INCLUSIONE SCOLASTICA: LE TIC NELLA DIDATTICA · Un maggior numero di attività possono essere...

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“LA DIDATTICA INNOVATIVA PER LAPPRENDIMENTO E LINCLUSIONE SCOLASTICAINCLUSIONE SCOLASTICA: LE TIC NELLA DIDATTICA M-PED/03 M-PED/04 Prof.ssa Angela Muschitiello Ricercatore universitario di Pedagogia Generale e Sociale - M-PED/01 Anno Accademico 2015/2016

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“LA DIDATTICA INNOVATIVA PER L’APPRENDIMENTO E

L’INCLUSIONE SCOLASTICA”

INCLUSIONE SCOLASTICA: LE TIC NELLA DIDATTICA

M-PED/03 – M-PED/04

Prof.ssa Angela Muschitiello Ricercatore universitario di Pedagogia Generale e Sociale - M-PED/01

Anno Accademico 2015/2016

CAPITOLO 1 – LE NUOVE TECNOLOGIE EDUCATIVE COME RISORSA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (MPED/03 – MPED/04)

Intro 1. Tecnologie per l’integrazione scolastica.

2. Le evidence based: l’efficacia della tecnologia 3. Norme europee per l’accessibilità dei siti web e la diffusione delle ICT

4. Le Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione in Italia 5. Assistive Technology per utenti con deficit sensoriali e psicofisici

6. Nuove tecnologie l’analisi del movimento e la valutazione delle attitudini motorie 7. Favorire la partecipazione e l’inclusione: Tecnologie assistive e

ICF 8. Autonomia, partecipazione, integrazione: Il ruolo delle tecnologie.

9. Risorse digitali per l’integrazione scolastica: speciali o designed for all?

10. La personalizzazione del software didattico: come rendere accessibili gli applicativi comuni

11. Leggere efficacemente il testo elettronico: strumenti per l’accesso ai libri digitali

12. L’accesso ai documenti matematici e scientifici: nuove tecnologie per alunni ciechi, ipovedenti e con disabilità motoria

CAPITOLO 1 – LE NUOVE TECNOLOGIE EDUCATIVE COME RISORSA PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (MPED/03 – MPED/04)

Intro La nuova società dell’informazione, orientata alla diffusione e alla crescita di prodotti e servizi digitali e interattivi (Personal computer, internet, fotocamere digitali, telefoni cellulari, lettori

Mp3, videogiochi), grazie ai progressi ottenuti nel settore informatico, delle telecomunicazioni e delle tecnologie multimediali, ha completamente rivoluzionato il nostro modo di vivere, imparare,

lavorare e giocare sia in Italia che in Europa L’analisi dei dati elaborati dall'Istituto di Statistica Europeo a gennaio 2008 evidenzia, nella sezione “Population and Social Condition” e “Science and Technology”, che nei paesi membri dell’Unione

Europea su una popolazione di 497 milioni di persone circa il 61% dichiara di accedere regolarmente alla rete. Le indagini hanno successivamente riguardato anche il diverso modo in cui

le persone utilizzano le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nei vari contesti sociali: il 75% dei cittadini dichiara di utilizzare internet a casa, il 45% a lavoro, il 22% a

casa di amici, il 15% in contesti educativi e in altri luoghi (hotel, aeroporti). Nonostante le tecnologie siano disponibili ad un pubblico sempre più ampio in termini di

accessibilità e di costi, la pubblicazione ufficiale della Commissione Europea “Eurostat Poketbooks. Key figures on Europe – 2009” evidenzia l’esistenza di un divario tra gli utenti e i non utenti spesso

denominato “digital divid”, che sembra giustificare l’inutilizzo delle tecnologie informatiche da circa il 40% dei cittadini europei. L’esclusione digitale può essere attribuita ad una serie di fattori,

tra cui: - la mancanza di infrastrutture (in particolare in zone remote e rurali);

- la mancanza di alfabetizzazione informatica e di competenze necessarie per far parte della società dell'informazione;

- la scarsa conoscenza o interesse rispetto alle opportunità e ai benefici che la società dell’informazione può offrire;

- l’inaccessibilità delle ICT da parte di persone con diversabilità; - l’inadeguatezza di mezzi e strumenti tecnologici ed informatici in contesti educativi e formativi.

L’Italia, con i suoi 59,6 milioni di abitanti, rispetto agli altri paesi europei sembra vivere più lentamente il processo globale di informatizzazione. Dalle statistiche europee emerge, infatti, che

circa il 48% dei cittadini italiani accede alla rete, quasi la metà degli italiani non beneficia delle opportunità offerte dalle ICT disponibili sul mercato; al contrario sembra crescere tra la

popolazione disabile italiana un interesse verso le nuove tecnologie informatiche. Le recenti indagini Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” dell’Istituto Nazionale di Statistica

Italiano relative ai comportamenti legati al tempo libero, alla cultura e all’integrazione dei disabili nei contesti sociali hanno evidenziato, infatti, che il 4,7% della popolazione italiana è costituito da

disabili e che nel 2001 in Italia circa il 37,6% dei disabili di età compresa tra i 18 e i 44 anni ha utilizzato il pc, nel 2006 il 46,2% della popolazione disabile nella stessa fascia di età ha usato

strumenti informatici trasformando radicalmente le proprie modalità di accesso alla cultura e alla vita sociale.

L’uso delle diverse applicazioni informatiche ha sicuramente determinato dei cambiamenti significativi nelle attività cognitive dei nuovi utenti informatici, ad esempio nel modo di scrivere

(wordprocessor), di ricercare l’informazione (motori di ricerca, browser di rete), di disegnare (editori grafici), di calcolare e organizzare dati (database e spreadsheet), di comporre musica

(editori musicali) e di comunicare (posta elettronica e sistemi di messaggistica e/o cooperazione). Queste attività basate su una continua pratica di interazione con ambienti virtuali di gioco, di espressione e di comunicazione possono presentare però il forte limite di indirizzare giovani e

bambini verso l’inattività fisica, determinando un aumento del numero di persone anche disabili

che non praticano attività motorie e sportive e che, pertanto, non beneficiano degli effetti positivi delle attività fisiche sulla salute come più volte evidenziato dai membri dell’Organizzazione

Mondiale della Sanità. In questi ultimi anni è stato raggiunto un consenso generale circa la quantità e il tipo di attività

fisica raccomandati per mantenere e migliorare la salute: “Si raccomanda alle persone di impegnarsi in almeno 30 minuti di attività fisica di intensità regolare che riduce il rischio di

malattie cardiovascolari e il diabete. Il potenziamento muscolare e l'equilibrio sono in grado di ridurre le cadute e aumentare lo stato funzionale tra gli anziani.

Un maggior numero di attività possono essere richieste per il controllo del peso e per i bambini e giovani …che dovrebbero raggiungere un totale di almeno 60 minuti di attività fisica di intensità moderata ogni giorno. Almeno due volte a settimana questo dovrebbe includere le attività per

migliorare la salute delle ossa, la forza muscolare e la flessibilità”. Il documento “Physical Activity and Health in Europe: Evidence for Action”, oltre a sottolineare i

benefici psicofisici dello sport e delle attività motorie, fornisce una serie di micro e macro indicatori responsabili dell’inattività fisica individuale o di gruppo di carattere:

- socioeconomico (povertà, industrializzazione, mobilità) - culturale (promozione e sostegno sociale, mass media, internet)

- ambientale (urbanizzazione, limitazioni geografiche, densità dei servizi, limitazioni strutturali) - individuale (auto-efficacia, auto-motivazione, livello di salute o di idoneità).

Un’ ulteriore analisi dei dati Istat relativi alla presenza di barriere architettoniche, come la mancanza di ascensori nella propria abitazione, evidenzia che i fattori che impediscono una

partecipazione dei disabili alle attività motorie e sportive (circa l’83% della popolazione disabile non svolge attività fisiche regolarmente) è legata a cause ambientali: il 75% della popolazione

disabile infatti non è autonoma negli spostamenti. Queste limitazioni nella mobilità, pur incidendo in maniera significativa sulla partecipazione dei

disabili alle attività fisiche, costituiscono un input alla valorizzazione di taluni ambienti di apprendimento come quelli scolastici nei quali conoscere, crescere ed imparare attraverso

un’educazione del corpo e una didattica del movimento. La presenza nelle scuole italiane di circa 187.567 alunni con disabilità nell’anno 2006-2007 richiede un’attenzione ai “bisogni speciali” e la costruzione di nuovi percorsi integrativi attraverso lo sport

e le attività motorie a carattere ludico per colmare la tendenza diffusa all’inattività fisica e favorire, sin dalla più tenera età, il benessere psicofisico delle future generazioni. L’integrazione con le tecnologie della comunicazione e dell’informazione e il supporto nelle attività scolastiche

attraverso la scelta e l’uso di specifici ausili può soddisfare l’interesse per i prodotti e i servizi della “digital society” dimostrato dai disabili negli ultimi anni.

L’ipotesi di un’applicabilità delle nuove tecnologie nel settore scolastico richiede sia uno studio dei principali documenti normativi nazionali ed internazionali che hanno consentito e determinano

tutt’ora l’utilizzo delle ICT nei contesti scolastici che un’analisi dei principali sussidi didattici per disabili in relazione alla tipologia di deficit insieme alla ricerca di strumenti informatici e tecnologici innovativi funzionali alla realizzazione di percorsi integrativi e riabilitativi che

favoriscano un connubio tra tecnologia, didattica e sport.

1. Tecnologia per l’integrazione scolastica Prima di affrontare il tema degli strumenti compensativi previsti dalla

normativa vigente per i DSA occorre riflettere sull’utilizzo delle tecnologie nella didattica e a supporto dei processi di apprendimento per i soggetti disabili in generale . Il presente approfondimento, non si configura come esaustivo rispetto al vasto tema delle TIC nella didattica. Si è cercato di evidenziare che la scelta di strumenti tecnologici deve sempre partire da un’analisi

reale dei bisogni formativi emersi e l’utilizzo degli stessi non genera automaticamente apprendimento ma deve essere supportato da modelli d’uso didattico.

Numerosi autori concordano nel ritenere che i ragazzi sono più motivati a impegnarsi nell’uso delle nuove tecnologie per impadronirsi degli strumenti propri del loro tempo.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (l’acronimo italiano è TIC mentre quello inglese è ICT, ovvero Information and Communication Technologies) andrebbero apprese e utilizzate strutturalmente all’interno di modelli tecnologici dell’educazione sulla base di una consapevole e preventiva scelta pedagogica e didattica (modelli d’uso, dosaggio dei tempi…) Occorre prestare attenzione al rischio di utilizzare le nuove tecnologie esclusivamente come elemento decorativo o restyling di una didattica tradizionale e potenziatore di una didattica

esclusivamente trasmissiva, ad esempio utilizzando la LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) come strumento per trasmettere gli stessi contenuti con le stesse modalità, senza sfruttare le reali

potenzialità innovative e cooperative dello strumento. Siamo spesso nella stessa situazione in cui ci troveremmo se affidassimo una Ferrari da corsa a un

autista dotato di normale patente B. Questo produrrebbe un duplice rischio: quello, se l’autista affrontasse il problema a partire dalla sua patente (cioè dalle sue competenze) di un uso banale,

riduttivo […], oppure quello, se l’autista si facesse trascinare dalle prestazioni del mezzo, di trovarci di fronte ad un bolide impazzito, pilotato senza regole e privo di controllo di regia.

Sarebbe importante che i docenti comprendessero il funzionamento generale delle più diffuse strumentazioni informatiche, per poterne cogliere il potenziale didattico e valutarne poi l’utilizzo

in maniera consapevole e critica. È ancora troppo diffusa la concezione che le TIC siano principalmente un ottimo medium, inteso unicamente come veicolo passivo per la trasmissione di conoscenze (si pensi all’utilizzo riduttivo della LIM come semplice schermo per condividere filmati

e risorse da internet). Le TIC favoriscono attività di co-costruzione degli oggetti di apprendimento (ad esempio mappe concettuali e mentali, learning object,…), di documentazione e accesso ai contenuti (ad esempio

piattaforme “moodle”, “blog”,…) per la loro successiva rielaborazione in un’ottica di personalizzazione e individualizzazione ovvero di personale costruzione di nuovi significati e

materiali. A tal fine sarà fondamentale che tutta la classe, a partire dagli insegnanti, utilizzi gli stessi applicativi o programmi didattici anche se su supporti diversi (Tablet, Notebook, LIM).

Ausubel credeva fermamente nell’apprendimento significativo ovvero in quel processo che vede lo studente mettere in relazione le nuove informazioni con altre che già possiede nella sua struttura

cognitiva. I concetti già presenti, costituiscono un ponte tra ciò che già si conosce e ciò che ci si appresta ad apprendere secondo una logica di derivazione vygostskiana. Questo personale

processo attivo può essere incoraggiato dall’insegnante grazie all’utilizzo delle mappe concettuali che prevedendo una riflessione sulla costruzione e relazione dei concetti nuovi e vecchi

favoriscono la dimensione metacognitiva e un’assimilazione duratura del sapere. L’apprendimento meccanico, mnemonico e passivo conduce invece inevitabilmente all’oblio.

Le mappe concettuali

La mappa concettuale nasce come strumento didattico proposto da Novak e Gowin della Cornell University, partendo dagli studi di Ausubel sulla conoscenza significativa, e si sviluppa all’interno di

quella corrente di pensiero che verrà definita successivamente, costruttivismo cognitivo. Guastavigna e Gineprini definiscono una mappa come «una rappresentazione grafica di concetti

espressi in forma sintetica (parole-concetto) all’interno di una forma geometrica (nodo) e collegati fra loro da linee (frecce) che esplicitano la relazione attraverso parole legamento».6

Una mappa è costituita da nodi/concetti che rivelano un legame tra di loro anche di tipo trasversale attraverso parole legamento capaci di collegare concetti collocati in settori differenti. I

legami vengono a costruire una struttura reticolare e gerarchica, la cui matrice cognitiva di riferimento è di tipo connessionista e dove attraverso una freccia viene indicato il verso della

lettura. I concetti vengono collegati dal generale al particolare, dal sovraordinato al subordinato e sono possibili relazioni trasversali esplicitate dalle parole legamento. Il valore della parola

legamento è duplice: - costringe a prendere coscienza del proprio percorso di pensiero, a esplicitare perché si collega

una parola a un’altra e a motivarlo nel confronto con il gruppo; - permette di rendere più chiaro e riconoscibile al lettore il senso del percorso quando la mappa viene presentata al resto della classe. La mappa, dunque, contiene in sé la capacità di mostrare e

rendere esplicite tutte le concatenazioni logiche che portano alla formulazione di un argomento. Il suo utilizzo nel campo della didattica consente una verifica istantanea del livello di comprensione

dello studente e ne favorisce e rafforza l’apprendimento grazie al confronto e all’analisi tra strutture concettuali.

È necessario rendere evidente un aspetto fondamentale delle mappe. Per ottenere l’obiettivo atteso, diventa fondamentale che ogni studente diventi, grazie a un percorso graduale,

competente e autonomo nel riassumere e schematizzare un testo arrivando a creare una propria mappa. Somministrare a qualcuno una mappa già costruita non favorisce un apprendimento

significativo, proprio perché essa rappresenta l’organizzazione di pensiero di chi ha scritto il testo nella mappa e selezionato le immagini.

Rielaborare e ricercare dei significati anche apparentemente nascosti, permette allo studente, dunque, un’interazione attiva e concreta con il testo da analizzare e comprendere. L’assegnazione

autonoma o guidata delle parole legame ad esempio permette agli alunni di riflettere sul significato delle forme verbali e delle congiunzioni che si utilizzano come legami tra un nodo e

l’altro. Le mappe mentali

Partendo dagli studi di Novak intorno al 1960 il ricercatore inglese Buzan ideò le mappe mentali che prevedono l’associazione di concetti e informazioni in modo non lineare e gerarchico ma a

raggiera. Dal punto di vista didattico, molto interessante è la definizione di Buzan, il quale argomenta come la mappa mentale «sia uno strumento di pensiero graficamente e visivamente interlacciato per immagazzinare, organizzare, ordinare e diffondere informazioni. È il coltellino

svizzero del cervello». Nella mappa mentale l’idea principale si trova al centro dello schema e tutte le informazioni

associate vengono ad essa collegate con frecce secondo una geometria radiante senza gerarchie che vede la riproduzione grafica di una successione di idee in sequenza logica. L’uso di elementi di

impatto percettivo come colori e immagini, stimolano la creatività dello studente, catturano l’attenzione e favoriscono la memorizzazione. Tale mappa è particolarmente indicata per le

attività di brainstorming e di libera associazione.

Le mappe come strumento inclusivo. Le mappe, oltre ad essere uno strumento didattico per tutta la classe, si configurano anche come strumenti compensativi inclusivi; ad esempio in fase di valutazione possono fungere da supporto visivo, in particolare per i ragazzi con BES (Bisogni Educativi Speciali), finalizzato al recupero delle

informazioni e all’organizzazione del discorso in una presentazione orale. Le mappe come strumento di supporto nelle prove scritte e orali potrebbero contribuire, dando sicurezza allo studente, a ridurre i livelli di ansia determinata dalla paura di dimenticare termini o parti di un

discorso strutturato e aumentare l’autostima. Le mappe, potrebbero compensare la lentezza nella lettura, la stanchezza nell’attenzione e la scarsa organizzazione delle idee10 fornendo strutture

visive con poco testo e immagini ben strutturate e collegate fra loro allo scopo di favorire

l’organizzazione mentale rispetto ad un determinato argomento di studio. Sulla base della letteratura di riferimento, è possibile affermare che l’utilizzo didattico della mappa

è particolarmente efficace per tutti gli studenti poiché permette di: - visualizzare le conoscenze già possedute secondo il proprio stile cognitivo (verbale o visivo);

- visualizzare le conoscenze da possedere (didattica anticipatoria); - migliorare l’organizzazione mentale rielaborando graficamente gli argomenti trattati;

- favorire attività di cooperative learning e di apprendimento significativo se la mappa viene creata in classe assieme ai compagni e all’insegnante;

- rafforzare ed esplicitare i processi meta-cognitivi; - favorire la comprensione di collegamenti concettuali impliciti nel testo ma esplicitati nella

mappa; - favorire la memorizzazione e il recupero delle informazioni e delle etichette lessicali;

- favorire l’accesso a nuove conoscenze se la mappa è accompagnata dalla spiegazione verbale del docente;

- preparare un’argomentazione sia scritta sia orale, perché ne visualizza la traccia, l’ordine sequenziale dell’esposizione.

Come argomentato da Buzan, le parole o immagini chiave individuate personalmente per la creazione delle mappe attivano ricordi specifici permettendo il recupero delle informazioni e delle etichette lessicali. Si evidenzia che questi attivatori, per divenire realmente efficaci devono essere personali. Ogni persona dovrà individuare i propri attivatori per memorizzare un determinato fatto

o concetto. Questi principi ci consentono di sconsigliare l’utilizzo didattico di mappe costruite da altri e reperibili su internet se non nella fase iniziale propedeutica come spunto di riflessione.

Ricorrere a mappe altrui non modificabili pregiudica un lavoro attivo sulla mappa e un apprendimento significativo poiché lo studente è costretto ad adattarsi allo stile di un’altra

persona. Gli attivatori scelti da altri perdono la loro efficacia e non sempre favoriscono il recupero delle informazioni. Inoltre, le mappe reperite dalla rete riflettono l’organizzazione mentale di altre

persone le quali è molto frequente che abbiano creato la mappa su argomenti comuni ma basandosi su testi completamente diversi.

Tra gli strumenti didattici e le tecniche studiate da Hattie le mappe concettuali risultano più efficaci nell’apprendimento rispetto alla visione passiva di video e di simulazioni o di attività al

computer basate su ricerche in rete. Calvani afferma che la maggior parte degli studiosi concordano sul fatto che “[…] la combinazione

di istruzione diretta (cioè di un procedimento passo passo, con attenzione alla difficoltà del compito, feedback immediato, molta pratica, impiego di piccoli gruppi interattivi accuratamente istruiti) con strategie cognitive (cioè con interventi basati su spiegazione, dimostrazione, porre

domande, riassumere) ottiene in assoluto i risultati maggiori in tutto l’ambito delle abilità scolastiche di base, anche con soggetti che rientrano nella fascia dei DSA”. Tale modello didattico

include percorsi guidati e graduali sull’utilizzo delle mappe. Tali percorsi devono porsi l’obiettivo di rendere tutti gli studenti della classe, su diversi livelli grazie alla personalizzazione ed

all’individualizzazione, competenti e autonomi nell’utilizzo delle mappe concettuali, mentali e/o schemi favorendo al contempo gli stili di insegnamento e di apprendimento di tutti da un lato e un

approccio altamente inclusivo dall’altro.

2. Le evidence based: l’efficacia della tecnologia Non esistono evidenze scientifiche generalizzabili che dimostrino che l’utilizzo della tecnologia nella didattica determini mediamente un miglioramento dell’apprendimento. In particolare, gli

studi sul carico cognitivo hanno dimostrato che le differenze nei livelli di apprendimento con o senza tecnologie sono determinate dalle

metodologie d’uso e dalla qualità delle interazioni che comportano. In sostanza l’uso delle nuove tecnologie non genera automaticamente apprendimento, bensì sono i processi e i modi d’uso a determinare i risultati di apprendimento nel soggetto. Esistono contesti

in cui le tecnologie si collocano rispetto all’apprendimento come strumenti di facilitazione e di stimolo per l’attivazione di processi cognitivi superiori nei quali ancora una volta è l’atteggiamento

didattico però a fare la differenza. Calvani afferma che il ricorso a strumenti tecnologici è giustificato poiché «possono rappresentare strumenti indispensabili per individualizzare i percorsi, per raccogliere risorse, per dar vita a comunità di educatori, per ampliare le possibilità di accesso

e di espressione, per stimolare nuove idee sull’istruzione stessa». Nel campo della didattica speciale e della disabilità le tecnologie si collocano come strumenti prioritari per garantire nella maggioranza dei casi l’accesso alla conoscenza, l’autonomia e la

partecipazione sociale contribuendo alla crescita della qualità di vita delle persone. Numerosi autori concordano nel ritenere che i ragazzi sono più motivati a impegnarsi nell’uso

delle tecniche per impadronirsi degli strumenti propri del loro tempo. Nelle scuole che non hanno l’opportunità di partecipare a progetti che prevedono

l’introduzione di nuove tecnologie, supportati da formazione e proposte sui possibili modelli d’uso didattico delle stesse, assistiamo a un approccio complessivamente tecnico e non tecnologico188

rispetto all’inserimento delle nuove tecnologie. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (l’acronimo italiano è TIC mentre quello

inglese è ICT, ovvero Information and Communication Technologies) andrebbero apprese e utilizzate strutturalmente all’interno di modelli tecnologici dell’educazione sulla base di una consapevole e preventiva scelta pedagogica e didattica (modelli d’uso, dosaggio dei tempi…)

Questo approccio risulta fondamentale per non incorrere nel rischio evidenziato da Galimberti che sia l’uomo al servizio della tecnica, invece di essere la tecnica al servizio dell’uomo.

La tecnica, infatti, da mezzo spesso diventa il fine di un’iniziativa didattica partita con lo scopo di essere innovativa. Occorre, inoltre, prestare attenzione al rischio di utilizzare le nuove tecniche esclusivamente come elemento decorativo di una didattica tradizionale e potenziatore di una

didattica tradizionale e trasmissiva, ad esempio sfruttando la LIM come strumento per trasmettere gli stessi contenuti con le stesse modalità, semplicemente inserendo accattivanti effetti speciali,

senza sfruttare le reali potenzialità innovative dello strumento. Come evidenziato da Guerra: Siamo spesso nella stessa situazione in cui ci

troveremmo se affidassimo una Ferrari da corsa a un autista dotato di normale patente B. Questo produrrebbe un duplice rischio: quello, se l’autista affrontasse il problema a partire dalla sua

patente (cioè dalle sue competenze) di un uso banale, riduttivo […], oppure quello, se l’autista si facesse trascinare dalle prestazioni del mezzo, di trovarci di fronte ad un bolide impazzito, pilotato senza regole e privo di controllo di regia.

Sarebbe importante che i docenti comprendessero il funzionamento generale delle più diffuse strumentazioni informatiche, per poterne cogliere il potenziale didattico e valutarne poi l’utilizzo in maniera consapevole e critica. È ancora troppo diffusa la concezione che le TIC

siano principalmente un ottimo medium, inteso unicamente come veicolo per la trasmissione di conoscenze (si pensi all’utilizzo riduttivo della LIM come semplice schermo per condividere filmati

e risorse da internet). Gli insegnanti che vogliono sperimentare le TIC in classe, anche se spaventati dalle molteplici funzioni che esse hanno, corrono paradossalmente il rischio di partire dall’acquisto di device con più opzioni possibili per poi chiedersi successivamente come utilizzarle

nella didattica. In realtà, i docenti dovrebbero prendere coscienza dei bisogni formativi e didattici che emergono nell’ambiente in cui insegnano, identificare gli strumenti e curare gli aspetti di ergonomia (cercare

di adattare la tecnologia alle esigenze dell'uomo nei vari contesti) che possono contribuire a

supportare efficacemente i processi per il raggiungimento degli obiettivi disciplinari e formativi individuati. Le TIC favoriscono attività di co-costruzione degli oggetti di apprendimento (ad esempio learning object, “wiki”…), di documentazione e accesso ai contenuti (ad esempio

piattaforme “moodle”, “blog”, siti di classe…) per la loro successiva rielaborazione in un’ottica di personalizzazione ovvero di personale costruzione di nuovi significati e materiali.

3. Norme europee per l’accessibilità dei siti web e la diffusione delle ICT

L’European Information Society, da tempo impegnata nella diffusione di servizi e nella creazione di ambienti pubblici moderni e dinamici, ha finalizzato la propria azione al soddisfacimento delle

esigenze del mercato internazionale e ha orientato le proprie iniziative anche al supermento delle sfide sociali comprese quelle dell’inclusione e dell’integrazione.

Il cambiamento tecnologico, elemento determinante del nostro modo di vivere e di partecipare alla vita sociale, ha determinato la produzione e la promozione di una nuova generazione di servizi

e prodotti inclusivi con l’obiettivo di integrare le persone a rischio di esclusione ed indirizzare i processi politici verso l’elaborazione di strategie sempre più rispondenti alle richieste della e-

society. L’accessibilità di strumenti e servizi e la necessità di un’eguaglianza di diritti per le persone disabili è da tempo oggetto dell’attenzione delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali. Nel

1981, in occasione della celebrazione dell’ “Anno Internazionale delle Persone Disabili”, l’Assemblea Generale con Risoluzione del 3 dicembre 1982, n. 37152, approva e diffonde il

“Programma di azione mondiale riguardante le persone disabili” che costituisce uno dei primi documenti internazionali ad affermare il diritto alle pari opportunità e il concetto di handicap

come il risultato della relazione tra le persone con disabilità e il loro ambiente. L’ Economic and Social Council (Consiglio degli Affari Economici e Sociali), in seguito alle

deliberazioni dell’Assemblea Generale, invita alla preparazione di documenti normativi più specifici e con la Risoluzione del maggio 1990 n. 26 autorizza la Commissione per lo Sviluppo

Sociale a creare un gruppo di lavoro permanente formato da esperti di governo per elaborare delle norme standard per larealizzazione di pari opportunità per bambini, giovani ed adulti disabili.

L’esperienza accumulata durante il decennio delle Persone Disabili delle Nazioni Unite (United Nations Decade of Disabled Person 1983-1992) determina nel 1993 la promulgazione, da parte

dell’Assemblea delle Nazioni Unite, della Risoluzione n. 48/96 “Regole Standard per le uguali opportunità per persone disabili” nella quale si legge: “Gli Stati dovrebbero riconoscere la

prominente importanza dell’accessibilità nel processo di creazione di uguali opportunità in tutti i campi della vita sociale.

Per le persone disabili gli Stati dovrebbero sia attivare programmi per rendere accessibile l’ambiente fisico sia prendere le misure necessarie per fornire accesso alle informazioni e al

mondo della comunicazione. Gli Stati dovrebbero far sì che i nuovi sistemi telematici per fornire al pubblico informazioni e servizi siano resi accessibili fin dall’inizio oppure adattati in modo da risultare accessibili alle

persone disabili”. Le politiche per l’inclusione sono orientate, nei successivi anni, alla definizione di specifici piani di

azione finalizzati non solo a sensibilizzare, informare ed educare la comunità internazionale rispetto le problematiche connesse alla disabilità ma anche diffondere strumenti utili

all’acquisizione e al mantenimento della funzionalità fisica e psichica. La normativa europea ISO 9999 del 1998 dell’ International Organization for Standardization (ISO) “Ausili per persone

disabili: classificazioni e definizioni” riporta, a tal proposito, una classificazione degli ausili che possono consentire ai disabili una gestione quanto più possibile autonoma della propria vita e

definisce l’ausilio come “Qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o sistema tecnologico

utilizzato da un disabile, appositamente prodotto o disponibile nel normale commercio, che prevenga, compensi, attenui o neutralizzi una menomazione, una disabilità o un handicap”

La Direttiva del Consiglio Europeo del 27 novembre 2000, n. 200/78/EC “Quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” in conformità all'articolo 6 del Trattato sull'Unione Europea che stabilisce i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riconosce dopo qualche anno “… l'importanza di combattere qualsiasi forma di discriminazione, compresa la necessità di intraprendere azioni appropriate per

l'integrazione sociale ed economica dei disabili e di trovare soluzioni ragionevoli per la formazione e l'apprendimento permanente”.

La piena integrazione sociale necessita, dunque, di azioni comuni agli stati membri e della ricerca di “soluzioni ragionevoli” per consentire ai disabili impegnati nei vari contesti sociali (lavorativi,

scolastici e familiari) di beneficiare delle applicazioni e dei servizi offerti dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

La Comunicazione del 12 maggio 2000, n. 284 - “Verso un’Europa senza ostacoli per i disabili”, ribadendo il diritto dei disabili di accedere equamente a tutti gli ambiti sociali e alle “… attività

comunitarie riguardanti l'occupazione, l'istruzione e la formazione professionale, i trasporti e la società dell’informazione” sottolinea l’inaccessibilità di molti ambienti scolastici, l’inadeguatezza

del sistema e dei suoi sussidi rispetto ad esigenze didattiche speciali, ma anche l’impegno ad elaborare e sostenere una strategia globale per affrontare gli ostacoli a livello sociale,

architetturale e concettuale che impediscono ingiustamente ai disabili di partecipare alle attività economiche e sociali.

Nello stesso anno il Piano Europeo “Europe 2002: una Società dell’Informazione per tutti”, lanciato in occasione del Consiglio Europeo straordinario di Lisbona del 23-24 marzo 2000 e nato dalla consapevolezza che l’applicazione delle tecnologie digitali costituisce il fattore chiave per la

crescita e l’occupazione, promuove tra gli obiettivi principali: - la partecipazione per ciascun cittadino, abitazione, scuola, impresa e amministrazione nell’era

digitale e la disposizione di un collegamento on-line; - l’acquisizione di conoscenze e competenze relative agli strumenti dell’era digitale;

- la promozione di una cultura imprenditoriale pronta a finanziare e a sviluppare nuove idee. L’intero processo finalizzato alla coesione sociale prevede tra le azioni prioritarie la

“eparticipation” ossia l’impegno della Società dell’Informazione a considerare e soddisfare le necessità dei disabili attraverso:

- la valutazione delle esigenze dei disabili relative all’approvvigionamento di prodotti e servizi di comunicazione e informazione;

- il riesame della legislazione sulla Società dell’Informazione e le norme in materia di accessibilità; - la creazione di poli di eccellenza in ciascuno Stato membro, per sviluppare un corso di studi

europeo di “progettazione per tutti”. Un’altra tappa fondamentale nella definizione della “e-partecipazione” è segnata dal Consiglio di Lussemburgo dell’8 ottobre 2001, che invita gli Stati membri a sfruttare il potenziale della società

basata sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel tentativo di creare delle agevolazioni nei servizi e nei contenuti per gli utenti disabili. L’obiettivo principale è quello di

eliminare gli ostacoli della nuova Informatic society attraverso un ampio processo di informazione dei gruppi sociali a rischio di esclusione digitale.

Nello stesso anno, la Web Accessibility Initiative (WAI) una delle iniziative europee più significative, promuove la diffusione degli standard minimi da rispettare per la costruzione di siti

web pubblici e privati per favorire l’accessibilità, ossia la possibilità per tutti i ‘navigatori’ della rete di ricevere la stessa quantità di informazione. Il parere unanime della Commissione Europea di

dichiarare il 2003

Anno Europeo dei cittadini disabili, avvia in Europa un percorso di sensibilizzazione dell’ opinione pubblica con l’obiettivo di rendere maggiormente visibili le problematiche connesse alla disabilità. Nel documento 2001/903/EC relativo alla Decisione del Consiglio Europeo del 3 dicembre 2001 si

legge che: “… L'anno 2003 coinciderà con il decimo anniversario dell'adozione, da parte dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, delle regole standard sulla parità di opportunità per i

disabili, che hanno consentito di compiere progressi importanti in un approccio alla disabilità conforme ai principi dei diritti dell'uomo”

In particolare all’Art. 2 sono dettati gli obiettivi dell’Anno Europeo dei disabili che gli stati membri devono realizzare e promuovere anche nei successivi anni e relativi:

- alla sensibilizzazione rispetto alle diverse forme di handicap e al diritto dei disabili di godere di pari diritti e di essere tutelati dalla discriminazione;

- all'incoraggiamento alla riflessione e alla discussione sulle misure necessarie per promuovere pari opportunità per i disabili in Europa attraverso l’intensificazione della cooperazione tra le parti

(governi, servizi sociali e privati, associazioni no profit, famiglie); - alla promozione dello scambio di esperienze in materia di buone prassi e strategie efficaci

attuate a livello locale, nazionale ed europeo; - all’ attenzione particolare al diritto dei bambini e dei giovani disabili ad un pari trattamento

nell'insegnamento. L’impegno degli Stati membri si è tradotto nell’adozione di misure comunitarie relative

all’organizzazione di incontri ed eventi, alla promozione di piani di cooperazione con i media quali partner per la diffusione delle informazioni sull'anno europeo dei disabili, alla costruzione e

diffusione di nuovi strumenti per agevolare l'accesso a tali informazioni (ad esempio, sottotitoli per le persone audiolese o descrizioni vocali delle immagini per le persone videolese). A partire dal

2001. inoltre, l’Unione Europea ha ritenuto indispensabile assicurare il rispetto del diritto delle persone con disabilità all’informazione, all’integrazione e all’inclusione sociale attraverso l’uso

delle nuove tecnologie promuovendo la diffusione e l’attuazione del Programma “eInclusione – Le potenzialità della Società dell’Informazione per l’inclusione sociale in

Europa”. I principi del programma europeo relativo alle ICT sono dettati dall’ “e-Accessibilità” (eAccessibility) già accennata nei precedenti documenti comunitari, espressione con la quale viene

meglio chiarito “ … il diritto delle persone disabili di accedere ai servizi e alle informazioni utilizzando le tecnologie della comunicazione e dell’informazione”, ma anche “… l’opportunità

offerta a tutti di migliorare la qualità della propria vita e la capacità di vivere in modo indipendente”.

La Commissione ha inoltre introdotto per quanto riguarda l’inclusione sociale in relazione alle tecnologie dell’informatica e della comunicazione il termine “e-inclusione” (eInclusion) per

indicare “… la possibilità di superare attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie le condizioni di disagio economico e di esclusione”.

Il 25 settembre 2001 la Comunicazione adottata dalla Commissione Europea “eEurope 2002: accessibilità e contenuto dei siti Internet delle Amministrazioni Pubbliche” nel tentativo di

rimuovere gli ostacoli che impediscono ai disabili un libero accesso alla rete, conferma l’obiettivo generale di

“… accelerare la transizione dell’Europa alla Società dell’Informazione e ridurre le disparità tra gli Stati membri, nell’obiettivo di creare una Società dell’Informazione per tutti i cittadini dell’Unione

Europea … affinché possano beneficiare delle tecnologie dell’informazione e di Internet, contribuendo così alla crescita economica, al miglioramento della qualità della vita” .

Il Piano di Azione e Learning presentato al Consiglio e al Parlamento Europeo il 28 marzo 2001 apre le porte ad un’intensa collaborazione tra gli stati per la modernizzazione dei sistemi di

istruzione e di apprendimento europei attraverso l'impiego delle nuove tecnologie

dell'informazione e della comunicazione ed individua alcuni obiettivi da raggiungere in pochi anni: - consentire a tutti i ragazzi di acquisire una cultura digitale al termine degli studi;

- sostenere l’evoluzione dei programmi scolastici per tenere conto dei nuovi metodi di apprendimento e dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

- impartire una adeguata formazione a tutti gli insegnanti; - adeguare i programmi di formazione degli insegnanti e stabilire incentivi per indurli a utilizzare

davvero le tecnologie digitali nella propria attività didattica. Il conseguimento di tali obiettivi richiede una trasformazione del sistema scolastico, una

valorizzazione delle risorse economiche, strumentali ed umane e la necessità di: – dotare tutte le scuole di un accesso a Internet e alle risorse multimediali;

– collegare progressivamente tutte le scuole alle reti di ricerca; – predisporre piattaforme di apprendimento per via elettronica ad uso di insegnanti studenti e

genitori; – costruire piattaforme europee per la valorizzazione delle nuove tecnologie per l'istruzione e la

formazione (es. televisione digitale, satelliti, campus virtuali e mobilità virtuale); – ampliare gli incentivi nell'ambito dei programmi educativi, culturali, audiovisivi e di ricerca di

nuovi servizi educativi e di formazione specie nei settori: apprendimento delle lingue; arte, cultura e cittadinanza; scienza, tecnologia e società.

Il Consiglio Europeo con la risoluzione 7087/02 del 20 marzo 2002 “eEurope 2002: Accessibilità e contenuto dei siti web delle Amministrazioni Pubbliche”, e con la comunicazione

“eEurope 2005: una Società dell’Informazione per tutti” il 21 e 22 giugno 2002 sottolinea, ancora una volta, la necessità di accelerare l’accessibilità

della rete e dei suoi contenuti, di favorire la sensibilizzazione e la formazione cercando di mantenere un dialogo permanente con le organizzazioni che

rappresentano i disabili. Nel dicembre dello stesso anno la Risoluzione “eAccessibility per le persone con disabilità” ribadisce l’impegno comunitario di abbattere le barriere che impediscono ai disabili di partecipare attivamente alla società dell’informazione e propone agli Stati membri, rispetto alle precedenti

risoluzioni, di attribuire un contrassegno di “eAccessibility” a quei prodotti e a quei servizi che rispettano gli standard di accessibilità.

Dalla costituzione del gruppo di lavoro sulla disabilità del 12 febbraio 2003 e dalla promozione dell’Anno Europeo dei disabili, l’opera di sensibilizzazione avviata dagli

Stati membri relativamente alle difficoltà normalmente incontrate dai disabili nell’utilizzo delle ICT, trova una maggiore concretizzazione in piani comunitari

recenti. La Decisione del Parlamento Europeo n. 1982/2006/EC e del Consiglio del 18

Dicembre 2006 relativa al Settimo Programma Quadro della Comunità Europea per la ricerca, e lo sviluppo tecnologico in accordo con l’ IST (Information Society

Technologies)140 prevede la pianificazione di buone prassi per gli anni 2007-2013. Il Programma oltre ad evidenziare l’impatto che le ICT hanno nel settore della produttività e della

innovazione, nella modernizzazione dei servizi pubblici (sanità, istruzione) nei progressi nella scienza e nella tecnologia, ne sottolinea la finalità chiave: favorire la cooperazione, l’integrazione e

l’accesso alle informazioni. L’obiettivo della ricerca sulle ICT, nell’ambito del Settimo Programma Quadro è quello di rafforzare

le conoscenze scientifiche e tecnologiche dell’Europaaumentando i benefici per tutti anche per quanti sono affetti da disabilità.

Il programma, infatti, è diviso in 7 sfide relative a cambiamenti da apportare: 1. Nei servizi e nelle infrastrutture (potenziamento dei servizi di rete, aumento della flessibilità e

della sicurezza, valorizzazione delle applicazioni multimediali e degli ambienti virtuali in 3D, riduzione dei limiti strutturali);

2. Nella robotica (costruzione di strumenti tecnologici con intelligenza artificiale al servizio di persone anche affette da disabilità);

3. Nei sistemi ingegneristici (progettazione di sistemi di nano-elettronica, laser, sensori di immagine, software per l’acquisizione di dati in tempo reale in una costante interazione con

l’ambiente fisico); 4. Nelle biblioteche digitali (archiviazione, personalizzazione e utilizzazione di contenuti culturali e scientifici formato digitale per tutti attraverso azioni interattive, creative , individuali e di gruppo);

5. Nelle cure sanitarie sostenibili (potenziamento di Personal Health Systems e di tutti gli strumenti tecnologici utili al monitoraggio e alla valutazione delle condizioni di salute in tempo

reale); 6. Nella mobilità, nella sostenibilità ambientale (costruzione di sistemi tecnologici per la ricerca di

soluzioni di movimento sicure e flessibili); I Personal Health Systems sono sistemi tecnologici indossabili dai pazienti in casa, nei luoghi di

lavoro o in movimento collegati agli ospedali o centri di assistenza attraverso la telemedicina link. I PHS forniscono non solo ai professionisti un monitoraggio continuo delle condizioni di salute ma

offrono anche al paziente garanzie e sicurezze nello svolgimento di azioni quotidiane. Ogni sistema è realizzato mediante la combinazione di diverse tecnologie quali: sensori biomedici; micro-e nano sistemi di comunicazioni mobili e senza fili; interfacce utente, software di elaborazione dei segnali.

7. Nella vita indipendente, nell’inclusione (aumento delle occasioni di partecipazione alla social community e di utilizzo delle tic da parte di disabili ed anziani).

La settima sfida presentata dal Programma Quadro può essere meglio sintetizzata nell’obiettivo degli stati membri di “… aumentare l'efficienza dell’ assistenza sociale e dei servizi sanitari… di

migliorare radicalmente l'accessibilità e la fruibilità del futuro sistema di soluzioni ICT per le persone con diversa abilità fisica e mentale, limitazioni funzionali o privi di competenze digitali” entro il 2013 attraverso il potenziamento delle tecnologie emergenti e dei sistemi che sfruttano

l’interazione uomo-macchina o cervello -neurocomputer.

4. Le Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione in Italia I principali documenti legislativi europei relativi all’inclusione e all’integrazione dei disabili

attraverso le tecnologie informatiche e della comunicazione hanno consentitoanche in Italia, nell’ultimo ventennio, la diffusione di iniziative normative e progettuali per agevolare il processo di crescita della società dell’informazione e la partecipazione sociale dei disabili attraverso le ICT.

Nonostante la Repubblica riconosca e tuteli già negli anni ‘40 “… il diritto di ogni persona di accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano

attraverso gli strumenti informatici e telematici”143 e tuteli “… il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici … da parte delle persone disabili”144, solo a partire dagli anni ‘90 si assiste

ad una crescente proliferazione di atti legislativi relativi alle tecnologie informatiche per la disabilità e a specifici percorsi formativi per la classe docente.

I piani nazionali per la promozione di iniziative a sostegno dell’innovazione e della sperimentazione nel settore informatico e tecnologico dimostrano il tentativo del nostro paese di procedere ad un innalzamento della qualità dei processi formativi attraverso l'uso generalizzato

delle tecnologie multimediali anche nei contesti scolastici e di rimodulare un impianto normativo poco rispondente ai “bisogni speciali”.

Molte delle disposizioni legislative italiane, sebbene abbiano determinato il passaggio dall’istituzionalizzazione dei disabili all’inserimento a scuola, hanno a lungo supportato

giuridicamente l’esistenza di classi differenziali e la mera inclusione sociale trascurando il diritto all’integrazione nella comunità scolastica, il reale soddisfacimento dei bisogni e la valorizzazione

delle potenzialità. La legge n. 118 del 30 marzo 1971 - “Nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili” demandava i soggetti con gravi deficit intellettivi e minorazioni psichiche alle scuole

speciali, la Circolare Ministeriale 8 agosto 1975, n. 227 - Interventi a favore degli alunni Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, n. 298 - Costituzione Italiana, handicappati, evidenziava dopo pochi anni, il problema delle idoneità delle strutture scolastiche

deputate all’ inserimento dei disabili, la necessità di insegnanti specializzati e l’importanza di percorsi di scoperta di se stessi e degli altri attraverso nuovi linguaggi espressivi.

Solo con la Legge 4 agosto 1977, n. 517 - Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico si assiste ad

una miniriforma della scuola che ha segnato un’autentica rivoluzione nella visione non solo pedagogica e culturale, ma anche politica del nostro Paese.

L’ abolizione delle classi differenziali, la soppressione delle scuole speciali, la riprogrammazione delle attività didattiche e la valorizzazione delle figure professionali all’interno di equipe mediche e

socio pedagogiche hanno favorito nel corso degli anni azioni socio-educative finalizzate al miglioramento della vita degli studenti e delle loro famiglie, alla diffusione di una cultura dei

servizi specialistici e, più in generale, orientato la crescita della società italiana verso comportamenti individuali e collettivi inclusivi ed integrativi.

Il rispetto dei diritti di libertà e di autonomia della persona disabile e la sua piena integrazione nei diversi contesti sociali viene attualmente garantito dalla Legge Quadro per l'assistenza,

l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate n. 104 del 5 febbraio 1992 la quale non solo promuove la rimozione di tutte le ‘cause invalidanti’ responsabili dell’esclusione sociale, ma individua nello sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica uno degli strumenti funzionali alla

costruzione di adeguati sostegni al disabile e alla sua famiglia grazie all’efficace apporto di strumenti e sussidi tecnici146. Gli strumenti informatici e tecnologici in dotazione alle scuole e alle università possono soddisfare il diritto all’educazione e all’istruzione del disabile e rappresentare

per lui un aiuto concreto allo sviluppo delle sue potenzialità “… nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”.

Il successivo documento legislativo del 15 marzo 1997 n. 59 – Legge sull’autonomia delle istituzioni scolastiche delinea una cornice organizzativa dentro la quale rendere 146 Legge 5 febbraio 1992,

n. 104 – “Legge-Quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, Artt. 1 - 5.

Art. 12. Questi diritti effettivamente operanti e consentire la pianificazione di percorsi di innovazione

scientifica e culturale nelle scuole italiane attraverso un'azione generalizzata di formazione degli insegnanti e creazione in ogni scuola di “postazioni” multimediali di lavoro. La Circolare

Ministeriale del 24 aprile 1997 n. 282 - Programmi di sviluppo delle tecnologie didattiche, infatti, ha promosso la multimedialità nell'insegnamento di tutte le discipline e un’articolazione didattica

e metodologica specifica da realizzarsi attraverso: - l’acquisizione da parte delle istituzioni scolastiche delle apparecchiature multimediali (hardware,

software, reti); - l’organizzazione di percorsi di aggiornamento per i docenti;

- l’individuazione di figure professionali deputate al supporto e all’assistenza nelle fasi di conoscenza e utilizzazione degli strumenti informatici;

- la definizione dei processi di monitoraggio; - l’acquisizione a livello nazionale e locale delle risorse economiche indispensabili alla crescita delle

scuole.

Quest’ attenzione dimostrata dall’Italia al tema della diffusione degli strumenti tecnologici ed informatici nelle istituzioni scolastiche, sebbene nella sua fase embrionale, è il chiaro riflesso di

un’azione di rinnovamento e di promozione del diritto dei disabili all’integrazione e all’informazione promosso dalla comunità europea che ha evidenziato i vantaggi di una società

basata sulle tecnologie dell’informazione e i limiti che lo sviluppo informatico può creare alla crescita democratica dell’intera popolazione. L’anno 2001, coerentemente alle trasformazioni

dettate dalle normative europee, segna una svolta significativa anche per l’Italia sia sul piano della formazione docente nell’area delle ICT sia sul piano degli interventi di

promozione dell’ accessibilità dei siti web. Il D.M. 22 marzo 2001 – “Progetto sulle Attività di formazione inerenti le

competenze informatiche e tecnologiche del personale docente della scuola” (Fondi licenze UMTS) che tiene conto degli obiettivi contenuti nel Piano di Azione

eLearning presentato al Consiglio e al Parlamento Europeo il 28 marzo 2001, determina il finanziamento e la promozione dei primi progetti concreti di formazione docente sul tema delle tecnologie informatiche e della comunicazione. La Circolare Ministeriale 6 settembre 2001, n. AIPA/CR/32 – “Criteri e strumenti per migliorare l'accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone disabili” che

nasce nell’ambito del gruppo di lavoro dell’AIPA “Accessibilità e tecnologie informatiche nella Pubblica Amministrazione”, sottolinea la necessità di migliorare l’ accesso ai siti web per consentire a chiunque l’uso delle applicazioni informatiche,

l’acquisizione dei contenuti e l’interazione in rete. La circolare oltre a chiarire i concetti di disabilità e accessibilità, introduce quello di “tecnologie assistive” o “ausili”, indicando con queste espressioni “… Le soluzioni tecniche, hardware e

software, che permettono di superare o ridurre le condizioni di svantaggio dovute ad una specifica disabilità”. Il grado più elevato di accessibilità, chiarisce la circolare, si

consegue attuando il principio della “progettazione universale”, secondo il quale ogni attività di progettazione deve tenere conto della varietà di esigenze di tutti i potenziali

utilizzatori. Questo principio, applicato ai sistemi informatici, si traduce nella progettazione di sistemi, prodotti e servizi fruibili da ogni utente, direttamente o in combinazione con tecnologie assistive. L’ applicazione del principio di progettazione

universale può presentare dei limiti e, in alcuni casi, porre vincoli alla creatività, ragion per cui, la circolare detta le norme non solo per l’accessibilità dei siti web ma

anche gli standard minimi da rispettare per la creazione di tecnologie assistive. I vincoli sono relativi, principalmente, “all'elemento architetturale di un sistema

informatico che viene maggiormente interessato dal problema dell'accessibilità, ossia l’ interfaccia utente”.

Un “sito web accessibile” è infatti un sito Internet che non ostacoli l'orientamento, la navigazione, la lettura di pagine e documenti, lo scaricamento di file e l'interazione con forum o quanto altro richieda l’introduzione di dati e la gestione di comandi. È

anche un sito il cui contenuto informativo multimediale e le cui procedure di interazione e navigazione siano fruibili da utenti dotati di browser con diverse

configurazioni che consentano di adattare le funzioni di caricamento di immagini, animazione, suono, colore.

L’accessibilità di un sito web, pertanto, potrà essere consentita dotando il sito di: – mappe di navigazione interattive per migliorare la comprensione della

struttura; – motori di ricerca con controllo ortografico incorporato;

– versioni parallele (grafica, solo testo, grandi caratteri, ecc.);

– tabelle con marcatori necessari per l'individuazione della cella all'interno della griglia ed intestazioni di riga e di colonna per i dispositivi alternativi di

visualizzazione; – “equivalenti testuali” ossia immagini usate come identificatori delle voci di una lista, spaziatori, disegni, grafici, filmati o altre immagini in movimento,

come GIF animate. Tali equivalenti utili nella realizzazione di documenti possono fornire le stesse informazioni a coloro che non possono fruire di una

o più componenti multimediali e possono essere utilizzati come semplici etichette associate all'elemento o vere e proprie descrizioni dettagliate inserite

in una pagina separata e collegata all'elemento grafico mediante un link. L’accesso ai contenuti e lo svolgimento delle principali operazioni possono compiersi

evitando: – l'affollamento di link che possono aumentare la complessità di una pagina e

rendere più difficile la navigazione; – caratteri troppo piccoli, righe compresse, font bizzarri, colori sfumati o con

tenui contrasti con lo sfondo; – l'uso di figure di sfondo ad una pagina e di testi realizzati in forma di immagine (una figura di sfondo disturba la percezione del testo sovrapposto da parte dei

disabili cognitivi e degli ipovedenti). Le applicazioni informatiche didattiche necessitano di un’interfaccia utente che con l’eventuale ausilio di tecnologia assistiva faciliti la lettura dei contenuti visualizzabili sullo schermo e lo svolgimento delle più comuni azioni di inserimento e gestione dei dati che gli utenti devono poter svolgere anche grazie a dei preventivi adattamenti

della tastiera. Molte delle operazioni informatiche, che richiedono l’uso di dispositivi di puntamento specifici, possono compiersi attraverso una combinazione di tasti di

scelta rapida, semplici e di facile memorizzazione, evitando i comandi che richiedono all’utente dei tempi di attesa o regolando il tempo di risposta. I dispositivi devono prevedere opzioni alternative di segnalazione visiva per avvertire o rinforzare

le segnalazioni sonore di allarme del programma, opzioni di presentazione sincronizzata in formato testuale di tutte le informazioni audio attraverso didascalie,

sotto-titolazioni, immagini. Nel 2001, parallelamente alla diffusione delle linee guida sull’accessibilità, nasce in Italia, anche se in forma sperimentale, l’Osservatorio Tecnologico151, un servizio

nazionale di tipo telematico tutt’oggi attivo finalizzato alla realizzazione di un collegamento stabile tra il mondo accademico, della ricerca, delle imprese e della

scuola. Finanziato dal Servizio Automazione Informatica e Innovazione Tecnologica- MIUR, l’O.T. produce e diffonde in rete approfondimenti, recensioni, linee guida e

novità sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione mediante la cooperazione a distanza tra un gruppo di ricercatori, professionisti ed insegnanti impegnati nell'ICT, dislocati sul territorio nazionale. Rispetto alla diffusione delle

tecnologie nelle scuole italiane, gli obiettivi principali dell’osservatorio sono quelli di:

- monitorare le linee di tendenza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; - realizzare un supporto di rete per le scuole sui problemi di gestione delle risorse tecnologiche;

- fornire un servizio di raccolta e diffusione in rete del software libero e di soluzioni adottate e adottabili.

La C.M. del 21.5.2002, n. 55 relativa al “Piano Nazionale di Formazione sulle competenze informatiche e Tecnologiche del personale della scuola. Linee guida per

l'attuazione del piano e presentazione dei percorsi formativi” costituisce l’attuazione del Progetto sulle “Attività di formazione inerenti le competenze informatiche e tecnologiche del personale docente della scuola” approvato con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2001(Fondi licenze UMTS). Il piano nazionale promuove in Italia interventi di valorizzazione delle risorse

professionali interne all’istituzione scolastica attraverso percorsi formativi relativamente all’area ITC, all’impiego didattico delle risorse multimediali e alla

gestione di laboratori scolastici in rete. Questo intreccio tra tecnologia, didattica e organizzazione delle risorse scolastiche ha richiesto la specificazione di diversi livelli di competenza relativi alle tecnologie della

informatiche e della comunicazione: - competenze di base sull’uso del computer ;

- competenze avanzate (opportunamente coadiuvate da conoscenze relative all’integrazione delle tecnologie nell’attività didattica ed extradidattica, alle risorse didattiche presenti in rete, all’impatto delle TIC sulle discipline, sui

processi di apprendimento, sui processi di integrazione); - competenze informatiche avanzate (finalizzate a garantire, all’interno di ogni singola istituzione scolastica, una adeguata capacità di progettazione, sviluppo,

utilizzo proficuo e gestione della infrastruttura tecnologica). Nell’anno 2003, il “Libro Bianco per le tecnologie accessibili. Tecnologie per la

disabilità per una società senza esclusi” costituisce sicuramente uno dei documenti più importanti in materia di accessibilità. Frutto del lavoro della Commissione

Interministeriale sullo sviluppo e l’impiego delle tecnologie dell’informazione per le categorie deboli, costituita nel maggio 2002 dal Ministro per l’Innovazione e le

Tecnologie di concerto con il Ministro della Salute ed il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, il testo ha l’obiettivo di promuovere l’ inclusione sociale attraverso

le ICT, delineare la complessità dei problemi relativi all’accesso alle tecnologie dell’informazione in relazione alle diverse tipologie di handicap, fornire un quadro

statistico del fenomeno della disabilità e dello sviluppo tecnologico in Italia ed informare la comunità sociale circa le azioni ministeriali future e in itinere relative

alla costituzione di progetti di sviluppo delle tecnologie per disabili153. La Legge 9 gennaio 2004, n. 4 - Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti

disabili agli strumenti informatici comunemente denominata Legge Stanca dal nome del Ministro dell'Innovazione Tecnologica e Scientifica che l'ha elaborata, promuove

la completa accessibilità dei siti web pubblici e privati alle persone con disabilità sottolineando la necessità di una progettazione conforme alle linee guida definite a

livello internazionale nell’ ambito dell'iniziativa europea WAI - Web Accessibility Initiative. L’obiettivo è favorire l’accesso dei disabili agli strumenti informatici in

ogni contesto sociale evitando che le nuove tecnologie determinino forme di emarginazione forse ancora più pericolose di quelle tradizionali. Il disegno di legge, infatti, evidenzia l’impegno della pubblica Amministrazione di disporre la diffusione

della strumentazione hardware e software adeguata alla specifica disabilità per consentire al lavoratore disabile lo svolgimento della propria attività lavorativa, ma anche attività di formazione dei pubblici dipendenti sulle potenzialità offerte dalle

ICT ai disabili. Il documento normativo rimarca, inoltre, la necessità di rendere accessibili i sussidi didattici delle scuole di ogni ordine e grado e sottolinea la

necessità di stipulare accordi tra il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e le associazioni di editori per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche

e di copie su supporto digitale accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno. In particolare, nell’ambito delle politiche sociali, dei progetti, delle iniziative e dei programmi finalizzati al miglioramento e alla diffusione delle

tecnologie assistive e per l’ accessibilità viene comunicata la necessità di: - provvedere all’erogazione di finanziamenti finalizzati alla diffusione tra i disabili

delle tecnologie assistive e degli strumenti informatici dotati di configurazioni particolari;

- sostenere i progetti di ricerca nel campo dell'innovazione tecnologica per la vita indipendente e le pari opportunità dei disabili;

- promuovere lo scambio di esperienze e di proposte fra associazioni di disabili, associazioni di sviluppatori competenti in materia di accessibilità,

amministrazioni pubbliche, operatori economici e fornitori di hardware e software.

Il documento legislativo precisa che la formazione professionale è effettuata con tecnologie accessibili parallelamente a corsi di aggiornamento professionale

sull'accessibilità. Conseguentemente all’attuazione della legge 9 gennaio 2004, n. 4 il Decreto del

Presidente della Repubblica 10 marzo 2005, n. 75 oltre alla definizione di accessibilità e di tecnologie assistive, inserisce i nuovi concetti di fruibilità,

compatibilità, valutazione e verifica per sottolineare l’importanza di un regolare processo di analisi delle caratteristiche degli strumenti informatici da destinare agli utenti con o senza disabilità. Il percorso di valutazione “con il quale si riscontra la

rispondenza dei servizi ai requisiti di accessibilità”157 necessita di figure professionali esperte, imparziali e indipendenti dall’oggetto o dalla procedura di valutazione158

capaci di attribuire, al termine delle propria indagine valutativa, un “logo di accessibilità” con caratteristiche diverse a secondo degli esiti dell’indagine. Il

documento normativo, a tal proposito chiarisce le caratteristiche del Logo attestante il possesso del requisito di accessibilità159ulteriormente ampliate nel successivo

Decreto Ministeriale 8 luglio 2005 – “Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici”. Il documento inserisce, rispetto alla

precedente pubblicazione ministeriale e a distanza di pochi mesi, nuove definizioni e ambiti di applicazione finalizzati a fornire una panoramica più dettagliata circa gli

strumenti e le parole chiave nei quali, sempre con maggior frequenza, si imbattano gli utenti impegnati nella navigazione e nell’uso delle tecnologie informatiche.

Accessibilità e ambiente operativo, applicazione internet e browser, si affiancano a termini quali “esperto di fattori umani”, “esperto tecnico” o “esperto di interazione

con persone disabili” utilizzati per qualificare le nuove figure professionali del presente e del futuro della società dell’informazione che fa uso di risorse umane e

strumentali per migliorare le modalità di accesso al sapere e gli scambi comunicativo relazionali in rete.

Tra le più recenti disposizioni ministeriali inerenti la formazione del personale docente nell’ambito tecnologico ed informatico il D.M. del 25 marzo, 2009 n. 56

promuove un “Piano di diffusione delle Lavagne Interattive Multimediali (LIM)” con la finalità di accompagnare un processo di innovazione della didattica in classe attraverso l’uso delle nuove tecnologie informatiche. Per assecondare questa

formazione, il piano si prefigge di offrire ai docenti un supporto stabile e costante per la progettazione e la conduzione di attività didattiche con la LIM.

5. Assistive Technology per utenti con deficit sensoriali e psicofisici Gran parte degli strumenti tecnologici ed informatici disponibili sul mercato

prevedono l’interazione dell’utente con un'unità centrale (computer) ed unità periferiche (tastiera, schermo, mouse) e si presentano con interfacce grafiche (icone,

pulsanti, simboli, puntatori) distinguendosi per le proprie caratteristiche di multimedialità.

I contenuti multimediali consentono la comunicazione delle informazioni attraverso diversi media: immagini in movimento (video), immagini statiche (fotografie e

illustrazioni), musica e favoriscono l’uso congiunto di diversi canali comunicativi come la vista, l’udito e il tatto. Sebbene presentino il vantaggio di semplificare

l’utilizzo della macchina informatica possono rappresentare per le persone con deficit sensoriali e psicofisici delle barriere insormontabili nel processo di acquisizione

dell’informazione nel caso in cui l’applicazione informatica preveda come modalità comunicativa solo quella visiva o sonora, o richieda l’uso di specifiche periferiche.

La multimodalità di molti documenti elettronici, intesa come la capacità di un documento di essere consultato secondo modalità diverse pur conservandone lo stesso

contenuto, e la sostituzione del canale visivo con uno tattile e/o sonoro possono semplificare il processo di inclusione sociale e di acquisizione di contenuti attraverso

i dispositivi informatici. L’uso di una alternativa testuale e di unità periferiche che diano un output tattile, vocale o sonoro facilita l’accesso all’informazione anche

senza praticare quelle attività strettamente connesse ai suoni o alla grafica come i disegni, le tabelle, le immagini.

Il superamento degli ostacoli e l’acquisizione di un maggiore livello di autonomia richiede la predisposizione degli spazi (luci e materiali), la scelta dei sistemi

operativi, delle periferiche da utilizzare e la personalizzazione degli strumenti informatici in relazione alla diversabilità affinchè ogni persona possa trovare, in

situazioni più corrispondenti alle proprie esigenze, il massimo incentivo di maturazione psicosociale. “È opportuno osservare che la validità di un ausilio non è

data solo dal suo livello tecnologico ma anche dal processo di adattamento dell’ausilio all’individuo che ne fa uso e che gli ausili subiscono modificazioni con il

variare dello stato dell’utente. È quindi possibile adottare soluzioni in grado di compensare vari tipi di deficit per consentire di eseguire, nel modo più autonomo

possibile, le varie attività della vita quotidiana”161. Deficit uditivi

Lo sviluppo di un bambino audioleso, in relazione all’entità e all’insorgenza del disturbo, può risultare compromesso non solo sul piano della comunicazione

linguistica, una delle conseguenze più evidenti anche agli occhi dei meno esperti, ma anche sulla dimensione percettiva e motoria, sulle dinamiche relazionali, sociali ed affettive e sull’apprendimento scolastico. La completa assenza dell’udito o una sua limitazione richiede da parte della persona disabile l’utilizzazione di sensi vicarianti

nell’esplicitazione delle principali azioni quotidiane. La vista, nella sua funzione compensativa, non basta da sola a supplire alla mancanza dell’udito. Rispetto l’unidirezionalità e la discontinuità della vista, il canale uditivo si differenzia per la sua ininterrotta capacità di ricevere suoni: “…Venendo a mancare, una parte che circonda la persona sfugge alla sua conoscenza e alla sua valutazione

esatta. In sostanza si modifica tutto il meccanismo percettivo di ciò che esiste ed avviene attorno al bambino, per cui si alterano anche le risposte ed il comportamento

di fronte alle situazioni che intorno a lui vengono a crearsi”. La dimensione

motoria, in particolare l’equilibrio e la coordinazione, può essere compromessa a causa di lesioni uditive “... l’udito infatti viene utilizzato non solo per la percezione

del mondo sonoro e del linguaggio, ma anche per il riconoscimento dei volumi e delle distanze attraverso gli echi e i timbri dei suoni”. In presenza di un’ipoacusia grave (sordità prelinguistica) insorta nei primi anni di vita nella fase di costruzione del

linguaggio, l’impossibilità per il bambino di distinguere acusticamente i vari fonemi della lingua verbale e di utilizzare il feed-back verbo-acustico nello scambio comunicativo con l’altro, può determinare l’acquisizione di una competenza

linguistica limitata. La comunicazione, infatti, costituisce un processo dinamico ed articolato che “…

procede da segnali comunicativi intenzionali con valore puramente performativo a quelli con valore referenziale, a un’adeguata produzione linguistica” attraverso una continua interazione con l’ambiente. Le produzioni vocali sono, infatti, influenzate dalle sollecitazioni ambientali ed “è stato dimostrato che già nei primi mesi di vita i neonati producono contorni intonazionali diversi sulla base di contesti situazionali

differenti” Al pari dei loro coetanei udenti, anche i bambini sordi producono verso i sei mesi dei

suoni, ma la loro lallazione povera e incoerente, risente dell’assenza del feedback acustico funzionale ad una maggiore specializzazione delle capacità percettive, “ … i bambini che non hanno contatti con un ambiente linguistico entro un periodo critico

in seguito, anche se rieducati, riescono ad imparare tutta una serie di abilità, ma il loro linguaggio rimane in qualche modo imperfetto. In particolare gli aspetti

morfosintattici della lingua non vengono mai completamente padroneggiati”. La comunicazione non è però preclusa alle persone sorde, sono solo diverse le

modalità: “al posto dei suoni vocalici e delle parole hanno intravisto la possibilità di adottare i gesti manuali o segni per comunicare”. La valorizzazione del canale

visivo e gestuale, in sostituzione di quello verbo-acustico, apre nuovi e originali orizzonti comunicativi e relazionali e contribuisce al superamento di vecchi

pregiudizi circa le compromissioni nello sviluppo cognitivo: “la sordità, laddove non siano state accertate altre compromissioni, è un deficit sensoriale, un guasto di uno

degli strumenti che consentono al bambino di crescere, comunicare, evolvere, ma non compromette a priori le sue capacità cognitive”, lo stesso codice gestuale “… non è la semplice traduzione in gesti di ciò che un parlante direbbe con la voce; non è un

codice mimico realistico, ma ha un’elaborazione simbolica che comporta una specificità di strutturazione del pensiero”.

La predilezione di un canale sensoriale rispetto ad un altro e la possibilità di utilizzare il proprio corpo e le sue parti come mediatore comunicativo dimostra che “... lo

sviluppo, complicato dal deficit, rappresenta un processo creativo (fisico e psicologico): la creazione e ri-creazione della personalità del bambino basata sulla ristrutturazione di tutte le funzioni e sulla formazione di nuovi processi generati

dall’handicap e creanti nuove e non lineari vie di sviluppo”. Il riconoscimento delle potenzialità espressive e comunicative del corpo nelle sue

diverse modalità sensoriali necessita di opportuni interventi riabilitativi ed educativi per la creazione di concrete occasioni di crescita culturale e personale.

Il sistema di comunicazione mimico sicuramente può fornire un “… immenso contributo al benessere sociale e morale di chi è privo dell’udito, per il suo

meraviglioso potere di trasmettere il pensiero a intelletti che altrimenti resterebbero per sempre nel buio” rispetto al sistema orale che privilegia tra i molteplici aspetti

del linguaggio solo quello articolatorio “… selezionando i vocaboli in base alle difficoltà di pronuncia, non tenendo conto degli aspetti pragmatici, comunicativi e

affettivi del linguaggio stesso, che invece sono importantissimi”173. Nella situazione bimodale il bambino sordo può beneficiare di un doppio canale comunicativo con la

possibilità di raggiungere una competenza nella lingua parlata e scritta il più possibile simile a quella del bambino udente.

Gli interventi didattico-riabilitativi che utilizzano la tecnologia quale strumento per facilitare l’accesso alle informazioni e creare percorsi integrativi ed inclusivi

richiedono la scelta di software e di ausili funzionali al superamento delle principali difficoltà che gli utenti possono incontrare. Le barriere più comuni responsabili

dell’inaccessibilità di molti contenuti disponibili sul web riguardano la scarsità di sottotitoli o trascrizioni delle informazioni audio-video e l’assenza di indicatori nelle pagine piene di contenuti. Nuovi sistemi operativi per il potenziamento dei segnali informativi sul piano visivo in aggiunta o in alternativa ai segnali acustici e software di tipo logopedico per migliorare la dizione, rinforzare la capacità di interpretazione

del parlato e sviluppare l'apprendimento della lingua italiana dei segni, possono costituire una valida alternativa. L’uso delle LIM, lavagne interattive multimediali o di videoproiettori collegati al pc possono semplificare l’esposizione dei contenuti

attraverso testi, immagini e filmati.

Deficit visivi Nella fase dello sviluppo infantile il canale visivo svolge un ruolo determinante

nell’acquisizione delle principali competenze cognitive, motorie ed affettivorelazionali. La vista, unitamente agli altri canali sensoriali, consente un graduale

adattamento all’ambiente attraverso il riconoscimento di luoghi e persone e la costruzione, nel bambino in crescita, delle prime immagini mentali. “La visione del

mondo attraverso l’organo visivo utilizza le strutture nervose esterocettive che consentono un processo a tre tappe: percezione di insieme globale o sineresi, individuazione dei particolari (oggetti, cose, persone, movimenti) o analisi e

costruzione di uno schema che riassuma logicamente gli aspetti generali e quelli specifici o sintesi”174. La presenza di un deficit visivo, dalla cecità alle limitazioni nella percezione dei colori, della dimensione degli oggetti, della luminosità, del

contrasto e delle distanze175, può seriamente compromettere il naturale percorso evolutivo. Nella prospettiva piagetiana176 lo sviluppo avviene, normalmente,

da una “fase esplorativa” nella quale si realizza l’ acquisizione delle categorie percettive e motorie che consentono la prima formulazione delle

ipotesi circa la forma e le caratteristiche degli oggetti, ad una “fase di formazione di concetti” nella quale, l’integrazione dei due schemi e la costante interazione con

l’ambiente, consente al soggetto l’attribuzione di un valore o un ruolo funzionale alle persone e alle cose. In altri termini, la capacità del bambino di mettere in atto

comportamenti manipolatori e motori crea le premesse per una forma di intelligenza “… del tutto pratica, basata sulla manipolazione degli oggetti, e che invece delle parole e dei concetti utilizza solo percezioni e movimenti organizzati in «schemi

d’azione»… si ha in questo caso un’assimilazione sensomotoria paragonabile a quella che sarà più tardi l’assimilazione del reale attraverso i concetti ed il pensiero”. Per valorizzare a pieno le potenzialità espressive e comunicative del corpo “il

videoleso attiva un processo di conoscenza analitica plurisensoriale, utilizzando in maniera diversa le intelligenze umane, che lo conducano ad una sintesi dove prevale

una rappresentazione d’insieme multisensoriale”. Molto spesso, però, la presenza

di un deficit visivo dalla nascita determina un adattamento all’ambiente attraverso il canale uditivo limitando l’uso del tatto ad azioni di manipolazione della propria

dimensione corporea. Al contrario, la scoperta di se stesso e della realtà circostante necessita di un uso integrato di tutti i sensi in funzione vicariante: “L’udito integra il tatto nella conoscenza e nell’esplorazione dell’ambiente: infatti, mentre il tatto fa

valutare le forme degli oggetti, l’udito offre al non vedente i criteri della direzione e dell’orientamento. Anche l’olfatto è importante per l’orientamento, in quanto si

associa agli altri sensi e li completa nella conoscenza (ad esempio, di fiori, frutta ed erbe aromatiche). Il gusto, infine, è il senso predominante, in integrazione con

l’olfatto per il riconoscimento dei cibi da parte della persona non vedente”. L’ importanza riconosciuta alla plasticità cerebrale in ogni esperienza di vita e di apprendimento per la sua capacità “… di influenzare il pensiero, l’emozione e il

comportamento, modificando, in particolare, le connessioni sinaptiche dei circuiti cerebrali … risultato complesso dell’interazione di diversi fattori tra cui i geni,

l'esperienza, il contesto”180, sottolinea la necessità di interventi precoci a carattere riabilitativo che in relazione alle caratteristiche individuali, all’età e all’entità del

deficit possono consentire alla persona videolesa la possibilità di sviluppare diverse strategie di apprendimento. Le esperienze senso-percettive e di esplorazione

dell’ambiente attraverso i diversi canali sensoriali rientrano tra i metodi riabilitativi che possono “ … aiutare il soggetto a ricostruire, attorno ad una percezione

disturbata, l’immagine vera, a partire dalla cosa intravista, vaga, parziale, incompleta, senza significato ... Anche se l’educazione psicomotoria non può far nulla per

rimediare ai deficit sensoriali o alle loro cause, essa soltanto, può grazie: all’educazione metodica dello schema corporeo, all’educazione all’equilibrio, alla

padronanza progressiva delle coordinazioni di base, all’orientamento e all’organizzazione spazio-temporale, creare il grado di sicurezza e di fiducia in se

stessi, indispensabili a qualsiasi educazione delle capacità intellettuali, ma anche ad una vera autonomia”.

Il bambino cieco manifesta, infatti, compromissioni nella dimensione motoria relative all’orientamento, all’equilibrio, alla deambulazione, alla costruzione del proprio schema corporeo ma anche una motricità limitata derivante dall’assenza di un

feedback tra il suo corpo e l’ambiente, funzionale all’esecuzioni dei più semplici atti motori. Interventi riabilitativi psicomotori per la prevenzione di atteggiamenti

posturali viziati, come il capo chino e il dorso curvo, e per la valorizzazione della coordinazione tattile-cinestesica-uditiva sono propedeutici all’uso delle nuove

tecnologie che, in contesti scolastici ed extrascolastici, possono costituire un prezioso aiuto all’apprendimento e alla socializzazione.

Per gli utenti con limitazioni nella visione ma anche un residuo visivo tale da poter consentire loro lo svolgimento di attività di vita quotidiana, sono disponibili specifici

supporti tecnologici o semplici adattamenti del computer e dei siti web. “… Particolare attenzione richiedono i documenti elettronici contenenti caratteristiche

multimediali e dotati di audio e video clip. È buona norma arricchire questi documenti con didascalie e testo aggiuntivo, dedicati alla descrizione della parte

audio (i cosiddetti “video-descrittivi”). Tale arricchimento del testo si rivelerà utile ai non vedenti e ad altri portatori di deficit visivi per la comprensione delle immagini. I video descrittivi unitamente all’uso dei cosiddetti testi alternativi (sistemi alternativi

di accesso al testo, che trasformano l’output visivo in display braille) … Altre raccomandazioni utili per andare incontro ai portatori di deficit visivi riguardano

l’uso dei colori e del contrasto visivo. Le combinazioni blu/giallo e rosso/verde non possono essere usate per veicolare informazioni che i dicromatici non riuscirebbero a

distinguere. Non va usato, infine, un numero eccessivo di sfumature cromatiche perché provocano un affaticamento dell’apparato visivo”.

L’accesso ai contenuti in rete, deve essere supportata da ulteriori strumenti tecnologici con specifiche caratteristiche. I monitor, ad esempio, almeno di 17” o 19”,

sono preferibili piatti e a cristalli liquidi (LCD) per le distanze ravvicinate e per le migliori prestazioni che sono in grado di offrire rispetto alla luminosità. Il desktop,

ovvero la combinazione di colori, caratteri, dimensioni, che caratterizza gli elementi più comuni degli oggetti di Windows dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche:

– ordine ed essenzialità: le icone inutili e le immagine di sfondo sono da evitare. Sono preferibili sfondi con colori uniformi per la riduzione del

contrasto e la visibilità delle icone; – caratteri molto grandi attraverso l’uso di funzioni personalizzate disponibili nei computer con sistema operativo Windows (Opzione accesso facilitato in

Pannello di Controllo, oppure, Centro di Accesso Facilitato in Windows Vista);

– schermi a bassa risoluzione (l’alta risoluzione riduce le dimensioni di tutti gli oggetti. Più bassa è la definizione, maggiori sono le dimensioni degli oggetti

che appaiono sul video). Dispositivi elettronici con caratteristiche di adattabilità oltre a presentare

accorgimenti nell’impostazione dei parametri del video relativi all’ingrandimento delle dimensioni degli oggetti rappresentati da icone (caratteri alfabetici e numerici) o

al loro rimpicciolimento nel caso in cui ci sia nell’ipovedente una riduzione del campo visivo, necessitano di specifici ausili:

– Software ingrandenti. Innovativi programmi informatici che consentono un ingrandimento delle parti dello schermo e dispongono di comandi di gestione

che aiutano l'utente a mantenere il controllo sull'intera schermata, anche sulla parte che, per effetto dell'ingrandimento, non può essere contenuta nel video. La

valutazione dell’efficienza del software è legata alla: qualità dell'ingrandimento che non deve limitarsi all'ingrandimento punto per punto, con un effetto a mosaico molto evidenziato; completezza degli strumenti di navigazione che consentono di passare velocemente dall'ingrandimento del particolare alla

visione d'insieme della schermata e viceversa, scegliendo facilmente il punto da consultare; integrazione con sintonizzatori vocali e tasti di scelta rapida;

integrazione con strumenti che facilitano la lettura continua di testi molto lunghi con vari tipi di scorrimento (verticale e orizzontale), con successione

continua della lettura senza salti a fine riga e possibilità di isolare una riga alla volta.

– Videoingranditori. Apparecchi dotati di una telecamera e di un monitor che, attraverso un piccolo sistema TV a circuito chiuso, riportano documenti ed

immagini ingranditi sullo schermo. Il testo posto in orizzontale sotto l’obiettivo della telecamera può essere spostato dall’utente secondo il movimento di

lettura. Molti modelli sono forniti di una slitta di trascinamento che agevola sia gli spostamenti in orizzontale che i salti di riga in verticale e di una telecamera per l'ingrandimento che è possibile ruotare e puntare anche su oggetti lontani.

Alcuni prodotti consentono una divisione orizzontale dello schermo del computer: una parte può essere usata per mostrare l'immagine al

videoingranditore, l'altra come normale finestra di lavoro del computer. L’uso dei videoingranditori risulta funzionale non solo alla lettura di lunghi testi grazie alle funzioni di scorrimento automatico del testo, alla disposizione

continua delle righe, alla regolazione del contrasto e della luminosità, ma anche al soddisfacimento dei bisogni degli utenti in assenza di una postazione

informatica fissa. – Tastiere. Per tutti gli alunni con problemi visivi è necessario che l'approccio al

computer sia accompagnato da un apprendimento specifico all'uso della tastiera in modalità dattilografica attraverso l’uso di tutte le dieci dita senza guardare i

tasti. Possono essere usate tastiere tradizionali, facilitando però il riconoscimento di alcuni tasti predisponendo su di essi dei marcatori di tipo

tattile (feltrini adesivi) o visivi (etichette di colore vivace). Le tastiere con pulsanti ingranditi e colorati sono indicate per gli utenti con deficit visivi e

motori e nei casi in cui non è possibile l'uso della tastiera in modalità dattilografica.

– Intellymouse. Mouse con una rotellina per lo scorrimento che agisce direttamente sui caratteri del sistema operativo. La variazione

nell’ingrandimento dello zoom si ottiene facendo girare la rotellina con il tasto Ctrl premuto.

– Dispostivi portatili. Strumenti con schermo a cristalli liquidi che, posizionati sul testo da leggere, funzionano come una grande lente ottica, regolabile nelle

funzioni di zoom, contrasto e luminosità. Facilitano l’accesso alle informazioni e l’acquisizione di contenuti in tempo reale.

L’uso di specifiche periferiche tattili e sonore, collegate a particolari software

attualmente utilizzate in maniera congiunta, la funzionalità di tasti di scelta rapida e la conoscenza sempre più approfondita delle regole di funzionamento dei sistemi

operativi possono costituire un valido supporto nel processo di integrazione e di inclusione sociale del disabile e un aiuto per gli insegnanti impegnati nella

pianificazione di percorsi didattici ed educativi per studenti ciechi per i quali è possibile disporre delle seguenti tecnologie assistive:

– Screen Reader. Comunemente conosciuto come “lettore di schermo”, costituisce un software utilissimo per l’analisi in sequenza delle finestre e delle icone

presenti sul video. Facilita il controllo delle informazioni attraverso l’utilizzazione di specifiche periferiche tattili (Display Braille) o sonore

(altoparlanti per l’ascolto di descrizioni relative ad icone, in voce sintetizzata). – Display Braille. Dispositivo che, connesso al computer e al programma

informatico Screen Reader, consente all’utente la lettura tattile di un testo che compare sul video grazie allo scorrimento dei polpastrelli su una barra costituita

da cellette con 8 forellini185 generalmente collegata ad alcuni pulsanti di comando. Questi ultimi chiamati anche Cursor Routing si trovano in

corrispondenza di ogni cella e possono essere usati per gli spostamenti, la navigazione e per richiamare velocemente il cursore sul punto desiderato. Il display tattile ha il vantaggio di facilitare l’accesso all’'informazione, chiara e

precisa dal punto di vista della percezione spaziale e di rilevare e verificare con precisione l'ortografia, la punteggiatura, il formato della scrittura, la collocazione

spaziale dei caratteri e delle parole. La flessibilità che caratterizza questo strumento informatico conferma la sua utilità e preziosità in contesti didattico educativi

per la possibilità di operare sui testi attraverso azioni di manipolazione e trasformazione (modifica, correzione, aggiunta di caratteri o singole parole).

– Sintetizzatore di voce. Un sistema funzionale alla trasmissione dei contenuti di un testo da un altoparlante o da cuffie attraverso l’uso di comandi specifici da

tastierina o grazie ad una combinazione di tasti dalla tastiera. La sintesi del testo consente all’utente un controllo istantaneo della tastiera e la possibilità di leggere e verificare immediatamente quello che sta digitando; la voce sebbene metallica

diventa un valido supporto per quanti non possono beneficiare delle funzioni offerte dal display braille a causa di una insufficiente sensibilità tattile.

– Top Braille. Dispositivo dalle dimensioni di un mouse è formato da tre componenti: una telecamera di grande potenza, un microprocessore e una matrice braille a un solo carattere. Lo si impugna tenendo l'indice sulla matrice braille e lo

si fa scorrere da sinistra a destra (funziona anche al contrario). La telecamera rileva lo scritto, il microprocessore lo elabora e manda carattere per carattere alla

matrice braille e alla sintesi vocale. – Scanner e stampanti Braille. La lettura dei documenti e la percezione al tatto di un disegno in braille necessita di specifici dispositivi di stampa e di acquisizione

delle immagini. Lo scanner consente la “cattura dell’immagine” e dei contenuti di una pagina di un testo stampato. Il programma O.C.R. (Optical Character

Recognition – Riconoscimento Ottico dei Caratteri), trasformata le informazioni in un documento digitale multimodale. Le Stampanti Braille imprimono in rilievo dei punti su un foglio di cartoncino leggero, sono in grado di stampare disegni e

file di testo con circa 30 caratteri per riga e 30 righe per pagina grazie a dei programmi specifici la cui definizione risulta molto più elavata con Plotter Braille. La carta chimica a microcapsule è ideale per la stampa di disegni in

bianco e in nero che vengono impressi su di essa subito dopo il passaggio in specifici apparecchi termici. Questi consentono l’assorbimento di una maggiore quantità di colore nella parte nera che a sua volta determina la composizione di piccole bolle interne che forniscono all’immagine un effetto velluto rispetto alla

parte bianca che rimane liscia. – Dispositivi portatili. Uno degli strumenti informatici più funzionale agli

spostamenti è costituito dal Notex Braille o Pocket Braille, apparecchio compatto, leggero e maneggevole che consente, al pari dei tradizionali personal computer

portatili, di scrivere, rileggere, salvare, esportare file senza bisogno di periferiche aggiuntive. Alcuni modelli sono dotati di sintetizzatori vocali, hanno una tastiera Braille, possono essere collegati al pc e funzionare anche come normale Display

Braille. Tra gli strumenti tecnologici più innovativi l’e-Book Braille, un dispostivo elettronico pratico, maneggevole e di ridotte dimensioni, consente di

leggere anche fino a 500 pagine di un testo grazie all’invio di segnali elettromagnetici.

– Dispositivi audio-video. Il Touch Sight, uno strumento che registra 3 secondi di audio insieme all’immagine che viene poi riproposta su un display braille 3D,

sostituisce le moderne fotocamere digitali facilitando la condivisione dei contenuti in wireless con altre Touch Sight; la Polaroid Camera, fotocamera

simile alle classiche e vecchie Polaroid consente lo scatto e la stampa delle foto rappresentate da un disegno in braille.

La complessità e la specificità degli strumenti richiede la strutturazione di un iter formativo caratterizzato da una lunga fase di preparazione all’uso delle tecnologie

assistive (lo screen reader, ad esempio, consente la lettura di una sola riga alla volta), il rispetto delle difficoltà legate alle diverse fasce di età, la valutazione dei bisogni e

delle attitudini personali, la considerazione dei vincoli legati alla “conversione in braille” di simboli e concetti afferenti a aree disciplinari diverse.

La matematica, ad esempio, al pari delle lingue straniere non può essere insegnata ed appresa solo attraverso l’aiuto di un sintonizzatore vocale ma necessita anche di un display braille che

consenta allo studente cieco di integrare all’ascolto dei suoni e delle parole un controllo tattile del testo e dei simboli numerici digitati. Le difficoltà sono legate alla comprensione globale del testo matematico a causa della lettura di una sola riga per volta e alla sua rappresentazione mentale che necessita di capacità esplorative, mnemoniche e organizzative rispetto a tutti quei contenuti di carattere

simbolico e numerico che non sono visibili all’utente. L’acquisizione di concetti musicali, invece, determina delle difficoltà legate alla bidimensionalità dello spazio dove viene rappresentata, (l’asse orizzontale del pentagramma legato a parametri

temporali; asse verticale legato all’altezza delle note e alla loro specifica nomenclatura), rispetto alla modimensionalità del braille dove i due parametri devono

essere contenuti in una singola nota, per non parlare poi degli accenti, delle indicazioni dinamiche, degli accordi.

Deficit psicofisici

Le cerebropatie o encefalopatie infantili, un gruppo di patologie legate a fattori prenatali, peri-natali e post-natali, a seconda della localizzazione delle alterazioni delle

plegie o paralisi possono riguardare diversi arti187 e determinare compromissioni nel tono muscolare, nella postura, nella coordinazione e nella prassia. In relazione alla

localizzazione cerebrale, la distinzione delle diverse forme di paralisi cerebrali di tipo spastico, atetosico, atassico e misto evidenzia, rispettivamente a) un aumento

patologico del tono posturale con ipertonia estensoria degli arti inferiori o ipertonia flessoria ed adduttoria degli arti superiori oltre ad atteggiamenti posturali viziosi; b)

movimenti involontari irregolari in ampiezza e frequenza; c) incoordinazione del movimento e tremori ampi della mano, d) disquilibrio nella posizione eretta, e)

barcollamento nel cammino188. Molto frequente è la presenza di altri disturbi associati all’impedimento motorio. “… Tali disturbi riguardano principalmente manifestazioni

quali il ritardo mentale, disturbi della comunicazione, deficit visivi ed uditivi, strabismo, epilessia, e specie in adolescenza, problemi di carattere emotivo e

comportamentale”. La categoria dei deficit psicofisici è ampissima perché comprende “… una vasta

gamma di menomazioni che interessano funzionalmente e strutturalmente solo la parte fisica, solo quella psichica o entrambe. Afferiscono a questa categoria, tipologie

di handicap completamente diverse l’una dall’altra come, ad esempio, il ritardo mentale lieve, medio e grave, l’epilessia, l’autismo, le sindromi di West, di Turne, di

Down, dell’x. fragile”190. Rispetto ad una siffatta complessità, la pianificazione di percorsi rieducativi di

carattere psicomotorio può integrarsi alla costruzione di ambienti di apprendimento in cui l’utilizzazione di tecnologie assistive sia funzionale alla valorizzazione del

residuo motorio e al superamento degli ostacoli derivanti dalla specificità degli strumenti. Le difficoltà sono legate principalmente all’uso della tastiera e del mouse i

quali richiedono alla persona un controllo fine della manualità e una postura che non pregiudichi la capacità di resistenza nello svolgimento del lavoro e nei tempi di

esecuzione. Molte delle postazioni informatiche tradizionali sono costituite dalla presenza di

monitor in posizione verticale e da tastiere all'altezza dei gomiti. Questa disposizione può risultare scomoda per quanti usano una sola mano o poche dita e richiede una continua coordinazione oculo-manuale non sempre possibile. L’organizzazione di uno spazio e di una postazione di lavoro con video incassato e inclinato vicino alla

tastiera può consentire una consultazione dei documenti con ridotti movimenti del capo, mentre la regolazione del piano di appoggio, il posizionamento centrale della

tastiera e del mouse e il loro collegamento direttamente alla sedia attraverso fissaggi regolabili può facilitare l’accesso alle periferiche anche per chi possiede un solo arto

o si trova nell’impossibilità di usare uno dei due. L’adattamento del pc va pertanto calibrato sulle esigenze della persona rispetto

all’entità del deficit cercando di: – preferire una schermata iniziale chiara, con poche icone e figure di sfondo che

possono creare problemi nella percezione allungando i tempi di scelta e di esecuzione delle azioni;

– associare tasti di scelta rapida ai sistemi operativi maggiormente utilizzati; – ridurre o eliminare la ripetizione dei tasti dovuta all'immissione automatica del

carattere mentre il tasto viene premuto; – inserire i tasti doppi (ad esempio Ctrl + C) digitandoli in successione, e non

contemporaneamente (indispensabile per chi può scrivere con una mano sola); – impostare un filtro per ridurre la sensibilità dei tasti e richiedere un tempo

minimo di pressione perché la digitazione produca il suo effetto. Riguardo al mouse è possibile:

– Invertire i pulsantini per l'uso da parte di utenti mancini; – Ridurre la sensibilità negli spostamenti usare il tastierino numerico di destra

come un emulatore di mouse. Questi accorgimenti che facilitano l’interazione con il pc possono non bastare in

presenza di forme gravi di disabilità motorie per le quali possono essere individuate soluzioni alternative sostitutive dei tradizionali strumenti informatici. La scelta di

ausili specifici può ovviare ad inconvenienti nella preparazione dei documenti come la ripetizione di battitura dei tasti per una pressione prolungata involontaria, la

pressione di più tasti contemporaneamente, l’impossibilità di compiere azioni per l’invio di input al dispositivo informatico.

Tra le tecnologie assistive disponibili: - Sistemi di puntamento sensibili o piatti a sfioramento. Strumenti simili ad un

mouse, possono essere tenuti con una sola mano e consentire lo spostamento del puntatore attraverso il movimento del dito sulla piastrina. La selezione (doppio

clic) può avvenire mediante tasti di dimensioni ridotte con una doppia pressione o con un battito sulla superficie sensibile al movimento residuo.

- Trackball. Dispositivo di puntamento costituito da una sfera mobile la cui rotazione corrisponde allo spostamento del puntatore. Il tasto destro dello

strumento può essere programmato per le funzioni di Invio, Esc e doppio click e la sua resistenza consente ai piccoli utenti con motricità fine limitata un utilizzo

con il palmo della mano, con il piede o il gomito e, non richiedendo esclusivamente il movimento delle dita, ne facilita l’uso in grembo e in

carrozzina. - Dispositivi Joystick. Strumenti costituiti da una leva e da uno o più pulsanti che variano per lunghezza della leva, forza di azionamento, posizione e dimensione dei pulsanti. Il movimento della leva e dei pulsanti consente lo spostamento di

un cursore sul video e l'azionamento della selezione che, allo stesso modo delle trackball, possono essere associati ad altri sistemi di selezione come i sensori. - Caschetto Puntatore. Dispositivo ottico senza fili posizionabile sulla fronte o

sugli occhiali, converte il movimento della testa nel movimento del cursore del mouse consentendo anche a coloro che non possono usare le mani di scrivere e

lavorare al pc. - Schermo tattile. Meglio conosciuto come Touch Screen è costituito da un sottile pannello trasparente che viene applicato davanti al video del personal computer.

La sua superficie sensibile collegata ad un programma software, consente il riconoscimento e l’invio al computer dell’input tattile determinato dalla

pressione del dito o di una penna digitale sullo schermo. Particolarmente indicato per disabili con difficoltà di coordinamento visuo-motorio, per chi

presenta ipovisione o difficoltà nel mantenimento dello sguardo, si presta bene alle rappresentazioni iconiche come una qualsiasi tavoletta grafica.

- Sensori a pulsante. Dispositivi disponibili in diverse dimensioni e colori, con superficie circolare o a lamella rettangolare. Indicati per disabili la cui ampiezza dei movimenti risulta essere limitata. Il funzionamento a pressione, la forza di

scatto di 40 grammi e la possibilità di attivazione da qualsiasi punto della superficie, facilita le azioni motorie in presenza di problemi nel controllo fine

dell’avambraccio. - Sensori a leva. Strumenti facilmente impugnabili che, mediante un sistema a

lamella, consentono l'attivazione di selezioni mediante stringimento. - Sensori a pedale. Dispositivi utilizzabili in presenza di un controllo degli arti

inferiori che sfruttano il movimento dei piedi su una superficie ampia e inclinata. La pressione esercitata sui pedali consente di controllare il movimento

del puntatore sullo schermo e di azionare la conferma di un'operazione (clic). - Hwsen 33 Muscolar Switch. Sensore capace di percepire lievi movimenti di contrazione muscolare e di trasformarli in un segnale di output. Consente la

personalizzazione della soglia di attivazione al fine di evitare errori legati all’avvio di movimenti involontari indesiderati.

La scelta del sensore è legata alle capacità della persona di controllare i movimenti, alla forza di pressione, all'ampiezza di movimento dell'avambraccio, alle capacità attentive, alla postura e dai software di gestione usati. In presenza di movimenti

limitati, ampi o imprecisi o dell’impossibilità per la persona di utilizzare in maniera completa o parziale il movimento degli arti diventa difficile per gli utenti l’uso di

alcune periferiche tradizionali come le tastiere. - Tastiera con scudo. Strumento che unisce ad una tastiera standard windows a 105 tasti una copritastiera rimovibile in materiale rigido (plexiglas o ferro). La tavoletta caratterizzata da fori in corrispondenza di ogni tasto, poggiata sulla

tastiera, consente all’ utente con difficoltà nel controllo della mano di limitare il numero di digitalizzazioni involontarie nella selezione dei simboli alfabetici e

numerici. - Tastiere semplificate espanse. Simili alle normali tastiere si caratterizzano per

la presenza di tasti colorati e caratteri di dimensioni ingrandite (circa 2,5

centimetri per lato). Alcuni modelli si caratterizzano per una distribuzione centrale dei tasti soprattutto quelli che vengono usati più spesso e per la

presenza di filtri funzionali alla riduzione degli errori involontari come l’autoripetizione dei tasti dovuta ad una pressione prolungata. Se ne consiglia

l’uso per l'avviamento alla lecto-scrittura in presenza di deficit visivi e difficoltà cognitive a causa delle quali è indispensabile una riduzione del

numero degli input potenzialmente confusivi. - Tastiere ridotte. Indicate per gli utenti con ridotte capacità motorie si caratterizzano per una distribuzione ravvicinata dei tasti alfanumerici e richiedono, in taluni casi, l’uso di un’asta rigida o di una specifica penna.

- Tastiere virtuali. Consolle capaci di rappresentare graficamente sullo schermo del pc i tasti di una tradizionale tastiera. Le modalità di gestione sono

personalizzabili in relazione alle esigenze dell’utente: la tastiera può essere collocata in basso, in alto o al centro del video in relazione alle caratteristiche

del software di gestione. Il sistema operativo consente, infatti, l’accensione dei tasti e dei caratteri alfanumerici subito dopo l’invio di un input da pulsanti

esterni come i sensori. - Tastiere personalizzabili. Tavolette di forma piatta costituite da celle sensibili

che consentono grazie al sistema operativo una riprogrammazione dei tasti e dei valori (lettere, numeri, parole, frasi...) per soddisfare i bisogni dell’utenza.

- Tastiere intercambiabili. Si tratta di tastiere con membrane programmabili che forniscono un accesso facilitato al computer sul piano motorio, visivo e cognitivo. In genere la tastiera è costituita da 6 overlay intercambiabili

corrispondenti a 6 diverse tastiere (numerica, alfabetica, per la scrittura, con tasti freccia, per ibm e per mac) che vengono riconosciute automaticamente da

un software che consente di progettare, stampare e configurare overlay personalizzati. È possibile impostare la sensibilità dei tasti, la ripetizione e altre

funzioni molto utili agli utenti disabili.

6. Nuove tecnologie l’analisi del movimento e la valutazione delle attitudini motorie

Le problematiche relative alla disabilità trovano, spesso, in ambito scolastico, una carenza di modelli tecnologici e metodologie didattiche capaci di utilizzare i sistemi vicarianti come strumenti di approccio alla conoscenza, con particolare riferimento

alla dimensione corporea ed ai suoi possibili campi applicativi nei diversi ambiti disciplinari. Oltre alla vasta gamma di Tecnologie Assistive utilizzabili in ambito

educativo, ma anche extrascolastico, con lo scopo di facilitare l’accesso alla conoscenza dei disabili con deficit visivi, uditivi, psicofisici, esistono innovativi

strumenti tecnologici funzionali all’osservazione e alla successiva valutazione del gesto motorio, della postura, dei modelli coordinativi degli studenti disabili:

1. Sistema Vis Jack e Moven Motion Capture 2. Piattaforme dinamometriche

3. Calorimetri Il sistema Vis Jack è un modernissimo software che consente di analizzare i fattori

umani nelle fasi iniziali del processo di progettazione, utilizzando personaggi e prototipi digitali. Vis Jack permette di inserire uomini e donne digitali e dimensionarli

per statura e peso, definire i comportamenti che condizionano le reazioni degli umanoidi digitali quando assumono la postura manipolandone le articolazioni,

valutare ciò che gli umanoidi sono in grado di vedere dal loro punto di vista o attraverso display di coni di visualizzazione e valutare il raggio d’azione degli

umanoidi digitali. 2. Il sistema “Moven Motion Capture”, integrabile al Vis Jack, è una tuta di facile

utilizzo, un sistema efficiente per la cattura dei movimenti di tutto il corpo umano. Basato esclusivamente su uno sfondo di sensori inerziali miniaturizzati, su modelli biomeccanici e su algoritmi di acquisizione e analisi dei dati, non necessita l’uso di

telecamere esterne, di emettitori o marcatori. Può essere utilizzato sia in spazi chiusi che all’aperto, non ci sono limitazioni legate al tipo di illuminazione o problemi

dovuti alla perdita di eventuali marcatori. L’innovativa tecnologia di acquisizione del movimento consente di analizzare qualunque tipo di movimento, inclusi corsa, salto e gesti

sportivi e presenta una facilità d’uso e un’elevata affidabilità: Facilità d'uso Elevata affidabilità

- Nessuna limitazione nel campo di misura (fino a 150 m / 500 m senza fili) - Utilizzazione ovunque: all'aperto, in uffici

- Non sono necessari pulizia, filtraggio e processamento dei dati - È disponibile in diverse taglie

- Molto breve il tempo di installazione - Portatile e indossabile sotto i normali

vestiti - Sistema di sensori inerziali MEMS altamente sensibili e dati fluidi

- Utilizzabile con qualsiasi condizione di illuminazione - Insensibile ai campi magnetici

- I dati vengono raccolti dai sensori ed inviati ad un ricevitore wireless,il quale, a sua volta, è collegato al PC attraverso una porta USB.

La Moven Mocap Suit (tuta per la cattura del movimento) è fornita all’interno di una valigia rigida contenente una confortevole tuta Moven Mocap, in tessutoconfortevole, disponibile nelle taglie S,

M, L, XL, XXL; wireless sistema e corpo di alimentazione; collegamento al PC/notebook dotato di porta USB, per ricevere i dati da Moven;

Total Body, con 16 sensori inerziali; upper Body, con 10 sensori inerziali, Lower Body, con 7 sensori inerziali.

I sensori inerziali forniscono dati assoluti di orientamento, che possono essere utilizzati anche per calcolare le accelerazioni 3D in coordinate assolute, dalle quali

ricavare stime dei movimenti di traslazione a cui sono soggetti i segmenti corporei. Il sistema Moven si basa su un modello biomeccanico di 23 segmenti, in modo da

rilevare il movimento ed eliminare qualunque tipo di artefatto. Questo garantisce all'utente una notevole libertà in qualunque tipo di movimento, senza problemi dovuti

alla perdita di marcatori, ad eventuali intrarotazioni degli arti o a situazioni legate a movimenti complessi come il salto.

Il Moven Studio-software (incluso), software di base che viene fornito col sistema Moven Motion Capture, è caratterizzato da: un'intuitiva interfaccia grafica; si presenta come un semplice applicativo di Windows XP; presenta un’elevata

semplicità di acquisizione e registrazione dei dati; possibilità di rivedere i dati e editing di base. Oltre a Moven Studio sono disponibili, come opzioni, ulteriori

pacchetti Software (Moven Software Development Kit e Moven MotionBuilder Plugin) per una semplice integrazione con i pacchetti software utilizzati dall'utente. Il Moven Software Development Kit fornisce dati in tempo reale di posizione e

orientamento dei segmenti corporei attraverso librerie dinamiche (interfaccia C),

costituisce una comoda interfaccia per le routine di calibrazione e la definizione dei soggetti animati e mette a disposizione file MVN predefiniti per il postprocessamento.

Il Moven Motion Builder Plug-in è un ottimo applicativo per l'acquisizione in tempo reale di dati da utilizzare con Autodesk MotionBuilder, un software ottimizzato per l'animazione 3D e per l'analisi del movimento. Il Moven

Training & Simulation consente all’utente l’immersione in un sistema virtuale, l’interazione in tempo reale e la possibilità di muoversi liberamente nello spazio

grazie all’installazione di una wireless del sistema. Le piattaforme dinamometriche vengono utilizzate in ospedali, laboratori, cliniche,

Università e centri di ricerca, in quanto specificamente progettate per analisi del cammino, della postura e del gesto sportivo. Tutti i sistemi sono adeguati sia per

applicazioni dinamiche che statiche, grazie alla tecnologia di sensori strain-gage e ad innovative soluzioni sia meccaniche che elettroniche. Sono disponibili in una

notevole varietà di dimensioni e di range di carico per far fronte a diverse necessità applicative e sono totalmente compatibili con qualunque sistema di analisi del

movimento. La PDM – Piattaforma di forza multifunzionale è un sistema pratico ed immediato per l’analisi della deambulazione. Il soggetto deve camminare avendo cura di colpire la

piattaforma con un solo piede e immediatamente PDM produce diagrammi che consentono la valutazione dell’andamento nel tempo della

distribuzione dei carichi, permettendo così analisi dettagliate circa le caratteristiche dei vari momenti che compongono l’appoggio podale. Il sistema registra le forze di

reazione al terreno durante il contatto piede-suolo. Lo sviluppo delle distribuzioni del carico può essere visualizzato in diagrammi a 2 o 3 dimensioni in scala a colori. Fino a 4 tracciati simultanei

facilitano il confronto diretto fra lato destro e sinistro e l’analisi comparata nelle condizioni di interesse.

1. Piattaforma per diverse 2. Confronto del rotolamento

tipologie di analisi dinamico del piede 3. Analisi dell’equilibrio della postura

4. Analisi della distribuzione dei carichi La Sensewear Armband (SWA), fascia metabolica, è uno strumento multi-sensore

che, indossato sul tricipite del braccio destro per un periodo di tempo continuo sino a due settimane, fornisce il calcolo del dispendio energetico e la quantificazione dell’

attività fisica durante normali attività liberequotidiane. In breve, segnali fisiologici dal corpo (temperatura cutanea, temperatura prossimale al corpo/dissipazione

termica dal corpo, resistenza galvanica della pelle e due accelerometri) sono usati, in combinazione con formule di identificazione delle attività, per calcolare il consumo energetico in base ad algoritmi predeterminati. Questi algoritmi sono il risultato di

migliaia di esperimenti controllati nei quali le informazioni registrate sono comparate a dati acquisiti da analizzatori metabolici e aggiornati di conseguenza. Tale strumento è stato validato per la misura della spesa energetica a riposo e durante attività fisiche quotidiane contro acqua deuterata, analizzatori metabolici e calorimetria indiretta.

Sensewear Armband (SWA), fascia metabolica Parametri fisiologici corporei misurabili e calcolabili:

- Temperatura cutanea: Misura delle temperature cutanee - Risposta galvanica della cute: misura l’impedenza della pelle che

riflette il contenuto idrico cutaneo e la costrizione o dilatazione dei vasi cutanei - Calore dissipato: misura la dissipazione del calore dal corpo

- Accelerometro a due assi: misura del movimento I sensori calcolano e refertano:

- Dispendio energetico Totale (kcal) - Dispendio energetico Attivo (kcal)

- Dispendio energetico a Riposo (kcal) - MeTs

- Numero Totale dei Passi - Durata dell’attività fisica (PAD)

- Durata del sonno - Durata del tempo sdraiato

7. Autonomia, partecipazione, integrazione: Il ruolo delle tecnologie Il modello d’uso sostenuto da Guerra «è che le TIC vadano apprese ed utilizzate strutturalmente

all’interno di modelli tecnologici dell’educazione: cioè, all’interno di una preventiva e consapevole scelta interpretativa, di natura pedagogica e didattica, del significato dell’educazione».

Nello specifico propone un modello tecnologico problematico che considera la compresenza di due sfere dell’educazione all’interno delle quali tentare di sviluppare e potenziare specifiche

abilità e competenze nel soggetto a scuola: una sfera intellettuale-cognitiva e una etico-sociale.

Nella sfera cognitiva potrebbero convivere e integrarsi tre prospettive dell’educazione intellettuale:

La prima prospettiva è la monocognitiva, centrata sul prodotto e quindi sull’acquisizione, da parte del soggetto, dei saperi di base. I nuovi media digitali potrebbero contribuire a qualificare

l’esigenza monocognitiva, mettendo a disposizione del soggetto quantità e varietà di risorse informative inimmaginabili soltanto pochi anni fa. La criticità è data dal rischio, per i soggetti, di

perdersi nella mole delle informazioni presenti nella rete oppure di rimanere ancorati a informazioni

superficiali selezionate con l’unico scopo di esibirle o riprodurle all’insegnante nel contesto classe in una logica di utilitarismo scolastico come evidenziato da Benasayag e Schmit.

La seconda prospettiva, dell’educazione intellettuale, è la metacognitiva, centrata sul processo e permette al soggetto di conoscere sia le proprie modalità di elaborazione cognitiva sia le modalità

specifiche attraverso le quali si apprende. L’uso del computer può sostenre un approccio didattico metacognitivo se viene utilizzato per

condurre gli alunni a imparare a imparare. Secondo la prospettiva vygotskijana si potrebbe affermare che il computer, agendo nella «zona di sviluppo prossimale» dell’alunno come

scaffolding o supporto, permette l’apprendimento, connettendo le conoscenze precedenti dell’alunno a quelle nuove nel rispetto dei tempi e dei modi secondo i quali l’allievo apprende. La

macchina diventa strumento di mediazione che agisce come un pari più competente, consentendo al soggetto l’interiorizzazione delle informazioni e lo sviluppo di strumenti trasversali utilizzabili per affrontare differenti materiali e contenuti di studio. La criticità è data dal rischio di lasciarsi

guidare troppo dal computer sempre più userfriendly evitando la necessaria riflessione critica. La terza prospettiva è la fantacognitiva, centrata sul soggetto e sulla sua capacità di creare prodotti culturali innovativi e di valorizzare e ampliare il suo vissuto estetico ed esperienziale. Le nuove tecnologie potrebbero stimolare, anche attraverso strumenti come i Tablet (giochi on/off line, foto, video, web 2.0, programmi autore…), gli ingredienti fondamentali della fantacognizione:

creatività, sfida, fantasia, competizione, cooperazione, curiosità. La criticità è data dal rischio di

alienazione del soggetto che potrebbe rifugiarsi in una realtà virtuale identificandosi ad esempio in un avatar ovvero un personaggio scelto per rappresentare la propria persona in comunità virtuali

o giochi on-line. Nella seconda sfera, quella etico-sociale, Guerra propone di sviluppare nel soggetto almeno tre

abilità: l’autonomia, la partecipazione e la condivisione. Ad esempio, il Computer, rispetto all’autonomia, può essere uno strumento di elaborazione,

conservazione e successiva rielaborazione del proprio percorso formativo. Il Web 2.0, rispetto alla partecipazione, potrebbe diventare l’occasione per sperimentare momenti di confronto

interculturale, a livello globale, su diversi argomenti e a differenti livelli. Le TIC, rispetto alla condivisione, potrebbero permettere la costruzione di ambienti di elevatissima condivisione e di

cooperative learning, travalicando frontiere e lingue.

8. Risorse digitali per l’integrazione scolastica: speciali o designed for all? L’abusata etichetta “nativi digitali” (digital native) 201 è stata coniata da Prensky202 nel 2001 per definire le generazioni nate dopo la prima metà degli anni ottanta. Tutte le persone nate prima di quel periodo sono definite dallo studioso come immigrati digitali (digital immigrants). Utilizzando una similitudine, quando un immigrato deve apprendere la lingua straniera deve studiarla, spesso

con fatica, ma per quanto bravo il suo accento lo distinguerà sempre dai madrelingua. Allo stesso modo i nativi digitali che hanno appreso la lingua madre digitale si distingueranno

sempre dagli immigrati dall’accento straniero. Dopo numerose controproposte da parte di accademici di tutto il mondo per definire con più precisione la fatidica data che fa da spartiacque

tra i nativi digitali e gli immigrati digitali, il livello della discussione si è spostato sulla modifica delle etichette. Sono stati introdotti termini come Born Digital, Google generation, iPod generation,

Youtube generation, ecc. Nel 2009 Prensky va oltre questa dicotomia generazionale parlando di livelli di competenze digitali trasversali denominate: saggezza digitale, abilità digitale e stupidità

digitale. Nel corso di un Convegno a Roma nel maggio 2012,203 lo stesso Prensky ha dichiarato che si è

perso troppo tempo a dibattere sulla corretta appartenenza a una o all’altra categoria in quanto i nuovi device digitali sono ormai diffusi in maniera trasversale tra

tutte le generazioni oltre che a essere presenti nelle scuole; è quindi giunto il tempo di adattarsi (adapt). Nel corso del suo intervento Prensky ha presentato le sue

sette idee da suggerire al mondo della scuola per adattarsi all’avvento delle nuove tecnologie nella didattica: 1- adattarsi al cambiamento dettato dal contesto

2- ascoltare i propri discenti 3- conoscere i processi di apprendimento

4- cambiare la pedagogia 5- usare le tecnologie con saggezza

6- insegnare le “cose giuste” 7- trasmettere una “saggezza digitale”

Prensky ha inoltre presentato sulla base di una sua personale indagine, le dieci cose che gli studenti vorrebbero dalla scuola. Nello specifico gli studenti degli Stati Uniti, oggetto dell’indagine, vorrebbero essere rispettati dagli insegnanti e dai compagni, godere di maggiore fiducia e vedere

considerate le loro opinioni. A livello didattico vorrebbero essere protagonisti attivi nella costruzione del sapere, e veder valorizzati i loro interessi anche con l’inserimento degli strumenti

tecnologici tipici del loro tempo. In particolare vorrebbero sperimentare momenti di cooperazione, in lavori di gruppo, anche fuori dal contesto classe, prevedendo momenti di sana competitività. Rispetto ai programmi scolastici, gli studenti gradirebbero ricevere un formazione

più mirata a una futura spendibilità sul mercato del lavoro. In Italia, Ciari già nel 1972 affermava che la scuola non può permettersi di escludere le nuove

tecnologie che, invece, entrano dentro le scuole dopo molti anni che sono diffuse nella quotidianità fuori della scuola. Ciari sosteneva che «dovrebbe essere il contrario. Qualsiasi

scoperta di carattere avanzato, qualunque nuovo strumento di ricerca, comunicazione, espressione, dovrebbe prima di tutto esser collocato nella scuola».

9. Favorire la partecipazione e l’inclusione: Tecnologie assistive e ICF

Per migliorare le capacità di lettura e di scrittura si possono fare molte cose ed a questo proposito le tecnologie dell’informazione e della comunicazione costituiscono uno dei mezzi più indicati per

far lavorare e per lavorare con il bambino dislessico a scuola. Esse costituiscono un utile supporto sia all’alunno con difficoltà sia all’insegnante che debba

lavorare con lui. L’alunno dislessico può leggere e scrivere, ma non per molto tempo, data la fatica, i tempi elevati e

gli errori commessi. Nel contesto scolastico, accanto ad opportune misure didattiche che lo dispensano dal dover leggere o scrivere brani lunghi, l’adozione di strumenti informatici è di

grande aiuto sia per imparare che per migliorare le capacità di lettura e scrittura. La videoscrittura costituisce un primo e fondamentale mezzo per ridurre la fatica del bambino, che

ha problemi di grafia e ortografia, e dell’insegnante, costretto a decifrare tratti il più delle volte assolutamente illeggibili.

Il computer poi offre programmi che presentano i contenuti didattici in modo gradevole, attraverso le fotografie, le animazioni, le parti vocali, e mediante una modalità interattiva che

aggira e riduce le difficoltà di chi fa fatica a leggere, favorendo l’apprendimento. Ci si può soffermare sulle immagini, è possibile ascoltare più volte un contenuto o stampare alcuni passi particolarmente utili. Spesso all’interno dei programmi vi sono test di verifica che consentono

anche di saggiare direttamente l’apprendimento. Sul mercato vi sono anche dei programmi che consentono di leggere mediante un lettore ottico i brani desiderati potendoli ascoltare attraverso

l’emissione in voce. In questo modo qualunque libro o brano può essere letto dal computer e ascoltato.

D’altro canto il computer è un utile strumento di lavoro per l’insegnante che abbia nel gruppo classe un bambino con difficoltà specifiche di apprendimento. E’ risaputo come schemi, sintesi dei testi contenenti i concetti principali, nonché prove di verifica che prevedano risposte a domande a

scelta multipla o contenenti figure, possano facilitare il compito del bambino dislessico. Il computer si rivela alleato privilegiato dell’insegnante nel predisporre questo tipo di attività.

10. La personalizzazione del software didattico: come rendere accessibili gli applicativi comuni

Non vi è persona che, utilizzando il proprio PC, non sia stata tentata di personalizzare

il software, che abitualmente usa secondo le proprie esigenze e i propri gusti. Di solito, il primo a subirne le conseguenze è il desktop, che assume

come sfondo l’immagine di Colline, Pesci, Estate, ecc., ovvero di sfondi predefiniti di Windows, oppure diventa la cornice di fotografie a noi care (persone,

animali, oggetti, ambienti, ecc.)1. Se a volte la personalizzazione che noi operiamo sul Sistema Operativo o su alcuni

software applicativi è di carattere estetico, in casa, sul lavoro e ancora di più a scuola essa può essere una vera opportunità e in taluni casi una reale necessità.

Se è valido l’approccio volto a utilizzare abitualmente Windows e il pacchetto Office (Microsoft, Open Office.Org o altro) in modalità sempre più amicale

ed efficace, lo stesso approccio si può allargare ai molti software didattici utilizzati sistematicamente nelle scuole. È necessario utilizzare, soprattutto questi

ultimi, in modo flessibile e personale, proprio perché sono software intenzionalmente rivolti all’apprendimento. Vediamoli in ordine.

SISTEMA OPERATIVO

Vi è la possibilità, oltre alla modifica dello sfondo del desktop, di modificare la grandezza delle icone e della loro denominazione, cambiare il puntatore del

mouse (più grande, colorato) e assegnare il clic e il doppio clic al bottone di destra o di sinistra del mouse nel rispetto di un utente mancino, assegnare ai singoli

tasti della tastiera funzioni di blocco o di ritardo della ripetizione nella digitazione, ecc. Funzioni pensate per l’utente abituale, ma che assumono un importante utilizzo in molte situazioni di disabilità lieve (motoria, cognitiva,

visiva). Inoltre, all’interno del Pannello di Controllo di Windows, vi è anche la funzione di Accesso facilitato o Centro di Accesso facilitato (Windows Vista) per utenti con disabilità, che raccoglie nuove personalizzazioni relative alla tastiera,

all’emissione di suoni abbinati ad azioni, ai colori e al contrasto del video, all’emulazione di mouse da tastierino numerico.

Va inoltre segnalato che i Sistemi Operativi spesso hanno semplici programmi aggiuntivi che possono essere utili in situazione di disabilità (per

esempio, in Windows sono presenti una Tastiera virtuale su schermo da utilizzare con mouse e Magnifier per ingrandire i dettagli, nella pratica una vera

lente di ingrandimento2).

PACCHETTO OFFICE Pensiamo per esempio ai software più diffusi al mondo, che la scuola usa frequentemente,

ovvero a quelli per scrivere, fare calcoli, navigare, modificare immagini, ecc. Sono potentissimi rispetto all’utilizzo standard e si presentano a

noi nella loro complessità con barre comandi/multifunzione strapiene di icone, di cui alcune a noi sconosciute. Fra queste ci districhiamo per ritrovare l’icona

a noi nota al fine di eseguire rapidamente un comando-azione. Personalizzazione3 significa per esempio, che noi possiamo creare la nostra barra inserendo

le sole icone-comandi che abitualmente utilizziamo per scrivere o calcolare; le possiamo anche ingrandire e aumentare il carattere che le denomina.

Se nella vita sarà capitato a molti, dopo i 45 anni, di sforzarsi a riconoscere icone troppo piccole, nella scuola l’ingrandimento di un’icona può essere utile a un ragazzo che abbia necessità di ingrandire le immagini e i caratteri rispetto

allo standard.

LA PERSONALIZZAZIONE A SCUOLA Fino a ora abbiamo parlato di personalizzare alcuni software fondamentali alle

esigenze di un utente medio cittadino del mondo, ma il termine personalizzazione nella scuola ha una valenza di ampio respiro e non deve scandalizzare se

in queste pagine lo avviciniamo a contesti che solo apparentemente possono sembrare tecnici. Le azioni di modifica che attiviamo sulla configurazione di

un software sono, al contrario, soluzioni pienamente calate nell’azione didattica

della classe e nei processi di integrazione/inclusione. La pedagogia del Novecento, e soprattutto degli anni Ottanta4, ha dato solide

basi a questo termine e ormai individualizzazione e personalizzazione sono entrati nel lessico e nella didattica curriculare.

Lo sforzo di personalizzare il software didattico ha le basi nella pedagogia sopra accennata e risente delle diverse scuole di pensiero (comportamentista, attivista,

cognitivista, ecc.). Inoltre il termine personalizzazione si sposa molto bene con il mondo del software, perché è proprio di quest’ultimo essere una struttura «non ferrosa-dura» ma amicale, flessibile e quindi pronta ad adattarsi all’utente,

ai bisogni e alle situazioni. La personalizzazione del software permette, partendo dal rispetto degli 11 requisiti

di accessibilità (D.M. 8 luglio 2005)5, di cui si tratta in un capitolo a parte, di andare oltre, rendendo i software ancora più vicini alla didattica e ancora

più aderenti alle esigenze diversissime della classe scolastica, riempiendo di significato il termine fruibilità presente nella normativa.

L’art. 1 del decreto appena citato definiva la «fruibilità: caratteristica dei servizi di rispondere a criteri di facilità e semplicità d’uso, di efficienza, di rispondenza

alle esigenze dell’utente, di gradevolezza e di soddisfazione nell’uso del prodotto».

La personalizzazione vuole rispondere ai bisogni e alle richieste dell’utente, fino al punto che il software va pensato, progettato e realizzato affinché sia intuitivo, amicale, chiaro nelle scelte da operare e flessibile per rispondere alle molteplici

esigenze degli alunni. Non esiste, né è mai esistita, la classe monolitica, con alunni tutti uguali. Dobbiamo

prendere atto che nella classe abbiamo delle eccellenze (non è sinonimo di genialità), degli alunni bravi, altri che sopravvivono, altri ancora che hanno

difficoltà negli studi, e infine potrebbero essere presenti anche uno o più alunni disabili i quali si troveranno in un ambiente inclusivo perché non esclusi da alcune

attività della classe. Nel laboratorio informatico utilizzeranno gli stessi software dei compagni, ma con livelli di contenuto, tempi, configurazioni ed eventualmente ausili di input

diversi; ogni alunno apprenderà sfruttando al massimo i propri stili cognitivi (visivo, uditivo, analitico, globale, ecc.), le proprie strategie di apprendimento, le proprie conoscenze nel rispetto dei tempi di azione e dei livelli di difficoltà.

Personalizzare il software permette di andare oltre, rendendo i software ancora più vicini alla didattica e ancora più aderenti alle esigenze diversissime della classe.

PERSONALIZZAZIONE CON LA LIM?

La Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) è una grande lavagna-touch screen collegata al PC, il cui utilizzo si sta sempre più diffondendo grazie ai massicci

finanziamenti del MIUR, di alcuni EE.LL. (Trento), di alcune fondazioni bancarie (Bologna). Si apre il campo a un insegnamento che si rivolge ad alunni e

studenti con strumenti nuovi e metodologie più personali. In linea di massima, l’elemento comune a tutti i modelli delle LIM è l’interattività,

ma ciò che fa la vera differenza è il software proprietario incluso con la lavagna stessa e i software che si decideranno di utilizzare, che implicano il rischio,

se non flessibili, accessibili e personalizzabili, di escludere l’alunno con disabilità nella fase dell’apprendimento durante la lezione.

Questi nuovi strumenti hanno il vantaggio di dare un’immagine alle molte parole pronunciate durante la lezione, aiutando a creare strutture e reti nella

mente degli alunni. Nella pratica, hanno il vantaggio di essere interattivi e quindi di poter modificare e creare la lezione con i ragazzi.

La LIM, in classe o in un ambiente accogliente e «protetto» per alcune attività di gruppo, può essere utilissima sia per migliorare la partecipazione alle attività della classe grazie all’interattività, sia per una miriade di azioni, giochi, esercizi

che prevedano anche l’azione cooperativa con i compagni. Ecco allora la necessità di software interattivi, ma che richiedono la presenza di più «giocatori» e

gruppi in un’azione cooperativa e costruttiva6.

SOFTWARE DIDATTICO FLESSIBILE Il software didattico è nato con la finalità di istruire ed è sicuramente uno «strumento

» e un aiuto per apprendere e autoapprendere. Ma non sempre è così e non è sempre senza eccezioni. I vantaggi di un uso intelligente del software di qualità sono evidenti quando si presta molta attenzione alla metodologia, alla

programmazione e all’obiettivo finale. Talvolta il software è una barriera alla stregua della fotocopia in bianco e nero o del libro: può impedire a un alunno disabile di leggere, scrivere, disegnare,

navigare, eseguire esercizi didattici e può essere inutilizzabile per la sua rigidità e per la limitata proposta di contenuti. I vantaggi di un uso intelligente del software di qualità sono

evidenti quando si presta molta attenzione alla metodologia, alla programmazione e all’obiettivo finale

Ecco allora che l’utilizzo di un software didattico flessibile e accessibile mette la classe intera nella condizione di «lavorare» con lo stesso programma, semplicemente

adattandolo alle singole esigenze, ai livelli di apprendimento, alle abilità acquisite, ai bisogni, ecc.

Per meglio precisare il significato di «software didattico personalizzabile» (proprio perché un software viene programmato riferendosi a un utente medio o,

per alcuni software riabilitativi, a un disabile di media gravità), vediamo quali macroaree possiamo individuare per un percorso personalizzato simile a quello

dei compagni.

Area contenutistico-cognitiva Un software deve avere un’interfaccia/presentazione chiara delle attività che

propone, cioè deve offrire un menu di esercizi graduati per difficoltà e facilmente identificabili dall’alunno.

Occorre inoltre che gli archivi del programma (testi, calcoli, operazioni, formule, città, regioni, ecc.) siano aperti, affinché l’insegnante li possa modificare, o crearne dei nuovi, a seconda delle esigenze della classe, del gruppo o

dei singoli alunni. L’attività al computer che prevede esercizi sulle sillabe, di analisi logica, sulle frazioni,

di algebra, di geografia, di simulazione di esperimenti di fisica o di realizzazione di circuiti elettrici, ecc., deve poter essere svolta da tutti gli alunni,

da quelli svantaggiati agli eccellenti, secondo le conoscenze, le abilità, le capacità e le strategie acquisite.

Le immagini e le indicazioni che seguono si riferiscono ad alcuni software di libero utilizzo, facilmente reperibili, che a livello esemplificativo evidenziano

elementi della personalizzazione. L’attività al computer che prevede esercizi sulle sillabe, di analisi logica, sulle frazioni, di algebra, di

geografia, di simulazione di esperimenti di fisica o di realizzazione di circuiti elettrici, ecc., deve poter essere svolta da tutti gli alunni

Se si utilizza un software per memorizzare le «tabelline» e queste si presentano da 1 a 10 senza possibilità di scegliere il livello di difficoltà, il programma didattico

sarà utilizzabile solo alla fine dello studio della tavola pitagorica e non da chi non le ha ancora apprese tutte. Un semplice menu che permetta di scegliere

«fino a», oppure di fare scelte multiple, renderebbe il programma utilizzabile, secondo livelli differenziati di memorizzazione-conoscenze, da un

numero maggiore di alunni della scuola primaria. La possibilità di scegliere e definire i limiti entro i quali operare, siano questi numeri, operazioni, parole, città, formule, ecc., è la risposta alla necessità di

personalizzare. La possibilità di scegliere da archivi che siano differenziati per difficoltà ma

aperti e quindi modificabili, offre l’opportunità di selezionare miratamente ciò che interessa e che si vuole eseguire o far eseguire.

Nel software didattico di cui ci stiamo occupando, in Configurazioni si avrà la Lista in uso con l’elenco dei materiali presenti fra i quali scegliere

Area dei parametri tecnici

Molto spesso degli ottimi software didattici non sono utilizzabili e fruibili da tutti in laboratorio, non perché l’alunno non conosca le risposte e i contenuti richiesti, ma per

le difficoltà che il programmatore ha posto inserendo elementi/variabili immodificabili, per esempio il fattore tempo (rispondere entro n secondi) o il fattore velocità (elementi essenziali che

si muovono nello schermo). Questi esercizi, banali rispetto ai videogiochi, risultano molto difficili per chi

è disturbato dalla presenza di elementi estranei che causano ansia o per chi ha necessità di tempi più lunghi o di velocità inferiori o di nessuna velocità.

La scelta di un software dai contenuti richiesti si scontra con la difficoltà di un utilizzo semplice, dove l’utente possa scegliere, volta per volta, le variabili che

vuole utilizzare. Un alunno potrebbe conoscere benissimo la tavola pitagorica ma essere messo

in difficoltà dalla velocità di spostamento delle bolle e dalla loro scomparsa dopo pochi secondi. Al contrario, per il «giocatore esperto» le bolle si muovono

lentamente, e questa lentezza annoia. In questo gioco didattico dovevano essere previste la modifica della velocità e il tempo di permanenza della bolla

sullo schermo. La scelta di un software dai contenuti richiesti si scontra con la difficoltà di un utilizzo semplice,

dove l’utente possa scegliere, volta per volta, le variabili che vuole utilizzare

Area delle disabilità Spesso nelle classi sono presenti alunni con disabilità visive, motorie, uditive, cognitive, di relazione. Ecco allora che alcune «attenzioni» nella realizzazione dei software potrebbero rendere il prodotto un po’ più adattabile alle diverse

esigenze e quindi personalizzabile. Di seguito facciamo alcuni esempi di personalizzazione.

Ipovedenti: possibilità di scegliere il colore del testo, dello sfondo, dei bottoni e

anche la dimensione del carattere stesso. Alcune «attenzioni» nella realizzazione dei software potrebbero rendere il prodotto

un po’ più adattabile alle diverse esigenze Disabili motori (arti superiori): possibilità di eseguire tutti i comandi richiesti

utilizzando la scansione manuale con due tasti (invio e spazio) o automatica con un solo tasto (spazio).

Disabili dell’udito: possibilità di unire al messaggio sonoro e al parlato immagini o testo. Per esempio: unire al classico messaggio sonoro di rinforzo positivo (applauso, grida di gioia, ecc.) o di errore «riprova», ecc., anche l’immagine

corrispondente (faccia sorridente – faccia triste, cielo sereno – nuvole con pioggia, ecc.), unire a una lettura fuori campo una finestra con il testo scritto.

Disabili cognitivi: la molteplicità di livelli, la regolazione della velocità di movimento degli oggetti e la possibilità di modifica-creazione di archivi rendono

questi software utilizzabili da alunni con tali difficoltà . Disabili comportamentali e di relazione: utilizzare il computer a scuola per scrivere

o a casa per i compiti è sempre di grande interesse e motivante. Il software di carattere ludico può coinvolgere in attività cognitive molto spesso rifiutate.

La possibilità di personalizzare il rinforzo, cioè di poter scegliere fra diverse immagini di rinforzo o di crearne delle personali, è molto utile per i ragazzi autistici

che hanno difficoltà a cogliere le espressioni del volto. La possibilità di personalizzare il rinforzo è molto utile per i ragazzi autistici che hanno difficoltà

a cogliere le espressioni del volto Da alcuni anni molti software didattici prevedono la lettura di parole, frasi e testi mediante la sintesi vocale installata nel proprio PC. Oggi la qualità delle

«voci» è effettivamente elevata e le nuove sintesi Sapi5 hanno definitivamente abbandonato la voce meccanica che oggi resta nell’immaginario come stereotipo

della voce del PC. La possibilità di utilizzare la sintesi vocale è molto importante non solo nelle situazioni di dislessia ma anche con i molti alunni che manifestano difficoltà

di apprendimento. Si veda la Figura 10. Alcuni software permettono anche la registrazione del percorso compiuto e, in ogni momento, offrono la possibilità di riprenderlo dal punto in cui è stato

lasciato. Al termine l’insegnante può verificare i risultati ottenuti. Invasi da un mare di prodotti, è fondamentale conoscere e utilizzare solo

software (di libero utilizzo o commerciale) flessibile e accessibile, al fine di poter sperimentare nella classe percorsi personalizzati che non escludano nessuno

e che siano volti all’inclusione. L’insegnante non può far utilizzare software, siti, cd rom senza prima averli

«indagati» per coglierne tutte le potenzialità e i limiti, per un utilizzo mirato e personalizzato.

CONCLUSIONE In un epoca globalizzata, «multi», alcuni elementi di base dei nostri bambini,

ragazzi e giovani sono sicuramente l’immersione totale nel mondo tecnologico, la facilità d’uso di questi strumenti e la sintonia con il linguaggio multimediale,

di rete, dove immagine, voce, suoni, interattività, comunicazione, ecc., trovano sintesi in un intreccio ipertestuale. Sono le nuove generazioni di «naÈ

fondamentale conoscere e utilizzare solo software flessibili e accessibili, al fine di poter sperimentare nella classe percorsi personalizzati

Oggi emerge la necessità di riunire le diverse competenze (insegnanti, programmatori, esperti della disabilità, studiosi, ecc.) per fare avanzare dal punto

di vista teorico e pratico la realizzazione di software accessibili e fruibili. Occorre creare modelli nei diversi linguaggi di programmazione e lasciare ai progettatori-

programmatori la libera realizzazione dei contenuti e delle interfacce, siano questi programmatori free o legati ad aziende. Solo allora ci sarebbero un

gran salto di qualità e maggiore celerità nei tempi di realizzazione di nuovo materiale multimediale per la didattica.

11. Leggere efficacemente il testo elettronico: strumenti per l’accesso ai libri digitali

L’obiettivo principale di questo paragrafo è quello di illustrare alcuni aspetti

della didattica basata sull’uso di testi e, più in generale, di strumenti informatici, con particolare riferimento a situazioni che prevedono la presenza di allievi

con disabilità. Il tema è stato affrontato sotto diverse angolazioni – da alcune prettamente tecniche ad altre connesse alle relative implicazioni normative – il

che ha comportato la necessità di mantenere un livello di esposizione schematico e divulgativo.

In questa ottica ci proponiamo, come filo logico, di ricordare in primo luogo quale sia lo specifico problema, poi di richiamare la strategia e le norme con cui

il Ministero ha affrontato l’argomento, infine di descrivere nei termini più semplici possibili la situazione attuale con le soluzioni già disponibili ovvero in

fase di maturazione.

IL PROBLEMA Il Personal Computer (PC) può essere utilizzato con modalità diverse: in genere

si distingue tra uso online, quando ci si collega a reti telematiche (ricerca su banche dati, offerta di servizi, posta elettronica, acquisti da cataloghi, ecc.)

ed uso offline (macchina da scrivere, archivio personale, giochi, ecc.). Ogni segmento meriterebbe una trattazione specializzata, accompagnata da oscure

sigle e inquietanti acronimi di origine inglese. Per il nostro discorso, fortunatamente, interessa evidenziare soprattutto una caratteristica fondamentale: le

potenzialità dello strumento sono condizionate dall’utente o, meglio, dalla capacità e dalla possibilità di utilizzo del PC da parte dell’utente. Quanto più

questi è padrone del mezzo, tanto più ricco ed efficace è il risultato. Ciò è vero in particolare quando il PC viene usato da persone che non dispongono di

tutte le abilità. Una caratteristica fondamentale: le potenzialità dello strumento sono condizionate dall’utente

o, meglio, dalla capacità e dalla possibilità di utilizzo del PC da parte dell’utente Una seconda importante premessa è sotto gli occhi di tutti: nella nostra società

il PC è diventato un supporto indispensabile, e questo è vero in tutti i settori di attività (lavoro, studio, svago, informazione, relazioni interpersonali,

ecc.). L’esclusione dall’utilizzo di queste tecnologie comporta un’emarginazione così forte da configurarsi come un segnale di democrazia imperfetta. Ne deriva

che, nell’ambiente scolastico, ancor più importante dello studio dell’oggetto PC (come svolto, per esempio, negli Istituti Tecnici Professionali o nei laboratori universitari) è lo studio dell’utilizzo dello strumento PC e soprattutto del suo

corretto utilizzo a fini didattici. Nelle scuole la diffusione dei PC e delle Aule Informatiche ha raggiunto ormai percentuali significative. La soddisfazione per i nuovi orizzonti spalancati da questi «facilitatori di apprendimento» non deve però sviare l’attenzione dal

fatto che questa nuova strumentazione, mentre accresce notevolmente le potenzialità didattiche per agli alunni normodotati, condiziona pesantemente, se

non opportunamente adeguata, la partecipazione degli alunni con disabilità nelle attività proposte per l’intera classe.

Per esempio, gli studenti ipovedenti hanno bisogno di un software capace di ingrandire i caratteri dello schermo; i dislessici, che recepiscono più lentamente

le informazioni provenienti dall’esterno, sono agevolati se si usano dispositivi di sintesi vocale che possono dilatare i tempi di ascolto. La suddetta sintesi vocale

può essere utilizzata anche per un allievo non vedente in alternativa alla barra Braille, che in aggiunta alla normale tastiera del PC e grazie a dei cilindretti

retrattili, è in grado di riprodurre in caratteri Braille quanto scritto in chiaro sullo schermo del video, scandendolo riga per riga. A loro volta i disabili motori che non possono usare compiutamente il mouse devono poter disporre

di tastiere e sensori appositamente calibrati per le loro esigenze. Gli esempi potrebbero continuare numerosi, ma ai nostri fini è più importante sottolineare che gli alunni, una volta rientrati a casa, dispongono quasi sempre di PC che possono aiutarli nello studio, ripetendo, integrando e rielaborando

quanto imparato in aula. Gli studenti con disabilità, dovendo invece affrontare nel privato gli stessi ostacoli che hanno incontrato a scuola, vivono un secondo, e non meno pericoloso, rischio di esclusione, circostanza che rende ancora più

impellente l’individuazione e la messa in opera di soluzioni inclusive. In estrema sintesi interessa evidenziare che, per poter garantire il diritto all’educazione

dei tanti allievi con bisogni speciali, occorrono ausili particolari, sia hardware sia software, in grado di adeguarsi alle necessità del singolo portatore

di disabilità, compito, questo, che nelle scuole di oggi viene quasi sempre svolto dagli stessi insegnanti.

La capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e informazioni fruibili

anche per coloro che, a causa di disabilità, necessitano di tecnologie assistive e di configurazioni particolari, è definita «accessibilità». Per evitare fenomeni di

discriminazione, i documenti elettronici usati per l’insegnamento devono quindi essere accessibili. Ciò vale sia per i libri di testo sia per i software didattici,

intendendo per questi ultimi quei programmi applicativi informatici finalizzati all’apprendimento e caratterizzati normalmente da modalità interattive

con lo studente. È bene precisare che, come per le barriere architettoniche, l’eliminazione delle «barriere informatiche», se prevista in fase di progettazione, incide molto poco

sui costi di produzione dell’hardware e del software.

LA STRATEGIA DI INTERVENTO Il MIUR è stato sempre molto attento all’inserimento delle nuove Tecnologie

dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) e si è adoperato sin dai primi tempi per quella che si preannunciava come una vera e propria rivoluzione culturale.

In un alternarsi di Convegni di sensibilizzazione, di Corsi di formazione per docenti, di contributi agli Istituti che si dotavano di strumenti

informatici, il MIUR arrivò a sollecitare i grandi produttori a sconti e donazioni che integrassero i fondi pubblici a disposizione.

Poi cominciarono i Progetti mirati. Il primo piano nazionale dell’informatica nella scuola risale alla metà degli anni

Ottanta. Ed è facile immaginare i problemi di formazione di un corpo insegnante di circa un milione di individui. Se le competenze tecniche lasciavano

alquanto a desiderare, ci si accorse in compenso di poter disporre di un elemento positivo tutt’altro che secondario dovuto al fatto che la scuola italiana

si era sempre distinta nel contesto europeo per l’indirizzo privilegiato riservato a una cultura di tipo inclusivo. Scelta coraggiosa caratterizzata da un maggior

impegno finanziario e professionale che comunità più ricche della nostra hanno esitato ad affrontare.

Al riguardo dobbiamo ricordare, con una punta di soddisfazione, che questo principio si è imposto a livello internazionale solo nell’aprile 2007, quando le

Nazioni Unite hanno rilasciato la «Convenzione sui diritti delle persone disabili », sottoscritta da 86 Paesi1, nella quale all’art. 24 si legge che «le persone

con disabilità devono aver accesso a una scuola, primaria e secondaria, inclusiva, di qualità e gratuita, su base di uguaglianza con le altre persone della comunità

in cui vivono». La risoluzione ONU ha dunque manifestamente riconosciuto la validità e la lungimiranza dell’impegno e della strategia della

scuola italiana. L’attenzione ai problemi che le nuove tecnologie ponevano alle categorie più deboli aveva già visto l’adozione della Legge n. 4 del 9 gennaio 2004, comu-

nemente indicata come Legge Stanca, che dichiarava esplicitamente nel titolo il suo obiettivo: «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli

strumenti informatici». Questa iniziativa, anch’essa riconosciuta come d’avanguardia a livello internazionale, ha creato i presupposti per ribadire ulteriormente

in ambito scolastico il principio dell’inclusione. Ci riferiamo al Decreto Ministeriale del 30 aprile 2008, emanato dal Ministro per le Riforme e le Innovazioni

nella Pubblica Amministrazione di concerto con il Ministro dell’Università e della Ricerca e il Ministro della Pubblica Istruzione, il cui titolo

recita «Regole tecniche disciplinanti l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi a favore degli alunni disabili». Il testo riflette un lungo lavoro coordinato dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

(CNIPA) che ha visto il contributo di tutti gli attori interessati (scuola, editori, associazioni di categoria, produttori di hardware e software, esperti di Rete e

di accessibilità, ecc.) e prevede che tutti i libri di testo siano forniti su supporto digitale con relativo programma di lettura e istruzioni d’uso.

In altre parole, e con la dovuta attenzione al rispetto del diritto d’autore, si profila un futuro nel quale i libri di testo adottati nelle scuole dovranno essere

obbligatoriamente accompagnati dalla versione elettronica accessibile, con ovvi vantaggi anche per i normodotati. Si ripresenta quindi, in un dominio più specialistico,

un fenomeno già riscontrato con la Legge Stanca che, con il dichiarato intento di garantire l’accessibilità dei servizi pubblici offerti in Rete ai

disabili, ha dettato di fatto regole che hanno reso più fruibili per tutti i cittadini gli stessi servizi. Qualcosa di simile è accaduto quando, prescrivendo gli

scivoli ai marciapiedi per evitare lo scalino alle carrozzelle dei disabili motori, ne hanno tratto vantaggio anche la massaia con il carrello della spesa o la

mamma col passeggino del bimbo. Oggi, con il massiccio piano di inserimento delle lavagne elettroniche multimediali

(LIM), strumento molto più coinvolgente e totalizzante, il rischio di discriminazione degli studenti con disabilità aumenta in quanto vengono esaltate

le possibilità di integrazione tra l’informatica e la didattica; se si aumenta la qualità e la quantità di informazioni trasmesse dal docente, l’allievo che restasse

escluso perderebbe molto di più. Riemerge, anche in questa occasione, l’importanza della formazione dei docenti,

che ridiventa oggetto di particolare impegno al fine di evitare i rischi di una applicazione formale e quindi inefficace delle leggi. A livello di Governo

e di Ministero sembra essere ben chiaro che l’accessibilità è in primo luogo un problema di cultura. Non a caso, nell’articolo 8 della Legge Stanca è previsto che nei corsi organizzati per pubblici dipendenti dalla Scuola Superiore della

Pubblica Amministrazione e dalle Pubbliche Amministrazioni in genere, vengano inserite tra le materie di studio a carattere fondamentale le problematiche

dell’accessibilità.

I REQUISITI DI ACCESSIBILITÀ Occorre ricordare che i requisiti tecnici per l’accessibilità degli applicativi erano

già stati definiti nel Decreto Ministeriale M.I.T. 8 luglio 2005 (l’allegato D ne elencava undici). Si aggiunga che la personalizzazione della didattica, diretta conseguenza della strategia inclusiva della nostra scuola, richiede strumenti

molto flessibili, perché devono essere adattabili alle particolari esigenze del singolo alunno in modo da coinvolgerlo al massimo nelle attività della classe anche

quando ci si attende da lui un risultato diverso. Ciò premesso, in termini generali un software accessibile deve comprendere le

seguenti caratteristiche: 1. le operazioni devono essere le più semplici possibili e tendenzialmente uniformi;

si deve cioè tendere alla standardizzazione dei comandi, persino nella loro localizzazione sullo schermo, evitando all’utente ingiustificati vincoli e disagi;

2. il contenuto, la presentazione e le modalità di funzionamento delle interfacce devono essere separati e deve essere prevista la possibilità di rendere disponibile

quanto richiesto (output) attraverso diversi canali sensoriali; i contenuti devono essere adattabili alle tecnologie assistive;

3. le azioni (input) che l’utente deve compiere per soddisfare il suo bisogno di informazione devono essere possibili anche modificando il dispositivo di accesso.

Per avere una prima dimensione dello stato dell’arte basterà ricordare che, già sulla base di questi soli principi di massima, un’indagine condotta dal Gruppo

di Lavoro Interregionale fra i Centri ausili informatici ed elettronici per la disabilità (GLIC), in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie Didattiche

del CNR, ha evidenziato numerose carenze in termini di accessibilità da parte dei software didattici attualmente in circolazione in Italia.

Ai precedenti concetti di carattere generale, affinché un testo elettronico, ovvero un libro in formato digitale, risulti accessibile, devono aggiungersi altre peculiarità.

Il testo, che deve poter essere letto mediante tecnologie assistive quali, per esempio, sensori o altre periferiche speciali, per consentire una corretta lettura, deve

riflettere la struttura logica del testo originale e deve essere accompagnato da un indice navigabile che indirizzi direttamente l’utente ai contenuti correlati

(capitoli, paragrafi, tavole tematiche, ecc.). Le note esplicative a fondo pagina e i riquadri di approfondimento devono essere

ricollegabili al testo principale tramite link, e inoltre in ogni momento si deve poter tornare all’indice tramite collegamenti ipertestuali.

Gli elementi del testo (colore del carattere e dello sfondo, contrasti, dimensioni del carattere, dell’interspazio e della riga, ecc.) così come i comandi di

scorrimento e del menu devono poter essere modificabili e personalizzabili a seconda delle necessità dell’utilizzatore. L’ingrandimento dei caratteri deve prevedere

la riorganizzazione della pagina in modo da evitare lo scorrimento orizzontale della finestra per poter leggere l’intera riga.

Le illustrazioni e le rappresentazioni grafiche, se contengono elementi di informazione ineludibili, devono essere accompagnate da apposite didascalie biunivocamente

collegabili; i contenuti non testuali devono avere alternative testuali (per esempio, sottotitoli).

Nelle applicazioni che prevedono un tempo prefissato per lo svolgimento delle attività, cosa che càpita nella consultazione di un testo ma ancor più frequentemente

nell’esame degli esercizi proposti dai software didattici, il parametro temporale deve poter essere adattato alle necessità dell’allievo; analogamente,

se vengono presentati elementi in movimento, deve essere prevista la regolazione della velocità.

I soggetti con diagnosi di autismo possono manifestare reazioni avversive in presenza di giudizi espressi dal programma di software didattico sulle risposte richieste all’allievo; di conseguenza l’insegnante deve poter personalizzare il

percorso didattico e, più in generale, deve poter dosare il livello di difficoltà in funzione del contesto in cui opera. L’obiettivo consiste nel porre, durante la fase

di apprendimento, l’allievo disabile nelle condizioni più simili possibili a quelle dei suoi compagni di classe.

I principi fin qui esposti trovano riscontro nel già citato D.M. 30 aprile 2008 (Allegati A e B), al quale sono state mosse delle obiezioni, non riguardanti però i requisiti di accessibilità. Molti hanno fatto notare che definire come

realizzare un libro elettronico non comporta l’obbligo di realizzarlo. Gli interessati più attenti temono cioè che la norma non sia sufficientemente chiara

nel prescrivere che i libri di testo adottati nelle scuole debbano essere obbligatoriamente disponibili in versione elettronica; temono che qualcuno potrebbe

interpretare, in barba ai principi di inclusione, che solo se un libro di testo cartaceo viene traslato in versione digitale, quest’ultima debba essere accessibile.

Verrebbe in tal modo eluso l’obiettivo primo della legge, che si propone di garantire agli studenti disabili libri e strumenti didattici adeguati,

ovvero accessibili. La diatriba non è pura schermaglia teorica, ma preannuncia quello che per i testi scolastici è al momento un reale problema. Il tradizionale processo di

stampa si è consolidato nel tempo con software di difficile conversione ai formati accessibili richiesti dagli allievi disabili e dalle norme. In altre parole gli

editori dispongono oggi di formati elettronici non direttamente utilizzabili per

la produzione di e-book accessibili. L’inconveniente è superabile tecnicamente, ma ha dei riflessi economici per via dei costi di conversione ed è complicato dai

timori di un più difficile controllo sui diritti d’autore derivante da un uso generalizzato degli e-book, anche se limitato al solo ambiente scolastico.

Mentre il Ministero medita su come sciogliere questo nodo, consentiamoci un breve cenno alle ultime novità del settore.

Abbiamo visto che l’e-book è un libro digitale che può essere installato sul proprio PC e di qui ascoltato grazie a una sintesi vocale. Poiché molte sintesi vocali di ultima generazione consentono di salvare il testo come un comune file

audio (tecnicamente: formato MP3), ne deriva che l’ascolto del libro può concretizzarsi non più necessariamente attraverso il PC ma anche attraverso lettori

come l’iPod e i telefonini di più recente commercializzazione. Grazie a un semplice auricolare sarà così possibile, per diverse tipologie di disabilità, leggere

un testo in treno o al mare. Tra le tante iniziative interessanti merita una segnalazione la biblioteca digitale

«Alessandro Venuti» dell’Associazione Italiana Dislessia. Questa ha stipulato un accordo con le principali case editrici di testi scolastici in base al quale gli

studenti con diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento, purché abbiano già acquistato il libro in versione cartacea, possono richiedere la versione

digitale su cui studiare. E già si sta lavorando perché questo servizio possa essere reso scaricando direttamente

il testo dalla Rete, rendendo così più rapida la disponibilità dei testi. Da segnalare infine che, a seguito del Bando «Nuove tecnologie e disabilità»

promosso dal MIUR, sono stati finanziati alcuni progetti innovativi che interessano proprio la lettura di testi elettronici.

12. L’accesso ai documenti matematici e scientifici: nuove tecnologie per alunni ciechi, ipovedenti e con disabilità motoria

Gli alunni ciechi, ipovedenti o con disabilità motoria usano abitualmente il computer per svolgere molte attività scolastiche, considerandolo uno strumento

utile ed efficiente. I vantaggi sono indubbi quando si svolgono normali attività di scrittura e

lettura su documenti di tipo testuale: stendere un tema, una relazione o un riassunto usando un computer è un’operazione relativamente semplice, spesso

assai più efficiente e veloce rispetto ai sistemi tradizionali (per esempio, il Braille per il cieco o la scrittura ingrandita, con uno spesso pennarello, per

un ipovedente). Per un disabile motorio la scrittura con il computer, eventualmente attraverso particolari tecnologie di supporto, è spesso l’unico modo

possibile di produrre un testo in modo autonomo, senza doversi limitare a dettarlo a qualcuno. Sono proprio questi ragazzi, esperti e convinti utilizzatori delle nuove tecnologie,

che si confrontano presto con un ostacolo particolare: la scrittura del testo matematico (ma anche, soprattutto per i ciechi, la sua lettura).

A scuola non basta certo scrivere le espressioni, ma bisogna anche poterle manipolare per risolvere un’equazione, calcolare un’espressione, dimostrare un teorema, ecc.

Fare questo usando solo la tastiera del computer è complicato per tutti, certamente molto di più che eseguire le stesse operazioni con carta e penna. Pensiamo,

per esempio, a quanti calcoli o semplificazioni si possono eseguire rapidamente su carta con pochi tratti di penna, mentre al computer le stesse

operazioni richiedono una serie di complessi passaggi. In questa esposizione si analizzano i problemi legati ai vari tipi di disabilità descrivendo

alcuni prodotti e soluzioni che possono aiutare a superare, o ridurre, le difficoltà di accesso alla matematica in ambito scolastico.

MATEMATICA PER ALUNNI CIECHI Il computer è oggi assai diffuso tra gli studenti ciechi, che sempre più ne apprezzano

i vantaggi (velocità, efficienza, accesso a una mole di documenti praticamente illimitata), ma nel campo della matematica, a causa delle sua

complessa simbologia e della scrittura non lineare, i benefici sono più incerti. Per chi non vede, scrivere matematica al computer è un’operazione certamente

possibile, ma che comporta una serie di difficoltà che vanno adeguatamente considerate, soprattutto con i ragazzini più piccoli.

Le periferiche per ciechi, Braille e vocali, sono in grado di leggere solo testi lineari, con semplice successione di caratteri, ma il documento matematico usa

una serie di simboli assai più ampia e attribuisce significato anche alla loro posizione e dimensione relativa (frazioni con numeratore e denominatore, esponenti

delle potenze, indici di radici, ecc.). Innanzitutto, quindi, è necessario rendere lineare la formula matematica, ossia

trasformarla in una sequenza di caratteri, tutti della stessa dimensione e appartenenti a un insieme noto.

Non è un’operazione complessa ma richiede un adattamento del codice di scrittura: ossia, mentre nelle altre discipline l’alunno cieco produce con il computer documenti sostanzialmente identici a quelli dei compagni, non è così per

la matematica. Negli ultimi anni sono stati sviluppati in Italia due prodotti specifici per la

matematica destinati agli studenti ciechi (LAMBDA e BrailleMath) che hanno reso effettivamente possibile e conveniente la gestione della matematica con il

PC. Tra l’altro, come vedremo, essi sono stati sviluppati usando strategie differenti ma complementari, per cui nell’insieme possono dare risposta alle richieste

di utenti molto diversi per competenze, esigenze e modalità di lavoro.

Lambda Il sistema LAMBDA (acronimo di Linear Access to Mathematic for Braille

Device and Audio-synthesis - Accesso lineare alla matematica per periferiche Braille e sintesi vocale) è stato sviluppato in Italia nel quadro di un progetto di

ricerca europeo conclusosi nel 2006, al quale ha partecipato come partner anche l’Ufficio Scolastico Provinciale di Vicenza.

È basato su un codice matematico, consultabile in Braille a 8 punti e in voce, e su un editor, ossia su un programma di gestione appositamente realizzato per

rendere più immediata la comprensione delle formule (anche se lineari) e più facile la loro gestione per i non vedenti.

Il codice è una derivazione diretta del MathML1, costruito per l’uso ottimale

con le periferiche Braille e la sintesi vocale, convertibile automaticamente in tempo reale, senza possibilità di equivoci, in una versione equivalente MathML e, da esso, nei più comuni formati di scrittura matematica (LaTeX, MathType,

Mathematica, ecc.), sia in ingresso sia in uscita. L’editor consente la scrittura e la manipolazione di espressioni matematiche in

modo lineare, facilitando innanzitutto l’inserimento e il riconoscimento di simboli particolari, non presenti in tastiera, e aiutando la comprensione della struttura delle espressioni. Si offrono poi diverse funzioni compensative, ossia

aiuti forniti all’utente per ridurre le difficoltà di comprensione e gestione legate alla necessità di usare un codice lineare per la gestione delle formule e di consultare

i testi per mezzo di periferiche alternative, tattili o vocali. L’editor di Lambda ha un’organizzazione molto simile a quella dei più comuni

programmi di gestione testo. Tutte le operazioni più frequenti, per esempio, aprire un file, salvarlo, selezionare

una porzione di testo, correggere, copiare, cancellare, incollare, ecc., si eseguono secondo le modalità standard di Windows e non presentano pertanto

problemi di addestramento o adattamento. Nella gestione degli elementi matematici e, soprattutto, delle strutture, l’ambiente Lambda offre molti strumenti in più per la scrittura, l’analisi e

la manipolazione. Questo editor non è, infatti, solo un sistema per registrare una sequenza di caratteri,

come per un normale elaboratore di testi, ma è in grado anche di riconoscere i blocchi che costituiscono la struttura logica e gerarchica del testo. In

un’espressione matematica possiamo avere una radice quadrata che comprende una frazione che ha per numeratore e denominatore dei polinomi racchiusi da

parentesi, ecc. Tutte queste informazioni vengono fornite visivamente dalla forma degli operatori, ma anche dalla loro dimensione e posizione: il simbolo

della radice quadrata, per esempio, definisce l’operazione da compiere, la radice appunto, ma anche il numero o l’espressione su cui va eseguita, ossia l’operando.

Per questo nel codice lineare molte operazioni devono essere racchiuse tra marcatori, cioè simboli che determinano un blocco (inizio e fine). Con bloc- chi ben definiti l’editor di Lambda può fornire tutta una serie di strumenti di

supporto: per esempio, dei comandi per selezionare (e quindi cancellare copiare, spostare, ecc.) un intero blocco, per passare da un marcatore a quello

collegato, per cancellare con una sola operazione tutti i marcatori di un blocco (utile, per esempio, per semplificare un’espressione senza rischiare di lasciare

marcatori inutili), ecc. LAMBDA è destinato a studenti che usano il computer senza difficoltà, e non

temono di dover apprendere nuovi comandi e procedure, nonché qualche nuovo simbolo a 8 punti.

Per informazioni su LAMBDA: www.lambdaproject.org

BrailleMath BrailleMath è un programma di gestione matematica per non vedenti sviluppato

dal CISAD, il centro di supporto alle tecnologie per ciechi in ambito didattico ospitato presso l’Istituto dei Ciechi Cavazza di Bologna (www.cisad.it).

Con questo ambiente la matematica si scrive seguendo il codice Braille a 6 punti secondo la codifica ufficiale italiana, lo stesso che si usa per i libri stampati.

Anche la digitazione è basata sul Braille tradizionale: la periferica di input prevista è la tastiera Braille a 6+1 tasti, simile a una dattilobraille, con la quale

quindi non si inseriscono caratteri alfanumerici, ma combinazioni di punti Braille. Sullo schermo appaiono caratteri Braille, con i puntini, ma è possibile visualizzare la formula anche in modo normale per i vedenti, in modalità sia

lineare sia grafica. In pratica si tratta di un ambiente di lavoro intermedio tra una dattilobraille

meccanica e un computer: il sistema di lavoro è simile a quello della dattilobraille, ma è possibile salvare, correggere, elaborare il testo con le funzioni tipiche

di un computer. BrailleMath è consigliato per utenti che non hanno elevate competenze informatiche

e per i quali è pertanto preferibile un ambiente molto simile a quello tradizionale, in particolare per quanto riguarda il codice e la digitazione.

Coloro che hanno acquisito una buona competenza nell’uso del computer vivono come eccessivamente penalizzante questa modalità d’uso. La digitazione

attraverso le tastiera Braille è assai più lenta che usando la tastiera del PC e le formule risultanti assai più lunghe (mediamente del 50%) e quindi più complesse

da gestire. Da osservare che in ogni caso, qualunque sia il programma scelto, l’uso del

computer per svolgere le esercitazioni matematiche richiede una familiarità con il mezzo assai maggiore di quella necessaria nel trattamento di brani letterari.

A differenza della dattilobraille, con il computer si può controllare solo una riga alla volta ed è possibile la scansione verticale solo con procedure particolari e, per questo, è in genere da sconsigliare l’uso del computer per lo svolgimento

di operazioni nella scuola primaria. Del resto, per i più piccoli il problema della notazione matematica è in genere secondario rispetto alla necessità

di sviluppare adeguati processi cognitivi senza il supporto dell’esperienza visiva. E in questo campo il computer non può essere d’aiuto.

MATEMATICA PER ALUNNI CON DISABILITÀ MOTORIA

Esistono diversi editor matematici, sia commerciali sia gratuiti, ma non è facile trovare un prodotto veramente adatto alle esigenze di chi si muove con

difficoltà sulla tastiera o deve usare sistemi di accesso alternativi. Innanzitutto perché questi programmi sono tutti piuttosto complicati da gestire

e richiedono spesso un controllo sicuro del mouse. Poi, e forse è questa la caratteristica più limitante, perché il loro scopo è quello

di scrivere delle formule, non di elaborarle e modificarle come devono fare, invece, i ragazzi a scuola.

Per la scuola primaria sono utili i programmi che offrono una griglia sulla quale si può scrivere come su un foglio a quadretti; la soluzione è ottima per posizionare

i numeri in colonna ed eseguire le quattro operazioni. Alcuni hanno anche un sistema per la scrittura a scansione e aiutano a collocare facilmente il cursore

per cambiare colonna, inserire un riporto, eseguire una divisione o altro. Un ottimo programma di questo tipo è Quaderno a quadretti sviluppato da

Ivana Sacchi, un prodotto di libero utilizzo prelevabile al sito www.ivana.it (Figura 2). Come altri programmi di Ivana, è stato pensato per l’uso generalizzato

in classe con tutti i bambini ma, grazie alla particolare attenzione ai temi dell’accessibilità e all’elevata personalizzazione, è utilizzabile facilmente anche da

coloro che hanno problemi motori o visivi. I programmi con griglia sono però piuttosto rigidi poiché i simboli possono essere

inseriti solo dentro le singole celle e a un certo punto questo vincolo diventa inaccettabile. Anche solo scrivere una semplice somma di frazioni come

–1– + –1– = 1 2 2 non è più possibile. Una prima soluzione la troviamo tra i prodotti commerciali, come XL-Book

della ditta Auxilia (www.auxilia.it), specifico per alunni con disabilità, che conserva la struttura a quadretti ma riesce a inserirvi i più comuni elementi matematici

usati almeno nella secondaria di primo grado Ma possiamo anche valutare la possibilità di passare a programmi specifici, in grado di scrivere liberamente qualsiasi testo matematico. Ovviamente devono però essere adatti al nostro scopo, e quindi non solo accessibili, ma veramente

amichevoli e fruibili per le attività scolastiche. Tra i più noti editor matematici c’è Microsoft Equation Editor, incluso normalmente

nel programma Word di Office, ma si tratta di un prodotto poco adatto per il nostro scopo: è, infatti, un prodotto piuttosto rigido, poco personalizzabile

e in genere di difficile uso a scuola. Una completa gestione senza mouse, per esempio, non è possibile, anche se fortunatamente per i comandi più frequenti

esistono dei tasti di scelta rapida. Assai più potente è MathType, che non è altro che la versione completa del programma

offerto in dotazione con Word (o meglio: Equation Editor è la versione ridotta, o lite, di MathType).

MathType dispone di una ricca serie di comandi di scelta rapida che possono anche essere modificati e personalizzati Molto importanti sono i comandi di selezione e

spostamento, che consentono di intervenire attivamente sulle singole parti dell’espressione sia con modifiche

dirette sia con operazioni di taglia-copia-incolla. Può essere utile un breve inciso sulle strategie usate per risolvere espressioni

matematiche al computer. Quando si lavora con carta e penna si procede ricopiando l’espressione e modificandola di volta in volta inserendo elaborazioni e

calcoli parziali, finché non si arriva al risultato finale. Ovviamente questo sistema può essere usato anche al computer (tranne per i ciechi, che non possono contemporaneamente leggere una riga e scrivere su

un’altra), ma molti utenti preferiscono prima copiare e incollare la riga dell’espressione su cui si sta lavorando e poi modificare la parte copiata inserendo i

calcoli parziali. Questa strategia può ridurre, anche sensibilmente, i tempi di lavoro, ma richiede maggiori competenze operative nonché efficienti strumenti

per la selezione e lo spostamento dei blocchi. Oltre a MathType ci sono anche altri programmi che offrono discrete possibilità

di accesso e buona fruibilità; alcuni utenti con disabilità motoria usano con successo StudyWorks, la cui versione italiana è distribuita dalla System

con il nome 10&Lode Matematica. Un editor matematico gratuito abbastanza accessibile è Infty Editor, che si gestisce

bene via tastiera (Figura 5). Punti deboli sono l’assenza di funzioni di zoom e, in generale, la scarsa attenzione per chi ha problemi di vista. Il progetto

Infty ha prodotto anche l’OCR per testi matematici a cui si è accennato sopra parlando del progetto Infty Braille.

Altro programma gratuito molto interessante è Equation Magic (www.micropress-

inc.com. Figura 6). Pur non essendo un prodotto per la disabilità, offre strumenti molto interessanti,

tra cui la possibilità di costruire macro per memorizzare le operazioni complesse che vanno ripetute spesso. Anche i tasti di scelta rapida sono ampiamente

personalizzabili. Si possono aumentare i caratteri delle formule, ma non c’è uno zoom per un

ingrandimento veloce. La disponibilità dei comandi da tastiera rende possibile l’uso senza mouse di

questi programmi, ma le procedure da compiere rimangono comunque complesse e laboriose per chi non può usare bene le mani. Per inserire la maschera

di una radice ennesima, per esempio, in Math Type si deve digitare Ctrl + T, N (quindi tre tasti, i primi due contemporaneamente, il terzo in successione), e questo è molto complicato per chi ha problemi motori, anche usando i tasti

permanenti di Accesso Facilitato. Un aiuto interessante può essere ottenuto via hardware, usando tastiere programmabili.

Un’ottima soluzione si è rivelata la tastiera per videogiochi G11 della Logitech (Figura 7). Si tratta di un prodotto di consumo, che presenta quindi costi molto

contenuti rispetto al mercato degli ausili per disabili (è in vendita nei negozi di videogiochi a circa 70 euro).

La tastiera G11 ha sulla sinistra 18 tasti aggiuntivi che possono essere liberamente personalizzati associando a essi uno o più comandi della tastiera, sia in

contemporanea sia in sequenza. Possono essere memorizzate tre serie diverse di pulsanti, da usare con un’unica applicazione, ma la configurazione può essere

salvata e recuperata, per cui le combinazioni possibili sono praticamente illimitate. Questi tasti aggiuntivi sono stati progettati per velocizzare l’inserimento

di comandi complessi nei videogiochi, ma vanno benissimo anche per il caso nostro: a ciascuno dei 18 tasti abbiamo associato un comando dell’editor matematico

(MathType in questo caso), che può quindi essere richiamato con la pressione diretta di un unico pulsante.

Con questa tastiera una studentessa delle superiori, in grado di usare solo un dito della mano sinistra, è riuscita ad acquistare velocemente una notevole autonomia

nella gestione dei compiti matematici. Anche la Microsoft ha prodotto recentemente una tastiera per videogiochi

adatta a questo impiego, chiamata X6 Sidewinder. Analoghi risultati si possono ottenere anche impostando opportunamente, con

un apposito overlay, una tavoletta a membrana configurabile o con una pulsantiera programmabile (per esempio Multikhy) usata in coppia con la tastiera

normale o eventualmente con il solo tastierino numerico. Poiché tutto si gestisce con una sequenza di comandi discreti, il sistema può

inoltre essere adattato, in caso di necessità, anche per l’uso con riconoscimento vocale. In certi casi la gestione di un editor matematico di tipo grafico risulta comunque

troppo complessa; sono molti gli spostamenti da compiere e, anche se non si usa il mouse, le procedure risultano troppo lunghe e faticose.

Un’alternativa, meno elegante ma a volte più funzionale, è quella di passare a un codice di tipo lineare, composto cioè di simboli tutti di dimensione

uguale, scritti su una stessa riga. Questa modalità di scrittura, come si comprende,

è assai più facile da gestire con la tastiera perché simile a un normaletesto sequenziale.

Per esempio, la formula √↓↓b⎯2⎯–⎯ 4⎯a⎯c

diventa √⎯ (b^2-4ac)

oppure, limitandoci ai soli caratteri presenti in tastiera RAD(b^2-4ac).

Con questa strategia i problemi di accessibilità sono ridotti, ma se ne presentano altri di tipo didattico: la formula è troppo diversa da quella dei compagni, il codice

lineare è assai più complicato, servono nuovi marcatori (come le parentesi nell’esempio) per non stravolgere il significato della formula e per evitare ambiguità.

Con alcuni utenti abbiamo sperimentato l’uso di LAMBDA, ossia di un sistema di scrittura lineare automaticamente convertibile in modalità grafica (ne

abbiamo parlato sopra). Da segnalare che, pur essendo nato per utenti ciechi si presta abbastanza bene a questo scopo perché sono stati resi davvero efficienti

l’inserimento e la gestione con la sola tastiera.

MATEMATICA PER ALUNNI IPOVEDENTI I problemi di input sono simili a quelli dei disabili motori: serve un prodotto che

possa essere gestito completamente e agevolmente via tastiera, non solo per scrivere le formule, ma anche per elaborarle e manipolarle. Indispensabile, quindi, è una

ricca gamma di tasti di scelta rapida, con il vantaggio, in questo caso, che di solito l’ipovedente non si spaventa di fronte a complesse combinazioni di tasti multipli. Ma in più, per l’ipovedente, c’è ovviamente l’esigenza di migliorare la leggibilità

della formula intervenendo, quando serve, non solo nell’ingrandimento, ma anche nella forma dei caratteri, nello spessore del tratto, nei colori, ecc.

C’è da considerare poi che ogni ingrandimento riduce la porzione visibile e limita quindi la possibilità di cogliere strutture e relazioni. Pensiamo, per esempio,

in algebra, alla necessità di individuare alcune parti per procedere a semplificazione, raccolta a fattore comune o altro. A differenza di un testo letterario,

che può essere consultato sempre in modo sequenziale, una parola dopo l’altra, in un documento matematico si integra una codifica analitica (simbolo

per simbolo) con una lettura globale, che esplora il testo in modo bidimensionale come fosse un’immagine. Se questo secondo approccio non è possibile,

come per i ciechi, l’utente deve costruirsi un’immagine mentale, ma questo è evidentemente assai più complesso.

Finché è possibile, con gli studenti ipovedenti è bene cercare di conservare entrambi gli approcci, ma per far questo servono ingrandimenti flessibili che con-

sentano di passare velocemente da una visione analitica a una globale, variando il fattore di ingrandimento.

Premesso che non esistono prodotti specifici per ipovedenti, tra quelli commerciali i risultati migliori si hanno in genere con MathType (Figura 8), che

offre molte funzioni di personalizzazione per quanto riguarda la visualizzazione e uno zoom abbastanza efficiente anche se limitato a 3 fattori: ingrandimento

per 2, per 4 e per 8 (ovviamente lo zoom si cambia velocemente anche con tasti di scelta rapida).

Tra i punti deboli di MathType c’è purtroppo un’insufficiente (in molti casi) visualizzazione dei cursori, che rende difficile l’uso del programma per gli ipovedenti

(per cursore intendiamo la sottile barra che indica il punto dove si sta scrivendo).

MathType (come anche Equation Magic) fa uso di due cursori per l’editazione, uno verticale che indica il punto di immissione e uno orizzontale che indica il

blocco su cui si sta agendo. Entrambi sono fondamentali per la manipolazione del testo matematico.

Tra le personalizzazioni di MathType c’è anche la possibilità di aumentare lo spessore del cursore (peccato non si possa cambiare il colore), ma per un utente

con serie difficoltà di vista ciò non è purtroppo sufficiente e l’utente rischia di perdere il controllo dell’editazione o è costretto ad affaticare eccessivamente

gli occhi riducendo i tempi di attività. Anche per questi motivi, per gli ipovedenti la scelta di adottare un sistema

informatico per la matematica va attentamente ponderata, considerando tutte le variabili in gioco. In caso di ipovisione lieve, quando è possibile usare carta e penna conviene lasciar

perdere il computer perché i problemi sarebbero probabilmente assai più numerosi dei vantaggi. Se i problemi di vista sono molto gravi e l’ingrandimento consente solo di decodificare

pochi simboli alla volta, occorre considerare se non sia preferibile passare a un sistema per ciechi (come il LAMBDA) che fornisce maggiori strumenti

per la gestione analitica del testo e offre il supporto della sintesi vocale. È ovvio che in questo caso andrebbero completamente perse tutte le informazioni

di tipo globale, come visto prima, e occorrerà imparare a costruire l’immagine mentale della formula.

CONCLUSIONI

Grazie alle tecnologie informatiche e assistive, l’accesso ai documenti matematici per gli alunni con disabilità oggi non è più un ostacolo insormontabile.

Rimangono purtroppo un problema i contenuti grafici associati alla disciplina: i disegni i geometria o i grafici nello studio delle funzioni, per esempio.

Per i ciechi, e in parte anche per gli ipovedenti, è un problema anche la loro fruizione, mentre per tutti è difficile, in certi casi impossibile, la loro produzione autonoma.

Per ora le tecnologie non sono ancora in grado di fornire soluzioni veramente idonee e l’approccio più efficace rimane quello didattico: insegnare e verificare le competenze co

altre strategie. Certamente didattico è il problema delle competenze informatiche che i ragazzi con disabilità

devono acquisire per poter usare in modo adeguato questi sistemi alternativi per l’approccio alle discipline matematico-scientifiche. È da

ribadire, quindi, che queste competenze compensative devono prevedere sempre per gli alunni con queste disabilità degli obiettivi anticipati o più elevati rispetto ai compagni.

Spesso si pensa che il massimo traguardo auspicabile per gli alunni con disabilità sia il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla classe.

Può essere così in generale, ma non per le competenze che hanno un ruolo compensativo, come quelle informatiche: qui essi hanno esigenze che i compagni non hanno e per riuscire a fare quello

che fanno gli altri devono diventare molto, ma molto più bravi di loro.