Indice Svolgimento del processo .... Milano, 20.4.2010... · dell’atteggiamento “sospettoso”...

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1 Indice Svolgimento del processo……………………………………………………………………….. p. 1 1. Genesi e sviluppo delle indagini………………………………………………………………p. 2 2. Premessa: le modalità di rimborso delle prestazioni sanitarie effettuate da strutture private………………………………………………………...p. 3 3. La truffa contestata al capo A)……………………………………………………………..…p. 9 3.1. La consulenza del dott. Luca Merlino………………………………………………….…p. 10 3.2. Le dichiarazioni del prof. Arturo Augusti……………………………………………..…p. 39 3.3. La versione del dott. Carlo Maria Zampori…………………………………………….. p. 46 3.4. La cartella clinica e la scheda di dimissione ospedaliera………………………………...p. 49 3.4.1. L’analisi della legislazione……………………………………………………………….p. 49 3.4.2. L’analisi della giurisprudenza………………………………………………………….. p. 63 3.4.3. Conclusioni………………………………………………………………………………p. 67 3.5. L’insussistenza degli artifici e dei raggiri…………………………………………….…p. 68 3.6. La valutazione delle dichiarazioni del prof. Augusti……………………………………p. 73 3.7. La sussistenza dell’illecito amministrativo ex art. 12 bis, comma 1, l.r. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31………………………………..p. 75 4. La truffa contestata al capo B)………………………………………………………………p. 76 5. La truffa contestata al capo C)………………………………………………………………p. 80 5.1. La consulenza del dott. Maurizio Nava…………………………………………………..p. 81 5.2. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici…………………………………………………p. 88 5.3. La versione del dott. Gianluca Campiglio………………………………………………..p. 90 5.4. L’insussistenza della truffa………………………………………………………………..p. 90 6. I falsi contestati ai capi D) ed E)…………………………………………………………….p. 91 6.1. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici…………………………………………………p. 91 6.2. Le dichiarazioni del dott. Matteo Magro…………………………………………………p. 95 6.3. L’insussistenza dei falsi…..………………………………………………………………...p. 97 7. L’associazione per delinquere contestata al capo F)…………………………………….…p. 98 8. Il favoreggiamento contestato al capo G)…………………………………………………...p. 99

Transcript of Indice Svolgimento del processo .... Milano, 20.4.2010... · dell’atteggiamento “sospettoso”...

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Indice

Svolgimento del processo……………………………………………………………………….. p. 1

1. Genesi e sviluppo delle indagini………………………………………………………………p. 2

2. Premessa: le modalità di rimborso delle prestazioni

sanitarie effettuate da strutture private………………………………………………………...p. 3

3. La truffa contestata al capo A)……………………………………………………………..…p. 9

3.1. La consulenza del dott. Luca Merlino………………………………………………….…p. 10

3.2. Le dichiarazioni del prof. Arturo Augusti……………………………………………..…p. 39

3.3. La versione del dott. Carlo Maria Zampori…………………………………………….. p. 46

3.4. La cartella clinica e la scheda di dimissione ospedaliera………………………………...p. 49

3.4.1. L’analisi della legislazione……………………………………………………………….p. 49

3.4.2. L’analisi della giurisprudenza………………………………………………………….. p. 63

3.4.3. Conclusioni………………………………………………………………………………p. 67

3.5. L’insussistenza degli artifici e dei raggiri…………………………………………….…p. 68

3.6. La valutazione delle dichiarazioni del prof. Augusti……………………………………p. 73

3.7. La sussistenza dell’illecito amministrativo

ex art. 12 bis, comma 1, l.r. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31………………………………..p. 75

4. La truffa contestata al capo B)………………………………………………………………p. 76

5. La truffa contestata al capo C)………………………………………………………………p. 80

5.1. La consulenza del dott. Maurizio Nava…………………………………………………..p. 81

5.2. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici…………………………………………………p. 88

5.3. La versione del dott. Gianluca Campiglio………………………………………………..p. 90

5.4. L’insussistenza della truffa………………………………………………………………..p. 90

6. I falsi contestati ai capi D) ed E)…………………………………………………………….p. 91

6.1. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici…………………………………………………p. 91

6.2. Le dichiarazioni del dott. Matteo Magro…………………………………………………p. 95

6.3. L’insussistenza dei falsi…..………………………………………………………………...p. 97

7. L’associazione per delinquere contestata al capo F)…………………………………….…p. 98

8. Il favoreggiamento contestato al capo G)…………………………………………………...p. 99

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso dal g.i.p. presso il Tribunale di Milano in data 29.2.2008, Palmesi Alberto

Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa, Ciardo Grazia, Ciardo Alberto, Zampori Carlo Maria, Schwarz

Carlo Giuseppe, Fantini Alberto, Navone Paola e Campiglio Gianluca venivano rinviati a giudizio

per rispondere dei delitti loro rispettivamente ascritti di cui in rubrica.

All’udienza del 29.5.2008 il Tribunale rigettava, con ordinanza allegata al verbale d’udienza, le

eccezioni sollevate dalla difese in data 14.5.2008; quindi le parti articolavano le rispettive richieste

istruttorie; in data 17.6.2008 veniva conferita perizia per la trascrizione di intercettazioni

telefoniche.

All’udienza del 2.10.2008, rinnovata la composizione del collegio giudicante, il processo subiva un

differimento, finalizzato alla presentazione di istanze ex art. 444 c.p.p. ai sensi dell’art. 2, comma 6,

l. n. 125 del 2008, da parte degli imputati Palmesi Alberto Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa,

Ciardo Grazia, Zampori Carlo Maria e Fantini Alberto, la cui posizione veniva perciò stralciata.

All’udienza del 20.2.2009 il processo subiva due differimenti; quindi, ribadita l’ammissione delle

prove già ammesse dal tribunale in altra composizione, all’udienza del 23.4.2009 venivano

esaminati il m.llo Nappa e il consulente del p.m., dott. Luca Merlino.

All’udienza del 7.5.2009, essendo state rigettate - con sentenza emessa da altro collegio della

medesima sezione - le istanze ex art. 444 c.p.p., venivano riunite le posizioni degli imputati Palmesi

Alberto Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa, Ciardo Grazia, Zampori Carlo Maria e Fantini Alberto;

veniva concluso l’esame del consulente, dott. Merlino, quindi veniva escusso il prof. Arturo

Augusti.

Nel corso dell’istruttoria orale, oltre all’acquisizione di ampia documentazione, venivano altresì

esaminati, quali testi introdotti dal p.m.: Matteo Magro, Ugo Clerici, Bianca Biancarosa, Angelo

Santo D’Onofrio, Libero Federico Giunchi, Laura Martello, Carmelo Trimarchi (ud. 14.5.2009);

Francesco Sessa, Chiara Bramo (ud. 11.6.2009), nonché Maurizio Bruno Nava, consulente del p.m.

(ud. 2.7.2009).

Rendevano quindi l’esame gli imputati Fantini, Schwarz (ud. 2.7.2009), Campiglio, Zampori,

Palmesi (ud. 17.9.2009), Grazia Ciardo, Alberto Ciardo e Navone (ud. 19.11.2009); ai sensi dell’art.

513 c.p.p. veniva acquisito il verbale di interrogatorio reso durante le indagini da Sassaroli Maria

Luisa.

L’istruttoria orale veniva completata con l’esame dei consulenti e testi, indicati dalle difese: Alberto

Pietro Bonoldi (ud. 19.11.2009), Renata Oliverio, Diego Foschi, Paola Sacchi (ud. 26.11.2009).

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In esito alla discussione finale, le parti concludevano come sopra riportato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Genesi e sviluppo delle indagini.

Come ha riferito il m.llo Nappa, che seguì e coordinò tutta l’attività investigativa, le indagini

relativamente a presunti illeciti commessi presso la casa di Cura San Carlo di Milano presero avvio

a seguito di dichiarazioni ricevute, nell’estate del 2005, da una fonte confidenziale “interna”,

pacificamente individuata nel prof. Arturo Augusti, il quale, sino al 31.12.2003, era stato il

responsabile dell’unità chirurgica di quella casa di cura; secondo la fonte confidenziale, presso la

struttura sanitaria, che era accreditata presso il servizio sanitario nazionale, erano state poste in

essere attività non conformi a quanto disposto dalla normativa in tema di rimborsi, specie in

relazione ad interventi di chirurgia generale, ortopedia e otorinolaringoiatria.

Al fine di vagliare la fondatezza di quelle dichiarazioni, i n.a.s. iniziarono a verificare l’esistenza di

eventuali anomalie presso la Regione Lombardia; in particolare, durante tutto lo svolgimento delle

indagini, personale qualificato – primo fra tutti, il dott. Luca Merlino, dirigente della direzione

generale di sanità dell’Assessorato alla Sanità, poi nominato consulente del p.m. – fornì ai n.a.s. un

supporto “amministrativo” in relazione alla selezione e all’analisi delle cartelle cliniche “sospette”.

In data 27 di ottobre del 2005 i N.a.s. si recarono presso la casa di cura San Carlo, gestita dalla

società Eukos s.r.l., i cui soci erano i membri della famiglia Ciardo, ossia la madre, Sassaroli Maria

Luisa in Ciardo, e i due figli, Alberto e Grazia; i c.c. presero contatto con il direttore sanitario, dott.

Fantini, e con Sassaroli, la quale, insieme a un’impiegata, si occupava della gestione delle cartelle; i

c.c. procedettero al sequestro amministrativo di cartelle ritenute meritevoli di approfondimento;

ulteriori sequestri (pure di tipo amministrativo) di cartelle cliniche furono effettuati in data 2 e 15

novembre.

Il 3 novembre 2005 il prof. Augusti fu sentito a sommarie informazioni, denunciando, come si

avrà modo di analizzare in seguito, le presunte “anomalie” relativamente al sistema dei rimborsi

degli interventi effettuati presso la casa di cura.

In data 9 febbraio 2006 i c.c. effettuarono il sequestro penale di 13.237 cartelle cliniche (1), le quali

furono verificate dai consulenti nominati dal p.m., dott. Luca Merlino e dott.ssa Maddalena Minoia,

che furono in seguito affiancati dal dott. Ugo Calanca; dal complesso di cartelle, ne furono

selezionate circa 600, di cui 550 ritenute “anomale”.

(1) In particolare: 3116 cartelle relative al 2001, 3456 relative al 2002, 3458 relative al 2003 e 3207 relative al 2004 (cfr. verbale di sequestro in atti).

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Nel corso delle indagini, oltre all’assunzione di alcune persone informate sui fatti, vennero attivate

intercettazioni sulle utenze telefoniche fisse in uso: alla casa di cura; a Palmesi Alberto, presidente

del consiglio di amministrazione; a Ciardo Grazia e Ciardo Alberto; ai dott. Zampori Carlo Maria,

all’epoca responsabile della divisione di chirurgia generale, e Nava Marcello, all’epoca responsabile

della divisione di ortopedia; alla dott.sa Navone, all’epoca responsabile del Nucleo operativo

controlli (N.o.c.), organo ispettivo regionale che effettua controlli sull’attività sanitaria svolta dalle

aziende sanitarie, dalle aziende ospedaliere e dalle altre strutture accreditate; in quello stesso

periodo, infatti, presso la casa di cura San Carlo era in atto anche un’ispezione dei N.o.c. e, a causa

dell’atteggiamento “sospettoso” dei membri del N.o.c. – i quali, essendo stati convocati dai n.a.s.

nel mese di marzo 2006 per essere sentiti a sommarie informazioni, ritenevano di essere essi stessi

oggetto delle indagini – fu deciso di intercettare anche l’utenza della dott.sa Navone.

Nel maggio 2006, con il termine dell’attività di intercettazione si conclusero anche le indagini, cui

seguì, nel gennaio 2007, l’emissione di un’o.c.c.

2. Premessa: le modalità di rimborso delle prestazioni sanitarie effettuate da strutture private.

Le imputazioni di cui ai capi A), B), e C) si riferiscono a plurimi episodi di truffa aggravata,

essendo commessa in danno di un ente pubblico, ossia dell’A.s.l. di Milano.

In particolare, come si emerge dalla disamina delle imputazioni in esame, la truffa, nel suo nucleo

essenziale – fatte salve le specificità delle singole contestazioni, su cui si tornerà più avanti - viene

descritta in questi termini: attraverso artifici e raggiri, consistiti nella falsa rappresentazione delle

patologie e delle conseguenti prestazioni sanitarie che sottendevano le richieste di rimborso, attuate

con l’indicazione di codici di D.R.G. con valorizzazioni superiori a quelle corrette, si è indotta in

errore l’A.s.l. circa la regolarità dei pagamenti richiesti, con ciò procurando agli imputati un

ingiusto profitto – pari alla differenza tra gli importi effettivamente erogati e quelli minori, che

avrebbero dovuto essere corrisposti se i codici D.R.G. fossero stati indicati correttamente (capi A e

B), ovvero pari all’intero importo erogato, nel caso in cui la prestazione effettuata non fosse stata

rimborsabile (capo C) – con correlativo danno patrimoniale subito dall’A.s.l.

Va peraltro rilevato che l’organo della pubblica accusa, da un lato avrebbe dovuto citare a giudizio

anche l’ente che gestiva la casa di cura San Carlo, ossia la Eukos s.r.l., posto che l’art. 640, comma

2, n. 1 c.p. è espressamente considerato dall’art. 24 d.lgs. n. 231 del 2001; dall’altro - ed è ciò che

più conta, ai fini della sussistenza della truffa - avrebbe dovuto anche contestare il delitto di falso in

atto pubblico, essendo pacifico, come si vedrà oltre, che la scheda di dimissione ospedaliera (s.d.o.)

– nella quale, in ipotesi di accusa, sarebbero stati indicati codici di intervento non rispondenti verità

- è atto pubblico, sicché le eventuali falsità ideologiche in essa contenute integrano il delitto ex art.

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479 c.p.; la truffa, infatti, può prefigurarsi a condizione che sia commesso un falso ideologico nella

s.d.o., ciò che integra l’artificio che trae in inganno l’ente pubblico, il quale, indotto in errore, eroga

un rimborso maggiore rispetto a quello dovuto, ovvero non affatto dovuto.

Prima di esaminare il merito delle imputazioni, appare opportuno premettere, negli stretti limiti che

qui rilevano, alcune brevi considerazioni circa le modalità di rimborso delle prestazioni sanitarie

effettuate dalle strutture private, che aiutano a comprendere il meccanismo asseritamente truffaldino

sotteso alle imputazioni di cui ai capi A, B e C.

Come ha ampiamente riferito il consulente del p.m., dott. Luca Merlino (p. 68 ss.), il servizio

sanitario nazionale, istituito nel 1978 con la legge n. 833, ha caratteristiche di universalismo, di non

selezione in base al reddito o alla componente sociale rispetto all’accesso ai servizi, ed è remunerato

con la fiscalità generale.

Pur mantenendo i principi fondanti, il d.lgs. n. 502 del 1992 (“Riordino della disciplina in materia

sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”) ha mutato le linee di indirizzo

per quanto riguarda la gestione dei servizi, introducendo il concetto della conduzione simil-

aziendale delle strutture sanitarie.

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In particolare, come si prevede negli artt. 8-bis (2), 8-ter (3), 8-quater (4), le prestazioni possono

(2) Art. 8-bis. Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali. «1. Le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presìdi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. 2. I cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell'ambito dei soggetti accreditati con cui siano stati definiti appositi accordi contrattuali. L'accesso ai servizi è subordinato all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale. 3. La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies». (3) Art. 8-ter. Autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. «1. La realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione. Tali autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all'adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all'ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate, con riferimento alle seguenti tipologie: a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti; b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio; c) strutture sanitarie e sociosanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno. 2. L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi. 3. Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture. L'esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base dei princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del presente decreto. In sede di modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si individuano gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie di cui al comma 2, nonché i relativi requisiti minimi. 5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni determinano: a) le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria, prevedendo la possibilità del riesame dell'istanza, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente; b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati». (4) Art. 8-quater. Accreditamento istituzionale. «1. L'accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali e le esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'articolo 9. La regione provvede al rilascio dell'accreditamento ai professionisti, nonché a tutte le strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui all'articolo 1, comma 18, e alle strutture private lucrative. 2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per l'accreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti dall'articolo 8-quinquies. 3. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentiti l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, il Consiglio superiore di sanità, e, limitatamente all'accreditamento dei professionisti, la Federazione nazionale dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali uniformi per: a) la definizione dei requisiti ulteriori per l'esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie e dei professionisti, nonché

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essere erogate, oltre che da soggetti pubblici (aziende unità sanitarie locali, aziende ospedaliere,

aziende universitarie ed istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), anche da soggetti che siano

“accreditati”, con cui siano stati definiti appositi accordi contrattuali, che, ai sensi dell’art. 8-

la verifica periodica di tali attività; b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno, tenendo conto anche del criterio della soglia minima di efficienza che, compatibilmente con le risorse regionali disponibili, deve esser conseguita da parte delle singole strutture sanitarie, e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione dei limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un'efficace competizione tra le strutture accreditate; c) le procedure e i termini per l'accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame dell'istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa. 4. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi: a) garantire l'eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai requisiti ulteriori richiesti per il rilascio dell'accreditamento e per la sua verifica periodica; b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in tutte le strutture; c) assicurare che tutte le strutture accreditate garantiscano dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili e alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei servizi; d) garantire che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato; e) prevedere la partecipazione della struttura a programmi di accreditamento professionale tra pari; f) prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa dell'appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e interaziendali; g) prevedere l'accettazione del sistema di controlli esterni sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito dalla regione ai sensi dell'articolo 8-octies; h) prevedere forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla verifica dell'attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all'accessibilità dei servizi offerti, nonché l'adozione e l'utilizzazione sistematica della carta dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la diffusione degli esiti dei programmi di valutazione di cui alle lettere e) ed f); i) disciplinare l'esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi all'assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti accreditati in applicazione dei medesimi criteri o di criteri comunque equivalenti a quelli adottati per i servizi interni alla struttura, secondo quanto previsto dal medesimo atto di indirizzo e coordinamento; l) indicare i requisiti specifici per l'accreditamento di funzioni di particolare rilevanza, in relazione alla complessità organizzativa e funzionale della struttura, alla competenza e alla esperienza del personale richieste, alle dotazioni tecnologiche necessarie o in relazione all'attuazione degli obiettivi prioritari definiti dalla programmazione nazionale; m) definire criteri per la selezione degli indicatori relativi all'attività svolta e ai suoi risultati finali dalle strutture e dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze scientifiche disponibili; n) definire i termini per l'adozione dei provvedimenti attuativi regionali e per l'adeguamento organizzativo delle strutture già autorizzate; o) indicare i requisiti per l'accreditamento istituzionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell'ambito del programma di formazione continua di cui all'articolo 16-ter; p) individuare l'organizzazione dipartimentale minima e le unità operative e le altre strutture complesse delle aziende di cui agli articoli 3 e 4, in base alla consistenza delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, al grado di autonomia finanziaria e alla complessità dell'organizzazione interna; q) prevedere l'estensione delle norme di cui al presente comma alle attività e alle strutture sociosanitarie, ove compatibili. 5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni definiscono, in conformità ai criteri generali uniformi ivi previsti, i requisiti per l'accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica, prevedendo, per quanto riguarda l'accreditamento dei professionisti, adeguate forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali interessati. 6. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti. 7. Nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l'accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati. L'eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell'accreditamento temporaneamente concesso. 8. In presenza di una capacità produttiva superiore al fabbisogno determinato in base ai criteri di cui al comma 3, lettera b), le regioni e le unità sanitarie locali attraverso gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale. In caso di superamento di tale limite, e in assenza di uno specifico e adeguato intervento integrativo ai sensi dell'articolo 13, si procede, con le modalità di cui all'articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture private non lucrative e dalle strutture private lucrative».

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quinquies (5), sono definiti dalle Regioni, le quali devono pure determinare, nell’ambito delle

caratteristiche generali definite dalla legge dello Stato, sia la remunerazione (art. 8-sexies) (6), sia i

controlli (art. 8-octies) (7).

(5)Art. 8-quinquies. Accordi contrattuali. «1. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, definiscono l'ambito di applicazione degli accordi contrattuali e individuano i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti: a) individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto; b) indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con l'indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale; c) determinazione del piano delle attività relative alle alte specialità e alla rete dei servizi di emergenza; d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura. 2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza. Le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell’azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati; c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica e organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale; d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d); e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo quanto previsto dall'articolo 8-octies; e-bis) la modalità con cui viene comunque garantito il rispetto del limite di remunerazione delle strutture correlato ai volumi di prestazioni, concordato ai sensi della lettera d), prevedendo che in caso di incremento a seguito di modificazioni, comunque intervenute nel corso dell'anno, dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera, delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, nonché delle altre prestazioni comunque remunerate a tariffa, il volume massimo di prestazioni remunerate, di cui alla lettera b), si intende rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti indicati alla lettera d), fatta salva la possibile stipula di accordi integrativi, nel rispetto dell'equilibrio economico-finanziario programmato». (6)Art. 8-sexies. Remunerazione. «1. Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre le attività di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione. 2. Le regioni definiscono le funzioni assistenziali nell'ambito delle attività che rispondono alle seguenti caratteristiche generali: a) programmi a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento alla assistenza per patologie croniche di lunga durata o recidivanti; b) programmi di assistenza a elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona; c) attività svolte nell'ambito della partecipazione a programmi di prevenzione; d) programmi di assistenza a malattie rare; e) attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 21 marzo 1992; f) programmi sperimentali di assistenza; g) programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e di tessuto, ivi compresi il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento e l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli accertamenti preventivi sui donatori. 3. I criteri generali per la definizione delle funzioni assistenziali e per la determinazione della loro remunerazione massima sono stabiliti con apposito decreto del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sulla base di standard organizzativi e di costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto, quando appropriato, del volume dell'attività svolta. 4. La remunerazione delle attività assistenziali diverse da quelle di cui al comma 2 è determinata in base a tariffe predefinite, limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day

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In seguito, il d.P.R. 14 gennaio 1997 ha approvato “l'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e

alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed

organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e hospital, e alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fatta eccezione per le attività rientranti nelle funzioni di cui al comma 3. 5. Il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 120, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito decreto individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unità di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, tenuto conto, nel rispetto dei princìpi di efficienza e di economicità nell’uso delle risorse, anche in via alternativa, di: a) costi standard delle prestazioni calcolati in riferimento a strutture preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità dell’assistenza come risultanti dai dati in possesso del Sistema informativo sanitario; b) costi standard delle prestazioni già disponibili presso le regioni e le province autonome; c) tariffari regionali e differenti modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali attuate nelle regioni e nelle province autonome. Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali, nel rispetto del principio del perseguimento dell’efficienza e dei vincoli di bilancio derivanti dalle risorse programmate a livello nazionale e regionale, in base ai quali le regioni adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture stesse. Le tariffe massime di cui al presente comma sono assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del Servizio sanitario nazionale. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione è abrogato il decreto del Ministro della Sanità 15 aprile 1994, recante «Determinazione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994. 6. Con la procedura di cui al comma 5, sono effettuati periodicamente la revisione del sistema di classificazione delle prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe, tenendo conto della definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza e delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e organizzativa, nonché dell'andamento del costo dei principali fattori produttivi. 7. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, disciplina le modalità di erogazione e di remunerazione dell'assistenza protesica, compresa nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, anche prevedendo il ricorso all'assistenza in forma indiretta. 8. Il Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, con apposito decreto, definisce i criteri generali per la compensazione dell'assistenza prestata a cittadini in regioni diverse da quelle di residenza. Nell'ambito di tali criteri, le regioni possono stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle strutture e l'autosufficienza di ciascuna regione, nonché l'impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza interregionale e nazionale». (7)Art. 8-octies. Controlli. «1. La regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese. 2. Per quanto riguarda le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, la definizione degli accordi entro i termini stabiliti dalla regione e il rispetto dei programmi di attività previsti per ciascuna struttura rappresenta elemento di verifica per la conferma degli incarichi al direttore generale, ai direttori di dipartimento e del contratto previsto per i dirigenti responsabili di struttura complessa, nonché per la corresponsione degli incentivi di risultato al personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende interessate. 3. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all'articolo 8-quinquies, i princìpi in base ai quali la regione assicura la funzione di controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità della assistenza prestata dalle strutture interessate. Le regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento, entro sessanta giorni determinano: a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni; b) il debito informativo delle strutture accreditate interessate agli accordi e le modalità per la verifica della adeguatezza del loro sistema informativo; c) l'organizzazione per la verifica del comportamento delle singole strutture; d) i programmi per promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori addetti alla gestione della documentazione clinica e alle attività di controllo. 4. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 individua altresì i criteri per la verifica di: a) validità della documentazione amministrativa attestante l'avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua rispondenza alle attività effettivamente svolte; b) necessità clinica e appropriatezza delle prestazioni e dei ricoveri effettuati, con particolare riguardo ai ricoveri di pazienti indirizzati o trasferiti ad altre strutture; c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione della assistenza; d) risultati finali della assistenza, incluso il gradimento degli utilizzatori dei servizi.»

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private”; in particolare, si stabilisce che l’accreditamento è condizione necessaria ma non

sufficiente perché una struttura possa erogare servizi per conto del servizio sanitario nazionale;

infatti, il soggetto accreditato deve stipulare un’apposita convenzione con l’A.s.l. per l’erogazione

dei servizi.

Successivamente le Regioni hanno emanato norme aventi la finalità di permettere la concreta

attuazione di questo nuovo corso.

Quanto alla regione Lombardia, rileva la l.r. 11 luglio 1997, n. 31, il cui art. 4 (“Gli altri soggetti

erogatori di prestazioni”) così recita: «Nel territorio della Regione l'autorizzazione all'esercizio

dell'attività sanitaria e sociosanitaria è rilasciata dall'ASL ed è richiesta per le strutture sanitarie di

ricovero e cura, nonché per i centri di procreazione medicalmente assistita e per la residenzialità

psichiatrica. Tutte le altre strutture sanitarie e le unità d'offerta sociosanitarie, fermo restando il

possesso dei requisiti minimi stabiliti dalle disposizioni vigenti, devono presentare una denuncia di

inizio attività alla ASL competente per territorio. Entro sessanta giorni dal ricevimento della

denuncia, l'ASL provvede alle verifiche di competenza. Le istituzioni accreditate pubbliche o

private esercenti attività di residenza sanitaria assistenziale, di seguito indicata come R.S.A.,

possono esercitare attività sanitarie, ove autorizzate dalle funzioni loro attribuite dal vigente

ordinamento. L'accreditamento è condizione inderogabile affinché siano posti a carico del fondo

sanitario regionale gli oneri relativi alle prestazioni sanitarie e di quelli relativi alle prestazioni

socio-assistenziali di rilievo sanitario».

Posto che anche le strutture private possono erogare prestazione sanitarie, a condizione che siano

accreditate e che sia stata stipulata un’apposita convenzione con l’A.s.l., occorre analizzare il

sistema del rimborso.

Esso è incentrato sul sistema dei D.R.G. (diagnosis related group), il quale indica una categoria di

pazienti ospedalieri definita per caratteristiche cliniche analoghe e richiedenti, per il loro

trattamento, quantità omogenee di risorse ospedaliere; ai fini della determinazione del rimborso

dovuto dal Servizio sanitario nazionale al soggetto che ha erogato una determinata prestazione,

rileva perciò il D.R.G., il quale, appunto, trasforma in valore economico l'attività diagnostico-

strumentale prestata all'interno della struttura convenzionata.

Ora, le informazioni necessarie per assegnare ciascun paziente ad uno specifico D.R.G. sono le

seguenti: la diagnosi principale di dimissione, le diagnosi secondarie, gli interventi chirurgici e le

principali procedure diagnostiche e terapeutiche, l'età e il sesso del paziente, la modalità di

dimissione.

In particolare, proprio nella scheda di dimissione ospedaliera (s.d.o.), inserita in ciascuna cartella

clinica, il medico responsabile indica, tra l’altro, la diagnosi principale di dimissione, le diagnosi

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secondarie, gli interventi chirurgici e le principali procedure diagnostiche e terapeutiche attraverso

l’utilizzo di codici, che poi vengono elaborati informaticamente e “tradotti” nel D.R.G.

Secondo l’impianto accusatorio, quindi, nella s.d.o.: o venivano indicate prestazioni effettuate in

regime di ricovero, che avrebbero invece dovuto essere erogate in regime ambulatoriale (capo A,

relativamente ad asportazioni di cisti e lipomi); oppure venivano indicati falsamente codici relativi a

patologie non riscontrate, che generavano un D.R.G. più “redditizio” (capo A, relativamente ad

operazioni di ernie inguinali monolaterali con complicanze, e capo B, relativamente a operazioni su

ano e stoma); o, ancora, patologie che non avrebbero potuto essere rimborsate, in quanto escluse

dai servizi garantiti dal servizio sanitario nazionale (capo C, in cui la contestazione si riferisce ad

interventi che, contrariamente a quando indicato nella s.d.o., avrebbero avuto una finalità estetica e,

quindi, come si vedrà, erano esclusi dal rimborso).

3. La truffa contestata al capo A).

Venendo al merito delle imputazioni, va sottolineato, quanto al capo A), che i raggiri sono così

indicati: “ (…) inducendo in errore l’ente pubblico sulla regolarità dei pagamenti richiesti con

artifici e raggiri consistiti nella falsa rappresentazione delle patologie e delle conseguente

prestazioni sanitarie che sottendevano le richieste di rimborso attuata con l’indicazione di codici di

D.R.G. con valorizzazioni superiori a quelle corrette”.

In particolare, il capo A considera tre ambiti distinti:

• operazioni di ernie inguinali monolaterali;

• asportazioni di lipomi;

• asportazioni di cisti.

E’ opportuno analizzare congiuntamente le contestazioni relative ad asportazioni di cisti e lipomi

perché sottendono la medesima questione; in particolare, in questi casi si imputa di aver eseguito

tali interventi di piccola chirurgia in regime di ricovero, anziché con modalità ambulatoriale, così

ottenendo un rimborso maggiore del dovuto.

In relazione a quest’imputazione rilevano le deposizioni del consulente del p.m., dott. Luca

Merlino, il quale nel corso delle indagini procedette al controllo delle cartelle cliniche, senza

peraltro effettuare alcuna visita sui pazienti, e del prof. Arturo Augusti, il quale, come si è detto, è

stata la fonte confidenziale che ha dato l’abbrivio alle indagini.

3.1. La consulenza del dott. Luca Merlino.

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Nel corso dell’articolato esame dibattimentale, svoltosi attraverso anche l’uso di schemi e tabelle

(che verranno in seguito riportati), il consulente ha dato conto delle “anomalie” riscontrate nelle

cartelle cliniche indicate nel capo A).

Relativamente alle asportazioni di cisti e lipomi (p. 143 ss.), il consulente ha visionato tutte le

cartelle confluite nelle imputazioni e, sulla scorta della loro analisi, ha predisposto dei fogli excel in

cui i dati sono stati raggruppati in maniera omogenea (p. 143).

In particolare, in relazione alle cisti, sono state analizzate 362 cartelle, relative agli anni 2001-2005;

le cartelle sono state compilate con approssimazione e superficialità; in relazione al 2001, ad

esempio, su 102 cartelle in 45 manca l’ora di dimissione e il tempo medio di intervento è pari a 17

minuti.

Di seguito, si riportano le tabelle relative alle diagnosi di cisti sebacea per gli anni 2001-2005, con

l’indicazione dei rilievi mossi dal consulente.

Anno 2001 D.R.G. 266 con diagnosi principale di cisti sebacea

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di

fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio post intervento

Nota

1 2001001544 13.05 13.15 0.10 16.00 2.45 2 2001001550 12.00 12.10 0.10 13.30 1.20 3 2001001657 14.45 14.55 0.10 15.00 0.05 20 4 2001001658 14.05 15.15 1.10 manca 1 5 2001001729 11.30 11.40 0.10 manca 6 2001001817 14.45 15.00 0.15 16.30 1.30 1 7 2001001838 9.15 9.25 0.10 manca 1 8 2001001871 12.45 13.10 0.25 manca 9 2001001872 12.10 12.25 0.15 manca

10 2001001902 11.25 11.35 0.10 16.00 4.25 1 11 2001001904 11.35 11.45 0.10 12.00 0.15 12 2001001973 13.35 13.45 0.10 manca 13 2001002029 11.00 11.15 0.15 14.00 2.45 1 14 2001002199 10.25 10.40 0.15 12.00 1.20 1 15 2001002216 12.30 12.45 0.15 manca 16 2001002218 12.00 12.20 0.20 manca 17 2001002254 9.15 9.45 0.30 10.30 0.45 1 18 2001002265 16.35 16.45 0.10 17.00 0.15 19 2001002267 16.15 16.30 0.15 17.00 0.30 8 20 2001002269 16.45 16.55 0.10 17.30 0.35 1 21 2001002292 12.20 12.35 0.15 manca 22 2001002303 14.50 15.10 0.20 16.30 1.20 1 23 2001002324 11.25 11.45 0.20 13.00 1.15 1 24 2001002359 12.30 12.45 0.15 manca 25 2001002411 12.25 12.50 0.25 manca 1 26 2001002415 10.15 10.45 0.30 14.00 3.15 27 2001002428 11.30 11.45 0.15 15.30 3.45 1 28 2001002445 14.25 14.40 0.15 15.00 0.20 29 2001002480 10.00 10.25 0.25 manca 1

13

30 2001002498 12.35 12.45 0.10 15.00 2.15 31 2001002560 17.00 17.15 0.15 17.30 0.15 1 32 2001002562 13.00 13.10 0.10 14.00 0.50 1 33 2001002565 17.25 17.40 0.15 manca 1 34 2001002581 12.50 13.05 0.15 16.30 3.25 35 2001002598 13.00 13.20 0.20 manca 36 2001002659 10.55 11.10 0.15 manca 1 37 2001002672 11.15 11.30 0.15 16.00 4.30 38 2001002673 11.35 11.50 0.15 manca 39 2001002747 8.45 9.00 0.15 manca 40 2001002766 14.10 14.25 0.15 16.00 1.35 1 41 2001002793 11.00 11.25 0.25 manca 42 2001002806 8.30 8.55 0.25 11.30 2.35 43 2001002854 12.30 12.50 0.20 manca 44 2001002869 13.30 13.40 0.10 15.00 1.20 45 2001002870 12.15 12.30 0.15 13.30 1.00 46 2001002871 12.30 12.45 0.15 13.30 0.45 1 47 2001002872 12.50 13.05 0.15 manca 48 2001002997 15.30 15.45 0.15 manca 49 2001003027 13.10 13.25 0.15 15.00 1.35 1 50 2001003088 13.00 13.20 0.20 16.30 3.10 1 51 2001003091 11.45 12.15 0.30 14.00 1.45 8 52 2001003118 13.40 13.50 0.10 manca 53 2001003128 11.05 11.25 0.20 manca 54 2001003133 11.25 12.40 1.15 manca 55 2001003242 10.20 10.30 0.10 manca 1 57 2001000037 12.15 12.35 0.20 12.30 2758 2001000054 16.35 17.50 1.15 20.00 2.10 8;5 59 2001000055 17.55 18.15 0.20 manca 2460 2001000097 14.55 15.00 0.05 18.00 3.00 1;10;23 61 2001000100 15.25 15.35 0.10 16.00 0.25 162 2001000133 10.05 10.20 0.15 17.00 6.40 2264 2001000231 13.30 13.40 0.10 manca 2865 2001000233 14.30 14.40 0.10 manca 1;14 66 2001000265 10.50 11.00 0.10 16.30 5.30 70 2001000405 13.10 13.20 0.10 18.00 4.40 71 2001000425 12.15 12.25 0.10 manca 1;14 72 2001000435 10.35 10.50 0.15 manca 673 2001000451 15.05 16.00 0.55 17.00 1.00 1;5 74 2001000484 13.30 13.45 0.15 manca 77 2001000545 12.55 13.05 0.10 manca 78 2001000546 11.15 11.30 0.15 14.00 2.30 80 2001000582 9.30 9.45 0.15 12.00 2.15 81 2001000642 16.00 16.30 0.30 18.00 1.30 2282 2001000658 10.40 10.50 0.10 manca 83 2001000659 11.20 11.40 0.20 manca 84 2001000716 12.20 12.35 0.15 manca 1;23 85 2001000736 12.45 13.00 0.15 15.30 2.30 87 2001000768 9.00 9.30 0.30 manca 188 2001000771 9.45 9.55 0.10 manca 189 2001000772 10.50 11.15 0.25 15.00 3.45 1;8;23 90 2001000782 11.00 11.20 0.20 11.30 0.10 91 2001000847 8.50 9.05 0.15 manca 24

14

92 2001000852 10.00 10.15 0.15 manca 593 2001000893 14.15 14.25 0.10 16.00 1.35 10;11;22;23 94 2001000894 14.45 14.50 0.05 18.00 3.10 10;11 95 2001000895 14.30 14.40 0.10 manca 8;10;11;22;2396 2001000957 15.30 15.50 0.20 manca 98 2001001011 12.05 12.20 0.15 17.00 4.40 99 2001001051 13.25 13.40 0.15 15.00 1.20 22

100 2001001077 11.50 12.05 0.15 15.00 2.55 8102 2001001097 11.55 12.05 0.10 13.00;15.00 14;2 103 2001001100 11.40 11.50 0.10 12.50;17.00 2 104 2001001219 11.50 12.00 0.10 16.00 4.00 1105 2001001222 11.20 11.40 0.20 manca 10106 2001001279 17.40 17.55 0.15 manca 1;8;10;23 107 2001001320 13.00 13.10 0.10 16.00 2.50 108 2001001410 11.40 11.50 0.10 manca 14109 2001001444 12.45 13.00 0.15 16.00 3.00 1110 2001001488 14.00 14.10 0.10 15.00 0.50 10;22;23 111 2001001606 13.45 14.00 0.15 giorno dopo 23113 2001002792 11.30 11.45 0.15 giorno dopo 114 2001003187 13.00 13.10 0.10 manca

Note: 01 = impegnativa per DH; 02 = discrepanza circa ora di dimissione; 05 = referto istopatologico trascritto su carta S.C. 06 = manca CF su impegnativa; 08 = nell'impegnativa viene indicata, quale sede di ricovero la C.C. San Carlo; 10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento; 11 = riga bianca nel consenso informato relativamente al beneficiario; 14 = sequenza Zampori - MMG - ricovero 20 = tempistica errata diario clinico versus verbale operatorio allegato in cartella (giallo); 22 = consenso informato non firmato dal beneficiario; 23 = consenso informato non firmato dal medico; 24 = impegnativa non datata; 27= ora di dimissione antecedente ora di fine intervento 28= diario clinico relativo a persona "mai ricoverata presso la C.C."

Anno 2002 D.R.G. 266 con diagnosi principale di cisti sebacea

N° PRATICA

DATA RICOVE

RO (aaaa,mm

,gg)

Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di

fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota

1 2002000036 20020109 8.55 9.10 0.15 manca manca 2 2002000038 20020109 10.25 10.35 0.10 manca manca 1; 3 2002000207 20020123 11.50 12.15 0.25 18.00 5.45 1, 2 4 2002000208 20020123 12.45 13.00 0.15 16.00 3.00 10;34 5 2002000209 20020123 12.20 12.40 0.20 16.00 3.20 1; 6 2002000228 20020124 13.30 13.40 0.10 manca manca 1; 7 2002000229 20020124 14.05 14.20 0.15 manca manca

15

8 2002000231 20020124 15.50 16.00 0.10 manca manca 9 2002000278 20020129 13.25 13.45 0.20 manca manca

10 2002000372 20020206 11.50 12.10 0.20 manca manca 11 2002000457 20020213 11.10 11.30 0.20 manca manca 12 2002000459 20020213 12.40 13.00 0.20 manca manca 1 13 2002000460 20020213 13.00 13.20 0.20 manca manca 14 2002000495 20020218 12.30 12.40 0.10 15.00 2.20 1 15 2002000496 20020218 12.05 12.25 0.20 manca manca 18 16 2002000501 20020218 13.15 13.30 0.15 15.00 1.30 17

17 2002000502 20020218 13.35 13.45 0.10 15.00 1.15 1;15;34

18 2002000542 20020220 0.00 0.00 19 2002000543 20020220 12.05 12.25 0.20 manca manca 1 20 2002000545 20020220 12.30 12.45 0.15 manca manca 1 21 2002000622 20020227 10.45 10.59 0.14 manca manca 1 22 2002000631 20020227 11.30 11.45 0.15 manca manca 23 2002000681 20020304 17.05 17.20 0.15 manca manca

24 2002000759 20020311 14.20 14.35 0.15 18.00 3.25 1;10;11

25 2002000786 20020312 11.55 12.15 0.20 14.30 2.15 26 2002000789 20020312 12.20 12.35 0.15 15.00 2.25 13 27 2002000806 20020313 0.00 0.00 28 2002000809 20020313 12.35 12.55 0.20 13.30 0.35 29 2002000811 20020313 12.25 12.40 0.15 manca manca 30 2002000844 20020318 13.10 13.20 0.10 manca manca 31 2002000845 20020318 13.25 13.35 0.10 manca manca 1 32 2002000892 20020320 9.15 9.20 0.05 manca manca 1 33 2002000928 20020325 15.10 15.30 0.20 16.00 0.30 34 2002000957 20020326 12.20 12.35 0.15 15.00 2.25 1;13 35 2002000974 20020327 10.00 10.15 0.15 11.00 0.45 5 36 2002000978 20020327 10.35 10.50 0.15 manca manca 37 2002000979 20020327 10.20 10.35 0.15 manca manca 38 2002000980 20020327 11.30 11.40 0.10 manca manca 10;11 39 2002001006 20020402 11.50 12.20 0.30 manca manca 40 2002001027 20020403 13.30 13.45 0.15 manca manca 41 2002001033 20020403 15.50 16.15 0.25 manca manca 1 42 2002001065 20020408 13.50 14.00 0.10 manca manca 11 43 2002001072 20020408 0.00 0.00 44 2002001085 20020408 14.35 14.45 0.10 manca manca 11 45 2002001155 20020412 17.10 17.20 0.10 manca manca 46 2002001189 20020416 12.25 12.40 0.15 manca manca 47 2002001204 20020417 9.10 9.20 0.10 10.00 0.40 48 2002001205 20020417 11.30 11.45 0.15 manca manca 49 2002001251 20020422 12.15 12.30 0.15 18.00 5.30 11 50 2002001296 20020424 10.10 10.35 0.25 manca manca 1 51 2002001300 20020424 0.00 0.00

52 2002001302 20020424 11.25 11.40 0.15 manca manca

1;11;14;34;36

53 2002001355 20020506 13.40 14.00 0.20 manca manca 54 2002001440 20020510 16.50 17.00 0.10 manca manca 55 2002001441 20020510 16.30 16.45 0.15 manca manca 56 2002001475 20020513 18.00 18.15 0.15 manca manca 1;11 57 2002001518 20020516 12.45 12.55 0.10 manca manca

16

58 2002001521 20020516 13.00 13.10 0.10 manca manca 59 2002001624 20020527 13.00 13.15 0.15 manca manca 1,10 60 2002001662 20020529 11.15 11.30 0.15 13.00 1.30 1;34 61 2002001665 20020529 11.00 11.10 0.10 13.00 1.50 62 2002001694 20020531 13.40 13.50 0.10 14.30 0.40 1;34 63 2002001697 20020531 14.30 14.40 0.10 15.00 0.20 64 2002001704 20020531 14.10 14.25 0.15 14.45 0.20 65 2002001718 20020603 11.25 11.35 0.10 10.00* 8; 66 2002001722 20020603 18.25 18.35 0.10 manca manca 67 2002001794 20020607 9.30 9.45 0.15 12.00 2.15 1; 68 2002001870 20020617 11.00 11.10 0.10 manca manca 3; 7

69 2002001880 20020617 17.25 17.40 0.15 19.00 1.20 1; 5; 10;34

70 2002001882 20020617 17.00 17.10 0.10 17.30 0.20 1;10; 71 2002001924 20020619 14.20 14.30 0.10 16.00 1.30 72 2002001925 20020619 14.05 14.20 0.15 manca manca 73 2002001936 20020620 15.30 15.40 0.10 16.00 0.20 74 2002001938 20020620 14.50 15.00 0.10 manca manca 1; 75 2002001992 20020625 11.20 11.35 0.15 16.00 4.25 2; 76 2002002006 20020626 12.05 12.15 0.10 manca manca 77 2002002043 20020701 13.30 13.45 0.15 manca manca 1 78 2002002085 20020708 12.05 12.20 0.15 13.00 0.40 5 79 2002002110 20020709 11.45 12.00 0.15 14.00 2.00 80 2002002117 20020710 9.00 9.15 0.15 11.00 1.45 4 81 2002002185 20020717 12.40 12.50 0.10 14.00 1.10 4 82 2002002205 20020722 13.30 13.45 0.15 manca manca 83 2002002208 20020722 12.25 12.40 0.15 14.00 1.20 1;3;5;6 84 2002002210 20020722 12.15 12.20 0.05 14.20 2.00 1; 3 85 2002002237 20020724 9.10 9.20 0.10 manca manca 86 2002002240 20020724 11.10 11.40 0.30 manca manca 87 2002002243 20020724 10.45 11.00 0.15 manca manca 88 2002002334 20020909 17.10 17.35 0.25 18.30 0.55 89 2002002418 20020916 15.55 16.10 0.15 manca manca

90 2002002452 20020918 12.20 12.30 0.10 15.00 2.30 15;34;26

91 2002002453 20020918 14.10 14.30 0.20 manca manca 10;11;14

92 2002002467 20020919 16.20 16.45 0.25 manca manca 93 2002002486 20020923 13.45 13.55 0.10 manca manca 1;16 94 2002002521 20020924 11.40 11.55 0.15 14.30 2.35 95 2002002581 20020930 13.25 13.35 0.10 manca manca 24;34 96 2002002827 20021021 17.35 17.50 0.15 18.00 0.10 97 2002002860 20021023 0.00 0.00 98 2002002878 20021024 15.30 15.40 0.10 16.00 0.20 1 99 2002002922 20021028 0.00 0.00

100 2002002935 20021029 14.05 14.35 0.30 manca manca 101 2002002943 20021029 17.00 17.30 0.30 18.00 0.30 14 102 2002002978 20021104 16.30 16.45 0.15 18.00 1.15 19 103 2002003077 20021111 17.15 17.30 0.15 19.00 1.30 11;13 104 2002003127 20021114 14.15 14.30 0.15 10.00* 105 2002003152 20021118 0.00 0.00 106 2002003166 20021118 13.25 13.40 0.15 16.30 2.50 107 2002003199 20021120 16.05 16.30 0.25 manca manca 1;10 108 2002003218 20021121 13.45 14.10 0.25 manca manca 5

17

109 2002003351 20021202 14.30 14.50 0.20 17.00 2.10 10 110 2002003434 20021209 16.15 16.30 0.15 18.30 2.00 10 111 2002003533 20021217 11.00 11.15 0.15 manca manca 112 2002003553 20021218 12.55 13.10 0.15 14.00 0.50 1

Note: 01 = impegnativa per DH;

02 = discrepanza circa ora di dimissione;

03 = il chirurgo non è Z;

04 = DH in diario ; 05 = referto istopatologico trascritto su carta S.C. 06 = manca CF su impegnativa;

07 = difformità circa la tempistica riportata nel registro operatorio (bianco) versus verbale operatorio allegato in cartella (giallo);

08 = nell'impegnativa viene indicata, quale sede di ricovero la C.C. San Carlo; 09 = l'impegnativa richiede un intervento diverso da quanto presente in cartella; 10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento; 11 = riga bianca nel consenso informato relativamente al beneficiario;

13 = nel verbale operatorio allegato in cartella la tempistica è aggiunta dopo la chiusura di tale verbale;

14 = sequenza Zampori - MMG - ricovero 15 = impegnativa per prestazione ambulatoriale; 16 = sequenza Augusti -MMG - ricovero 18 = sequenza Bosco - MMG - ricovero; 19 = sequenza Pizzi -MMG - ricovero; 24 = impegnativa non datata; 26= manca firma DS 36= firma registro operatorio diversa dalla firma della lettera di dimissione 34= copia

Anno 2003 D.R.G. 266 con diagnosi principale di cisti sebacea

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota Nota

1 2003000090 11.25 11.45 0.20 16.00 4.15 2 2003000118 11.50 12.10 0.20 14.00 1.50 3 2003000191 12.16 12.40 0.24 17.00 4.20 10 4 2003000211 14.00 14.20 0.20 15.00 0.40 5 2003000378 14.15 14.30 0.15 16.00 1.30 6 2003000380 14.50 15.00 0.10 16.00 1.00 7 2003000457 18.40 19.00 0.20 20.00 1.00

8 2003000472 16.50 17.10 0.20 13.00giorno dopo

9 2003000928 11.25 11.55 0.30 14.00 2.05 10 2003001098 11.10 11.20 0.10 14.00 2.40 02 11 2003001277 13.25 13.45 0.20 18.30 4.45 10 12 2003001892 12.15 12.25 0.10 14.30 2.05

13 2003002028 8.30 9.10 0.40 10.30giorno dopo

14 2003002193 12.40 13.00 0.20 14.00 1.00 15 2003002276 11.45 12.10 0.25 13.30 1.20

18

16 2003002438 11.35 11.55 0.20 14.00 2.05 17 2003002508 12.45 13.00 0.15 17.00 4.00 18 2003002605 13.05 13.25 0.20 14.30 1.05 19 2003002667 13.05 13.20 0.15 15.00 1.40 02 20 2003002923 17.00 17.10 0.10 18.30 1.20 21 2003002951 13.15 13.25 0.10 14.30 1.05 22 2003003045 11.55 12.10 0.15 14.00 1.50

25° percentile 0.15

50° percentile 0.20

75° percentile 0.20

Note: 02 = discrepanza circa ora di dimissione; 10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento; manca sempre l'orario di ingresso in ospedale tempo medio di intervento 18 minuti

Anno 2004 D.R.G. 266 con diagnosi principale di cisti sebacea

N° PRATICA DATA

RICOVERO (aaaa,mm,gg)

Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di

fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota

1 2004000281 20040128 15.35 15.45 0.10 16.30 0.45 2 2004000359 20040204 13.00 13.20 0.20 14.30 1.10 3 2004000460 20040211 15.10 15.25 0.15 16.30 1.05 4 2004000467 20040211 16.10 16.25 0.15 17.00 0.35 5 2004000550 20040218 13.00 13.15 0.15 14.00 0.45 6 2004000571 20040218 13.40 13.55 0.15 16.00 2.05 2 7 2004000655 20040225 16.05 16.30 0.25 17.00 0.30 8 2004000733 20040303 15.15 15.30 0.15 16.00 0.30 2 9 2004000734 20040303 14.45 15.00 0.15 17.00 2.00 10 2004000736 20040303 16.10 16.30 0.20 17.00 0.30 11 2004000738 20040303 15.45 16.00 0.15 17.00 1.00 12 2004000739 20040303 16.45 17.00 0.15 17.00 0.00 13 2004000815 20040310 16.20 16.35 0.15 manca 14 2004000825 20040310 16.50 17.05 0.15 27 15 2004000954 20040322 12.55 13.23 0.28 11.00 21.37 16 2004001121 20040406 13.05 13.20 0.15 15.00 1.40 17 2004001346 20040428 12.25 12.50 0.25 15.30 2.40 18 2004001348 20040428 12.55 13.10 0.15 15.00 1.50 19 2004001359 20040428 13.25 13.45 0.20 15.30 1.45 20 2004001476 20040507 8.50 9.10 0.20 14.40 5.30 21 2004001689 20040525 12.50 13.05 0.15 14.30 1.25 22 2004001888 20040609 16.30 16.40 0.10 17.30 0.50 23 2004001981 20040616 14.20 14.35 0.15 16.00 1.25 24 2004001983 20040616 15.50 16.05 0.15 17.00 0.55 25 2004002095 20040624 10.10 10.20 0.10 12.30 2.10 26 2004002246 20040706 13.55 14.10 0.15 15.30 1.20

19

27 2004002247 20040706 13.40 13.50 0.10 15.30 1.40 28 2004002248 20040707 15.45 15.55 0.10 16.30 0.35 29 2004002426 20040721 14.30 14.45 0.15 16.00 1.15 30 2004002428 20040721 16.00 16.15 0.15 16.30 0.15 31 2004002516 20040728 13.50 14.05 0.15 16.00 1.55 32 2004002621 20040910 16.40 17.00 0.20 19.00 2.00 33 2004002695 20040915 15.10 15.20 0.10 17.00 1.40 34 2004002801 20040922 14.50 15.20 0.30 16.00 0.40 35 2004003006 20041006 15.25 15.35 0.10 18.00 2.25 36 2004003022 20041007 17.45 18.00 0.15 20.00 2.00 37 2004003104 20041013 14.35 14.50 0.15 16.30 1.40 38 2004003114 20041013 15.35 15.50 0.15 17.00 1.10 39 2004003195 20041020 15.00 15.20 0.20 17.00 1.40 40 2004003196 20041020 15.40 16.00 0.20 17.00 1.00 7 41 2004003273 20041027 14.00 14.15 0.15 15.30 1.15 42 2004003274 20041027 13.35 13.50 0.15 15.30 1.40 43 2004003290 20041027 13.00 13.15 0.15 15.30 2.15 44 2004003342 20041102 8.50 9.10 0.20 12.00 2.50 45 2004003344 20041102 10.45 11.00 0.15 12.30 1.30 46 2004003370 20041103 16.30 16.50 0.20 20.00 3.10 47 2004003376 20041103 15.30 15.45 0.15 20.00 4.15 48 2004003434 20041108 16.30 17.10 0.40 18.30 1.20 49 2004003458 20041110 16.45 17.00 0.15 17.30 0.30 50 2004003477 20041110 15.45 16.00 0.15 17.00 1.00 51 2004003478 20041110 16.15 16.30 0.15 17.00 0.30 7 52 2004003487 20041111 17.25 17.50 0.25 19.00 1.10 53 2004003499 20041112 14.15 14.25 0.10 18.00 3.35 54 2004003672 20041124 16.35 16.50 0.15 19.00 2.10

Note: 02 = discrepanza circa ora di dimissione;

07 = difformità circa la tempistica riportata nel registro operatorio (bianco) versus verbale operatorio allegato in cartella (giallo);

27= ora di dimissione antecedente ora di fine intervento

Anno 2005 D.R.G. 266 con diagnosi principale di cisti

sebacea

N° PRATICA

DATA RICOVERO (aaaa,mm,g

g)

Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di

fine

Tempo di

intervento

Ora di dimission

e

Tempo di monitoraggi

o post intervento

Nota

1 2005000384 20050203 16.45 17.00 0.15 20.00 3.00 14

2 2005000669 20050224 13.25 13.40 0.15 15.00 1.20 8

3 2005001045 20050317 18.30 18.50 0.20 manca manca 20

4 2005001618 20050506 9.10 9.30 0.20 12.00 2.30

5 2005002067 20050610 0.00 0.00

6 2005002427 20050707 13.15 13.30 0.15 17.00 3.30 8

7 200500253 20050718 14.25 14.35;15.3 16.30

20

2 5

8 2005002569 20050720 10.40 11.05 0.25

giorno dopo

9 2005002587 20050720 15.45 16.00 0.15 16.00 0.00

10 2005002588 20050721 0.00 0.00 31

11 2005002637 20050907 15.05 15.20 0.15 15.30 0.10

12 2005002723 20050914 14.35 14.45 0.10 16.00 1.15

13 2005002733 20050914 14.10 14.30 0.20 15.30 1.00

14 2005002737 20050914 15.15 15.30 0.15 18.00 2.30

15 2005002892 20050927 13.45 13.55 0.10 18.00 4.05

16 2005002911 20050928 14.15 14.30 0.15 16.00 1.30

17 2005002947 20051003 17.05 17.20 0.15 19.00 1.40

18 2005002951 20051003 17.35 17.45 0.10 19.00 1.15

19 2005002992 20051005 15.15 15.30 0.15 16.00 0.30 1

20 2005002995 20051005 15.45 16.00 0.15 manca manca

21 2005003010 20051006 16.50 17.05 0.15 19.00 1.55

22 2005003087 20051012 15.40 15.50 0.10 17.00 1.10 6

23 2005003117 20051014 14.35 14.50 0.15 17.00 2.10 22

24 2005003156 20051018 13.00 13.35 0.35 14.30 0.55 14

25 2005003244 20051026 14.25 14.45 0.20 16.00 1.15 1

26 2005003299 20051028 14.10 14.30 0.20 17.00 2.30

27 2005000058 20050112 15.35 16.00 0.25 16.30 0.30

28 2005000067 20050112 14.40 14.45 0.05 17.00 2.15

29 2005000155 20050119 16.00 16.15 0.15 17.00 0.45

30 2005000168 20050119 14.50 15.05 0.15 16.45 1.40 2

31 2005000437 20050207 16.55 17.10 0.15 20.00 2.50 2

32 2005000438 20050207 16.10 16.20 0.10 20.00 3.40 2

33 2005000479 20050209 14.15 14.30 0.15 15.30 1.00

34 2005000560 20050216 16.00 16.15 0.15 18.30 2.15 2

35 2005000603 20050221 15.45 16.00 0.15 18.30 2.30 2

36 2005000635 20050222 12.40 12.55 0.15 14.30 1.35

37 200500070 20050228 15.00 15.15 0.15 16.00 0.45

21

3

38 2005000787 20050304 15.50 16.10 0.20 19.00 2.50

39 2005000804 20050307 11.50 12.15 0.25 13.00 0.45

40 2005000859 20050309 15.00 15.15 0.15 16.00 0.45

41 2005001010 20050315 13.50 14.05 0.15 15.00 0.55

42 2005001034 20050316 17.40 17.45 0.05 18.30 0.45

43 2005001105 20050322 12.00 12.20 0.20 13.30 1.10

44 2005001115 20050323 13.10 13.25 0.15 14.30 1.05

45 2005001195 20050404 11.00 11.15 0.15 13.00 1.45

46 2005001253 20050407 13.40 14.00 0.20 20.00 6.00

47 2005001265 20050408 8.45 8.55 0.10 11.00 2.05

48 2005001320 20050412 8.50 9.10 0.20 12.00 2.50

49 2005001431 20050420 16.15 16.35 0.20 18.00 1.25

50 2005001432 20050420 16.35 16.50 0.15 18.30 1.40 2

51 2005001463 20050422 11.40 11.50 0.10 16.00 4.10

52 2005001611 20050505 17.05 17.35 0.30 20.00 2.25

53 2005001621 20050506 17.05 17.20 0.15 19.00 1.40

54 2005001692 20050511 12.55 13.10 0.15 13.30 0.20

55 2005001698 20050511 12.20 12.40 0.20 13.30 0.50 2

56 2005001710 20050512 15.50 16.05 0.15 19.30 3.25

57 2005001713 20050512 16.20 16.35 0.15 19.30 2.55

58 2005001733 20050516 17.10 17.50 0.40 19.00 1.10

59 2005001749 20050516 18.10 19.00 0.50 19.30 0.30

60 2005001859 20050524 15.20 15.45 0.25 0.00 0.00

61 2005001886 20050525 15.30 15.40 0.10 16.00 0.20

62 2005001896 20050526 18.40 18.45 0.05 20.00 1.15 2

63 2005001904 20050526 18.15 18.25 0.10 19.30 1.05 2

64 2005001968 20050601 12.15 12.35 0.20 19.30 6.55 2

65 2005001987 20050601 13.45 14.00 0.15 16.00 2.00

66 2005002048 20050608 13.30 14.00 0.30 16.00 2.00

67 200500208 20050610 14.15 14.30 0.15 17.00 2.30 2

22

8

68 2005002135 20050615 14.45 15.00 0.15 16.30 1.30

69 2005002149 20050615 16.15 16.45 0.30 20.00 3.15

70 2005002229 20050622 11.05 11.25 0.20 16.00 4.35

71 2005002236 20050622 16.10 16.30 0.20 17.00 0.30

72 2005002253 20050623 12.30 13.05 0.35 17.30 4.25

73 2005002411 20050706 14.00 14.15 0.15 15.00 0.45

74 2005002412 20050706 14.30 14.45 0.15 16.00 1.15

75 2005002413 20050706 13.30 13.45 0.15 15.00 1.15

76 2005002415 20050706 14.00 14.15 0.15 15.00 0.45

77 2005002484 20050713 13.15 13.30 0.15 16.00 2.30 2

78 2005002488 20050713 14.00 14.15 0.15 16.00 1.45 2

79 2005002491 20050713 14.10 14.25 0.15 16.00 1.35 2

80 2005002586 20050720 16.15 16.30 0.15 18.00 1.30

NOTE: 01 = impegnativa per DH; 02 = discrepanza circa ora di dimissione; 06 = manca CF su impegnativa; 08 = nell'impegnativa viene indicata, quale sede di ricovero la C.C. San Carlo; 14 = sequenza Zampori - MMG – ricovero 20 = tempistica errata diario clinico versus verbale operatorio allegato in cartella (giallo); 22 = consenso informato non firmato dal beneficiario; 31= intervento non eseguito di cui è stato chiesto il rimborso

Queste, invece, le tabella riassuntive, concernenti gli interventi di asportazione di lipomi relativi

agli anni 2001-2005.

Anno 2001

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota

1 2001000268 12.45 13.05 0.20 14.21 1.16 2 2001000357 12.15 12.40 0.25 manca 3 2001000583 8.30 8.50 0.20 13.00 4.10 4 2001000656 11.45 12.00 0.15 16.00 4.00 5 2001000715 11.20 11.45 0.25 13.14 1.29 6 2001000783 12.40 13.10 0.30 14.00 0.50 12 7 2001000851 9.25 9.35 0.10 manca 8 2001000974 8.30 8.45 0.15 15.00 6.15

23

9 2001001050 12.20 12.40 0.20 manca 10 2001001241 8.30 8.45 0.15 manca 11 2001001354 14.30 14.45 0.15 17.30 2.45 12 2001001442 13.50 14.20 0.30 16.00 1.40 13 2001001446 14.40 14.55 0.15 16.00 1.05 14 2001001656 14.20 14.40 0.20 manca 15 2001001706 9.00 9.15 0.15 manca 16 2001001710 10.40 10.50 0.10 14.00 3.10 17 2001001728 11.15 11.25 0.10 manca 18 2001001869 11.30 12.00 0.30 17.00 5.00 19 2001001870 12.30 12.40 0.10 14.00 1.20 20 2001001903 11.00 11.20 0.20 16.00 4.40 21 2001002139 11.45 12.05 0.20 manca 22 2001002264 14.50 15.05 0.15 17.00 1.55 23 2001002337 11.10 11.25 0.15 15.00 3.35 24 2001002427 11.10 11.25 0.15 15.00 3.35 25 2001002499 12.15 12.30 0.15 13.00 0.30 26 2001002750 10.45 11.05 0.20 manca 27 2001002812 9.55 10.15 0.20 manca 28 2001002873 13.10 13.25 0.15 manca 29 2001002875 14.00 14.20 0.20 manca 30 2001002996 15.05 15.20 0.15 manca 31 2001003240 10.40 10.50 0.10 manca 32 2001002599 manca manca manca manca

25° percentile 0.15

50° percentile 0.15

75° percentile 0.20

NOTE: manca sempre l'orario di ingresso in ospedale manca l'ora di dimissione in 15 casi su 32

tempo medio di intervento 17 minuti

Anno 2002

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento

Ora di dimission

e

Tempo di monitoraggi

o post intervento

Nota

1 2002000077 16.45 17.00 0.15 manca 2 2002000120 11.55 12.10 0.15 manca 3 2002000123 12.15 12.35 0.20 manca 4 2002000232 15.30 15.45 0.15 manca 5 2002000335 11.15 11.40 0.25 13.00 1.20 6 2002000423 14.40 15.00 0.20 manca 107 2002000889 9.30 9.45 0.15 manca 8 2002000890 9.00 9.15 0.15 manca

24

9 2002001024 12.35 12.55 0.20 manca 10 2002001025 14.15 14.30 0.15 manca 11 2002001026 13.00 13.15 0.15 manca 12 2002001028 13.50 14.10 0.20 manca 13 2002001031 15.15 15.30 0.15 17.00 1.30

14 2002001034 16.15 16.30 0.15 17.00 0.3010;11;12

15 2002001086 13.05 13.20 0.15 14.30 1.10 15; 16 2002001156 15.25 15.45 0.20 manca 17 2002001166 14.45 15.20 0.35 18.00 2.40 18 2002001717 17.30 17.45 0.15 8.00* 1019 2002001721 17.00 17.20 0.20 manca 1020 2002001879 16.25 16.50 0.25 18.00 1.10 21 2002002044 16.39 16.50 0.11 manca 22 2002002065 12.50 13.05 0.15 manca 10;11; 23 2002002118 11.05 11.35 0.30 manca 24 2002002414 13.00 13.20 0.20 manca 25 2002002506 14.05 14.20 0.15 17.00 2.40 26 2002002539 13.05 13.20 0.15 manca 27 2002002540 12.25 12.35 0.10 16.00 3.25 28 2002002636 14.50 15.15 0.25 16.00 0.45 29 2002002671 12.35 12.45 0.10 manca 30 2002002757 14.10 14.30 0.20 manca 31 2002002844 10.30 10.50 0.20 17.00 6.10 32 2002002940 16.40 16.50 0.10 17.30 0.40 33 2002002941 15.20 15.35 0.15 18.30 2.55 34 2002002963 13.00 13.25 0.25 16.00 2.35 35 2002003079 17.45 18.00 0.15 18.30 0.30 36 2002003081 12.00 12.20 0.20 14.00 1.40 37 2002003433 13.10 13.20 0.10 14.00 0.40

25° percentile 0.15 50° percentile 0.15 NOTE: 75° percentile 0.20 manca sempre l'orario di ingresso in ospedale manca l'ora di dimissione in 20 casi su 36 tempo medio di intervento 17 minuti 10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento;

11 = consenso informato non firmato dal beneficiario;

12 = consenso informato non firmato dal medico; 15 = impegnativa per prestazione ambulatoriale;

Anno 2003

Anno 2003 D.R.G. 266 con diagnosi principale di lipoma

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

25

1 2003000060 13.25 13.45 0.20 17.00 3.15 2 2003000190 12.00 12.15 0.15 12.30 0.15 3 2003000204 12.55 13.05 0.10 14.30 1.25 4 2003000299 12.10 12.25 0.15 16.00 3.35 5 2003000377 13.55 14.10 0.15 15.00 0.50 6 2003000379 14.15 14.25 0.10 16.00 1.35 7 2003000504 13.20 13.30 0.10 14.30 1.00 8 2003000596 13.25 13.35 0.10 17.00 3.25 9 2003001537 16.45 17.20 0.35 19.00 1.40

10 2003001555 12.45 12.55 0.10 14.30 1.35 11 2003001818 13.20 13.30 0.10 15.30 2.00 12 2003001856 10.25 10.40 0.15 12.00 1.20 13 2003001910 11.25 11.55 0.30 14.00 2.05 14 2003001950 11.15 11.30 0.15 14.00 2.30 15 2003001956 12.15 12.35 0.20 14.00 1.25 16 2003002029 12.00 12.15 0.15 12.40 0.25 17 2003002147 14.20 14.35 0.15 17.00 2.25 18 2003002265 11.10 11.30 0.20 13.30 2.00 19 2003002664 12.15 12.30 0.15 15.00 2.30 20 2003002758 11.15 11.30 0.15 13.00 1.30 21 2003002816 15.45 16.10 0.25 06.00* 22 2003002963 10.20 10.40 0.20 14.00 3.20 23 2003003002 16.45 17.00 0.15 18.00 1.00 24 2003003203 14.40 15.10 0.30 16.00 0.50 25 2003003220 13.00 13.30 0.30 15.00*

25° percentile 0.15

50° percentile 0.15

NOTE: 75° percentile 0.20

manca sempre l'orario di ingresso in ospedale tempo medio di intervento 17 minuti

Anno 2004

Anno 2004 D.R.G. 266 con diagnosi principale di lipoma

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di

fine

Tempo di intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota

1 2004000098 18.15 18.40 0.25 20.00 1.20 2 2004000168 12.10 12.30 0.20 15.00 2.30 3 2004000343 12.00 12.15 0.15 13.00 0.45 4 2004000462 15.40 16.55 1.15 16.30 27 5 2004000465 14.10 14.25 0.15 16.30 2.05 6 2004000567 14.15 14.30 0.15 16.30 2.00 7 2004000607 13.15 13.25 0.10 15.00 1.35 8 2004000639 12.20 12.35 0.15 15.00 2.25 9 2004000907 15.05 15.15 0.10 16.00 0.45

26

10 2004000960 14.00 14.30 0.30 11.00 20.30 11 2004001003 14.55 15.15 0.20 18.00 2.45 12 2004001160 16.30 16.45 0.15 18.00 1.15 13 2004001257 16.15 16.35 0.20 17.30 0.55 14 2004001454 13.05 13.25 0.20 16.00 2.35 15 2004001466 17.30 17.50 0.20 19.00 1.10 16 2004001472 11.30 11.50 0.20 11.00 23.10 17 2004001690 12.20 12.35 0.15 14.00 1.25 18 2004001818 16.30 17.05 0.35 18.00 0.55 19 2004001843 11.30 12.05 0.35 14.15 2.10 20 2004002071 15.05 15.25 0.20 18.00 2.35 21 2004002360 17.30 17.50 0.20 19.00 1.10 22 2004002427 15.30 15.45 0.15 16.30 0.45 23 2004002445 16.30 16.45 0.15 17.00 0.15 24 2004002446 17.40 17.55 0.15 17.00 27 25 2004002593 14.45 15.30 0.45 9.30 18.00 26 2004002642 16.35 17.00 0.25 19.00 2.00 27 2004002795 13.10 13.35 0.25 16.00 2.25 28 2004002796 15.35 16.00 0.25 16.00 0.00 29 2004002798 13.50 14.05 0.15 16.00 1.55 30 2004002808 15.20 15.40 0.20 18.00 2.20 31 2004002861 12.25 12.40 0.15 10.00 21.20 32 2004002904 14.05 14.20 0.15 17.00 2.40 33 2004002911 17.50 18.05 0.15 19.30 1.25 34 2004003001 13.30 13.45 0.15 18.00 4.15 35 2004003109 14.05 14.20 0.15 15.30 1.10 36 2004003111 15.05 15.40 0.35 16.30 0.50 37 2004003194 14.05 14.20 0.15 17.00 2.40 38 2004003198 16.05 16.30 0.25 17.30 1.00 39 2004003298 16.30 17.00 0.30 19.00 2.00 40 2004003369 15.55 16.15 0.20 17.00 0.45 41 2004003479 15.15 15.30 0.15 16.00 0.30 42 2004003592 16.40 17.15 0.35 17.00 23.45 43 2004003671 16.00 16.20 0.20 19.00 2.40 44 2004003674 17.00 17.15 0.15 18.00 0.45 45 2004003751 15.10 15.40 0.30 15.45 0.05 46 2004003907 9.45 10.00 0.15 12.00 2.00 47 2004003908 10.45 11.00 0.15 12.00 1.00 48 2004003912 10.15 10.30 0.15 12.00 1.30

25° percentile 0.15

50° percentile 0.20

75° percentile 0.25

Note 27= ora di dimissione antecedente ora di fine intervento manca sempre l'orario di ingresso in ospedale tempo medio di intervento 21 minuti

Anno 2005

27

Anno 2005 D.R.G. 266 con diagnosi principale di lipoma

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento

Ora di dimissione

Tempo di monitoraggio

post intervento

Nota

1 2005000068 15.10 15.25 0.15 17.00 1.35 2 2005000097 14.15 14.30 0.15 19.00 4.30 3 2005000167 15.45 16.00 0.15 16.45 0.45 4 2005000183 14.10 14.45 0.35 18.00 3.15 235 2005000285 17.10 17.25 0.15 19.00 1.35 6 2005000286 17.30 17.55 0.25 19.00 1.05 27 2005000376 16.05 16.20 0.15 17.00 0.40 8 2005000387 16.00 16.20 0.20 18.30 2.10 9 2005000400 17.45 18.00 0.15 19.00 1.00

10 2005000401 17.15 17.30 0.15 20.00 2.30 211 2005000415 9.50 10.10 0.20 14.00 3.50 12 2005000477 13.15 13.30 0.15 15.00 1.30 13 2005000533 12.15 12.30 0.15 16.00 3.30 14 2005000558 15.45 16.00 0.15 18.00 2.00 15 2005000657 16.05 16.25 0.20 18.00 1.35 216 2005000753 16.20 16.35 0.15 18.00 1.25 17 2005000760 16.50 17.05 0.15 18.00 0.55 18 2005000809 16.30 16.40 0.10 19.30 2.50 19 2005001037 18.15 18.25 0.10 19.00 0.35 20 2005001042 12.25 12.40 0.15 13.00 0.20 21 2005001297 14.20 14.40 0.20 19.30 4.50 222 2005001318 9.00 9.15 0.15 12.00 2.45 23 2005001649 14.45 14.55 0.10 19.30 4.35 24 2005001712 15.15 15.35 0.20 19.30 3.55 25 2005001787 16.15 16.40 0.25 18.00 1.20 26 2005001829 11.00 11.30 0.30 13.00 1.30 27 2005001842 16.30 16.45 0.15 19.00 2.15 28 2005001885 15.50 16.10 0.20 16.00 29 2005001969 13.00 13.30 0.30 16.00 2.30 30 2005001977 14.50 15.05 0.15 16.00 0.55 31 2005001986 13.20 13.40 0.20 16.00 2.20 32 2005002019 13.25 13.40 0.15 16.00 2.20 33 2005002059 16.40 17.20 0.40 20.00 2.40 234 2005002142 16.25 16.40 0.15 18.00 1.20 35 2005002144 15.05 15.20 0.15 17.00 1.40 36 2005002234 15.20 15.35 0.15 16.30 0.55 237 2005002464 11.40 12.00 0.20 14.30 2.30 38 2005002492 12.50 13.15 0.25 16.00 2.45 239 2005002509 17.10 17.35 0.25 16.50 40 2005002593 13.15 13.40 0.25 manca manca 41 2005002652 14.30 14.45 0.15 16.00 1.15 42 2005002778 9.10 9.25 0.15 16.00 6.35 43 2005002805 13.00 13.15 0.15 16.00 2.45 44 2005002906 14.55 15.30 0.35 16.00 0.30 45 2005002909 14.25 14.40 0.15 16.00 1.20 46 2005002912 15.00 15.40 0.40 17.00 1.20 47 2005002969 8.30 8.45 0.15 12.00 3.15

28

48 2005003115 14.35 14.50 0.15 17.00 2.10 249 2005003149 12.15 12.45 0.30 14.00 1.15 50 2005003237 13.00 13.15 0.15 15.00 1.45 251 2005003243 13.55 14.10 0.15 16.00 1.50 52 2005003258 13.25 13.40 0.15 16.00 2.20 53 2005003415 14.40 15.00 0.20 18.00 3.00 54 2005000383 manca manca 18.00

25° percentile 0.15

50° percentile 0.15

75° percentile 0.20

02 = discrepanza circa ora di dimissione; 23 = consenso informato non firmato dal medico; manca sempre l'orario di ingresso in ospedale tempo medio di intervento 19 minuti

Orbene, come emerge dall’analisi delle cartelle cliniche, per interventi relativi ad asportazione di

cisti e lipomi la “struttura” utilizzava il codice di intervento 864, mentre, ad avviso del consulente,

sarebbe stato più corretto utilizzare il codice di intervento 863.

E tuttavia non è questo il rilievo mosso dal consulente, rilievo che invece riguarda (non la codifica

ma) l’appropriatezza.

Nel caso di specie, infatti, interventi del genere, anziché in regime di ricovero, avrebbe dovuto

essere codificati con un codice tratto dal nomenclatore ambulatoriale: l’8604 (“Incisione con

drenaggio della cute e del tessuto sottocutaneo, asportazione e demolizione locale di lesione o

tessuto cutaneo e sottocutaneo mediante incisione, incluso asportazione cisti sebacee e verruche”), il

quale «poteva essere congruamente utilizzato per la modalità ambulatoriale di erogazione delle

prestazioni, che, a nostro parere, avendo visto tutte le cartelle riferibili a questa casistica sui cinque

anni, doveva essere la modalità adeguata di erogazione della prestazione» (p. 128).

Il motivo della maggiore appropriatezza di questa codifica è stato spiegato sulla base di questo

rilievo: «vedendo poi le cartelle, abbiamo rilevato che non ci fossero gli estremi per il ricovero,

perché non abbiamo trovato i riscontri (…) che la normativa prevede si debbano trovano quando

si ricorre al day hospital o al ricovero ordinario» (p. 128).

Insomma, come ha sottolineato il consulente, dall’analisi delle tabelle sopra riportate emerge che la

“struttura” tendeva ad usare quasi esclusivamente il codice 864, quindi tendeva a non fare le

prestazioni in ambulatorio, con ciò discostandosi dalla media regionale (p. 129).

29

A mo’ di esempio, il consulente ha illustrato alcune cartelle analizzate, relative all’anno 2002 (p.

130 ss.), recanti come diagnosi “Cisti sebacea recidivante del dorso, asportazione”, “Cisti sebacea

al cuoio capelluto”, e simili, in cui è stato utilizzato il codice 864 (si veda la tabella sopra riportata).

Dalla scarna rappresentazione di dati in esse contenute (foglio di anamnesi, esame obiettivo,

medicazione effettuata, verbale operatorio, a volte verbale di consenso informato, diagnosi di

dimissione), il consulente ha dichiarato che, «guardando questa cartella clinica (…) io posso solo

desumere, perché ho anche il verbale operatorio, che gli è stato fatto quell’intervento e basta. (…)

Io di altre cose non ne vedo, non ho neanche un idea di parametri vitali, di monitoraggi eventuali»

(p. 134).

Il consulente ha sottolineato di non essere entrato nel merito della necessità di effettuare

l’intervento: «noi stiamo dicendo che sulla base delle informazioni che desumiamo dalla cartella,

riteniamo che quegli interventi non fossero giustificati in ricovero ordinario, ma dovessero essere

fatti in ambulatorio, volevo essere chiaro su questo» (p. 147).

In altri termini, ha precisato il dott. Merlino, «non stiamo discutendo, fino a prova contraria, perché

io non ho visto i pazienti, non ho parlato, non dico che non doveva essere asportato il lipoma (…)

Lo desumo sulla base delle stesse informazioni che tu medico mi dai» (p. 147-148).

E infatti: i tempi operatori sono brevissimi; la degenza post-operatoria in alcuni casi è molto

modesta e non si comprende come sia gestito il post-intervento, se, cioè il paziente «sta seduto nel

corridoio, va in una camera, c’è qualcuno c’è lo assiste, quindi, ripeto, non riusciamo a riscontrare i

requisiti per dire: okay, è un ricovero ordinario a tutti gli effetti» (151).

Orbene con riferimento ai cinque anni, la differenza tra la valorizzazione richiesta, usando il codice

864, e quella corretta, ossia il codice ambulatoriale, è pari a circa 761.000 euro: «non avendo noi

riscontrato sulla cartella gli elementi per confermare la necessità del ricovero ordinario, l’abbiamo

spostato in ambulatorio, e la differenza di valorizzazione…» (p. 152; cfr. anche p. 157).

Breve: il ragionamento più volte espresso dal dott. Merlino si lascia così icasticamente

compendiare: «per giudicare se era giusto il day hospital o il ricovero, piuttosto che l’ambulatorio

io devo riscontrare questi criteri in cartella» (p. 114-115); in altri termini e più in generale -

poiché, come si vedrà, il ragionamento è stato applicato anche in relazione a tutte le altre ipotesi di

truffa - «quello che non è segnato in cartella clinica non è segnato, è come se non fosse... penso

che questo, diciamo, lo si sperimenta quando ci sono anche cause per risarcimento di danni, quello

che non è scritto non è scritto» (p. 97).

Come ha spiegato il consulente (p. 180), l’accesso alla strutture private convenzionate presuppone

un’impegnativa redatta da un medico di medicina generale, ossia da medico di base, o da un

30

pediatra di libera scelta; l’impegnativa deve indicare la patologia e il tipo di intervento ovvero

l’indagine di tipo diagnostico, e deve essere corredata dal quesito diagnostico.

Nella prassi, in relazione ad interventi chirurgici, accade che il paziente viene visitato dallo

specialista, quindi il medico di base, che redige l’impegnativa, si “limita” a prendere atto della

necessità dell’intervento.

Per quanto riguarda, invece, le operazioni di ernie inguinali monolaterali, la contestazione riguarda

invece la non corretta indicazione del D.R.G., indicato in 151, mentre sarebbe stato corretto

indicare il 162.

Anticipando quanto si andrà ad esporre, in questo caso il rilievo mosso dal consulente (p. 159 ss.)

concerne non l’appropriatezza delle modalità di erogazione della prestazione, come per

l’asportazione di cisti e lipomi, ma la congruenza della codifica, cioè l’indicazione del codice di

intervento utilizzato, relativo ad operazioni di ernie inguinali monolaterali con lisi di aderenze; sulla

base del ragionamento sopra sviluppato, dalla disamina delle cartelle non emergono evidenze che

giustificano la presenza di lisi.

Il consulente ha segnalato, in primo luogo, un’anomalia statistica, concernente il confronto tra i

ricoveri relativi a “Lisi di aderenze peritoneali senza complicanze o coopatologie”, “Diagnosi

principale: Ernia inguinale monolaterale o non specificata, ricorrente, senza menzione di ostruzione

o gangrena [codice diagnosi 55091] Complicanza: Aderenze peritoneali (postoperatorie)

(postinfettive) [codice diagnosi 5680]”, che genera il D.R.G. 151, avvenuti in Regioni e presso la

Casa di cura San Carlo nel periodo 2001-2005.

D.R.G. 151 N° di ricoveri in REGIONE LOMBARDIA

durata della

degenza in giorni

Anno 2001

Anno 2002

Anno 2003

Anno 2004

Anno 2005

Totale quinquennio

1 - 1 2 27 17 47 2 - 16 17 3 6 42

3 7 9 3 1 - 20

4 3 1 - - - 4

oltre 4 - - - - - 0

Totale 10 27 22 31 23 113

D.R.G. 151 N° di ricoveri presso la C.di C. San Carlo Eukos

31

durata della degenza in

giorni

Anno 2001

Anno 2002

Anno 2003

Anno 2004

Anno 2005

Totale quinquennio

1 1 27 17 45

2 15 17 3 5 40

3 6 8 3 1 18 4 3 3 oltre 4 - - - - - 0

Totale 9 23 21 31 22 106

ricoveri presso la C. di C. San

Carlo

ricoveri presso i restanti ospedali

della Regione Lombardia

96% 4% 95% 5% 90% 10% 75% 25%

94% 6%

Come si evince dalle tabelle, su 113 situazioni di D.R.G. 151, con la diagnosi principale di ernia

inguinale monolaterale o non specificata, 106 sono state fatte nella Casa di cura San Carlo.

Ulteriori “anomalie” sono poi state riscontrate analizzando le cartelle cliniche; queste le tabelle

riassunti relative alle cartelle contestate, relativamente agli anni 2001-2005.

Anno 2001 D.R.G. 151 LISI DI ADERENZE PERITONEALI

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento Nota DEGENZA

1 2001001027 10.30 11.10 0.40 42 2001001402 10.00 11.10 1.10 34 2001001623 11.30 12.00 0.30 11 35 2001002049 9.50 10.40 0.50 36 2001002202 8.40 9.40 1.00 38 2001002859 9.50 11.00 1.10 39 2001003024 8.40 9.30 0.50 4

25° percentile 0.45

50° percentile 0.50

75° percentile 1.05

11= consenso informato bianco relativamente al beneficiario;

32

Anno 2001 Completo D.R.G. 162 Ernia inguinale

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

interventoNota

1 2001000121 10.20 11.00 0.40 2 2001000337 8.55 9.40 0.45 12 3 2001000631 12.00 12.30 0.30 4 2001000774 8.30 9.20 0.50 5 2001000961 12.00 12.40 0.40 6 2001001042 12.00 12.30 0.30 7 2001001075 9.35 10.20 0.45 11 8 2001001211 10.00 10.40 0.40 9 2001001292 11.00 11.15 0.15

10 2001001345 16.15 17.00 0.45 11 2001001551 11.20 12.00 0.40 11 12 2001001562 9.35 10.25 0.50 13 2001001642 11.40 12.00 0.20 12 14 2001001714 8.45 9.30 0.45 15 2001001716 8.00 8.30 0.30 16 2001002505 8.45 9.50 1.05 17 2001002568 8.45 9.30 0.45 18 2001002569 9.40 10.25 0.45 10 19 2001002570 11.50 12.40 0.50 20 2001002878 12.00 12.30 0.30 21 2001003179 8.30 9.00 0.30 22 2001003197 15.50 16.20 0.30 10 23 2001003223 9.30 10.10 0.40 24 2001003227 8.40 9.10 0.30 25 2001003228 11.15 12.45 1.30

25° percentile 0.30 50° percentile 0.40 75° percentile 0.45

Note 10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento; 11 = consenso informato non firmato dal beneficiario; 12 = consenso informato non firmato dal medico;

Anno 2002 D.R.G. 151 LISI DI ADERENZE PERITONEALI

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota DEGENZA

1 2002000360 9.00 10.00 1.00 32 22 2002000689 10.15 11.00 0.45 33 2002000694 11.20 12.15 0.55 24 2002000770 8.40 9.20 0.40 35 2002000953 9.15 9.50 0.35 2

33

6 2002001007 11.00 12.00 1.00 32 37 2002001390 10.40 11.40 1.00 32 38 2002001561 9.35 10.35 1.00 32 39 2002001578 12.15 13.45 1.30 12 2

10 2002001909 9.00 9.50 0.50 211 2002002005 9.55 10.50 0.55 32 212 2002002062 8.30 9.20 0.50 213 2002002099 9.30 10.20 0.50 32 214 2002002221 10.40 11.20 0.40 32 215 2002002353 8.30 10.00 1.30 32 216 2002002511 8.35 9.30 0.55 32 317 2002002855 8.45 10.00 1.15 218 2002002926 12.10 12.40 0.30 32 219 2002003084 9.10 10.10 1.00 32 220 2002003189 11.20 13.05 1.45 32 221 2002003528 10.55 11.35 0.40 32 2 25° percentile 0.45 50° percentile 0.55

75° percentile 1.00 Note: 32 = lettera di dimissioni senza indicazione di aderenze.

Anno 2002 Completo D.R.G. 162 Ernia inguinale

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota DEGENZA

1 2002001911 11.30 12.10 0.40 22 2002001005 11.10 11.40 0.30 23 2002001192 9.30 10.10 0.40 3

4 2002001383 12.15 13.00 0.45 10;11 2

5 2002000107 9.15 9.50 0.35 36 2002000341 11.50 12.15 0.25 37 2002000443 10.30 11.15 0.45 28 2002000511 10.00 10.40 0.40 39 2002000529 8.45 9.30 0.45 3

10 2002000696 8.40 9.30 0.50 311 2002000714 10.40 11.20 0.40 212 2002000716 11.40 12.15 0.35 213 2002000788 8.55 9.55 1.00 314 2002000803 10.00 10.40 0.40 215 2002000860 10.30 11.00 0.30 316 2002000876 11.50 12.15 0.25 317 2002001565 10.40 11.20 0.40 12 218 2002001574 9.50 10.30 0.40 319 2002001577 9.00 9.40 0.40 220 2002002098 10.15 11.00 0.45 12 221 2002002209 13.30 14.40 1.10 322 2002002421 9.10 9.45 0.35 223 2002002592 8.30 9.10 0.40 224 2002002594 9.25 10.00 0.35 225 2002002912 10.00 10.45 0.45 1

34

26 2002002995 10.55 11.30 0.35 227 2002003055 10.50 11.30 0.40 328 2002003102 9.00 10.00 1.00 229 2002003103 9.10 10.10 1.00 230 2002003196 9.00 9.35 0.35 231 2002003529 10.00 10.40 0.40 12 2

25° percentile 0.35 50° percentile 0.40

Note: 75° percentile 0.45 10=consenso informato bianco relativamente all'intervento; 11= consenso informato bianco relativamente al beneficiario; 12 = consenso informato non firmato dal medico

Anno 2003 D.R.G. 151 LISI DI ADERENZE PERITONEALI

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota DEGENZA

1 2003000019 9.45 10.35 0.50 32 2 2 2003000085 8.30 9.50 1.20 32 3 3 2003000097 8.30 9.30 1.00 32 3 4 2003000290 9.25 10.10 0.45 2 5 2003000361 9.00 9.40 0.40 32 2 6 2003000448 11.25 12.10 0.45 32 2 7 2003000535 8.40 9.50 1.10 32 2 8 2003000997 8.40 9.30 0.50 2 9 2003001613 9.25 10.10 0.45 32 2

10 2003001767 8.30 9.30 1.00 2 11 2003001851 8.45 9.40 0.55 32 3 12 2003002020 8.35 9.15 0.40 2 13 2003002092 9.15 10.00 0.45 32 2 14 2003002426 9.40 10.25 0.45 32 2 15 2003002500 9.30 10.45 1.15 32 2 16 2003002683 8.40 9.20 0.40 32 1 17 2003002856 13.10 13.50 0.40 32 2 18 2003003021 12.40 13.35 0.55 32 2

Note

32 = la lettera di dimissione non riporta le aderenze riscontrate e trattate chirurgicamente nel corso del ricovero;

25° percentile 0.45

50° percentile 0.47

75° percentile 1.00

Anno 2003 Completo D.R.G. 162 Ernia inguinale

35

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota DEGENZA

1 2003000018 10.55 11.30 0.35 2 2 2003000086 9.55 10.30 0.35 2 3 2003000273 12.00 12.30 0.30 2 4 2003000292 10.20 11.00 0.40 2 5 2003000348 11.10 11.50 0.40 2 6 2003000449 8.40 9.20 0.40 2 7 2003000744 14.15 14.50 0.35 1 8 2003000759 11.50 12.30 0.40 2 9 2003000825 14.10 14.40 0.30 1

10 2003000939 11.45 12.25 0.40 2 11 2003000940 12.35 13.15 0.40 2 12 2003001093 8.45 9.15 0.30 2 13 2003001389 8.35 9.20 0.45 2 14 2003001391 11.35 12.20 0.45 2 15 2003001466 9.45 10.20 0.35 2 16 2003001614 8.35 9.10 0.35 2 17 2003001709 8.45 9.30 0.45 2 18 2003001711 9.45 10.25 0.40 2 19 2003001765 9.45 10.20 0.35 2 20 2003001778 8.40 9.20 0.40 2 21 2003001899 11.05 11.45 0.40 2 22 2003001913 9.30 10.30 1.00 2 23 2003002031 8.30 9.10 0.40 2 24 2003002091 10.10 10.40 0.30 2 25 2003002353 8.50 9.20 0.30 1 26 2003002425 8.40 9.20 0.40 2 27 2003002439 10.40 11.10 0.30 2 28 2003002682 11.15 11.50 0.35 1 29 2003002748 8.45 9.10 0.25 12 2 30 2003002839 11.35 12.05 0.30 2 31 2003002858 10.50 11.40 0.50 1 32 2003002860 12.10 12.50 0.40 2 33 2003002946 10.05 11.30 1.25 2 34 2003003034 9.20 10.00 0.40 1 35 2003003200 11.50 12.15 0.25 1 36 2003003202 10.05 10.35 0.30 2 37 2003003378 9.05 9.40 0.35 2 38 2003003395 manca manca 1

25° percentile 0.30 50° percentile 0.40 75° percentile 0.40

Note: 12 = consenso informato non firmato dal medico

Anno 2004 D.R.G. 151 Ernia inguinale con aderenze degenza inferiore a 48 ore

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota

36

1 2004000091 8.35 9.25 0.50 2 2004000169 8.40 9.20 0.40 32 3 2004000355 8.40 9.15 0.35 4 2004000454 9.45 10.15 0.30 32 5 2004000540 9.00 9.40 0.40 32 6 2004000564 11.30 11.55 0.25 32 7 2004000715 10.15 11.05 0.50 8 2004000798 10.10 11.15 1.05 9 2004001182 13.30 14.15 0.45 10 2004001343 10.25 10.55 0.30 32 11 2004001438 12.00 12.40 0.40 32 12 2004001531 13.40 14.15 0.35 32 13 2004001601 13.10 13.40 0.30 32 14 2004001783 9.15 9.40 0.25 32 15 2004001862 9.10 10.20 1.10 32 16 2004001874 15.10 15.40 0.30 32 17 2004001885 11.00 12.10 1.10 32 18 2004001953 10.25 11.00 0.35 19 2004002051 9.20 10.10 0.50 32 20 2004002418 10.00 10.40 0.40 32 21 2004002494 8.15 9.10 0.55 22 2004002509 8.20 9.00 0.40 23 2004002526 8.30 9.10 0.40 24 2004002683 8.30 9.15 0.45 25 2004003334 8.45 9.30 0.45 26 2004003365 11.15 11.50 0.35 32 27 2004003453 10.15 10.45 0.30 32

25° percentile 0.32 50° percentile 0.40 75° percentile 0.47

NOTE:

32 = la lettera di dimissione non riporta le aderenze riscontrate e trattate chirurgicamente nel corso del ricovero;

Anno 2004 D.R.G. 162 Ernia inguinale degenza inferiore a 48 ore

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento note

1 2004000164 8.20 8.50 0.30 2 2004000263 10.30 12.10 1.40 3 2004000352 9.30 10.05 0.35 4 2004000354 10.20 11.00 0.40 5 2004000433 9.40 10.15 0.35 6 2004000456 8.50 9.30 0.40 7 2004000543 8.20 8.50 0.30 8 2004000645 14.10 14.40 0.30 9 2004000712 8.35 9.20 0.45 10 2004000714 9.35 10.00 0.25 11 2004000810 13.55 14.10 0.15 12 2004000987 11.30 12.10 0.40

37

13 2004000997 12.20 12.55 0.35 14 2004001046 8.35 9.10 0.35 15 2004001133 9.45 10.30 0.45 16 2004001240 9.25 9.55 0.30 17 2004001350 9.30 10.10 0.40 18 2004001441 11.00 11.35 0.35 19 2004001699 8.30 9.00 0.30 20 2004001702 10.05 10.45 0.40

25° percentile 0.30 50° percentile 0.35 75° percentile 0.40

Anno 2005 D.R.G. 151 Ernia inguinale con aderenze degenza inferiore a 48 ore

N° PRATICA Intervento Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di intervento Nota

1 2005000157 13.40 14.00 0.20 2 2005000162 11.30 12.15 0.45 3 2005000357 13.30 14.00 0.30 1 4 2005000359 14.35 15.20 0.45 1 5 2005000525 11.25 12.00 0.35 1 6 2005000832 14.20 14.50 0.30 7 2005001107 10.35 10.55 0.20 8 2005001238 13.30 14.10 0.40 9 2005001974 8.55 9.55 1.00 10 2005002226 10.35 11.00 0.25 11 2005002296 9.30 10.00 0.30 12 2005002318 13.35 13.55 0.20 13 2005002643 12.15 13.00 0.45 1 14 2005002718 9.25 9.50 0.25 15 2005002779 9.40 10.00 0.20 16 2005002871 8.40 9.15 0.35 17 2005003229 10.00 10.30 0.30

25° percentile 0.25 50° percentile 0.30 75° percentile 0.40

Anno 2005 Completo D.R.G. 162 Ernia inguinale degenza inferiore a 48 ore

N° PRATICA Intervento

Ora di inizio

Intervento Ora di fine

Tempo di

intervento Nota Nota

1 2005000046 11.40 12.00 0.20 2 2005000079 14.15 14.35 0.20 3 2005000147 12.55 13.20 0.25 4 2005000161 8.50 9.15 0.25 5 2005000260 14.05 14.45 0.40 6 2005000261 15.00 15.35 0.35 7 2005000336 10.35 11.00 0.25 8 2005000338 11.15 11.45 0.30

38

9 2005000339 9.55 10.20 0.25 10 2005000443 9.25 9.50 0.25 11 2005000519 8.30 9.00 0.30 12 2005000552 12.35 13.00 0.25 13 2005000742 15.15 15.35 0.20 14 2005000744 14.25 14.50 0.25 15 2005000773 13.25 14.10 0.45 16 2005000776 16.30 17.00 0.30 17 2005000831 11.50 12.10 0.20 18 2005000834 13.45 14.05 0.20 19 2005000850 14.00 14.25 0.25 20 2005000852 13.05 13.45 0.40 21 2005001030 13.05 13.40 0.35 22 2005001067 8.35 9.10 0.35 23 2005001123 9.50 10.20 0.30 24 2005001189 9.45 10.10 0.25 25 2005001192 9.00 9.30 0.30 26 2005001236 15.50 16.15 0.25 27 2005001288 9.35 9.50 0.15 12 28 2005001300 8.40 9.20 0.40 29 2005001335 11.39 11.50 0.11 30 2005001357 15.45 16.30 0.45 31 2005001359 14.40 15.30 0.50 32 2005001390 9.35 10.15 0.40 33 2005001499 15.50 16.10 0.20 34 2005001567 9.15 9.45 0.30 35 2005001595 10.50 11.30 0.40 36 2005001855 13.40 14.00 0.20 37 2005001875 10.15 10.45 0.30 38 2005001880 9.30 10.10 0.40 39 2005001908 13.40 14.20 0.40 40 2005001948 9.15 9.45 0.30 41 2005001949 8.30 9.00 0.30 42 2005001961 10.00 10.25 0.25 43 2005002119 10.20 10.50 0.30 44 2005002228 11.35 12.00 0.25 45 2005002303 8.30 9.15 0.45 46 2005002308 11.05 11.35 0.30 47 2005002390 8.55 9.30 0.35 48 2005002405 9.15 9.35 0.20 49 2005002408 10.25 11.00 0.35 50 2005002409 9.50 10.10 0.20 51 2005002461 8.25 9.00 0.35 52 2005002477 10.15 10.35 0.20 53 2005002485 9.30 10.00 0.30 54 2005002632 8.30 9.00 0.30 55 2005002645 11.30 12.00 0.30 56 2005002732 8.40 9.10 0.30 57 2005002774 10.15 10.50 0.35 58 2005002796 11.10 11.35 0.25 59 2005002797 8.20 8.50 0.30 10 11 60 2005002914 16.30 17.30 1.00 61 2005003080 13.00 13.20 0.20

39

62 2005003099 16.35 17.30 0.55 63 2005003165 15.35 16.00 0.25 64 2005003228 9.20 9.45 0.25 65 2005003230 10.45 11.30 0.45 66 2005003377 10.35 11.05 0.30 67 2005003651 10.50 11.30 0.40 68 2005003699 9.30 9.50 0.20 69 2005003701 8.45 9.15 0.30 70 2005003704 10.10 10.30 0.20 71 2005003871 13.15 13.50 0.35 72 2005003873 14.05 14.35 0.30

25° percentile 0.25

50° percentile 0.30

75° percentile 0.35

Note

10 = riga bianca nel consenso informato relativamente all'intervento;

11 = consenso informato non firmato dal beneficiario;

12 = consenso informato non firmato dal medico;

L’“anomalia” riscontrata sta in ciò: «oltre alla diagnosi principale, che è ernia inguinale, col codice

55091, viene aggiunta la complicanza “aderenze peritoneali”, codice diagnosi 5680, e oltre al

codice “riparazione monolaterale di ernia inguinale” viene messo il codice 5459» (p. 159-160).

In altri termini, anziché utilizzare il D.R.G. 151, che ha una valorizzazione pari a 2.232 euro, si

sarebbe dovuto utilizzare il D.R.G. 162, che vale 993 euro, il quale si riferisce a “Interventi per

ernia inguinale e femorale, età maggiore di 17 anni senza complicanze o copatologie”.

Orbene, considerando la durata degli interventi, come riportata sulle cartelle analizzate, «era

discutibile segnalare la lisi di aderenze” (p 163), e quindi «il D.R.G. avrebbe dovuto essere non il

151, ma il 162”, che avrebbe comportato una differenza di valorizzazione pari a 142.000 euro» (p.

164).

La conclusione poggia, anche in questo caso, come si è anticipato, sulla mancanza di evidenze

desumibili dalla cartella clinica: «non troviamo nel merito di quello che in questo caso potrebbe

essere il giustificativo di un impiego, da parte della struttura, maggiore di risorse, che è:

occupazione di sala operatoria, maggiore, perché sul diario clinico non si trova nulla di diverso,

andiamo a vedere se l’intervento è più complesso, ma con durate di intervento simili è chiaro che...

è questo il motivo per il quale noi, suffragando questo anche con l’evidenza che con questa

diagnosi, praticamente, il 94% dei casi venivano fatti nella struttura, abbiamo ritenuto di cambiare

la codifica» (p. 164).

40

Questa, in sintesi, la conclusione (corollario dell’impostazione, più volte esplicitata dal consulente,

secondo cui «tutto ciò che non è riportato in cartella non esiste»): «abbiamo valutato tutti gli

elementi, diario clinico, diario infermieristico, materiali utilizzati, verbali di sala operatoria, oltre

ai tempi, in realtà, quella che poteva essere l’unico discrimine, scartate le altre possibili differenze,

era la durata dell’intervento, ma neanche questa, secondo noi, suffragava la differenza di codifica e

di remunerazione» (p. 165).

3.2. Le dichiarazioni del prof. Arturo Augusti.

L’altro elemento di prova portato dalla pubblica accusa risiede nelle dichiarazioni rese dal prof.

Arturo Augusti (ud. 7.5.2009, p. 52 ss.).

Laureatosi in medicina nel 1965, dopo aver lavorato per 32 anni al Policlinico in patologia

chirurgica come aiuto del prof. Rossi, grazie all’interessamento di costui, che lo mise in contatto

con la signora Sassaroli, Augusti andò a lavorare, con la propria equipe, presso la casa si cura San

Carlo: dal 1° gennaio 1997 egli fu il responsabile unità operativa chirurgica, qualifica che ricoprì

sino alla fine del dicembre 2003, quando, al suo posto, fu nominato Zampori; nonostante gli fosse

stato offerto dalla proprietà di rimanere come chirurgo, egli decise di allontanarsi.

Il teste ha affermato di aver conosciuto Zampori nel 1998, quando questi venne a lavorare presso la

casa di cura.

Con il dottor Zampori ci fu «un inizio un po’ burrascoso» (p. 55); in quel periodo, infatti, Zampori

era assistente presso l’ospedale San Paolo e, poiché all’epoca vigeva la legge che stabiliva precise

incompatibilità, Augusti si lamentò di quel fatto con l’interessato: «Ma come? Vieni ad operare

così?»; quindi Zampori si licenziò dall’ospedale San Paolo e venne ad operare definitivamente

presso la casa di cura San Carlo.

Quando arrivò, la signora Sassaroli disse ad Augusti di far lavorare Zampori in maniera

indipendente, ciò che avvenne; in sostanza, era come se all’interno dell’unità di chirurgia generale

esistessero due distinte unità operative.

In particolare, ha dichiarato il teste (p. 58-59), «a me era stato proibito di interessarmi di quello che

faceva il dottor Zampori, al punto tale che io non potevo vedere né il programma operatorio, né

quello che faceva in sala operatoria, né addirittura i tabulati finali, mensili di quello che percepiva il

dottor Zampori. Mentre noi avevamo un tabulato e c’era il prezzo praticamente delle nostre

prestazioni e dividevamo con l’equipe, il dottor Zampori aveva un suo tabulato che io non potevo

assolutamente vedere e quando provavo a chiedere di andare a vedere sul registro di quello che era

il programma operatorio futuro, le impiegate che erano istruite ‘per favore professore, non ci faccia

mettere nei guai, guardi’, lo chiudevano ed io non potevo assolutamente interessarmi di nulla di

41

quello che faceva. Questo mi è sempre stato proibito e quando poi dopo salterà fuori ho sempre

trovato un muro, sempre di fronte».

Ad avviso del teste, «la proprietà aveva messo un muro tra me e il dottor Zampori, un muro

invalicabile. Io non potevo assolutamente sapere e non potevo venire a conoscenza perché mi

veniva negato, mi veniva tolto, nascosto in qualche maniera, di quello che succedeva nell’altra

equipe» (p. 60), concetto più volte ribadito.

La signorina Barbara, una delle impiegate, gli diceva: «“Professore, non mi faccia avere delle

complicazioni”. Chiudeva il libro. “Per favore, se vuole saperlo vada a chiederlo alla signora

Sassaroli”»; il teste, peraltro, ha dichiarato di non essersi mai rivolto a Sassaroli «perché tanto era

una cosa totalmente inutile e quindi era inutile andarci» (p. 61).

La proprietà faceva dei raffronti in termini economici tra il rendimento delle due unità operative:

«quando c’erano le riunioni, che erano a carattere mensile o bimensile - adesso non ricordo più i

termini, ma è circa una volta al mese - c’era il rendiconto di quello che avevamo fatto ed io mi

meravigliavo continuamente come mai con la mia presenza, che ero sempre lì a lavorare, avessi un

fatturato decisamente inferiore all’altra equipe. Questo sicuramente e quindi la signora... Lui lavora

ed io non lavoravo in poche parole» (p. 62).

E ciò nonostante che, secondo il teste, le due equipe sostanzialmente svolgessero lo stesso tipo di

interventi.

Augusti ha dichiarato che, in maniera del tutto casuale, entrò in possesso di un “tabulato” relativo

all’attività svolta da Zampori: «è da lì che io mi sono accorto che c’era qualche cosa che non

andava, che c’erano delle cose che non andavano in poche parole» (p. 64).

Queste le anomalie che colpirono il teste: «una diagnosi di trapianto di cute, Lei capisce benissimo

che io nell’ambiente non avevo mai sentito. Magari saranno state anche fatte, perché so che il dottor

Zampori aveva collaborazione anche con il fratello chirurgo plastico. Ma si ha sentore in una clinica

di quello che succede. Se succede un trapianto di quel genere, che è un intervento serio, un

intervento grave, un intervento lungo, Lei capisce che immediatamente si sparge la voce e si sa

tutto. Quando io ho letto queste cose qui dico: “No, qui c’è qualche cosa che non va”» (p. 64)

Un'altra anomalia riguardava il D.R.G. relativo all’intervento di colecisti: «se opero una colecisti,

Lei capisce benissimo che poi la devo richiudere. Richiudendola devo chiudere il peritoneo e devo

chiudere la cute, questo è normale, quindi non si può mettere in una colecisti “drenaggio

addominale”. Certo, il drenaggio addominale va messo sempre, ma è una tecnica dell’intervento

sempre di colecistectomia. “Chiusura del peritoneo”. La chiusura del peritoneo non può essere un

intervento, perché sarebbe un intervento se io do una coltellata ad uno ed allora l’intervento rimane

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come chiusura del peritoneo. Ma nell’ambito della colecistectomia è una cosa normale. Se tutte

queste voci Lei le mette come mette dei numeri in fila, Lei capisce benissimo che vengono fuori dei

D.R.G. aumentati» (p. 65).

Infine, quale ultima anomalia, il teste ha indicato gli interventi ambulatoriali: «Ero l’unico nella

clinica che faceva gli interventi ambulatoriali» (p. 66).

Dopo la visione del tabulato, che avvenne nel marzo 2003, si rivolse alla signora Sassaroli, la quale

gli disse: «Ecco perché Lei ce l’ha con quel povero ragazzo e non lo vuol far lavorare»” (p. 65).

Il teste ha dichiarato di aver spedito una prima lettera raccomandata a Scatizzi e a Fantini, recante la

data 7 marzo 2003, del seguente tenore: «Mercoledì 5 marzo ho avuto in maniera del tutto

accidentale e per la prima volta ho avuto modo di vedere una documentazione interna, dalla quale

emergerebbero gravi irregolarità circa i ricoveri in Day Surgery, sia relativamente al tipo ed alla

durata dell’intervento chirurgico rispetto alla patologia indicata ed alla descrizione dell’intervento

medesimo».

Ne parlò, in due occasioni, anche con il dottor Ciardo Alberto, una volta alla fine di una riunione ed

una volta nel cortile; costui gli rispose: «A casa nostra facciamo quello che ci pare, a noi sta bene

così».

Della questione ne portò a conoscenza anche il dottor Scatizzi, all’epoca direttore amministrativo, il

quale gli disse: «Io sono un amministrativo, non me ne intendo di queste cose» (p. 69).

In ogni caso, sul momento Augusti non aveva compreso il “peso della gravità” di quella situazione

(p. 70); quindi Augusti prese contatto con il proprio legale, avvocato Di Flumeri, con cui concertò

una lettera indirizzata al presidente della società, dott. Palmesi.

Augusti ebbe un colloquio in cortile, dopo una riunione, proprio con Palmesi, il quale gli disse che

«lui queste cose non le poteva assolutamente accettare; che io glielo facessi presente perché lui era

addirittura disposto a dimettersi se succedevano queste cose. Non è successo niente» (p. 68; cfr.

anche p. 79).

A causa della sua condotta, Augusti si inimicò la proprietà, la quale gli inviò una lettera, che gli

notificava la sua sostituzione quale responsabile dell’unità chirurgica, ferma restando la sua facoltà

di continuare la collaborazione come consulente esterno; dopo aver interpellato la propria equipe,

Augusti rimase solo qualche settimana, per terminare le cure ai “propri” malati, quindi lasciò la casa

di cura San Carlo.

Quanto agli interventi ambulatoriali, Augusti ha dichiarato che della questione si era discusso in

diverse occasioni «e si cercava di trovare anche un posto idoneo dove farli, però siccome non

saltava mai fuori questo posto idoneo nell’ambulatorio di chirurgia, dove io lavoravo regolarmente,

quando è venuta la legge ho cominciato a fare questi interventi. Mi sono state fatte tante

43

opposizioni, nel senso che bisognava avere la sala operatoria vicino, roba del genere. Io per fare un

intervento ambulatoriale non ho mai avuto bisogno di avere una sala operatoria vicino. Che ci fosse

un anestesista eventualmente nel raggio di 50 metri sì, era una precauzione valida, ma non credo

che tutti i chirurghi che operano in ambulatorio abbiano un anestesista a portata di mano, anche

perché nella chirurgia ognuno si deve assumere un po’ un attimo le proprie responsabilità. Se io

metto le mani addosso su questa persona, devo anche prevedere se ci sono delle conseguenze, se c’è

qualche cosa che può succedere. Poi c’è sempre l’imprevisto nel nostro lavoro, però adesso che uno

non possa fare interventi ambulatoriali perché non c’è un anestesista attaccato a dieci metri mi

sembra una cosa totalmente inutile» (p. 72-73).

In particolare, Zampori «vantava sempre l’idea che bisognava avere l’anestesista vicino, bisognava

avere tutta una attrezzatura e roba del genere» (p. 74); ad avviso di Augusti, i veri motivi erano altri.

Il teste, però, non ne parlò mai con Zampori: «non ne abbiamo parlato. È una mia idea, però era una

cosa che traspariva molto chiaramente, perché se no non c’era altro motivo di non doverli fare in

ambulatorio» (p. 74).

Il dottor Fantini aveva provato in tutte «le maniere per tamponare questa situazione, perché sapeva,

ma deve capire che c’era un muro anche nei suoi. Io so che lui ha scritto lettere» (p. 77); nel corso

dell’esame, al teste sono state sottoposte due lettere, rispettivamente 20 febbraio e 10 marzo 2003,

a firma del dottor Fantini, indirizzate al dottor Palmesi, lettere che Augusti non aveva visto in

precedenza: «Il dottor Fantini è molto legalista, anche lui cercava un ambiente idoneo, vicino alla

sala operatoria e c’avesse la scialitica», ossia la lampada da sala operatoria (p. 77).

Il teste ha pure dichiarato di aver avuto un colloquio anche con il dottor Schwarz presso un bar

vicino alla clinica, alla presenza anche Fantini: «Feci presente dicendo: ‘Prendete immediatamente

le distanze, perché guardate che qua veramente voi finite male’. La risposta fu: ‘Io spero che ci sia

qualcheduno che gli dia le bacchettate sulle mani a quella persona’» (p. 79), ossia Zampori.

Secondo Augusti, anche Scatizzi lasciò per questi stessi motivi la clinica: «Io credo - questo è un

mio pensiero - che lui si sia dimesso quando non gli hanno dato la possibilità di fare questo» (p. 80),

convinzione che gli venne confermata da Fantini (p. 82).

Parlando dei n.o.c., Augusti ha riferito che «venivano mensilmente, avevano una campionatura

delle cartelle, 100 cartelle; poi loro si riunivano in questa sala riunioni» (p. 83); ha precisato di aver

avuto solamente qualche contestazione di tipo meramente formale.

Augusti ha dichiarato di essersi meravigliato di come mai i n.o.c non avessero mai rilevato le

irregolarità di cui egli si era accorto visionando il tabulato di Zampori.

Augusti ha riferito di aver ricevuto pressioni da parte della proprietà in ordine al fatturato, portando

l’esempio dell’unghia incarnita: «fatta in ambulatorio o fatta in sala operatoria, se io trasformo e

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invece di fare una icectomia, cioè asportazione dell’unghia, scrivo: “Onicoplastica”, cioè che ho

fatto una plastica e roba di questo genere, il D.R.G. scatta da morire. Certo, mi è stato detto anche a

me: “Ma insomma, facciamoli passare così”. “No - dico - io faccio le cose che devono essere

fatte”» (p. 86).

Augusti ha precisato di aver avuto rapporti solo con la signora Sassaroli, non con i figli di costei,

Grazia («no, nella maniera più assoluta») e Alberto («non credo che sapesse di queste manovre

della madre: permettere queste cose per fare aumentare; questo no, però sapeva che succedevano

queste cose»; p. 87); in altri termini, «la madre aveva il forte potere decisionale».

In sede di controesame, Augusti ha dichiarato di non aver ricollegato le “anomalie” relative ai

ricoveri in day surgery alla brevità della durata degli interventi : «No, nella maniera più assoluta. La

camera operatoria viene adoperata per altri motivi, per altre cose: per motivi di sicurezza, motivi di

assistenza e motivi di attrezzatura. Ci sono delle attrezzature che in sala operatoria esistono che non

si possono tenere in ambulatorio e pertanto il tipo di intervento, il tipo di malato: se è un ammalato

che ha bisogno di mettere su delle flebo, di fare delle cose durante o una sedazione, questo è il

criterio per cui va in sala operatoria un ammalato» (p. 90).

Al teste sono state sottoposte una trentina di cartelle cliniche degli anni 2001-2003, relative a

interventi di asportazioni di cisti o lipomi irregolarmente effettuati in sala chirurgica, che recano,

come operatore, l’indicazione di Augusti, il quale ha riconosciuta come propria la firma in calce

(«La firma è la mia, sì», p. 94), o in quanto apposta in sua vece da un proprio collaboratore («me ne

assumo io la responsabilità», p. 102) (8).

Ad esempio, con riguardo alla cartella relativa a Papetti, il teste ha affermato che «dalla cartella

non si evince la motivazione perché questi malati siano andati in sala operatoria» (p. 95),

precisando che il motivo si desume dalla diagnosi di “Cisti laterocervicale”.

Analogamente, relativamente a un “lipoma sotto fasciale”, il teste ha precisato che «quella parola di

“sottofasciale” implica che c’è già un qualche cosa di molto profondo e quindi implica una sala

operatoria» (p. 98).

Quanto all’asportazione di cisti effettuate nel 2002-2003, il teste ha visionato le seguenti cartelle:

• cartella 2922, Marconi Asiano: «grossa cisti in regione nucale. Cisti supurato della parete

addominale Lei non sa dove va a finire questa cisti qua, ha bisogno di un qualche cosa per

(8) Quanto alle cisti, per il 2001, al prof. Augusti sono state visionare le cartelle relative a Dolce, Papetti, Guercetti; per il 2002, le cartelle relative Marconi, Farise, Vatri, Lorusso, Sforzi, Barbieri, Colasuonno, Di Bari, Alpini, Giani, Marinoni; per il 2003, le cartelle relative a Panzeri e Nugra. Quanto ai lipomi, per il 2001 le cartelle relative Perra, Pizzolante; per il 2002, le cartelle relative a Girardi, Barone, Volpati, D’Amato, Secco, Galasso, Gatti, Manara, Bisone; per il 2003, la cartella relativa a Marchetti Cristina.

45

prevenire e di andare avanti. “Grossa cisti sebacea del cuoio capelluto” 5 per 5, quindi qui

siamo a livello del mandarino e se non le fa in sala operatoria queste, con il rischio che

succedono..» (p. 102);

• cartella 1722, Lo Russo Francesco: «“Grossa cisti”, qui si parla di una cisti di 5 centimetri

per 5. Se non va in sala operatoria questa, non so che cosa...» (p. 103);

• cartella 1624, Parise Clara, diagnosi «“Cisti sebacea suppurata parete addominale”. È la

suppurazione che già implica con infiltrato, quindi va fatta in sala operatoria»;

• cartella 2486, Sforzi Eros, «cisti retroauricolare”, zona abbastanza a rischio. C’è una

motivazione perché vale»;

• cartella 845, Vatri Maurizio, diagnosi una cisti della coscia sinistra. «L’unica cosa che non

riesco a vedere è la posizione, perché la coscia può andare, ci sono anche delle situazioni da

poter mettere il malato ad esempio in posizione ginecologica o roba di questo genere. In

ambulatorio si fanno delle cose che sono lì praticamente, il malato è disteso, ma se io ho

bisogno di situazioni particolari io devo andare in sala operatoria dove ho il lettino che si

possa muovere, quindi qui non è più tanto la patologia quanto molto probabilmente è la

postura del paziente» (p. 105);

• cartella 759, Barbieri Luca, «Diagnosi Cisti suppurata del collo. Una cisti di 4 centimetri per

5» (p. 105);

• cartella 2205Giani Stefania, «diagnosi: grossa cisti sebacea del dorso, 5 centimetri per 5

come un mandarino, siamo in sala operatoria» (p. 105);

• cartella 1251, Colasuonno Angelo, cisti suppurata del dorso. «Qui adesso la grandezza non

la so e non riesco assolutamente, perché non è stata segnalata» (p. 106);

• cartella 3077, Di Bari Mara, diagnosi: cisti sebacee multiple, «piega inguinale destra,

significa fare uno svuotamento della piega inguinale» (p. 106); alla richiesta di precisazione

circa la durata dell’intervento (durato dalle 17.15 alle 17.30), il teste ha dichiarato «si può

fare tranquillamente un’asportazione di tutta la piega inguinale. È una questione di

velocità, questo non c’entra assolutamente niente» (p. 106);

• cartella 3166, Alpini Elena, cisti sebacea del cuoio capelluto. «Non c’è scritto la grandezza

della cisti onestamente» (p. 107); durata dell’intervento quindici minuti;

• cartella 1475, Marinon Cesare Andrea, cisti sebacea del dorso, «la grandezza onestamente

non l’ho scritta» (p. 108);

• cartella 2147, Nugra Paz Rosario, diagnosi grosso lipoma parete addominale;

• cartella 2205, Panzeri Giuseppe, cisti suppurata del collo. «Abbiamo già detto la regione che

è una zona a rischio» (p. 108);

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• cartella 2923, Paravati Antonio, «diagnosi: cisti sebacea regione laterale del collo, qui

davanti» (p. 108).

In relazione all’asportazione di lipomi relative agli anni 2001-2002-2003 (p. 109 ss.), il teste ha

visionato le seguenti cartelle (nelle quali, lo si ribadisce, egli compare come operatore, e non solo

come responsabile dell’unità chirurgica):

• cartella 423, Barone Guido, «lipoma del collo, la ragione è questa»,

• cartella 1166, Volpati Annamaria, «due grossi lipomi del dorso: uno da 15 centimetri per 15

e l’altro 10 per 5»;

• cartella 1717, Manara Maria, «grosso lipoma gluteo, centimetri venti per venti per

quindici»;

• cartella 1721, Visone Letizia, «lipoma avambraccio sinistro, centimetri 15 per 15»;

• cartella 2044, D’Amato Maria, «fibrolipoma molto probabilmente era qualche cosa di duro,

consistente» (p. 110);

• cartella 2506, Galasso Rita, «lipoma parete addominale»;

• cartella 2671, Gilardi Giovanni, «grosso lipoma polso sinistro, centimetri 10 per 10 per 7»;

• cartella 2757, Gatti Cleonice, «grosso lipoma gluteo destro; le dimensioni adesso non le ho

messe, ho messo solo grosso lipoma»;

• cartella 379, Secco Giuseppe, «lipoma parete toracica anteriore e un lipoma del collo,

quindi aveva una doppia patologia»;

• cartella 2816, Marchetti Cristina, «lipoma ascellare racemoso, quindi non localizzato, di 5

centimetri per 7».

Il teste ha ribadito la regolarità formale e sostanziale di tutte le cartelle esibitegli (p. 129). Ha

peraltro precisato che «le cartelle che venivano fatte per questi tipi di intervento sono decisamente

molto succinte. Quando si tratta di fare un intervento di grossa portata, allora viene fatta una

cartella molto più particolareggiata» (p. 130).

Il teste ha quindi confermato alcune circostanze riportate nell’atto di citazione con cui egli intentò la

causa giuslavoristica contro la Casa di Cura San Carlo (p. 112 ss.), in particolare, le seguenti: «La

casa di cura San Carlo e la S.p.A. Eukos nella persona del direttore sanitario dottor Fantini e del

direttore generale della S.p.A. Eucos dottor Scatizzi , impartivano al dottor Augusti come agli altri

medici e al personale paramedico ed amministrativo direttive e disposizioni sull’espletamento

dell’attività lavorativa in ordine all’appropriatezza dei casi trattati in regime di ricovero di degenti

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come da circolare 15.12.2002, alle procedure da seguire in ordine al ricovero e dimissioni, alla

gestione dell’ambulatorio gestione della sala operatoria».

Era la signora Sassaroli che faceva recapitare ai medici le eventuali nuove direttive; i D.R.G. erano

controllati da Fantini (p. 114)

Il teste ha riconosciuto di aver ricevuto la lettera, data 10 luglio 2002 a firma del direttore sanitario

dottor Fantini, indirizzato a tutti i signori chirurghi operatori, con cui si richiamavano i chirurghi

operatori a redigere correttamente le cartelle cliniche subito dopo l’intervento; infatti, «era invalso

l’uso e il malcostume di fare gli interventi e poi dopo scriverli con calma in reparto. Invece con

questa lettera si diceva: “No, finito l’intervento dovete scrivere l’intervento che avete fatto”» (p.

122).

Quanto alle modalità di retribuzione, Augusti ha dichiarato che riceveva, come capo dell’equipe, il

10% della somma relativa a ciascun D.R.G.; di questa percentuale, il 30% era per sé, il 30%

all’aiuto, dott. Pizzi, il resto agli altri componenti dell’equipe.

3.3. La versione del dott. Carlo Maria Zampori.

A questo punto, appare opportuno dar conto della versione resa da Zampori, il chirurgo cui è

addebitato di essere l’autore materiale dei falsi nelle cartelle cliniche.

In sede di dichiarazioni spontanee, rese al termine della deposizione del dott. Merlino (ud. p. 168

ss.), ha rimarcato, tra gli altri, alcuni aspetti:

• In primo luogo, come pure ha meglio precisato in sede di esame, l’imputato ha affermato

che «il nostro ambulatorio non era un ambulatorio di chirurgia» (p. 169).

• Zampori ha poi ammesso, che «dal punto di vista della cartella clinica, io come tutti, credo,

i chirurghi, son sempre stato molto sbrigativo, perché il finale era un po’ il colpo d’occhio,

l’occhio clinico, vedere come stava» (p. 172).

• Quanto all’elevata percentuale di operazioni di modesta entità effettuate presso la Casa di

cura San Carlo, l’imputato l’ha ricollegata al fatto che raramente venivano eseguiti

interventi impegnativi: «se voi andate a vedere, noi non abbiamo mai fatto un polmone, non

abbiamo mai fatto un fegato, e non vi siete chiesti come mai, in Regione, noi non facevamo

il polmone, non facevamo il fegato, non facevamo chirurgia maggiore, non avevamo una

terapia intensiva, non avevamo una rianimazione, non avevamo un pronto soccorso? Quindi

è scontato che la grande percentuale di patologie minori afferivano alla clinica San Carlo»

(p. 173-174).

• Ancora, l’imputato ha affermato di essersi adeguato alla prassi che aveva trovato presso la

Casa di cura San Carlo, adeguandosi ai sistemi di codifica che aveva appreso da Augusti:

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«noi lì ricoveravamo tutti in regime di day hospital, perché io ho appreso, provenendo

dall’ospedale San Paolo, dopo vent’anni, nel 2000 ho afferito alla clinica San Carlo, e ho

appreso dal mio predecessore l’attività che veniva svolta in clinica San Carlo, e ho, per

questioni forse comportamentali, non ho pensato di modificare nulla, per non essere di

attrito né con l’altra equipe, presieduta dal professor Augusti, che faceva esattamente la

stessa chirurgia, codificando nello stesso modo, io mi sono adeguato, cioè, ho imparato» (p.

174).

• Quanto agli interventi sulle ernie, l’imputato ha difeso il proprio modo di operare, che

risolveva il problema alla radice, evitando quindi la recidiva: «io mi son fatto anche le ossa

sulle ernie quando ero molto più giovane, sono stato tra i primi a pubblicare a livello

mondiale l’utilizzo delle protesi di goretex, ho una certa esperienza, e so benissimo che se io

schiaccio dentro un’ernia, questa mi finisce in pronto soccorso un mese dopo, il giorno

dopo, quindi, la mia tecnica prevede, come penso di essere, perché non cambierò mai, lo

scrupolo, dovessi ancora operare, di ridurre il sacco, cioè tutta la massa che esce, non posso

spingere con grande forza, metterci un tappo, come fanno purtroppo molti colleghi, però

andiamo a vedere anche le recidive, andiamo a vedere le complicanze, quanti rientrano in

pronto soccorso, io non ne ho avuto uno in sei anni, tranne una rianimazione, che è finita

dopo un grosso intervento di laparoscopia a Zingonia, quindi io ho esattamente il

termometro della situazione. È un intervento che non impegna tantissimo chirurghi, tra

virgolette, abituati, perché una casistica di seicento casi all’anno, cosa che normalmente

hanno quindici chirurghi in un ospedale in un anno, quindi i tempi chirurgici danno prova,

credo, di quello che sto dicendo, io operavo un’ernia in venti minuti, e se avessi avuto una

complicanza, lì si trattava di aprire un sacco, ma entrare in un mondo completamente

diverso, come la voce che è arrivata da un altro corridoio, quel mondo poteva riservare delle

complicanze catastrofiche, quindi, portar via, come ho la documentazione sulle cartelle, dei

pezzi di aumento, o un’appendicectomia, è la dimostrazione che io aprivo il sacco,

conteneva i visceri, operavo all’interno, poi chiudevo e poi facevo l’ernia» (p. 176-177; cfr.

anche p. 120 ud. 17.9.2009: «Io tutte le volte in cui era necessario procedere con l'apertura

del sacco e liberare o asportare dei tratti di strutture endoperitoneali, l'ho sempre fatto,

sempre lo farò »).

In sede di esame (ud. 17.9.2009, p. 92 ss.), Zampori, tra l’altro, ha ribadito che la sua scelta di

privilegiare - anche per interventi di piccola entità, quale l’asportazione di cisti e lipomi - la sala

operatoria era dovuta al fatto che l’ambulatorio non presentava adeguate garanzia di sicurezza per

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il paziente, prima ancora che il chirurgo. Infatti, «l'ambulatorio è una stanza al secondo piano di una

palazzina diversa dal reparto e dal blocco operatorio, e questo ambulatorio era utilizzato al mattino

per fare i prelievi, quindi la gente arrivava dalla strada, faceva i suoi prelievi, sul lettino venivano

attrezzate tutte le siringhe e le fiale – cerco di farvi calare nella situazione -; all'intervallo spesso

l'infermiere si portava da casa il panino e la bibita, si chiudeva lì perché sapeva che tanto noi non lo

usavamo perché operavamo in sala operatoria; al pomeriggio partivano le visite ambulatoriali in

quell'ambulatorio dei chirurghi - che potevo essere io ed altri 8, quindi io non potevo sapere che

cosa avrebbero fatto in quell'ambulatorio gli altri -, l'urologo, spesso la dermatologa, qualche volta

l'otorino; comunque c'era un via vai di gente. Quando è emerso verso l'anno 2003... per la prima

volta mi è stato detto: "Ma no, questi interventi dovremmo farli magari a livello ambulatoriale", io

mi sono opposto, come chirurgo e responsabile di quello che dovevo fare, perché assolutamente - e

su questo assolutamente sono convinto ancora oggi - non era assolutamente il luogo adatto per

operare delle persone, quindi non delle cisti ma delle persone, e tuttora so che non si dovrebbe

neanche per legge poter operare in quell'ambulatorio. Un conto è attrezzare un ambulatorio

chirurgico con strutture adeguate - 1) spogliatoio dove far spogliare il malato ed eventualmente

farlo sdraiare, 2) pareti lavabili e tutti i sistemi, che diventavano quasi come una piccola sala

operatoria -... mancando in quelli anni, credo anche adesso, in San Carlo una sala attrezzata e sicura

per tutelare il paziente, e nello stesso tempo me - perché se continuavo ad avere dei fallimenti avrei

perso sicuramente i pazienti e il lavoro -, io non ho mai accettato il consiglio di operare in una

struttura assolutamente inadeguato, e credo senza nessun permesso A.S.L. (e tuttora questo lo so

per certo), e mai lo farei» (p. 102-103).

In particolare, si trattava di un ambiente non sterile e lontano dal luogo dove operavano gli

anestesisti: i chirurghi «non vanno a rischiare qualche cosa per asportare delle lesioni o dei piccoli

interventi dove maggiore è il rischio infettivo, di contagio, di non tutela del paziente, anche perché

l'anestesista innanzitutto si trovava assolutamente in un secondo blocco: vuol dire uscire da questo

stabile ed entrare in un altro blocco. Secondo, l'anestesista in quei tempi era oberato di lavoro,

perché quelle due sale operatorie funzionavano dal mattino alla sera, e mai avrebbe avuto una

persona dedicata da lasciarci in un ambulatorio. Altra cosa per cui non ho accettato, e tuttora non

accetterei, è perché da soro io non mi trovo in una non disinfettata e non sterile ad operare un

paziente che può avere delle sequele che possono essere legate all'introduzione di anestetici locali...

ma questo capita a tutti; anche quando uno fa un prelievo può svenire e battere la testa» (p. 103-

104).

Ancora, l’imputato, con riguardo a tutti gli addebiti a lui mossi, ha affermato che «io ho fatto

esattamente l'intervento che dovevo fare, e l'intervento è stato codificato con il nome della

50

patologia; non ho mai modificato la patologia. Insomma, sono qua credo sotto giuramento, ci sono

le cartelle, c'è tutto; io non ho mai falsificato nulla» (p. 118).

3.4. La cartella clinica e la scheda di dimissione ospedaliera.

Appare opportuno, a questo punto, analizzare la disciplina prevista per la cartella clinica e per

quell’atto, che in essa confluisce, rappresentato dalla scheda di dimissione ospedaliera (s.d.o.), ciò

al fine di verificare la correttezza di quanto più volte sostenuto dal consulente, ossia che «tutto ciò

che non è riportato in cartella non esiste», quantomeno in relazione ai profili penali.

Si tratta, in altri termini, di verificare se sussiste un obbligo giuridico in capo al medico che compila

la cartella clinica di indicare e/o allegare le evidenze che supportano le proprie scelte terapeutiche,

in vista dei controlli di tipo amministrativo concernenti i rimborsi da parte dell’a.s.l.

3.4.1. L’analisi della legislazione.

Nonostante l’estrema importanza che la cartella clinica riveste in ambito civile, penale e

amministrativo, a tutt’oggi il legislatore non ha provveduto ad emanare una disciplina puntuale ed

esaustiva.

Una lacuna del genere è stata avvertita dalla stessa Regione Lombardia, che, nella prima edizione

del “manuale della cartella clinica”, predisposto dalla direzione generale sanità nel giugno 2001 –

manuale di contenuto divulgativo, non riconducibile ad alcun atto normativo - sottolineava come,

«la cartella clinica, a dispetto dell’estremo rilievo che assume, rappresenta tutt’oggi una vistosa

lacuna della legislazione sanitaria italiana, già di per sé molto povera di riferimento a questo

indispensabile strumento di attuazione e registrazione dell’assistenza ospedaliera» (p. 36).

Il “prototipo” di cartella clinica si rinviene nell’art. 63, comma 1, lett. b) r.d. 18 agosto 1909, n. 615

- “approvazione dell’annesso regolamento sui manicomi e sugli alienati” - il quale imponeva che, in

ogni manicomio, deve essere tenuto «un fascicolo personale per ciascun ricoverato, nel quale

debbono essere conservati i documenti relativi all'ammissione, i provvedimenti, le comunicazioni e

la corrispondenza dell'autorità giudiziaria, di quella amministrativa e della famiglia, la diagnosi e

il riassunto mensile delle condizioni dell'alienato, e gli atti relativi al licenziamento di esso per

guarigione od in esperimento o per altra causa».

Il primo riferimento alla cartella clinica è rappresentato dell’art. 24 r.d. 30 settembre 1938, n. 1631,

che, tra i doveri incombenti sul primario – definito come il medico il quale «ha la direzione di una

divisione di medicina e di chirurgia o di specialità ovvero è a capo di istituti, laboratori e gabinetti

51

di indagini e terapie speciali» - vi è anche quello di curare «sotto la propria responsabilità, la

regolare tenuta delle cartelle cliniche e dei registri nosologici» (lett. e).

Un’attribuzione del genere è stata successivamente ribadita dall’abrogato art. 7, comma 2, d.P.R. 27

marzo 1969, n. 128, il quale, al n. 3, stabiliva che il primario «è responsabile della regolare

compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla

consegna all'archivio centrale».

Nella medesima legge, all’art. 5, tra le attribuzioni del direttore sanitario, si prevedeva che costui

«vigila sull'archivio delle cartelle cliniche» e «controlla la regolare applicazione delle tariffe delle

prestazioni sanitarie».

In seguito, l’art. 35 d.p.c.m. del 27 giugno 1986, ha dettato una norma relativa alle cartelle cliniche

delle case di cura private, la quale prevede dei requisiti minimi di sostanza e di forma.

Quanto ai primi, si stabilisce infatti che «in ogni casa di cura privata è prescritta, per ogni

ricoverato, la compilazione della cartella clinica da cui risultino le generalità complete, la diagnosi

di entrata, l'anamnesi familiare e personale, l'esame obiettivo, gli esami di laboratorio e

specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi» (comma 1).

Quanto ai secondi, si precisa che «le cartelle cliniche, firmate dal medico curante e sottoscritte dal

medico responsabile di raggruppamento, dovranno portare un numero progressivo ed essere

conservate a cura della direzione sanitaria» (comma 2).

Viene poi in rilievo il d.m. 28.12.1991, il cui art. 1, comma 1, istituisce «la scheda di dimissione

ospedaliera, quale strumento ordinario per la raccolta delle informazioni relative ad ogni paziente

dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale».

Il comma 2 imponeva a tutti gli istituti di cura pubblici e privati presenti sul territorio nazionale,

entro il 30 giugno 1992, «di adottare la scheda di dimissione ospedaliera, quale parte integrante

della cartella clinica, di cui assume le medesime valenze di carattere medico-legale».

I requisiti formali sono previsti dall’art. 2, comma 1: «la scheda di dimissione ospedaliera deve

recare la firma del medico curante, nonché quella del responsabile di divisione, il quale assume la

responsabilità della regolare compilazione della stessa, ai sensi del decreto del Presidente della

Repubblica n. 128/1969». Il comma 2 prevede espressamente, tra i compiti del direttore sanitario,

«la verifica della completezza delle informazioni contenute nella scheda di dimissione ospedaliera e

la trasmissione delle stesse alla regione ed al Ministero della sanità».

I requisiti sostanziali minimi sono previsti dall’art. 3, a tenore del quale la s.d.o. «deve contenere

almeno le sottoelencate informazioni: 1) denominazione dell'ospedale di ricovero; 2) numero della

52

scheda; 3) cognome e nome del paziente; 4) sesso; 5) data di nascita; 6) comune di nascita; 7) stato

civile; 8) luogo di residenza; 9) cittadinanza; 10) codice sanitario individuale; 11) regione di

appartenenza; 12) unità sanitaria locale di iscrizione; 13) regime di ricovero; 4) data di ricovero; 15)

ora di ricovero; 16) reparto di ammissione; 17) onere della degenza; 18) provenienza del paziente;

19) tipo di ricovero; 20) motivo del ricovero; 21) traumatismi o intossicazioni; 2) trasferimenti

interni; 23) reparto di dimissione; 24) area funzionale di dimissione; 25) data di dimissione o morte;

26) modalità di dimissione; 27) riscontro autoptico; 28) diagnosi principale alla dimissione; 29)

patologie concomitanti o complicanze della malattia principale; 30) intervento chirurgico principale

o parto; 31) altri interventi e procedure; 32) (in caso di ricovero in day-hospital) motivo del

ricovero; 33) (in caso di ricovero in day-hospital) numero di giornate di presenza».

In attuazione dell’art. 5 - il quale rinviava a «successivi decreti ministeriali» aventi la finalità di

specificare «analiticamente i contenuti delle variabili inserite nella scheda di dimissione ospedaliera

ed i relativi sistemi di codifica che tutti gli istituti di ricovero dovranno adottare» - il d.m.

27.10.2000, n. 380 ha disciplinato in maniera dettagliata la s.d.o.

L’art. 1 riprende, puntualizzandolo, il contenuto minimo informativo già previsto dal d.m.

28.12.1991, che è suddiviso in due sezioni.

La prima sezione contiene le informazioni anagrafiche: «1) denominazione dell'ospedale di

ricovero; 2) numero della scheda; 3) cognome e nome del paziente; 4) sesso; 5) data di nascita; 6)

comune di nascita; 7) stato civile; 8) comune di residenza; 9) cittadinanza; 10) codice sanitario

individuale; 11) regione di residenza; 12) azienda unità sanitaria locale di residenza».

La seconda sezione contiene «almeno» le informazioni clinico-mediche relative alla degenza e al

percorso curativo, quali: «1) denominazione dell'ospedale di ricovero; 2) numero della scheda; 3)

regime di ricovero; 4) data di ricovero; 5) unità operativa di ammissione; 6) onere della degenza; 7)

provenienza del paziente; 8) tipo di ricovero; 9) traumatismi o intossicazioni; 10) trasferimenti

interni; 11) unità operativa di dimissione; 12) data di dimissione o morte; 13) modalità di

dimissione; 14) riscontro autoptico; 15) motivo del ricovero in regime diurno; 16) numero di

giornate di presenza in ricovero diurno; 17) peso alla nascita; 18) diagnosi principale di dimissione;

29) diagnosi secondarie; 20) intervento chirurgico principale o parto; 21) altri interventi chirurgici e

procedure diagnostiche o terapeutiche».

Il comma 2, peraltro, fa salva la possibilità per le regioni e le province autonome di «prevedere

ulteriori informazioni da rilevare attraverso la scheda di dimissione ospedaliera, fermo restando il

contenuto informativo minimo di cui al comma 1».

L’art. 2, comma 1, ribadisce che «la scheda di dimissione ospedaliera costituisce parte integrante

della cartella clinica, di cui assume le medesime valenze di carattere medico-legale», precisando

53

che «la compilazione della scheda di dimissione ospedaliera e la codifica delle informazioni in essa

contenute sono effettuate nel rigoroso rispetto delle istruzioni riportate nel disciplinare tecnico

allegato, costituente parte del presente decreto», di cui si dirà a breve.

I commi 3 e 4 individuano i soggetti responsabili della s.d.o: la responsabilità della corretta

compilazione della scheda di dimissione «compete al medico responsabile della dimissione,

individuato dal responsabile dell'unità operativa dalla quale il paziente è dimesso»; il medico

responsabile sottoscrive la s.d.o.

In particolare, «la codifica delle informazioni sanitarie riportate nella scheda di dimissione

ospedaliera è effettuata dallo stesso medico responsabile della dimissione ovvero da altro personale

sanitario, individuato dal direttore sanitario dell'istituto di cura. In entrambi i casi, il personale che

effettua la codifica deve essere opportunamente formato ed addestrato».

Infine, ai sensi del comma 4, «il direttore sanitario dell'istituto di cura è responsabile delle verifiche

in ordine alla compilazione delle schede di dimissione, nonché dei controlli sulla completezza e la

congruità delle informazioni in esse riportate».

Particolare interesse riveste il disciplinare tecnico allegato al d.m. in esame, recante “Istruzioni per

la compilazione e la codifica delle informazioni riportate nella scheda di dimissione ospedaliere e

per il corretto utilizzo della classificazione ICD-9-CM – versione italiana”.

Il preambolo contiene delucidazioni sia sulla s.d.o., sia sulla cartella clinica; per tale motivo, appare

utile riportarne i passi più salienti:

«La scheda di dimissione ospedaliera (SDO) deve essere compilata per tutti i pazienti dimessi dagli

istituti di ricovero pubblici e privati, fatte salve le esclusioni previste dal presente decreto (…).

La SDO costituisce una rappresentazione sintetica e fedele della cartella clinica, finalizzata a

consentire la raccolta sistematica, economica e di qualità controllabile delle principali

informazioni contenute nella cartella stessa.

La cartella clinica ospedaliera costituisce lo strumento informativo individuale finalizzato a

rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche rilevanti, che riguardano un singolo ricovero

ospedaliero di un paziente.

Ciascuna cartella clinica ospedaliera deve rappresentare l'intero ricovero del paziente nell'istituto

di cura; essa, conseguentemente, coincide con la storia della degenza del paziente all'interno

dell'istituto di cura. La cartella clinica ospedaliera ha, quindi, inizio al momento dell'accettazione

del paziente da parte dell'istituto di cura, segue il paziente nel suo percorso all'interno della

struttura ospedaliera ed ha termine al momento della dimissione del paziente dall'istituto di cura.

54

L'eventuale trasferimento interno del paziente da una unità operativa all'altra dello stesso istituto di

cura non deve comportare la sua dimissione e successiva riammissione. Il numero identificativo,

caratteristico di ciascuna cartella clinica e della relativa SDO, deve, pertanto, essere il medesimo

per tutta la durata del ricovero, indipendentemente dai trasferimenti interni allo stesso istituto di

cura. Fanno eccezione i casi di passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno, o viceversa, e,

fatte salve eventuali diverse disposizioni regionali, il passaggio da ricovero acuto a riabilitazione o

lungodegenza, o viceversa. In questi ultimi casi si dovrà procedere alla compilazione di una nuova

cartella clinica e di una nuova SDO.

In caso di ricovero diurno, la cartella clinica, e la corrispondente SDO, devono raccogliere la storia

e la documentazione del paziente relative all'intero ciclo di trattamento; ogni singolo accesso

giornaliero del paziente è conteggiato come giornata di degenza e la data di dimissione corrisponde

alla data dell'ultimo contatto con l'istituto di cura; la cartella clinica, e la corrispondente SDO,

relative ai ricoveri diurni, devono essere chiuse convenzionalmente alla data del 31 dicembre di

ciascun anno, salvo dar luogo a una nuova cartella, e a una nuova SDO, per i cicli di trattamento in

ricovero diurno che dovessero proseguire l'anno successivo.

Nel caso di trasferimento del paziente dal regime di ricovero diurno ad altro regime di ricovero, o

viceversa, il paziente deve essere dimesso e dovrà essere compilata una nuova cartella clinica e una

nuova SDO».

Il disciplinare tecnico indica, per ciascuna informazione prevista dall’art. 1 del d.m. in esame, la

definizione e il relativo sistema di codifica riconosciuti come standard nazionale; ai fini che qui

interessano, appare opportuno dar conto dei seguenti:

«(13) Regime di ricovero.

Il regime di ricovero distingue tra il "ricovero ordinario" ed il "ricovero diurno"; il "ricovero

diurno" si caratterizza per la presenza di tutte le seguenti condizioni: si tratta di ricovero, o ciclo di

ricoveri, programmato; è limitato ad una sola parte della giornata e non ricopre, quindi, l'intero arco

delle 24 ore dal momento del ricovero; fornisce prestazioni multiprofessionali e/o

plurispecialistiche, che per la loro intrinseca complessità o invasività o per il correlato rischio per il

paziente non possono essere eseguite in ambiente ambulatoriale.

Il codice, ad un carattere, da impiegare è il seguente:

1) ricovero ordinario; 2) ricovero diurno (day hospital). Quando si utilizza il codice 2, è necessario

riportare anche le informazioni relative alle variabili (25) (9) e (26) (10).

(9) (25) Motivo del ricovero in regime diurno. Il codice, ad un carattere, da utilizzare è il seguente: 1) ricovero diurno diagnostico (ivi compreso il follow up); 2) ricovero diurno chirurgico (day surgery); 3) ricovero diurno terapeutico; 4) ricovero diurno riabilitativo.

55

(28) Diagnosi principale di dimissione.

La definizione della diagnosi principale di dimissione è riportata al punto 4.1 del presente allegato

tecnico. La diagnosi principale di dimissione deve essere obbligatoriamente compilata per tutte le

schede di dimissione ospedaliera e correttamente codificata utilizzando i codici a cinque caratteri

riportati nella già citata Classificazione internazionale delle malattie - modificazione clinica.

(29) Diagnosi secondarie.

La definizione delle diagnosi secondarie è riportata al punto 5 del presente allegato tecnico. Fatte

salve diverse determinazioni da parte delle regioni e delle province autonome, possono essere

riportate al massimo cinque diagnosi secondarie, che devono essere correttamente codificate

utilizzando i codici a cinque caratteri riportati nella già citata Classificazione internazionale delle

malattie - modificazione clinica.

(30) Intervento chirurgico principale o parto.

La definizione di intervento chirurgico principale è riportata al punto 6 del presente allegato

tecnico.

La relativa codifica è costituita da 12 caratteri ripartiti come di seguito indicato: nei primi otto

caratteri deve essere riportata la data nella quale è stato eseguito l'intervento chirurgico, secondo la

sequenza ggmmaaaa (giorno, mese, anno); nei successivi quattro caratteri deve essere riportato il

codice dell'intervento chirurgico secondo la già citata Classificazione internazionale delle malattie -

modificazione clinica».

Il punto 2 contiene le “Regole generali per la codifica delle informazioni cliniche rilevate

attraverso la scheda di dimissione ospedaliera”.

Anche in questo caso, appare opportuno riportare sia la parte introduttiva, relativa alle

problematiche, di ordine generale, connesse alla codifica di una diagnosi, sia – per quanto attiene

specificamente alle imputazioni contestate nel presente processo, in particolare ai capi A) e B) – la

parte inerente la codifica degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche e terapeutiche.

Si legge al punto 2: «Codificare una diagnosi rappresenta una operazione difficile quando la

terminologia medica utilizzata è diversa da quella contenuta nella classificazione adoperata. La

comprensione dei termini medici e la conoscenza del sistema di codifica consentono di codificare

qualsiasi formulazione diagnostica. Nel caso in cui non si riesca a reperire la formulazione

(10)(26) Numero di giornate di presenza in ricovero diurno. Questa informazione va riportata soltanto per i ricoveri effettuati in regime diurno (codice 2 alla variabile (13) "regime di ricovero") e indica il numero complessivo di giornate in cui il paziente ha avuto contatti con la struttura di ricovero nell'arco di uno stesso ciclo assistenziale. Per i cicli di ricovero diurno che si protraggono oltre il 31 dicembre la data di dimissione corrisponde convenzionalmente al 31 dicembre di ciascun anno.

56

diagnostica nel manuale della classificazione, non bisogna concludere che nessun codice esista per

quella determinata diagnosi; si tratta di trovare i percorsi appropriati per identificarlo, a partire dalla

individuazione della diagnosi principale.

La codifica delle informazioni cliniche riportate nella SDO deve essere effettuata da personale

sanitario (medico o infermieristico) adeguatamente formato e deve, comunque, rispettare

fedelmente sia l'ordine sia il contenuto delle formulazioni riportate dal compilatore nella stessa

scheda di dimissione, fatta salva la possibilità di effettuare una revisione concordata con il medico

compilatore della SDO.

Una formulazione diagnostica è abitualmente composta da due parti: un termine principale ed uno o

più modificatori. I termini principali e i modificatori forniscono al codificatore informazioni

specifiche sulle diagnosi, le condizioni, i sintomi ed altre circostanze attinenti il ricovero.

I termini principali descrivono una malattia, un traumatismo, un problema o un sintomo, e

rappresentano le voci di accesso alla classificazione.

I modificatori (sotto-voci) sono dei termini elencati al fine di fornire al codificatore delle

informazioni aggiuntive. L'indice alfabetico li riporta, al di sotto del termine principale, in parentesi

o rientrati.

Per identificare il codice appropriato, è necessario seguire le seguenti fasi operative:

1) individuare tutti i termini principali che descrivono nella formulazione diagnostica le condizioni

del paziente;

2) utilizzare l'indice alfabetico per rintracciare ciascun termine principale individuato;

3) individuare i modificatori del termine principale;

4) analizzare attentamente le sotto-voci elencate al di sotto del termine principale;

5) analizzare le note e/o i riferimenti;

6) selezionare un codice tra quelli forniti dall'indice alfabetico;

7) verificare nell'elenco sistematico l'accuratezza di tale codice; utilizzare sempre i codici che

descrivono la diagnosi al massimo livello di specificità possibile (ossia i codici a 5 caratteri, quando

disponibili);

8) analizzare tutti i codici appartenenti alla intera categoria, per essere sicuri che il codice

selezionato rappresenti la scelta migliore;

9) esaminare attentamente ogni nota illustrativa;

10) assegnare il codice selezionato nell'elenco sistematico».

Questa la parte relativa alla diagnosi principale di dimissione e alle diagnosi secondarie.

«4. Selezione della diagnosi principale di dimissione.

57

La selezione della diagnosi principale deve essere effettuata sulla base delle circostanze che

determinano e caratterizzano il ricovero ospedaliero.

4.1. Definizione di diagnosi principale.

La diagnosi principale è la condizione, identificata alla fine del ricovero, che risulta essere la

principale responsabile del bisogno di trattamento e/o di indagini diagnostiche. Se nel corso dello

stesso ricovero si evidenzia più di una condizione con caratteristiche analoghe, deve essere

selezionata quale principale quella che è risultata essere responsabile dell'impiego maggiore di

risorse.

Salvo che le note dell'elenco sistematico o dell'indice alfabetico indichino altrimenti, quando nel

corso del ricovero non è stata formulata una diagnosi definitiva, possono essere utilizzati per la

codifica della diagnosi principale i codici relativi a segni, sintomi e condizioni mal definite riportati

nel capitolo 16 della Classificazione internazionale delle malattie - modificazione clinica (versione

italiana della versione 1997 della International Classification of Diseases - 9th revision - Clinical

Modification).

Quando il ricovero è finalizzato a trattare esclusivamente uno specifico segno o sintomo,

quest'ultimo deve essere selezionato come diagnosi principale.

I codici contenuti in parentesi nell'indice alfabetico non devono essere utilizzati come diagnosi

principale.

4.2. Codifica della diagnosi principale.

La diagnosi principale di dimissione deve essere codificata secondo la Classificazione

internazionale delle malattie - modificazione clinica (versione italiana della versione 1997 della

International Classification of Diseases - 9th revision - Clinical Modification).

Il codice utilizzato deve essere a 5 caratteri in tutti i casi per i quali la ICD-9-CM lo preveda; per i

casi in cui siano previsti soltanto 3 o 4 caratteri, riportarli allineati a sinistra.

4.3. Condizioni acute e croniche.

Quando la stessa condizione è descritta sia come acuta (o subacuta) sia come cronica e nell'indice

alfabetico sono riportati specifici codici per ciascuna di tali forme devono essere riportati entrambi

codificando come diagnosi principale la forma acuta (o subacuta), se risponde ai criteri di selezione

della diagnosi principale.

4.4. Osservazione e valutazione di condizioni sospette.

I codici compresi fra V71.0 e V71.9 devono essere utilizzati per la codifica della diagnosi principale

quando si sospetta una condizione anomala la quale, in assenza di segni o sintomi, richiede una

specifica valutazione e al termine del ricovero risulta essere non confermata.

4.5. Trattamento non eseguito.

58

La condizione che al termine del ricovero è risultata essere il motivo dello stesso deve essere

selezionata come diagnosi principale anche quando il relativo trattamento non è stato praticato per

circostanze impreviste. In tali casi, fra le diagnosi secondarie deve essere riportato il codice V64. -

(Persone che ricorrono ai servizi sanitari per interventi specifici non eseguiti). Quando un ricovero è

stato programmato per eseguire un particolare trattamento e questo non viene eseguito per

circostanze impreviste, va riportato come diagnosi principale il codice V64. - e come diagnosi

secondaria la condizione che avrebbe determinato il trattamento.

4.6. Postumi.

Se la diagnosi principale è rappresentata da un postumo il codice relativo alla natura del postumo

deve essere riportato per primo; il codice relativo alla causa del postumo stesso deve essere

riportato come diagnosi secondaria, salvo che le note dell'indice alfabetico indichino diversamente.

4.7. Ustioni multiple.

Quando le ustioni sono identificate come diagnosi principale ed esse sono multiple, riportare per

primo il codice che descrive l'ustione di maggiore gravità.

4.8. Traumi multipli.

Quando traumi multipli sono identificati come diagnosi principale, riportare per primo il codice che

descrive il trauma di maggiore gravità.

4.9. Neoplasie.

Quando il ricovero è finalizzato a trattare una neoplasia maligna, quest'ultima deve essere

selezionata come diagnosi principale salvo che il ricovero sia finalizzato prevalentemente ad

eseguire la radioterapia (V58.0) o la chemioterapia (V58.1): in tali casi la neoplasia maligna deve

essere codificata come diagnosi secondaria e la diagnosi principale deve essere codificata con i

codici V58.0 o V58.1.

Quando un paziente è ricoverato per eseguire prevalentemente la radioterapia o la chemioterapia e

nel corso del ricovero si sviluppano delle complicazioni quali nausea e vomito non controllati o

disidratazione, deve essere indicata quale diagnosi principale la radioterapia (V58.0) o la

chemioterapia (V58.1).

Quando il ricovero comporta la rimozione chirurgica di una neoplasia maligna, primitiva o

secondaria seguita da chemioterapia o radioterapia, deve essere selezionata quale diagnosi

principale la neoplasia maligna.

Quando il ricovero è finalizzato a determinare la stadiazione della neoplasia, deve essere selezionata

come diagnosi principale la neoplasia, anche se nel corso dello stesso ricovero sono eseguite la

radioterapia o la chemioterapia.

59

Qualunque estensione per contiguità o a distanza deve essere codificata come neoplasia maligna

secondaria della sede invasa; quando la neoplasia primitiva è stata asportata nel corso di un

precedente ricovero, la forma secondaria deve essere indicata come diagnosi principale; la neoplasia

pregressa deve essere segnalata utilizzando il codice V10.

Quando un paziente è ricoverato a causa di una neoplasia primitiva metastatizzata e il trattamento è

diretto soltanto alla sede secondaria, la neoplasia secondaria deve essere selezionata come diagnosi

principale anche se la forma primitiva fosse ancora presente; se, invece, il ricovero è finalizzato

prevalentemente ad eseguire la radioterapia o la chemioterapia della forma secondaria, la diagnosi

principale deve esser codificata con V58.0 o V58.1.

4.10. Avvelenamenti e intossicazioni.

Nel codificare l'avvelenamento o la reazione ad uso improprio di farmaci (esempio: errore nel

dosaggio, nella via di somministrazione, nella selezione del farmaco), il codice relativo

all'avvelenamento deve essere riportato per primo, seguito dal codice relativo alla manifestazione.

4.11. Complicazione di trattamenti chirurgici o di altri trattamenti medici.

Quando il ricovero è finalizzato al trattamento di una complicazione di un trattamento chirurgico o

di altro trattamento medico, ivi comprese le reazioni da farmaci correttamente utilizzati, il codice

relativo alla complicazione deve essere selezionato come diagnosi principale. Se la complicazione è

classificata con i codici compresi fra 996 e 999, può essere utilizzato un codice aggiuntivo per

specificare la natura della complicazione.

4.12. Complicazioni della gravidanza.

Quando una paziente è ricoverata a causa di una condizione che complica la gravidanza oppure

consegue a quest'ultima, il codice relativo alla complicazione ostetrica deve essere selezionato come

diagnosi principale. Può essere utilizzato un codice aggiuntivo per conferire maggiore specificità.

5. Diagnosi secondarie.

Le diagnosi secondarie sono quelle condizioni che coesistono al momento del ricovero o che si

sviluppano in seguito e che influenzano il trattamento ricevuto e/o la durata della degenza. Le

diagnosi correlate ad un precedente ricovero che non hanno influenza sul ricovero attuale non

devono essere segnalate. Quindi, per diagnosi secondaria deve intendersi qualunque condizione

diversa dalla diagnosi principale che influenzi l'assistenza erogata al paziente in termini di:

trattamento terapeutico, procedure diagnostiche eseguite, durata della degenza, assistenza

infermieristica, monitoraggio clinico.

La corretta individuazione delle diagnosi secondarie compete al medico responsabile dell'assistenza

del paziente nel corso del ricovero.

5.1. Codifica delle diagnosi secondarie.

60

Le diagnosi secondarie devono essere codificate secondo la Classificazione internazionale delle

malattie - modificazione clinica (versione italiana della versione 1997 della International

Classification of Diseases - 9th revision - Clinical Modification: ICD-9-CM).

Il codice utilizzato deve essere a 5 caratteri, in tutti i casi per i quali la ICD-9-CM lo preveda; per i

casi in cui siano previste soltanto 3 o 4 caratteri, riportarli allineati a sinistra.

Nel caso in cui nella cartella clinica siano riportate, oltre a quella principale, più di cinque forme

morbose, che rispondano ai criteri qui riportati di identificazione delle diagnosi secondarie, devono

essere selezionate e codificate quelle che a giudizio del medico che ha formulato la diagnosi

possono aver esercitato il maggior peso in relazione alle necessità assistenziali ed alla complessità

del trattamento ricevuto dal paziente.

Tra le diagnosi secondarie devono essere obbligatoriamente riportate le infezioni insorte nel corso

del ricovero.

5.2. Condizioni pregresse.

Le condizioni cliniche risolte e le diagnosi correlate a precedenti ricoveri che non abbiano influenza

sul ricovero attuale non devono essere riportate e codificate. I codici anamnestici (V10-V19)

possono essere utilizzati per codificare le diagnosi secondarie solo se l'anamnesi personale o

familiare influenza il trattamento erogato nel corso del ricovero.

5.3. Condizioni che costituiscono una componente integrale della malattia principale.

Le condizioni che costituiscono una componente integrale della malattia principale non devono

essere riportate e codificate come diagnosi secondarie.

5.4. Condizioni che non costituiscono una componente integrale della malattia principale.

Le condizioni che non sono ordinariamente associate alla diagnosi principale, se presenti, devono

essere riportate e codificate solo se influenzano il trattamento erogato nel corso del ricovero.

5.5. Risultati anomali.

I risultati anomali di test di laboratorio e di altre procedure diagnostiche non devono essere riportati

e codificati a meno che non abbiano una particolare rilevanza clinica»

Questa la parte relativa alla codifica degli interventi chirurgici:

«6. Selezione e codifica degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche e

terapeutiche.

L'intervento chirurgico principale indica la procedura chirurgica effettuata nel corso del ricovero.

Per l'intervento chirurgico principale indicare:

nei primi otto caratteri, la data nella quale è stato eseguito, da riportare secondo l'ordine:

ggmmaaaa;

61

nei successivi quattro caratteri: il codice corrispondente all'intervento chirurgico, secondo la

Classificazione internazionale delle malattie - modificazione clinica (versione italiana della

versione 1997 della International Classification of Diseases - 9th revision - Clinical Modification).

Individuare il codice al livello di specificità più elevato consentito dalla classificazione utilizzando

ove possibile tutti i quattro caratteri; nei casi in cui si usino meno di quattro caratteri, allineare i

caratteri a sinistra.

Riportare gli altri interventi chirurgici eventualmente effettuati nel corso dello stesso ricovero,

nonché le procedure diagnostiche e terapeutiche più importanti fra quelle cui è stato sottoposto il

paziente.

Per ciascuna procedura indicare il codice corrispondente all'intervento chirurgico o alla procedura

diagnostica o terapeutica, secondo la classificazione internazionale delle malattie - modificazione

clinica (versione italiana della versione 1997 della International Classification of Diseases - 9th

revision - Clinical Modification: ICD-9-CM); riportare il codice più specifico utilizzando, in tutti i

casi in cui è possibile, un codice a quattro caratteri; negli altri casi allineare i caratteri a sinistra.

Se nel corso dello stesso ricovero sono stati effettuati più interventi e/o procedure, devono essere

utilizzati i seguenti criteri per la scelta della sequenza corretta:

1) in presenza di più interventi chirurgici, selezionare e codificare come principale quello

maggiormente correlato alla diagnosi principale di dimissione e, comunque, quello che ha

comportato il maggior peso assistenziale ed il maggior consumo di risorse (uso di sala operatoria,

medico anestesista, èquipe operatoria, ecc.);

2) nel caso in cui siano segnalati sia interventi chirurgici sia procedure, codificare sempre prima gli

interventi chirurgici;

3) quando nella cartella clinica vengano indicati interventi e/o procedure in numero superiore ai sei

previsti dalla struttura della S.D.O., la scelta delle priorità delle segnalazioni è lasciata al medico

che compila la scheda di dimissione, tenendo comunque conto del seguente ordine decrescente di

priorità: interventi chirurgici a cielo aperto; interventi per via endoscopica e/o laparoscopica; le

seguenti procedure che determinano l'attribuzione a specifici raggruppamenti diagnostici (D.R.G.)»;

segue poi un elenco di interventi con il relativo codice di codifica.

La normativa regionale ha sostanzialmente recepito e chiarito la normativa nazionale sopra esposta.

Ad esempio, l’allegato 10, in tema di “Piano dei controlli, banca dati assistito, qualità e

appropriatezza”, della deliberazione Regione Lombardia 13.12.2006 n. 8/3776 contiene una parte

relativa alla cartella clinica, che così recita: «L'importanza della corretta compilazione della cartella

clinica è stata ribadita da tempo eppure numerosi processi civili e penali nonché procedimenti

62

deontologici denotano la difficoltà dei medici ad utilizzare in modo adatto gli strumenti che

raccolgono e trasmettono informazioni. In questo caso poi, non si tratta di tutelare un importante

diritto dei pazienti. Il miglioramento della qualità della compilazione della cartella clinica

rappresenta un importante obiettivo da perseguire nel corso del 2007. A tal fine proseguiranno le

attività del Gruppo di Lavoro composto oltre che dalla componente clinica anche da esperti del

settore penale e civile e dai rappresentanti dei pazienti, con il compito di rivedere le linee guida e

verificare la corretta applicazione delle stesse. Il gruppo di lavoro dovrà completare la propria

attività entro il 30 giugno 2007 in modo da formalizzare le linee di indirizzo».

Ancora, il documento elaborato dalla cabina di regia del nuovo sistema informativo sanitario nella

seduta del 9 luglio 2008, fornisce, come recita il titolo, "Indicazioni per la compilazione e codifica

delle informazioni anagrafiche ed amministrative contenute nel tracciato nazionale della scheda di

dimissione ospedaliera (SDO)" per «per integrare alcuni aspetti non adeguatamente trattati nella

normativa di riferimento».

In particolare, «fermo restando quanto stabilito dal decreto ministeriale del 27 ottobre 2000, n. 380

"Regolamento recante l'aggiornamento della disciplina del flusso informativo sui dimessi dagli

istituti di ricovero pubblici e privati", nonché dalle istruzioni contenute nell'allegato disciplinare

tecnico, le indicazioni qui fornite investono prevalentemente i campi anagrafici ed amministrativi

del tracciato SDO, omettendo approfondimenti sulle informazioni cliniche, quali diagnosi ed

interventi chirurgici/procedure, che saranno oggetto di specifiche linee guida e per le quali sono

tuttora vigenti le regole stabilite dal D.M. n. 380/00 e dalle linee guida nazionali approvate con

l'Accordo Stato-Regioni del 6 giugno 2002».

La recente circolare regionale 12/05/2009 n. 11 contiene ulteriori precisazioni in tema di cartella

clinica; in particolare, si legge: «Con l’approvazione del manuale della cartella clinica – II edizione

2007, Regione Lombardia ha espresso un chiaro indirizzo in merito agli standard qualitativi di

riferimento per la compilazione della cartella clinica, avendo anche a riferimento gli standard

relativi alla cartella clinica identificati da JCI.

Proprio richiamando il predetto manuale, in allegato 3, sono riproposti gli elementi essenziali

affinché la cartella clinica assolva le proprie funzioni:

1. fornire una base informativa per decisioni clinico-assistenziali appropriate e garantire

continuità assistenziale;

2. tracciare le attività svolte;

3. facilitare l’integrazione operativa di diversi professionisti;

63

4. costituire una fonte di dati per esigenze amministrative, gestionali, legali.

Risulta, infine, evidente come una cartella clinica completa in ogni sua parte costituisca anche

condizione necessaria per poter porre a carico del Servizio Sanitario Regionale l’episodio di

ricovero ivi documentato.

Premesse queste finalità, già condivise anche con gli erogatori, si precisa che l’episodica assenza di

qualche elemento, non dirimente rispetto alla chiara descrizione del percorso di cura effettuato, non

debba costituire condizione per la non rimborsabilità del ricovero. Pertanto si prevede una soglia di

non osservanza legata alla casualità dell’errore che, tuttavia, non può superare il 5% degli elementi

essenziali. Si precisa inoltre che la compilazione del diario medico deve essere contestualizzata

all’interno dei requisiti organizzativi specifici di autorizzazione e accreditamento. Se la presenza del

medico è prevista obbligatoriamente dal lunedì al venerdì in relazione ad una prevista fascia oraria,

l’obbligatorietà di compilazione del diario medico è valida per le medesime giornate. Nel corso

delle altre giornate, essendo l’assistenza garantita in forma di guardia/reperibilità, il diario medico

viene compilato solo se si effettuano attività sul paziente. Si ribadisce, invece, la necessità della

compilazione giornaliera del diario infermieristico e, se del caso, del terapista della riabilitazione, in

conformità a quanto previsto per l’assolvimento dei requisiti organizzativi specifici di

autorizzazione e accreditamento».

Per completare il quadro del panorama normativo, da ultimo viene in rilievo l’art. 26 del codice di

deontologia medica, approvato in data 16.12.2006, che riproduce la medesima formulazione del

previgente art. 23 codice di deontologia medica, approvato in data 2 ottobre 1998: «La cartella

clinica deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della

buona pratica clinica e contenere, oltre a ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e

al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate».

Ora, dalla (scarna) normativa di cui si è dato conto, emerge che la cartella clinica riveste una finalità

prettamente clinica, in quanto, come si è visto, «costituisce lo strumento informativo individuale

finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche rilevanti, che riguardano un

singolo ricovero ospedaliero di un paziente».

La cartella clinica deve perciò documentare le condizioni di salute del paziente e le scelte

diagnostico-terapeutiche operate, in modo da tutelare i diritti del cittadino e di sindacare la

correttezza degli interventi del medico.

64

Non emerge, dalla legislazione vigente, un obbligo giuridico, la cui violazione può fondare una

responsabilità ex art. 40 cpv. c.p., tale per cui l’attività diagnostica deve trovare giustificazione nella

documentazione in essa allegata, tanto più in relazione ai profili prettamente amministrativi.

3.4.2. L’analisi della giurisprudenza.

Quanto alla natura giuridica della cartella clinica e della s.d.o. valgano le osservazioni che seguono.

La prevalente giurisprudenza di legittimità, elaborata in sede penale – peraltro in relazione

all’ipotesi di cui all’art. 476 c.p. – riconosce alla cartella clinica natura di atto pubblico tout court.

In proposito, si veda:

• Cass., Sez. V, 21.2.1983, Pozzan, in C.E.D. Cass., n. 161097: «La cartella clinica, della cui

regolare compilazione è responsabile il primario, adempie la funzione di diario del decorso

della malattia e di altri fatti clinici rilevanti. Attesa la sua funzione di diario, i fatti devono

essere annotati contestualmente al loro verificarsi. Ne consegue che l'annotazione postuma

di un fatto clinico rilevante integra il reato di falso materiale in atto pubblico di cui all'art.

476 c.p.».

• Cass., Sez. V, 20.1.1987, Cristini, ivi, n. 175430: «La cartella clinica adempie la funzione di

diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti per cui gli eventi devono

essere annotati contestualmente al loro verificarsi. Pertanto la cartella clinica acquista il

carattere di definitività in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla disponibilità

del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata. Ne

consegue che (all'infuori della correzione di meri errori materiali) le modifiche e le aggiunte

integrano un falso punibile, anche se il soggetto abbia agito per ristabilire la verità, perché

violano le garanzie di certezza accordate agli atti pubblici».

• Cass., Sez. V, 26.11.1997, p.m. in c. Noce ed altro, ivi, n. 209682: «la cartella clinica redatta

da un medico di un ospedale pubblico è caratterizzata dalla produttività di effetti incidenti su

situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché dalla documentazione di

attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità: trattasi di atto pubblico

che esplica la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti,

sicché i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi. Ne deriva che tutte

le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsità in atto pubblico,

punibili in quanto tali; né rileva l'intento che muove l'agente, atteso che le fattispecie

65

delineate in materia dal vigente codice sono connotate dal dolo generico e non dal dolo

specifico».

• Cass., Sez. V, 17.2.2004, Castaldo, ivi, n. 228024: «La cartella clinica, della cui regolare

compilazione è responsabile il primario, adempie alla funzione di diario della malattia e di

altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro

verificarsi, uscendo al tempo stesso dalla disponibilità del suo autore ed acquistando

carattere di definitività, per cui tutte le successive modifiche, aggiunte, alterazioni e

cancellazioni integrano falsità in atto pubblico».

• Cass., Sez. V, 11.7.2005, Pasquali, ivi, n. 232567: «integra il reato di falsità materiale

commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.) la condotta del medico

ospedaliero che altera, mediante cancellazione con correttore e riscrittura, la cartella clinica

in alcune parti formate ad opera di soggetti diversi, considerato che detta cartella acquista

carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di

disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata

e che le modifiche o aggiunte in un atto pubblico, dopo che è stato definitivamente formato,

integrano un falso punibile ancorchè il soggetto abbia agito per ristabilire la verità effettuale,

salvo che esse si risolvano in mere correzioni di errori materiali».

Le medesime conclusioni sono state (ovviamente) affermate anche nel caso di cartella clinica

redatta da medico dipendente di una clinica convenzionata con il Servizio sanitario nazionale

(Cass., Sez. V, 23 marzo 2004, Magli, ivi, n. 228868; Cass., Sez. V, 5, 21 agosto 1981, Nanni, ivi,

n. 147987), sul presupposto, affermato dalla Sezioni Unite, che anche in tal caso il medico, in virtù

di un rapporto di natura privatistica, è un pubblico ufficiale, in quanto partecipe delle pubbliche

funzioni che l'U.S.L. svolge per il tramite della struttura privata mediante la convenzione e agisce

così per la pubblica amministrazione, concorrendo a formare ed a manifestarne la volontà in materia

di pubblica assistenza sanitaria, nonché esercitando in sua vece poteri autoritativi nonché poteri

certificativi (Cass. Sez. Un., 27.3.1992, Delogu e altro, ivi, n. 191174).

Vi è peraltro da segnalare un orientamento difforme, allo stato minoritario, secondo cui «la cartella

clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica ha natura di atto pubblico munito di

fede privilegiata con riferimento alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi

66

attestati come avvenuti in sua presenza» (Cass., Sez. V, 16.4.2009, P., ivi, n. 244907; Cass., Sez. V,

24.10.1980, Saccone, ivi, n. 147370).

Tale orientamento si uniforma all’approdo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità in sede

civile, secondo cui le attestazioni contenute in una cartella clinica sono riferibili ad una

certificazione amministrativa per quanto attiene alle attività espletate nel corso di una terapia o di

un intervento, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di

opinione in essa contenute non hanno alcun valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi

di prova (Cass., Sez. III, 12.52003, n. 7201, Arnaboldi c. Azienda ospedaliera S. Anna di Como, in

C.E.D. Cass., n. 562887; Cass., Sez. III, 27.9.1999, Contento ed altri c. Asl Br/1, ivi, n. 530296, la

quale ha precisato che le attestazioni della cartella clinica, ancorché riguardante fatti avvenuti alla

presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti - e non la valutazione dei suddetti fatti-

non costituisce prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale

nessuno può precostituire prova a favore di se stesso; Cass., Sez. III, 18.9.1980, Castalsangi c.

Pintoni, ivi, n. 409152, la quale ha chiarito che l'efficacia probatoria privilegiata è limitata - oltre

che alla provenienza del documento, alle dichiarazioni delle parti ed ai fatti che il pubblico ufficiale

attesta avvenuti in sua presenza- agli altri fatti che lo stesso attesti da lui compiuti, sicché l’attività

diagnostica non è assistita da fede privilegiata).

In due recenti decisioni, la Cassazione (penale) si è inoltre occupata della qualificazione giuridica

della s.d.o. affermando, in ambito cautelare, che «integra il reato di falso ideologico la compilazione

con indicazioni non veritiere di una scheda di dimissione ospedaliera (S.D.O.), che ha natura di atto

pubblico, coerente con il suo inserimento in cartella clinica oltre che con la sua valenza non

meramente ricognitiva, ma di attestazione degli elementi necessari per la richiesta di rimborso (con

attribuzione dei relativi codici), nonché funzionale alla corretta applicazione dei D.R.G. ("Diagnosis

Related Group"), termine con il quale si indica una categoria di pazienti ospedalieri definita per

caratteristiche cliniche analoghe, che richiedono per il loro trattamento quantità omogenee di risorse

ospedaliere» (Cass., Sez. Fer., 2.9.2008, Regolo, ivi, n. 242103; in senso conforme Cass., Sez. Fer.,

4.9.2008, in Dir. giust. 2008).

La Cassazione ha puntualmente ricostruito il quadro normativo, affermando, come si legge nella

motivazione, che «l'identificazione delle informazioni da rilevare attraverso la scheda di dimissione

ospedaliera (SDO) e le relative modalità di compilazione e codifica sono state disciplinate prima dal

D.M. 28 dicembre 1991 che ha istituito la SDO, poi dal D.M. 26 luglio 1993 e, a far data dal 1

gennaio 2001, dal D.M. 27 ottobre 2000 n. 380 al quale è allegato un disciplinare tecnico (Istruzioni

67

per la compilazione e la codifica delle informazioni riportate nella scheda di dimissione ospedaliera

e per il corretto utilizzo della classificazione)».

Dopo aver evidenziato le informazioni necessarie per assegnare ciascun paziente ad uno specifico

D.R.G. (ossia: la diagnosi principale di dimissione, tutte le diagnosi secondarie, tutti gli interventi

chirurgici e le principali procedure diagnostiche e terapeutiche, l'età e il sesso del paziente e la

modalità di dimissione), la Cassazione ha affermato che «la corretta compilazione della SDO e la

codifica delle informazioni sanitarie in osservanza delle istruzioni riportate nel disciplinare tecnico -

operazioni che sono specificamente demandate al medico responsabile della dimissione individuato

dal responsabile dell'unità operativa dalla quale il paziente è dimesso (D.M. 380 del 2000, art. 2,

comma 3)- ben possa configurarsi come un parere squisitamente tecnico che tuttavia, essendo

formulato da soggetti cui la legge riconosce una determinata perizia (e, in particolare, per la SDO è

richiesta dal D.M. 380 del 2000 anche una specifica formazione) ed essendo ancorato ai parametri

valutativi dettagliatamente predeterminati nel D.M. 380 del 2000, sia destinato a rappresentare la

realtà al pari di una descrizione o di una constatazione».

La Corte ha perciò ritenuto configurabile il delitto di falso ideologico ex art. 479 c.p. in relazione

alla singole cartelle cliniche, comprensive delle relative SDO (e non solo le SDO).

Come ha sottolineato la Cassazione, «la qualificazione della SDO come atto pubblico e della

condotta contestata come falsità ideologica ex art. 479 c.p. appare pertanto coerente non solo con

l'inserimento nella cartella clinica che è indubitabilmente atto pubblico, ma anche con il valore di

attestazione (proveniente nel caso in esame da un medico dipendente di una struttura sanitaria

convenzionata, che riveste la qualifica di pubblico ufficiale) sugli elementi necessari per la richiesta

di rimborso (diagnosi principale che ha determinato il ricovero; natura e "appropriatezza" delle

prestazioni effettuate) e sull'attribuzione dei relativi codici, la cui elaborazione da parte della

direzione sanitaria consente l'individuazione del D.R.G. di riferimento e quindi il rimborso da parte

del Servizio sanitario nazionale. Le attestazioni contenute nella SDO contengono pertanto non solo

una parte ricognitiva rispetto ai dati annotati nel diario clinico, ma anche una parte che è funzionale

alla corretta applicazione dei D.R.G. (l'individuazione e la codifica della diagnosi principale e delle

prestazioni "appropriate" che sono state erogate) e che si traduce in una dichiarazione originaria del

pubblico ufficiale il quale procede direttamente all'identificazione dei dati clinici rilevanti e alla

relativa codifica sulla base di regole rigidamente preordinate nel disciplinare allegato al D.M. 380

del 2000. Tale dichiarazione è dotata di un'autonoma efficacia giuridica, essendo preordinata al

riconoscimento in capo al titolare della convenzione del diritto al pagamento delle prestazioni

documentate e al conseguente obbligo di rimborso per la pubblica amministrazione. Sotto questo

profilo va esclusa la ricorrenza delle meno gravi ipotesi di reato previste dagli artt. 480 e 481 c.p., in

68

quanto la condotta ascritta all'indagato implica un'autonoma valutazione (vincolata all'applicazione

di regole predeterminate) e non si esaurisce nella mera riproduzione di attestazioni già

documentate».

3.4.3. Conclusioni.

Dalla disamina della giurisprudenza possono trarsi le seguenti conclusioni.

In primo luogo, pare eccessivo affermare che la cartella clinica sia atto pubblico tout court.

Come si è visto, le modalità di redazione della cartella clinica non sono in alcun modo

regolamentate, né per quanto attiene agli elementi indispensabili a conferirle una valida

completezza formale, né per quanto concerne l’individuazione del soggetto che ha titolo a

compilarla materialmente.

Al di là del generico richiamo alla "regolare tenuta", compito che l’art. 7 d.P.R. 128 del 1969

assegna al primario, la cartella clinica è compilata non solo da medici in servizio ospedaliero, ma

anche da medici tirocinanti, personale con diploma universitario, personale infermieristico

professionale e generico.

Essendo dunque la cartella formata in momenti assistenziali diversi, e per di più da operatori con

ruoli professionali, cultura e competenze assai differenti, né essendovi alcun obbligo normativo di

un'individuale sottoscrizione delle annotazioni apportate da parte di costoro, non è dato ravvisare i

requisiti formali e sostanziali che, ai sensi degli artt. 2699 (11) e 2700 (12) c.c., l'atto pubblico deve

possedere.

Inoltre nella cartella clinica confluiscono non solo fatti, la cui sussistenza viene certificata dal

pubblico ufficiale, ma anche giudizi, come l’attività diagnostica.

Appare perciò maggiormente aderente al dato letterale, espresso dagli artt. 2699 e 2700 c.c.,

l’indirizzo che limita la natura di atto pubblico a quelle parti della cartella clinica che attestano fatti

avvenuti alla presenza del medico, e alla provenienza della cartella medesima.

In secondo luogo – ed è ciò che rileva maggiormente in relazione alle imputazioni contestate nel

presente processo - deve riconoscersi natura di atto pubblico alla s.d.o.; in questo caso, infatti, a

differenza della cartella clinica, il legislatore ha previsto una forma tassativa, individuando

l’operatore sanitario il soggetto responsabile della compilazione, ed ha dettato, in maniera specifica

e puntuale, il relativo contenuto.

(11) Art. 2699 - Atto pubblico. “L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato”. (12) Art. 2700 - Efficacia dell'atto pubblico. – “L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.

69

La s.d.o. pertanto, è un atto che possiede quei requisiti di forma e di contenuto di cui è del tutto

priva la cartella clinica.

In terzo luogo, come affermato anche dalla Cassazione nelle due decisioni del 2008 proprio in

relazione a vicende analoghe a quelle oggetto del presente processo, la truffa in tanto può

prefigurarsi in quanto siano false le indicazioni contenute nella s.d.o., che incidono sulla

determinazione del D.R.G., come i codici di intervento; pertanto, in assenza di un falso nella s.d.o.,

che costituisce l’artificio con cui si induce in errore l’ente pubblico che eroga il rimborso, la truffa

non è configurabile.

3.5. L’insussistenza degli artifici e dei raggiri.

A fronte del quadro probatorio di cui si è dato conto, ossia l’esito della consulenza in relazione alla

quale ha deposto il dott. Merlino (par. 3.1) e le dichiarazioni del prof. Augusti (par. 3.2), e tenuto

conto sia dello stato della legislazione (par. 3.4.1), sia dell’elaborazione giurisprudenziale in tema di

cartella clinica e s.d.o. (par. 3.4.2), ritiene il tribunale che non sia ravvisabile il delitto di truffa, non

essendo configurabili gli artifici e i raggiri, per una serie di plurimi motivi concorrenti, di seguito

illustrati (alcuni dei quali, lo si anticipa, si estendono anche altre ipotesi di truffa di cui ai capi B e

C).

1) In primo luogo, in relazione alle cartelle cliniche contestate relative agli anni 2001, 2002 e 2003,

deve mettersi in luce che non è dato comprendere chi sia stato l’autore materiale del falso nella

cartella clinica e/o nella s.d.o., ciò che costituisce – lo si è detto più volte - conditio sine qua non per

la configurabilità della truffa.

Riprendendo considerazioni sopra sviluppate, deve sottolinearsi che la truffa si configura in tanto in

quanto nella s.d.o. è stato indicato un dato falso, che, ovviamente, può essere realizzato solamente

dal chirurgo operatore e dal responsabile dell’unità chirurgica, ai sensi degli artt. 2 d.m. 28.12.1991

e 1, comma 3, d.m. 27.10.2000, n. 3803 (13).

(13) Per comodità di lettura, si ripropone il testo delle due norme: art. 2: “la scheda di dimissione ospedaliera deve recare la firma del medico curante, nonchè quella del responsabile di divisione, il quale assume la responsabilità della regolare compilazione della stessa, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 128/1969.” Art. 1, comma 3: “la responsabilità della corretta compilazione della scheda di dimissione, in osservanza delle istruzioni riportate nell'allegato disciplinare tecnico, compete al medico responsabile della dimissione, individuato dal responsabile dell'unità operativa dalla quale il paziente è dimesso; la scheda di dimissione reca la firma dello stesso medico responsabile della dimissione. La codifica delle informazioni sanitarie riportate nella scheda di dimissione ospedaliera è effettuata dallo stesso medico responsabile della dimissione di cui al presente comma ovvero da altro personale sanitario, individuato dal direttore sanitario dell'istituto di cura. In entrambi i casi, il personale che effettua la codifica deve essere opportunamente formato ed addestrato”.

70

Nel caso di specie, come emerge dall’imputazione e come ha ribadito il p.m. all’udienza del

7.5.2009 (14), la contestazione al dott. Zampori si riferisce al (solo) periodo in cui egli assunse la

qualifica di direttore dell’unità chirurgica, e quindi a partire dall’1.1.2004 (15), con esclusione del

periodo precedente relativo agli anni 2001, 2002 e 2003, quando egli era sì presente presso la casa

di cura San Carlo come chirurgo ma il responsabile dell’unità chirurgica – il quale sottoscrive la

s.d.o. - era il prof. Augusti.

Orbene, seguendo quest’impostazione, non è dato comprendere chi abbia realizzato le asserite

falsità relativamente al periodo 2001-2003, posto che da un lato, non sono contestate a Zampori

(proprio perché non era responsabile dell’unità chirurgica), dall’altro il p.m. ha ritenuto l’estraneità

di Augusti, il quale, come responsabile dell’unità chirurgica, sottoscrisse tutte le s.d.o. di quel

periodo.

Posto che gli altri coimputati, per le cariche da costoro ricoperte - di natura amministrativa e/o

gestionale - non potevano affatto compilare le s.d.o. , non è dato comprendere a chi debba imputarsi

il falso nella s.d.o., che costituirebbe l’artificio o il raggiro per ottenere rimborsi non dovuti da parte

dell’ente pubblico.

Insomma: o Augusti era coinvolto nelle presunte truffe (ma non si spiegherebbe la sua condotta

successiva, ossia l’aver denunciato ai N.a.s. presunte irregolarità, prova ne è che il p.m. non ha mai

proceduto nei suoi confronti per qualsivoglia ipotesi di reato), oppure non lo era; ma, se così è, deve

concludersi che, con riguardo agli anni 2001, 2002 e 2003 ha, quantomeno, avallato una prassi

costellata da errori, che è stata poi seguita dal suo successore, ossia Zampori, argomento su cui si

tornerà in seguito.

2) Vi è un poi argomento che riveste carattere generale e che, come si vedrà, si estende a tutte le

ipotesi di truffa contestate nel presente processo, argomento che concerne un errore metodologico

dell’impianto accusatorio.

Recependo l’impostazione seguita dal consulente, dott. Luca Merlino, di cui sopra si è dato

ampiamente conto («tutto ciò che non è riportato in cartella non esiste»), la pubblica accusa ha

ritenuto di desumere l’asserita falsità delle indicazioni contenute nella s.d.o. e nella cartella clinica

sulla base di un’argomentazione che si lascia così riassumere: poiché nella cartella clinica non vi

(14) “La contestazione a Zampori è soltanto dal 1° gennaio 2004” (p. 143 delle trascrizioni). Ancora: “Sì, è stato fatto un discorso, mi sembrava chiaro ma è sempre difficile fare i capi di imputazione di truffa. C’è un’attività che riguarda molti anni, che riguarda la famiglia principalmente, e pro tempore anche determinati soggetti. Poi il dottor Zampori operava anche prima, ma non avendo una qualità che gli imponesse di firmare le S.D.O. etc. non l’ho contestata. È chiaro che le operazioni, ma una parte, le ha fatte Augusti. Il Pubblico Ministero precisa che la contestazione è a far tempo dall’01.01.2004” (p. 144). (15) Il contratto tra Zampori e la società Eukos porta la data del 2.1.2004.

71

sono evidenze che dimostrano la necessità del ricovero (ovvero, con riguardo alle altre imputazioni,

la correttezza del codice identificativo dell’intervento), ergo la cartella è falsa.

Si tratta di un ragionamento che, seppur corretto in ambito amministrativo – e, non a caso, il dott.

Luca Merlino si occupa della correttezza dei metodi di codifica dal punto di vista prettamente

amministrativo - sul terreno penale prova troppo in quanto, in ultima analisi, aggira l’onere della

prova.

In altri termini, l’assenza, nella cartella clinica, di evidenze che giustificano la correttezza di

codifica dell’intervento chirurgico praticato al paziente, se da un lato può ben legittimare

l’attivazione di rimedi propri del diritto civile e del diritto amministrativo, dall’altro, in ambito

penale, non costituisce, di per sé, la prova della falsità della patologia indicata ovvero della non

appropriatezza della modalità di cura.

Del resto, come si è visto, la normativa sulla cartella clinica non prevede che il medico debba

fornire le evidenze in relazione alla valutazione sul piano amministrativo del proprio operato.

In altri termini, la prospettiva seguita dal consulente – e fatta propria dal titolare della pubblica

accusa (e cioè: «i fatti non documentati nella cartella non esistono e quindi sono falsi»)

integrerebbe, a ben vedere, un’ipotesi di falso per omissione, che potrebbe astrattamente

configurarsi solo in presenza di una norma giuridica che prevedesse un obbligo del genere, ossia

l’obbligo di documentare i fatti descritti nella cartella ai fini amministrativi, ma, come detto, una

norma del genere non esiste allo stato della legislazione vigente.

Tali considerazioni assumono poi una particolare pregnanza se si considera che nessuno dei pazienti

è stato visitato, in quanto la verifica operata dai consulenti - come da costoro ammesso - si è svolta

unicamente analizzando le cartelle cliniche, modalità tipica dei controlli di tipo amministrativo (16).

Solo la visita dei pazienti avrebbe potuto consentire di raggiungere l’eventuale prova circa la falsità

degli elementi indicati nella cartella clinica, ossia, ad esempio, che per le asportazioni di cisti e

lipomi il ricovero non era necessario ovvero che le complicanze degli interventi di ernia inguinale

erano del tutto assenti.

Insomma: l’assenza di evidenze nella cartella clinica che confermino la correttezza dell’intervento

(e quindi del relativo codice, che incide sul calcolo del D.R.G.) non costituisce, di per sé solo, prova

della falsità del dato indicato nella s.d.o.

(16) Nel corso dell’istruttoria sono stati escussi solamente Bianchi Maria Rosa (p. 109 ss.), la quale ha confermato di aver subito, in data 7 settembre 2005, un piccolo intervento chirurgico all’alluce del piede sinistro, precisando che, quando venne ricoverata, le fu assegnata una camera, dove venne riaccompagnata dopo l’intervento; D’Onofrio Angelo Santo (p. 113 ss.), il quale ha confermato di essere stato operato al primo dito della mano destra; Federico Giunti, che pure subì, in data 23 febbraio 2005, un piccolo intervento chirurgico per alcune cisti; anche in tal caso, il teste ha dichiarato che gli venne assegnata una stanzetta, dove fu riaccompagnato dopo l’intervento, in attesa che finisse l’effetto dell’anestesia.

72

In casi del genere si è in presenza di una cartella lacunosa e mal redatta (e ciò rileva indubbiamente

ai fini civili e amministrativi) ma non anche falsa.

Detto altrimenti: la prova della falsità dei dati indicati nella s.d.o. non può essere automaticamente

desunta da eventuali carenze descrittive nella cartella clinica.

Si tratta di un argomento tranciante, che vale anche in relazione agli altri addebiti di truffa contestati

sia a Zampori, sia a Campiglio.

3) Va poi evidenziato che Zampori ha comunque fornito delle spiegazioni plausibili circa il proprio

operato: egli non effettuava interventi di piccola chirurgia in ambulatorio perché riteneva

insufficienti i requisiti di sicurezza.

Una valutazione del genere cade nell’ambito della discrezionalità medica, che, ovviamente,

compete al medico, e che può essere certo sindacata ma solo in presenza di sicuri elementi di segno

contrario che, nella specie, non è dato ravvisare.

In relazione poi a cisti e lipomi, valgono ulteriori considerazioni.

1) Un prima argomentazione (che pure ha carattere dirimente) si riferisce alla descrizione del fatto:

nella s.d.o. è indicato, in maniera veritiera, che quegli interventi sono stati effettuati con la

modalità ricovero, non essendo affatto in discussione la circostanza che il paziente sia stato

ricoverato; anzi, proprio la verità di questa circostanza ha fatto scattare l’addebito di “non

appropriatezza” dell’erogazione della prestazione.

A ben vedere, quindi, si contesta non già “la falsa rappresentazione della patologia”, come indicato

nell’imputazione, ma la circostanza che sarebbe stato più appropriato, per l’esecuzione di interventi

di quel genere, la modalità ambulatoriale; in altri termini, la contestazione concerne la modalità di

erogazione del servizio.

In tal caso, quindi, manca qualsivoglia falsità nella s.d.o., che costituisce presupposto per la

sussistenza della truffa.

A ben vedere, l’eventuale artificio consisterebbe non nella falsa indicazione dell’intervento

effettuato (asportazione di cisti e lipomi), ma nel fatto che il medico chirurgo, ossia Zampori, abbia

indicato al medico di base, che predispone l’impegnativa, la necessità di ricovero per operazioni

che, invece, avrebbero dovuto essere effettuate in regime ambulatoriale.

La richiesta di ricovero, come si è detto, è predisposta dal medico di base, previa indicazione, di

regola, dello specialista (che, si badi, non sottoscrive l’“impegnativa”), il quale ha preventivamente

visitato il paziente; ma una prova del genere non è stata affatto fornita.

73

2) Infine, va sottolineata l’importanza della deliberazione della giunta regionale n. 8/2645 del

31.5.2006, recante “precisazioni in tema di appropriatezza di codifica e di erogazione delle

prestazioni sanitarie”, pubblicata nel Bollettino ufficiale Regine Lombardia, serie editoriale

ordinaria, del 12 giugno 2006, a p. 1885-1887.

In particolare, nell’allegato tecnico sono riportate le “indicazioni per eventuali interventi chirurgici”

che così recitano: «Fatti salvi eventuali accordi stipulati in ottemperanza all’articolo 4 dello schema

tipo di contratto sottoscritto tra ASL ed erogatori, si ritiene di dare indicazioni riguardo la codifica

di prestazioni di lesioni cutanee.

Di norma tali prestazioni devono essere erogate in regime ambulatoriale utilizzando i codici:

86.3.1 Asportazione o demolizione locale di lesione o tessuto cutaneo e sottocutaneo, mediante

crioterapia con azoto liquido

86.3.2 Asportazione o demolizione locale di lesione o tessuto cutaneo e sottocutaneo, mediante

crioterapia con neve carbonica o protossido di azoto

86.3.3 Asportazione o demolizione locale di lesione o tessuto cutaneo e sottocutaneo, mediante

cauterizzazione o folgorazione

86.4 Asportazione radicale di lesione della cute. Asportazione larga di incisione della cute

coinvolgente le strutture sottostanti o adiacenti.

Possono di norma essere erogate in regime di day surgery nei casi in cui si tratti di:

1. lesioni del distretto del capo-collo escluso area orbitale

• lesioni con franca diagnosi benigna, con estensione >= di cm 2

• lesioni con sospetto o caratteristiche di patologia maligna, con estensione di >= cm 1

2. lesioni di altre sedi:

• lesioni con franca diagnosi benigna, con estensione >= di cm 5

• lesioni con sospetto o caratteristiche di patologia maligna, con estensione di >= cm 2

I codici di intervento da utilizzare sono: 863 “Altra asportazione o demolizione locale di lesione o

tessuto cutaneo e sottocutaneo” e 864 “Asportazione radicale di lesione della cute”.

Si ricorda che il codice 864 può essere solo nei casi di asportazione e/o escissione radicale “alla

fascia”; tale informazione deve emergere chiaramente da quanto riportato nella descrizione

dell’intervento chirurgico conservata in cartella clinica».

Orbene, la circostanza che la giunta regionale nel 2006 abbia adottato una delibera che precisasse la

codifica nel caso di prestazioni di lesioni cutanee – a seconda, quindi, che l’intervento fosse

effettuato in regime ambulatoriale ovvero di ricovero a seconda dall’ubicazione, delle caratteristiche

e della lunghezza delle lesione – al di là della portata innovativa o meno di tale disposizione, sta

74

inequivocabilmente a significare che, in relazione a tale materia, vi erano, quantomeno, aspetti

applicativi controversi che, appunto, la d.r.g. si proponeva di chiarire.

3.6. La valutazione delle dichiarazioni del prof. Augusti.

Le conclusioni sopra delineate non sono scalfite, ma, anzi risultano rafforzate, dalle dichiarazioni

rese dal prof. Augusti.

In primo luogo, quanto ai profili di credibilità soggettiva, va messo in luce il contrasto che si era

venuto a creare tra Augusti da una parte, Zampori e la proprietà dall’altra.

Come è stato efficacemente sottolineato da Fantini (p. 131), Augusti e Zampori erano come «due

galli in un pollaio»; tra i due medici non vi fu mai un particolare feeling ed entrambi ambivano,

come è naturale, a vedersi riconosciuto dalla proprietà un ruolo di primo piano.

Anche Palmesi ha dichiarato, per averlo appreso dal dottor Scatizzi, direttore amministrativo

dell’epoca (il quale, stranamente, non è stato indicato quale teste da nessuna delle parti), che

Augusti e Zampori «non si potevano assolutamente vedere, per cui si stavano facendo una guerra, o

per lo meno il dottor Augusti faceva la guerra al dottor Zampori. Il dottor Augusti si sentiva escluso

dalla conduzione; pur essendo lui, poi, il primario, perché era lui il responsabile, si sentiva escluso,

per cui lamentata queste cose, parlava di irregolarità» (p. 179).

Affermazioni analoghe sono state rese da Schwarz, il quale incontrò Augusti in un’occasione presso

un bar: «A me ha colpito in modo particolare, del dottor Augusti, questa cattiveria, queste

espressioni abbastanza colorite nei confronti della famiglia Ciardo e del dottor Zampori. Io

ovviamente avevo una mia soggettiva interpretazione, perché già sapevo che lui aveva fatto causa

alla società e poi anche perché sapevo che era stato invitato a lasciare l’azienda in tre o quattro

giorni. Quindi questo astio nei confronti di loro io l’ho interpretato in quell’ambito» (p. 180);

peraltro, Schwarz ha negato di aver mai dichiarato che Zampori meritava una «bacchettata sulle

mani», come invece riferito da Augusti.

E’ altrettanto naturale che, ad un certo punto, la proprietà abbia optato per Zampori, il quale era

molto più giovane, aveva una specifica competenza in ambito chirurgico – a differenza del suo

predecessore, il quale aveva una specializzazione in odontoiatria - , lavorava presso la casa di cura

più giorni alla settimana (all’incirca 2-3) rispetto ad Augusti (che, invece, operava solo mezza

giornata).

Ancora, è nella logica delle cose che Augusti, essendo stato esautorato della responsabilità

dell’unità chirurgica, avesse il “dente avvelenato” nei confronti della proprietà, contro la quale

intentò, senza successo, una causa giuslavoristica con atto depositato in data 29.6.2004 (doc. 12

produzioni difesa Palmesi).

75

Con ciò non si vuole affatto sostenere che Augusti abbia mentito; tuttavia, il contesto di cui si è dato

brevemente conto deve suggerire una particolare cautela nella valutazione delle sue dichiarazioni, il

cui contenuto “accusatorio” può essere stato travisato o “ingigantito”.

In secondo luogo va precisato che le dichiarazioni di Augusti hanno costituito l’abbrivio per le

indagini.

In altri termini, a parte ogni considerazione circa la veste processuale che avrebbe dovuto assumere

Augusti (il quale non è stato indagato dal p.m. e perciò è stato sentito come testimone), le

dichiarazioni rese da costui non rivestono carattere di riscontro agli esiti della consulenza, avendo

piuttosto costituito l’input che ha dato il via alle indagine.

In terzo luogo va messo in luce che Augusti ha indicato in maniera assai generica i “sospetti” di

presunti “illeciti”, che, a suo avviso, riguardavano i trapianti di cute, il D.R.G. relativo

all’intervento di colecisti e la piccola chirurgia in regime di ricovero.

Ma, al di là della genericità, ciò che più conta è che i “sospetti” relativamente a trapianti di cute e

colecisti si sono dimostrati totalmente infondati; prova ne è che, con riguardo a questi ambiti,

nessuna imputazione è stata elevata dalla pubblica accusa.

Inoltre, quanto agli interventi relativi a cisti e lipomi, gli unici che hanno trovato un qualche

riscontro nella consulenza, va ribadito quanto sopra si è già avuto modo di evidenziare (cfr. part.

3.5), ossia che Augusti, fino al 23.12.2003, fu il responsabile dell’unità chirurgica della Casa di cura

San Carlo e che egli pertanto, in quella veste, firmò tutte le s.d.o. relative cartelle cliniche del

reparto, tra cui, ai fini che qui rilevano, quelle contestate nel capo A) relativamente agli anni 2001,

2002 e 2003.

Non è dato comprendere come mai, quando egli, negli anni 2001-2003, firmò le s.d.o. relative alle

cartelle cliniche dei pazienti operati dal collega Zampori, non abbia mai avuto alcun tipo di

sospetto.

Ma vi è di più.

Come si è visto esponendo le dichiarazioni di Augusti, costui non ha riscontrato alcun tipo di

irregolarità nella cartelle cliniche sottopostegli nel corso del controesame, cartelle che fanno parte

della contestazione del capo A) e che furono redatte proprio dallo stesso Augusti, il quale effettuò

quegli interventi.

In altri termini, pare plausibile concludere nel senso che, con riguardo agli interventi di piccolo

cabotaggio, come asportazione di cisti e lipomi, effettuati nel periodo 2001-2005, le cartelle cliniche

76

furono compilate da tutti i chirurghi che operavano presso la clinica San Carlo in termini

«decisamente molto succinti», come ammesso dallo stesso Augusti (p. 129), sicché non era

immediatamente comprensibile (o non lo era affatto) il motivo per cui quegli interventi erano stati

effettuati in regime di ricovero, anziché ambulatoriale.

3.7. La sussistenza dell’illecito amministrativo ex art. 12 bis, comma 1, l.r. Lombardia 11

luglio 1997, n. 31.

Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, non è configurabile, già sotto il profilo dell’elemento

oggettivo, il delitto di truffa per carenza degli artifici e dei raggiri, il che, ovviamente, esime il

collegio dall’analisi della posizione degli altri coimputati, che dovrebbero rispondere a titolo di

concorso.

Il tribunale è ben consapevole che la Corte di Cassazione, nelle due recenti pronunce del settembre

2008, sopra indicate, ha ravvisato, in casi analoghi, il delitto di truffa aggravata (oltre che il delitto

di cui all’art. 479 c.p.).

E tuttavia, per sgombrare il campo da ogni equivoco, occorre mettere in luce le diversità tra i fatti

oggetto del presente processo e quelli sottoposti al vaglio dalla Suprema Corte; in particolare:

• in primo luogo, la Suprema Corte si è pronunciata nell’ambito del procedimento cautelare,

in cui rileva la gravità indiziaria;

• in secondo luogo, nei casi affrontati dalla Suprema Corte il quadro probatorio era

particolarmente “ricco”; in particolare queste le risultanze delle indagini poste a fondamento

del quadro indiziario, come si desume dalla motivazione: «le intercettazioni telefoniche da

cui si desumeva l'orientamento della proprietà della clinica, recepito dai primari dei vari

reparti, ad esaltare in maniera artificiosa l'applicazione dei codici, al fine di ottenere

rimborsi più elevati; il rilevamento da parte dei NOC competenti in via amministrativa

dell'incongruità o dell'inappropriatezza della codifica in casi analoghi; le dichiarazioni del

dottor F., assistente del dottor R., circa le direttive ricevute in ordine alla compilazione

delle SDO; la comparazione dei dati sugli interventi qualificati con il (OMISSIS) della

clinica (OMISSIS) con quelli relativi ad analoghe strutture presenti nel territorio della

Regione Lombardia)». Nel caso in esame, invece, rilevano, in ultima analisi, solamente le

considerazioni dei consulenti, in quanto, come si è visto, le dichiarazioni del prof. Augusti,

per la loro genericità, imprecisione e considerando i pregressi rapporti con le persone

coinvolte, non costituiscono elemento di “riscontro” dell’esito della consulenza; inoltre, nel

presente processo, di nessuna utilità sono gli esiti delle intercettazioni telefoniche;

77

• infine, la Suprema Corte non escludeva la necessità, con riferimento all’eventuale fase del

giudizio, di un accertamento peritale, che, nel presente processo, è pure mancato.

Il fatto, tuttavia, integra l’illecito amministrativo contemplato dall’art. 12 bis, comma 1, l.r.

Lombardia 11 luglio 1997, n. 31, che così dispone: «Fatte salve le responsabilità di natura civile e

penale, nonché le sanzioni dovute al mancato rispetto di altre normative regionali o nazionali, ogni

struttura sanitaria di diritto pubblico o privato soggetta ad autorizzazione o accreditamento che

operi in violazione delle vigenti norme relative ai requisiti in materia di autorizzazione e

accreditamento, soggiace alle seguenti sanzioni amministrative pecuniarie (…) da euro 12.000 a

euro 120.000, per le strutture di ricovero e cura o di day hospital, per codifiche che non

rappresentino in modo corretto le prestazioni erogate» (lett. d).

Nella specie, a fronte dei rilievi mossi dal dott. Merlino, è indubitabile che le cartelle cliniche

contestate siano state indicate codifiche che, alle luce degli elementi desumibili dalle cartelle stesse,

non rappresentavano in modo corretto le prestazioni erogate, nel senso che, come più volte si è

sottolineato, non sempre vi sono elementi che confermino la appropriatezza della scelta terapeutica,

ciò che autorizza l’ente pubblico a non effettuare il rimborso e che, appunto, integra l’illecito

amministrativo in esame.

Di conseguenza, in relazione a questo capo (e, come si vedrà, anche al capo B), la sentenza va

trasmessa all’A.s.l. di Milano per quanto di eventuale competenza.

4. La truffa contestata al capo B).

Al capo B) si contesta a Zampori un’ulteriore ipotesi di truffa, tenuta distinta da quella di cui al

capo A); in particolare, l’addebito riguarda le emorroidectomie eseguite secondo la tecnica di

Longo (con o senza complicanze) codificate con i D.R.G. 148 e 149 in luogo della corretta

codificazione con D.R.G. 157 e 158 “interventi su ano e stoma (con o senza complicanze)”.

L’imputazione si basa esclusivamente sugli esiti della consulenza effettuata dal dott. Calanca;

infatti, a differenza della precedente imputazione, non rilevano le dichiarazioni del prof. Augusti,

né, come si è più volte detto, le intercettazioni telefoniche.

Il dott. Calanca - medico che ha svolto la propria attività professionale dapprima nel settore delle

direzioni sanitarie, quindi, dal 1997, presso la Direzione Generale di Sanità, all’interno del nucleo

operativo di controllo - nella veste di consulente ha affermato che, dal complesso delle cartelle, egli

ne ha individuate complessivamente 69 relative agli anni 2003-2006 (17), di cui ha contestato la

(17) In particolare, 12 relative al 2003, 23 relative al 2004, 15 relative al 2005 e 19 relative al 2006.

78

codifica; in particolare, nel caso di prolasso rettale o malattia emorroidaria il codice DGR può

ricondursi ai 148 e 149 ovvero 157-158, che sono interventi su ano e stoma.

D.R.G. Descrizione Peso USA

148 Interventi maggiori su intestino crasso e tenue con CC 3,5332149 Interventi maggiori su intestino crasso e tenue senza CC 1,5063

157 Interventi su ano e stoma con CC 1,2599158 Interventi su ano e stoma senza CC 0,6209

La malattia emorroidaria (codice di patologia 455* [dove l’ultima cifra * , compresa tra 0 e 8, specifica alcune variabili cliniche o di sede]) consiste in un’alterazione patologica dei cuscinetti di

tessuto riccamente vascolarizzato che rivestono la parte inferiore del retto. Le emorroidi sono dilatazioni del plesso venoso emorroidario sottomucoso e di quello sottocutaneo e si

presentano come rigonfiamenti (gavoccioli) più o meno congesti, rosso bluastri, talvolta sanguinanti.

Prolasso rettale (codice di patologia 5691) s'intende la protrusione della parete del retto attraverso l' orificio dell' ano.

Le patologie chirurgiche dell’intestino possono essere trattate in maniera diversa, con conseguente

variazione del codice di intervento, come di seguito riportato:

Codice intervento Descrizione

Riduzioni di emorroidi 4942 Iniezioni delle emorroidi 4943 Cauterizzazione delle emorroidi 4944 Demolizione di emorroidi per crioterapia 4945 Legatura delle emorroidi 4946 Asportazione delle emorroidi 4947 Rimozione di emorroidi trombizzate 4949 Altri interventi sulle emorroidi 4941 4876 Altra proctopessi

Si era posto un dubbio in relazione al corretto codice da utilizzare nel caso in cui la patologia

emorroidaria o il prolasso rettale fosse trattata con la c.d. tecnica di Longo.

Si tratta di una tecnica chirurgica peculiare, che prende il nome dal chirurgo il quale, negli anni ’90,

per primo la utilizzò, e che consiste nella resezione di un segmento dell’intestino tramite una

suturatrice circolare.

79

Tali dubbi interpretativi furono sono stati risolti d’imperio dalle linee guide emanate in data 6

giugno 2002, che hanno stabilito: «per segnalare intervento di emorroidectomia eseguito

secondo la tecnica di Longo, occorre utilizzare i codici di procedura 49.49 (altri interventi

sulle emorroidi)», ossia quel codice di “riserva classificatoria”, che consente di assegnare, a quel

tipo di ricovero, un D.R.G. di minor peso economico, quindi 157 o 158, a seconda della situazione

clinica del paziente, ma ben diverso dai cosiddetti interventi “maggiori” (p. 189).

Di conseguenza, quando si effettua una patologia emorroidaria con a cosiddetta tecnica di Longo il

codice corretto da indicare nella s.d.o. è il 49.49, il quale genera un D.R.G. minore, 157 o 158 , a

secondo che sia con o senza complicanze.

Orbene, il consulente ha analizzato 69 cartelle (12 del 2003, 23 del 2004, 15 del 2005 e 19 del

2006) in cui – per una serie di fattori (indicazione sul frontespizio o sul verbale operatorio, utilizzo

della suturatrice circolare, ecc.) – era stata praticata la tecnica di Longo, e tuttavia il codice di

intervento non era indicato in 49.49 bensì in 157 o in 158.

Questo, nel dettaglio, l’elenco della cartelle analizzate, in riferimento gli anni 2003-2005.

anno 2003

N° PRATICA FINANZ DEGENZAD.R.G.

pre VAL pre D.R.G.

post VAL post 1 2003001310 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 2 2003001312 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 3 2003001314 F 2 148 € 11.631 157 € 2.507 4 2003001552 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 5 2003001553 F 2 148 € 11.631 157 € 2.507 6 2003001845 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 7 2003002156 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 8 2003002575 F 2 149 € 3.797 158 € 1.250 9 2003002933 F 1 148 € 8.723 158 € 1.250

10 2003003285 F 2 148 € 11.631 157 € 2.507 11 2003003287 F 1 149 € 2.848 158 € 1.250 12 2003003288 F 1 149 € 2.848 158 € 1.250

TOTALE € 72.094 € 18.775 DIFFERENZA € 53.319 anno 2004

N° PRATICA FINANZ DEGENZAD.R.G.

pre VAL pre D.R.G.

post VAL post 1 2004000353 F 3 149 € 3.797 158 € 1.031 2 2004000563 F 2 148 € 11.631 157 € 2.432 3 2004000646 F 1 149 € 2.848 158 € 1.031 4 2004000710 F 1 148 € 8.723 157 € 1.862 5 2004000732 F 2 148 € 11.631 157 € 2.432 6 2004000780 F 3 149 € 3.797 158 € 1.031 7 2004000996 F 1 149 € 2.848 158 € 1.031 8 2004001180 F 1 149 € 2.848 158 € 1.031 9 2004001272 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031

80

10 2004001693 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 11 2004001715 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 12 2004001895 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 13 2004002030 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 14 2004002065 F 1 148 € 8.723 157 € 1.862 15 2004002216 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 16 2004002334 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 17 2004002492 F 3 149 € 3.797 158 € 1.031 18 2004002493 F 2 149 € 3.797 158 € 1.031 19 2004002572 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 20 2004002587 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 21 2004002661 F 7 148 € 11.876 157 € 2.432 22 2004002797 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 23 2004002998 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 24 2004003287 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 25 2004003329 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031 26 2004003643 F 2 149 € 3.876 158 € 1.031

TOTALE €

130.027 € 32.670 DIFFERENZA € 97.357

anno 2005

N° PRATICA FINANZ DEGENZAD.R.G.

pre VAL pre D.R.G.

post VAL post 1 2005000139 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061 2 2005000527 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061 3 2005000609 F 1 149 € 3.910 158 € 1.061 4 2005000717 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061 5 2005000994 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 6 2005000995 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 7 2005000999 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 8 2005001029 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061 9 2005001872 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061

10 2005002644 F 2 149 € 3.910 158 € 1.061 11 2005003374 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 12 2005003376 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 13 2005003394 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 14 2005003398 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 15 2005003660 F 1 149 € 2.933 158 € 1.061 TOTALE € 50.834 € 15.915 DIFFERENZA € 34.919

anno 2006

N° PRATICA FINANZ DEGENZAD.R.G.

pre VAL pre D.R.G.

post VAL post 1 2006000032 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 2 2006000111 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 3 2006000114 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 4 2006000311 F 2 149 € 3.969 158 € 1.061 5 2006000369 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 6 2006000382 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 7 2006000652 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 8 2006000778 F 2 149 € 3.969 158 € 1.061

81

9 2006001181 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 10 2006001284 F 3 149 € 3.969 158 € 1.061 11 2006001390 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 12 2006001397 F 2 149 € 3.969 158 € 1.061 13 2006001591 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 14 2006001763 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 15 2006002622 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 16 2006002721 F 2 149 € 3.969 158 € 1.061 17 2006002921 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 18 2006002994 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 19 2006003082 F 1 149 € 2.977 158 € 1.061 TOTALE € 61.523 € 20.162 DIFFERENZA € 41.361

Quanto la merito dell’accusa, valgono, al proposito, le argomentazioni svolte al par. 3.5.

In primo luogo, con riguardo all’anno 2003, va ribadito che il prof. Augusti sottoscrisse tutte le

s.d.o., quale responsabile dell’unità chirurgica.

In secondo luogo, la prova si fonda unicamente sul controllo di tipo amministrativo, cioè effettuato

unicamente sulla cartelle cliniche, da cui non si traggono elementi a sostegno della correttezza della

codice indicato nella s.d.o.

Invero, come ha affermato il consulente prof. Foschi - professore ordinario di chirurgia generale

all'università di Milano e direttore della seconda unità operativa complessa di chirurgia generale

dell'ospedale Sacco - dall’esame di tutte le cartelle emerge che la diagnosi principale è sempre

“prolasso mucoso” (e non emorroidi), la cui diagnosi viene effettuata dal chirurgo mediante l’esame

obiettivo (p. 33-34).

Anche in tal caso, dunque, in assenza di qualsivoglia visita sui pazienti, che avrebbe potuto

acclarare l’intervento effettivamente eseguito (se, cioè, era limitato al solo trattamento

emorroidiario con la tecnica di Longo, ovvero aveva coinvolto in maniera più ampia ano e stoma),

gli esiti della sola consulenza non consentono di ritenere provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la

falsità dei codici indicati nelle s.d.o. e, per l’effetto, di ritenere sussistenti gli artifici o i raggiri.

Anche in tal caso, peraltro, è ravvisabile l’illecito amministrativo di cui all’art. 12 bis, comma 1,

lett. d) l.r. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31, che impone, anche per questo caso, la trasmissione

della sentenza all’A.s.l. di Milano per quanto di eventuale competenza.

5. La truffa contestata al capo C).

Affatto diversa dalle precedenti è la truffa contestata al capo in esame, in cui, secondo l’ipotesi

accusatoria, il meccanismo truffaldino si sarebbe realizzato facendo figurare nelle s.d.o., come

rimborsabili dal s.s.n. interventi di natura estetica, i quali, essendo esclusi dai livelli di essenziali di

82

assistenza (LEA) sono a carico del paziente; in tal caso, quindi, l’intero rimborso erogato dall’a.s.l.

sarebbe indebito, proprio perché si tratterebbe di operazioni non rimborsabili.

Infatti, l’allegato 2A lett. a) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre

2001, in tema di “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, indica, tra le prestazioni

totalmente escluse dai LEA, la «chirurgia estetica non conseguente ad incidenti, malattie o

malformazioni congenite»

Per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, va messo a fuoco il tema di prova correlato

all’imputazione in esame: si tratta, cioè, di verificare se gli interventi compiuti dal dott. Campiglio

avessero o meno una finalità estetica, non conseguente a incidenti, malattie, malformazioni

congenite.

5.1. La consulenza del dott. Maurizio Nava.

Il consulente del p.m., dott. Maurizio Nava, ha lungamente deposto, analizzando e commentando

una per una tutte le cartelle cliniche contestate in primis al dott. Campiglio, il chirurgo che effettuò

gli interventi; di seguito, sono indicate le cartelle analizzate dal consulente con i relativi rilievi.

• Cartella 2653 del 2004, Pavese Alice, nata nel 1984, diagnosi definitiva: “Cicatrice dolente

retraente periareolare a sinistra”, e l’intervento chirurgico riportato: “Revisione chirurgica

della cicatrice”; come sempre una Cartella è correlata da una anamnesi remota, in questo la

paziente aveva subito un intervento di mastoplastica nel 2003; il teste ha peraltro

sottolineato che « non ho altri elementi per poter dire perché è stata eseguita» (p. 10), e da

anamnesi patologica prossima, “La paziente presenta piccola cicatrice in sede periareolare

inferiore sinistro causa di dolore e disturbo al capezzolo e areola”. Questo l’esame obiettivo:

“piccola cicatrice dolente e retraente areola mammaria sinistra, esito di intervento chirurgico

eseguito altrove”. Nella s.d.o. la diagnosi principale viene indicata con il codice 7092,

cicatrice retraente, mentre l’intervento con in codice 8684, revisione chirurgica, il che

significa la cicatrice fu asportata, «poi è discrezione del chirurgo operatore se richiedere un

esame istopatologico o no» (p. 20), in relazione alle caratteristiche della cicatrice; nella

specie, l’esame specie non fu richiesto. L’ intervento fu eseguito il 13.9.04, con inizio ore

17.10, e fine ore 17.20. Dal diario clinico emerge che l’intervento fu effettuato in anestesia

locale, più sedazione con Ipnovel 2 (pg. 15) milligrammi, 500 di fisiologica, più due grammi

di Zariviz, più 500 di glucosata al 5%, più una fiale di Lixidol, che è un antidolorifico. La

paziente fu dimessa alla ore 19. Rispondendo a una specifica domanda del p.m., il

consulente ha precisato che dalla Cartella non si desumeva la spiegazione della patologia:

«non c’è la spiegazione, dipende poi dall’esame obiettivo capire se è uno stato patologico

83

oppure invece è solo uno stato di cicatrice brutta» (p. 21); ancora: «io l’unica indicazione

che ho è che è una cicatrice che causa dolore ed è retraente e questo è un sintomo descritto

ed è soggettivo, per cui io non lo posso valutare dalla cartella» (p. 22). Il consulente si è

quindi soffermato su quando una cicatrice è dolorosa e sul significato retraente: ««una

cicatrice dolente può essere determinata dal fatto che ha o un processo infiammatorio (…)

può essere descritto nell’esame obiettivo, può essere arrossata o può essere dolente e anche

non arrossata. Faccio un altro esempio. Una cicatrice, magari di vecchia data, un

movimento, uno strappo può creare una rottura interna dell’esito cicatriziale e diventare

dolente e può essere una manifestazione» (p. 22). Invece «il retraente è obiettivo, cioè lo

vedo (…) dà un senso di retrazione della cute che sta vicino alla cicatrice» (p. 23).

• Cartella 3062 del 2004, Albertini Marina Atena, nata nel 1963, “Cicatrice dolente,

retraente, punta nasale, esito di scissione chirurgica di lesione cutanea. Revisione

chirurgica”. Anamnesi patologica remota: “Vedi scheda”, analisi patologica prossima dice:

“Sottoposta a intervento chirurgico di scissione di lesione cutanea della punta del naso a

giugno del 2004”. Diagnosi definitiva:“Cicatrice patologica dolente, retraente”. Il

consulente ha chiarito che «il “patologica” penso che sia quello che determina il dolente e il

retraente. Cioè, il fatto che sia dolente e retraente la fa definire patologica» (p. 24). Dal

diario clinico non emerge alcuna terapia praticata. Descrizione dell’intervento:Revisione

chirurgica della cicatrice”, inizio ore 17.30, termine ore 17.45. Nella Cartella non vi è la

scheda anestesiologica. La s.d.o. è identica alla precedente.

• Cartella n. 3056 del 2004, Bruni Angelica, nata nel 1971, diagnosi di entrata: “Scissione

chirurgica incompleta di nevo gigante congenito eseguita dieci anni or sono con cicatrice

patologica. Revisione ed esame istologico”. Anamnesi patologica remota: “Vedi scheda

ambulatoriale”, anamnesi patologica prossima: “Sottoposta nel ’93 a scissione incompleta di

nevo gigante congenito, con cicatrice patologica dolente, retraente. Si ricovera per exeresi

chirurgica e revisione della cicatrice”. La paziente, ha spiegato il consulente, «era stata

operata di un nevo congenito melanocitario, che è una lesione non maligna, ma che a

seconda del volume, della dimensione che ha, potrebbe avere una trasformazione nel tempo,

nell’età, anche delegata alla dimensione» (p. 33); l’operazione effettuata dal dottor

Campiglio riguardava una “losanga cutanea di 6 centimetri per 1,2, derma inspessito,

omogeneo, biancastro, cute e sottocute entro i limiti di norma”. Fu effettuato un esame

istologico. Il teste ha ribadito che «una cicatrice può essere silente anche per vent’anni e poi

84

per un evento di qualsiasi tipo può trasformarsi» (p. 38). Rispondendo alla domanda del

p.m. che gli chiedeva se nella Cartella clinica si sarebbe dovuta trovare l’indicazione di

un’eventuale trasformazione, il teste ha così risposto: «questa è una domanda un po’

difficile, nel senso che io non so, in questo caso dottor Campiglio, sì, se conosceva la

paziente da dieci anni, per cui l’aveva sotto controllo e può dire se aveva l’evento è maturato

pochi mesi prima oppure se invece, avendola vista lui nel momento in cui lei ha manifestato,

perché dice cicatrice dolente e, ripeto, io non vedo la paziente, non posso chiederle: “Ma le

faceva male veramente?”» (p. 39). Peraltro, nella Cartella clinica vi è la lettera, datata

1.10.2004, con cui il dott. Campiglio indicava la necessità dell’intervento chirurgico: «Ho

visitato in data odierna la signora Bruni Angelica. La paziente presenta esiti cicatriziali di

asportazione incompleta di nevo gigante congenito, trattandosi di patologia ad elevato

rischio oncologico si consiglia una radicalizzazione chirurgica in regime di ricovero».

• Cartella 3142 del 2004, Benigni Mirna, diagnosi: “Cicatrice dolente e retraente alla coscia

sinistra”. “Coscia sinistra per intervento chirurgico”. Descrizione intervento: “Revisione

cicatrice ed esame istologico”. Durata dell’intervento dalle 17.20 alle 17.35. Anestesia

locale più assistita. Esito dell’esame istologico: “dermatite cronica granulomatosa

gigantocellulare ascessualizzata ed ulcerata. Losanga cutanea regione interna coscia

sinistra”; si tratta, ha chiarito il consulente, di «un evento patologico, nel senso può essere

legato a un punto residuo, comunque è una reazione granulomatosa gigantocellulare tipica»

(p. 44).

• Cartella 3143 del 2004, Garridi Francesca, cicatrice dolente e retraente cavo ascellare e

fianco destro. Anamnesi patologica prossima che dice: “Paziente tossicodipendente,

sottoposta altrove, circa quattro anni or sono, a terapia locale farmacologica a base di

corticosteroidi”. Il cortisone, ha chiarito il consulente, «crea delle alterazioni cutanee sia se

fatto localmente, sia se fatto per via generale. Indipendentemente. È un farmaco che può

dare un esito, tra virgolette, patologico a livello cutaneo» (p. 45). In questo caso, quindi, la

revisione serviva a correggere gli esiti di queste cicatrici dovute all’utilizzo del farmaco.

Durata dell’intervento 45 minuti, anestesia locale più assistita.

• Cartella 3222 del 2004, cicatrice dolente e retraente all’addome, esito di taglio cesareo. “In

seguito a taglio cesareo eseguito tredici anni fa, comparsa di cicatrice ombellico-pubica

retraente e dolente, si ricovera per la cure del caso”. Durata del’intervento 40 minuti,

anestesia locale più assistita: “In anestesia locale assistita si procede alla revisione chirurgica

85

ed alla lisi di profonde aderenze, emostasi, sutura a strati, medicazione”. Coma ha chiarito il

consulente, «dalla descrizione della tecnica chirurgica sembrerebbe una cicatrice ombelico-

pubica, perché descritta prima, di quelle retraenti che, spiegavo prima, tendono ad andare

verso il basso perché descrive: “Assistita, si procede alla revisione ed alla lisi”, lisi ne

avevamo parlato, si ricorda? Vuol dire tagliare, insomma, in poche parole queste aderenze.

La lisi può essere chirurgica, può essere farmacologica, può essere fatta in tremila... però di

fatto in questo fatto è chirurgica e probabilmente c’era un affossamento della cicatrice verso

la parte centrale, dall’ombelico al pube, che è la classica... oddio “classica”, che è una

incisione utilizzata per fare un parto cesareo» (p. 50); «la cicatrice ombelico-pubica è una

cicatrice di quelle che rientra in quella categoria, insomma, che possono essere introflesse,

possono dare dei disturbi» (p. 51).

• Cartella 3712 del 2004, cicatrice patologica in sede ombelicale e paraombelicale;

l’anamnesi descrive un intervento di dermolipectomia addominale, intervento chirugico con

cui si asportata una losanga di cute, sottocute e tessuto adiposo; l’intervento è durato

mezz’ora.

• Cartella 98 del 2005, Oberto (18), cicatrice dolente retraente all’avambraccio sinistro esito

di trauma, revisione chirurgica, durata dell’intervento venti minuti, anestesia locale più

assistita; cicatrice avambraccio sinistro, dolente e retraente, revisione chirurgica. La paziente

è affetta una neoformazione cheloidea all’avambraccio sinistro, «il cheloide è una crescita

finalistica di una cicatrice» (p. 58).

• Cartelle 398 e 1466 del 2005, entrambe relative a Faccin Simone, intervento chirurgico

prima al lobo auricolare di sinistra, poi al lobo auricolare di destra, entrambi in regime di

ricovero. “Revisione e chiusura parziale del lobo bifido”; il paziente presentava una

“deformazione totale del lobo auricolare, con una deformità post traumatica al lobo

auricolare sinistro in seguito all’utilizzo ripetuto di piercing nel lobo”. Gli interventi si erano

resi necessari per rimediari a danni da piercing: «praticamente è come se fosse scomparso il

lobo auricolare» (p. 61).

• Cartella 681 del 2005, Arienti Silvia, cicatrice dolente, retraente, esito di una

appendicectomia che la paziente aveva fatto all’età di dieci anni. L’ intervento è stato

(18) Tale Cartella non compare nell’imputazione in esame.

86

effettuato in fossa iliaca ed durato venti minuti, in Anestesia locale più assistita. Il

consulente ha chiarito che una retrazione ci può essere, in una appendicectomia, non è una

cosa anomala. Poi dipende il grado di dolorabilità e sopportabilità. Cioè, voglio dire, se la

domanda è, la sua, ma dopo diciannove anni perché? Cioè, l’appendicectomia, a volte le

vedrà anche al mare, a volte si vedono quelle che sono scavate» (p. 68).

• Cartella 1079 del 2005 (19), Floridia Luca, esito di ustione coscia sinistra e destra, accaduta

quando il paziente aveva sette anni; come ha chiarito il consulente, «l’ustione è un esito

permanente, dipende il grado, ma se è residuata una cicatrice, sicuramente sarà stata

un’ustione di grado terzo, il secondo non esista mai in cicatrici retraenti o quantomeno è

difficile, per cui può essere che è stata eseguita una zeta plastica, come è descritto

nell’intervento, per due motivi: uno perché la cicatrice era retraente e di conseguenza

bisognava ridare un senso opposto al senso di trazione cutanea. La zeta plastica serve a

questo, cioè rompere le linee di trazione, se mi tira in questo senso, devo fare una zeta in

questo senso, in modo che la trazione sia opposta. In effetti una cicatrice di ustione può

cambiare nel tempo, ma non perché cambia l’esito dell’ustione, ma cresce l’individuo.

Allora, crescendo l’individuo, può tirare di più questa cicatrice» (p. 69-70). In casi del

genere, quindi, di effettua una “zeta plastica”, ossia un’incisione per detendere la cicatrice.

• Cartella 1454 del 2005, Garridi Francesca, si tratta della medesima paziente relativa alla

cartella 3143 del 2004; infatti la paziente era “già nota per precedente ricovero per la stessa

patologia per cui era stata trattata, steroidea topica presenta cicatrici patologiche, distrofiche,

dolenti e discromiche”.

• Cartella 1456 del 2005 (20), revisione chirurgica di una cicatrice dolente, retraente, al lobo

auricolare destr in esito post traumatico da strappo da orecchino.

• Cartella 1834 del 2005, Pettinato Gabriella, “Esiti di mastoplastica riduttiva effettuata

altrove con cicatrici patologiche periareolari polo inferiore e solco mammario”; come ha

chiarito il consulente, la paziente era «stata operata in un altro ospedale, Istituto Galeazzi,

per una mastoplastica riduttiva per ipertrofia mammaria e residuano cicatrici mammarie

dolenti, retraenti» (p. 74). “Deformità delle areole che presentano forma e dimensioni

(19) Tale Cartella, peraltro, è contestata non al capo C, bensì al capo D. (20) Tale Cartella non compare nell’imputazione in esame.

87

differenti tra i due lati, disturbi sia delle areole, che del capezzolo, a sinistra, nell’ambito

della cicatrice mammaria periareolare piccolo nodulo”; viene effettuato l’esame istologico

con diagnosi “Lentigo simplex”; la lentigo può essere anche maligna. L’interveto è durato

un’ora e dieci. Al p.m., che chidevz se l’intervento era di natura estetica o oncologica, il

consulente ha risposto: «non possiamo saperlo» (p. 76).

• Cartella 2694 del 2005, cicatrici addominali dolenti e retraenti, esito di intervento

chirurgico addominale con aderenze sottocutanee.

• Cartella 2696 del 2005, Demosquita Sonia, “cicatrice dolente e retraente addominale”. Si

trattava di una paziente “operata un anno mezzo fa alla regione chirurgica della cicatrice con

lisi, aderenze sottocutanee, drenaggio”; si tratta di una “Pfannenstiel”, che « è una cicatrice

che si fa proprio al di sopra del pube, tendenzialmente viene utilizzata o a livello

ginecologico, per l’accesso ai trattamenti chirurgici ovviamente dei genitali interni

femminili, a volte per parto cesareo» (p. 79); in tal caso, «sappiamo dov’era la cicatrice, ma

non sappiamo l’intervento che ha determinato questa cicatrice, ecco» (p. 80).

• Cartella 3012 del 2005, cicatrice dolente e retraente alla schiena, la paziente aveva subito

interventi plurimi per una ciste sebacea recidivante infetta. La diagnosi: “Residua cicatrice

permanente e patologica” (p. 80); come ha chiarito il consulente, «la cisti sebacea origina

dalle ghiandole sebacee ed è una patologia cutanea del sottocutaneo e in effetti se non si

toglie bene recidiva, perché se rimane la capsula recideva e in più se si infetta è fastidiosa»

(p. 81).

• Cartella 3499 del 2005, esame obiettivo locale: “Ipertrofia con ptosi bilaterale delle

mammelle, dolore al rachide, alle spalle. Vedi esami allegati”: in questo caso l’ortopedico

aveva visitato la paziente, concludendo: “Algie diffuse in particolare alla spalla destra e

regione lombare e spalla destra articolarità completa, dolore alla pressione sub trochite,

eseguita radiografia positiva per tendinosi, rachide lombare, dolore alla pressione sulle

spinose del tratto lombare, consiglio Rx rachide lombare, Moc”. «L’unica cosa che posso

rilevare dalla Cartella clinica – ha dichiarato il consulente - sono le algie, i dolori al rachide

e l’intertrigine dei solchi sottomammari. L’intertrigine è, per dirla in parole povere,

insomma, comunque una infiammazione dei solchi, che è determinata dal fatto che la ptosi

della mammella, che cade sopra il solco, può dare origine a questa irritazione» (p. 86).

88

• Cartella 3137 del 2005, Scarabrin Giuliana, cicatrice dolente, retraente al lobo auricolare

sinistro.

• Cartella 3344 del 2005, Pettinato, cicatrice dolente, retraente del solco sottomammario, con

evoluzione cheloidea del suo tratto centrale; la paziente era stata sottoposta a mastoplastica

riduttiva nel 2001 e, nel 2005, “e presenta adesso una evoluzione della cicatrice del solco in

senso cheloideo”.

• Cartella 3497 del 2005, revisione chirurgica della cicatrice addominale nel suo tratto

centrale, si trattava di un paziente obeso che aveva subito una dermolipectomia, ossia

un’asportazione dell’area cutanea e adiposa, intervento che a seconda delle caratteristiche

del paziente «sono o necessari o indicati» (p . 93). Descrizione dell’intervento: “Revisione

chirurgica, emostasi, sutura”; il paziente era alto 1.74 e pesava 94 chili.

• Cartella 3842 del 2005, esiti cicatrizziali paraombelicali dolenti e retraenti, conseguenti a

dermolipectomia addominale per obesità, resistente a terapia medica e dietologica”.

L’intervento di revisione delle cicatrici è durato venti minuti.

In sede di controesame, rispondendo a una specifica domanda del difensore, che chiedeva se le

cicatrici dolenti e retraenti sono o meno uno stato patologico, il consulente ha chiarito che la

cicatrice «può essere un evento patologico, se manifesta, ovviamente, sintomi e altre manifestazioni

soggettive e obiettive» (p. 99).

Di conseguenza, rispondendo affermativamente alla domanda del difensore, «se la cicatrice dolente

e retraente, cioè se ha le caratteristiche di una cicatrice dolente e retraente e se questa è una

malattia, può essere operata a carico del Servizio Sanitario Nazionale, perché si tratta di

rimuovere una patologia, non ha una finalità meramente estetica»; per contro, «se io invece ho una

cicatrice brutta, deturpativa, ma che non mi causa dolore o altri problemi non la posso rimuovere,

perché la finalità sarebbe meramente estetica» (p. 99-100).

Il dott. Nava ha ribadito di aver effettuato la consulenza solamente analizzando le cartelle cliniche,

senza quindi né visionare fotografie dei pazienti, né, tantomeno, visitando costoro (p. 103).

89

Richiesto se gli interventi avessero finalità estetica, il consulente ha così affermato: «Mi pare che in

due ho forse posto un dubbio ipotetico e nella maggior parte ho sempre detto che in merito a quello

che ho non posso dire con chiarezza che sia solo a scopo estetico» (p. 103).

Ancora, richiesto se, in relazione agli interventi, avesse affermato se erano di natura meramente

estetica, il consulente ha ribadito: «no, perché ho riferito quanto è emerso chiaramente da quello,

da dai che ho in cartella non posso dire che è esclusivamente estetica, potrebbe essere anche invece

per motivi di altro tipo» (p. 104).

Nuovamente incalzato dalle domande del difensore, il consulente ha ribadito che, laddove nella

consulenza aveva scritto “Non risulta documentazione dalla quale risulti la necessità di ricovero”, si

riferiva alla mancanza di evidenza in cartelle che giustificassero il ricovero, non che si trattava di

interventi aventi una finalità estetica («l’abbiamo specificato più di una volta in queste cartelle

stamattina»: p. 104).

Ancora, in relazione alla fatto che una cicatrice sia o meno patologica, il consulente ha dichiarato

che «entrando nel merito c’è una valutazione fatta dal chirurgo, che definisce, diciamo, l’essere

della patologia, in questo caso era o cicatrice retraente, deturpante, dolente, e è definita dal chirurgo

come esame obiettivo locale. Il dolore è soggettivo; la descrizione dell’entità è obiettiva. Però io, se

faccio il consulente, non posso valutare un sintomo soggettivo e un obiettività, se non lo vedo» (p.

106). Di conseguenza, come precisato dal consulente, per apprendere tali elementi occorre visitare i

pazienti, ciò che il consulente, per sua stessa ammissione, non aveva fatto.

Infine, le cicatrici dolenti e retraenti sono documentabili: «perché se c’è quello che è rubor, tumor,

calor, dolor, che è tipico di una manifestazione, che di solito è dolente, c’è uno stato infiammatori

si vede; se una cicatrice è retraente è visibile, voglio dire, non è che non possa essere visibile con

una foto. Per cui un ausilio ce lo dà. Poi il dolore è soggettivo» (p. 110).

Come conclusivamente ha dichiarato il consulente, il dottor Campiglio, quale specialista in

chirurgia plastica ricostruttiva, era perfettamente in grado di effettuare valutazioni sulle cicatrici.

5.2. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici.

In relazione all’imputazione in esame, rilevano, sia pure più marginalmente, le dichiarazioni rese

dal dr. Bruno Clerici, che, nel 2006 – periodo in cui si colloca la vicenda di seguito esposta – era

anestesista presso la Casa di cura San Carlo.

Confermando, a seguito di rituale contestazione, quanto aveva dichiarato al p.m. in data 19 gennaio

del 2007, il teste ha così inquadrato la vicenda: «Per quanto concerne gli interventi di Campiglio a

seguito di rilievi mossi dall’A.S.L. si era posto il problema dell’eseguibilità in regime di

convenzione di operazioni di chirurgia plastica che potevano configurarsi come interventi di

chirurgia estetica in assenza di norme precise al riguardo la direzione sanitaria decise di invitare il

90

chirurgo a sospendere gli interventi anche quelli già programmati. Il Dottore Campiglio mi aveva

rassicurato dicendo che c’erano i requisiti che rendevano compatibili questi interventi con la

convenzione in particolare faceva riferimento a certificati di ortopedia che peraltro so che nessuno

dei nostri ortopedici interni aveva mai rilasciato» (p. 64).

Il teste ha quindi riferito in ordine a una telefonata intercorsa con il dott. Alberto Ciardo in relazione

a interventi che avrebbe dovuto effettuare il dott. Campiglio, per i quali « che in mancanza di

particolari circostanze e particolari certificazioni sicuramente era prevalente l’aspetto di chirurgia

plastica» (p. 62); si tratta, in particolare, della telefonata del 28 gennaio 2006, n. 241, che il teste ha

dichiarato di ricordarsi bene perché nell’occasione era bloccato in macchina dalla neve.

Fu Alberto Ciardo che gli telefonò; nel corso della conversazione, egli fece presente a Ciardo i

propri dubbi sul fatto che non vi fossero le adeguate certificazioni perché quell’intervento rientrasse

tra quelli rimborsabili dal servizio sanitario nazionale.

Dopo un po’ di resistenze, il dottor Alberto Ciardo «non quel giorno ma nei giorni successivi, era

venuto della mia idea» (p. 63).

In particolare, il teste ha riferito che «io credo che inizialmente fosse soprattutto una questione di

“ignoranza” tecnica del problema: “Ma come li hanno sempre fatti. Si sono sempre fatti”. Invece

poi con il passare del tempo hanno acquisito il concetto che c’erano delle norme precise, delle

regole precise e che quindi forse era meglio stare attenti a queste cose e stare attenti che ciò che

veniva eseguito dal punto di vista chirurgico e anestesiologico rientrasse nella norma, per cui anche

ciò che il direttore sanitario richiamava ripetutamente a un certo punto è stato preso sul serio. Ecco,

c’è voluto un po’ di tempo per far capire l’antifona se posso dire così» (p. 65-66).

In particolare, dopo quel chiarimento, il dottor Ciardo «ha preso la posizione che ciò non andava

fatto, non si doveva fare per cui o da certificati, da situazioni cliniche risultava che l’intervento

potesse rientrare seriamente in un aspetto funzionale si poteva fare sennò non si faceva, cioè passato

quel periodo in cui brancolavano dopo nel buio… perché nel resto dopo, per quello che ho visto io,

il problema non è più gestito. Cioè forse sono stati fatti degli interventi ma la documentazione era

completa» (p. 68).

Il teste ha così riassunto l’episodio: «con Ciardo Alberto di questo argomento ho parlato

sostanzialmente una volta, che è quella della telefonata che riferivo tanto per essere precisi, lì mi

chiedeva perché non si poteva secondo me fare questo intervento e io gli ho detto che questi

interventi o si facevano con la documentazione completa che rendeva funzionale un intervento o

sennò rischiavamo comunque di fare un intervento che assomigliava di più a un intervento di

chirurgia plastica a carico del servizio sanitario. Inizialmente lui si è seccato di questa posizione ma

poi credo che anche a seguito della chiacchierata che ha fatto con la direzione sanitaria ha capito

91

che invece era così la faccenda insomma: o l’intervento si faceva in un certo modo o sennò non

andava fatto. Questo è» (p. 69-70).

5.3. La versione del dott. Gianluca Campiglio

Sia nel corso dell’esame dibattimentale, sia in sede di dichiarazioni spontanee, il dott. Campiglio ha

recisamente negato ogni addebito, sostenendo che tutti gli interventi a lui contestati – nella

stragrande maggioranza, revisione di cicatrici – erano per finalità non estetiche ma curative di una

patologia, come peraltro affermato dai numerose pazienti (Francesca Garrisi, Maria Gencarelli,

Annarita Guarnieri, Alice Pavesi, Gabriella Pettinato, Anna Russo) sentite dal difensore ex art. 391-

bis c.p., le cui dichiarazioni sono state acquisite agli atti (cfr. produzioni documentali difesa

Campiglio, depositate in data 4.6.2008).

5.4. L’insussistenza della truffa.

Sulla base degli elementi di cui si è dato conto, emerge l’insussistenza della truffa in esame.

Al proposito, in primo luogo, vanno richiamate le considerazioni già illustrate (par. 3.5) relative

all’impostazione seguita dal consulente – e fatta propria dalla pubblica accusa – secondo cui

l’assenza, nella cartella clinica, di evidenze che suffraghino la veridicità di quanto riportato nella

s.d.o. ne comporterebbe ex se la falsità.

Simili rilievi sono ancor più pregnanti nel caso in esame, in cui il consulente ha ammesso, come si è

visto, che per poter stabilire se una cicatrice è “dolente e ritraente” (diagnosi comune, con

pochissime eccezioni, alle cartelle contestate) - ciò che a tutti gli effetti costituisce una vera e

propria patologia - sarebbe stato necessario o visionare le fotografie delle cicatrici, o, meglio,

visitare i pazienti: «il dolore è soggettivo; la descrizione dell’entità è obiettiva. Però io, se faccio il

consulente, non posso valutare un sintomo soggettivo e un obiettività, se non lo vedo» (p. 106).

Ora, se, come pure ha affermato il consulente, la caratteristiche di “dolenza” e di “ritraenza” sono

state percepite, durante l’esame obiettivo, dal chirurgo, la pubblica accusa avrebbe dovuta fornire la

prova del contrario, ciò che è totalmente mancato.

Lo stesso consulente ha dovuto ammettere che «da dati che ho in cartella non posso dire che è

esclusivamente estetica, potrebbe essere anche invece per motivi di altro tipo» (p. 104).

Nel caso di esame, peraltro, vi sono fondati motivi per ritenere vere le indicazioni riportate nelle

s.d.o., e che, quindi, si sia in presenza di interventi che non hanno natura estetica.

In primo luogo, lo stesso consulente, in più occasioni, onestamente ha dato atto delle patologie di

volta in volta riscontrate (si pensi alle ciste sebacee, ai lobi bifidi, ai casi in cui è seguito un esame

istologico, ecc.).

92

Inoltre, vi è un argomento di carattere logico: l’operazione sulla cicatrice provoca una cicatrice

ancor più vistosa, che è perciò in sé incompatibile con qualsivoglia finalità estetica!

Infine, ad colorandum, va sottolineata l’irrisorietà dell’asserito guadagno del dott. Campiglio,

stimato in 900 euro in tre anni.

Di nessuna utilità, infine, sono le dichiarazioni del dott. Clerici; da un lato, egli ha riferito di un

fatto occorso nel 2006, e quindi successivo al periodo in contestazione; dall’altro, ed è ciò che più

conta, ha affermato che, nonostante il dottor Campiglio fosse dell’idea che l’intervento era a tutti gli

effetti rimborsabile, egli riuscì a convincere il dottor Alberto Ciardo e quell’intervento non venne

effettuato; in seguito «forse sono stati fatti degli interventi ma la documentazione era completa» (p.

68).

6. I falsi contestati ai capi D) ed E).

Ancorché contestati separatamente l’uno a Zampori, in concorso con Fantini, l’altro a Campiglio,

pure in concorso con Fantini, i fatti contestati ai capi D) e E) possono essere trattati

congiuntamente, stante l’identità delle questioni sottese, in fatto e in diritto.

In entrambi i casi, infatti, si imputa ai due medici di aver dichiarato falsamente nelle cartelle che le

operazioni chirurgiche in esse descritte erano avvenute con la partecipazione all’equipe operatoria

dell’anestesista, indicandone il nominativo nel foglio operatorio, laddove l’anestesia locale era stata

eseguita direttamente dal chirurgo, “come rivelato – si legge nelle imputazioni - anche dall’assenza

di scheda anestesiologica in cartella”

6.1. Le dichiarazioni del dott. Bruno Clerici.

Nel corso dell’esame dibattimentale (p. 28 ss.), il dott. Bruno Clerici ha dichiarato aver lavorato

presso la casa di cura San Carlo, come medico anestesista, dal 1999 al 2007; in quel periodo,

conobbe i dottori Zampori Campiglio, che pure lavoravano presso quella struttura.

Il teste ha precisato che la presenza dell’anestesista era «richiesta in caso di interventi in anestesia

generale o in anestesie diverse, tipo loco-regionali» (p. 49); inoltre «era richiesta come disponibilità,

(…) si chiama “compresenza passiva” quando c’erano delle procedure per esempio in anestesia

locale che avrebbero in teoria potuto richiedere l’intervento dell’anestesista in casi di malore» (p.

49); in casi del genere, l’anestesista è disponile nell’antisala, che è comune alle due sale operatorie

presenti nella casa di cura San Carlo.

In particolare, tale situazione si verificava nel caso di un «intervento molto modesto in anestesia

locale, che è praticato dal chirurgo, e, quindi, se non succede niente, a ciclo chiuso del chirurgo non

necessariamente aveva un anestesista dedicato» (p. 52).

93

In altri termini, nel caso di interventi in anestesia locale, praticati direttamente dal chirurgo, vi era

un solo anestesista, presente nell’altra camera operatoria, dove generalmente era effettuato un

intervento più complesso, e costui garantiva l’eventuale assistenza nel caso di emergenza per l’altra

camera operatoria.

In regime di ricovero, la camera operatoria, infatti, è attivata «in presenza di due chirurghi, di un

infermiere professionale, di un assistente di sala e di un’anestesista» (p. 54); nel caso di regime

ambulatoriale, invece, è sufficiente «un anestesista disponibile in struttura» (p. 56).

Il teste ha dichiarato che la questione relativa alla presenza dell’anestesista in sala operatoria era

stata discussa non a livello di amministrazione ma, in alcune occasioni, con i chirurghi; in

particolare, su contestazione del p.m., il teste ha precisato che «la questione era stata sovente

oggetto di discussioni con Zampori, nel senso che io avevo sottolineato il fatto che non doveva

essere indicato il nome dell’anestesista se questi non aveva realmente operato» (p. 60).

Il teste ha precisato che «la scheda anestesiologica è il documento che descrive e valida ciò che è

stato fatto dall’anestesista» (p. 75); in particolare, «se la scheda anestesiologica non c’è i casi sono

due: cioè o io ho fatto una anestesia vera a uno e mi sono dimenticato di farla e allora la cartella non

doveva neanche essere chiusa e avrei potuto essere richiamato e dire: “Scusa, ma tu hai fatto

l’anestesia, perché si sa che l’hai fatta ma non c’è la… va beh, fai la scheda”. L’altro motivo è che

se non si fa niente e si è presenti per una eventuale esigenza ma non si fa niente la cartella non

viene aperta perché aprire la cartella anestesiologica farlo a priori vuol dire già anche fare una

scheda di prevista, preambulatoriale etc. etc. per interventi che assolutamente non richiedono e farla

quando il paziente è in sala operatoria e anche se l’anestesista è lì ma non fa niente non ha senso.

Allora la prassi in genere è di scrivere invece che sulla scheda anestesiologica, di scrivere sul foglio

diario annotando la presenza non necessaria dell’anestesista e firmando ovviamente. A quel punto lì

la scheda … » (p. 75-76).

Se, quindi, l’anestesista «c’era e non faceva nulla, ma era lì dedicato la prassi è di scrivere due righe

dicendo: “Anestesista presente”» (p. 76); per contro, «nel caso di effettiva esistenza anestesiologica

per interventi a anestesia locale descrivo di norma le prestazioni effettuate sul foglio di diario» (p.

76).

In sede di controesame condotto dall’avv. Malcangi, al teste è stata sottoposta una lettera

manoscritta, portante la data 27.1.04, a firma Ugo Clerici e indirizzata al dr. Scatizzi, al dr. Fantini,

alla dott.sa Sassaroli, alla dott.sa Ciardo, che così recita: «Il nuovo assetto della chirurgia generale

prevedrà, per quanto mi è dato di capire dopo un colloquio con il nuovo responsabile Dr. Zampori,

un certo numero di interventi in anestesia locale. Questi interventi, di impegno variabile sia dal

94

punto di vista chirurgico e del rischio operatorio, potranno essere configurati in sedute vere e

proprie. In mancanza di diverse disposizioni e in accordo con i requisiti minimi regionali richiesti

per le sale operatorie, queste eventuali sedute saranno seguite da un anestesista dedicato come

peraltro richiesto dal chirurgo stesso» (p. 82).

Il teste ha così chiarito il contenuto di quella missiva: «quando c’erano delle sedute operatorie in cui

la tipologia dell’intervento indipendentemente che fosse in regime di qualsiasi tipo non prevedeva

l’intervento diretto dell’anestesista, ma la possibilità che ci fosse bisogno di lui in alcune

circostanze, faceva sì che noi mettevamo l’anestesista dedicato alla sala operatoria, il quale poi non

necessariamente per questo interveniva e ora mi rifaccio al discorso di prima se interveniva

scriveva, se non interveniva non scriveva e era un anestesista che rientrava nei programmi operatori

e che poi uno poteva dire: “E ma che cosa ci va a fare un anestesista che non ha fatto niente” era lì

in caso di bisogno. Questo è il senso della lettera» (p. 82-83; cfr. anche p. 99).

In altri termini, si trattava di un impegno nell’organizzazione per far fronte all’esigenze della sala

operatoria rispetto alla presenza degli anestesisti in caso di bisogno, che rassicurava il direttore

sanitario.

Nel corso del controesame dell’avv. Rubiu, il teste ha ribadito le due modalità di intervento

dell’anestesista, attiva ovvero non attiva, nel caso cioè sia o meno praticato un qualche tipo di

sedazione sul paziente; se l’assistenza «non è attiva quindi non scrivo niente» (p. 87).

Quindi al teste sono state mostrate alcune delle cartelle cliniche contestate al capo D), in particolare:

• cartella 2653/04, Alice Pavesi, vi è un «intervento di anestesia locale più sedazione con

ipdomel, antibiotico, fisiologica, postoperatoria, blanda sedazione»; il teste ha riconosciuto

come propria la firma; «quindi rientra in quella tipologia che dicevamo di assistenza attiva

dell’anestesista» (p. 93; cfr. anche p. 97 «sono intervenuto attivamente»);

• cartella 1454/05, Garrisi Francesca, cartella del 2005, «per quello che vedo io, è un esempio

di anestesista presente ma… cioè no, di anestesista che non ha fatto niente» (p. 93);

• cartella 3143/04, Garrisi Francesco, «intervento di anestesia locale con sedazione,

idratazione, antibiotico, analgesia, (…) c’è solo il consenso per l’anestesia» (p. 98);

• cartella 3137/05, Scalabrin Giuliana, è presente il consenso informato, che era stato firmato

davanti al teste, «salvo poi che non è stato fatto niente» (p. 98).

In sede di riesame, il p.m. ha mostrato al teste le altre cartelle contestate (p. 102 ss.):

• cartella 3142/04, Mirna Benigni, cicatrice, sul foglio diario «non c’è scritto niente, per cui

l’anestesista nulla fa, non è intervenuto»;

95

• cartella 3062/04, Marina Alberini, 3062, 2004, esiti cicatrizzali al viso non c’è intervento

anestesiologico;

• cartella 398/05, Simone Facci, esiti cicatrizzali al viso non c’è intervento anestesiologico;

• cartella 466/05, Simone Facci, esiti cicatrizzali al viso non c’è intervento anestesiologico;

• cartella 1454/05, Francesca Garrisi, cicatrice cutanea, senza intervento anestesiologico;

• cartella 1079/05, Luca Floridia, revisione cicatrice, senza intervento anestesiologico;

• cartella 681/05, Silva Rienti, cicatrice, senza intervento anestesiologico;

• cartella 2694/05, Maria Giencherelli, cicatrice regione addominale, «qui c’è un consenso

anestesiologico firmato» davanti all’anestesista;

• cartella 3012/05, Alessia Arreghini, neo formazione dorso, senza intervento anestesiologico;

• cartella 1834/05, Gabriella Pettinato, cicatrici, «qui c’è un consenso anestesiologico, non

mio, però c’è, firmato, ma poi non è stato fatto niente dal punto di vista attivo

anestesiologico» (p. 104);

• cartella 1456/05, Savina Ciortino, cicatrice all’orecchio, senza intervento anestesiologico

(p. 104);

• cartella 98/05, Sara Oberto, cheloide avambraccio sinistro, senza intervento anestesiologico

(p. 104); rispondendo a una domanda dell’avv. Malcangi, il teste ha chiarito che laddove

non risulta che l’anestesista abbia compiuto una qualche attività «non vuol dire che non

fosse presente, che non ci fosse» (p. 106);

• cartella 3052/03, Francesco Palatella, cisti mano sinistra, senza intervento anestesiologico;

• cartella 2276/03, Bortolo Savoia, senza intervento anestesiologico;

• cartella 279/04, Giovanna Torelli, fibrolipomi parete addominale, senza intervento

anestesiologico;

• cartella 2786/04, Alberto Inversini, neoformazione cutanea, senza anestesista;

• cartella 1822/04, Fazzi Pellegrino, cisti sebacea, senza anestesista;

• cartella 2796/04, Francesco Marzigliano, lipoma fianco, senza anestesista;

• cartella 1881/04, Gregorio Messina, cisti regione frontale, senza anestesista;

• cartella 3369/04, Anna Cirillo, lipomi multipli, senza anestesista;

• cartella 3912/04, Sergio Sgarzi, lipoma dorsale, senza intervento anestesiologico;

• cartella 1888/04, Fausta Leva, cisti cuoio capelluto, senza anestesista;

• cartella 2019/05, Isa Gallo, lipoma gluteo e dorsale, senza anestesista;

• cartella 1977/05, Domenico Ferrari, lipomi multipli, senza anestesista;

• cartella 2142/05, Barbara Pellegrino, neri multipli, senza anestesista;

96

• cartella 1885/05, Emma Rizzo, lipoma coscia, senza anestesista;

• cartella 2969/05, Silvana Cattaneo, lesione piede destro, senza anestesista;

• cartella 477/05, Alessandro Fregoni, neoformazione sovraclaveare, senza anestesista;

• cartella 3135/05, Carmela Carbone, Meniscopatia, senza anestesista;

• cartella 2778/05, Franco Massara, ernia epigastrica, senza anestesista;

• cartella 560/05, Claudio Sforzini, nevi multipli, senza anestesista;

• cartella 2598/01, Ilaria Lanzo, neoformazione auricolare, senza anestesista;

• cartella 123/02, Marina Ossola, lipoma cervicale, senza anestesista;

• cartella 1034/02, Paola Musella, lipoma coscia e ciste inguinale, senza anestesista;

• cartella 2844/02, Romana Cattani, lipoma al collo, senza anestesista;

• cartella 211/03, Virginia Guglielimini, ciste al collo, senza anestesista;

• cartella 928/03, Alessandro Didino, cisti multiple, senza anestesista;

• cartella 1098/03, Osvaldo Frezza, cisti del collo, senza anestesista;

• cartella 2438/03, Domenico Costabile, formazioni multiple al dorso, senza anestesista;

• cartella 2508/03, Maria Grazia Raimondi, neoformazione mammella sinistra, senza

anestesista;

• cartella 2907/04, Davide Casartelli, neoformazione dorso, senza anestesista;

• cartella 1037/05, Maddalena Cozzolino, lipoma ascellare, senza anestesista;

• cartella 1787/05, Giacomo Tedone, lipoma cervicale, senza anestesista;

• cartella 2653/05, Angelo Tedeschi, neoformazione spalla destra, senza anestesista;

• cartella 3056/05, Michele Foglia, dechervè mano destra, senza anestesia;

• cartella 3045/03, Silvia Muraca, cisti del dorso, senza anestesista;

• cartella 2605/03, Giuseppina Radaelli, neoformazione mammella, senza anestesista.

6.2. Le dichiarazioni del dott. Matteo Magro.

Il dott. Magro, pure medico anestesista rianimatore, ha svolto la propria attività professionale presso

la casa di cura San Carlo per circa un anno, dall’aprile 2004 sino alla fine del marzo 2005.

Per tale motivo, collaborò con il dottor Zampori; in particolare, confermando, su contestazione, una

dichiarazione resa in data 10.11.2005, il teste ha precisato che «il dottore Zampori nelle giornate di

mercoledì eseguiva interventi chirurgici di maggiore complessità che richiedevano interventi di

anestesia generale spinale, fino alle 14. Dopo tale orario proseguiva, sempre in sala operatoria, con

altri tipi di interventi di piccola chirurgia in anestesia locale che praticava lo stesso Zampori» (p. 6).

Il teste ha dichiarato che «l’anestesia locale può essere praticata da chiunque» (p. 7); in particolare,

se l’intervento di anestesia locale «è relativo, pertinente a un intervento chirurgico, l’anestesia

97

locale di solito se la fa il chirurgo, perché un’anestesista costa. Ovvero, se una struttura aziendale

deve prevedere un anestesista che stia lì a sorvegliare o fare anestesie locali, ha un costo, quindi si

preferisce che il chirurgo se le faccia da solo e si risparmiano i soldi sull’anestesista» (p. 8).

Nel caso in cui il chirurgo pratica direttamente l’anestesia, nella cartella la parte relativa alla

“anestesia” non deve essere compilato, con un’importante precisazione: «se la struttura prevede che

non nell’immediata sala operatoria, al cospetto o presente all’intervento chirurgico ma nelle

vicinanze, nella zona, perché magari si è impegnato in un’altra attività operatoria ci sia

un’anestesista, nulla vieta che questo anestesista abbia questa funzione di sorveglianza, d’altra parte

è un principio anche di responsabilità medica. Se un medico specialista è presente in una zona in cui

avviene un’emergenza non può rifiutarsi di prestare soccorso. In questo senso lato si può dire che

c’è un’anestesista, ma non si può dire che è un’anestesista che ha fatto un’anestesia» (p. 9).

Il teste ha confermato che per l’anestesista è un obbligo compilare una scheda anestesiologica

solamente se è lui a praticare l’anestesia: «io compilo la scheda anestesiologica se intervengo su

quel paziente facendo qualcosa, un farmaco, potrebbe essere un sedativo» (p. 10).

In relazione alla cartella n. 1069, paziente Franco Laura (21), il teste ha dichiarato di ricordarsela:

«Dissi che io non ero per niente… Che se qualcuno aveva scritto a mio insaputa il nome lo poteva

aver scritto in qualsiasi momento non certamente davanti a me ma anche dopo qualche giorno e

comunque io non mi ritenevo responsabile né coinvolto in questa anestesia, anzi, chiedevo se per

caso vi fossero altri casi» (p. 12).

Il motivo della sua “contestazione” è stato così esplicitato: «quando c’erano queste anestesie locali

io non percepivo nessun compenso e di questo mi ero lamentato con il responsabile dell’anestesia,

in quanto per lavorare, per fare fruttare la giornata, io e altri anestesisti lavoriamo mattina e

pomeriggio. Quando il pomeriggio ci salta perché non è richiesta la nostra presenza, noi perdiamo

mezza giornata di lavoro e quindi come me che vengo da fuori non so cosa fare, ci ho rimesso…

molto spesso in quella clinica si approfittava che un anestesista, tipo il sottoscritto o altri colleghi,

svolgessero già l’attività in una sala per appioppargli in una sala a latere, vicino, una sala di

anestesie locali per cui non era pagato, ma che comunque essendo un medico in quel posto doveva

essere responsabile di accorrere per prestare la propria opera» (p. 12-13).

Rispondendo alla domande dell’avv. Malcangi, che gli contestava una precedente dichiarazione resa

in data 22.1.2007, il teste ha confermato che «il foglio operatorio veniva compilato dal chirurgo

non sempre contestualmente alla fine dell’intervento, a volte l’esito della seduta operatoria il

chirurgo le predisponeva tutte insieme» (p. 19).

(21) Tale cartella, peraltro, non compare tra quelle contestate né al capo D), né al capo E).

98

Ancora, il teste ha precisato che, nel caso in cui la scheda anestesiologica sia assente, ciò può stare a

significare che l’anestesista è presente ma non è intervenuto a fare alcunché (p. 21); alla domanda

«quindi può essere presente ma non firma e non compare», il teste ha risposto: «niente» (p. 21).

6.3. L’insussistenza dei falsi.

Alla luce del materiale esposto, deve ritenersi raggiunta la prova dell’insussistenza di entrambe le

ipotesi di falso.

A parte le cartelle in cui il dott. Magro ha riconosciuto il proprio intervento (cfr. le cartelle n.

2653/04, 1454/05, 3143/04, 3137/05, 1694/05, 1834/05), in cui pacificamente l’anestesista era

presente (ciò che esclude in radice la sussistenza del falso), il ragionamento dell’accusa si lascia

così riassumere: poiché si tratta di cartelle cliniche relative ad interventi chirurgici effettuati in sala

operatoria, per aprire la quale occorre l’indefettibile presenza dell’anestesista, l’assenza di scheda

anestesiologica dimostrerebbe l’assenza dell’anestesista e, quindi, il falso.

In altri termini, l’assunto accusatorio si snoda attraverso i seguenti passaggi logici:

• sulla cartella clinica è riportato il nome di un anestesista, la cui presenza è conditio sine qua

non per l’apertura dalla operatoria;

• nelle cartelle cliniche contestate nelle imputazioni in esame non vi era la cartella

anestesiologica;

• ergo l’anestesista non era presente, ciò che costituisce la prova della falsità.

Si tratta di un sillogismo fallace, perché si fonda su un permessa fallace.

E’ sufficiente qui richiamare alcuni passi delle deposizione rese dai dott. Magro e Clerici, testi

introdotti dalla pubblica accusa, sul punto centrale della questione, ossia se l’assenza di scheda

anestesiologica, con riguardo ad anestesie locali somministrate direttamente dal chirurgo, ciò che

era autorizzato a compiere trattandosi di piccoli interventi, equivalga all’assenza dell’anestesista.

Dott. Magro:

AVV. MALCANGI - Perché nell’anestesia locale, cura, quando l’anestesista può essere presente

ma non interviene non compila la scheda anestesiologica.

TESTE MAGRO - No.

AVV. MALCANGI - Quindi può essere presente ma non firma e non compare.

TESTE MAGRO - Niente.

Dott. Clerici:

TESTE CLERICI: se la scheda anestesiologica non c’è i casi sono due: cioè o io ho fatto una

anestesia vera a uno e mi sono dimenticato di farla e allora la cartella non doveva neanche essere

chiusa e avrei potuto essere richiamato e dire: “Scusa, ma tu hai fatto l’anestesia, perché si sa che

99

l’hai fatta ma non c’è la… va beh, fai la scheda”, l’altro motivo è che se non si fa niente e si è

presenti per una eventuale esigenza ma non si fa niente la cartella non viene aperta perché aprire

la cartella anestesiologica farlo a priori vuol dire già anche fare una scheda di prevista,

preambulatoriale etc. etc. per interventi che assolutamente non richiedono e farla quando il

paziente è in sala operatoria e anche se l’anestesista è lì ma non fa niente non ha senso.

(…)

AVV. MALCANGI - La mia domanda forse era un’altra, cioè laddove non risulta...

TESTE CLERICI - Ho capito...

AVV. MALCANGI - ... l’anestesista...

TESTE CLERICI - Non vuol dire che non fosse presente, che non ci fosse.

Orbene, sulla base di queste convergenti dichiarazioni, è agevole concludere che l’assenza della

scheda anestesiologica non equivale ad assenza dell’anestesista.

Sul punto, peraltro, è stato ampiamente chiarito che per interventi chirurgici di modesta entità, come

quelli in esame, il chirurgo praticava direttamente l’anestesia locale, segnalando la presenza di un

anestesista, che fisicamente si trovava nell’altra sala del blocco operatorio, anestesista che garantiva

un’assistenza passiva, nel senso che era immediatamente reperibile nel caso di necessità.

E difatti, come si è visto, il dott. Magro si era lamentato di questa prassi, perché, in tal caso (ossia in

relazione alla sua attività di assistenza passiva), l’anestesista non percepiva alcun compenso

Del resto, vanno rimarcati due aspetti ulteriori:

• si tratterebbe di falsi privi di qualsivoglia effetto sul piano economico, nel senso che,

quand’anche fosse provata la falsità, non sarebbe comunque previsto un rimborso maggiore

dal parte del servizio sanitario nazionale; a differenza delle ipotesi di truffa di cui ai capi A),

B) e C), in questo caso è pacifico che l’eventuale falsa indicazione della presenza

dell’anestesista non avrebbe minimamente inciso sui codici, che costituiscono la base di

calcolo del D.R.G.;

• non solo, quindi, manca qualsiasi movente, ma il chirurgo, attestando la falsa presenza

dell’anestesista, avrebbe corso un rischio enorme (in caso di necessità, l’anestesista,

appunto, non era presente) senza nemmeno alcuna “contropartita” di qualsivoglia natura.

Per i motivi esposti, si impone perciò l’assoluzione degli imputati dai capi in esame perché il fatto

non sussiste.

7. L’associazione per delinquere contestata al capo F).

Solo un rapido cenno al delitto associativo di cui al capo F), in cui si contesta a tutti gli imputati, in

relazione al (solo) art. 640, comma 2 c.p., di essersi associati per commettere un numero

100

indeterminato di delitti quali quelli descritti ai capi A) e B) (e non anche, sia detto per inciso, anche

quelli descritti al capo C, ossia le truffe contestate a Campiglio).

Orbene, è agevole concludere nel senso che, a fronte dell’insussistenza dei presunti reati fine e di

qualsivoglia accordo criminoso tra i vari imputati, consegue, di necessità, l’assoluzione di tutti gli

imputati dal delitto in esame perché il fatto non sussiste.

8. Il favoreggiamento contestato al capo G).

Rimane, infine, la disamina del delitto di favoreggiamento contestato alla dott.ssa Navone, all’epoca

dei fatti capo dei N.o.c.

Come si è detto in esordio (par. 1), nel corso delle indagini fu intercettata anche l’utenza

dell’imputata, perché aveva destato sospetto, negli inquirenti, l’atteggiamento di diffidenza

mostrato dal personale del n.o.c. – che pure in quel periodo stavano effettuando dei controlli presso

la Casa di cura San Carlo – nei confronti dei n.a.s., che, a loro volta, stavano conducendo le

indagini.

L’imputazione trae origine proprio da alcune intercettazioni telefoniche, nel corso della quali la

dott.ssa Navone avrebbe consigliato ai suoi sottoposti, in procinto di essere sentiti dai n.a.s. come

persone informate sui fatti, di mantenere un atteggiamento reticente.

Occorre prendere le mosse proprio dall’imputazione, perché dalla mera lettura del capo in esame

emerge l’insussistenza di qualsivoglia illecito penale.

In particolare, come si legge nel capo G), la dott.sa Navone, «informata del fatto che tutti i medici

componenti del N.O.C. (Panzetti Stefania, Bramo Chiara, Sessa Francesco) sarebbero stati sentiti a

s.i.t. dai carabinieri, invitava costoro a non offrire collaborazione ai carabinieri che stavano

svolgendo le indagini ed in particolare, di non rispondere, se sentiti in qualità di testimoni, su

domande, neppure su questioni tecniche, di negare conoscenze con gli indagati, di stare

abbottonati», come emergerebbe dal tenore di alcune telefonate intercettate nel periodo 21.2.2006-

31.3.2006, indicate nell’imputazione.

In altri termini, a Navone si contesta non di essere stata lei stessa reticente quando fu sentita dai

n.a.s., ma di aver “invitato” i suoi subalterni ad esserlo; Navone, quindi, dovrebbe rispondere del

delitto di favoreggiamento non quale autore materiale, ma nella veste di istigatore (recte, di

determinatore) dell’altrui condotta illecita, ossia del favoreggiamento commesso da Panzetti

Stefania, Bramo Chiara, Sessa Francesco, i quali, sentiti dai n.a.s, sarebbero stati reticenti.

Ora, è pacifico che i “consigli” (di stare abbottonati, di non dire tutto, ecc.) rivolti da Navone nel

corso delle telefonate in questione non sono stati seguiti dai sottoposti, i quali, infatti, non sono mai

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stati indagati per alcun reato in relazione a questa vicenda, sul presupposto, riferito dal p.m. (22) e

confermato dai testi nel corso dell’esame, che costoro abbiano risposto in maniera completa e

veritiera alle domande loro rivolte dai c.c.

Se così è - pur tralasciando il contesto in cui sono state rese le dichiarazioni “incriminate”, nonché i

rapporti tra i N.o.c. sia con i N.a.s., sia con i vertici dell’A.s.l., temi ampiamente esplorati nel corso

dell’istruttoria dibattimentale - poiché a Navone si contesta, come detto, la condotta di istigazione,

sotto il profilo della determinazione (ossia del far sorgere, nel personale da lei comandato, il

proposito di commettere il delitto di favoreggiamento personale), se non viene commesso il reato da

parte del soggetto istigato, l’istigatore non è, ovviamente, punibile.

In altri termini, trattandosi di un’ipotesi concorsuale, l’istigatore è penalmente responsabile,

secondo i principi fissati dall’art. 110 c.p., a condizione che il reato sia stato commesso dall’istigato,

ciò che, nella specie, pacificamente non è avvenuto, in quanto nessuno degli interlocutori di Navone

nelle telefonate “incriminate” (Panzetti Stefania, Bramo Chiara, Sessa Francesco) è mai stato

(nemmeno) indagato per favoreggiamento, sul presupposto che costoro avessero risposto alla

domande dei N.a.s. in maniera completa e veritiera.

Poiché, quindi, ai sensi dell’art. 115 c.p., nel caso di istigazione non accolta l’istigatore va esente da

pena, si impone l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

Vanno, infine, disposti il dissequestro e la restituzione alla società Eukos s.r.l. delle cartelle cliniche

di cui al verbale di sequestro del 9.2.2006.

P. Q. M.

Visto l’art. 530 c.p.p.

A S S O L V E

Palmesi Alberto Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa, Ciardo Grazia, Ciardo Alberto, Zampori Carlo

Maria, Fantini Alberto e Schwarz Carlo Giuseppe dai reati loro ascritti ai capi A) e B) perché il

fatto non è previsto dalla legge come reato.

A S S O L V E

Palmesi Alberto Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa, Ciardo Grazia, Ciardo Alberto, Fantini Alberto,

Schwarz Carlo Giuseppe e Campiglio Gianluca dal reato loro ascritto al capo C) perché il fatto non

sussiste. (22) Al’udienza del 11.6.2009, rivolgendosi al teste , il p.m. ha affermato: «Lei non è stato indagato per favoreggiamento perché ho preso per buono quello che Lei ha detto, che poi avete detto la verità una volta» (p. 45 ).

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A S S O L V E

Fantini Alberto e Campiglio Gianluca dal reato loro ascritto al capo D) perché il fatto non sussiste.

A S S O L V E

Fantini Alberto e Zampori Carlo Maria dal reato loro ascritto al capo E) perché il fatto non sussiste.

A S S O L V E

Palmesi Alberto Paolo Gino, Sassaroli Maria Luisa, Ciardo Grazia, Ciardo Alberto, Zampori Carlo

Maria, Fantini Alberto, Schwarz Carlo Giuseppe e Campiglio Gianluca dal reato loro ascritto al

capo F) perché il fatto non sussiste.

A S S O L V E

Navone Paola dal reato a lei ascritto al capo G) perché il fatto non sussiste.

Visto l’art. 12 bis, comma 1, l.r. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31

O R D I N A

la trasmissione di copia della sentenza all’A.S.L. di Milano per quanto di competenza.

O R D I N A

il dissequestro e la restituzione alla società Eukos s.r.l. delle cartelle cliniche di cui al verbale di

sequestro del 9.2.2006.

Visto l’art. 544 c.p.p. indica in giorni 60 il termine per il deposito della sentenza.

Milano, 20 aprile 2010

il giudice estensore il presidente