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Indice Introduzione Un amore limpido oltre i luoghi comuni «Dimmi, amor mio, se tutto questo è vero» 11 Capitolo primo Ma perché ci innamoriamo e cos’è l’amore? «Un raggio della luce io sono, una foglia sull’albero di stirpi innumerevoli» 21 Capitolo secondo Sentire e assaporare, se no a che serve «sbattersi» tanto? «Vedere un Mondo in un granello di sabbia» 65 Capitolo terzo L’amore non è uguale per tutti «Mi offrirai quella sponda della tua vita che tu stessa non possiedi» 89 Capitolo quarto Le scelte in amore «Che importa, purché ci sia fuoco in te, in me?» 125 Capitolo quinto La coppia comincia il percorso «Un amore senza appartenenza. Senza avidità» 155 Capitolo sesto La coppia viaggia «A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più» 169 Capitolo settimo Due grandi alleati, il bene e il sesso «Su, amami davvero!» 177

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Indice

Introduzione Un amore limpido oltre i luoghi comuni «Dimmi, amor mio, se tutto questo è vero» 11

Capitolo primo Ma perché ci innamoriamo e cos’è l’amore? «Un raggio della luce io sono, una foglia sull’albero di stirpi innumerevoli» 21

Capitolo secondo Sentire e assaporare, se no a che serve «sbattersi» tanto? «Vedere un Mondo in un granello di sabbia» 65

Capitolo terzo L’amore non è uguale per tutti «Mi offrirai quella sponda della tua vita che tu stessa non possiedi» 89

Capitolo quarto Le scelte in amore «Che importa, purché ci sia fuoco in te, in me?» 125

Capitolo quinto La coppia comincia il percorso «Un amore senza appartenenza. Senza avidità» 155

Capitolo sesto La coppia viaggia «A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più» 169

Capitolo settimo Due grandi alleati, il bene e il sesso «Su, amami davvero!» 177

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Capitolo ottavo Gli ingredienti della coppia amorosa «E poi la chiamo, contro tutto quello che verrà, moglie» 209

Capitolo nono La vita materiale e associativa «Ogni vita desidera un linguaggio, con parole e numeri, colori, linee, suoni» 231

Capitolo decimo Quando gli amori vanno in crisi «Ma chi bacia la gioia in volo vive nell’alba dell’Eternità» 249

Capitolo undicesimo Gli aiuti per le coppie, crescere insieme «Per sentire la vita della nostra terra apro tutti i sensi in festa» 259

Capitolo dodicesimo Gli aiuti per le coppie, sviluppare le personalità «Andiamo via, creatura mia, via verso l’Altrove» 269

Capitolo tredicesimo L’arte del dialogo, «le buone e le cattive maniere» «Se tu non parli, riempirò il mio cuore del tuo silenzio, sopportandolo» 289

Capitolo quattordicesimo Quando gli amori fi niscono «Mancami sempre, come a volte la luna di notte, velata» 317

Capitolo quindicesimo Oltre il due, per fi nire… e continuare «Fa’ voti che ti sia lunga la via, e colma di vicende e conoscenze» 329

Limpidi ringraziamenti 349

Bibliografi a 353

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IntroduzioneUn amore limpido oltre i luoghi comuni

«Dimmi, amor mio, se tutto questo è vero»

Non c’è alcun dubbio che questo libro sia un saggio, si vede subito.

A una prima occhiata si noterà un indice piuttosto lungo e de-scrittivo, un’introduzione che colloca il lavoro in un certo contesto e poi i riquadri, le poesie, le note, ecc. Sfogliando qua e là le pagine, la prima impressione verrà di certo confermata: il linguaggio è analitico, i temi un po’ teorici, le argomentazioni circostanziate, ci sono testimo-nianze di vita vissuta, citazioni di autori provenienti da diverse scienze come l’etologia, la psicologia, la genetica, la sociologia, e perfi no un tradizionale capitolo fi nale che vuole essere un punto d’arrivo, forse anche un po’ ambizioso, e una speranza per il futuro.

Insomma un libro di divulgazione psicologica sul tema dell’amo-re di coppia.

Abbiamo però cercato di scrivere un saggio che fosse sì rigo-roso e «scientifi co», ci mancherebbe, ma anche semplice, concreto, coinvolgente ed emozionante, così che potesse essere letto, almeno in parte, come un’autobiografi a, diciamo così, scritta a quattro mani, le nostre.

Ogni parola in questo libro, anche se poi è stato materialmente scritto per lo più da uno solo di noi, è parola condivisa, l’espressione intensa, discussa e verifi cata, di anni di lavoro e di amore nelle nostre personali vite.

Siamo stati noi a vivere nel frattempo, mentre ci occupavamo, per lavoro, di coppie, e siamo stati noi a pensare, a discutere, a emo-

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zionarci, a piangere e a ridere, mentre le nostre esperienze professionali stavano evolvendo e crescendo negli anni.

La nostra attività di lavoro si è sviluppata parallelamente alla nostra vita amorosa, come se ne pensasse il senso e lo ritrovasse in decine di coppie che abbiamo accompagnato in percorsi di vita dif-fi cili e infelici, ma anche teneri e affettuosi, come i nostri. Pensando a questo libro a volte ci siamo accorti di commuoverci, di sorridere, di capire anche molto di noi. I confi ni fra quello che capitava agli altri e a noi diventavano a tratti piuttosto sottili, e da ciò avevamo sempre grande nutrimento.

Ma come avremmo potuto scrivere d’amore senza parlare anche di noi?

Così come non avremmo certo potuto essere terapeuti senza, almeno in parte, esserlo a modo nostro, con la nostra esperienza di vita e di umanità, proprio noi.

Insomma, così come i ricchi piangono, anche i terapeuti amano, sono felici e soffrono!

Naturalmente siamo ben capaci di prescindere da noi quando vogliamo: quando entriamo nelle nostre stanze di lavoro dobbiamo essere puliti dai nostri affanni e ben disponibili a entrare in contatto con le vite degli altri senza sovrapporci mai.

Aiutare gli altri è pur sempre un affi ancamento a un percorso altrui, di persone con capacità, valori, obiettivi propri e assolutamente specifi ci.

E anche scrivere questo libro è stato un percorso molto personale; a un certo punto ci siamo accorti che perfi no l’ordine degli argomenti era il frutto della nostra stessa maturazione come persone e come persone amorevoli, l’esito di ciò che è accaduto alle nostre vite in questi ultimi anni. Quello che abbiamo scritto in queste pagine non è diverso da quello che abbiamo scritto nella nostra mente, nel nostro cuore e nel percorso che risulterà, alla fi ne, nella nostra stessa vita.

Così come scrisse Flaubert «madame Bovary sono io», così questo libro siamo noi, anche se si tratta di un saggio. Così abbiamo deciso di non nasconderci troppo, chi ci conosce capirà, e di scrivere con il cuore.

Pensiamo di essere anche più credibili, perché autentici: oltre che come psicoterapeuti individuali, di gruppo e di coppia, parliamo di ciò

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che abbiamo vissuto in prima persona, da amanti felici e infelici, con i nostri compagni, con le nostre gioie e i nostri dolori, con le nostalgie, le speranze, le passioni, le solitudini e le cantonate. Abbiamo vissuto tutto con grande vitalità e intensità, e proprio questo forse, più di ogni altra cosa, ci ha fatto incontrare e scegliere come compagni di lavoro.

Insieme abbiamo condiviso i nostri amori, ci siamo aiutati e consultati, sostenuti e confortati. Così abbiamo fatto anche come psicoterapeuti, cercando l’armonia sempre fra ciò che dicevamo e ciò che vivevamo, anzi facendo forse ancora di più l’opposto, amando meglio che potevamo e poi insegnando meglio che potevamo.

Scriveva Benedetto Croce (1922, Frammenti di etica):

E la religiosità è l’armonia, l’armonia della quale si coglie solo qual-che parvenza secondaria quando la si cerca nelle forme estrinseche del comportamento e della parola, ma che si attinge alla scaturigine quando si intende come unità del pensare col sentire e col fare, e del sentire e del fare col pensare, sicché nulla vi sia che, pensato, non diventi principio d’azio-ne e non modifi chi in qualche misura l’azione, e nulla resti nell’azione che non si proponga come problema al pensiero, e l’individuo, volta per volta, conosca se stesso e le condizioni tra le quali opera, e operi in conformità, e del suo operare acquisti trasparente consapevolezza e ne faccia la critica, ossia lo giudichi.

Per questo abbiamo inserito poesie, brani letterari, canzoni, interviste e lettere ai giornali, e poi storie di persone vere, tutti no-stri grandi amori. Speriamo di essere riusciti, alla fi ne, a scrivere un saggio palpitante in grado di far pensare con la mente e col cuore, di far divertire dunque.

Diciamo anche che spesso psicologi, fi losofi , sociologi, gli esperti insomma, ma anche gli scrittori di narrativa, per non parlare di quei «tristoni» di poeti e cantautori, di solito sono bravissimi a sottolineare quello che non va nella vita.

Quando li leggi ti senti sempre un po’ sprovveduto e scemo, un ingenuo nella migliore delle ipotesi, che fi nalmente legge chi gli mostra dove ha sbagliato e quanto è avara la vita.

Ecco, noi abbiamo cercato di fare il contrario: di riportare pen-sieri che valorizzassero il più possibile l’esperienza amorosa, questa straordinaria ricerca dell’affettività e della felicità che gli esseri umani non interrompono mai (o quasi).

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Abbiamo cercato di indicare delle strade, scegliendo uno sguardo positivo, perché siamo convinti che ogni persona ha del valore, in sé e nelle proprie storie d’amore, e che ogni incontro è sempre un percorso di vita insieme, per nulla casuale, un’esperienza in due da valorizzare sempre, oltre che da gustare.

Non è il bello, il giusto e il vero a mancare, e nemmeno l’amore, questo mai, in nessuna delle coppie che abbiamo incontrato. Quello che manca il più delle volte è la comprensione di ciò che è avvenuto, la consapevolezza della fase della crescita che si è vissuta, del passag-gio evolutivo che si è tentato di fare e soprattutto di come se ne può uscire ora, se proprio di lì si deve passare, positivamente, in due o da soli. Così abbiamo cercato di mettere in evidenza il senso profondo che hanno per gli esseri umani la coppia, l’amore, la sessualità e la felicità. Nientemeno.

Fra tante chiacchiere che si fanno su giornali e in televisione abbiamo cercato di essere concreti e propositivi, di dare il nostro contributo perché gli amori siano non solo felici, ma anche utili: in fondo abbiamo scritto questo libro perché nell’amore ci crediamo e vogliamo continuare ad aiutare altre persone a essere felici come noi siamo stati e spesso siamo ancora.

Parleremo meno dell’innamoramento e delle pene d’amore, di cui tratta il 90% della letteratura, della poesia e delle canzoni, e di più di come trovare, conservare e far evolvere l’amore di coppia ed essere felici.

Diciamo che questo libro vuole essere una cura preventiva.Per noi l’intervento psicologico con le coppie è diventato

soprattutto un modo per aiutare ad apprendere a relazionarsi con l’altro e ad amare. Non si tratta tanto di salvare una coppia in crisi o di concludere un rapporto, «lasciandosi così senza rancore», ma di imparare a stare al mondo amorevolmente.

Vorremmo evitare di arrivare con gli idranti e le asce quando gli incendi hanno già divorato tutta la casa, mentre le famiglie, ormai impotenti, si stanno ancora accapigliando, in strada, discutendo su chi, dieci anni prima, doveva controllare il funzionamento del gas.

Per non parlare dei bambini che pure stanno lì intorno a liti-gare, fra loro.

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Vorremmo veramente essere d’aiuto soprattutto a coloro che credono di aver trovato l’anima gemella (bel luogo comune!), a coloro che provano un forte e irrefrenabile sentimento (secondo luogo co-mune) e infi ne a coloro che, pur non avendo attualmente un amore, lo stanno cercando dibattendosi fra i misteri (terzo luogo comune) dell’attrazione affettiva e sessuale.

Cominciamo allora subito a sfatare queste affermazioni, anche se, ovviamente, ci ritorneremo più avanti, e cominciamo a dare qualche indicazione.

Confutazione del primo luogo comune: dobbiamo trovare l’ani-ma gemella!

Non esiste un’anima che sia la nostra gemella, o meglio dovrem-mo dire che migliaia di persone possono essere (ma, come vedremo, sarebbe meglio dire: possono diventare) il/la compagno/a della nostra vita. Non stracciamoci dunque le vesti, non arrabbiamoci troppo, non traiamo conclusioni affrettate, se un amore fi nisce.

Se è fi nito, semplicemente non era la nostra storia, «non era destino», si dice.

In genere si scopre che quella persona, passata l’infatuazione iniziale, non era di quelle giuste. Quello che accade il più delle volte è che, sotto un’immagine attraente, emergono col tempo elementi caratteriali in evidente contrasto con le nostre aspettative; niente di strano, potremmo dire, un problema di corrispondenza fra immagine e sostanza, fra forma e contenuto, fra prodotto e confezione.

E allora ricominciamo a cercare, magari guardando un po’ prima, cosa c’è veramente «sotto il vestito».

Confutazione del secondo luogo comune: l’amore è un sentimento irrefrenabile!

A parte il fatto che ciò che è irrefrenabile di solito è il desiderio, l’amore non è un’emozione, ma un insieme di comportamenti che danno gioia e piacere.

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Che ci importa, infatti, bisogna pur dirlo, che qualcuno provi attrazione (desiderio appunto) irrefrenabile per noi, che sia pieno di gioia (questa sì che è un’emozione) quando ci vede e di tristezza (altra emozione) quando siamo lontani? Ci importa molto invece che sia gentile, che ci faccia regali inaspettati, che piaccia anche a noi, che senta attrazione sessuale e che soprattutto la manifesti in modo accettabile e gradevole per noi.

Ci importa che ci capisca, che sia dalla nostra parte, che sia pro-tettivo, che faccia… quello che desideriamo, che ci faccia stare bene.

Più avanti ne racconteremo delle belle sui comportamenti d’amore, per ora limitiamoci a dire che quello che conta non è ciò che si sente o si dichiara, ma ciò che si fa: quello che sentiamo ne sarà la logica conseguenza, se poi, da parte nostra, saremo capaci di fare altrettanto.

Confutazione del terzo luogo comune: l’amore è un mistero

Certo che lo è, ma solo per chi non ha nessuna consapevolezza di sé e dei propri bisogni relazionali. La cosa buffa è che sembra che a parlarne seriamente se ne perda la poesia, come se programmando un viaggio non dovessimo sapere cosa stiamo cercando e dove vo-gliamo andare.

Ma come? Sogno una vacanza, avventurosa o pacifi ca, culturale o ecologica che sia, e non dovrei informarmi prima se quello che mi viene offerto nel dépliant pubblicitario è ciò che desidero? Se una volta decisa la partenza m’informo sull’abbigliamento più adatto oppure leggo un saggio sulla cultura del luogo, poi perderò il gusto della sorpresa?

Sarò meno emozionato e ammaliato dalla bellezza dell’aurora boreale o di un branco di pesci tropicali solo perché so che mi piac-ciono e ne conosco l’origine e la forma?

E ancora, se la mia vacanza sarà in una tranquilla casa in campagna con amici o familiari, magari anche sempre i soliti, dove peraltro saprò per certo cosa faremo, sarà per questo meno gioiosa e nutriente, solo perché è sempre il solito posto ad accogliermi e le solite persone a volermi bene? Ma andiamo!

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Il problema è caso mai il contrario, non sapere cosa ci piace, non saper cercare e dunque non saper trovare ciò che è adatto a noi, ciò che rende felici noi, proprio noi.

Per questo la prima parte del libro sarà dedicata ai bisogni umani: la prima cosa che un «aspirante amante» deve sapere è cosa sta veramente cercando in una persona e, al di là delle manifestazioni di marketing personale che tutti inevitabilmente facciamo, come scoprire se l’altro ha le caratteristiche per «diventare» il compagno per la vita, o almeno provarci.

Naturalmente non è che di misteri non ce ne siano, e questo vale per tutte le espressioni degli esseri umani, solo che alcuni di questi bisogna svelarli il prima possibile.

La coppia amorosa deve percorrere un cammino tortuoso, pieno di svolte, di salite e discese, con cambi di direzione a volte progettati attentamente e a volte improvvisati e del tutto inaspettati; la coppia amorosa deve essere un’alleanza fra persone vere che, come vedremo, dovrebbero sapere benissimo dove vogliono andare, prima di tutto individualmente e poi insieme.

Un viaggio meraviglioso e sorprendente, che certo non si addice a miopi, balordi, sbrigativi e pelandroni.

Ci sono anche altri motivi che ci hanno spinto a scrivere questo libro: il sociologo Zygmunt Bauman (2006) ha parlato di volatilità insostenibile dei sentimenti, a proposito dei rapporti affettivi nelle nostre società avanzate. Ne ha fatto una descrizione impareggiabile a cui volentieri rimandiamo per scoprire la misera fi ne che stiamo facendo: le famiglie oggi sono in crisi perché sono in crisi le relazioni affettive in tutti i sensi.

In una famosa intervista di Pierangelo Giovanetti (2 febbraio 2006), diceva: « Di fronte al “per sempre” ci troviamo impauriti. Solo che, senza un impegno esclusivo e nel tempo, i nostri legami sono fragili e anche il rapporto d’amore risulta esasperatamente insicuro.

Questo crea uno stato di ansietà permanente in cui è sprofondato l’uomo d’oggi. Un futuro oscuro e gravido di conseguenze se non ci sarà un cambio di rotta».

Il lavoro ci mangia il tempo, le aspirazioni individuali di suc-cesso professionale rendono tutto il resto secondario, i vincoli di indissolubilità sono superati.

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La felicità immediata, che poi in realtà dovremmo chiamare «piacere sensoriale», sembra molto più attraente che la gioia perseguita e guadagnata con un fare costruttivo e solidale.

Consumiamo tutto in fretta, dagli hobby ai lavori, dalle amicizie alle relazioni parentali, dalle vacanze agli interessi culturali; tutto è precario, tutto è superfi ciale, e dunque anche l’amore, siamo tutti in mobilità frettolosa obbligata e, di conseguenza, viaggiamo galleg-giando con un’instabilità psicologica costante.

Nelle grandi città la quantità dei contatti ha sostituito la qualità dei rapporti.

Una scriteriata crescita numerica ci travolge e ci spinge a correre sempre di più, come se il progresso fosse fare più cose e conoscere più gente.

Così, senza radici, fl ettiamo pericolosamente a ogni scarto di vento, cercando solidità e protezione nel conto in banca o nell’osten-tazione dei nostri successi, del tutto ineffi caci di fronte ai mali del secolo nel nostro mondo occidentale: la solitudine e il senso di inutilità della vita.

Così abbiamo scritto un libro che vuole essere un ritorno alla Natura.

Già, perché la Natura umana sarebbe anche straordinariamente saggia, a saperla ascoltare. Evoluta così com’è in milioni di anni, così come la vediamo oggi attraverso l’osservazione della crescita di un bambino, ci potrebbe davvero fornire la direzione della nostra vita.

Eppure ce ne dimentichiamo, ci lasciamo usare come strumenti di uno sviluppo insostenibile, ci lasciamo manipolare per un pro-gresso materiale e tecnico che non ha certo come obiettivo la nostra personale felicità.

Ci immoliamo inavvertitamente, e dobbiamo anche continuare a sorridere, mentre ci perdiamo noi stessi e la nostra essenza di esseri umani, che è, non dimentichiamolo, fondamentalmente amorosa e relazionale.

Abbiamo scritto un libro per ristabilire le priorità.Per aiutare le persone a investire la propria intelligenza e il

proprio tempo per conseguire forse il più bel regalo che la Natura ci ha messo a disposizione: la felicità relazionale.

Lo abbiamo chiamato amore limpido.

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Limpido perché in un rapporto si possa guardare nel profondo e amare anche quello che a prima vista non si coglie, limpido perché vero, limpido perché naturale, limpido perché offerto senza inganno, limpido perché consente di vedere immediatamente quando qualcosa lo intorbida, limpido perché l’acqua è il simbolo della conoscenza che scorre e disseta ed è alla portata di tutti. L’amore limpido potrebbe perfi no essere un programma di vita per i rapporti di ogni genere. Per noi, che ci proviamo con alterni successi, è anche un’aspirazione personale e professionale che ci orienta a vedere l’altro per quello che è veramente, non per quello che lui desidera essere o mostrare o, peggio ancora, per quello che noi pretendiamo che sia. La limpidezza è l’offerta di sé autentica e trasparente, così rilassante quando ci si può mostrare senza difese o tattiche di approccio, così rasserenante quando non si ha più nulla da nascondere e ci si confronta recipro-camente con fi ducia e stima.

E poi la limpidezza consente di capire e spiegare anche le manifestazioni apparentemente più fastidiose, è ciò che favorisce la comprensione e la tolleranza, se non proprio l’affetto incondizionato, anche per i lati peggiori di ognuno.

La limpidezza è la prima condizione per l’accettazione, l’ac-coglienza e la condivisione dell’altro tutto intero, in una parola per l’intimità.

E poi ci sono la passione, l’evoluzione, la parità, il progetto di vita insieme e un sacco di altre cose belle, ci sarà di che divertirsi.

E ora, come dicono al circo, andiamo a incominciare.

Dimmi se questo è vero

Dimmi se questo è vero, amore mio,dimmi se questo è tutto vero.Quando questi occhi scagliano i loro lampile oscure nubi nel tuo pettodanno risposte tempestose.È vero che le mie labbra sonocome il boccio del primo amore?Che la terra, come un’arpa, vibradi canzoni al tocco dei miei piedi?

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E poi è vero che gocce di rugiadacadono dagli occhi della notteal mio apparire e la luce del giornoè felice quando avvolge il mio corpo?È vero, è vero che il tuo amore viaggiòper ere e mondi in cerca di me?Che quando fi nalmente mi trovastiil tuo secolare desideriotrovò una pace perfettanel mio gentile parlarenei miei occhi, nelle mie labbrae nei miei pensieri?E dimmi infi ne se è proprio veroche il mistero dell’infi nitoè scritto sulla mia piccola fronte.Dimmi, amor mio, se tutto questo è vero.

Rabindranath Tagore, Gitanjali

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CAPITOLO OTTAVO

Gli ingredienti della coppia amorosaIntimità, impegno, passione ed evoluzione

«E poi la chiamo, contro tutto quello che verrà, moglie»

Forse è giunto il momento di riassumere il percorso fatto fi no a qui, riepilogando alcuni elementi fondamentali che rendono la coppia amorosa, più che utile, indispensabile all’evoluzione e alla maturazione di ciascuno di noi e alla realizzazione di una vita felice e piena di signifi cato. Ecco dunque le funzioni che abbiamo descritto nei capitoli precedenti, l’essenza dell’amore limpido.

1. Rivitalizzare gli orientamenti esistenziali: aiutare a realizzare in età adulta le pulsioni di base di entrambe le persone: sopravvivere, darsi sicurezza economica e psicologica, riprodursi, creare affettività, amore e senso di appartenenza, conoscere e imparare cose nuove, evolvere, esprimere la propria individualità, dare un signifi cato alle piccole e grandi azioni orientate ad attuare se stessi e a dare un senso alla propria vita.

2. Imparare ad amare: aiutare a evolvere da una modalità amorosa esclusiva e possessiva, e poi meramente procreativa e sessuale, a una più matura e più coerente con le età successive, passare cioè da un modello amoroso Up-Down tendenzialmente infantile e totalizzante, imparato nella famiglia d’origine, a un modello pari-tario e reciproco, tendenzialmente adulto e genitoriale. (Diciamo tendenzialmente, perché si sa che ogni tanto qualche regressione ci scappa e fa pure bene).

3. Supportarsi nel cambiamento: sostenere i partner nel loro fl usso evolutivo permanente attraverso le diverse età della vita con un’al-leanza che preveda feedback sia positivi che critici all’interno di un

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presupposto di amore incondizionato costruttivo e affettuoso. E poi confermare l’identità, aiutando ad assorbire le trasformazioni o stimolando i cambiamenti necessari.

4. Sviluppare le potenzialità: favorire l’evoluzione e l’apprendimento delle qualità negate sia a livello delle pulsioni dimenticate che delle caratteristiche di personalità non formate o formate in modo controproducente. Questo apprendimento è la reciproca integra-zione delle parti di sé necessarie per una vita anche individuale soddisfacente e felice, è la soddisfazione del bisogno nascosto.

5. Stabilizzare la stima di sé: prima attraverso l’innamoramento e l’idealizzazione, e in seguito attraverso la valorizzazione e l’ap-prendimento delle capacità per cui si è scelta quella persona e la comprensione profonda delle differenze e dei limiti.

6. Imparare a fare l’amore: per unire le essenze delle due umanità, nude e crude, autentiche nell’abbandonarsi totalmente fra le braccia dell’amato, che tutto accoglie e tutto glorifi ca. Una sessualità che compenetra i corpi e stabilisce un legame a livello fi sico, ancestrale e viscerale.

7. Costruire una nuova cultura: stabilire un insieme di abitudini, di regole, di valori comportamentali al passo con i tempi e con le esigenze di ciascun individuo e della vita a due. Intendiamo una cultura nuova rispetto alle famiglie di origine, ma anche alle situazioni di coppia o di solitudine antecedenti. La coppia, intesa come organismo so-ciale, richiede processi di funzionamento propri che devono essere inizialmente negoziati e condivisi, ma anche rivisti in concomitanza con i cambiamenti che man mano si verifi cano nella vita.

8. Conoscere l’altro: come essere umano intero, con aspetti attraenti e irritanti, capirne i limiti come inevitabili ineffi cienze, frutto della sua storia e della sua origine, imparare dunque e praticare la comprensione, l’accettazione e la tenerezza, in una parola la «compassione», non solo verso il proprio partner.

Abbi cura

Dalla fi nestra la vedo chinarsi sulle rosereggendole vicino al fi ore per non pungersi le dita.

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Con l’altra mano taglia, si ferma e poi taglia ancora, più sola al mondo di quanto mi sia mai reso conto. Non alzerà lo sguardo, non subito. È solacon le rose e con qualcosa che riesco solo a pensare, ma non a dire. So bene come si chiamano questi cespugliregalatici per le nostre nozze tardive: Ama, Onora, Abbi Cura…è quest’ultima la rosa che all’improvviso mi porge, dopo essere entrata in casa tra uno sguardo e l’al-tro. Ci affondo il naso, ne aspiro la dolcezza, lascio che mi si attacchi addosso – profumo di promessa, di tesoro. Le prendo il polso perché mi venga più vicina,i suoi occhi verdi come muschio di fi ume. E poi la chiamo, contro tutto quello che verrà, moglie, fi nché posso, fi nché il mio respiro, un petalo affannato dietro l’altro, riesce ancora a raggiungerla.

Raymond Carver, Il nuovo sentiero per la cascata, Poesie

Quanto tempo in media al giorno una persona occidentale dedica a realizzare queste fi nalità rispetto alla realizzazione di sé altrove, sul lavoro, ad esempio? O nello sport?

I rapporti affettivi sono anche onerosi, non possiamo immagi-nare che realizzare tanta bellezza e felicità sia facile; come non è facile costruire rapporti di fi ducia e di vicinanza con un fi glio, ad esempio, diventare una coppia richiede tempo e cura.

Ma c’è dell’altro.Robert J. Sternberg (2002) ha scritto qualche anno fa un libro

intitolato La freccia di cupido, che spiega bene cosa ci vuole per co-struire una buona coppia.

Gli ingredienti del suo triangolo dell’amore sono: l’impegno, la passione e l’intimità.

Li riportiamo brevemente, perché ci sembrano confermare ampiamente e con semplicità (e semplici sono spesso le cose più vere) quanto stiamo dicendo.

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L’impegno ha un aspetto di breve termine, la decisione cioè di amare quella persona all’inizio, e poi uno di lungo termine, che consiste nella cura per far durare l’amore. L’impegno è anche il grado di attaccamento con cui si sta insieme, anche qui, non tanto per il dichiarato, che spesso è enfatico e seduttivo (puah), quanto per le azioni che si mettono in atto per difendere e valorizzare il rapporto.

In questo comprendiamo ad esempio la condivisione dei patrimoni economici, i progetti materiali e familiari per il futuro, l’alleanza nelle diffi coltà, l’immagine di sé come persona che vive in coppia, ora e per il futuro, l’autorevolezza, la coerenza e l’affi dabilità nel prendere decisioni, la protezione dalle intrusioni dell’esterno quando queste minano la cultura della coppia, la serietà insomma nel credere in quello che si sta andando a fare.

La passione è invece il cerino sul covone di paglia, come un caminetto acceso nelle sere d’inverno, una nuotata nudi d’estate, un massaggio con l’olio profumato, ecc., ma anche il senso di mancanza degli abbracci quando si è lontani.

La passione è il corpo che urla (ci pare che raramente sussurri), che invoca l’unione e la fusione, così appagante per tutti i sensi e in tutti i sensi, è il non poter fare a meno della bellezza dell’altro, non solo, ovviamente, in termini sessuali.

È la passione per le gite in bicicletta che solo con il proprio compagno vengono così, per le coccole che si scambiano nei momenti di scoramento o di solitudine, è la passione per quei piatti cucinati solo per due, discutendo sull’origano o il prezzemolo, la passione per le letture insieme in amaca o le chiacchierate a lume di candela fi no a tardi, dopo il lavoro. È uscire dal cinema e commentare insieme, fi tto fi tto, e lei e lui dicono cose diverse perché hanno provato sentimenti diversi, e i suoi sono sempre così… così… diversi e interessanti, magari proprio perché è come se avesse visto un altro fi lm.

La passione è la voglia mantenuta nel tempo di fare qualcosa con l’altro, perché è l’altro con cui al meglio condividiamo la vita di tutti i giorni, non altri, con lui o con lei certe cose riescono sempre meglio.

La passione del bagno caldo al rientro da una giornata piovo-sa e faticosa, con lui o lei che ti spugna dolcemente la schiena, la passione per i massaggi ai piedi fatti simultaneamente, che non si

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farebbero certo a nessun altro, io a te e tu a me. E si possono anche lavare prima, come Gesù.

La passione politica, le arrabbiature, le indignazioni che si fomentano a vicenda, gli entusiasmi condivisi e accolti con grido-lini di gioia e segni di approvazione entusiasta. Stiamo esagerando? Non crediamo proprio, ma che fate la sera, quando state insieme? Guardate la tivù?

E poi l’intimità; Sternberg elenca dieci punti, che, per rispetto, ma anche un po’ per pigrizia, riportiamo pari pari:

1. Il desiderio di alimentare il benessere della persona amata. 2. Sentirsi felici con la persona amata. 3. Tenere in alta considerazione il partner. 4. Fare affi damento sulla persona amata. 5. Avere una comprensione reciproca. 6. Condividere se stessi e i propri averi con la persona amata (questo

secondo noi andrebbe messo nell’impegno, ma condividere se stessi è bellissimo, e giustamente va qui).

7. Ricevere supporto emozionale. 8. Dare supporto emozionale (si poteva unire questo punto a quello

precedente dicendo «scambiare reciprocamente supporto emo-zionale», ma allora non si arrivava a dieci).

9. Comunicare intimamente con la persona amata.10. Valorizzare la persona amata.

Tutto giusto, ovviamente, a noi però piace pensare all’intimità come a quell’autenticità ottenuta con l’amore incondizionato e l’ac-cettazione di sé, prima di tutto, e poi con l’accettazione dell’altro.

È poesia pura, anche se non proprio «alta», quella che racconta Robin Williams al suo giovane paziente, ribaldo e aggressivo, nel fi lm Will Hunting, genio ribelle, parlando di sua moglie, morta qualche anno prima; riportiamo a memoria: «Sai cosa mi manca di più di lei? Mi mancano le sue puzzette dentro il letto». Questa era l’intimità che gli mancava, quella rilassatezza, quella naturalezza che si può ottenere solo dopo anni di vicinanza, di familiarità, di accoglienza per difetti e mancanze, anche ben più gravi. Ci si arriva solo dopo aver capito che all’altro non importa nulla di inezie come queste, perché ama immensamente il resto. Allora tutto è possibile. E proprio

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questo fi niva per mancargli di più, le piccole e tipiche cose possibili solo con lei.

L’intimità è limpidezza e trasparenza — non sempre penso e so quello che dico, ma dico sempre quello che penso — e proprio a te, perché tu lo puoi capire e accogliere, e se anche non ti piacerà o sarai in disaccordo me lo dirai, esattamente come farò io.

Il signore della poltrona

Poiché pur sentendoci bene volevano sentirci ancora meglio, stavano sempre vicini vicini per facilitare le orecchie. Ad esempio non stavano seduti su due poltrone, bensì su una. Lì parlavano fi tto fi tto, a lungo capendosi alla perfezione. Ma non stavano un po’ scomodi su una poltrona sola?No, essendo un signore e una signora di forme complementari, lì stavano perfettamente, come due contigui puzzles.

Vivian Lamarque, Poesie 1972-2002

L’intimità è quel miracolo di contemporaneità e coincidenza di bisogno e risposta da parte dell’altro, così da andare verso lo stato emozionale dell’altro con un atteggiamento che ne favorisce l’espressione, almeno.

Poi si vedrà, ma se ho paura ho bisogno solo di protezione, se provo dolore ho bisogno proprio di contenimento, se provo rabbia ho bisogno di sentire un’alleanza che aiuta a sfogarmi,se provo gioia ho bisogno che anche tu condivida la mia felicità, se ho sbagliato ho bisogno di indulgenza,se sono incerto ho bisogno, proprio e solo in questo caso, di parole e saggi consigli.Questi sono i comportamenti che bisogna imparare a fare

e con tempestività e giusta misura per essere competenti e capaci nelle relazioni affettive, questa è intelligenza emotiva. L’intimità

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è la sensibilità che aiuta a corrispondere in tempo reale ai bisogni emotivi, è la fl essibilità e la capacità di essere diversi per l’altro nei diversi momenti, un’abilità che si acquista con il suo aiuto, perché per anni ti ha spiegato cosa fare per farlo contento, fi nché non hai nemmeno più bisogno di chiedere: «Cosa vuoi da me? Cosa posso fare per te?».

Frasi che vanno bene giusto per i manuali per le professioni d’aiuto, ma che nella coppia prendono un sapore di manierata e distaccata gentilezza formale.

Così se si ha paura non si minimizzerà, se si è tristi non si sdrammatizzerà, se si è arrabbiati non si farà ragionare, se si è incerti non si rinvierà a domani.

E poi c’è l’ascolto, senza il quale l’intimità è del tutto impos-sibile.

Ma di questo parleremo occupandoci della comunicazione.Stiamo esagerando? Non crediamo proprio. Altrimenti che fate

la sera e quando state insieme? Andate in discoteca?Però ci manca un punto, oltre l’impegno, la passione e l’intimi-

tà… ci spiace per la forma triangolare di Sternberg che verrà grafi -camente stravolta, ma a noi sembra mancare uno degli elementi più importanti della vita di coppia: mancano l’evoluzione e la crescita.

Ve l’immaginate che noia, senza cambiamenti, senza imparare cose nuove, senza creatività, e poi, insomma, la staticità in Natura non esiste.

La coppia che non si rinnova si separa o perché uno dei due prima o poi, senza neanche accorgersene, comincia a guardarsi attorno e vede la bellezza del mondo in movimento, oppure perché entra in gioco il famigerato terzo a scompaginare un ménage stantio. Molti si separano, pur se «solo» psicologicamente, anche mantenendo la convivenza perché si consumano da dentro reiterando per anni sempre gli stessi gesti, sempre le stesse azioni, le stesse vacanze, gli stessi cibi, le stesse «posizioni», gli stessi discorsi.

Quando mancano gli stimoli esterni non si ha progressivamente più niente da comunicarsi. Insomma, anche l’amore, se le persone non arricchiscono la loro personalità, alla fi ne fi nisce per diventare una consuetudine che non attiva più l’elemento costitutivo della pulsione alla crescita: la curiosità.

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Per questo le persone che si amano devono avere vite anche separate, devono diventare un po’ diverse nel tempo, imparare cose nuove, vivere altre esperienze, valorizzare altre parti di sé, magari sconosciute a se stesse e tanto più al partner che ne sarà sorpreso e incuriosito.

Smettere di crescere vuol dire morire, perfi no le nostre cellule cerebrali se non vengono stimolate muoiono, e ne muoiono già a ca-mionate per conto loro. L’amore si rinnova se le persone si rinnovano, se vanno e poi tornano a raccontare, a portare anche all’altro la novità, se la crescita individuale è accolta e supportata festosamente dall’altro come supporto alla sua autorealizzazione al suo rinnovamento. Altro che gelosia, altro che invidia.

Gradini

Come ogni fi or languisce e giovinezzacede a vecchiaia, anche la vita in tuttii gradi suoi fi orisce, insieme ad ognisenno e virtù, né può durare eterna.Quando la vita chiama, il cuore siapronto a partire ed a ricominciare,per offrirsi sereno e valoroso,ad altri nuovi vincoli e legami.Ogni inizio contiene una magiache ci protegge e a vivere ci aiuta.

Dobbiamo attraversare spazi e spazisenza fermare in alcun d’essi il piede,lo spirito universale non vuol legarcima su di grado in grado sollevarci.Appena ci avvezziamo ad una sederischiamo d’infi acchire nell’ignavia;sol chi è disposto a muoversi e partirevince la consuetudine inceppante.

Forse il momento stesso della morteci farà andare incontro a spazi nuovi;della vita il richiamo non ha fi ne…Su, cuore mio, congedati e guarisci!

Hermann Hesse, Poesie

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L’amore limpido sa che il fi ume è sempre in movimento, che non esistono due gocce uguali, che l’acqua che scorre non è mai la stessa, che perfi no uno stagno o una pozzanghera sono brulicanti di vita.

Le persone che amano limpidamente comprendono e amano il rinnovamento perché sono felici quando la vita dell’altro è felice, così come sono felici quando l’altro torna fra le loro braccia a raccontare quanto ha visto nel mondo.

Certo che tutto questo può anche risultare qualche volta fa-ticoso; è diffi cile, tanto per dirne una, essere disponibili quando si è stanchi la sera, spesso si vorrebbe mandare al diavolo l’intimità e guardarsi in santa pace la partita o il fi lm in tivù. Ma proprio questo è anche bello fare quando si è intimi e reciproci, dire «lasciami stare stasera» e sentirsi lo stesso accolti e «a casa». È di nuovo la base sicura, accogliente nella diversità.

Si capisce, no, perché ci piace tanto? Il fatto è che, per tutta la vita, abbiamo bisogno di questa sensazione di vicinanza comprensiva e indulgente (altra parola magnifi ca!).

Fermatevi un attimo ad assaporare questa sensazione di piacere che tutti proviamo.

Anche mentre leggete, adesso, immaginate di appoggiare le vostre spalle sul suo petto, liscio o villoso che sia, giovane o vecchio, sodo o avvizzito, perfi no rifatto, quello di lei, o depilato, quello di lui. Non c’importa più di niente, se chiudiamo gli occhi sentiamo tutto il nostro corpo morbido accolto e siamo felici, ma dev’essere il suo, proprio il suo, quello che sappiamo, con certezza, che non ci scrollerà mai via, neanche dopo. Il suo odore, il suo respiro, il suo silenzio, lì accanto a noi, parla di pace, di accoglienza, di riposo.

E si è felici e strafelici.

Il signore del trono

Era una signora felice strafelice.Perché nella sua mente non c’era Nessuno, c’era Qualcuno.Qualcuno lì nella sua mente ben stabilmente seduto, come su di un trono un Re.

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La signora lo guardava fi sso e gli faceva dei piccoli inchini di pensiero sulle scale d’oro del trono.Quando scendeva la sera il signore si addormentava nella mente della signora, la signora allora si muoveva abbastanza piano nelle stanze per non svegliarlo.

Vivian Lamarque, Poesie 1972-2002

Riassumendo, dunque…

– 9a caratteristica dell’amore limpido: l’impegno– 10a caratteristica dell’amore limpido: la passione– 11a caratteristica dell’amore limpido: l’intimità

12a caratteristica dell’amore limpido: l’evoluzione individuale e di coppia

La vita di oggi del resto ci offre continuamente situazioni che vanno affrontate con nuove informazioni, con nuove competenze, con nuove saggezze; pensiamo alla nascita dei fi gli, alla loro usci-ta dalla famiglia, ma anche i nuovi interessi individuali che man mano possono evidenziarsi nel corso di un’esistenza, pensiamo ai cambiamenti dell’età. Ecco, ormai, nella nostra vorticosa società, complessa e diffi cile, ogni giorno siamo dentro un fl usso evolutivo che ci richiede nuove abilità, fl essibilità, apprendimento e soprattutto una maturazione come esseri umani nella quale la vicinanza di un compagno amoroso altrettanto capace di evoluzione è sicuramente vantaggiosa e auspicabile.

Ma non può essere un altro qualsiasi: in queste situazioni le relazioni superfi ciali e occasionali non servono a nulla, serve una costanza e una presenza stabile nel tempo, serve proprio quella persona lì, quella persona con cui abbiamo già creato una profon-da alleanza. Con quella persona la coppia avrà già esaurito la sua iniziale funzione conservativa e integrativa, per passare alla sua funzione evolutiva.

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Non è una necessità di fedeltà, ma piuttosto una necessità di profonda conoscenza e dunque di durata, di intensità, di condivisione delle esperienze.

Per questo tendenzialmente siamo monogami, più di quanto non siamo poligami.

Di nuovo nelle relazioni ci attivano sempre le stesse pulsioni di autonomia e appartenenza, di evoluzione e sopravvivenza, in contemporanea, a noi tocca il diffi cile e sempre provvisorio impe-gno di capire le nostre priorità e armonizzarle con quelle dell’altro, affettuosamente.

È questa la crescita della coppia e dell’individuo, è questa l’opera d’arte da creare durante tutta la vita, la capacità di trovare felicità nella relazione amorosa mentre ci si autorealizza e mentre si evolve.

Il signore puntino

Non potendolo vedere sempre, quando infi ne poteva vederlo lo guardava moltissimo, fi no all’ultimo minuto, fi no all’ultimo secondo, e anche dopo si voltava indietro.Il signore diventava sempre più piccolo, ormai era quasi del tutto irriconoscibile, eppure lei lo riconosceva benissimo, anche sottoforma di minuscolo puntino laggiù.

Vivian Lamarque, Poesie 1972-2002

Prima di concludere questo capitolo vorremmo però fare ancora qualche precisazione sull’intimità. Più sopra l’abbiamo defi nita come l’autenticità ottenuta con l’amore incondizionato, l’accettazione di sé e l’accoglienza dell’altro. Una sensibilità che aiuta a corrispondere in tempo reale ai reciproci bisogni emotivi in diverse situazioni.

E tuttavia dobbiamo ancora spiegare cosa intendiamo per au-tenticità, una parola che spesso viene fraintesa, così come del resto avviene per la parola spontaneità.

Vediamo di chiarire. Spesso ci troviamo di fronte a persone manierate, formali,

contegnose, persone con atteggiamenti convenzionali, freddi e di-

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staccati, oppure baldanzosi e arroganti, si fa fatica quasi a guardarle negli occhi, per non parlare di toccarle. Con loro anche una stretta di mano sembra un avvicinamento eccessivo.

E ne siamo inevitabilmente respinti. È più forte di noi, perché qualsiasi schermo, qualsiasi copertura, non necessariamente in forma di ritiro, ma anche quando si traveste da grande e ostentata gentilezza, immediatamente ci mette in guardia. Il nostro intuito di esseri umani ci allarma, ci rende sospettosi, annusiamo l’aria e sentiamo un vago odore di coltre fumogena. Quando ce ne accorgiamo ci domandiamo immediatamente cosa nasconda tutta quella cautela o quel sovrab-bondare di parole e gesti, la diffi denza subito si impadronisce di noi: «Ma che vuole questo?».

Niente di grave, ovviamente, se questi atteggiamenti sono solo un’iniziale circospezione, un pudore, una ritrosia, un imbarazzo, un temporaneo formalismo di facciata che spesso si scioglie dopo qualche chiacchiera, dopo un paio di appuntamenti e, perché no, con l’aiuto di un buon bicchiere di vino, nostro ammorbidente preferito.

Il problema è invece molto diverso se ci troviamo di fronte a quello che, in genere, viene defi nito «un falso sé» oppure «una per-sonalità anaffettiva» o un «iperadattamento», una struttura di per-sonalità ormai stabilizzata per proteggere, nascondendoli, i pensieri, i comportamenti e le emozioni più vere della persona.

L’identità è in questo modo coperta e sostituita da un soprabito, diciamo così, buono per tutte le occasioni e soprattutto il più possi-bile anonimo e inespressivo. Una divisa, insomma, che, come tutte le divise, serve a mettere in secondo piano l’individualità rispetto al ruolo. Come soldati o religiosi, queste persone non possono apparire né mostrare ciò che sono veramente: sono esclusivamente il loro ruolo sociale.

Naturalmente ce ne sono di tutti i tipi e gradazioni, ma la loro caratteristica principale è quella di aver coperto, in età precoce, le fondamentali manifestazioni emotive con una glaciazione solenne che tutto ammoscia, edulcora, omogeneizza e comprime.

La comunicazione con loro diventa allora piatta e superfi ciale, così come le emozioni e i sentimenti naturali, che vengono ovattati oppure addirittura sostituiti con quelli consentiti e ritenuti leciti dalle famiglie d’origine.

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Queste persone hanno spesso ricevuto l’ingiunzione «non sentire», oppure «non essere te stesso» o anche «non mostrare le emozioni».

Insomma sono state, per dirla in termini colloquiali, «aneste-tizzate», letteralmente snaturate e raggelate.

In questo senso non possiamo più defi nire spontaneo il loro modo di esprimersi o di reagire agli stimoli, perché questo modo au-tomatico e stereotipato è in larga misura il sostituto difensivo proprio della spontaneità, della naturalezza, della schiettezza del vivere sociale originario, tendenzialmente amichevole e affettivo.

Fanno sì vedere quello che sono, ma quello che sono è solo una pallida rappresentazione del vero sé. Qualche volta mostrano emozioni, ma sono sempre le stesse che hanno imparato da bambini e che hanno sostituito quelle vere, spontanee e naturali.

Qualcuno nella sua famiglia d’origine non poteva alzare la voce e arrabbiarsi e allora doveva sostituire quella naturale aggressività con altre reazioni, tipo allontanarsi immusonito, bofonchiando fra sé e sé. Qualcuno, non potendo mostrare apertamente il suo disaccordo, imparava a fare capricci e provocare o ancora a chiudersi in se stesso accampando scuse, come la stanchezza, ad esempio, accettabili in quella famiglia. Qualcuno ancora, non potendo chiedere affetto e coccole, allora si ammalava per ottenere, almeno, un po’ di conside-razione e attenzione.

Tenere il muso, brontolare fra sé e sé, provocare, isolarsi, fare la vittima, stare male fi sicamente, anestetizzarsi sono fra i più consueti modi (comportamenti e sentimenti sostitutivi) con cui da bambini impariamo a difenderci se le nostre reazioni naturali sono state si-stematicamente frustrate.

Tentare di abbracciare un genitore respingente è altrettanto doloroso che cercare di imporre i propri gusti in una famiglia che svaluta costantemente gli orientamenti individuali. Per questo dopo un po’ smettiamo, a costo di snaturarci.

Come abbiamo visto nel secondo capitolo essere accettato e ben voluto dai genitori è, per un bambino, sempre la motivazione prioritaria al comportamento. Sopravvivere in quella famiglia, con le sue regole e le sue condizioni, val bene la rinuncia anche di una parte dei propri orientamenti esistenziali, di alcuni bisogni di base e delle relative capacità.

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Esiste tutta una letteratura su come gli esseri umani smettono di essere autentici e assumono emozioni e comportamenti «parassiti», così si chiamano, che si portano dietro dall’infanzia come la faccia da mostrare, in automatico, in tutte le occasioni.

Ma non confondiamo ciò che percepiamo come automatico e im-mediato con ciò che è naturale e spontaneo per un essere umano.

E poi ci sono quelli che hanno letteralmente messo la sordina a tutto il loro sentire, non possono provare né piacere, né dolore, e dunque non possono nemmeno sentire la mancanza, la solitudine, il bisogno dell’altro.

Si muovono nella vita come se non avessero bisogni affettivi, ma solo materiali; alla fi ne in un compagno o in una compagna cercano solo un alleato per costruire una famiglia, per mettere su casa, per fare carriera, per essere «normale».

Dobbiamo ben dire che un certo adattamento è necessario, che un qualche livello di anonimato e di formalismo è pur sempre utile nelle relazioni sociali, ma qui stiamo parlando di veri e propri Copioni di vita, formatisi nell’infanzia e diventati personalità e modelli di comportamento abituali che non riescono più a passare da un primo incontro, in cui ci si annusa, prudenti e curiosi, a un susseguirsi di reciproche aperture che possano portare, se tutto va bene, alla nudità e alla verità. Restano in superfi cie, e questo basta loro; è troppo pericoloso avvicinarsi e mostrarsi come si è.

Dai rituali dei primi contatti formali, ai passatempi come chiac-chiera rilassata o scaramuccia maliziosa, tanto per conoscersi un po’ di più, alle attività operose fatte insieme, fi no alle prime aperture verso le diverse tipologie di intimità, gli incontri fra esseri umani sono un vero e proprio tragitto verso la con-fi denza (altra parola bellissima) che le persone possono percorrere insieme, con disponibilità e rispetto dei tempi e dei modi dell’altro.

Con una grande attenzione, ovviamente, anche ai messaggi di ritorno che, dobbiamo accettarlo, possono essere qualche volta un «altolà», qualche volta un «non più di così», qualche volta un «non adesso», ma anche un curioso «via libera».

«Con-fi dare» nei propri simili e nel prossimo è per gli esseri umani una condizione di sopravvivenza, conoscersi, integrarsi con i vicini, sentirsi protetti e solidali, è raggiungere, attraverso il senso

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di appartenenza, la sicurezza materiale psicologica di cui abbiamo bisogno in tutte le età della vita.

Il modo in cui trascorriamo il tempo con le persone è poi, in ultima analisi, ciò che differenzia un rapporto fra colleghi, conoscenti, amici e compagni di tutta la vita. Ci si conosce progressivamente aprendo la propria fi nestra e lasciandosi guardare dentro, con un tacito e forse anche universale obiettivo: poter essere se stessi vera-mente con il numero di persone necessario alla propria sopravvivenza e alla propria felicità.

Arrivare all’intimità non è facile dunque e, come dicevamo, molte persone non solo non sono capaci di essere intime con gli altri, ma a volte non lo sono nemmeno con se stesse. In questo senso non sono autentiche «per se stesse».

Per ottenere una relazione amorosa intima bisogna prima di tutto saper essere intimi personalmente, con gli altri e con se stessi, dobbiamo ripeterci e dire ancora che, anche dal punto di vista dell’in-timità, non ci si può prendere «cura» di una coppia senza prendersi «cura» degli individui che la compongono, se non sono, loro per primi, capaci di autenticità, profondità e comprensione di sé.

Autenticità e naturalezza implicano la capacità di provare emozioni e sentimenti veri e genuini, la capacità di lasciar trasparire gli stati d’ani-mo, oppure coprirli temporaneamente se è il caso, magari per delicatezza verso gli altri, ma mai negarli o camuffarli. Essere capaci di vedersi e lasciarsi vedere. Accettarsi come si è senza vergogna. Essere intimi con se stessi signifi ca guardare con compassione i propri difetti e le proprie rigidità, i propri dolori e le proprie perdite, amarsi incondizionatamente e proprio per questo poter mostrare anche i propri limiti.

Mi presento, eccomi qui, io sono così!Accettare gli altri, così come sono, con i loro limiti ne è l’ine-

vitabile conseguenza.Una crescita individuale nel senso della progressiva riappro-

priazione dell’autenticità è possibile proprio all’interno di una relazione amorosa intensa e continuata nel tempo, proprio perché è il tempo trascorso insieme che ci permette di scoprirci e denudarci progressivamente, proprio perché è lo sguardo amoroso e accogliente dell’altro che facilita lo smascheramento delle nostre coperture e delle emozioni sostitutive.

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È l’amato che ci può aiutare a uscire dal broncio e dall’isola-mento quando siamo arrabbiati, che può liberare fi nalmente, e senza pudore, il naturale bisogno di coccole o aiuto, che può chiederci di cosa abbiamo bisogno quando facciamo i capricci o provochiamo.

È l’altro che ci può aiutare a uscire dai nostri comportamenti sostitutivi copionali, a riavvicinarci all’autenticità dei nostri bisogni e a poterli fi nalmente soddisfare.

Proprio per questo Viviana Geron, una nostra amica insegnante di «biodanza», per avviare a sperimentare l’intimità relazionale, fa danzare (ma guarda un po’) l’intimità con il peggio di se stessi: «mette a palla» una musica tostissima, urlata e pestata, e invita a mimare le proprie rigidità, i rifi uti, le prevenzioni, le parti «malmostose» o rifi utanti, prevenute o arrabbiate. Poi dopo un po’, fa abbracciare le persone fra loro, ancora tutte grondanti rabbia, durezza e sudore, al ritmo di una dolcissima e pacifi cante «Love me tender» di Elvis Presley. Fa accogliere e «amare teneramente», appunto, quel lato B del disco di ognuno, la nostra ombra non più negata, la vergogna sciolta in acido, o meglio ancora, sciolta in un amorevole abbraccio. «Uno sballo!» Poi, non contenta, abbassa le luci e chiede di ricordare le persone perdute, quelle che, se pure ormai fuori dalla nostra vita, ancora sostano nella mente per amore o riconoscenza o dolore.

Sentire la tristezza della perdita, dell’abbandono, magari del tradimento o del naufragio, abbandonarsi allo straziante dolore per la morte di un genitore o della compagna di una vita, è un’esperienza che incredibilmente apre alla vita stessa, ne dà una dimensione epica ed eroica, e consapevole della fortuna che hanno i sopravvissuti. Siamo accompagnati verso il dentro (in-timus), verso ciò che è, ed è stato, veramente importante per la nostra vita.

Tutti portano con sé la «presenza» di qualcuno intensamente amato e solo fi sicamente perduto, e quella dignità condivisa della sofferenza, quegli sguardi reciproci pieni di lacrime ci restituiscono un’ancestrale e profondissima vicinanza nel dolore, come ormai si può vedere solo nelle prime fi le di qualche funerale «vero».

In un attimo tutti siamo consapevoli che la vita è anche per-dita, ma che, allo stesso tempo, la perdita può essere minore se non lasciamo andare, se teniamo in vita, col pensiero, se stiamo ancora vicini alle persone perdute.

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Così ci sono molti sorrisi a raccogliere quelle lacrime. Quasi non ci si crede, da quanto poco siamo abituati.Anche così ci rendiamo consapevoli di quanto siamo cagionevoli,

insicuri e certi della nostra stessa fi ne. E che l’unico antidoto è tenersi per mano, abbracciarsi, stare vicini e guardare in faccia la realtà.

Per questo, alla fi ne, senza che nessuno dica niente, tutti si av-vicinano per un abbraccio fi nale, nemmeno troppo triste, fra esseri umani veri.

Intimità con se stessi, nelle perdite e nelle difettosità, e con gli altri.

E, forse, è proprio questo il punto d’arrivo dell’intimità, oltre il due, ché il due, dopo un po’, non basta più.

U n fulmine si è abbattuto.Non c’è colpa, né dolo

non rimprovero, non lamentisolo la mia parte di dolore.Donata in sorteuna vita così immeritatanon sa prevedere doni o disgrazie.

Sento ogni singola goccia di dolorefra stupore e rimpianto.Oggi sono un grappolo d’uva grandinato, domani forse foglia al vento, danzante. Faccio la mia parte come tutti,nulla di più di quello che capita a vivere: soffrire e gioire.

Ci si sente così a tornare da una guerra, vinti o vit-toriosisolo sopravvissuti. Potremo ancora ridere?Lavarci via questo terrore dalla pelle?Potremo guardare in faccia le donneche cercano fra noi i loro morti?Noi che passiamo, quasi ci scusiamo.Tempo, passerà, tanto tempo prima di alzare gli occhie cercare nuovi sorrisi, senza la colpa di essere vivi.

Potremo innamorarci ancora del tanto che avremo? E che eravamo, e del poco

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che siamo? Nudi il corpo e l’anima,mostreremo le ferite. Sì lo faremo!Sono le nostre medaglie,il dignitoso orgoglio di essere umani.Restare in vita così, fra vivi e morti, rende evidenteil senso corale della vita.

G. P.

L’amore che non avvicina ciò che siamo veramente è solo simpa-tia, stima magari, ma non accende, non scalda l’essenza più profonda e vera di noi, si limita a spennellare la superfi cie, a rinfrescare la facciata, mentre le fondamenta restano nascoste, sempre trascurate e dunque più fragili e sempre più sospettate di essere impresentabili, sempre più corrose dagli agenti atmosferici e dal tempo che passa.

E allora, alla fi ne, basterà una scossa di terremoto per rilevare la gracilità di tutto l’impianto. Senza un’anima di cemento armato, senza fondamenta, senza radici robuste e ben nutrite, la nostra parte emersa rimarrà sempre e solo una baracca solitaria appena appoggiata su quel terreno, continuamente scivoloso e franoso, che è la vita. Allora anche un brutto voto, la morte di una persona cara, la perdita del lavoro, il tradimento dell’amato potranno avere conseguenze disastrose su quelle menti e quelle radici insicure, il dolore diventerà insostenibile, come fosse un naufragio inevitabile.

Anche se autentici del tutto, com’era il nostro Bambino Natu-rale all’inizio della nostra vita, non lo saremo mai, certo se vogliamo costruire una relazione affettiva intima, duratura e utile ad accom-pagnare il nostro cammino, dobbiamo almeno cercare di perseguire il massimo di quella naturalezza che ci è stata data all’origine.

Poter sentire e provare le emozioni e i sentimenti naturali, poter crescere, evolvere, essere sani, proteggersi, pensare con la propria testa, essere vicini e affettivi, appartenere, essere importanti, trovare signifi cato nella propria vita, ecc., sono i sacri e inviolabili diritti di ciascun essere umano, non ci stanchiamo di ripeterlo, sono le nostre specifi cità in Natura.

Questa è la nostra autenticità originaria. L’intimità è la condivisione di questa umanità.

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Sarebbe stata da proteggere e coltivare nell’infanzia, ora sarà da riscoprire e attivare nelle relazioni d’amore, nell’età adulta.

Autenticità e naturalezza sono le doti individuali che rendono possibile una relazione intima amorosa, sono le condizioni per trasfor-mare un’alleanza del fare in un’alleanza dell’essere. Insieme. Un grande sostegno per la vita.

Ecco, ora possiamo anche riassumere le diverse tipologie di intimità, e lo facciamo proponendo due schemi: uno mette in primo piano le emozioni autentiche e l’altro le modalità di espressione de-gli orientamenti esistenziali, in questo modo diamo un’idea di cosa intendiamo per autenticità e possibilità di entrare in intimità.

Naturalmente essere intimi non vuol dire, come già abbiamo accennato, corrispondere in ogni caso e immediatamente alle richieste espressive o ai bisogni relazionali, ma semplicemente esserne capaci e saper offrire al proprio compagno un’accoglienza suffi ciente sul piano emotivo nel momento del bisogno, ben sapendo che l’uguaglianza e la reciprocità sono le premesse indispensabili perché il rapporto non si sbilanci e non diventi simbiotico.

Ricordiamo che non stiamo parlando di essere d’accordo con quanto accade o di condividere la reazione, ma semplicemente di accogliere le emozioni per favorirne lo sfogo, anche contenendole se diventassero distruttive, ma con l’obiettivo, prima o poi, di comprendere ciò che le ha generate e rivitalizzare la capacità razio-nale di risolvere il problema. A una persona spaventata non si può chiedere una ricostruzione lucida dell’accaduto, né si può invitare a ragionare e tanto meno a sdrammatizzare chi è in lacrime per la perdita di una persona cara, allo stesso modo bisogna prendere sul serio la rabbia e l’indignazione prima di far emergere obiezioni e controdeduzioni.

Non c’è nulla che fa arrabbiare di più, e lo sappiamo tutti, di qualcuno che ti vuol far ragionare e pensare positivo quando sei fortemente alterato. (Sgrunt).

In questo senso ogni emozione richiede una risposta specifi ca, ma anche una certa rifl essione di chi la accoglie per saper decidere quanto lasciar emergere o contenere, oppure al contrario quanto soffi are sul fuoco per sfi atare l’energia compressa accumulata.

Vediamo prima di tutto le emozioni (tabella 8.1).

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TABELLA 8.1Emozioni e atteggiamenti accoglienti

Emozioni di base Atteggiamenti accoglienti

Tristezza Compassione, pena, dispiacere, condivisione

Paura Protezione, attenzione, potenza nell’aiutare

Rabbia Serietà, valutazione dei fatti, comprensione

Gioia Entusiasmo, allegria, condivisione

E poi c’è tutta l’area degli orientamenti esistenziali (tabella 8.2). Per ciascuno di essi abbiamo impulsi e bisogni autentici che anche da adulti dovremmo conoscere e saper esprimere; ricordiamo infatti, come abbiamo ampiamente mostrato nel primo capitolo, che dalla nostra capacità di contattarli e soddisfarli dipende la nostra felicità.

Se saremo aiutati dal nostro partner, di certo, avremo vita più facile.

Svariati sono, come si vede, i modi in cui possiamo essere intimi: quello sessuale, si intende, in questo senso prevalentemente attuato per soddisfare l’appartenenza, ma ci sono anche le coccole, i giochi e il prendersi cura dell’altro.

C’è l’intimità del fare le cose insieme, in silenzio o discutendo o ascoltando musica, del chiedere e trovare aiuto, nell’area della cono-scenza e della crescita. C’è l’intimità del lasciar esprimere, del guardare con approvazione e orgoglio le attività dell’altro, del far notare limiti e difetti amorevolmente, nell’area dell’autorealizzazione, ecc.

Chi ha familiarità con l’Analisi Transazionale (ma gli altri pos-sono leggere qualche accenno in proposito nel capitolo dodicesimo, riquadro Gli stati dell’Io) avrà anche notato che ciascuna di queste tipologie coinvolge diversi Stati dell’Io, cioè diverse parti della nostra personalità: a volte si è in intimità attivando la parte Genitoriale che si prende cura della parte Bambina dell’altro, a volte l’intimità si raggiunge con le parti Adulte e razionali che collaborano insieme in qualche attività fi nalizzata. In altri casi ancora ci lasciamo andare insieme con le nostre parti Bambine che giocano e si divertono o fanno l’amore, oppure ancora accordiamo e confrontiamo i sistemi di valore con gli Stati dell’Io Genitoriali.

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In tutti questi casi possiamo raggiungere quello stato di auten-ticità, di libera espressione e accettazione di noi e nel contempo di accoglienza affettuosa dell’altro, che chiamiamo intimità.

Un grandissimo alleato per la coppia, ma anche per le persone singole nei loro rapporti di amicizia, per il benessere di tutti i giorni, per le possibilità evolutive, per la capacità di risolvere i problemi, per la realizzazione degli obiettivi propri e a due, per sentirsi sicuri e confi dare nel prossimo e nei propri simili.

Non dimentichiamo che tutti i primati ricorrono a lunghi rituali di amicizia e quanto più è grande il gruppo, tanto più tempo gli dedicano. Si tratta del grooming, quel tempo occupato a pulirsi

TABELLA 8.2Orientamenti esistenziali e modalità accoglienti

Espressione autentica e geneticamente trasmessa degli

orientamenti esistenziali

Modalità accoglienti che ne favoriscono la realizzazione

Stimoli Risposte

SOPRAVVIVENZAEssere vitali, affidarsi, chiedere carezze, cercare protezione, aiuto, limiti e struttura, esprimere desideri e bisogni

PUOI ESISTERE, ESSERE SANO, IMPORTANTEAccudire, prendersi cura, abbrac-ciare, proteggere, dare limiti, sod-disfare direttamente o aiutare a soddisfare

APPARTENENZAAmare e desiderare l’altro, sorridere-esprimere tenerezza, entusiasmo,sensualità, solidarietà e senso di giustizia

PUOI AMARE, ESSERE INTIMO, GODEREAccogliere gli afflati, mostrare desiderio, corrispondere e rispec-chiare l’affetto, fare regali, offrirsi, proteggere

CONOSCENZACuriosare, chiedere, interessarsi,discutere, coinvolgere, fare insieme, stimolare, emulare

PUOI CRESCERE, ESPLORARE, RIUSCIREAscoltare, lodare in pubblico e in privato, collaborare, apprezzare, criticare, dare importanza, dare feedback

AUTOREALIZZAZIONEInventare, sognare, fare a modo proprio, immaginare, rifl ettere, fare progetti, fantasticare, divergere, opporsi

PUOI ESSERE TU, AUTONOMO, DIVERSOAccogliere gli stimoli, lasciar anda-re e lasciar fare, dare contributi, rispettare, lasciarsi influenzare, proteggere

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reciprocamente che ha proprio la funzione di rendere coeso e pacifi co il gruppo al suo interno. Ecco, per noi umani tutto il processo che abbiamo descritto in questo capitolo ha questa stessa funzione: dai rituali, ai passatempi, dalle chiacchiere al bar, ai party, o in piazza, alle più profonde intimità sessuali è tutta una ricerca di possibilità di affi damento e accoglienza amichevole con i propri simili.

A diversi livelli e a diversi gradi rinsaldiamo i diversi tipi di rapporto attraverso il linguaggio che diventa, però, via via più signi-fi cativo e coinvolgente a seconda dell’utilità della relazione desiderata dalle persone.

Colloquiando possiamo interagire con un numero altissimo di «altri», ne comprendiamo, ovviamente anche attraverso tutto il non verbale, le intenzioni, le qualità, gli interessi, i gusti e nel frattempo «socializziamo», ci rassicuriamo e ci proteggiamo, a volte anche mantenendo la nostra distanza di sicurezza.

La complessità della mente umana implica differenze enormi fra le persone, e sappiamo quanto possiamo essere pericolosi, per questo abbiamo bisogno di molto tempo per conoscerci, scoprirci, poterci fi dare e diventare fi nalmente intimi.

Per vivere tutta una vita insieme o anche solo per uscire a cena o realizzare un progetto di lavoro.

Tutto questo, come dicevamo, ci protegge, ci rassicura, rinsalda la nostra autostima e la nostra identità e contemporaneamente ci pacifi ca e ci rende felici ogni volta che ci riusciamo. Ci sembra che valga proprio la pena occuparsene seriamente.

È la lunga interminabile conversazione delle donne,

sembra una cosa da niente, questo pensano gli uomini; neanche loro immaginano che è questa conversazione che trattiene il mondo nella sua orbita. Se non ci fossero le donne che parlano tra loro gli uomini avrebbero già perso il senso della casa e del pianeta.

José Saramago, Poesie