale e nazionale. In concreto, i Comuni giocavano un ruolo da protagonisti con il rilascio delle concessioni edilizie, mentre le diverse associazioni imprenditoriali e la Camera di Commercio erano fra i principali fornitori di servizi alle imprese8 di varia natura (quelli più frequentemente richiesti erano tuttavia, come nel resto d’Italia, di tipo assai “tradizionale”, consistenti in informazioni sui mercati esteri, su come ottenere la certificazione di qualità in caso di necessità, sui macchinari innovativi, ecc.). Vale la pena di ricordare a questo proposito che, da un’indagine svolta dall’Irs nel 1995 presso un campione rappresentativo di imprese di dimensione piccola o media (tra 10 e 200 addetti), era emerso che le imprese desiderose di acquistare servizi all’esterno si rivolgevano principalmente, se non esclusivamente, al proprio commercialista, alla propria associazione o a consulenti privati e alla banca (per servizi non solo finanziari, ma anche di supporto all’attività internazionale). Questi interlocutori erano molto frequentemente interpellati e utilizzati anche per servizi per i quali esistevano fornitori specializzati dotati delle necessarie competenze (come ad esempio quelli a supporto del trasferimento tecnologico). Completava il quadro la presenza dei centri di formazione professionale finanziati con fondi pubblici, che svolgevano tuttavia più una funzione di “integrazione” dei percorsi scolastici che non una funzione “attiva” di accompagnamento dell’evoluzione della struttura produttiva. Due segnali diverso, in un quadro complessivamente statico, vennero con la costituzione della Facoltà di Ingegneria nel 1991 (con il decisivo sostegno, sia politico che finanziario, dell’Unione Industriali di Bergamo), e con la creazione dell’associazione Pro Universitate Bergomensi, attraverso cui le principali forze imprenditoriali della città (con l’Unione Industriali nuovamente in primo piano) si proponevano di finanziare studi e ricerche svolti in seno alla locale università. E’ plausibile supporre che la conclusione di questo periodo sia stata favorita da un concorso di cause tra cui vanno segnalate la profonda crisi politica che (insieme alle restrizioni della spesa pubblica) bloccherà di fatto per diversi anni gli appalti pubblici, il rallentamento dell’economia (a cui non è estranea la manovra di bilancio fortemente restrittiva attuata dal governo Amato nel 1992) e il rinserrarsi del vincolo europeo, che, in concorso tra di loro, hanno avviato una stagione di cambiamenti strutturali profondi, non ancora conclusa e creato una conseguente aspettativa di cambiamenti anche nelle politiche pubbliche.

2) Nella prima metà degli anni Novanta: torna l’attivismo. Gli anni tra il 1992 e il 1995 possono essere letti come un periodo di transizione, caratterizzato da un accresciuto attivismo delle rappresentanze imprenditoriali sia pubbliche che private. A partire dal 1993, la Camera di Commercio decide di pubblicare annualmente, in collaborazione con la Provincia, un Rapporto sull’economia bergamasca attento non più solo alla congiuntura, ma alle evoluzioni di più lungo periodo in atto nei diversi settori di attività economica e nel mercato del lavoro della provincia; l’operazione ha lo scopo esplicito di creare un substrato conoscitivo comune che faciliti il dialogo e l’iniziativa dei diversi attori dell’economia. La Camera di Commercio crea in quegli anni anche la società Bergamo Formazione, per arricchire l’offerta formativa là dove il sistema della formazione finanziata con risorse pubbliche sembrava meno in grado di assecondare le trasformazioni del sistema produttivo. L’Unione Industriali istituisce nel 1994 il servizio

8 La Camera di Commercio partecipa tra l’altro dal 1970 al Consorzio Bergamo Export, che si propone di sostenere l’attività internazionale delle piccole imprese.

Le politiche in corsoLe politiche a livello

provinciale

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

155 Innovazione Tecnologica. La Provincia, intanto, redige nel 1994 un Documento Direttore in vista della predisposizione di un Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (che non fu poi varato). Il culmine di questa fase di risveglio può essere fissato nel 1995, quando le diverse associazioni imprenditoriali della provincia costituiscono l’Associazione Polis. Essa nasce in forte polemica con le amministrazioni pubbliche locali, accusate di cronico immobilismo di fronte al palese rinserrarsi di alcuni vincoli allo sviluppo (in particolare sul versante della dotazione infrastrutturale, ma non solo), e svolgerà negli anni seguenti azioni di pressione con documenti ed eventi vari. E’ in questo periodo che si manifestano peraltro le difficoltà delle prime esperienze di politiche basate sulla programmazione negoziata, i distretti industriali. Per la verità, i distretti lombardi, in quanto organi di coordinamento tra attori dello sviluppo locale, non nascono per “spinte dal basso”, ma dalla rapidità con cui la Regione Lombardia dà attuazione alla legge n.317/91 (che dispone finanziamenti in favore di progetti per servizi alle imprese presentati dai distretti). Nella bergamasca vengono individuati i distretti di Valbrembana (meccanica), Valseriana (tessile-abbigliamento), Sebino Bergamasco (guarnizioni in gomma); altri distretti a cavallo tra Bergamo e altre provincie sono il Trevigliese (metalmeccanica), Palazzolo sull’Oglio (tessile e meccanotessile) e Lecco (meccanica). Una ricostruzione recente9 ha mostrato che questi organismi non sono mai riusciti a diventare efficaci strumenti della progettazione concertata, per varie ragioni riconducibili sia alla difficoltà di costruire un’idea condivisa dello sviluppo auspicato e del contributo che dal distretto poteva provenire, sia alla storica ritrosia delle imprese ad attuare forme di collaborazione tra di loro (ad es., consorzi), sia ancora alla concorrenza di servizi già erogati da altri attori sul territorio.

3) Gli ultimi anni. Il periodo più recente è caratterizzato dai primi risultati della riflessione e dell’attivismo del periodo precedente, dall’assunzione di un ruolo di maggiore rilievo da parte degli enti locali e dal maturare della consapevolezza che la concertazione tra gli attori dello sviluppo è condizione essenziale per il successo di qualsiasi politica, anche al livello locale. L’inizio di questa nuova fase può essere simbolicamente collocato nel 1996, quando nasce Servitec, società a capitale misto (i soci promotori sono: Provincia, Camera di Commercio, Università, Comune di Dalmine, poi entreranno le associazioni imprenditoriali e sindacali) che fornisce servizi innovativi alle imprese soprattutto nel campo del trasferimento tecnologico. Servitec è parte del più ampio progetto di un Polo Tecnologico attualmente in fase di avvio; il tutto ha sede in immobili localizzati a Dalmine e posseduti dalla società Tecnodal, costituita per l’occasione dagli stessi soci per gestire il patrimonio immobiliare. Di nuovo in base a forti scelte di partenariato tra soggetti pubblici e privati nascono nello stesso periodo i progetti per alcune grandi infrastrutture: la Fiera di Bergamo, l’interporto (in questo caso si tratta per la verità del rilancio di un vecchio progetto), l’autostrada direttissima Milano-Brescia (per cui viene costituita la società Brebemi). Alcune di queste iniziative vanno segnalate per il loro carattere innovativo. Tra queste: il patto di sindacato su cui si regge la società Sacbo (gestore dell’aeroporto di Orio al Serio), che segna il tentativo dei più significativi attori locali bergamaschi di esprimersi attraverso un soggetto unitario; il progetto presentato dalla Brebemi, che prevede che la nuova autostrada venga finanziata interamente con capitali privati; Servitec, costituita con un apporto misto di capitale pubblico e privato. Dal riassetto delle competenze delle diverse istituzioni locali ha origine l’attività di programmazione delle Comunità Montane, che ha recentemente sottoposto all’approvazione del Consiglio Provinciale i loro Piani pluriennali di sviluppo, ciascuno dei quali dedica all’industria specifiche analisi e iniziative10. Anche l’Unione Industriali investe, in quest’ultimo periodo, sia nell’istruzione superiore (contribuendo all’avvio di alcuni corsi di laurea specializzati presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università) che nella formazione (costituendo una propria società per arricchire l’offerta formativa provinciale). I due Patti Territoriali (strumenti per attivare progetti di sviluppo locale basati sul partenariato sociale) sperimentati in provincia, quello della Val Brembana e quello riguardante Sebino, Val Camonica, Valle Cavallina (che coinvolge anche la Provincia di Brescia), non hanno condotto a risultati soddisfacenti; ciò si deve, forse, al fatto che questi patti non sono stati applicati alla soluzione di un’emergenza occupazionale (qui inesistente, ma prioritaria nelle aree in ritardo in cui è nata l’idea

9 Si veda Irs (a cura di), Rapporto sull’economia bergamasca 1999-2000, per la Camera di Commercio e la Provincia di Bergamo. 10 Si veda il paragrafo 1.3

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Industria 156stessa dei Patti), ma al rilancio complessivo dello sviluppo economico dell’area rispetto a cui il grado di consenso e di condivisione tra gli attori rilevanti era troppo basso. Assai significativa è l’esperienza bergamasca nella costruzione dello sportello unico per le attività produttive, animata dalla significativa collaborazione tra i diversi soggetti pubblici (il Comune e le varie branche della pubblica amministrazione coinvolte nel processo autorizzativo) e privati coinvolti, e in cui la Camera di Commercio ha svolto un importante ruolo di coordinamento. Questa esperienza ha prodotto un know-how di cui non si è giovato solo il Comune di Bergamo, ma che è stato oggetto di interesse da parte di altre amministrazioni locali della provincia; ad essa ha guardato di recente anche la Regione Lombardia, che si propone di coinvolgere le associazioni imprenditoriali e più in generale le forze sociali nella gestione dello sportello unico in Lombardia11. Il periodo più recente ha visto anche un rilancio del dibattito sul futuro economico e sociale di Bergamo e della sua provincia. Da una parte, Provincia e Camera di Commercio hanno promosso, in collaborazione con l’OCSE, una Rassegna territoriale su Bergamo. La rassegna territoriale è uno strumento con cui l’OCSE, con l’ausilio delle autorità locali e di esperti indipendenti, studia l’economia locale e le politiche in atto, individua bisogni insoddisfatti e problemi irrisolti e formula suggerimenti per affrontarli, anche in base allo studio di esperienze estere dai tratti analoghi. Sia la preparazione della Rassegna, durante la quale Bergamo è stata visitata a più riprese da esperti e funzionari, che la prima presentazione dei suoi risultati, sono state viste dagli attori locali come un’occasione di riflessione collettiva, in cui è emersa con molta forza la necessità di imprimere allo sviluppo della provincia un orientamento più attento alla qualità e sostenibilità dello sviluppo (sia per quanto riguarda gli scenari futuri dell’industria che in tutti gli altri settori di intervento). Nel dicembre 2000 Provincia, Comune, Camera di Commercio, Polis e le parti sociali hanno sottoscritto il Patto per Bergamo, un documento di intenti in materia di infrastrutture, mercato del lavoro e formazione professionale, turismo, cultura, ambiente, agricoltura, servizi sociali, e che manifesta disponibilità anche verso progetti che non ricadono direttamente entro le competenze della Provincia (Fiera, nuova Università, nuovo Ospedale, stadio). La Provincia è impegnata a tenere conto dei contenuti del Patto nella redazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (in corso nel 2001). Va infine segnalato che nel mese di maggio 2001 è stato varato il Patto Territoriale per lo Sviluppo delle Orobie, già siglato da 92 Comuni e 7 Comunità Montane della provincia. Utilizzando in modo convergente fondi dell’Unione Europea (Ob.2, per le aree ammissibili, e Sezione Generale dei Fondi Strutturali), dello Stato (fondi CIPE per la programmazione negoziata) e della Regione Lombardia (con la quale si sta preparando un accordo di programma), il Patto ha emesso un primo bando per progetti di sviluppo delle aree montane. Secondo le prime informazioni rese note dalla Provincia, al bando hanno risposto quasi 170 progetti (l’80% dei quali in campo turistico). La Provincia, inoltre, per ciò che riguarda più specificamente l’attività manifatturiera, oltre a finanziare consorzi di sostegno al credito per le piccole e piccolissime imprese, ha sostenuto alcune iniziative di servizio alle imprese (in particolare, nel distretto del bottone della Val Calepio e si è impegnata attivamente nella soluzione di problemi occupazionali sorti come conseguenza di ristrutturazioni produttive. Sembra di poter dire, in definitiva, che in quest’ultima fase le politiche locali hanno prodotto alcuni primi risultati (incluse alcune formule organizzative e finanziarie innovative) resi possibili dall’accresciuta consapevolezza, da parte degli attori locali, sia della loro maggiore responsabilità (favorita dal decentramento amministrativo e dall’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province e delle regioni) che dell’importanza della concertazione in una società complessa.

Le Comunità Montane hanno recentemente esposto le loro politiche nei riguardi dello sviluppo industriale nei loro Piani di Sviluppo Socioeconomico. Si dà qui una sintesi di quelli disponibili (rinviando al capitolo 1 per il relativo quadro analitico). Comunità Montana del Basso Sebino e Monte Bronzone La Comunità Montana ritiene “fisiologici e positivi” i processi di delocalizzazione che investono attualmente il settore della gomma (ormai giunto alla maturità), auspica che

11 “Sportelli unici e facili”, Italia Oggi, 18 luglio 2001.

Le politiche delleComunità Montane

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

157 “restino nel territorio le capacità di direzione e innovazione tecnologica” (non nascondendosi a questo proposito un punto di debolezza nella scarsa offerta locale di manodopera qualificata e di servizi avanzati alle imprese) e vede peraltro il volano dello sviluppo futuro nella valorizzazione delle risorse ambientali attraverso lo sviluppo di un turismo di qualità (che presuppone un rilevantissimo sforzo di “manutenzione del territorio”). In questa direzione vanno gli obiettivi del Piano di Sviluppo della Comunità e i relativi finanziamenti.

Fonte: Provincia di Bergamo, Cartografia elaborata dal Servizio Pianificazione Teritoriale

Comunità Montana Alto Sebino Il Piano di Sviluppo Socio-Economico della Comunità Montana (dicembre 2000) sottolinea come la piccola dimensione delle imprese industriali locali abbia finora ostacolato lo sviluppo di una moderna cultura delle reti di imprese, in cui emergano alcuni leader che stimolino le imprese minori (in particolare quelle subfornitrici) a migliorare il peso della qualità, del servizio e della partnership nel mix della propria competitività. I punti critici sono individuati nella scarsa diffusione dell’innovazione e, soprattutto, nell’insufficiente accumulazione di capitale umano. Al superamento di queste criticità sono orientati i progetti del Piano stesso in campo industriale.

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Industria 158Comunità Montana Valle Brembana Gli interventi per lo sviluppo economico previsti dal Piano, per quanto riguarda l’industria, prevedono: sostegno al comparto artigiano; sostegno all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese; sviluppo del potenziale di attrattività in aree economiche omogenee e di crisi (utilizzando le l.r. 30/94 e 1/2000); coordinamento degli strumenti di incentivazione per le imprese (e agevolazione dell’accesso agli stessi); sportello unico e servizi telematici; azioni di sviluppo integrato industria/turismo nelle aree in declino; sostegno alla new economy (infrastrutture telematiche e sostegno alla diffusione delle nuove tecnologie presso le piccole imprese). Comunità Montana Valle Seriana Il Piano Pluriennale di Sviluppo che la Comunità si è data nel dicembre 1994, assegnava alla politica economica locale due obiettivi di non breve respiro: “garantire qualità dell’offerta di lavoro nel lungo periodo” (a fronte di un livello di scolarizzazione della manodopera inferiore ad una media provinciale già comparativamente bassa, che costituisce un vincolo allo sviluppo economico del prossimo futuro) e “dare servizi alla piccola impresa” (per agevolare il rapporto con la pubblica amministrazione, per consentire un migliore incontro tra domanda e offerta di lavoro, per la formazione - anche imprenditoriale - e per la diffusione dell’innovazione). Le testimonianze raccolte durante la preparazione di questo Rapporto confermano il pesante impatto dell’industria sul territorio, il disagio dei Comuni a fronte della richiesta di concessioni per nuovi insediamenti, e pur tuttavia il timore che alcune imprese medio-grandi (in particolare, tessili e dell’abbigliamento) che hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo economico dell’area possano scegliere altre localizzazioni (spinte magari anche dalla difficoltà a reperire manodopera: anche qui è consistente l’afflusso di immigrati extracomunitari provenienti da paesi con alta disoccupazione e basso costo del lavoro). Comunità Montana Valle Cavallina Il Piano di Sviluppo Socio-Economico della Comunità Montana (1999), sottolineata la “mancanza di un vero e proprio asse” dello sviluppo locale, prevede sia l’insediamento di nuove attività industriali (in vista delle quali promuove un censimento delle aree disponibili e la predisposizione di servizi alla nascita e al consolidamento di imprese) che lo sviluppo del turismo e di altre attività di servizio legate alla cura del territorio e alla valorizzazione del patrimonio locale. L’offerta di manodopera è tendenzialmente scarsa (quella che era tradizionalmente terra di emigrazione assorbe ora immigrati) e pone un problema di innalzamento dei livelli di istruzione e di formazione continua. Comunità Montana Valle Imagna Il Programma Pluriennale 2000-2004 della Comunità Montana stabilisce obiettivi sia di sviluppo per attività non industriali (promozione di turismo, artigianato caratteristico e prodotti tipici, tra l’altro attraverso la creazione di un marchio della Valle) che di diffusione dell’innovazione nell’industria del legno (dove operano prevalentemente imprese artigiane) che ancora di creazione di imprese “multipolari” nel settore edile (per combatterne la frammentazione e facilitarne così l’accesso al mercato). Quest’ultimo obiettivo completa interventi già avviati dal GAL Valle Imagna nell’ambito del Programma LEADER II. Il Programma prevede inoltre interventi per la predisposizione di nuove aree per insediamenti industriali nell’alta Valle e attività di formazione e aggiornamento professionale sia per gli imprenditori che per le maestranze nel settore del legno (anche queste attività si ricollegano al Programma LEADER II). Comunità Montana di Scalve I problemi del comparto manifatturiero a cui il Piano si propone di ovviare sono: la destrutturazione delle imprese artigiane (presso cui si vuole favorire la diffusione dell’innovazione, l’integrazione e la collaborazione); lo scarso attivismo delle piccole imprese sui mercati internazionali; la scarsa patrimonializzazione delle piccole imprese; l’assenza di

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

159 nuove imprese in settori ad alta tecnologia; l’inadeguatezza delle aree e delle infrastrutture di accoglienza per nuovi insediamenti produttivi (con possibilità sia di riuso di aree e fabbricati dismessi che di individuazione di nuove aree); lo scarso sviluppo di strutture di servizio alle imprese. Il Piano prevede inoltre l’attivazione dello sportello unico per le attività produttive e interventi per l’attivazione di servizi telematici avanzati e per la diffusione delle innovazioni tipiche della new economy. Il Piano individua d’altra parte una direzione di sviluppo futuro in cui l’irrobustimento del tessuto industriale è bensì una priorità, ma il volano di questo sviluppo è visto essenzialmente nella valorizzazione delle risorse naturali e ambientali (“valorizzazione dei rapporti tra agricoltura, artigianato, servizi di ospitalità alberghiera e ristorazione, ambiente e cultura”, evocando un vero e proprio “distretto rurale”).

2.2 Le posizioni degli attori locali Le considerazioni più rilevanti, emerse da un’indagine svolta presso attori delle politiche industriali a livello locale, si possono sintetizzare come segue. La piccola impresa e l’artigianato C’è soddisfazione generale per la ricchezza del tessuto delle piccole imprese industriali e dell’artigianato, visto non solo come fonte di reddito e di occupazione ma anche come opportunità “localizzativa” in termini di fornitura e subfornitura flessibile ed efficace. E’ però ugualmente diffusa una certa preoccupazione per il futuro dell’impresa minore, che viene vista in pericolo a causa di: scarsità di manodopera specializzata e conseguente competizione salariale con le imprese più grandi (avvantaggiate da una maggiore capacità di pagare stipendi elevati); scarsa imprenditorialità quando si tratta di cercare nuovi mercati, di consorziarsi per commercializzare i propri prodotti, di innovare, di investire in formazione; “spiazzamento”, in qualche caso, da parte di imprese che fanno ricorso al lavoro nero (un fenomeno su cui mancano informazioni solide, ma che è per lo più ritenuto di proporzioni non irrilevanti). Qualcuno ha segnalato addirittura un rischio di “emarginazione” dell’impresa minore, di cui un aspetto specifico è costituito dall’incombente “crisi di identità” dell’artigianato che, per poter attirare ancora i giovani, dovrebbe invece potersi “vivere” come una formula imprenditoriale moderna. Il miglioramento della qualità della vita in provincia aiuterebbe molto. L’impatto delle grandi imprese su occupazione, uso del suolo, ambiente In generale, l’eventualità di ridimensionamenti o chiusure delle imprese maggiori è vista con preoccupazione soprattutto in alcune zone di montagna, dove le occupazioni alternative scarseggiano e dove molte piccole imprese lavorano per quelle più grandi. Sono peraltro diffusissime ovunque le preoccupazioni per l’impatto dei grandi stabilimenti (soprattutto chimici e siderurgici) sull’ambiente e sul traffico. Nelle zone a più fitta presenza industriale (come Ponte San Pietro), c’è il desiderio di spostare alcuni degli stabilimenti esistenti e comunque di non consentire ulteriori insediamenti. Nelle aree siderurgiche tradizionali c’è preoccupazione per le ricadute delle ristrutturazioni (chiusure o modernizzazioni) in termini di occupazione (concentrate in alcune aree come Lovere e Dalmine), anche per la difficoltà ad avviare attività alternative (che si vorrebbero prevalentemente turistiche e non industriali); c’è però anche sollievo, perché l’impatto ambientale delle acciaierie è pesante e perché esse generano un denso traffico di merci. In definitiva, l’ansia per l’impatto occupazionale del ridimensionamento dell’industria è tanto meno viva quanto più si fanno definite e credibili le ipotesi di decollo di attività alternative, tra cui è prediletto il turismo, in particolare nelle aree più dotate di risorse naturali, artistiche e culturali.

L’offerta (scarsa) di lavoro specializzato come vincolo La carenza di manodopera specializzata è fortemente e unanimemente denunciata come un vincolo allo sviluppo, che colpisce tutti e penalizza soprattutto le imprese più piccole, meno in grado di offrire salari competitivi. La figura di cui si denuncia la carenza, come risulta

Le posizioni degli attori locali

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Industria 160anche invariabilmente dalle successive rilevazioni Excelsior, è quella dell’operaio e del tecnico specializzati, in possesso non tanto di un titolo di studio e di istruzione professionale elevato (è generalmente sufficiente la scuola dell’obbligo, eventualmente accompagnata da un titolo di istruzione professionale post obbligo), quanto di un’esperienza di lavoro pregressa. In questo senso, la strozzatura è, per definizione, difficilmente rimediabile e costituisce un vero e proprio vincolo alla crescita. Secondo alcuni, ciò potrebbe dar luogo ad una crescita dei salari, tuttavia non se ne ha ancora evidenza (il che contraddice nuovamente le previsioni suggerite dai manuali di economia). Si ritiene comunque che una prima risposta dovrebbe essere costituita da un incremento dell’offerta formativa post-obbligo destinata a queste figure, che, secondo alcuni, dovrebbe essere destinata anche agli immigrati provenienti da paesi extracomunitari in via di sviluppo. Questi ultimi, già presenti nell’industria bergamasca in percentuale superiore alla media regionale, sembrano invece finora destinati a mansioni non qualificate. L’industria del futuro: servizi, infrastrutture, formazione, ricerca E’ frequentemente lamentato il ritardo di Bergamo nel cablaggio necessario alla diffusione dei servizi di telecomunicazione avanzati (in primis, di Internet) e nell’allestimento di un’offerta formativa pubblica specificamente ritagliata sulle esigenze della new economy e, più in generale, della diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei diversi settori dell’economia. Il ritardo del sistema delle imprese nell’utilizzo di servizi logistici avanzati è una delle concause della congestione e del pesante impatto ambientale dell’industria, insieme all’inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto (ma assai meno citato di quest’ultima). C’è soddisfazione generale per la crescita della sede universitaria, diffusamente attribuita al nuovo rettore, e per l’arricchimento della sua offerta di formazione superiore. L’efficacia della presenza dell’università sarebbe accresciuta dal miglioramento del sistema dei trasporti per le persone, e in particolare del trasporto pubblico, in assenza del quale gli studenti residenti nella parte ovest della Bassa trovano più comodo iscriversi a Milano. Va peraltro ricordato che, come mostrano sistematicamente le rilevazioni Excelsior, l’industria locale continua ad offrire ben poche opportunità ai giovani bergamaschi che, in numero crescente ormai da anni, si iscrivono all’università. C’è infine diffusa soddisfazione e aspettativa nei confronti del Polo Tecnologico di Dalmine e di Servitec; si avverte più in generale la necessità (tipica dell’intero Paese) di una maggiore rapporto tra centri di ricerca e industria e di una maggiore efficacia del trasferimento tecnologico. Insediamenti industriali e procedure amministrative, uso del suolo, riconversione Pur con le cautele e le apprensioni sopra richiamate per l’impatto ambientale, è diffuso (salvo poche eccezioni) il desiderio di essere in grado di ospitare nuovi insediamenti industriali (il meno invasivi possibile). La scarsa disponibilità di nuove aree da destinare a questo uso (generalmente dovuta alla già massiccia presenza di stabilimenti in gran parte del territorio), è spesso sentita come un vincolo. Si segnalano da più parti sforzi per rendere operativo lo sportello unico. Nelle aree più dotate di risorse naturali e artistiche, comprensibilmente, l’attenzione è più spostata verso la possibilità di sostituire il turismo all’industria come fonte di reddito e di occupazione.

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

161 3. TENDENZE E CRITICITÀ

3.1 Politiche sovralocali Le politiche suscettibili di incidere sullo sviluppo industriale della provincia sono numerose e assai diverse tra di loro, e vengono decise e gestite a differenti livelli di governo. Negli ultimi quindici anni, a partire dall’Atto Unico Europeo del 1985 e dal programma di completamento del mercato interno entro il 1992, l’Unione Europea (prima: Comunità Europea) ha progressivamente assunto un ruolo ormai decisivo. Limitandosi a quelle che gli economisti chiamano “politiche strutturali” (o microeconomiche, cioè tutte quelle diverse dalla manovra del cambio, della moneta e del bilancio pubblico), si deve ricordare anzitutto che l’Unione tutela la libertà di circolazione delle merci, amministra la politica commerciale comune (che regola gli scambi dell’Unione con il resto del mondo), detta regole per l’armonizzazione e il mutuo riconoscimento delle normative tecniche (più precisamente, di quelle che si usa normare per tutelare il pubblico interesse) e per la sicurezza sui posti di lavoro, fissa limiti sempre più rigorosi e vincolanti al volume di sussidi che ciascuno Stato membro è autorizzato a erogare alle proprie imprese, gestisce la politica antitrust (controllo preventivo delle concentrazioni, prevenzione e sanzione degli abusi di posizione dominante), promuove l’apertura dei mercati in alcuni importanti settori finora protetti (acqua, energia, trasporti, telecomunicazioni). Passando dalla cd. integrazione negativa (rimozione degli ostacoli) a quella positiva (azioni dirette ed esplicite di promozione), non si può non citare almeno i programmi-quadro per la ricerca e sviluppo e la diffusione dell’innovazione (a cui partecipa un numero crescente, pur se ancora insoddisfacente, di piccole e medie imprese italiane) e le politiche di coesione che, per mezzo dei fondi strutturali e del loro complesso sistema di gestione fondato sulla concertazione e sulla valutazione, cercano di ridurre gli squilibri economici tra le regioni dell’Unione attivando progetti di investimento pubblico e privato che pongano le basi per lo sviluppo futuro delle regioni in ritardo e/o in difficoltà. Il governo italiano, come tutti gli altri governi dell’Unione, si muove ormai entro le coordinate fissate dall’Unione. Sarebbe tuttavia riduttivo e fuorviante non vedere gli ampi spazi di iniziativa di cui esso gode (talvolta ad esso riservati, come ad esempio le politiche per l’istruzione, talaltra dove le sue competenze sono concorrenti con quelle di livelli di governo superiori o inferiori, come ad esempio le politiche per la ricerca o quelle per la penetrazione delle imprese sui mercati esteri). Basti pensare, per limitarsi all’essenziale, alle politiche di incentivazione alle imprese (ora affidate alle Regioni, sia pure con l’eccezione di alcuni provvedimenti rilevanti, e comunque entro un quadro di criteri stabiliti a livello nazionale) e a quelle per l’istruzione, la formazione, la ricerca e il trasferimento di tecnologia, il mercato del lavoro. Con la legge n.59/97 (cd. Bassanini uno) e i successivi provvedimenti di attuazione, sono state trasferite alle Regioni consistenti competenze in vari campi. Per quanto riguarda l’industria, sono state trasferite in particolare le risorse finanziarie e umane necessarie ad amministrare una parte rilevante delle misure di incentivazione prima gestite dal governo centrale12 (anche se alcune fra le più rilevanti – come la l.488/92 per le aree depresse e quelle che agevolano gli investimenti in ricerca e sviluppo – sono rimaste all’amministrazione centrale). Altre importanti misure recenti all’insegna del decentramento amministrativo e della semplificazione (le riforme del mercato del lavoro e del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, lo sportello unico per le imprese) attribuiscono al livello regionale, provinciale e comunale strumenti fondamentali per il governo del sistema produttivo. E’ importante notare che questa stagione di decentramento non si esaurisce nel passaggio in altre mani di alcune funzioni esecutive, ma, per la sua ispirazione di fondo, attribuisce alle Regioni e agli enti locali un ampio spazio di azione politica in tutte le aree non più riservate all’amministrazione centrale. E’ opinione diffusa che, almeno per quanto riguarda lo sviluppo economico, le amministrazione regionali e locali siano ancora diffusamente impreparate ai nuovi compiti.

12 Ci si riferisce alle imprese (anche molto piccole) che si definiscono industriali dal punto di vista giuridico: gli interventi per l’artigianato erano già di competenza delle Regioni.

Politiche sovralocali

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Industria 162Va peraltro aggiunto che la Regione Lombardia aveva da tempo varato propri strumenti di sostegno alle imprese (tra cui la l.r. 7/93 che finanzia investimenti per innovazioni di prodotto e di processo), ampiamente utilizzati dalle imprese bergamasche)13.

3.2 Scenario tendenziale In base a quanto detto fin qui, si possono immaginare alcune probabili linee di tendenza del modello industriale bergamasco nel medio periodo, insieme ad un primo sommario delle opportunità e dei punti critici presenti. In premessa, va anche precisato che il futuro dell’industria è in parte “fuori dall’industria”, in particolare (ma non solo) nelle aree di montagna il cui sviluppo futuro può contare su asset di altra natura (ambientali). Si è cercato di immaginare uno “scenario tendenziale” derivante dall’estrapolazione delle tendenze in atto: • le imprese grandi e medie cresceranno ulteriormente soprattutto per via esterna,

attraverso i rapporti di gruppo e l’effettuazione di investimenti (spesso acquisizioni) anche in altri paesi. La crescita riguarderà in parte le funzioni più direttamente produttive, in parte quelle cd. terziarie, tra cui quelle strategiche legate alla ricerca e sviluppo e alla diffusione dell’innovazione. La qualità e quantità delle attività manifatturiere “pregiate” che si tratterranno e radicheranno nel territorio provinciale dipenderà tra l’altro anche dalle soluzioni che verranno date alla strozzatura infrastrutturale, alla questione ambientale, all’esigenza di migliorare l’offerta di istruzione e formazione, al miglioramento dei servizi alle persone e in generale della “qualità della vita”;

• proseguirà la delocalizzazione delle fasi produttive più labour intensive nei settori “tradizionali” (tessile, abbigliamento, calzature, mobili), favorita dalla prospettiva del prossimo allargamento dell’Unione Europea a est. Che effetto avrà questo sulla competitività delle imprese bergamasche? Senz’altro positivo, a parità di altre condizioni, per le imprese grandi e medie che sono protagoniste attive della delocalizzazione (i cui costi si riducono). Ma non è detto che questo effetto sia decisivo, nel periodo medio-lungo, senza la messa in atto di strategie di filiera adeguate sia sul versante dell’innovazione che su quelli della distribuzione, della presenza sui mercati internazionali, della logistica. E proprio sulla capacità di adeguamento logistico si gioca una partita importante per il futuro delle piccole e medie imprese del settore: politiche di sostegno efficaci potrebbero quindi modificare lo scenario di questi settori, in cui è essenziale capire che il “valore aggiunto” non deriva solo dalla moda e dalla qualità intrinseca del prodotto, ma anche dal servizio al consumatore e quindi alla distribuzione;

• la crescita di nuove attività manifatturiere e di servizio alle imprese continuerà ad essere stentata, per la forte tendenza del sistema bergamasco a confermare e “approfondire” le sue specializzazione tradizionali (anche “mature”);

• in termini occupazionali, la crescente concorrenza internazionale e la delocalizzazione colpiranno di più nelle sub-aree in cui sono concentrate i comparti industriali in contrazione occupazionale “strutturale”. La tabella 7 riporta, per ciascuna sub-area, la percentuale di posti di lavoro manifatturieri che appartiene a comparti in contrazione. In 10 delle 13 sub-aree gli addetti ai settori in contrazione superavano, nel 1996, il 30 per cento del totale; le zone montane denunciano con poche eccezioni situazioni più preoccupanti, come era da aspettarsi dato il grande peso di settori come il tessile/abbigliamento. In 8 aree, inoltre (tra cui 6 comunità montane), il rapporto tra addetti (manifatturieri e dei servizi) e popolazione residente è calato tra il 1981 e il 1996: la contrazione dei settori tradizionali non sembra quindi essere stata compensata dallo sviluppo di nuove attività con significativo impatto occupazionale;

• proseguirà il processo di selezione in atto nell’impresa minore, il cui segno dipenderà però anche dall’efficacia delle politiche di sostegno. Cresceranno esclusivamente i fornitori o subfornitori di grandi e medie imprese (queste ultime attuano ormai da anni una politica di restrizione del numero dei fornitori imponendo vincoli progressivamente

13 Si veda il Rapporto sull’economia bergamasca 1999-2000 (in particolare, il par.4.2.3).

Scenario tendenziale

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

163 più rigidi in termini di qualità e logistici) e le imprese molto specializzate e di nicchia, come temono alcuni? o invece una porzione più ampia dell’artigianato e della piccola impresa riuscirà ad innovare prodotti, processi e organizzazione in modo da trovare una collocazione nuova all’interno delle filiere produttive e distributive? Quest’ultima prospettiva dipenderà anche dal miglioramento dell’offerta di formazione, dall’efficacia delle politiche di creazione di impresa e di trasferimento tecnologico, dalla disponibilità delle imprese stesse a consorziarsi sia negli acquisti che nella ricerca e nel trasferimento tecnologico che ancora nella commercializzazione dei prodotti.

Tabella 7 - Rilevanza occupazionale dei settori in contrazione nelle sub-aree della _________bergamasca (1996)

addetti/popol. addetti/popol. in crescita (*) in calo/staz. (*)

Comunità montana Valle Seriana (a) 59,8 Comunità montana Alto Sebino 54,1 Comunità montana Valle Cavallina 47,5 Comunità montana Valle Imagna 45,3 Pianura Serio Oglio 41,0 Comunità montana Valle Seriana Superiore 40,2 Comunità montana di Scalve 39,1 Comunità montana Valle Brembana 38,7 Isola e Val San Martino 32,9 Pianura Adda Serio 32,1 Area metropolitana di Bergamo 28,2 Valle Cavallina Sud e Val Calepio 24,0 Comunità montana Basso Sebino e Monte Bronzone 19,9 (*) Queste due colonne distinguono le aree in cui, tra il 1981 e il 1996, il rapporto tra addetti (manifatturieri e dei servizi) e popolazione cala o è stazionaria da quelle in cui cresce.

(a) Qui la crescita del rapporto addetti/popolazione avviene in presenza di un calo degli uni appena inferiore al calo e dell'altra: le prospettive sembrano comunque non positive. Fonte: elaborazione Irs su dati Istat

3.3 Punti di forza e punti di debolezza L’industria manifatturiera bergamasca è prevalentemente localizzata in pianura (soprattutto a ovest del capoluogo), ma non mancano zone industriali nella fascia collinare pedemontana (escluso il capoluogo) e nelle valli; in termini di occupazione, comunque, l’industria pesa ovunque nella provincia, in misura superiore alla media non solo nazionale, ma anche lombarda. Bergamo è la quinta provincia esportatrice del Paese. I suoi punti di specializzazione sono nei settori tradizionali del made in Italy, nella meccanica, in alcuni comparti della chimica, nei materiali elettrici, nel legno, nell’editoria; non mancano nicchie di produzioni avanzate. Un suo riconosciuto punto di forza è la flessibilità nei rapporti di fornitura e subfornitura, agevolata dalla presenza di un tessuto ricchissimo di piccole e piccolissime imprese (la provincia vanta la più elevata densità di artigiani per abitante del Paese). Alcuni distretti industriali (intesi come sistemi locali merceologicamente specializzati) esistono, ma non sono la caratteristica dominante di un sistema industriale caratterizzato invece da un’elevata diversificazione e flessibilità. In diversi settori produttivi, Bergamo ospita fasi di produzione standardizzate ad alta intensità di lavoro, la cui convenienza economica è strettamente dipendente, oggi, dalla costante disponibilità di manodopera immigrata.

Punti di forza e punti didebolezza

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Industria 164In sostanza, Bergamo “ricapitola” in vitro, portandole in qualche modo all’estremo, le caratteristiche generali dell’industria italiana che, con la sua competitività sui mercati mondiali, ha saputo assicurare ad ampie zone del Paese un reddito pro capite fra i più elevati d’Europa (quindi del mondo). Questa competitività è in parte “enigmatica” per gli studiosi, poiché ad essa contribuiscono largamente produzioni tradizionali ad alta intensità di lavoro che, secondo le previsioni ispirate dalle teorie prevalenti, avrebbero dovuto entrare da tempo irrimediabilmente in declino perché “spiazzate” dalla prossimità di paesi a basso costo del lavoro e dal cadere delle barriere agli scambi e dei costi di trasporto. Nonostante la brillante performance dei settori tradizionali, su cui si è retta la bilancia commerciale del paese per molti anni, restano e si fanno più allarmate le voci che vedono nella specializzazione industriale dell’Italia (centrata su settori maturi, che crescono poco e di cui la forte concorrenza sui mercati mondiali deprime fortemente la capacità di generare valore aggiunto) un rischio per il tenore di vita futuro del paese. Se questa discussione esula dalle finalità di questo rapporto, per quanto riguarda Bergamo è senz’altro preoccupante, se sarà confermato, il basso tasso di crescita della produttività dell’industria manifatturiera, inferiore non solo al dato lombardo ma anche a quello medio nazionale. Tra il 1991 e il 1996, infatti, fatta pari a 100 la media nazionale, Bergamo è passata da 99,1 a 98,4; nello stesso periodo, la Lombardia è passata da 103,8 a 104,4. Se le differenze di livello non vanno sopravvalutate (essendo ampiamente determinate sia dalla presenza di Milano nell’aggregato di riferimento che dalla specifica composizione settoriale dell’industria bergamasca), l’allargarsi del gap invece non dovrebbe essere trascurato, tantopiù che esso ha determinato una corrispondente perdita di terreno nella produttività dell’intera economia della provincia (nonostante le buone performances delle costruzioni, del credito e, soprattutto, del commercio e del turismo). La tavola seguente ricapitola i punti di forza e di debolezza dell’industria manifatturiera bergamasca ampiamente esaminati negli anni passati14.

14 Si vedano in particolare le diverse edizioni del Rapporto sull’economia bergamasca, predisposto dall’Irs per la Camera di Commercio e la Provincia di Bergamo, nonché la Rassegna Territoriale su Bergamo dell’OCSE (ottobre 2001).

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

165 Punti di forza/Opportunita’ Punti di debolezza/Minacce

> Competitività sui mercati esteri (meccanica, settori tradizionali)

> Alcune imprese innovative (meccanica, materiali elettrici, chimica, made in Italy, nicchie high-tech)

> Ristrutturazione delle filiere produttive nel senso dell’efficienza:

- Crescita dimensionale, emergere medie imprese, delocalizzazione, investim. all’estero;

- Presenza ampia e diffusa di imprese piccole e artigiane, flessibili, efficaci nella subfornitura;

- Sviluppo non basato su monoculture “distrettuali”

> Insediamenti multinazionali

> Servizi alle imprese in crescita

> Consenso sulla necessità di stimolare l’innovazione

> Inadeguatezza imprenditoriale delle imprese più piccole e degli artigiani

> Scarsità di manodopera specializzata, rischio di crescita salariale (e conseguente svantaggio competitivo delle imprese più piccole)

> Scarsa utilizzo manodopera qualificata (in partic., femminile), Scarso investimento formativo

> Insufficiente attenzione all’ambiente

> Infrastrutture inadeguate (trasporti, telecomunicazioni), aree congestionate

> Sistema della formazione pubblica inadeguato, poco rispondente alla domanda

> Alcune aree con problemi di riconversione

> Difficoltà a costruire il necessario consenso politico intorno ad alcune politiche locali necessarie

> Scarso investimento in nuove attività (in particolare, high-tech)

> Integrazione europea, allargamento a Est (nuovi mercati)

> Prossimità a Milano (utilizzo ricerca e servizi avanzati, gateway verso il mondo, BG alternativa alla congestione)

> Decentramento, semplificazione amministrativa (apre spazi alle politiche locali di sostegno agli investimenti)

> Capitale umano (università BG e MI, crescente propensione dei giovani alla prosecuzione degli studi)

> Immigrazione (rende economicamente convenienti attività labour intensive)

> Integrazione europea, allargamento a Est (nuovi concorrenti)

> Vincolo ambientale più stringente (per norme europee, tendenze della domanda), necessità di aggiustamento in tempi stretti per recuperare il sottoinvestimento

> Immigrazione (ritarda gli aumenti di produttività legati allo spostamento di risorse verso investimenti innovativi)

> Decentramento, semplificazione amministrativa (genera “competizione territoriale”)

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Industria 166Appendice 1 – Le sub-aree della provincia di Bergamo e i loro Comuni

Fonte: Provincia di Bergamo, Cartografia elaborata dal Servizio Pianificazione Territoriale

Comuni e aree C. M. Valle Brembana

Algua

Averara

Blello

Bracca

Branzi

Brembilla

Camerata Cornello

Carona

Cassiglio

Cornalba

Costa Di Serina

Cusio

Dossena

Foppolo Gerosa

Isola Di Fondra

Lenna

Mezzoldo

Moio De'Calvi

Olmo Al Brembo

Oltre Il Colle

Ornica

Piazza Brembana

Piazzatorre

Piazzolo

Roncobello

San Giovanni Bianco

San Pellegrino Terme

Santa Brigida

Sedrina

Serina

Taleggio

Ubiale Clanezzo

Valleve

Valnegra

Valtorta

Vedeseta

Zogno

C.M. Alto Sebino Bossico

Castro

Costa Volpino

Fonteno

Lovere

Pianico

Riva Di Solto

Rogno

Solto Collina

Sovere

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

167 C.M. Basso Sebino e MonteBronzone Adrara San Martino

Adrara San Rocco

Credaro

Foresto Sparso

Gandosso

Parzanica

Predore

Sarnico

Tavernola Bergamasca

Viadanica

Vigolo

Villongo

C.M. Valle Cavallina Berzo San Fermo

Bianzano

Borgo Di Terzo

Casazza

Cenate Sopra

Endine Gaiano

Entratico

Gaverina Terme

Grone

Luzzana

Monasterolo Del Castello

Ranzanico

Spinone Al Lago

Trescore Balneario

Vigano San Martino

Zandobbio

C.M. Valle Imagna Almenno San Bartolomeo

Almenno San Salvatore

Bedulita

Berbenno

Brumano

Capizzone

Caprino Bergamasco

Corna Imagna

Costa Valle Imagna

Fuipiano Valle Imagna

Locatello

Palazzago

Roncola

Rota d'Imagna

Sant'Omobono Imagna

Strozza

Valsecca

C.M. di Scalve

Azzone

Colere

Schilpario

Vilminore di Scalve

C.M. Valle Seriana Albino

Alzano Lombardo

Aviatico

Castigo

Cazzano Sant'Andrea

Cene

Colzate

Fiorano Al Serio

Gandino

Gazzaniga

Leffe

Nembro

Peia

Pradalunga

Ranica

Selvino

Vertova

Villa Di Serio

C.M. Valle Seriana Superiore Ardesio

Castione Della Presolana

Cerete

Clusone

Fino Del Monte

Gandellino

Gorno

Gromo

Oltressenda Alta

Oneta

Onore

Parre

Piario

Ponte Nossa

Premolo

Rovetta

Songavazzo

Valbondione

Valgoglio

Villa D'Ogna

Isola e Val San Martino Ambivere

Barzana

Bonate Sopra

Bonate Sotto

Bottanuco

Brembate

Brembate Di Sopra

Calusco D'Adda

Capriate San Gervasio

Carvico

Chignolo D'Isola

Cisano Bergamasco

Filago

Madone

Mapello

Medolago

Ponte San Pietro

Pontida

Presezzo

Solza

Sotto Il Monte Giovanni XXIII

Suisio

Terno D'Isola

Villa D'Adda

Metropolitana BG Alme'

Azzano San Paolo

Bergamo

Curno

Gorle

Grassobbio

Lallio

Mozzo

Orio Al Serio

Paladina

Ponteranica

Seriate

Sorisole

Stezzano

Torre Boldone

Treviolo

Valbrembo

Villa D'Alme'

Pianura Adda Serio Arcene

Arzago D'Adda

Bariano

Boltiere

Brignano Gera D'Adda

Calvenzano

Canonica D'Adda

Caravaggio

Casirate D'Adda

Castel Rozzone

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Industria 168Ciserano

Cologno Al Serio

Comun Nuovo

Dalmine

Fara Gera D'Adda

Fornovo San Giovanni

Levate

Lurano

Misano Di Gera D'Adda

Morengo

Mozzanica

Osio Sopra

Osio Sotto

Pagazzano

Pognano

Pontirolo Nuovo

Spirano

Treviglio

Urgnano

Verdellino

Verdello

Zanica

Pianura Serio Oglio

Antegnate

Barbata

Calcinate

Calcio

Cavernago

Cividate Al Piano

Cortenova

Covo

Fara Olivana Con Sola

Fontanella Ghisalba

Isso

Martinengo

Mornico Al Serio

Palosco

Pumenengo

Romano Di Lombardia

Torre Pallavicina

Valle Cavallina Sud e ValCalepio Albano Sant'Alessandro

Bagnatica

Bolgare

Brusaporto

Carobbio Degli Angeli

Castelli Calepio

Cenate Sotto

Chiuduno

Costa Di Mezzate

Gorlago

Grumello Del Monte

Montello

Pedrengo

San Paolo D'Argon

Scanzorosciate

Telgate

Torre De'Roveri

Appendice 2 – I coefficienti di specializzazione (o localizzazione): definizione

L’indicatore chiamato “coefficiente di specializzazione” o “di localizzazione” serve a indicare l’intensità con cui una porzione di territorio (una partizione geografica, PG) ospita una determinata attività economica. In particolare, posto

A = Oic/Oc

B = Oi/O

Ove:

Oic = addetti dell’attività economica nel territorio considerato

Oc = addetti totali nel territorio considerato

Oi = addetti dell’attività economica nella provincia

O = totale addetti della provincia

Il coefficiente di specializzazione (localizzazione) è definito come:

Ql = A/B

I valori critici dell’indicatore proposto, comunemente accettati in letteratura, sono:

Ql = 0 Il settore non è presente nella partizione geografica (PG)

0 < Ql < 1 La PG è despecializzata nel settore

Ql = 1 La PG è identica rispetto al settore nella provincia

1 < Ql < 3 Le PG è specializzata nel settore

3 < Ql < 10 La PG è fortemente specializzata nel settore

Ql > 10 La PG è eccezionalmente specializzata.

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

169 4. SCENARIO

4.1 Scenario di stato Lo scenario di sviluppo dell’industria bergamasca delineato di seguito si muove entro due riferimenti fondamentali: da un lato, lo scenario della “qualità territoriale”, che la Provincia di Bergamo ha scelto come direzione fondamentale per le sue politiche settoriali; dall’altro, le tendenze di fondo e le linee direttrici dello sviluppo industriale nell’Unione Europea. Per l’industria nel suo insieme, e per ogni impresa, la sfida è: diventare più competitivi in un mondo caratterizzato (i) dalla globalizzazione dei mercati, (ii) da un’ondata di innovazione tecnologica che cambia le caratteristiche di moltissime attività produttive e di servizio, e (iii) dall’adozione della moneta unica da parte di undici paesi dell’Unione Europea, per ciascuno dei quali gli altri dieci costituiscono, nel complesso, il principale partner commerciale e verso i quali non saranno quindi più attuabili svalutazioni competitive. Poiché la crescita della produttività è la variabile chiave nel lungo periodo, non stupisce che l’Unione Europea sia preoccupata dal gap di produttività che sussiste tra Europa e Stati Uniti e ponga la sua eliminazione tra le priorità della sua politica economica. Per Bergamo e la sua provincia, la sfida industriale, nel contesto della “qualità territoriale” si può formulare così: valorizzare la considerevole forza e vitalità della propria industria come fonte insostituibile di reddito e di occupazione, nel contesto di uno sviluppo sostenibile e di una migliore qualità della vita, in uno scenario europeo e mondiale in rapida trasformazione e di fronte a una crescente concorrenza localizzativa, anche da aree vicine dell’Italia, per attrarre investimenti industriali ad alto valore aggiunto e con impatto positivo sull’economia locale. Non può quindi essere sottovalutato il gap di produttività che Bergamo denota, nel complesso, nel confronto con la Lombardia. Per questo l’obiettivo ambizioso che l’Unione Europea si è data al Vertice di Lisbona del 2000, quello di diventare l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo entro il 2010, deve costituire il punto di riferimento di lungo periodo anche per l’industria bergamasca. Bergamo detiene una posizione competitiva relativa di tutto rispetto nel contesto dell’industria manifatturiera italiana - come mostrano i suoi risultati all’esportazione, la robustezza del suo tessuto produttivo (caratterizzato dalla compresenza di grandi imprese, PMI e gruppi e da una presenza crescente di imprese che innovano) – che ha contribuito non poco a salvaguardare livelli elevati di reddito e di occupazione. L’industria bergamasca ha tuttavia rivelato una serie di criticità, sostanzialmente riconducibili: all’inadeguatezza imprenditoriale di molte imprese di piccola e piccolissima dimensione; allo sviluppo ancora troppo scarso di attività innovative industriali e di servizio (caratterizzate da alta intensità di conoscenza e di capitale immateriale); alla scarsa domanda di manodopera qualificata (la cui offerta, in crescita, potrebbe perciò cercare opportunità al di fuori del territorio provinciale, privandolo di una risorsa preziosa); alla forte concentrazione e al peso occupazionale, in alcune aree della provincia (tra cui diverse valli di montagna), di attività manifatturiere tradizionali in via di contrazione; al pesante impatto ambientale di molte attività industriali. Uno scenario di semplice prolungamento nel tempo delle tendenze attuali scoraggerebbe gli investimenti innovativi e rallenterebbe ulteriormente, anziché aumentare, la crescita della produttività e quindi della competitività dell’industria bergamasca, con conseguenze negative sul reddito e sull’occupazione della provincia. Il crescente flusso migratorio in entrata di manodopera extracomunitaria, che svolge un ruolo positivo nel breve periodo perché mantiene convenienti attività economiche che comportano fasi produttive ad alta intensità di lavoro non qualificato, potrebbe però avere l’effetto di disincentivare l’investimento in ricerca e sviluppo e l’adozione di nuove tecnologie, con conseguenze negative sulla crescita della produttività nel lungo periodo. L’obiettivo generale che Bergamo deve impostare per il suo sviluppo industriale è quello dell’upgrading (miglioramento qualitativo) - nella duplice direzione di un rafforzamento competitivo dei tradizionali settori di specializzazione e della crescita di nuove attività

Scenario di stato Introduzione

Obiettivi

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Industria 170caratterizzate da più elevato tasso di crescita e da maggior capacità di produrre valore aggiunto - col vincolo della sostenibilità dello sviluppo e del miglioramento della qualità della vita. Il perseguimento di questo obiettivo implica scelte di investimento non scontate da parte delle imprese, della pubblica amministrazione e dei singoli cittadini (da parte di questi ultimi, in termini di istruzione e formazione). Queste scelte, date le caratteristiche merceologiche e l’impatto territoriale dell’intenso sviluppo industriale degli scorsi decenni, non saranno esenti da potenziali problemi e anche conflitti. Come esempi di passaggi delicati, in questo senso, si possono citare ovviamente (a) il conflitto potenziale tra tutela dell’ambiente e del territorio, da un lato, e insediamenti industriali, infrastrutturazione e trasporti, dall’altro, ma anche (b) l’alternativa delicata e cruciale, da non sottovalutare mai, tra innovazione di processo labour saving per produrre i beni e servizi di sempre e innovazione di prodotto, che implica spesso quella di processo e presuppone investimenti di ricerca e sviluppo. La soluzione di questi problemi andrà impostata cercando di modificare, nei limiti del possibile, il quadro delle convenienze economiche percepite dalle imprese attraverso la definizione di obiettivi e strategie di sviluppo condivise. L’obiettivo generale enunciato può essere perseguito attraverso le seguenti linee-guida: 1. incoraggiare l’accumulo di capitale umano qualificato. Solo un deciso e diffuso aumento

della domanda di lavoro qualificato ai più alti livelli di specializzazione scientifica e tecnica, non solo nelle imprese più grandi ma anche in quelle medie e piccole, industriali e di servizio alle imprese, assicurerà all’industria bergamasca uno dei fattori produttivi cruciali per il futuro. Come argomenta abbondantemente la Rassegna Territoriale dell’OCSE su Bergamo, un maggiore investimento in educazione, e la sua “valorizzazione” nelle attività produttive, è una condizione sine qua non per la generazione e diffusione dell’innovazione nel sistema economico, e quindi per aumenti di produttività nel lungo periodo;

2. sostenere la crescita delle PMI, anche attraverso il trasferimento tecnologico. Le piccole imprese attraversano da tempo un processo di selezione che continuerà e che non va contrastato perché trasmette loro uno stimolo indispensabile ad accrescerne la competitività. Occorre però sostenere gli sforzi delle migliori tra esse, premiando gli imprenditori più creativi e vitali. Quanto alle imprese di media dimensione, Bergamo deve lavorare perché innovino sempre di più lanciandosi sui mercati internazionali, sull’esempio di quelle che negli anni Novanta sono state definite “le piccole multinazionali”;

3. favorire progetti di cooperazione e integrazione tra imprese (industriali e di servizio) lungo le filiere produttive e distributive, che si inseriscano in reti di dimensione globale valorizzando la prossimità a Milano come gateway per il mondo. Bergamo e la sua industria hanno grandi risorse che è tempo di spendere con più iniziativa sui mercati mondiali;

4. incentivare la nascita di nuove imprese innovative e in settori nuovi, come spin off di università e grandi imprese, da parte di imprenditori che siano essi stessi laureati in discipline tecniche e scientifiche. Per l’upgrading dell’industria bergamasca è vitale che dalla crescita delle funzioni manifatturiere pregiate attualmente presenti sul territorio possa poi svilupparsi, sempre per spin-off, un’offerta di servizi avanzati alle imprese (engineering, ricerca, design, consulenza strategica e organizzativa, ecc.) soprattutto in alcune nicchie “contigue” alle specializzazioni oggi presenti;

5. attrarre investimenti ad alto valore aggiunto dall’esterno (in particolare investimenti soft, ad alto contenuto di R&S e di innovazione) che contribuiscano a diversificare lo sviluppo industriale locale e generino ricadute fertili sull’imprenditorialità bergamasca;

6. incentivare gli investimenti rispettosi dell’ambiente, col duplice scopo di accrescere la competitività delle imprese e di migliorare l’ambiente e la qualità della vita in provincia, il che, a sua volta, renderà più attraente il territorio bergamasco;

7. porre sotto controllo l’impatto localizzativo di alcune attività manifatturiere “pesanti” e dello sviluppo delle infrastrutture. Se è indubbio infatti che le infrastrutture, soprattutto di trasporto, vadano urgentemente adeguate, è però difficilmente immaginabile una nuova

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

171 stagione di crescita di attività industriali “fisicamente ingombranti”, che determinerebbe, nel medio-lungo periodo, il riproporsi dell’attuale congestione e degli stessi dilemmi (in un contesto sempre più compromesso).

L’upgrading dell’industria bergamasca, rafforzando la competitività della principale attività economica della provincia, contribuirà alla “qualità territoriale” perché: - genererà maggiore reddito e occupazione più qualificata, preservando e migliorando

così il tenore di vita dei residenti; - fornirà in prospettiva uno sbocco alla crescente offerta di lavoro qualificato (in

particolare femminile) che si manifesta nella provincia; - porrà sotto controllo gli aspetti meno positivi dell’impatto dell’industria sul territorio e

sull’ambiente. Inferenze positive con altri settori Ambiente: una maggiore “qualità ambientale” degli investimenti contribuirà a migliorare quest’ultimo. Trasporti: una più razionale organizzazione delle filiere e la modernizzazione tecnologica delle PMI contribuirà a decongestionare le vie di comunicazione razionalizzando la domanda e l’offerta di servizi di trasporto. Terziario: lo sviluppo di un’industria più competitiva sospinge il miglioramento dell’offerta di servizi alle imprese e ne è sospinto a sua volta. Turismo: un’industria meno “invasiva” lascia spazio ad una crescita del turismo. Istruzione, formazione: l’upgrading dello sviluppo industriale genera una domanda di lavoro qualificato (da un altro punto di vista: una maggiore efficacia dell’istruzione e della formazione è indispensabile per il miglioramento industriale). Servizi sociali: la domanda di manodopera immigrata spinge al miglioramento delle politiche di accoglienza.

Dimensione territoriale (sub-provinciale) Alcune aree subiscono l’invadenza di attività manifatturiere “pesanti”, altre si interrogano sull’entità e sulle conseguenze della maturità e del declino di attività tradizionali (tessile, abbigliamento, gomma), da cui ancora dipendono quote significative di occupazione locale, altre ancora pensano a politiche di attrazione degli investimenti. In uno scenario di qualità territoriale, l’individuazione delle prospettive di sviluppo industriale non è fine a se stessa, ma si integra negli obiettivi più generali dello scenario. Così, per la pianura e la fascia metropolitana di Bergamo, che ospitano parti rilevanti dell’industria della provincia, vale più pienamente ciò che si è detto sopra: la prospettiva è quella di un’industria più basata su assets immateriali e meno invasiva. Per le aree montane e lacustri, la prospettiva prevede anche un graduale ridimensionamento delle attività industriali che lasceranno il posto ad altre attività economiche, in primis il turismo. E’ su questo diverso mix di attività che si punterà, in particolare, per contrastare le tendenze al declino di alcune valli di montagna.

4.2 Scenario di processo Gli obiettivi e le linee-guida delineate possono essere perseguiti lungo i seguenti percorsi d’azione: a) promuovere iniziative coordinate scuola-lavoro e formazione-lavoro, migliorando l’offerta

formativa, per innescare circoli virtuosi di interazione tra domanda e offerta di istruzione e formazione. Per farlo, servono iniziative che stabiliscano canali di comunicazione tra sistema scolastico, dell’alta formazione e della formazione professionale e imprese,

Scenario di processo Percorsi d’azione per realizzare lo scenario

Relazioni tra obiettivi e scenario

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Industria 172superando l’attuale situazione caratterizzata da un’elevata autoreferenzialità dei rispettivi “mondi”. Si potrebbe pensare in particolare a:

- agevolare l’assunzione di diplomati e laureati da parte delle imprese, in particolare piccole e medie, sia per immettere competenze nuove nell’industria che per fronteggiare il rischio di dispersione delle risorse umane locali. Andrà incoraggiato a questo fine l’utilizzo degli strumenti esistenti di livello superiore (nazionale, regionale); - sollecitare una pianificazione strategica dello sviluppo dell’offerta formativa. Per quanto riguarda in particolare la formazione professionale finanziata con risorse pubbliche, le imprese devono ricevere un segnale forte che preannunci il superamento delle modalità stanche e ripetitive con cui viene ancora troppo spesso effettuata la programmazione dei corsi e del loro contenuto; - stimolare gli stages di studenti delle scuole superiori e dell’università presso le imprese, sia per portare nelle imprese stesse forze e competenze fresche che per completare la formazione dei discenti – sull’esempio di un paese come la Germania - con un’esperienza concreta che permetta di avvicinare il lavoro “dall’interno”;

b) promuovere progetti di coordinamento/cooperazione tra imprese, su scala provinciale e di area, che rinsaldino i “segmenti locali” delle filiere produttive e distributive e li “mettano in rete” coi mercati globali, sfruttando l’opportunità costituita dalla vicinanza a Milano. Questi progetti possono riguardare sia la produzione e distribuzione di beni di consumo tradizionali già presenti più o meno fortemente in provincia (dall’alimentare all’abbigliamento al mobile) che la produzione di beni di consumo e di investimento ad elevato contenuto di ricerca e sviluppo (dove, ad esempio, una impresa grande, leader del progetto, può stabilire rapporti di partnership con piccole imprese localizzate in provincia per la progettazione, realizzazione e commercializzazione di nuovi prodotti). Ad allontanare eventuali sospetti di dirigismo, è utile precisare che tali iniziative devono essere individuate con modalità di tipo bottom-up, e che il ruolo delle politiche pubbliche sarà (eventualmente) quello di incoraggiare le imprese intervenendo sulle condizioni di contesto;

c) attrarre investimenti qualificati dall’esterno con opportune azioni di marketing territoriale e negoziando poi specifici “pacchetti localizzativi”. Il senso di questo percorso d’azione è quello di mettere imprese estere e multinazionali, potenziali investitori nella bergamasca, in contatto con la realtà produttiva e di servizio della provincia, segnalando loro che gli attori locali sono pronti ad agevolarle creando una “corsia preferenziale” per la soluzione di specifici problemi e l’abbattimento dei costi di localizzazione. Un ingrediente vitale, anche se non esaustivo, di questo percorso d’azione è l’efficace funzionamento dello sportello unico per le attività produttive;

d) stimolare la nascita di nuove imprese e il trasferimento tecnologico con iniziative tese a migliorare il contesto delle decisioni imprenditoriali e a costruire/rinsaldare le reti di relazione tra i diversi soggetti pubblici e privati rilevanti nel determinare gli elementi di convenienza in base a cui quelle decisioni vengono prese. Siamo qui in un campo già percorso da politiche di vario livello, in cui si avverte però la mancanza di segnali forti in direzione:

- della focalizzazione attorno a determinati obiettivi, ad esempio la costituzione di “distretti tecnologici” che valorizzino produzioni innovative al di fuori delle specializzazioni tradizionali già individuate in provincia; - del coordinamento tra gli attori rilevanti, che premi l’apporto di competenze e ruoli diversi curando che le reti relazionali che si creano includano i portatori di specifiche competenze scientifiche e tecnologiche; - dell’utilizzo sistematico (cioè dell’incorporazione negli interventi) della “bussola” costituita dall’adozione di opportune procedure di valutazione per segnalare agli attori se le loro politiche incontrano una domanda adeguata (e la soddisfano) oppure se rischiano di impantanarsi nell’autoreferenzialità); - dell’irrobustimento del comparto dei servizi avanzati alle imprese, anche incoraggiando la creazione di consorzi di imprese.

e) lanciare una campagna di promozione degli investimenti ambientali da parte delle imprese, in particolare piccole, sottolineando, anche attraverso opportune iniziative di

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Parte seconda – Gli scenari settoriali

173 benchmarking, i guadagni di competitività che ne possono derivare, stimolando l’utilizzo degli strumenti di intervento disponibili di livello superiore ed elaborando eventuali azioni “di contesto” a livello provinciale e locale.

L’implementazione di questi percorsi potrebbe essere affidata ad un’apposita “Agenzia per lo sviluppo industriale e dei servizi alle imprese”, che sviluppi l’intuizione che ha portato alla nascita di Servitec, ampliandone il campo d’azione e la capacità operativa.

Implicazioni territoriali dei percorsi d’azione

I progetti realizzati in particolare lungo i percorsi d’azione sotto elencati hanno visibili implicazioni territoriali e dovranno quindi prevedere opportune articolazioni nelle diverse sub-aree della provincia: a) (capitale umano) per quanto riguarda gli stages; b) cooperazione/reti di imprese) ad esempio per eventuali bisogni di adeguamento

infrastrutturale come il cablaggio; c) (attrazione di investimenti), in sede di scelta della localizzazione e di verifica delle

condizioni di contesto; d) (investimenti ambientali), i cui obiettivi possono variare in funzione della localizzazione

delle imprese).

4.3 Possibile ruolo della Provincia La Provincia ha spazi di iniziativa e responsabilità rilevanti, diretti o indiretti: - nella pianificazione delle infrastrutture, che deve essere inserita in una prospettiva di

miglioramento generale delle condizioni di localizzazione nel medio e lungo termine (e non solo soddisfare esigenze di breve periodo);

- nel miglioramento dei livelli di istruzione e dell’offerta formativa, grazie alle deleghe da parte della Regione e alle riforme recenti del sistema dell’istruzione e della formazione professionale;

- nel trasferimento tecnologico, se riesce migliorare il funzionamento delle reti di relazione su cui esso essenzialmente si basa;

- nell’implementazione di interventi di marketing territoriale; - nel miglioramento di quegli aspetti della localizzazione costituiti da un buon ambiente

preservato e dalla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e artistico. Più in generale, anche dove non è protagonista diretto non essendo titolare di strumenti di intervento, la Provincia intende svolgere un’azione incisiva stimolando il “gioco di squadra” degli attori rilevanti, tra cui vanno segnalati: - le amministrazioni pubbliche di livello superiore (regionale, nazionale, europeo), ma

anche inferiore (Comuni e loro associazioni, Comunità Montane), nelle loro diverse articolazioni rappresentative e tecnico-operative;

- le associazioni imprenditoriali; - la Camera di Commercio; - i centri di servizio alle imprese.

Possibile ruolo della Provincia

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