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Indice 1. introduzione.......................................................................................1 2. Le onde...............................................................................................2 2.1 Le onde superficiali................................................................2 2.2 Le onde sismiche....................................................................3 2.2.1 Le onde di Volume.......................................................3 2.2.2 Le onde Superficiali.....................................................5 3. Le faglie..............................................................................................7 4. Le placche tettoniche........................................................................9 5. I Vulcani............................................................................................12 5.1 Tipi di Vulcano.......................................................................12 6 I terremoti...........................................................................................17 6.1 La classificazione dei terremoti...........................................17 6.2 Le fasi di un terremoto..........................................................18 6.3 Il ciclo Sismico.......................................................................18 7. I Sismogrammi.................................................................................20 8. L'intensità di un terremoto..............................................................23 9. La previsione dei terremoti.............................................................25 10. Terremoti e Vulcani........................................................................27 11. Conclusioni....................................................................................31 12. Bibliografia.....................................................................................32

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Indice

1. introduzione.................................... ...................................................1

2. Le onde......................................... ......................................................2

2.1 Le onde superficiali........................... .....................................2

2.2 Le onde sismiche............................... .....................................3

2.2.1 Le onde di Volume............................ ...........................3

2.2.2 Le onde Superficiali.......................... ...........................5

3. Le faglie....................................... .......................................................7

4. Le placche tettoniche........................... .............................................9

5. I Vulcani....................................... .....................................................12

5.1 Tipi di Vulcano................................ .......................................12

6 I terremoti...................................... .....................................................17

6.1 La classificazione dei terremoti............... ............................17

6.2 Le fasi di un terremoto........................ ..................................18

6.3 Il ciclo Sismico............................... ........................................18

7. I Sismogrammi................................... ..............................................20

8. L'intensità di un terremoto..................... .........................................23

9. La previsione dei terremoti..................... ........................................25

10. Terremoti e Vulcani............................ ............................................27

11. Conclusioni.................................... ................................................3112. Bibliografia................................... ..................................................32

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1. Introduzione

Il tema del lavoro di maturità dell'anno scolastico 2011/2012 era la sismologia, ho

deciso di osservare i possibili collegamenti e le possibili divergenze tra i vulcani e i

terremoti.

L'obiettivo del mio lavoro di maturità è quello di mettere a confronto due realtà,

quella dei vulcani e quella dei terremoti per trovare le correlazioni. Ho scelto questo

argomento perché è interessante osservare come due mondi apparentemente

diversi, ma strettamente legati tra di loro, possano portare ad un'unica soluzione,

ovvero la previsione dei terremoti. È noto a tutti perché la previsione esatta di un

terremoto non è possibile, e lo spiegherò anche nel mio lavoro per quale motivo

non è possibile prevedere quando si manifesterà un terremoto. Però, e ciò è il mio

obiettivo, se si mettesse in relazione il fatto che è possibile prevedere le eruzioni

vulcaniche con i terremoti si potrebbe avere dei risultati interessanti.

Questo è quanto riguarda il mio obiettivo, non vado oltre per evitare di svelare

ulteriori dettagli del mio lavoro.

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2. le onde

2.1 Le onde superficiali

Prima di iniziare il tema vero e proprio del mio lavoro di maturità è necessario che

faccia una premessa riguardante le onde, le faglie, i terremoti e i vulcani.

Cominciamo innanzi tutto dalle onde, prendiamo come esempio un sasso lanciato

in uno lago calmo, dopo che il sasso ha urtato lo specchio d'acqua si nota che si

sono formati degli avvallamenti e delle creste, come si nota nella figura 1, le

distanze tra due creste oppure due avvallamenti è chiamata lunghezza d'onda (λ),

mentre è chiamata ampiezza d'onda (A) la distanza tra la superficie dell'acqua in

quiete, ovvero quando non ci sono onde, e la cresta.

È chiamato periodo (T) l'intervallo di tempo, misurato in secondi, che occorre ad

una particella per tornare allo stesso punto dopo uno spostamento, se dividiamo la

lunghezza d'onda per il periodo otteniamo la velocità dell'onda, chiamata anche

velocità di propagazione dell'onda (v), misurata in m/s, usando le formule si ha:

λ = v*T T = λ/v v = λ/T

Il numero di oscillazione che avvengono in un secondo è chiamata frequenza (ν) e

si misura in Hertz (1/secondi , oppure in cicli/secondi). Ora che si conosce questo

dato possiamo riscrivere la formula v = λ/T e ottenere così:

v = λ / T = λ /

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Figura 1 : Parametri geometrici di un'onda [Fonte:http://www.diodati.org/scritti/2002/g_colori/img/onda.gif]

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E con questo ho concluso la parte riguardante le onde superficiali, ovvero che si

propagano solamente in superficie.

2. 2 Le onde sismiche

2.2.1 Le onde di Volume

Considerando l'esempio del capitolo precedente si è detto che le onde si

propagano in superficie. Oltre a queste si generano anche altre onde,le quali, si

propagano fino a raggiungere il fondo del nostro ipotetico stagno. È importante

citare il fatto che se sostituissimo l'acqua con un altro fluido si potrebbe notare che

le onde, generate dall'impatto del sasso con lo specchio d'acqua e dall' impatto con

quel fluido, sono diverse, pertanto si può notare che le proprietà del mezzo e le sue

caratteristiche influiscono sulla formazione e sulla propagazione delle onde. Se

esse attravversassero un mezzo compatto ed elastico la loro velocità

aumenterebbe, mentre essa, la velocità, diminuirebbe se le onde attraversassero

dei mezzi meno elastici e meno compatti. Invece, per quanto riguarda i mezzi a

densità variabile la velocità varia in continuazione, quindi non si avranno delle

traiettorie lineari bensì delle curve. Un classico esempio lo si può osservare nel

globo terrestre, dove, in prossimità del limite tra i vari involucri della terra, la velocità

varia in modo brusco. I vari involucri terrestri sono tre, e principalmente sono:

▪ Crosta terrestre1

▪ Mantello2

▪ Nucleo3

I limiti, citati precendenza, in sostanza sono due e li si è dato il nome di

discontinuità di Mohorovic (tra la crosta terrestre e il mantello), mentre all'altro

limite gli si è dato il nome di dicontinuità di Gutenberg (tra il mantello e il nucleo).

1 È lo strato più esterno dell'interno terrestre2 È lo strato intermedio, ovvero tra i due limiti, 3 È il guscio centrale, racchiuso nel secondo limite.

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Conclusa questa premessa iniziale si può ora descrivere le caratteristiche delle

onde sismiche, che si dividono in due grandi categorie, le onde di volume o di corpo

(dall'inglese “body wave”) e le onde di superficie (“surface wave”) cominciamo dalle

prime, ovvero le onde di volume che si dividono ulteriormente in due sottocapitoli

ovvero in:

• Onde longitudinali4

• Onde trasversali5

Le prime si chiamano anche onde di compressione oppure onde P (Prime) perché

sono le prime che arrivano al sismografo, e quindi sono le più veloci6, e la velocità è

data dalla seguente equazione:

Dove:

• k indica il modulo di compressibilità7

• µ indica il modulo di rigidità8

• δ indica la densità dei materiali

Le seconde, le onde trasversali, si chiamano anche onde di taglio, oppure onde S

perché sono le seconde ad arrivare al sismografo, e anche perché le particelle del

mezzo, vibrano perpendicolarmente rispetto alla direzione dell'onda.

Contrariarmente alle onde P questo tipo di onde hanno una componente H

(orrizzontale) e V (Verticale) ottendendo così onde S che vibrano su un piano

orrizzontale (onde SH) e su uno verticale (onde SV) e, la velocità è situata tra 2.3 e

4.6 km/s ed è data dall'equazione:

4 Chiamate così perché la vibrazione avviene logitudinalmente rispetto alla direzione di propagazione5 La vibrazione avviene perpendicolarmente rispetto alla direzione di propagazione6 Tra 4 e 8 km/s nella crosta terrestre7 Esprime la resistenza che il materiale attraversato da questo tipo di onde oppone alla variazione di volume.8 La forza tende a variare la forma, questa costante tende ad esprimere la resistenza che i vari materiali oppongo a

queste forze.

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Come si può notare dalla formula questo tipo di onde dipendono esclusivamente

dalla rigidità µ e dalla densità ρ delle rocce. Ecco ora una raffigurazione di come si

propagano i due tipi di onde, dapprima le onde P ed in seguito le onde S:

2.2.2 Le onde Superficiali

Come si potrebbe intuire già dal titolo queste onde, a differenza delle onde di

volume, si propagano solo ed esclusivamente in superficie, e, tra questa categoria,

si possono notare due tipologie principali: Le onde di Love, chiamate anche onde L

e le onde di Rayleigh oppure onde R.

Cominciamo ora a descrivere le prime, ovvero le onde di Love:

Questo tipo di onde si generano principalmente in presenza di stratificazioni e il loro

moto è simile a quello delle onde SH citate nel capitolo precedente con la

particolarità che rallentano il loro moto al crescere della profondità arrivando

addirittura ad annullarsi con l'avvicinarsi alle discontinuità.

D'altra parte ci sono le onde di Rayleigh, le cui caratteristiche consistono nel

propagarsi lungo la superficie del terreno e nel moto ellittico e retrogrado rispetto

alla direzione di propagazione e quindi tendono a non generare alcun movimento

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trasversale oppure perpendicolare.

Questo per quanto riguarda le due tipologie di onde separate, ora osserviamo le

caratteristiche delle due tipologie non più separatamente bensì insieme.

Generalmente, la lunghezza d'onda di questo tipo di onde cresce a dipendenza

della profondità delle superficie di discontinuità, se ne deduce quindi, dato che la

velocità aumenta al crescere della profondità, che le onde lunghe, ovvero quel tipo

di onde che hanno una lunghezza d'onda elevata, avranno una velocità maggiore

rispetto alle onde corte poiché saranno in grado di penetrare ad una profondità

maggiore. Dopo aver appreso come si muovono le onde osserviamo ora il percorso

che compiono. Tutto parte dall'ipocentro, o anche chiamato punto di origine di un

terremoto, da qui le onde si propagano in tutte le direzioni dove sono soggette

continuamente a riflessioni e rifrazioni influenzando così la velocità. È grazie

soprattutto a questa caratteristica che si è potuto determinare la struttura interna

della Terra quindi a individuare la presenza delle discontinuità citate in precedenza

e a studiarne le caratteristiche.

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3. Le faglie:

Il piano sul quale avviene lo spostamento è denominato piano di faglia. Questo può avvenire

su un piano verticale dove le labbra sono simmetriche, mentre se lo spostamento è inclinato,

come nello schema sottostante, abbiamo una parte, quella superiore che prende il nome di

tetto, mentre quella inferiore prende il nome di muro. A dipendenza di come si muovono

quest'ultimi assumono due nomi diversi quali:

• Faglie dirette

• Faglie inverse

Oltre a quello verticale, le faglie possono assumere un movimento orizzontale dove

prendono il nome di faglie trascorrenti alle quali appartengono le faglie

sismogenetiche, ovvero quelle faglie che generano eventi sismici, come la faglia di

Denali in Alaska, oppure la faglia nord-atonolica nella Turchia conosciuta per i

terremoti devastanti che riesce a creare.

Tra le faglie sismogenetiche, troviamo le faglie sismogenetiche primarie, che sono

quelle che, in tempi recenti, hanno causato terremoti di magnitudo elevato. Non ci

sono soltanto quelle faglie che causano terremoti ma pure quelle che si attivano in

occasione di un sisma che vengono chiamate faglie capaci.

Schematizzando il tutto:

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4. Le placche tettoniche

La placca tettonica è uno strato di roccia solida alquanto massiccia e di forma

irregolare la cui lunghezza può variare da centinaia di chilometri fino ad un migliaio

di chilometri e il cui spessore può variare da 15 chilometri fino a 200 chilometri e

che, sia che la lunghezza che lo spessore, continua a variare nel tempo.

Sostanzialmente le placche si dividono in due categorie:

◦ Placca oceanica

◦ Placca continentale

I due tipi di placche, a dipendenza della loro massa, possono adagiarsi una sopra

all'altra. E dato che le placche sono in continuo movimento, l'attrito che generano fa

sì che si accumuli energia e quando le due placche non riescono più a sopportare lo

sforzo si viene a creare un terremoto. Esemplificando:

Prendiamo due bambini che si tengano per mano e che si dirigano, sempre

tenendosi per mano, l'uno nella direzione opposta dell'altro. È chiaro che dopo un

determinato lasso di tempo la forza esercitata dai due fa sì che le mani si stacchino

completamente.

Un terremoto segue lo stesso principio appena descritto con l'unica differenza che

quando l'energia accumulata dalla due litosfere supera la soglia massima la placca

non si stacca ma compie un salto causando il rilascio dell'energia.

Le placche sono definite da tre tipi di margini:

• Divergenti

• Convergenti

• Trasformi

Il primo si riscontra lungo gli assi delle dorsali oceaniche o chiamati anche centri di

espansione dalla quale si origina una nuova crosta per effetto del magma che si

raffredda risalendo dal mantello. La velocità di espansione è di circa 2.5 centimetri

all'anno.

Il secondo dipende esclusivamente dal tipo di litosfera coinvolta nel processo e può

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realizzarsi tra una placca oceanica con una continentale, tra due placce continentali

oppure tra due placche oceaniche.

Innanzittutto è importante spiegare che con convergenza di due placche si intende

l'avvicinamento di esse e, a dipendenza della lora massa si vanno a creare diversi

eventi. Dapprima osserviamo una convergenza tra una placca oceanica e una

continentale:

Come si nota da questo schema lo scontro tra questi due tipi di placche porta alla

formazione di montagne e vulcani, un famoso esempio sono le Ande, le quali si

sono formate dallo scontro di queste due placche appunto.

Ora osserviamo il secondo tipo di convergenza, ovvero quello tra due placche

oceaniche:

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Illustrazione 1: Fenomeno diconvergenza tra una placca oceanicae una continentale [Fonte:http://www.vialattea.net/spaw/image/geologia/ArcoInsulare/10subduzOceanCont.jpg]

Illustrazione 2: Convergenza tra due placcheoceaniche [Fonte:http://farm5.static.flickr.com/4124/5070948366_562bdcae1b.jpg]

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Come si nota dallo schema, lo scontro tra queste due placche porta alla creazione

di fosse. La fossa delle Marianne ne è un esempio.

Infine Passiamo all'ultima convergenza, ovvero quella tra due placche continentali:

In questo caso non abbiamo un fenomeno di subduzione (ovvero quel fenomeno

che serve ad indicare lo scorrimento di una placca, generalmente quella più

pesante, verso il basso) dato che le due placche tendono ad opporsi a questo

fenomeno. Pertanto dato che tutte e due si oppongono non avremo un movimento

verso il basso, bensì tendono a curvarsi verso l'alto portando così alla creazione

delle catene montuose.

Infine l'ultimo margine dove le placche scorrono orizzontalmente dove una scorre

accanto all'altra

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Illustrazione 3: Convergenza tra due placche continentali[Fonte:http://www.vialattea.net/spaw/image/geologia/9999Urali/PASQUI31.jpg]

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5. I Vulcani

I vulcani sono sostanzialmente montagne coniche chiamate anche coni vulcanici. La

loro creazione è dovuta alla frattura della crosta terrestre dalla quale esce la lava,

che è formata da rocce fuse. All'interno della crosta terrestre è presente il magma,

che non è altro che lava composto, oltre che da rocce, da vapori e gas.

Un vulcano è composto dalla camera magmatica , dentro alla quale si forma e si

crea il magma, da un camino, ovvero il condotto attraverso il quale scorre il magma,

e infine dal cratere , ovvero da dove esce il magma.

5.1 Tipi di vulcano.

Il primo geologo a classificare i vulcani fu Alfred Lacroix9, il quale li divise, studiando

la composizione del magma e della camera magmatica, in base al tipo di attività

eruttiva oppure in base all'apparato vulcanico esterno. Quest'ultimo si divide in due

categorie, esse sono:

◦ Vulcani a scudo

◦ Vulcani a cono

I primi, quelli a scudo, presentano dei fianchi con bassa pendenza e ciò, alla vista

dell'occhio umano, va ad assumere una forma di scudo appunto adagiato sul

terreno.

C'è da notare che la maggior parte dei vulcani presenti sul globo terrestre sono a

scudo, il più grande dei quali viene dalle Hawaii:

9 Mâcon, 4 febbraio 1863 – Parigi, 12 marzo 1948 (Fonte : http://www.wikipedia.org)

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Questo vulcano si chiama Mauna Loa ed ha un altezza di 4000 metri sopra il livello

del mare mentre la base, situata sotto il livello del mare, ha un altezza di 5000

metri, pertanto con i suoi 9000 metri di altezza e 250 chilometri (lunghezza della

base) è il vulcano a scudo più grande del pianeta.

I vulcani a cono invece hanno i fianchi più ripidi e sono caratterizzati da lave acide,

causando così diffilcoltà durante la risalita della lava e del magma. Poiché il magma

è molto viscoso, all'interno del camino del vulcano spesso il magma va a creare un

tappo causando così un accumulo di magma. Una volta che le pressioni, che si

vanno a formare sotto al tappo, non riescono a superare la barriera che si è creata

dal magma andranno a creare un eruzione esplosiva che potrebbero addirittura

distruggere l'intero vulcano.

Passiamo ora al secondo tipo di classificazione proposto da Lacroix, ovvero quella

classificazione in base all' attività eruttiva, ossia:

1. Vulcani ad eruzione di tipo hawaiano

2. Vulcani ad eruzione di tipo stromboliano

3. Vulcani ad eruzione di tipo vulcaniano

4. Vulcani ad eruzione di tipo pliniano e peleano (ultra-pliniano)

5. Grandi caldere ("supervulcani")

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Illustrazione 4: Mauna Loa [Fonte:http://hawaiian-airlines.net/wp-content/uploads/2011/12/Maunaloa.jpg]

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Le caratteristiche del primo tipo di vulcano, ossia quello hawaiano , sono quelle di

avere un' eruzione abbastanza tranquilla, le cui lave fuoriescono senza causare

esplosioni. L'espansione di queste va a formare un vulcano piatto, quella tipologia

che abbiamo definito precedentemente, i vulcani a scudo. Alcuni esempi sono il

Manua Kea, descritto in precedenza, il Kilauea rappresentato qua sotto:

e il vulcano Erebus in Antartide, ecco una foto:

Il secondo tipo di vulcano è lo stromboliano , le cui caratteristiche sono di avere un

magma fluido che ribolle nel cratere, causando così frequenti esplosioni con

conseguente lancio di materiale, un esempio ne è lo Stromboli in Italia:

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Illustrazione 5: Kilauea [Fonte:http://images.pictureshunt.com/pics/k/kilauea_volcano-12179.jpg]

Illustrazione 6: Erebus [Fonte:http://static.panoramio.com/photos/original/3577483.jpg]

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Passando ora al terzo tipo di vulcano, troviamo i vulcani vulcaniani ossia quel tipo

di vulcano il cui magma è molto viscoso che ostruisce il condotto vulcanico. Con lo

squarciamento di esso ne consegue esplosione dovuta alla tensione dei gas.

In questa categoria rientra il Vesuvio, famoso per i disastri che a causato a Pompei

nel 79 dopo Cristo, ecco un immagine di questo vulcano con i suoi 1281 metri di

altezza:

Come quarto tipo ci sono i vulcani peleani, il cui magma è talmente viscoso che

diventa solido nel condotto vulcanico, impededendo così la fuoriuscita del magma,

causando così un eruzione esplosiva con conseguente distruzione parziale o totale

del vulcano dovuta anche al fatto che le nubi ardenti (quel tipo di nubi che hanno un

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Illustrazione 7: Stromboli [Fonte:http://geology.com/volcanoes/stromboli/stromboli-volcano.jpg]

Illustrazione 8: Vesuvio [Fonte:http://www.areavacanze.it/resources/images/escursioni/vesuvio.jpg]

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elevata temperatura) che si sono formate sono talmente pesanti da crollare al

terreno e seguire la fiancata del vulcano distruggendo tutto ciò che incontra. Un

esempio di vulcano che rientra in questa categoria è il vulcano La Pelée situato

nell'isola della Martinica:

L'eruzione di questo vulcano era talmente potente che in pochi minuti morirono i

30'000 abitanti della città di St. Pierre.

Infine l'ultima categoria sono i supervulcani , o chiamati anche Grandi Caldere

perché in realtà non è che sono considerati vulcani dato che sono privi dell'edificio

vulcanico. Fino ad ora non sono ancora state rilevate eruzioni da parte di questo

tipo di vulcano, però si stima che essi abbiano un periodo di eruzione di centinaia di

migliaia di anni. Questo tipo di Caldere hanno una lunghezza situata tra i 10 e i 15

chilometri. Un supervulcano famoso è quello a Yellowstone, località che è famosa

per i geyser, i quelli rientrano nel vulcanesimo secondario. Oggi, come detto, non si

sono rilevate eruzioni da parte di questo vulcano, però, secondo gli scienzati, 1.3

milioni anni fa un eruzione, che generò la caldera, eruttò circa 280 chilometri cubici

di ceneri e altri solidi vulcanici. Ecco un'idea dell'immensità di quest'eruzione:

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Illustrazione 9: La Pelée [Fonte:http://www.areavacanze.it/resources/images/escursioni/vesuvio.jpg]

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Illustrazione 10: Eruzione del supervulcano [Fonte:http://www.theblaze.com/wp-content/uploads/2011/01/Caldera-Ashfall-620x418.jpg]

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6. I terremoti

I terremoti non sono altro che lo spostamento di un'elevata massa sotto alla crosta

terrestre, e possono essere di due tipi:

▪ Tettonici

▪ Vulcanici

Si definiscono terremoti tettonici quei terremoti che sono causati dalle masse

rocciose spinte oltre il loro limite di elasticità. Per capirci meglio riprendo l'esempio

fatto nel capitolo 4, ossia quello dei bambini che,tenendosi per mano, corrono l'uno

nella direzione opposta dell'altro. Riprendo quest'esempio per chiarire meglio il

concetto di limite di elasticità, che nel nostro caso non è altro che quella soglia che

se non viene superata fa sì che le mani dei due ragazzi restino attaccate. Questo

tipo di terremoti è in grado di sprigionare elevate quantità di energia, ed interessare

elevate aree, che possono estendersi per migliaia di chilometri quadrati.

L'altra categoria di terremoti sono i terremoti vulcanici, ovvero sono quei terremoti

che si manifestano prima e durante l'attività vulcanica. A differenza dei terremoti

tettonici i terremoti vulcanici non liberano grandi quantità di energia né tantomeno

ricoprono un area vasta come i terremoti tettonici.

6.1 Classificazione dei terrmoti

La classificazione più usata si basa sulla posizione dell ipocentro rispetto alla

superficie terrestre e i terremoti si suddividono in tre categorie

◦ Superficiali

◦ Intermedi

◦ Profondi

I primi vanno da una profondità di 0 chilometri (ovvero sulla superficie) a 70

chilometri, i secondi da 70 a 300 chilometri. Infine gli ultimi vanno da 300 chilometri

fino a circa 700 chilometri.

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6.2 Le fasi di un terremoto

I sismologi hanno individuato tre fasi che caratterizzano un evento sismico, ovvero:

• Moto delle masse rocciose

• Accumulo di energia elastica

• Liberazione dell'energia accumulata

La prima non è altro che il movimento di una massa collegato con l'interno della

Terra. La seconda è una fase assai lenta, ed ha inizio solo quando le formazioni

rocciose hanno una rigidità sufficientemente alta.

L'ultima, ovvero il rilascio dell'energia può avvenire dopo poco o dopo molto tempo

dall'accumulo dell'energia, a dipendenza dell'attrito che si è formato tra i due lati

delle labbra. L'attrito tra le due masse, oltre a determinare il tempo del rilascio

dell'energia, determina anche l'intensità di un terremoto. Maggiore è l'attrito

maggiore sarà l'intensità.

6.3 Il ciclo sismico

Nel sottocapitolo 6.2 abbiamo definito le fasi che caratterizzano un evento sismico,

in questo capitolo parleremo del fatto che queste fasi si susseguono in un ciclo

continuo, ovvero che il moto, l'accumulazione e il rilascio si susseguono in

continuazione. Questo tipo di ciclio è stato suddiviso dai sismologi in tre stadi:

▪ Stadio inter-sismico

▪ Stadio co-sismico

▪ Stadio post-sismico

Nel primo stadio, ovvero stadio inter-sismico si colloca tra un sisma e il sisma

successivo, in altre parole avviene un accumulo di energia subito dopo l'avvento du

un terremoto, la quale verrà rilasciata parzialmente come onde sismiche. Questo

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stadio è largamente diffuso ed è di vitale importanza per quanto riguarda la

previsione dei terremoti.

Durante lo stadio co-sismico, ossia quello stadio nel corso di un sisma, avviene una

trasformazione dell'energia elastica in energia cinetica, facendo vibrare così il

sottosuolo, in poche parole è qui che avviene il sisma vero e proprio.

Infine abbiamo lo stadio post-sismico che è quello stadio dopo il sisma. In questa

fase abbiamo un lento ritorno alla normalità, in poche parole le faglie cercano di

risistemarsi ricercando una nuova condizione di equilibrio.

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7. I Sismogrammi

Che cos'è un sismogramma?

Un sismogramma è un grafico ottenuto tramite l'utilizzo di un sismografo che

descrive il movimento del terreno durante un terremoto. Ecco un esempio di

sismogramma:

Ci sono due tipi di sismogrammi, quelli che registrano il movimento orizzontale del

terreno e quelli che rilevano il movimento verticale del terreno.

A cosa servono i sismogrammi?

Grazie alle rilevazioni dei sismogrammi gli studiosi sono in grado di determinare la

potenza, ossia il magnitudio di un terremoto, la durata del sisma, il luogo

dell'epicentro e dell'ipocentro, la direzione del movimento.

Oltre a questa mole di dati, grazie ai sismogrammi è possibile determinare quali

sono le onde P, le onde S e le onde L ecco un esempio:

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Illustrazione 11: Sismogramma del Liceo diBellinzona che ha rilevato il terremoto avvenuto ingiappone

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Come detto in precedenza grazie ai sismografi è possibile misurare la distanza di

un epicentro e di un ipocentro. Vediamo come la distanza che intercorre tra

l'epicentro e la stazione di registrazione viene chiamata distanza epicentrale (∆)

ed è data dalla formula:

∆= (Vp/ 0.73) * (ts-tp)

Dove ts e tp sono il tempo di arrivo delle onde S e rispettivamente onde P.

In base a questi dati è possibile osservare:

se la distanza epicentrale è al disotto dei 100 chilometri allora gli scienzati

definiscono i terremoti come terremoti locali, se si situa tra i 100 e i 1400 chilometri

allora i terremoti sono regionali. Infine se è maggiore di 1400 chilometri sono definiti

telesismi.

Un altro metodo usato dagli scienziati, usando sempre la distanza epicentrale, è

quello della triangolizzazione. Si prendono in campione tre stazioni di rilevamento.

Ognuna di queste tre stazioni fa centro ad un ipotetico cerchio il cui raggio è uguale

alla distanza epicentrale appena trovata. Così facendo si ottengono tre cerchi.

L'intersezione dei tre determina con buona probabilità il luogo dell' ipocentro del

terremoto.

In precedenza si è citato il fatto che tramite i sismogrammi si può determinare la

potenza del terremoto. In poche parole la Magnitudo. La scala maggiormente

utilizzata per misurare l'intensità di un terremoto è la scala Richter. Ecco un

esempio:

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Illustrazione 12: Rappresentazione degli arrivi in un sismografo[Fonte: http://www.menichella.it/sismolab/fasi.jpg]

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Ecco una tabella10 che mostra l'intensità in base ai chilogrammi di tritolo e in base

alla frequenza giornaliera:

10 Tratta da : https://lh3.googleusercontent.com/-dg4IBmokSMA/TXolxuUGVvI/AAAAAAAABDg/pa1rRQ5NBfw/scala+richter.png

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8. L'intensità di un terremoto

L'intensità di un terremoto è l'effetto che è stato provocato dal movimento del

terreno. La scala maggiormente utilizzata è la scala Mercalli11, ovvero:

11 Tratta da: http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/img/scala-mercalli.jpg

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Come si può osservare questa scala è soggettiva piuttosto che scientifica pertanto

quindi non da un idea precisa dell'energia rilasciata da un terremoto, perché può

darsi che un terremoto con elevata energia causi pochi danni alle strutture, per

esempio perché si trova ad una profondità elevata.

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9. La previsione dei terremoti

È risaputo, oramai da tanto tempo, che alla domanda “è possibile determinare con

esattezza l'ora e il luogo di un terremoto?” la risposta è no perché è al di fuori delle

nostre capacità. Pertanto quindi non è possibile fare una previsione deterministica

dei terremoti, però è possibile fare una previsione probabilistica, ovvero quel tipo di

previsione che si basa sulla probabilità che possa accadere un terremoto, di una

certa magnitudo in una certa regione ed in un determinato lasso di tempo.

Questa voglia delle persone di saper prevedere con esattezza un terremoto è

dovuto al fatto che quest'ultimo, grazie alla sua capacità distruttiva, causa molta

paura alla gente e, col passare degli anni e dei terremoti, essa tende ad aumentare.

Comunque si può sostenere che con la previsione del dove può succedere un

sisma abbiamo fatto passi da gigante, difatti oggigiorno abbiamo due tipi di

previsione :

◦ A breve termine

◦ A lungo termine

La previsione a lungo termine si basa sostanzialmente sulla statistica delle analisi

effettuate osservando il comportamento delle strutture sismogenetiche attive.

Questo tipo di previsione è basato sull'ipotesi degli scienziati che i terremoti si

ripetano sempre in un'area specifica con caratteristiche che non variano mai.

Riassumendo gli scienziati vogliono stabilire se le faglie, principalmente quelle che

causano terremoti di grandi proporzioni, si rompono periodicamente oppure no.

Passiamo ora alla previsione a breve termine che si basa su dei fenomeni

precursori, ossia dei fenomeni, dei segnali anomali associati ai terremoti. Sono stati

forniti diversi modelli per prevedere i terremoti basati su questo tipo di fenomeni.

Uno di questo è la dilatanza, ossia che spiega l'aumento di volume delle rocce

sottoposte a tensione. Queso aumento è dovuto alle microfratture che si

producevano all'interno di esse. Questo fenomeno può essere diviso in sei fasi:

La prima fase è quella della compressione delle rocce. La seconda è chiamata

appunto dilatanza, ossia che viene raggiunto il limite di compresibilità delle rocce e

vengono a crearsi delle microfratture. La terza è il riempimento di queste

microfratture tramite acqua e gas per lubrificare le fratture ma anche per produrne

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di nuove.

Nella quarta fase avviene una variazione del materiale roccioso. Nella quinta

avviene la manifestazione del terremoto vero e proprio ed infine la sesta fase

consiste nella continuazione di queste fasi fino ad arrivare ad una nuova condizione

di equilibrio.

C'è da sottolineare il fatto che oggigiorno si verificano una marea di terremoti anche

se di piccola magnitudo. A mio avviso, al posto di concentrarsi esclusivamente sui

terremoti di magnitudo elevata bisognerebbe concentrarsi maggiormente su quelli

di magnitudo minore dato che ce ne sono in quantità maggiore e quindi le stesse

ricorrenze che si potrebbero ottenere osservando i piccoli terremoti si potrebbero

avere anche con i terremoti di grandi intensità.

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10. Terremoti e Vulcani

Nei capitoli precedenti abbiamo potuto osservare come si forma un vulcano e come

si manifesta un terremoto. Ora mettiamo in correlazione questi due fenomeni,

ovvero mi concentrerò su terremoti che hanno causato eruzioni vulcaniche e di

eruzioni vulcaniche che hanno causato terremoti, il primo fra tutti è il famosissimo

monte Sant'Elena (St. Helens in inglese), ecco come si presentava prima

dell'eruzione:

Ecco come si presentò lo stesso monte dopo l'eruzione vulcanica:

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Illustrazione 14: Monte Sant'Elena prima della fatidica eruzione del1980 [Fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8c/Sthelens1.jpg]

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Tutto ebbe inizio alle 15:37 del 20 marzo 1980 un terremoto del magnitudo di 4.1 fu

registrato dai sismografi sul monte in questione. Da quel momento i rilevamenti

sismici furono intensificati tramite l'utilizzo di nuovi sismografi che rivelano un

ulteriore terremoto di magnitudo di 4.0 il 21 marzo. L'eruzione iniziò lentamente il 27

marzo e si concluse il 18 maggio, sempre dello stesso anno, alle 18:30. Il 18

maggio alle 8:32 un ulteriore terremoto, questa volta di magnitudo 5.2, situato sotto

il vulcano fece crollare il fianco nord, causando anche una frana che andò a valle.

Dopo l'evento vulcanico, diminuirono la quantità di terremoti ma aumentò l'intensità

di essi.

Un altro esempio di eruzioni vulcaniche causate da terremoti lo si può osservare in

Ecuador. Le eruzioni in questione derivano dal vulcano Tungurahua, qui raffigurato:

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Illustrazione 15: Monte Sant'Elena dopo l'eruzione vulcanica[Fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/dc/MSH82_st_helens_plume_from_harrys_ridge_05-19-82.jpg]

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Il 22 aprile di quest' anno un terremoto di magnitudo 4.7 risvegliò il vulcano

causando l'emissione di cenere e massi incandescenti.

Infine un ultimo esempio di eruzione vulcanica dovuta ad un sisma lo si ha in

Birmania dove, il 26 novembre, un terremoto causò un aumento delle temperature

nel sottosuolo con conseguenti eruzioni vulcaniche e con una dispersione di

materiale pari a 5 ettari di terreno.

Infine un altra eruzione vulcanica alquanto distruttiva, importante da citare, è

l'eruzione del Krakatoa qui raffigurato prima dell'eruzione:

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[fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2a/Krakatoa_01.JPG]

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e qui è raffigurato dopo l'eruzione:

Insomma tutti e due i fenomeni, sia vulcanici che sismici, sono alquanto distruttivi e

incutono timore nella gente, con la fortuna, che i primi, i fenomeni vulcanici, si

possono prevedere mentre i terremoti no. Dato che le eruzioni vulcaniche sono

prevedibili e causano terremoti, a volte anche violenti, è possibile mettere in salvo

la gente in modo da evitare morti inutili come è stato fatto in molti casi. Pertanto, i

terremoti sono ancora un ramo molto inesplorato, del quale non si può prevedere

con certezza quando può avvenire. Quindi sarebbe meglio, fino a quando non si

arriva ad un punto nel quale è possibile prevedere i terremoti, far sì che si eviti i

disastri, come per esempio i crolli degli edifici, insomma come disse Charles

Richter: “non sono i terremoti che causano il maggior numero di morti, ma le

costruzioni degli uomini”.

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Illustrazione 16: [fonte:http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/49/Krakatoa_eruption_lithograph.jpg]

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11. Conclusioni

Lavorare a questo lavoro di maturità è stato molto interessante e ringrazio il

professor Sposetti per questa fantastica opportunità che mi ha permesso di

esplorare il fantastico mondo dei vulcani e dei terremoti. Ho trovato difficoltà

soprattuto nel redarre il testo dato che fu soggetto a repentini cambiamenti, spero

comunque che sia stato abbastanza chiaro e utile per le generazioni future che

intendono seguire il mio stesso cammino.

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12. Bibliografia

– Un'introduzione alla vulcanologia : Magmi Eruzioni Vulcani / Massimo Cortini,

Roberto Scandone. - Napoli : Liguori, 1987

– Vulcani : la descrizione scientifica, la genesi, la storia, l'attivita' : 40 immagini

dal satellite SPOT / Francoise Girault, Philippe Bo uysse, Jean-Philippe

Rancon. - Novara : Istituto Geografico De Agostini, c1999

– Catastrofi naturali : eruzioni vulcaniche, alluvion i, terremoti, uragani, tifoni,

tsunami / Vittorio Rioda. - Colognola ai Colli : De metra, 2000.

– AAVV "Eruzioni vulcaniche" in Le Scienze quaderni n. 93, dicembre 1996

Milano

– Viaggi fra i terremoti / Curzio Malaparte. - Firenz e : Vallecchi, 1963

– I terremoti prima del Mille in Italia e nell'area m editerranea : storia,

archeologia, sismologia / ING ; a cura di Emanuela Guidoboni. - Bologna :

SGA, 1989

– http://www.wikipedia.org/

– http://www.thedayafter.it/2011_04_01_archive.html

– http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/artic olo1029346.shtml

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