IncastRIMEtrici Vol.3 - a cura di Marco Borroni- intervista a Christian Sinicco.

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Christian Sinicco, fra gli animatori del "Trieste International Slam", intervistato da Marco Borroni.In appendice la poesia "La nave", in lingua triestina.http://www.ibs.it/code/9788876954955/incastrimetrici-vol-3.html

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CHRISTIAN SINICCO

Ed eccoci in compagnia di Christian Sinicco!

Infaticabile sostenitore del fare poetico contemporaneo,riunisce attorno al Trieste International Slam un numeroelevato di personaggi nazionali ed internazionali accumu-nati dalla stessa energia e passione alla causa.Christian, ci spieghi meglio come è nata e si è sviluppataquesta attività?

Nel 1999 abbiamo dato i natali a Gli Ammutinati (ammuti-

nati.wordpress.com), supportati dal critico Cristina Benussi.Nella capitale economica delle Assicurazioni Generali, ilnome del nostro gruppo non era così rassicurante, soprat-tutto per i tromboni della poesia e cultura cittadina, quelliche leggono poco, che dicono di saper molto, che si riuni-scono per leggere in modo pessimo poesie noiosissime ditrito e ritrito intimismo. Alle prime letture del gruppo al

Caffè San Marco c’erano di media un centinaio di persone:noi distribuivamo le poesie, quelle che avremmo letto, e ilreading era una performance dall’inizio alla fine.Il poeta più interessante, per come la vivo io, è MatteoDanieli, quasi sconosciuto: con Furio Pillan e il gruppo rockBaby Gelido è stato al festival AbsolutePoetry aMonfalcone e a PoesiaPresente a Monza. Danieli ha vintoGli Internazionali di Trieste – come Lello Voce ha rinomina-

to lo slam triestino – e oramai da anni, con me e GiuseppeNava, li organizza. Un altro poeta di interesse è Luigi Nacci,la cui poesia corre il rischio di adagiarsi su pratiche accu-mulatorie, anche se proprio grazie a questo è di facileimpatto ed è stato in grado di vincere numerosi slam.Il criterio di vittorie in Italia mi pare soprattutto la leggibili-

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tà unita al ritmo, se pensiamo a Petrosino e Sandron; difacile consumo è anche una narratività che rischia di sfo-

ciare nel cabaret.È interessante notare che i migliori performer hanno diffi-coltà a vincere gli slam: sono due ambiti diversi. Da alcunianni lavoriamo per fornire all’ascoltatore dello slam triesti-no percorsi differenti del fare poesia, a partire dai tre poetistranieri: ad esempio, quest’anno, abbiamo presentato ilcampione ceco di Poetry Slam Jan Jilek, la cui poesia mime-tizza la società con una forte carica ironica, l’olandese Erik

Lindner e lo sloveno Jure Vuga, poeti lirici, il cui lavoro sul-l’oralità è notevole.Per rispondere seriamente a chi si compiace di una giuriatecnica, modello cetona, abbiamo adottato un metodo divotazione volto ad estremizzare le scelte della giuria popo-lare nelle due manche iniziali, con sei giurati cambiati traprima e seconda manche, i cui voti (1 = non mi piace, 2 =mi piace, 5 = mi piace molto) si andavano semplicemente

a sommare; nella manche iniziale abbiamo estratto l’ordinedi partenza dei poeti, mentre nella seconda partiva perprimo il poeta più votato nella prima, e via via gli altrisecondo punteggio.Abbiamo adottato questa formula per equilibrare il proble-ma dell’estrazione della prima manche, poiché sappiamoche la giuria dà voti bassi ai primi poeti in lettura, che sia

tecnica o popolare. Terminate le due manche iniziali, lesemifinali: tra i poeti con più punti tra le due manche, tra il1° e il 4° e tra il 2° e il 3°, ma con votazione a semplicealzata di mano del pubblico al termine delle letture; in fina-le, lo stesso metodo di votazione delle semifinali.Se andiamo a vedere i punteggi delle due manche – tran-ne Sandron che si era impadronito del pubblico – quasitutti i poeti hanno avuto una buona manche e se la sono

 giocata, dico la semifinale... vuol dire che, con i dovutiaccorgimenti, le preferenze di una giuria, non preferisconouna  formatività specifica, semplicemente rispondono allemigliori interpretazioni, anche perché in un contesto comequello di Trieste, con due selezioni aperte, le wild card cheprovengono dagli altri slam convenzionati, P.O.P.S., Friul

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Poetry Slam e, da quest’anno, probabilmente il supervinci-tore dei Murazzi, il livello di poesia dei partecipanti non

può che essere alto.L’importante è non far giocare le giurie con i decimali, madare loro la possibilità di scegliere veramente. Di conse-guenza le gare modello cetona, come abbiamo definito lecompetizioni affidate al giudizio di esperti , ci fanno sorri-dere: non sono aperte, non hanno più orecchio di una giu-ria popolare e di un pubblico che interagisce all’interno diun format consolidato.

Grazie a  slam e  performance, la poesia italiana oggi èmigliore – i critici che vorrebbero separare le esperienze tra scrittura e possibilità interpretative, sono fuori dalla storiae consegneranno ai lettori o agli ascoltatori le composizio-ni di poeti mediocri; rimarrà insoluto il rapporto con il pub-blico.Il Trieste International Poetry Slam, oltre ad essere lo slaminternazionale più antico sopravvissuto in Italia, è il nostro

osservatorio sulle giovani generazioni; è stato inseritoall’interno di Trieste Poesia (www.triestepoesia.org), che cipermette di ottenere contatti con i poeti stranieri più facil-mente. Le ultime due edizioni dello slam sono state vinteda poeti giovani e già importanti, come Alfonso MariaPetrosino e Giacomo Sandron; i vincitori che non ho men-zionato: la napoletana Maria Valente, il rumeno Viorel

Boldis, il friulano Maurizio Benedetti e il sottoscritto. Lacosa bella di Trieste è che se vinci, fai parte del comitatoorganizzatore, ma non puoi più competere – Rilke nelleElegie ha scritto una volta soltanto!L’altra persona che ha scritto su Gli Ammutinati è GiampieroNeri: in una lettera che conservo gelosamente ci ha defi-niti la  Scuola di Trieste. Nonostante la scontrosa grazia,qui si fa un duro lavoro di lettura, che non fa di certo pia-

cere a quelli che curano parziali antologie e fanno dimestiere i critici. In archivio abbiamo la maggior partedei libri, delle antologie e dei progetti di ricerca sullapoesia dei nati negli anni ‘70 e ‘80, tra cui ancheincastRIMEtrici ; per le esperienze che alcuni di noi hannoavuto nei blog o con le riviste, abbiamo visionato la mag-

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gior parte dei libri dei dialettali, nati dagli anni ‘50 adoggi. L’aggiornamento continuo, sulla base di ciò che

riceviamo e ricerchiamo, è dunque un’altra delle nostreattività.La mediocrità con cui vengono affrontate le antologizza-zioni è imbarazzante, e la colpa è delle precedenti genera-zioni, ma anche di frammenti della nostra, che può vanta-re critici che contano i poeti sulle dita e i cui vuoti sono visi-bili anche sui giornali nazionali, uniti a meravigliosi lecca-piedi, voltagabbana di rara bellezza e gruppi sperimentali,

che per giustificare la loro scrittura sono passati dall’adora-zione per la poesia fredda al neo-oggettivismo.La nostra generazione, come scrive Tiziano Fratus, deverisolvere un unico problema: il patto con il pubblico, con ilettori e gli ascoltatori della poesia.Mi sembra che l’ora di gustare semifreddi, anche per i cri-tici, sia ampiamente passata.

Allargando la prospettiva al di fuori di questo contesto spe-cifico che ci hai appena descritto, come vedi le sorti delPoetry Slam in Italia?Personalmente sto assistendo ad un discreto proliferare diiniziative legate a tale pratica, anche se da più parti vi è uncostante richiamo alla effettiva qualità poetica che ne affio-ra.Qual è la tua opinione in proposito?

Lo Slam serve a rinsaldare il rapporto con il pubblico, che èil destinatario dell’iniziativa.Tutti i poeti dovrebbero provarci, osservando quali effettiproduce l’esecuzione.Il gioco è utile, lo sanno anche le giovani lontre nei fiumi,come spiegano gli etologi. I migliori giocatori, nello Slam,

hanno una discreta possibilità di fare grande poesia.I libricini della collana giovane di Mondadori non hanno lastessa probabilità di fare poesia, né di interessare il pubbli-co. Metti a confronto i libri autoprodotti dai poeti che vin-cono gli Slam e quelli delle major: al 90% la poesia più con-vincente sta dalla parte degli slammer .

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Tuttavia non possiamo dimenticare che la poesia è unaspetto della realtà, più grande di qualsiasi gioco.

Di conseguenza, il mio consiglio è di leggere tutto il possi-bile, incontrare altre persone che scrivono, discutere, e allafine confrontarsi con il pubblico seguendo le motivazioniemerse in questi dibattiti.Con Max Ponte, che cura il Murazzi Poetry Slam, stiamocercando di convenzionare più Slam possibili per dare vitaa una federazione, e questo avrà un effetto sulla qualità,per via dell’esperienza sulle formule, e le kermesse più

avviate ospiteranno i vincenti di quelle che entrano a farparte del circuito.

Un dato interessante che pare emergere con vigore – alme-no qui in Lombardia – è la sempre più frequente partecipa-zione ai Poetry Slam da parte di rapper.Sei d’accordo nel ritenere il rap il genere testuale-musicaleche più di altri meglio si adatta alle esigenze performative

del Poetry Slam?In fin dei conti, il rapper / l’improvvisatore di strada ha giànelle sue corde il fatto di potersi esibire declamando a cap-pella.. e quindi può facilmente rispettare una delle regolebasilari del Poetry Slam che è proprio l’assenza di strumen-ti musicali durante il contest.Questo è soltanto uno spunto, tu cosa ne pensi?

Il rap è leggibile e ritmico, è una delle possibili forme dellapoesia contemporanea e ha una buona probabilità di con-vincere pubblico e giuria popolare in uno Slam. Anche unascrittura più teatrale della poesia ha le stesse possibilità: seFranco Loi recitasse Teater , vincerebbe molti Slam.Non sono d’accordo nel ritenere il rap il genere che megliosi adatta al Poetry Slam, è una forzatura: il rap, come altre

 formatività, ha la possibilità di comprendere, non solo

attraversare, il concetto di poesia, ma osserva, quando scri-vo mi domando, la poesia sta accadendo, potrà accade-re?La questione non è il rap o il sonetto, la questione per ilpoeta è la poesia.

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La questione non può risolversi in ciò che si adatta.Scrivere o improvvisare parole non ha immediatamente il

significato di far accadere qualcosa in un’altra persona,qualcosa di forte.I come fare non sono facili da raggiungere, e nemmeno ilrisultato finale, indipendentemente dalla forma scelta: Luziha sdoganato la canzone di Fabrizio De André, la nostragenerazione ha sdoganato il rap, ma questo è il risultatodelle implicazioni di cui discuteva Bigongiari quando siinterrogava sulle metamorfosi della poesia e della meta-

morfosi del concetto di poesia.La critica è in ritardo di trenta-quaranta anni sui poeti.Non ha alcun senso operare entro i recinti di una criticanon evoluta.

Altro argomento che mi sta molto a cuore è l’attenzioneverso il dialetto.Nei miei 11 anni di ricerca ho ripetutamente cercato di far

capire ai lettori come per molti rapper l’attitudine verso laparlata vernacolare sia un connotato fondamentale.Con tale scelta, essi ribadiscono un codice linguistico chetestimoni la loro autenticità e il loro attaccamento alle ori-gini, oltre che un più idoneo adattamento del propriorepertorio alle ferree esigenze metriche della musica HipHop.Ebbene, mi pare che anche nell’attuale panorama poetico

italiano ci sia ancora chi si esprime in dialetto.Cosa puoi dirci a riguardo?

Con la rivista  Argo (www.argonline.it) abbiamo generatoun archivio poderoso, visibile dalle schede autore pubblica-te, trattando la maggior parte dei poeti che scrivono in lin-gue diverse dall’italiano, nati dagli anni ‘50 in poi. Il tuttosta sfociando nella pubblicazione de L’Italia a pezzi .

L’antologia sarà bipartita, regione per regione. Una parteriguarda le scritture quantitativamente e qualitativamentepiù mature, un’altra dedicata a poeti emergenti e giovanipoeti. Abbiamo cercato di generare un percorso di riflessio-ne sulle produzioni di poeti che potremmo definire maturi ,

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dando la possibilità al lettore e allo studioso di osservarel’orizzontalità della nostra ricerca.

Ciò che è emerso da un questionario che abbiamo distri-buito è la scarsa importanza che le regioni dedicano allacultura popolare, a cui i poeti rispondono con opere diassoluta grandezza che riflettono la condizione dell’uomonella nostra società, da Federico Tavan a Biagio Guerrera,per fare nomi di generazioni distanti tra loro.L’autenticità e l’attaccamento alle origini non sono sem-pre un valore nella formazione di un’opera: la riflessione

sulla lingua lo è, così come la riflessione filosofica e socio-logica, o le possibilità formative che si dà un poeta. La lin-gua subisce variazioni di continuo, di conseguenza di qualiorigini stiamo parlando? Quali origini se la cultura, quellacontadina, come poteva osservarla ancora Pasolini, è statadistrutta dalla massificazione? Più che attaccamento alleorigini, direi attaccamento alla propria condizione, ma lecondizioni in cui una persona vive sarebbero solo un punto

di partenza in un’opera letteraria. L’autenticità si dovrebbedare maggiormente nel campo delle relazioni umane, manon desidero occuparmi di moralità, piuttosto trovo che lapoesia che riflette su questioni etiche sia di grande impor-tanza, e sia un tentativo che corre grandi rischi.L’uso di una lingua diversa dall’italiano, di un dialetto, nonè un problema, ma una possibilità ulteriore. La massifica-

zione ha provocato un impoverimento culturale generale, acui gli uomini hanno la necessità di rispondere: la culturanon è solo il risultato dell’istruzione, ha più a che fare conl’aria che si respira. Invece di curare il nostro giardino, loabbiamo cementificato.Non a caso il Gruppo 93 ripartiva con il dialetto per la suasperimentazione, per rivivificare il rapporto con la realtà, sepensiamo al verso di Mariano Baino, jute pe’ ll’aria, sotten-

coppa, asciute d’asfardo c’’a capa (andate per aria, sot-tosopra, uscite dall’asfalto con la testa).

Iniziamo a tirare le prime conclusioni.La poesia orale in Italia (dai Poetry Slam alle Sfide in OttavaRima, dai contrasti letterari ai reading poetici) gode ancora

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di genuina energia o è destinata ad esaurirsi nel breveperiodo?

I fatti, riguardo il Poetry Slam, ci dicono che ha la suaimportanza, è consolidata e che il movimento ha prodottopoeti di qualità. Alcuni poeti della mia generazione hannocompreso l’importanza dello slam per rinsaldare il rappor-to con il pubblico; i poeti della generazione successivafaranno lo stesso e nasceranno altre organizzazioni. In que-sta fase abbiamo la possibilità di fornire esperienza edesempi, con grande serietà e passione.Riguardo le performance che ho avuto la fortuna di osser-vare, esse necessitano di uno sforzo di produzione maggio-re, e i poeti più importanti in tal senso sono Rosaria LoRusso, Mariangela Gualtieri e Dome Bulfaro: hanno qualitàespressive, di studio sulla voce e sul corpo, difficilmenteraggiungibili – ciò non toglie che anche le semplici letturedi Pagliarani fossero delle performance.

Sono dell’idea che la performance sia proprio il fare poesia.Il movimento si sta ampliando, il sentiero è un po’ tortuo-so, ma nulla che non si possa scalare; lavorare la poesianell’esecuzione è uno dei modi più importanti per osservar-ne il comportamento, per scoprire delle modifiche, pernutrirsi e fare esperienza della voce, del corpo e della scenadi queste parole, che non sono solo palco, perché si guar-dano nella società, si percepiscono come mondo, si cam-

biano interpretando le epoche.Infine, quanto secondo te le nuove tecnologie possonoapportare cambiamenti nel modo di intendere la poesia nelXXI secolo?Ad oggi, per esempio, si parla sempre più frequentementedi video-poesia, si possono apprezzare le performance divari artisti su canali altri e nuovi come Youtube, Facebook

etc. etc. Ne risente in positivo solo la più ampia visibilitàche un’opera può ottenere in un rapido lasso di tempo one risente anche la composizione stessa?

Le nuove tecnologie sono meravigliose. Il tutto incide sullapoesia, come è accaduto per l’invenzione della stampa:

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incide positivamente sulla reperibilità dell’informazione,sulla scelta del supporto su cui operare, sulle possibilità for-

mative durante la formazione dell’opera, ma ha ancheeffetti consci o inconsci sul modo di scrivere, come le tec-niche di accumulazione che mettono in discussione il ruolodella logica con l’effetto di impoverire la sintassi, perché sipensa che la ricombinazione o l’accumulazione di lacertibasti a generare poesia dall’effetto straniante, o che lamimesi dei processi informativi testimoni la realtà e questosia l’oggetto della poesia.

Disponiamo di strumenti in più solo per chi sa fare le addi-zioni?

Chiudiamo come si deve!Anche tu hai partecipato a diversi Poetry Slam.Ci lasci con un testo che solitamente ti piaceva proporredurante quelle gare o che comunque ben rappresenta iltuo stile?

Grazie, e a presto sempre sullo stesso “palco”.Sugli stili e sul palco, abbiamo discusso.Ti ringrazio di aver pensato a me e ti lascio con una poesiain dialetto triestino, sulla condizione dei lavoratori dell’ar-senale di Monfalcone, scritta per il primo poetry slam inter-nazionale di Absolute Poetry. Dopo aver riflettuto su alcu-ne testimonianze (soprattutto quella di Marilisa Trevisan,

che in dialetto bisiaco ha scritto una raccolta sulla mortedel padre a causa dell’amianto), sono andato all’arsenale,ho parlato con chi lavora sulle navi, per lo più immigrati delBangladesh, ma anche persone del Sud, o veneti che lavo-rano per ditte di pitturazione industriale. E forse l’amoreper la delicata parlata di Biagio Marin, anche se il triestinoha un abito più duro.

(Gennaio 2013)

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LA NAVE

sul canal la ga lassada:

bianca, piturada col mar dei tuoi oci.no i ricorda chi la ga tirada su, la iera a tochi.i operai missia fumo per darghe vento e le riodeleciapa a sberle, la fa scampar!“Nino, dove te ieri?” riva de zo sto pulisin e se spacai muscoli de vernise, le braghe smarideimbotonà sul sol.le grandi gru xe ferme, no strassina più ossi de fero

‘l sgabel per aria no gira più, forsi nissun comandala nave partida no se sa dove…“A remengon!” A remengon, te lo ga sentì?sentai in bus ‘ndemo a lavorar de note,‘l paron paga anca i s’ciopai:zighemo ai auti – i mati ne ciamarà per nome

al nostro turno.i verzi ‘l canziel e se entra, papuzando in te la scafa.netemo tuto: le more cascade coi veci in tei sacheti,picie piere che strapaza i pie e ‘l ziel de neon.i pupoli vien fora se te respiri sto cancher.meio se le orece stropa ‘l rumor dei spiratori.meio farse soto co la sabia su la ruzine,sofegarse co la vose che par una vela.la staza del squero svodo

‘l baso in tel blu de catrame;fiorissi come la galassia la scia che buliga…“Ucio, se bati fiaca qua” contemo all’indrioi minuti che vanza prima che sia finida,prima che stagni anca i budeicantemo una litania ‘nbriaga de fame

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cantemo e in un balen se ridi,se dimentichemo de chi semo

‘ndando via, sul canal la lassemobianca, piturada col mar dei tuoi oci.

TRADUZIONE

l’hanno lasciata sul canale:/ bianca, dipinta col mare deituoi occhi./ non ricordano chi l’ha costruita, se era a pezzi./ gli operai miscelano il fumo per darle il largo e le ruote/ prendono a sberle, la fanno scappare!/ “Nino, dov’eri?” èdel sud il pulcino e si spacca/ i muscoli con la vernice, i pan-taloni frugati/ abbottonati sul sole./ Le grandi gru sonoferme, non trascinano più ossi di ferro,/ lo sgabello per arianon gira più, forse nessuno comanda/ la nave partita nonsi sa dove.../ “ Affanculo!” Affanculo, l’hai sentito?/ sedutisul bus si va a lavorare di notte,/ il padrone paga anche noiscemi:/ gridiamo alle auto – i pazzi ci chiameranno pernome al nostro turno./ si apre il cancello e si entra, ci si tra-scina nello scafo./ puliamo tutto: le more cadute nei sac-chetti dei vecchi,/ piccole pietre che strapazzano i piedi e ilcielo fatto col neon./ i casini nascono se respiri il cancro./ 

meglio se le orecchie chiudono al rumore degli aspiratori. / meglio scrostare la ruggine con la sabbia,/ soffocarsi con lavoce come una vela./ le misure di un cantiere vuoto/ ilbacio nel blu di catrame; / fiorisce come la galassia la sciache bolle, ribolle.../ “Ucio, qui si batte la fiacca” contiamoall’indietro/ i minuti che avanzano prima che sia finita,/ prima che la pancia sia piena/ cantiamo una litania ubriacadi fame./ Cantiamo e in un baleno ridiamo,/ dimentichiamo

chi siamo/ andando via, sul canale la lasciamo bianca,dipinta col mare dei tuoi occhi.

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