IN UN MONDO CHE ALZA MURI, APRIAMOCI ALL'INCONTRO S · Lei è la piccola serva del Padre che...

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sguardo, la speranza. Rischiamo di cadere vittime di quella «tristezza individualista che ci trasforma in persone risen- tite, scontente, senza vita». Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore co- modo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri su- perficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita lentusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo ri- schio, certo e permanente. Molti vi cadono e si tra- sformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto(EG 2). Il luogo dove vivere questa sfida, il luogo dove stiamo imparando a essere popolo per tutti i popoli sono le tante periferie, che non solo a Milano stanno cambiando a una velocità ben superiore alla comprensione che ci stiamo facendo del fenomeno. Le periferie sono il grande labora- torio non solo della città ma anche della Chiesa del doma- ni (ma già delloggi). E gli strumenti per abitare questa sfida sono quelli che la tradizione ambrosiana ci consegna: una dimensione religiosa da vivere nel quotidiano come sorgente di energie e di senso, un lavoro educativo e cultu- rale capillare e continuo, una voglia di condivisione che fa della festa la celebrazione dei momenti di incontro e di relazione, una carità che sa non soltanto riconoscere i biso- gni ed elaborare risposte, ma che abita questi bisogni come luogo a partire dal quale costruire nuovi legami e tessuti sociali. In tutto questo quadro si colloca limpegno per un ecu- menismo di popolo e una volontà di dialogo tra le religioni e con tutti gli uomini di buona volontà. Milano ha visto la nascita del Consiglio delle Chiese cristiane, e ci vede im- pegnati insieme come cristiani (cattolici, protestanti, orto- dossi) a seminare nelle terre ambrosiane la medicina del perdono, del dialogo, dei cammini di riconciliazione e di comunione. Abitando in un mondo impaurito e a rischio rassegnazione, lecumenismo di popolo ci permette di toc- care con mano che ciò che ci unisce è molto più forte di ciò che ci divide. Possiamo perciò stimolarci reciproca- mente, nel cercare di vivere con fedeltà la nostra testimo- nianza al Vangelo, imparando a crescere nellunità. E la comunione che stiamo imparando a vivere tra cristiani ci da forza per quel dialogo tra le religioni che anche Milano vuole vivere, per essere laboratorio di pace. In queste periferie che sono la Milano del ventunesimo secolo papa Francesco ci spinge a vedere i tratti della Chiesa in uscita, ovvero pronta a fare delle sfide un luogo di rigenerazione del proprio corpo ecclesiale, mostrando la capacità di entrare in rapporto e di innescare processi con realtà e comunità di altre religioni, facilitando esempi di convivenza costruttiva e positiva anche tra diverse etnie. Non bisogna dimenticare che la città è un ambito multi- culturale. Nelle grandi città si può osservare un tessuto connettivo in cui gruppi di persone condividono le medesi- me modalità di sognare la vita e immaginari simili e si costituiscono in nuovi settori umani, in territori culturali, in città invisibili. Svariate forme culturali convivono di fatto, ma esercitano molte volte pratiche di segregazione e di violenza. La Chiesa è chiamata a porsi al servizio di un dialogo difficile(EG 74). Se il compito ci apparisse difficile e il confronto con le sfide impossibile, vale la pena assumere e fare nostra l at- titudine e lo sguardo di Maria, la Madre del Signore. Co- me ci ricorda papa Francesco, è proprio guardando Lei che possiamo dispiegare il nostro impegno a essere popolo di Dio nella città, tra e per i popoli, convinti del sostegno solido e ricco di fantasia dello Spirito Santo. Maria è colei che sa trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza. Lei è la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode. È la- mica sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita. È colei che ha il cuore trafit- to dalla spada, che comprende tutte le pene. Quale madre di tutti, è segno di speranza per i popoli che soffrono i dolori del parto finché non germogli la giustizia. È la missionaria che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto materno. Come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde in- cessantemente la vicinanza dellamore di Dio(EG 286). Domande per favorire la riflessione e il confronto Cosa significa nella tua esperienza impegnarsi per dare unanima alla città da credenti in dialogo con tutti? Quali esempi di testimonianza a tuo avviso sono particolar- mente da evidenziare come innovativi e contemporanei per noi credenti nella città(Luogo dove Dio già abita) (EG71)? Evangelii Gaudium ci ricorda che il Suo Popolo si incarna nei popoli della terra, ciascuno con una propria cultu- ra (EG 115). Come essere pertanto capaci di ricono- scere la dignità di ogni cultura nella società multicul- turale, oltre ogni paura dellaltro, del migrante, del diverso? SABATO 11 MARZO 2017 Questo è un numero speciale Diocesi di Milano - Zona III di Lecco - Decanato di Erba - Tel.031.617167 - mail: [email protected] Stampato in proprio S arà una tiepida giornata di primavera ad accogliere Papa Francesco nella nostra splendida Milano, o una fredda giornata ancora invernale? Quel che importa è che il nostro cuore lo attenda. Il Papa viene e ci richiama lessenziale: “Non mi stanche- rò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci con- ducono al centro del Vangelo: «Allinizio dellessere cri- stiano non cè una decisione etica o una grande idea, bensì lincontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisi- va».”[EG 7] Pensiamo a Giovanni e Andrea o pensiamo alla samari- tana, alladultera che si sono lasciati guardare da Lui e lhanno seguito perché quellUomo sapeva guardare nel profondo delle loro vite. Così, in un mondo dove tanti pensano di difendersi innalzando dei muri, chi ha incontra- to Gesù vive una passione per il Destino di tutti gli uomi- ni. Ai cristiani di oggi è chiesto di vivere lEcce homo di Gesù, che non recrimina, ma accoglie e, pagando di per- sona, salva”. (Sussidio pag 37) Questo ci apre al dialogo umile e cordiale con chiunque, rendendoci desiderosi di costruire con tutti, condividendo la nostra vita amata e plasmata da Cristo. Siamo oggi chiamati a rinnovare il fascino dellesperienza cristiana che ci ha cambiato la vita e ha dato al nostro sguardo un nuovo orizzonte. “IN QUESTA CITTA’ IO HO UN POPOLO NUMEROSO, DICE IL SIGNORE” (At 18,10) Questa è la frase biblica degli Atti degli Apostoli, scelta dal cardinale Angelo Scola come titolo della visi- ta di Papa Francesco alle terre ambrosiane. Insieme alla frase che ci sta accompagnando in questi giorni di attesa è stato scel- to un logo. Vediamo di conoscerlo un popiù a fondo. Intanto è stato ideato da Adriano At- tus (Direttore creativo del Sole 24 Ore) e da Luca Pitoni (Designer e Direttore creativo di Donna Moderna). Lidea di popolo è rappresentata nel logo dalle mani che si tendono verso il Papa. Mani che sono anche ali angeliche, ali delle colombe della pace, ma che nel loro insieme raffi- gurano il profilo del Duomo. Un profilo che ricorda anche le montagne che caratterizzano le zone nord della Diocesi di Milano. Il popolo, i fedeli, dalla terra con le loro mani aperte van- no verso il Santo Padre, che - nella parte superiore del lo- go tutti abbraccia. Labbraccio del Papa diventa anche un sorriso. E la composizione delle due parti del logo delinea - al cen- tro - una croce. In questo logo è raffigurato il profondo legame esistente tra la città e il Pontefice. «Abbiamo voluto rendere al mas- simo la semplicità auspicata dal Santo Padre. – commenta- no Attus e Pitoni –. Tutta Milano, quella religiosa e quella laica, tende le proprie mani, che rappresentano anche il Duomo, al Papa, che abbraccia, sorride e dona speranza e pace a tutti». ANNO 2 - n° SPECIALE SABATO 11 MARZO 2017 Marta Scorsetti membro del Coordinamento diocesano Associazioni Movimenti e Gruppi IN UN MONDO CHE ALZA MURI, APRIAMOCI ALL'INCONTRO

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sguardo, la speranza. Rischiamo di cadere vittime di quella «tristezza individualista che ci trasforma in persone risen-tite, scontente, senza vita».

“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore co-modo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri su-perficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo ri-schio, certo e permanente. Molti vi cadono e si tra-sformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto” (EG 2).

Il luogo dove vivere questa sfida, il luogo dove stiamo imparando a essere popolo per tutti i popoli sono le tante periferie, che non solo a Milano stanno cambiando a una velocità ben superiore alla comprensione che ci stiamo facendo del fenomeno. Le periferie sono il grande labora-torio non solo della città ma anche della Chiesa del doma-ni (ma già dell’oggi). E gli strumenti per abitare questa sfida sono quelli che la tradizione ambrosiana ci consegna: una dimensione religiosa da vivere nel quotidiano come sorgente di energie e di senso, un lavoro educativo e cultu-rale capillare e continuo, una voglia di condivisione che fa della festa la celebrazione dei momenti di incontro e di relazione, una carità che sa non soltanto riconoscere i biso-gni ed elaborare risposte, ma che abita questi bisogni come luogo a partire dal quale costruire nuovi legami e tessuti sociali.

In tutto questo quadro si colloca l’impegno per un ecu-menismo di popolo e una volontà di dialogo tra le religioni e con tutti gli uomini di buona volontà. Milano ha visto la nascita del Consiglio delle Chiese cristiane, e ci vede im-pegnati insieme come cristiani (cattolici, protestanti, orto-dossi) a seminare nelle terre ambrosiane la medicina del perdono, del dialogo, dei cammini di riconciliazione e di comunione. Abitando in un mondo impaurito e a rischio rassegnazione, l’ecumenismo di popolo ci permette di toc-care con mano che ciò che ci unisce è molto più forte di ciò che ci divide. Possiamo perciò stimolarci reciproca-mente, nel cercare di vivere con fedeltà la nostra testimo-nianza al Vangelo, imparando a crescere nell’unità. E la comunione che stiamo imparando a vivere tra cristiani ci da forza per quel dialogo tra le religioni che anche Milano vuole vivere, per essere laboratorio di pace.

In queste periferie che sono la Milano del ventunesimo secolo papa Francesco ci spinge a vedere i tratti della Chiesa in uscita, ovvero pronta a fare delle sfide un luogo di rigenerazione del proprio corpo ecclesiale, mostrando la capacità di entrare in rapporto e di innescare processi con realtà e comunità di altre religioni, facilitando esempi di convivenza costruttiva e positiva anche tra diverse etnie.

“Non bisogna dimenticare che la città è un ambito multi-culturale. Nelle grandi città si può osservare un tessuto connettivo in cui gruppi di persone condividono le medesi-me modalità di sognare la vita e immaginari simili e si costituiscono in nuovi settori umani, in territori culturali, in città invisibili. Svariate forme culturali convivono di fatto, ma esercitano molte volte pratiche di segregazione e di violenza. La Chiesa è chiamata a porsi al servizio di un dialogo difficile” (EG 74).

Se il compito ci apparisse difficile e il confronto con le sfide impossibile, vale la pena assumere e fare nostra l’at-titudine e lo sguardo di Maria, la Madre del Signore. Co-me ci ricorda papa Francesco, è proprio guardando Lei che possiamo dispiegare il nostro impegno a essere popolo di Dio nella città, tra e per i popoli, convinti del sostegno solido e ricco di fantasia dello Spirito Santo.

“Maria è colei che sa trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza. Lei è la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode. È l’a-mica sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita. È colei che ha il cuore trafit-to dalla spada, che comprende tutte le pene. Quale madre di tutti, è segno di speranza per i popoli che soffrono i dolori del parto finché non germogli la giustizia. È la missionaria che si avvicina a noi per accompagnarci nella vita, aprendo i cuori alla fede con il suo affetto materno. Come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde in-cessantemente la vicinanza dell’amore di Dio” (EG 286).

Domande per favorire la riflessione e il confronto

Cosa significa nella tua esperienza impegnarsi per dare un’anima alla città da credenti in dialogo con tutti?

Quali esempi di testimonianza a tuo avviso sono particolar-

mente da evidenziare come innovativi e contemporanei per noi “credenti nella città” (Luogo dove Dio già abita) (EG71)?

Evangelii Gaudium ci ricorda che il Suo Popolo si incarna

nei popoli della terra, ciascuno con una propria cultu-ra (EG 115). Come essere pertanto capaci di ricono-scere la dignità di ogni cultura nella società multicul-turale, oltre ogni paura dell’altro, del migrante, del diverso?

SABATO 11 MARZO 2017

Questo è un numero speciale Diocesi di Milano - Zona III di Lecco - Decanato di Erba - Tel.031.617167 - mail: [email protected]

Stampato in proprio

S arà una tiepida giornata di primavera ad accogliere Papa Francesco nella nostra splendida Milano, o una

fredda giornata ancora invernale? Quel che importa è che il nostro cuore lo attenda. Il Papa viene e ci richiama l’essenziale: “Non mi stanche-rò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci con-ducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cri-stiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisi-va».”[EG 7] Pensiamo a Giovanni e Andrea o pensiamo alla samari-tana, all’adultera che si sono lasciati guardare da Lui e l’hanno seguito perché quell’Uomo sapeva guardare nel profondo delle loro vite. Così, in un mondo dove tanti pensano di difendersi innalzando dei muri, chi ha incontra-to Gesù vive una passione per il Destino di tutti gli uomi-ni. “Ai cristiani di oggi è chiesto di vivere l’Ecce homo di Gesù, che non recrimina, ma accoglie e, pagando di per-sona, salva”. (Sussidio pag 37)

Questo ci apre al dialogo umile e cordiale con chiunque, rendendoci desiderosi di costruire con tutti, condividendo la nostra vita amata e plasmata da Cristo. Siamo oggi chiamati a rinnovare il fascino dell’esperienza cristiana che ci ha cambiato la vita e ha dato al nostro sguardo un nuovo orizzonte.

“IN QUESTA CITTA’ IO HO UN POPOLO NUMEROSO,

DICE IL SIGNORE” (At 18,10)

Questa è la frase biblica degli Atti degli Apostoli, scelta dal cardinale Angelo Scola come titolo della visi-ta di Papa Francesco alle terre ambrosiane. Insieme alla frase che ci sta accompagnando in questi giorni di attesa è stato scel-to un logo. Vediamo di conoscerlo un po’ più a fondo. Intanto è stato ideato da Adriano At-

tus (Direttore creativo del Sole 24 Ore) e da Luca Pitoni (Designer e Direttore creativo di Donna Moderna). L’idea di popolo è rappresentata nel logo dalle mani che si tendono verso il Papa. Mani che sono anche ali angeliche,

ali delle colombe della pace, ma che nel loro insieme raffi-gurano il profilo del Duomo. Un profilo che ricorda anche le montagne che caratterizzano le zone nord della Diocesi di Milano. Il popolo, i fedeli, dalla terra con le loro mani aperte van-no verso il Santo Padre, che - nella parte superiore del lo-go tutti abbraccia. L’abbraccio del Papa diventa anche un sorriso. E la composizione delle due parti del logo delinea - al cen-tro - una croce. In questo logo è raffigurato il profondo legame esistente tra la città e il Pontefice. «Abbiamo voluto rendere al mas-simo la semplicità auspicata dal Santo Padre. – commenta-no Attus e Pitoni –. Tutta Milano, quella religiosa e quella laica, tende le proprie mani, che rappresentano anche il Duomo, al Papa, che abbraccia, sorride e dona speranza e pace a tutti».

ANNO 2 - n° SPECIALE SABATO 11 MARZO 2017

Marta Scorsetti membro del Coordinamento diocesano

Associazioni Movimenti e Gruppi

IN UN MONDO CHE ALZA MURI,

APRIAMOCI ALL'INCONTRO

NEL PARCO DI MONZA

Ecco il palco dove papa Francesco

celebrerà la Messa

SABATO 11 MARZO 2017

La Chiesa: POPOLO DI DIO IN CAMMINO NELL’OGGI

Un simbolo dell’incontro tra culture e fedi, un omaggio al luogo che ospite-

rà l’evento. Sono queste le linee essenziali del palco su cui papa Francesco celebrerà la Messa al Parco di Monza, sa-bato 25 marzo, alle 15. Due grandi torri laterali, in alluminio e ferro, sorreggeran-no la copertura, come i pilastri di un grande ponte gettato da un lato all’altro del lungo frontale, a evocare appunto lo scambio e l’incontro. Sullo sfondo, invece, si svilupperà la scenografia, realizzata con pannelli in legno, su cui, con un lavoro di intaglio, è stata riprodotta la stessa decorazio-ne del Duomo di Monza, incluso il caratteristico rosone. La struttura, montata davanti a Villa Mirabello, avrà un grande impatto scenico. Significative le sue dimensioni: 80 metri di lunghezza, 30 di profondità, un piano di calpe-stio alto da terra 3 metri per consentire la massima visibili-tà. Tre le aree, con funzioni differenti: sulla sinistra la

grande tribuna a gradoni da 500 posti che ospiterà il coro e la pedana per i 40 membri dell’orchestra; al centro la zona su cui sarà montato l’altare liturgico e le sedute dei cele-branti; a destra la zona riservata ai disabili. Per garantire ai fedeli di seguire la celebrazione ci saranno 6 maxi schermi 10x8 metri (2 sul palco e gli altri 4 sui lati a destra e sinistra) e 25 torri di rimando del segnale audio e video sparse per i 400 mila metri quadri di prato. Grande attenzione è stata posta anche al rispetto dell’am-biente: i fondali della scenografia sono di legno riciclato, l’intelaiatura in ferro e alluminio sarà smontata e riutiliz-zata. Inoltre, per ridurre l’impatto, è stata scelta una strut-tura portante prefabbricata che non richiede di scavare il terreno per la posa della fondamenta. Il palco è stato idea-to dall’architetto Claudio Santucci, specializzato in proget-ti per lo spettacolo e la comunicazione, ed è stato realizza-to dalla società Safe event solutions.

La visita di Papa Francesco è l’occasione straor-dinaria per condividere un sogno e ri-

scoprirci destinatari del dono di essere Popolo di Dio. Così si esprime il Pontefice nella sua Lettera apostolica Evan-gelii Gaudium: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”. (EG 27) Tutti siamo invitati a dare il contributo utile a questa azio-ne missionaria che permetta di annunciare il Vangelo den-tro le pieghe di una quotidianità, oggi molte volte lontana e estranea alla Buona Notizia, per ignoranza, per pigrizia, per abitudine…In particolare la parrocchia è la porzione di Chiesa più vicina alla vita della gente e, se si rende dispo-nibile a lasciarsi trasformare dalla forza dello Spirito, può continuare a vivere in costante atteggiamento di “uscita” favorendo così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Allo stesso modo la parrocchia può essere nel territorio “presenza ecclesiale, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristia-

na, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”. Dice ancora il Papa: “Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare e centro di costante invio missionario” (EG 28). Nel lasciarci provocare da questo orizzonte missionario riscopriamo il fatto che tutta la Chiesa, in cui ogni battez-zato è discepolo-missionario, è Popolo di Dio in cammino nell’oggi. La parrocchie e le comunità pastorali non sono solo “organizzazioni del sacro”, ma porzioni dell’unico Popolo di Dio, umile, beato e disinteressato, gratuito, aper-to a tutti i popoli, segno del suo amore misericordioso nel-la quotidianità perché, come ci è stato più volte ricordato, il campo di Dio è il mondo. L’incontro con il Papa sarà per ciascuno l’esperienza viva e concreta di questa dimensione profonda.

Valentina Soncini

cristiana spetta di mostrare come il Vangelo entra pazien-temente nel tempo e nello spazio attraversando tutta la condizione umana fin nelle sue periferie più remote, senza paura di mischiarsi con la zizzania, con quanto è segnato dal male. Il mondo che Gesù chiama “il campo” chiede di essere pensato come il luogo in cui ogni uomo e ogni don-na possono rispondere al loro desiderio di felicità, ci ricor-da il nostro arcivescovo. Un popolo capace di testimoniare

La testimonianza è il principio che ci permette di abita-re senza paura e inibizioni il cambiamento d’epoca. La testimonianza è il cuore che fa di noi un popolo capace di abbracciare tutti i popoli. Non siamo i primi, d’altronde, a essere chiamati a vivere la nostra fede in una simile pro-spettiva. Milano è terra ambrosiana, dove l’aggettivo “ambrosiano” suona come sinonimo di accoglienza, rico-noscimento, rispetto, apertura a Dio, luogo in cui il cristia-nesimo ha saputo elaborare grandi frutti, anche nel campo sociale e politico. Milano è terra ambrosiana ovvero terra laboriosa, in cui il monachesimo (con le sue abbazie pada-ne) prima e il rinascimento poi hanno infuso cultura e stra-tegie per la produzione e un governo ecologico del territo-rio. Milano è terra ambrosiana perché grandi vescovi han-no saputo leggere, coinvolgere, disciplinare e moltiplicare le energie politiche e sociali della gente, generando una forma di vita cristiana unica al mondo: il cattolicesimo popolare, ovvero una fede vicina alla gente, capace di con-dividere il quotidiano, assumerlo e trasfigurarlo trovando risposte inedite ai gravi problemi che presentava.

Essere popolo per tutti i popoli chiede di sapere assu-mere e dare futuro a questa attitudine ambrosiana: conti-nuare a costruire una Milano capace di innovazione, ma allo stesso tempo attenta a che lo sviluppo non generi dif-formità e squilibri; una Milano capace di fare fronte comu-ne, stemperando le tensioni generate dalle battaglie politi-che e ideologiche, per moltiplicare risorse ed energie; una Milano che sa abitare senza isterismi una trasformazione che assume tinte forti e dirompenti.

“Nuove culture continuano a generarsi in queste enormi geografie umane dove il cristiano non suole più essere promotore o generatore di senso, ma che riceve da esse altri linguaggi, simboli, messaggi e paradigmi che offrono nuovi orientamenti di vita, spesso in contrasto con il Vangelo di Gesù. Una cultura inedita palpita e si progetta nella città. (…) Si rende necessaria un’evangelizzazione che illumi-ni i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti i valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle cit-tà” (EG 72-73).

È ormai normale incontrare gruppi di ragazzi e di ado-lescenti che, nati a Milano, sono però figli di culture, tradi-zioni e religioni che a Milano sono arrivate con i loro ge-nitori. Ed è interessante vedere come queste nuove genera-zioni di milanesi sono capaci di abitare la memoria che la città consegna loro con i suoi luoghi, i suoi percorsi e i suoi ritmi, riuscendo a fare nuove sintesi tra tradizioni, interrogando e arricchendo la nostra, e allo stesso tempo aprendo piste di sviluppo che disegnano il futuro della no-stra città, soprattutto il futuro della sua anima.

Milano, la città ambrosiana, ha un’anima che si colora

in modo nuovo grazie alle tante operazioni di meticcia-mento in atto; tocca al popolo di Dio curare che quest’ani-ma continui ad abitare in modo creativo queste trasforma-zioni, per evitare i rischi di frammentazione che le novità sempre portano con sé, e riuscire a fondere in unità i tanti ingredienti positivi che la memoria ci ha tramandato, uni-tamente ai nuovi innesti che le trasformazioni in essere ci consegnano. Siamo popolo per tutti i popoli; abbiamo bi-sogno di continuare a essere sorgente delle buone pratiche che hanno resa famosa Milano. Milano laboratorio di un umanesimo in grado di abitare il ventunesimo secolo; Mi-lano capace di mostrare come le grandi operazioni cultura-li che costruiscono la persona umana di ogni epoca (curare, nutrire, produrre, vestire, abitare, generare, educa-re, trasmettere, conoscere, pregare, governare…) sono non soltanto possibili nel nuovo contesto urbano, ma addirittu-ra consentono di generare uomini e donne adulti e maturi, portatori di vita buona.

UN POPOLO COSTRUTTORE DI UN METICCIATO DI PACE

Milano terra di mezzo. Le terre ambrosiane sono sem-pre state terre di incontro e di scambio, luoghi di acco-glienza e di sviluppo. Di fronte alle grandi trasformazioni in atto Milano ha la responsabilità di saper realizzare un meticciato urbano che sappia essere l’alternativa a forme di separazione e di discriminazione, di rifiuto e di scarto. Il popolo ambrosiano può mostrare come la cultura dell’in-contro e la civiltà dell’amore possono essere una reale al-ternativa alla globalizzazione dell’indifferenza e alla guer-ra di civiltà. In questa sfida vale la pena giocare l’originale impronta ambrosiana: la nostra identità di popolo di Dio può giocare un ruolo (e lo sta facendo) nel costruire un concetto di pace che non sia soltanto negativo (evitare conflitti) ma positivo e dialogico (favorire incontri e rela-zioni, lavorare per generare quell’amicizia civica che è la base di ogni convivenza).

In questa situazione, il peccato da combattere è la di-strazione che ci rende sterili e provoca fratture e divisioni. Così, pur convinti dell’amore di Dio che salva il mondo, non riusciamo a vedere il bene che si sta realizzando, non riusciamo a leggere nel presente il disegno di salvezza che Dio sta operando anche oggi. Questo è il rischio maggiore e il peccato di cui come cristiani dobbiamo chiedere per-dono: le divisioni tra di noi, il ripiegamento identitario ci fanno correre il rischio di non essere capaci di vedere la salvezza che Dio sta operando anche in mezzo ai tanti se-gni di stanchezza e di fatica. Il nostro peccato ci inibisce lo

SABATO 11 MARZO 2017

può pensarsi ancora borgo comunale ma per altri sta già vivendo processi che la accomunano alle grandi metropoli europee; è una città che comincia a misurarsi con il rilievo simbolico delle grandi scelte che è chiamata a fare, come

quella della Città Metropolitana. Tutta questa evoluzione ci colloca dentro una situazio-

ne di inquietudine e anche un po’ di disorientamento. Co-me l’arcivescovo ha più volte richiamato, Milano e le sue terre sono alla ricerca di una nuova anima, capace di fon-dere in unità i tanti significativi frammenti di vita buona che nell’area metropolitana si accompagnano a pesanti contraddizioni. Un popolo impegnato nel rinnovare l’anima della città

La visita di papa Francesco diventa un dono prezioso, dentro questo processo di ricerca e di ricostruzione dell’a-nima della città. Ci dà infatti energie per superare la paura che genera atteggiamenti irrigiditi e forme di chiusura. Chiede al popolo cristiano di essere sentinella e antidoto, perché queste paure non prendano corpo e non si aggluti-nino in movimenti sociali e culturali; chiede di trasformare ciò che viviamo come una semplice emergenza (la presen-za di tanti profughi, l’apparire di nuove forme di povertà e di emarginazione) in uno strumento per una rieducazione del nostro cuore e delle nostre menti.

Avere il pensiero di Cristo, sviluppare una mentalità cattolica, letteralmente aperta al tutto, abituarsi a vivere la nostra identità cristiana dentro una società plurale: la visita del Papa diventa l’occasione e lo stimolo per pensarsi a Milano come popolo di Dio tra i tanti popoli del mondo, come popolo per tutti i popoli, con il compito di accendere processi di riconciliazione e di riunificazione.

“Molti tentano di fuggire dagli altri verso un como-do privato, o verso il circolo ristretto dei più intimi, e rinunciano al realismo della dimensione sociale del Vangelo. (…) Il Vangelo ci invita sempre a cor-rere il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagio-sa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri” (EG 88).

Una simile attitudine non si sviluppa a tavolino. Come in ogni processo storico è necessario partire dal soggetto, dalle persone e dalla loro capacità di testimonianza. Oc-corre recuperare il “per chi” facciamo questo: un atteggia-mento libero che, non avendo nulla da difendere se non la testimonianza di Cristo, è in grado di rimettere in discus-sione la forma della testimonianza in rapporto ai segni dei tempi e alle indicazioni di chi guida la Chiesa. Il primo fattore di novità, infatti, è il porsi del soggetto stesso. Sen-za un soggetto nuovo, personale e sociale non supereremo la grave crisi del desiderio che ci rende oggi incapaci di speranza, di slanci ideali, di passioni, di rischio, di avven-tura. Solo così i tanti esempi e le tante risposte positive che già stiamo elaborando diverranno quella testimonianza che come papa Francesco ci chiede è capace di sconvolge-re il mondo con la gioia del Vangelo.

“Così prende forma la più grande minaccia, che «è il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logo-

rando e degenerando nella meschinità». Si sviluppa la psicologia della tomba, che poco a poco trasfor-ma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da se stessi, vivono la costan-te tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore come «il più prezioso degli elisir del demonio». Chiamati a illuminare e a comunicare vita, alla fine si lascia-no affascinare da cose che generano solamente oscurità e stanchezza interiore, e che debilitano il dinamismo apostolico. Per tutto ciò mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia dell’evan-gelizzazione!” (EG 83). La cattolicità intrinseca alla comunione cristiana, se fedele alla sua origine, è speranza per il mondo in quanto vince l’individualismo, la frammentazione e la divisione dilagante a tutti i livelli. La nostra forza non è il proselitismo ma l’attrattiva della testimo-nianza dell’amore di Cristo. “Se pensiamo che le cose non cambieranno, ricor-diamo che Gesù Cristo ha trionfato sul peccato e sulla morte ed è ricolmo di potenza. Gesù Cristo vive veramente. Altrimenti, «se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione» (1 Cor 15,14). Il Vangelo ci racconta che quando i primi discepoli partirono per predicare, «il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola» (Mc 16,20). Que-sto accade anche oggi. Siamo invitati a scoprirlo, a viverlo. Cristo risorto e glorioso è la sorgente pro-fonda della nostra speranza, e non ci mancherà il suo aiuto per compiere la missione che Egli ci affi-da” (EG 275).

Se la paura dilagante ci insegna che la migliore strate-gia è una violenza più efficace (l’homo homini lupus di Thomas Hobbes), il popolo di Dio vive dentro i cambia-menti del mondo con lo stile di Gesù Cristo: ai cristiani oggi è chiesto di vivere l’Ecce homo di Gesù, che non re-crimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva, come ci ha ricordato papa Francesco al Convegno Ecclesiale di Firenze.

Ripensare la grammatica dell’umano. Questo imperati-vo, un dovere che si impone da sé, non per calcoli politici o in seguito a gruppi di pressione, ma grazie all’apparire alla nostra coscienza del bene che tutti vogliamo per la nostra società, per gli uomini, per le nuove generazioni, è il tratto che ci consente di rifare nostro lo stile di Gesù. Il popolo di Dio che papa Francesco incontrerà è un popolo che vuole restare fedele al movimento di incarnazione che Dio ha realizzato donandoci suo Figlio. Alla testimonianza

SABATO 11 MARZO 2017

LA PREGHIERA

L’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha composto una preghiera per la preparazione della visita di papa Francesco a Milano sabato 25 marzo. La preghiera accompa-gna una immagine della Madon-na delle Grazie (Monza - Pittore lombardo del XV secolo).

«Signore Gesù, che ripeti anche a noi: “In questa città io ho un popolo numeroso”, aiutaci a pensare e a sentire come Te. Ti ringraziamo per il dono di Papa Francesco pellegrino tra noi per confermarci nella fede. Concedici di seguirlo con amore filiale. La Madonnina, Tua e nostra dolcissima Madre vegli su tutti i suoi figli, asciughi le lacrime dai loro occhi, specialmente quelle dei bambini, degli ammalati, degli anziani, di chi è nell’ombra della morte, dei poveri e rifiutati. Amen»

Per la prima volta nella storia un Papa entra a San Vittore. Una notizia che ha

colto tutti di sorpresa, ma che ora si traduce in «entusiasmo». «Il Papa viene per i detenuti e per il perso-nale - dice la direttrice Gloria Manzelli -, quindi sia per chi è privato della libertà, ma anche per chi lavora con impe-gno e dedizione nell’Istituto penitenziario. Al di là degli aspetti organizzativi, siamo tutti molto, molto contenti, ma il termine giusto è emozionati. Il personale è entusiasta di incontrare il Papa, in particolare Francesco. Sarà un incon-tro di fede, dell’uomo che incontra l’uomo. Sono certa che andrà tutto bene». Bergoglio incontrerà «il più elevato numero di detenuti», assicura Manzelli. Tuttavia in due ore di visita è difficile dare spazio a tutte le iniziative che si svolgono a San Vit-tore: «Tanti volontari che organizzano laboratori durante l’anno ci hanno chiesto di fare una piccola performance davanti al Santo Padre, ma non c’è il tempo». Comunque ciò che a San Vittore vogliono evitare è la formalità. «Lasceremo che le persone incontrino Francesco, senza il filtro dell’organizzazione, perché possa essere un incontro di anime, di persone», dice la direttrice. «Un po’ come avviene a San Pietro: il Papa va nella piazza e incontra i fedeli. Qui sarà la stessa cosa. Non vorremmo dare l’im-pressione di una differenza di approccio fra il cittadino libero che incontra il Santo Padre e il cittadino detenuto. Questo secondo me è il valore aggiunto». In piazza Filangieri stanno già lavorando sodo perché la visita sia gestita al meglio. «Si darà prevalentemente spa-zio ai detenuti - spiega il cappellano don Marco Recalcati -, e poi a chi opera in carcere: polizia penitenziaria, educa-tori, figure professionali, sanitari, volontari...». Il Papa sarà accolto all’ingresso, poi passerà da alcuni raggi, andrà in «rotonda» dove incontrerà un centinaio di detenuti, mentre il pranzo, con altri cento commensali, si terrà al terzo reparto, disponendo i tavoli nel grande corridoio. «I piatti saranno preparati dalla “Libera Scuola di Cucina” con uno chef affiancato dai detenuti - dice il cappellano -. È previsto un menù meneghino (risotto e cotoletta) e si è scelto che quel giorno tutto il carcere abbia lo stesso menù per non creare privilegi all’interno». L’ipotesi è che a tavola, vicino a papa Francesco, siano

seduti alcuni detenuti dell’America Latina così da permet-tergli di parlare nella sua lingua. «Abbiamo chiesto, per quanto possibile, di non selezionare i detenuti - dice anco-ra don Recalcati -, ma che pur dietro le sbarre, da lontano o mentre passa in “rotonda”, tutti riescano a sentire le pa-role del Papa e a vederlo. Ci sarà anche una rappresentan-za del volontariato a salutare il Papa, perché Francesco vuole incontrare chi è in carcere: detenuti, polizia, opera-tori e volontari, che sentiamo come figure ben coinvolte nel lavoro che si fa in carcere. Non sono ospiti, ma una parte importante di San Vittore». Al di là dei tanti aspetti pratici, da alcune settimane i cap-pellani stanno preparando i detenuti dal punto di vista spi-rituale all’incontro col Papa il 25 marzo. «Ogni domenica durante le Messe leggiamo un brano e raccontiamo un epi-sodio delle visite dei Papi nelle carceri: siamo partiti da Giovanni XXIII a Regina Coeli, poi Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e infine le visite di Francesco in diversi istituti, non solo italiani, ma anche del mondo». Questi testi vengono utilizzati anche durante la settimana nei vari incontri di preghiera, recita del Rosario o momenti di carattere religioso, così da creare un dialogo con i car-cerati in un tempo più lungo. Intanto alcuni detenuti, di loro iniziativa, stanno preparando dei doni per Francesco: si va dalle classiche navi realizzate con gli stuzzicadenti e i fiammiferi, a un canto, uno scritto, una poesia... L’idea è che qualche detenuto in rappresentanza di tutti possa con-segnare questi regali al Papa prima che lasci San Vittore e continui la sua visita milanese.

Luisa Bove

SABATO 11 MARZO 2017

LA TAPPA IN CARCERE

«Il Papa a San Vittore,

INCONTRO CON L’ANIMA DELLE PERSONE»

La Rotonda di San Vittore durante una visita del cardinale Scola

SABATO 11 MARZO 2017

molto atteso da parte dei ragazzi e delle loro famiglie e che que-

st’anno sarà ancora più importante. Sabato 25 marzo il tradizionale incontro dei cresimandi con l’Arcivescovo allo Stadio di San Siro avrà un ospite in più: papa France-sco. «È davvero una circostanza eccezionale il fatto che il Papa dedichi un incontro specifico ai ragazzi di una Dioce-si, e più in particolare a cresimandi e cresimati - spiega don Samuele Marelli, direttore della Fom -. I ragazzi aspettano sempre questo momento con trepidazione. Que-st’anno l’attesa è ancora più forte». Quel giorno, alle 17.30, il Pontefice entrerà allo Stadio Meazza accompagnato dal cardinale Angelo Scola e verrà accolto da decine di migliaia di ragazzi cresimandi e cresi-mati, dai loro educatori, genitori, padrini e madrine, che saranno lì già a partire dalle 17, ora di inizio dell’evento (i cancelli saranno aperti dalle 14). L’animazione, come sempre colorata e affidata a circa mille adolescenti, farà da cornice all’intervento di papa Francesco. Il tema scelto è «La Gioia». «Abbiamo ricevuto indicazio-ne dell’Arcivescovo di preparare i ragazzi con l’Evangelii Gaudium - aggiunge don Marelli -. Il brano scelto sarà quello dell’Annunciazione, un momento in cui si uniscono la riflessione sullo Spirito Santo e il Suo intervento nella vita dell’uomo, con quello della gioia della prossima na-scita di Gesù». L’incontro tra l’Arcivescovo e i ragazzi, cresimandi e cre-simati, si svolge ormai da anni nella Diocesi di Milano, generalmente agli inizi di giugno. Rappresenta un momen-to caratterizzato da un forte significato simbolico ed eccle-siale, nel quale i ragazzi sono invitati a percepire la corali-tà dell’esperienza della Chiesa diocesana. La presenza del

Pontefice caratterizzerà questa edizione, dandole un respi-ro universale. Non è la prima volta che accade: nel 2012, durante il VII Incontro mondiale delle famiglie, Benedetto XVI incontrò cresimandi e cresimati sempre a San Siro che, per l’occasione, era stato gremito da 80 mila persone.

Anche quest’anno ci si aspetta una presenza massiccia: «Ogni parroc-chia avrà un numero di posti asse-gnato in base al numero dei cresi-mandi del 2017, più alcuni biglietti aggiuntivi in base alla disponibilità dello stadio. C’è comunque tempo fino al 17 marzo per richiedere po-sti in più, se fossero disponibili», precisa don Marelli. Per prepararsi all’evento, inoltre, in Quaresima i cresimandi inizieranno il Cammino dei 100 giorni. Grazie al sussidio pubblicato dal Centro ambrosiano, i ragazzi diventeranno più consapevoli del loro cammino di fede. «Per la preparazione le par-rocchie si organizzeranno in auto-nomia», dice don Marelli. Oltre alla preghiera personale, ai momenti di animazione e alle attività normal-mente previste in preparazione

dell’incontro con il Cardinale, quest’anno ci sarà anche un gesto di solidarietà. «In questa occasione abbiamo deciso di raccogliere i fondi per aiutare la diocesi di Rieti recente-mente colpita dal terremoto», sottolinea don Marelli.

Cristina Conti

SAN SIRO

Al «Meazza» la festa gioiosa

di cresimandi e cresimati

3° Capitolo. Popolo per tutti i popoli La Milano che si prepara ad accogliere papa Francesco è una città che sta vivendo sulla propria pelle quel cambia-mento d’epoca (molto più potente di una semplice epoca

di cambiamenti) di cui il Papa parla spesso. Milano e tutto il suo tessuto urbano (che copre e supera il territorio dioce-sano) fatica a vedere con lucida consapevolezza le dimen-sioni della trasformazione: è una città che per alcuni tratti

SABATO 11 MARZO 2017

IN QUESTA CITTÀ IO HO UN POPOLO NUMEROSO,

DICE IL SIGNORE

Papa Francesco visita Milano e le terre ambrosiane Sabato 25 marzo 2017

“Papa Francesco , il vescovo di Roma venuto “quasi dalla fine del mondo”, viene a visitare le terre ambro-siane. Si tratta di un grande dono, espressione dell’affetto che il Santo Padre nutre per la

nostra gente. L’intenso itinerario che papa Francesco percorrerà il 25 marzo, dalle Case Bianche al carcere di San Vit-tore, dal Duomo di Milano al parco di Monza per la celebrazione della Santa Messa, fino all’incontro con i cresimandi e cresimati allo stadio di San Siro, è il segno più eloquente di una proposta che si rivolge alla libertà di tutti. Questo evento spirituale accade significativamente mentre la visita pastorale “feriale” del nostro arcivescovo Angelo alla dio-cesi si trova ormai nella sua ultima fase e si lega così profondamente al cammino di riforma della Chiesa in atto anche tra noi. Perché la visita di papa Francesco possa essere davvero significativa per le nostre comunità e per la società civile occorre, in questo tempo che ci separa dal 25 marzo, svolgere un cammino che prepari i cuori ad accogliere quanto ci sarà donato di vivere”. Queste sono le parole introduttive che leggiamo nel sussidio che il comitato per la preparazione dell’evento ha elaborato in vista della visita del Papa. L’intento è quello di fare della visita del Papa non solo un evento eccezionale per la nostra Chiesa diocesana ma quello di rendere tale visita un’occasione per rafforzare la nostra fede e rendere la nostra testimo-nianza più vera. Mentre invitiamo alla lettura del testo integrale del documento che potete trovare sul sito della Diocesi pubblichiamo il capitolo 3 che rappresenta una bella occasione per avere uno sguardo d’insieme sulla realtà della nostra Diocesi alla luce del Magistero del Papa. Al termine del capitolo sono inserite anche delle domande che possono offrire ulteriori possibili-tà di riflessione.