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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 98 (48.422) Città del Vaticano venerdì 1 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!,!"!=! In occasione della festività di San Giuseppe lavoratore il nostro giornale non uscirà. La pubblicazione riprenderà con la data 2-3 maggio. LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Conversazione con Massimo Recalcati La fine del culto dell’io Alla luce degli eventi traumatici che stiamo vivendo, lo psicoanali- sta e accademico Massimo Recalca- ti riflette su una nuova presa di consapevolezza. Se è vero che il coronavirus ha trovato un uomo impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’oc- casione feconda per ripensare al punto nodale della vocazione uma- na: la fratellanza, l’unico strumento di difesa della vita contro la morte. MARCO GRIECO A PAGINA 3 1° maggio in tempo di pandemia Il bivio delle due «i»: ineguaglianza o inclusione? di BRUNO BIGNAMI I l 1° maggio in tempo di pandemia ha un sa- pore amaro. Niente sarà come prima, a di- spetto del refrain che ci siamo ripetuti molte volte in questi giorni: «Andrà tutto bene». Sap- piamo che molte cose sono andate storte. La crisi che sta attraversando il mondo invita a uno sguardo evangelico sulla realtà, pone molteplici interrogativi e fa intuire nuove strade da per- correre. Per prima cosa, vale la pena fermarsi. Un mo- mento di silenzio è dovuto ai lavoratori che in questi mesi hanno perso la vita a causa del covid- 19. Alcuni sono morti persino per la mancanza di dispositivi di protezione adeguati: sono medici, infermieri, operatori sanitari, addetti alle pulizie, cassieri, negozianti, operai, trasportatori, volonta- ri... A loro giunga la nostra preghiera e tanta ri- conoscenza. È vivo anche il ricordo delle vittime sul lavoro nelle più svariate modalità e situazioni. Il loro sacrificio trasmette un senso di responsabi- lità perché la sicurezza dei luoghi di lavoro di- venti scelta condivisa. Il volto della crisi Il lavoro è sottoposto a stress . Tanto più in tempo di pandemia. C’è chi ha lavorato troppo e chi per niente. Gli orari del personale sanitario o dei servizi cosiddetti «essenziali» sono senza pre- cedenti e rasentano l’assurdo. L’immagine dell’in- fermiera di Cremona crollata sulla tastiera del pc ha fatto il giro del mondo. Si pensi, però, alle ca- tegorie dimenticate: molti marittimi impegnati per trasportare merci nei container non hanno avuto ricambi: in più porti c’è stato il divieto di cambio equipaggio. Lavori senza sosta. Come quelli relativi ai beni vitali o alla logistica. L’altra faccia della medaglia è l’assenza di lavo- ro: la disoccupazione, le forme di cassa integra- zione e l’affidamento al lavoro nero. L’eredità dell’emergenza sanitaria ha messo in quarantena interi settori produttivi: ci sono 3 milioni di im- poveriti solo in Italia, sono aumentati gli indebi- tati incapaci di far fronte agli investimenti proget- CONTINUA A PAGINA 7 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Milano (Ita- lia), presentata da Sua Eccellen- za Monsignor Luigi Stucchi, Vescovo titolare di Orrea. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Milano (Ita- lia), presentata da Sua Eccellen- za Monsignor Erminio De Scal- zi, Vescovo titolare di Arbano. Nomina di Vescovo Coadiutore Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore dell’Arci- diocesi metropolitana di Agri- gento (Italia) il Reverendo Monsignore Alessandro Damia- no, del clero della Diocesi di Trapani, finora Vicario Genera- le della medesima Diocesi. Nomine di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidio- cesi di Milano (Italia) il Reve- rendo Giovanni Luca Raimon- di, del clero della medesima Arcidiocesi, finora Vicario Epi- scopale per la Zona Territoriale IV di Milano, assegnandogli il titolo vescovile di Feradi Mag- giore. Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidio- cesi di Milano (Italia) il Reve- rendo Giuseppe Natale Vegez- zi, del clero della medesima Ar- cidiocesi, finora Vicario Episco- pale per la Zona Territoriale II di Milano, assegnandogli il tito- lo vescovile di Torri della Con- cordia. Nella messa a Santa Marta il Pontefice ricorda le vittime del coronavirus In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle fosse comuni Papa Francesco si è spiritualmente inginocchiato accanto alle fosse co- muni dove sono stati ammassati tan- ti defunti “anonimi” in questo tem- po di pandemia. Profondamente col- pito al cuore dalle immagini delle sepolture alle quali si è dovuti ricor- rere nel pieno dell’emergenza del contagio del coronavirus, giovedì 30 aprile, all’inizio della messa del mat- tino celebrata nella cappella di Casa Santa Marta, con voce accorata e dolente il vescovo di Roma ha pre- sentato al Signore tutte le vittime, in particolare le donne e gli uomini seppelliti “senza nome”. «Preghiamo oggi — ha detto Francesco — per i defunti, coloro che sono morti per la pandemia; e anche in modo speciale per i defunti — diciamo così — ano- nimi: abbiamo visto le fotografie delle fosse comuni. Tanti», ha sospi- rato. Nell’omelia, poi, il Pontefice ha sottolineato l’importanza del bino- mio testimonianza-preghiera; perché Gesù va annunciato senza fare pro- selitismo, ma testimoniando la fede con la vita e invocando il Padre cele- ste affinché attiri le persone al Fi- glio. Prendendo spunto come di consueto dal Vangelo del giorno (Giovanni 6, 44-51), Francesco ha ri- marcato come sia Dio ad attirare alla conoscenza di Gesù. Certo, «si può studiare, anche studiare la Bibbia, anche conoscere come è nato, cosa ha fatto», ha osservato; ma farlo «da dentro», sondare «il mistero di Cri- sto è soltanto per coloro che sono attirati dal Padre». Com’è accaduto nell’incontro tra Filippo e il «mini- stro dell’economia della regina d’Etiopia», narrato nella prima lettu- ra tratta dagli Atti degli apostoli (8, 26-40). Da qui la convinzione del Papa, più volte ribadita, che «testi- monianza e preghiera vanno insie- me. Senza testimonianza e preghiera — ha messo in guardia — non si può fare predicazione apostolica, non si può fare annuncio. Farai una bella predica morale, farai tante cose buo- ne, tutte buone. Ma il Padre non avrà la possibilità di attirare la gente a Gesù», ha concluso. PAGINA 10 Cord0glio del Papa per la morte del Gran maestro dello Smom PAGINA 9 L’emergenza nella Repubblica del Congo Il covid a Pointe-Noire MARINA PICCONE A PAGINA 2 Tempore famis Dallo smarrimento al risveglio ANTONELLA LUMINI A PAGINA 8 I vescovi dell’Asia rilanciano l’appello del Pontefice Porre fine alla malattia della guerra PAGINA 9 Maria Gabriella undicenne nominata alfiere della Repubblica italiana Costruttrice di cuori ROSARIO CAPOMASI A PAGINA 9 San Pio V e l’applicazione dei decreti del concilio di Trento Pietà mariana e zelo apostolico PAGINA 9 ALLINTERNO Proposta una tregua umanitaria di 90 giorni in tutti i principali conflitti L’Onu: pace per combattere il virus NEW YORK, 30. Il Consiglio di Sicu- rezza dell’Onu vuole chiedere una “tregua umanitaria” di 90 giorni nel- le guerre in tutto il mondo come parte della lotta contro il coronavi- rus. È quanto si afferma in una boz- za di risoluzione al palazzo di Vetro. Il documento «invita tutte le parti nei conflitti armati a impegnarsi im- mediatamente per una pausa umani- taria di almeno 90 giorni consecuti- vi» che servirebbe per «consentire la consegna sicura, senza ostacoli e prolungata, dell’assistenza umanita- ria, e la fornitura di servizi da parte di attori umanitari imparziali». Il te- sto è frutto di negoziati che durano da settimane tra i Quindici, ma an- cora non è stata fissata una data a causa delle polemiche sul ruolo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), agenzia fortemente criticata dal presidente statunitense Donald Trump. Il segretario generale António Gu- terres il mese scorso ha chiesto un cessate il fuoco globale immediato alla luce dell’emergenza per il covid- 19. La nuova bozza di risoluzione ri- guarderebbe solo i paesi i cui con- flitti sono già al vaglio del Consiglio di Sicurezza, tra cui Siria, Yemen, Afghanistan, Mali, Centrafrica, Li- bia, Colombia e Sudan. Accanto alla guerra e alla violen- za, ci sono poi le conseguenze socia- li ed economiche della pandemia. Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro (Ilo), un miliardo e mez- zo di persone, quasi la metà della forza lavoro nel mondo, potrebbero perdere i propri mezzi di sussistenza a causa della crisi provocata dal co- ronavirus. In conseguenza della pan- demia, quasi un miliardo e 600 mila lavoratori dei settori dell’economia informale hanno visto il loro salario ridotto in media del 60 per cento in un mese e «senza fonti alternative di reddito. Questi lavoratori e le loro famiglie — avverte l’Ilo — non avran- no mezzi per sopravvivere». La perdita delle ore di lavoro è stimata al 10,5 per cento in rapporto al trimestre precedente la crisi: un dato che equivale a 305 milioni di la- voratori a tempo pieno. Le aree maggiormente colpite sono quelle delle Americhe (-12,4 per cento) e dell’Europa e dell’Asia centrale (-11,8 per cento totale). Il numero di contagiati dal coro- navirus nel mondo ha superato ieri la soglia dei tre milioni, secondo un calcolo della Johns Hopkins Univer- sity. Il numero dei casi confermati è esattamente 3.083.467. Il Paese più colpito risulta essere gli Usa, con 1.040488 casi. I morti sono 227971. Intanto, l’Oms è tornato a rilan- ciare l’allarme sulla diffusione del coronavirus. «Nella pandemia abbia- mo visto la velocità con cui anche i migliori sistemi sanitari possono es- sere devastati. La salute deve essere al top dell’agenda politica. Senza sa- lute non c’è economia e non c’è si- curezza. Questa è una lezione da non dimenticare» ha detto Hans Kluge, direttore regionale per l’Eu- ropa dell’Oms. Kluge ha anche invi- tato tutti i Paesi «a essere uniti». I Papi il Rosario e Pompei La recente lettera per il mese di maggio, con la quale Papa Fran- cesco invita tutti i fedeli a risco- prire «la bellezza» del Rosario da recitare a casa in questo diffi- cile momento di «prova», è ri- suonata in modo speciale a Pompei, il cui santuario — fon- dato da Bartolo Longo — è de- dicato proprio alla preghiera mariana. LORETA SOMMA A PAGINA 10 racconto LA PAROLA DELLANNO A colloquio con Marilynne Robinson Compassione necessaria ANDREA MONDA A PAGINA 5 Narrare il Male (e il Bene) I labirinti della notte GIANCARLO DE CATALD O A PAGINA 5 Caso Orlandi: archiviato il procedimento sulle ossa del cimitero Teutonico PAGINA 10 Servono uomini e donne capaci di un amore edificante. Come Noè Chiusi in una casa da ricostruire GIOVANNI CESARE PAGAZZI A PAGINA 3

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 98 (48.422) Città del Vaticano venerdì 1 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

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!=!

In occasione della festivitàdi San Giuseppe lavoratore

il nostro giornale non uscirà.La pubblicazione riprenderà

con la data 2-3 maggio.

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con Massimo Recalcati

La finedel culto dell’io

Alla luce degli eventi traumaticiche stiamo vivendo, lo psicoanali-sta e accademico Massimo Recalca-ti riflette su una nuova presa diconsapevolezza. Se è vero che ilcoronavirus ha trovato un uomoimpreparato ad affrontare le sfide,

questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare alpunto nodale della vocazione uma-na: la fratellanza, l’unico strumentodi difesa della vita contro la morte.

MARCO GRIECO A PA G I N A 3

1° maggio in tempo di pandemia

Il bivio delle due «i»: ineguaglianza o inclusione?di BRUNO BIGNAMI

I l 1° maggio in tempo di pandemia ha un sa-pore amaro. Niente sarà come prima, a di-spetto del refrain che ci siamo ripetuti molte

volte in questi giorni: «Andrà tutto bene». Sap-piamo che molte cose sono andate storte. La crisiche sta attraversando il mondo invita a unosguardo evangelico sulla realtà, pone moltepliciinterrogativi e fa intuire nuove strade da per-c o r re re .

Per prima cosa, vale la pena fermarsi. Un mo-mento di silenzio è dovuto ai lavoratori che inquesti mesi hanno perso la vita a causa del covid-19. Alcuni sono morti persino per la mancanza didispositivi di protezione adeguati: sono medici,

infermieri, operatori sanitari, addetti alle pulizie,cassieri, negozianti, operai, trasportatori, volonta-ri... A loro giunga la nostra preghiera e tanta ri-conoscenza. È vivo anche il ricordo delle vittimesul lavoro nelle più svariate modalità e situazioni.Il loro sacrificio trasmette un senso di responsabi-lità perché la sicurezza dei luoghi di lavoro di-venti scelta condivisa.

Il volto della crisi

Il lavoro è sottoposto a s t re s s . Tanto più intempo di pandemia. C’è chi ha lavorato troppo echi per niente. Gli orari del personale sanitario odei servizi cosiddetti «essenziali» sono senza pre-

cedenti e rasentano l’assurdo. L’immagine dell’in-fermiera di Cremona crollata sulla tastiera del pcha fatto il giro del mondo. Si pensi, però, alle ca-tegorie dimenticate: molti marittimi impegnatiper trasportare merci nei container non hannoavuto ricambi: in più porti c’è stato il divieto dicambio equipaggio. Lavori senza sosta. Comequelli relativi ai beni vitali o alla logistica.

L’altra faccia della medaglia è l’assenza di lavo-ro: la disoccupazione, le forme di cassa integra-zione e l’affidamento al lavoro nero. L’e re d i t àdell’emergenza sanitaria ha messo in quarantenainteri settori produttivi: ci sono 3 milioni di im-poveriti solo in Italia, sono aumentati gli indebi-tati incapaci di far fronte agli investimenti proget-

CO N T I N UA A PA G I N A 7

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato larinuncia all’ufficio di Ausiliaredell’Arcidiocesi di Milano (Ita-lia), presentata da Sua Eccellen-za Monsignor Luigi Stucchi,Vescovo titolare di Orrea.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia all’ufficio di Ausiliaredell’Arcidiocesi di Milano (Ita-lia), presentata da Sua Eccellen-za Monsignor Erminio De Scal-zi, Vescovo titolare di Arbano.

Nominadi Vescovo Coadiutore

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Coadiutore dell’A rc i -diocesi metropolitana di Agri-gento (Italia) il ReverendoMonsignore Alessandro Damia-no, del clero della Diocesi diTrapani, finora Vicario Genera-le della medesima Diocesi.

Nominedi Vescovi Ausiliari

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi di Milano (Italia) il Reve-rendo Giovanni Luca Raimon-di, del clero della medesimaArcidiocesi, finora Vicario Epi-scopale per la Zona TerritorialeIV di Milano, assegnandogli iltitolo vescovile di Feradi Mag-g i o re .

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi di Milano (Italia) il Reve-rendo Giuseppe Natale Vegez-zi, del clero della medesima Ar-cidiocesi, finora Vicario Episco-pale per la Zona Territoriale IIdi Milano, assegnandogli il tito-lo vescovile di Torri della Con-c o rd i a .

Nella messa a Santa Marta il Pontefice ricorda le vittime del coronavirus

In preghiera per i defunti “anonimi”sepolti nelle fosse comuni

Papa Francesco si è spiritualmenteinginocchiato accanto alle fosse co-muni dove sono stati ammassati tan-ti defunti “anonimi” in questo tem-po di pandemia. Profondamente col-pito al cuore dalle immagini dellesepolture alle quali si è dovuti ricor-rere nel pieno dell’emergenza delcontagio del coronavirus, giovedì 30aprile, all’inizio della messa del mat-tino celebrata nella cappella di CasaSanta Marta, con voce accorata edolente il vescovo di Roma ha pre-sentato al Signore tutte le vittime, inparticolare le donne e gli uominiseppelliti “senza nome”. «Preghiamooggi — ha detto Francesco — per i

defunti, coloro che sono morti per lapandemia; e anche in modo specialeper i defunti — diciamo così — ano-nimi: abbiamo visto le fotografiedelle fosse comuni. Tanti», ha sospi-rato.

Nell’omelia, poi, il Pontefice hasottolineato l’importanza del bino-mio testimonianza-preghiera; perchéGesù va annunciato senza fare pro-selitismo, ma testimoniando la fedecon la vita e invocando il Padre cele-

ste affinché attiri le persone al Fi-glio. Prendendo spunto come diconsueto dal Vangelo del giorno(Giovanni 6, 44-51), Francesco ha ri-marcato come sia Dio ad attirare allaconoscenza di Gesù. Certo, «si puòstudiare, anche studiare la Bibbia,anche conoscere come è nato, cosaha fatto», ha osservato; ma farlo «dadentro», sondare «il mistero di Cri-sto è soltanto per coloro che sonoattirati dal Padre». Com’è accadutonell’incontro tra Filippo e il «mini-stro dell’economia della reginad’Etiopia», narrato nella prima lettu-ra tratta dagli Atti degli apostoli (8,26-40). Da qui la convinzione delPapa, più volte ribadita, che «testi-monianza e preghiera vanno insie-me. Senza testimonianza e preghiera— ha messo in guardia — non si puòfare predicazione apostolica, non sipuò fare annuncio. Farai una bellapredica morale, farai tante cose buo-ne, tutte buone. Ma il Padre nonavrà la possibilità di attirare la gentea Gesù», ha concluso.

PAGINA 10

Cord0glio del Papaper la mortedel Gran maestrodello Smom

PAGINA 9

L’emergenza nella Repubblicadel Congo

Il covid a Pointe-Noire

MARINA PICCONE A PA G I N A 2

Tempore famis

Dallo smarrimentoal risveglio

ANTONELLA LUMINI A PA G I N A 8

I vescovi dell’Asia rilancianol’appello del Pontefice

Porre fine alla malattiadella guerra

PAGINA 9

Maria Gabriella undicennenominata alfieredella Repubblica italiana

Costruttrice di cuori

ROSARIO CAPOMASI A PA G I N A 9

San Pio V e l’applicazionedei decreti del concilio di Trento

Pietà marianae zelo apostolico

PAGINA 9

ALL’INTERNO

Proposta una tregua umanitaria di 90 giorni in tutti i principali conflitti

L’Onu: pace per combattere il virusNEW YORK, 30. Il Consiglio di Sicu-rezza dell’Onu vuole chiedere una“tregua umanitaria” di 90 giorni nel-le guerre in tutto il mondo comeparte della lotta contro il coronavi-rus. È quanto si afferma in una boz-za di risoluzione al palazzo di Vetro.

Il documento «invita tutte le partinei conflitti armati a impegnarsi im-mediatamente per una pausa umani-taria di almeno 90 giorni consecuti-vi» che servirebbe per «consentire laconsegna sicura, senza ostacoli eprolungata, dell’assistenza umanita-ria, e la fornitura di servizi da partedi attori umanitari imparziali». Il te-sto è frutto di negoziati che duranoda settimane tra i Quindici, ma an-cora non è stata fissata una data acausa delle polemiche sul ruolodell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms), agenzia fortementecriticata dal presidente statunitenseDonald Trump.

Il segretario generale António Gu-terres il mese scorso ha chiesto uncessate il fuoco globale immediatoalla luce dell’emergenza per il covid-

19. La nuova bozza di risoluzione ri-guarderebbe solo i paesi i cui con-flitti sono già al vaglio del Consigliodi Sicurezza, tra cui Siria, Yemen,Afghanistan, Mali, Centrafrica, Li-bia, Colombia e Sudan.

Accanto alla guerra e alla violen-za, ci sono poi le conseguenze socia-li ed economiche della pandemia.Secondo l’Organizzazione mondialedel lavoro (Ilo), un miliardo e mez-zo di persone, quasi la metà dellaforza lavoro nel mondo, potrebberoperdere i propri mezzi di sussistenzaa causa della crisi provocata dal co-ronavirus. In conseguenza della pan-demia, quasi un miliardo e 600 milalavoratori dei settori dell’economiainformale hanno visto il loro salarioridotto in media del 60 per cento inun mese e «senza fonti alternative direddito. Questi lavoratori e le lorofamiglie — avverte l’Ilo — non avran-no mezzi per sopravvivere».

La perdita delle ore di lavoro èstimata al 10,5 per cento in rapportoal trimestre precedente la crisi: undato che equivale a 305 milioni di la-

voratori a tempo pieno. Le areemaggiormente colpite sono quelledelle Americhe (-12,4 per cento) edell’Europa e dell’Asia centrale (-11,8per cento totale).

Il numero di contagiati dal coro-navirus nel mondo ha superato ierila soglia dei tre milioni, secondo uncalcolo della Johns Hopkins Univer-sity. Il numero dei casi confermati èesattamente 3.083.467.

Il Paese più colpito risulta esseregli Usa, con 1.040488 casi. I mortisono 227971.

Intanto, l’Oms è tornato a rilan-ciare l’allarme sulla diffusione delcoronavirus. «Nella pandemia abbia-mo visto la velocità con cui anche imigliori sistemi sanitari possono es-sere devastati. La salute deve essereal top dell’agenda politica. Senza sa-lute non c’è economia e non c’è si-curezza. Questa è una lezione danon dimenticare» ha detto HansKluge, direttore regionale per l’Eu-ropa dell’Oms. Kluge ha anche invi-tato tutti i Paesi «a essere uniti».

I Papiil Rosarioe Pompei

La recente lettera per il mese dimaggio, con la quale Papa Fran-cesco invita tutti i fedeli a risco-prire «la bellezza» del Rosarioda recitare a casa in questo diffi-cile momento di «prova», è ri-suonata in modo speciale aPompei, il cui santuario — fon-dato da Bartolo Longo — è de-dicato proprio alla preghieramariana.

LO R E TA SOMMA A PA G I N A 10

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

A colloquio con Marilynne Robinson

Compassionenecessaria

ANDREA MONDA A PA G I N A 5

Narrare il Male (e il Bene)

I labirinti della notte

GIANCARLO DE CATALD O A PA G I N A 5

Caso Orlandi: archiviatoil procedimentosulle ossadel cimitero Teutonico

PAGINA 10

Servono uomini e donne capaci di un amore edificante. Come Noè

Chiusi in una casa da ricostruire

GI O VA N N I CESARE PAGAZZI A PA G I N A 3

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 1 maggio 2020

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Appello del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo

Evitare una crisi umanitarianelle zone rurali

WASHINGTON, 30. Torna a salire ilnumero giornaliero dei decessi ricon-ducibili al covid-19 negli Stati Uniti.Nelle ultime 24 ore, secondo gli ulti-mi dati della Johns Hopkins Univer-sity, sono state registrate 2502 morti,portando il totale a 60.999 e mante-nendo, a livello globale, sia il mag-gior numero quotidiano di morti chedi contagi. Nel frattempo il numerocomplessivo di casi positivi è salito aun milione e quarantamila.

Le cifre peggiori arrivate ieri dagliUsa sono però quelle legate all’eco-nomia. Il dipartimento del commer-cio ha riferito che il Prodotto inter-no lordo (Pil) ha subito una contra-zione del 4,8 per cento nel primotrimestre 2020, segnando la primacontrazione dal 2014 e il calo piùmarcato dalla grande crisi del 2008.Un dato sicuramente non confortan-te considerando che le misure diconfinamento sono state imposte so-lo negli ultimi 10 giorni di marzo.

Secondo gli analisti le percentualipiù disastrose del Pil sono previsteper il secondo trimestre dell’anno. Siparla di cifre che dovrebbero esseresenza precedenti, dai tempi dellaGrande Depressione del 1929. PerKevin Hassett, consulente economi-co alla Casa Bianca, la perdita delPil andrà dal 20 al 30 per cento. Peraltri potrebbe addirittura arrivare al40 per cento. Il trimestre peggioredegli ultimi dieci anni sembrerebbedunque essere solamente un assaggiodi quello che, dal punto di vista eco-nomico, sarà il «trimestre peggioredella vita» per gli statunitensi, comedichiarato da Jerome Powell, presi-dente della Federal Reserve (Fed). Iristoranti, le vendite al dettaglio e itrasporti sono stati i settori più col-piti dalla crisi economica legata ine-luttabilmente a quella sanitaria perla pandemia di coronavirus, insiemeovviamente alla sanità.

In questa situazione di estremadifficoltà, dove appare poco certaanche una normalizzazione verso lariapertura delle attività produttive, laFed ha deciso di lasciare i tassi inva-riati in una forchetta fra lo 0,00 e lo0,25 per cento, assicurando la per-manenza allo zero per cento fino aquando l’economia Usa non avrà di-mostrato di poter superare il virus edi poter ricreare le basi su cui ripar-tire. La Fed, dunque, ieri per vocedel suo presidente, ha garantito divoler usare tutti gli strumenti a suadisposizione per aiutare l’economiastatunitense e sostenere una ripresaforte, non escludendo al tempo stes-so che ci possa essere bisogno di ul-teriori aiuti da parte della Bancacentrale stessa e del Congresso.«Questo non è il momento di preoc-cuparsi per le spese, non è il mo-

mento di preoccuparsi per il debitopubblico che non deve diventare unostacolo alla nostra battaglia al coro-navirus» ha dichiarato in video Po-well, lanciando in qualche modo unmonito al mondo politico Usa.

La Casa Bianca preoccupata, an-che in chiave elettorale, dalla foto-grafia scattata dal Dipartimento delCommercio, ha tentato di smorzaregli allarmismi. «L’economia speri-menterà un forte scatto nella secon-da metà dell’anno, dopo una signifi-cativa caduta» nel secondo trimestre,ha assicurato Larry Kudlow, consi-gliere economico di Donald Trump.

Sul fronte medico ieri parole con-fortanti sono state pronunciate daldottor Fauci, il virologo della taskforce anticoronavirus nel Paese. Par-lando del farmaco «Remdesivir» hadetto che «garantisce un significati-vo effetto positivo nel ridurre i tem-pi di ripresa e mostra che può bloc-care questo virus». Notizia che hacomunque fatto chiudere in positivoi mercati finanziari.

Intanto ha destato a dir poco scal-pore la notizia riportata dal «NewYork Times» sul ritrovamento nellaGrande Mela di circa un centinaiodi cadaveri all’interno di quattro ca-mion refrigeratori, posizionatiall’esterno della sede di una ditta dipompe funebri di Brooklyn, in atte-sa della loro cremazione.La Fearless Girl Statue di fronte all’edificio della Borsa newyorkese (Afp)

di JEAN-BAPTISTE SOUROU

«L e conseguenze dellapandemia del covid-19potrebbero far inabissa-

re maggiormente le famiglie ruralinella povertà, nella fame e nella di-sperazione, il che sarebbe una veraminaccia per la prosperità e la sta-bilità a livello mondiale». Lo ha af-fermato Gilbert F. Houngbo, presi-dente del Fondo internazionale perlo sviluppo agricolo (Ifad) in occa-

sione della presentazione dell’ini-ziativa che l’istituzione sta metten-do in piedi per prevenire una crisialimentare legata alla pandemia delcovid-19 nel mondo rurale.

Per Houngbo, «bisogna prende-re delle misure immediate e donarealle popolazioni rurali i mezzi peradattarsi e rialzarsi il più rapida-mente possibile, in modo da evita-re il dilagarsi di una crisi umanita-ria. Dobbiamo agire subito — è sta-to il suo appello — per evitare chequesta crisi sanitaria diventi unacrisi alimentare».

Prima della pandemia, più di820 milioni di persone non aveva-no cibo a sufficienza; ma ora, sen-za misure straordinarie adeguate,secondo le Nazioni Unite questacrisi potrebbe generare mezzo mi-liardo di poveri in più, la maggiorparte dei quali nelle zone rurali.

A causa delle misure di conteni-mento della pandemia imposte daivari governi, un numero considere-vole di piccoli agricoltori non puòpiù accedere ai mercati, vendere re-golarmente il proprio raccolto ecomprare sementi e concimi per laprossima stagione. Il blocco dellegrandi reti stradali e i divieti diesportazione rischiano di avereconseguenze sui sistemi alimentarie sulle reti di produzione, finendoper incrementare la disoccupazionesoprattutto tra i lavoratori giorna-lieri, quelli delle piccole imprese equelli del settore informale, chesono soprattutto le donne o i gio-vani.

Il meccanismo che l’Ifad stamettendo in piedi ha per scopoprioritario quello di aiutare i conta-dini e le comunità rurali a conti-nuare a produrre e a vendere gene-ri alimentari destinati anche allepopolazioni delle grandi città. Siarticola in quattro punti: fornire aipiccoli agricoltori sementi, concimie prodotti vari per superare gli ef-fetti immediati della crisi economi-ca; facilitare il loro accesso ai mer-cati, nonostante le restrizioni, attra-verso la costituzione di magazzini ela messa a disposizione di un sup-porto logistico di trasporto; rende-re disponibile a sufficienza la liqui-dità, facilitando il rimborso deiprestiti, così da mantenere i servizi,i mercati e il lavoro dei contadinipoveri; infine, mettere a disposizio-ne, grazie ai servizi digitali, le in-formazioni necessarie per organiz-zare la produzione.

In vista di questi obiettivi, l’Ifadha stanziato un fondo di partenzadi 40 milioni di dollari, nutrendola speranza di raccoglierne altri200 milioni presso Stati membri,fondazioni e privati. In questo mo-mento più di sessantacinque Paesihanno già richiesto aiuto per soste-nere il loro sistema di produzionea l i m e n t a re .

«Questa pandemia — ha sottoli-neato il presidente Houngbo — mi-na i progressi fatti in questi ultimianni nella lotta contro la povertà.E se vogliamo evitare che distruggatotalmente le economie rurali, èimportante fare in modo che l’agri-coltura, la produzione alimentare,i mercati e il commercio continuinoa funzionare per fare in modoche alle famiglie vulnerabili nonmanchino il cibo e un reddito dal a v o ro » .

Nell’Ue si allontana la prospettiva di presentare il progetto

Ostacoli al Recovery fund

L’emergenza nella Repubblica del Congo

Il covid a Pointe-Noiredi MARINA PICCONE

«S ono arrivata a Pointe-Noire il 20 febbraio scor-so per restare venti gior-

ni ma ora sono più di due mesi chesono qui e chissà per quanto altrotempo ancora». Chimene, 35 anni,è originaria della Repubblica delCongo (nota anche come Congo-Brazzaville, dal nome della capita-le), una ex colonia francesedell’Africa centrale. Da non con-fondere con la confinante Repub-blica Democratica del Congo, excolonia belga ed enormemente piùgrande.

Il primo paese, infatti, ha circa 5milioni di abitanti su una superficiepoco più estesa dell’Italia (342 milakm quadrati), mentre il secondo sisviluppa su 2 milioni di km quadra-ti e ha quasi 100 milioni di abitanti.Qualche mese fa, Chimene, che è

operatrice socio-sanitaria in una ca-sa di riposo a Milano, ha perso ilpadre ma, per motivi di lavoro, nonha potuto partecipare ai suoi fune-rali. È riuscita a organizzarsi solo afebbraio, nei giorni in cui la mam-ma aveva programmato una messain ricordo che si sarebbe conclusacon un grande pranzo con parenti eamici, come è usanza in quei luo-ghi. Una bella occasione per ricor-dare il papà insieme alla sua fami-glia. «Non mi sembrava vero di po-ter stare un po’ di tempo con miamadre e i miei fratelli. Ero felice.Ma dopo qualche giorno sono co-minciate ad arrivare notizie allar-manti dall’Italia riguardo a un mi-sterioso virus che stava uccidendole persone. Si parlava di bloccodelle attività, di chiusura delle fron-tiere e io ho pensato subito al miolavoro. Non potevo permettermiun’eventuale assenza, dovevo asso-lutamente tornare. Ho cercato dianticipare il viaggio di ritorno maormai era troppo tardi, il mio voloera stato annullato. La compagniaaerea ha permesso solo ai cittadiniitaliani di tornare e io non lo sonoancora».

Ora Chimene trascorre le suegiornate nella casa di famiglia, in-sieme alla mamma, alle sorelle e ainipoti, 15 persone in tutto, in unquartiere non molto distante dalcentro di Pointe-Noire, capitaleeconomica del paese e seconda cittàpiù popolosa della Repubblica delCongo, dopo Brazzaville. Situatasull’oceano Atlantico, la città è ilporto principale del paese e termi-nal per petroliere. L’economia delCongo è infatti dominata dal petro-lio, che rappresenta il 90 per centodelle esportazioni.

«Per me è difficile sotto tutti ipunti di vista, sociale, economico emorale», spiega la ragazza. «Sonovenuta con un budget limitato equi il mio bancomat non funziona.Mia sorella Victoire, con cui vivo aMilano, e mio fratello hanno fattoquello che potevano ma ora possocontare solo su mia madre e le miesorelle. Loro sono molto accoglientie condividono tutto con me. Fa cal-do al cuore. Ma quando si è abi-tuati a essere indipendenti ci si sen-te un po’ a disagio. La mia preoc-cupazione riguarda soprattutto illavoro. Ho un contratto a tempoindeterminato, non posso essere li-cenziata, ma mi hanno sospeso lostip endio».

A Pointe-Noire, come nel restodel paese, il presidente della Re-pubblica, Denis Sassou Nguesso, alpotere dal 1979, salvo il periodo 92-97, ha disposto la chiusura totaledelle attività, salvo quelle necessa-rie, e l’isolamento nelle proprie casefino al 20 maggio. Il controllo eser-citato dalla polizia è molto rigido.Dopo le 20 c’è il coprifuoco. In gi-ro non si vedono auto, bus o taxi.Ci sono soltanto le macchine deimilitari. Si può uscire solo per farela spesa. Il mercato è aperto duegiorni alla settimana, dalle 9 a mez-zogiorno, con ingressi regolamenta-ti, mentre i negozi di alimentaripossono prorogare l’orario fino alle14. I cittadini, sentendo le notiziealla tv, hanno cominciato ad averepaura e a essere diffidenti l’unoverso l’altro. Chimene, che è venutadall’Italia, considerata uno dei luo-ghi più colpiti dall’epidemia, èguardata con sospetto. «Mi addita-no come una malata e temono diessere contagiati. Ogni volta cheesco sembra che vedano un fanta-sma», racconta la ragazza tra il di-vertito e il dispiaciuto. La paura diessere contagiati deriva anche dallamancanza di dispositivi di protezio-ne, come mascherine, guanti eamuchina, e, soprattutto, dalla dif-ficoltà, quando non dall’imp ossibi-lità, di pagare le eventuali spese sa-nitarie. Nel paese, infatti, le cureospedaliere sono a pagamento epochi se le possono permettere.«Se scoppia un’epidemia è finita»,

dice Chimene. A oggi, secondo idati dell’Organizzazione Mondialedella Sanità (Oms) del 25 aprilescorso, nel paese sono 207 i conta-giati e 8 i morti. In linea con le sta-tistiche generali, sono i maschiquelli più interessati, il 73 per centocontro il 26,6 per cento delle don-ne. A Pointe-Noire, che ha circa unmilione di abitanti, si contano 57casi.

Anche il cibo è un problema. Iviveri stanno diminuendo. All’inizioc’è stato l’assalto agli alimenti nondeperibili, riso, tonno, sardine, pa-sta, sale, zucchero, farina. Ma quel-li che non potevano permettersi difare rifornimento per un mese sonorimasti fuori. Comprano quello chepossono giornalmente, sennò nonmangiano. L’obbligo di rimanere acasa è sopportabile per chi ha unlavoro regolare ma è devastante percoloro che sopravvivono grazie adattività informali. La divisione frale due parti della città è marcata. IlCentre Ville è la zona ricca, dovevivono soprattutto gli espatriati im-piegati nell’industria del petrolio; laCité è la parte più disagiata, dovevive la grande maggioranza dellepersone e dove i servizi scarseggia-no. Nonostante questo, «le personesono allegre, c’è condivisione, ci siaiuta. Ma la fame inizia a farsi sen-tire e quando la pancia comincia atoccare la schiena c’è poco da ride-re», afferma Chimene. «È dura, èdura. Non si sa chi vincerà, il viruso noi. Solo Dio lo sa».

BRUXELLES, 30. La corsa contro iltempo in Europa per dare vita alRecovery fund ha già incontrato iprimi ostacoli. Il primo collegio deicommissari — dopo il vertice euro-peo che ha dato mandato alla Com-missione Ue di preparare una pro-posta — ha preso atto ieri delle dif-ficoltà, allontanando la prospettivadi presentare un documento già laprossima settimana.

La preparazione, quindi, resta inalto mare: ampiezza del fondo, fun-zionamento, legame con il bilancioUe e strumento transitorio per fararrivare gli aiuti già dall’estate, sonotutti elementi che il presidente dellaCommissione Ue, Ursula von derLeyen, sta negoziando con le capi-tali, per arrivare a una sintesi che almomento sembra lontanissima. Adare la misura dei lavori ancora fer-mi a uno stadio iniziale sono le pa-role con cui il vicepresidente dellaCommissione, Vĕra Jourová, ha de-scritto la situazione dopo la riunio-ne con i colleghi: «Il primo gennaio2021 è una data molto ambiziosaper far partire il Recovery fund, nel

frattempo bisogna prendere il mas-simo dagli attuali strumenti a brevetermine, che usano ancora il vecchiobilancio».

La tempistica di cui parla Jourováriguarda lo strumento dedicato allaripresa che dovrà accompagnare ilbilancio pluriennale per i due-treanni necessari a dare uno stimolopiù forte all’economia europea.

Lo strumento e il suo legame conil bilancio Ue saranno descritti dallaproposta che la Commissione pre-senterà tra due o tre settimane, enon più il 7 maggio, come ci siaspettava. Ma la stessa Jourová haspiegato che nessuno intende aspet-tare il 2021 con le mani in mano:nel collegio dei commissari — hadetto — «tutti hanno parlato del bi-sogno di sostenere e aiutare rapida-mente i più colpiti», attraverso una«rapida azione» che potrebbe esserequello strumento ponte evocato do-po il vertice europeo.

Quindi, la proposta conterrà ilprossimo bilancio dell’Ue, il Reco-very fund e lo strumento ponte cheanticiperà gli aiuti a quest’anno.

Page 3: In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle …...impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare al punto nodale

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 1 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

LETTERE DAL DIRETTORE

La fine del culto dell’ioConversazione con lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati

di MARCO GRIECO

Con oltre 26 mila vittime italiane ri-sultate positive al covid-19, tutti noi,più o meno indirettamente, ci siamoconfrontati con la morte. Le imma-gini delle salme nei cimiteri deserti,le testimonianze del congedo di tan-ti anziani schermati da un displaydigitale, ci rivelano una verità sem-plice: che la morte è unita alla vita,e non esiste vaccino o pseudo-veritàche possano separarla. Viene inmente la pagina del diario di EttyHillesum in cui la scrittrice olande-se, commentando la ferocia dellaShoah, scriveva: «Sembra quasi unparadosso: se si esclude la mortenon si ha mai una vita completa; ese la si accetta nella propria vita, siamplia e si arricchisce quest’ultima»(Etty Hillesum, Diario, 3 luglio1942). Alla luce degli eventi trauma-tici che stiamo vivendo, lo psicoana-lista e accademico Massimo Recalca-ti riflette su una nuova presa di con-sapevolezza. Se è vero che il corona-virus ha trovato un uomo imprepara-to ad affrontare le sfide, questa po-trebbe rivelarsi come l’occasione fe-conda per ripensare al punto nodaledella vocazione umana: la fratellan-za, l’unico strumento di difesa dellavita contro la morte.

Professore, qual è la lezione principaleche ci sta dando il virus?

È una lezione traumatica e dolo-rosissima. Ma sarebbe ancora piùdrammatico e doloroso se non riu-scissimo a tenere conto di questa le-zione, ricominciando a vivere comeprima, come se nulla fosse accaduto.Questa lezione riguarda per me duegrandi temi. Il primo è quello dellalibertà. Il covid-19 insegna che quel-la concezione della libertà che ab-biamo coltivato in Occidente negliultimi decenni, la libertà come pro-prietà individuale, come arbitrio del-la volontà, è una concezione vuota emonca. Nessuno può salvarsi da so-lo, perché la forma eticamente piùalta della libertà è la solidarietà. Neltesto biblico c’è un passaggio inten-so in Qoèlet dove si dice che se unocade c’è bisogno di un altro per rial-zarsi, se uno cade ed è solo, nonpuò rialzarsi. È la prima lezione tre-menda del virus. La seconda riguar-da la violenza ecocida dell’uomo.Papa Francesco ci aveva ammonitinella sua Laudato si’: noi non siamopadroni della natura. L’umanismonon può essere confuso con la furiaantropocentrica del dominio dell’uo-

mo sulla natura. Quello che sta ac-cadendo ha come presupposto il su-peramento di un limite. Abbiamoviolentato il nostro pianeta. La vio-lenza dell’epidemia è una violenza diritorno della nostra stessa violenza.

In passato abbiamo sperimentato formedi iperconnessione a vari livelli. In chemodo ci viene offerta l’occasione di ri-pensare alle nostre relazioni?

Nessuno, appunto, può rialzarsida solo. La presenza dell’altro non siaggiunge alla mia vita in un secondotempo, come un’appendice, una ag-giunta esteriore appunto. Essereumani significa essere vincolati all’al-tro sin dal tempo della nostra nasci-ta. Lo diceva bene Telemaco, il fi-glio di Ulisse, nelle prime paginedell’Odissea: nessuno può vedere dasé la propria nascita. Il principiofondamentale della libertà è la fratel-lanza. Ma non una fratellanza disangue, col più vicino, col familiare,ma la fratellanza con lo sconosciuto.È quello che il virus ha mostrato: losconosciuto che incontro camminan-do per strada è essenziale per la miastessa vita; i suoi atti sono essenzialiai miei; la mia vita è essenziale perla sua. La difesa della vita dallamorte non può essere l’azione diuno solo, ma può essere solo collet-tiva, comune, fraterna.

La quarantena ci ha obbligati a ri-prendere contatto con noi stessi. Comecambierà il rapporto con il nostro io?

Non sempre questo è vero. Nonbasta essere isolati per essere in con-tatto con se stessi. In ogni caso laquarantena ci ha obbligati a unaprova. Cosa è davvero essenziale perla nostra vita e cosa è inessenziale?Mi auguro che possa cambiare qual-cosa nel nostro modo di concepire

l’io. Dovremmo abbandonare l’io-dolatria del nostro tempo. L’io cra-zia, come direbbe Lacan, non generamai nulla di buono. È una follianarcisistica. Spero che qualcuno inquesta quarantena abbia davvero po-tuto vedere cosa ci può essere al dilà del proprio io. In fondo la priva-zione stessa della libertà può esserevista come l’affermazione più altadella libertà, come donazione. Il ri-chiamo ai diritti dell’io, alla sua pri-vacy, eccetera, in un tempo emergen-ziale come questo insiste nel ribadireuna concezione solo proprietaria,neoliberale, neolibertina, della liber-tà. Non si riesce a vedere nella pri-vazione, non tanto un’espiazione sa-crificale, ma una donazione senza laquale il male dilagherebbe, i nostrimedici e tutto il personale sanitariosarebbero travolti dalla malattia, lenostre comunità sconvolte.

In che modo la pandemia ribalta lanostra semantica del confine?

Gli uomini hanno sempre traccia-to confini. Hanno bisogno del senti-mento di appartenenza. Negli ultimitempi però il confine si era trasfor-

mato in muraglia, steccato, bastione,porto chiuso. La minaccia era incar-nata dal migrante, dallo straniero. Ela tentazione del muro rispondeva aquesta minaccia assicurando prote-zione. Ora il virus ha sbaragliatoquesto modo di concepire il nostrorapporto con lo straniero. Il virus èuno straniero che è in mezzo a noi,si infiltra nell’amico, nel familiare,nel nostro stesso corpo. La semanti-ca del confine deve essere allora ridi-segnata. La tentazione del muro nonè più sufficiente. Deve essere supera-ta. Noi siamo obbligati a conviverecon lo straniero. Altra tremendissimalezione.

Quali responsabilità dovremmo assu-merci nella costruzione del mondo post-pandemia?

Non possiamo continuare a viverecome abbiamo vissuto. In rapportoalla natura innanzitutto. Ma anchenelle nostre comunità. Dovevamofermarci per disintossicarci. Certo,sarebbe stato meglio non così, nonper questo virus, non a causa di tut-to questo male, di tutto questo dolo-re. Il post pandemia non sarà però ilpost-trauma. Ci sarà un traumatismoanche della ripartenza perché non ri-troveremo più il mondo come l’ab-biamo conosciuto. Dovremmo rico-struire un mondo. Siamo un po’ nel-la posizione in cui si trovò Noè do-po la devastazione del diluvio. Ilmio augurio è che prevalga lo spiritodel piantare la vigna piuttosto chequello della lotta senza tregua tra gliuomini.

Quale futuro lei immagina, dunque?

Appunto: le conseguenze social-mente drammatiche di questa pan-demia esporranno i soggetti più fra-gili e vulnerabili a una condizionedisperata di bisogno. Penso che leistituzioni debbano non lasciare nes-suno nell’abbandono. Potremmo di-ventare anche peggio di quello cheeravamo: rabbia, disperazione, vio-lenza, fobia sociale. Ma è possibileche la potenza negativa di questotrauma stimoli invece una rispostapositiva altrettanto potente. Bisognaliberare le nostre energie miglioriper immaginare il mondo in modonuovo. La de-burocratizzazione nonè più solo una esigenza tecnica madovrebbe diventare una posturamentale inedita. Mettere in moto laforza generativa del desiderio, pian-tare una moltitudine di vigne.

In molti si chiedono, cichiediamo, come sarà il mondo“dop o”. È un automatismo

molto umano, che ribadisce ancorauna volta la specificità propriadell’uomo che immagina, desidera,progetta, cerca di prevedere.Sempre questo accade, ognigiorno, tanto più in periodi ditempesta come quelli che il mondosta attraversando da circa quattromesi.E qui forse la parola degli esperti,dei “tecnici”, non è l’unica daascoltare, non è sufficiente. Non sitratta di competenze, di essere deibravi economisti o sociologi, ma diessere visionari. E allora i poeti, gliscrittori e più in generale gli artistipossono essere preziosi “esp erti”delle cose umane.Senza andare troppo lontano otroppo “in alto”, mi viene in menteun film di una dozzina di anni fa,di quelli cosiddetti “per bambini”

dell’Ottocento un pensatoreacuminato come Kierkegaarddescriveva la società occidentalecome una grande nave da crocieradove l’altoparlante trasmette non lavoce del capitano che indica larotta ma quella del cuoco cheelenca il menù. Un ritratto lucidodella società post-moderna, cosìcome l’astronave di Wall-E, unluogo in cui peraltro si mangiaspesso e molto: i milioni diabitanti sono tutti obesi, vivono inun enorme parco dei divertimenti estanno lì, senza fare alcun lavoroné movimento, sdraiati incomodissime poltrone con davantiuno schermo televisivoultratecnologico che li bombardadi messaggi rassicuranti e felicitantistordendoli con l’intrattenimento aoltranza che alimenta ladimenticanza e la distrazione.Diversi macchinari provvedono anutrire questi milioni di

(che spesso proprio per questosono i più acuti), intitolato Wa l l - E ,realizzato dalla Pixar che da oltret re n t ’anni sforna i prodotti piùinteressanti in circolazione nellegrandi sale. Ebbene Wa l l - E ha unaforza che non esito a definireprofetica, impressionante.Il punto di partenza, il pre-testoche sta sotto la trama è antico,primordiale, rifacendosidirettamente alla vicenda di Noèraccontata nei primi capitoli dellaGenesi. Come ai tempi di Noèanche qui tutto il mondo si èsalvato su un’arca, una nave, anziun’astronave che ha condottol’umanità lontana dalla terraperché il pianeta è diventatotalmente tossico a causadell’inquinamento che l’unica cosada fare è fuggire “lontano dalpianeta sporco”. La prima partedel film è ambientata sulla terradove troviamo Wall-E, un piccolorobot (ma con l’anima) che fa lospazzino, pulisce con cura eostinazione il pianeta interosmaltendo i rifiuti in modo che,una volta ripulito tutto, gli umanipoi potranno tornare a casa. Invisita a Wall-E arriva Eve, unacandida sonda (“animata” pure lei,tra i due ovviamente nascerà unsentimento) spedita dall’a s t ro n a v eviaggiante negli spazi siderali, cheè come la bianca colomba che Noèinvia sulla terra dopo il diluvio: setornerà con un germoglio, unramoscello come segno della vitarinascente, ecco che questo sarà ilsegno del possibile ritornoall’amata terra. Il problema è chequesta terra non è poi così“amata”, ma è stata, praticamente,dimenticata. Qui siamo nellaseconda parte del film, tuttaambientata dentro l’astronave, unaparte “p ro f e t i c a ” in modo ancorapiù aspro rispetto al “gridoecologico” della prima parte.È successo infatti che sono passaticosì tanti anni, secoli, che gliabitanti dell’astronave si sonodimenticati lo scopo del viaggio ehanno finito per confondere ilmezzo con il fine, il mondo conl’astronave stessa. È un tema nonnuovo nella letteratura difantascienza, ma che inoltre dicemolto dei rischi che in ogni epocacorre l’umanità. Già nella metà

consumatori condannati al dolceoblio, tutti affiancati tra loro mamai di fronte l’uno all’altro: gliuomini del futuro immaginato daWa l l - E non si guardano esoprattutto non si toccano. C’è ungesto che i due protagonisti, Wall-E e Eve, ripetono più volte, sistringono le mani, un gestotrasgressivo che colpisce escandalizza all’inizio gli abitantidella nave finché, a fatica,ricorderanno che a questo eranodestinati: a vivere da uomini, inpiedi, uno di fronte all’a l t ro ,abbracciandosi.In questo tempo di isolamento edistanziamento sociale, a causa diuna pandemia che rischia dicondannarci a stare sul divanodelle nostre case, mi è tornato allamente questo film del 2008 cheparla di oggi, ma non del mondodella pandemia ma del mondo chegià eravamo diventati, perché ilcovid-19 ha avuto il “p re g i o ” disvelare una realtà già realizzatadagli uomini del terzo millennio:una società fatto di tele-consumatori dove è il suffisso“tele” l’elemento inquietante. Tuttoa portata di mano, disponibile estrumentalizzabile, ma al tempostesso “a distanza”, ridotto a iconavirtuale che dà comfort psicologicoma non esige impegno reale,concreto. Persone che non vedonooltre il proprio naso, che escludonogli altri dalla propria visuale, liscartano creando un mondo in cuiil contatto con la “carne” degli altriè ridotto al minimo, che condannatutti a una grande solitudine;persone che vivono come fosserointorpidite nelle loro funzioni piùsquisitamente umane: lo sguardo,la decisione, l’azione, la relazione.A volte allora non serve cercare illuminare della scienza per fareprevisioni, è sufficiente riascoltarele storie antiche, i vecchi raccontipieni di saggezza, che l’uomo nonsmette di raccontare magaricolorandole con le vernici piùmirabolanti e gli effetti piùspeciali, ma che sotto sottorivelano la stessa antica saggezzache se è tale, parla a chi saascoltare (i bambini) non delmondo com’era ma di quello che èe sarà sempre.

A.M.

Servono uomini e donne capaci di un amore edificante. Come Noè

Chiusi in una casa da ricostruiredi GI O VA N N I CESARE PAGAZZI

Assomigliamo a Noè. Siamo tutti “nella stes-sa barca”, responsabili della vita, nostra,degli altri e di tutti i viventi. Ondeggiamo

in una situazione che dilaga per il mondo intero,simile al diluvio. Come il patriarca, apriamo piùvolte la finestra del nostro rifugio per vedere se ildisastro volge al termine o meno.

Il libro della Genesi racconta che Noè fu l’uni-co giusto trovato dal Signore, il solo degno di es-sere risparmiato. Eppure, per salvare lui dal dilu-vio, Dio dovette preservare anche sua moglie, isuoi figli, le sue nuore, i suoi animali domestici equelli che vedeva di lontano. Insomma: per ri-sparmiare Noè, Dio doveva salvare anche il suomondo, ciò a cui era legato con giustizia. Infatti,cosa ne sarebbe stato di Noè, chi sarebbe statoNoè senza il suo mondo? Per le Sacre Scritture,tutti i viventi devono la loro esistenza al fatto cheil mondo a cui si legò il costruttore dell’arca nonera grande come un appartamento o una casettacol giardino, ma, appunto, ampio, vasto, ariosocome il mondo intero. Ci si salverà dal diluvio dioggi se Dio riuscirà a trovare (quanta forza ha percontinuare a cercare?) uomini e donne dal mondogrande, di ampio respiro.

Perché Noè era giusto? Lo sa Dio. L’unico in-dizio che abbiamo vibra nel suo nome che po-trebbe significare “Colui che riposa”; come se lagiustizia che lo distinse dagli altri consistesse nel-la sua capacità di riposare. Certo, di lui si narracome solerte, laborioso costruttore dell’arca, ma lasua attività non gli impediva di “ri-p osarsi”, di“p osare” i carichi (specialmente quelli inutili) esoprattutto di “posare se stesso”: il suo corpo, lesue intenzioni, i suoi dettagliatissimi progetti e,alla fine, la sua stessa vita. La giustizia di Noè so-miglia a quella dell’agricoltore descritto da Gesù(è Gesù stesso!): di giorno lavora alacremente se-

minando il suo campo, ma di notte, dorme, ripo-sa, “posa se stesso”, convinto che il seme cresceràcomunque, grazie a una forza incontenibile e mi-steriosa. Nel settimo mese di navigazione, Noèriuscì a far «posare»/«riposare» l’arca sui montidell’Ararat (Genesi 8,4). «Riposare» e «far riposa-re» fanno di Noè l’uomo giusto a cui Dio conse-gna le sorti del mondo. Dio oggi sta cercando uo-mini e donne liberati dall’incapacità di riposare efar riposare, redenti dalla sovraeccitata ossessionedi agire, tipica di quell’indemoniato che «conti-nuamente, notte e giorno» faceva le stesse cose(Marco 5,1-20). Uomini e donne così, riuscirannoa far riposare l’arca, al termine di questo diluvio.

Noè salva il mondo grazie all’arca. Si tratta diun contenitore, costruito su progetto del Signore.Dovendo galleggiare sulle acque è facile immagi-narla come un’enorme barca, una nave di propor-zioni gigantesche. Tuttavia, così com’è descritta,l’arca non sembra un vascello. Infatti è dotata discompartimenti, stanze, tre piani, tetto e porta(Genesi 6,14-16). Evidentemente assomiglia più auna casa che a una nave. Tra i comandi divini per

realizzarla, si legge che dev’essere «spalmata dibitume dentro e fuori». Nel testo originale, perdire «dentro», s’impiega l’espressione «in casa».Perciò Noè deve applicare catrame «in casa e fuo-ri». Insomma: Dio chiede a Noè di costruire unacasa. Solo così salverà il mondo. Ciò non è sfug-gito agli artisti; infatti alcuni hanno raffiguratol’arca con le fattezze di una casa, come risplendenei mosaici della Cappella Palatina di Palermo, inquelli del Duomo di Monreale e del Battistero diFirenze, della basilica di San Marco a Venezia,nell’affresco di Michelangelo nella Cappella Sisti-na, nella scultura romanica di Wiligelmo sullafacciata del Duomo di Modena. In casa si imparaa guardarsi negli occhi, a sorridere, a fidarsi dipersone e cose; perciò lì si apprende a mettersi inpiedi e camminare, ad ascoltare e parlare, a farsiaccarezzare e accarezzare. In casa si nutre e si ènutriti, si lavora e si riposa, si crescono i bambini,si curano i malati e si accompagnano i morenti.Se la casa funziona, almeno lì si è liberati dalcancro dell’anima che è la paura. La casa è unluogo intimo, interno, ma costruito con le cosedel mondo di fuori, riconoscendole tutte amiche.È uno spazio interiore, ma munito di facciata chesi esibisce all’esterno. È il primo mondo di chi èappena venuto alla luce e promette un mondo piùgrande somigliante a una casa; perciò, prima opoi, chi vi abita oltrepassa la soglia per uscire instrada, in campagna, in città. Cosa sarebbe statodi Noè, chi sarebbe stato Noè senza una casa?

Con espressione mozzafiato, sintesi di tuttaquanta la Rivelazione, san Paolo scrive: «L’a m o reedifica» (1Corinti 8,1); letteralmente: «L’amore co-struisce la casa». L’amore è amore quando co-struisce la casa. Il diluvio di oggi finirà se Diotroverà uomini e donne che decidono di costruirela casa, desiderosi di edificare il mondo come unacasa. Lui ha già posto il suo Cristo come pietraangolare. Rimbocchiamoci le maniche.

Come avvenne al tempo di Noè,così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo:mangiavano, bevevano, si ammogliavano

e si maritavano,fino al giorno in cui Noè entrò nell’a rc a

e venne il diluvio e li fece perire tutti

dal Vangelo di Luca (17, 26-27)

Page 4: In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle …...impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare al punto nodale

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 1 maggio 2020

Almeno cinque milioni devono fronteggiare una pericolosa epidemia

Il colera minacciai bambini yemeniti

L’Onu denuncia crimini umanitari e di guerra nell’est

Myanmar sotto accusaHaftar annunciauna tregua

m i l i t a reper il Ramadan

TRIPOLI, 30. Il generale libicoKhalifa Haftar — dopo aver an-nunciato all’inizio della settimanadi avere ricevuto «un mandato»per guidare l’intero Paese, delquale controlla solo in parte l’este il sud — ha accettato una tre-gua militare per il Ramadan. Loha reso noto ieri il suo portavoce,Ahmed al-Mismari, precisandoperò che «qualsiasi violazione delcessate il fuoco da parte delle mi-lizie terroristiche sarà affrontataimmediatamente e in modo seve-ro». Nei prossimi giorni, ha fattosapere al-Mismari, «verrà emessauna dichiarazione costituzionalecon una nuova roadmap per larealizzazione dei sogni delle per-sone».

L’Unione europea ha pronta-mente condannato gli «atti unila-terali», bollandoli come «inaccet-tabili». «L’unico modo per arri-vare alla pace e alla stabilizzazio-ne» del Paese «è attraverso unpercorso politico guidato dalleNazioni Unite», ha detto PeterStano, portavoce dell’Alto rap-presentante per gli affari esteri ela politica di sicurezza dell’Ue,Josep Borrell. Lo stesso Stano haconfermato che la fase inizialedella generazione delle forze checomporranno l’assetto dell’op era-zione aero-navale europea Irini,per garantire il rispetto dell’em-bargo sulle armi verso la Libia, siè conclusa ieri con la GenerationForces Conference. NumerosiStati europei si sono impegnati afornire personale e assetti militariall’operazione. «La missione Irinipuò essere operativa da ora», hachiosato.

Nello stesso tempo la Tunisiaha ribadito «la richiesta di unasoluzione politica globale e dura-tura basata su un dialogo inter-li-bico, che esprima la volontà delpopolo libico sotto gli auspicidell’Onu e lontano da qualsiasiintervento straniero». Lo riportaun comunicato del ministero de-gli Esteri di Tunisi.

SANA’A, 30. Oltre cinque milioni dibambini di età inferiore ai cinqueanni nello Yemen si trovano ad af-frontare un’accresciuta minaccia dicolera mentre il paese, già alle presecon un terribile conflitto, continua asubire un aumento delle forti piog-ge da metà aprile. Più di 110.000 ca-si di sospetto colera sono stati regi-strati in 290 dei 331 distretti delloYemen dal gennaio 2020. I bambinidi età inferiore ai cinque anni rap-presentano un quarto di questi casi.A denunciarlo è l’Unicef, ricordan-do che anche lo Yemen sta affron-tando l’impatto della pandemia glo-bale da covid-19. Finora è stato se-

gnalato solo un caso nel paese, mail rischio di scoppio rimane moltoelevato.

«I bambini nello Yemen conti-nuano ad affrontare una miriade diminacce alla loro sopravvivenza.Un’ulteriore diffusione del colera,alti livelli di malnutrizione e focolaidi malattie prevenibili con i vaccini,aggravati dal covid-19, non farannoaltro che aggravare l’onere che ibambini e le loro famiglie già af-frontano» ha affermato Sara Beyso-low Nyanti, rappresentantedell’Unicef in Yemen. Le recentiforti piogge e inondazioni improvvi-se ad Aden, Abyan, Lahj e Sana’ahanno interrotto l’accesso all’acquapotabile e alle strutture igienico-sa-nitarie e hanno distrutto case e fa-miglie di sfollati, una ricetta perfettaper la diffusione del colera.

L’Unicef ha risposto alle famigliecolpite dalle inondazioni fornendokit igienici di base, tra cui disinfet-tanti, cloro, secchi e asciugamani.Livelli molto bassi di servizi igieni-co-sanitari, in particolare nelle areeurbane, l’uso di acqua contaminata,la mancanza di consapevolezza dellepratiche igieniche di base, inclusoun efficace lavaggio delle mani eigiene degli alimenti, aumentano ladiffusione del colera e della diarreaacquosa. I servizi di base sonosull’orlo del collasso: la maggior

parte sono stati distrutti dai bom-bardamenti, altri sono in condizionidisp erate.

Nel 2017, l’Unicef e partner comel’Organizzazione mondiale della sa-nità (Oms) sono riusciti a contenereuno dei peggiori focolai di colera almondo aumentando la consapevo-lezza della comunità e i livelli diigiene. Sono state inviate squadre dirisposta rapida in diverse aree colpi-te ed è stato assicurato il potenzia-mento del trattamento del colera edella diarrea acquosa acuta soprat-tutto nei villaggi e nelle zone perife-riche. «Senza la fine del brutaleconflitto di cinque anni nello Ye-men, questi devastanti focolai dimalattie prevenibili continueranno aperseguitare la vita di molti e so-prattutto dei bambini più vulnerabi-li» ha affermato Nyanti.

Intanto, i media segnalano chetre giorni di coprifuoco sono statiimposti dalle autorità yemenite nellacittà portuale di Aden, dopo la con-ferma di cinque casi di coronavirus.Lo riporta l’emittente Al Arabiya ci-tando il Southern TransitionalCouncil, un gruppo separatista cheha dichiarato domenica l’autogover-no dei governatorati dello Yemenmeridionale. Il coprifuoco, di 24 oreal giorno, è entrato in vigore a mez-zanotte.

Decreto di Bolsonaro dopo la sospensione della Corte suprema federale di giustizia

Bloccata in Brasile la nominadel nuovo direttore della polizia federale

NAY P I Y D AW, 30. I militari governativi del Myanmarstanno commettendo crimini umanitari e di guerra nelconflitto contro la guerriglia dell’Esercito di liberazionedell’Arakan nell’est del paese asiatico. Lo ha denunciatoieri Yanghee Lee, relatore speciale delle Nazioni Unite.

«Mentre il mondo è occupato dalla pandemia covid-19, l'esercito del Myanmar continua a intensificare il suoassalto negli Stati di Rakhine e di Chin , colpendo i ci-vili», ha dichiarato in una nota Lee.

L’Esercito di liberazione dell’Arakan conduce unalotta da decenni per uno Stato indipendente e in dife-

sa delle popolazioni rohingya e shan. «Tutte le richie-ste di cessate il fuoco non sono state ascoltate. Invece,i militari stanno infliggendo immensa sofferenza allecomunità etniche di Rakhine e Chin», ha aggiuntoLee. Il relatore speciale dell’Onu ha affermato che irecenti attacchi aerei e di artiglieria dei soldati diNaypyidaw nelle aree civili di Rakhine e nel vicinoStato di Chin hanno ucciso e ferito decine di adultie bambini. Con i militari che hanno più volte impedi-to ad alcuni dei feriti di accedere a cure mediche ur-genti.

In Colombiail governo incentiva

la smobilitazionedi 5 gruppi armati

BO GOTÁ, 30. L’Esercito di libera-zione nazionale (Eln) e i membridi altri quattro gruppi armati or-ganizzati attivi in Colombia po-tranno avvalersi dei benefici dellasmobilitazione individuale conl’applicazione immediata di ridu-zioni di pena e una prospettiva diintegrazione nella vita civile. Loha stabilito ieri un decreto delpresidente Iván Duque diretto inparticolar modo all’Eln, l’unicaformazione cui viene riconosciutoun carattere politico. Nel testovengono menzionati anche i dissi-denti delle Forze armate rivoluzio-narie della Colombia (Farc), imembri dell’Esercito di liberazio-ne popolare (Elp), e due organiz-zazioni paramilitari di estrema de-stra, il Clan del Golfo, meglio no-to come Autodefensas Gaitanistasde Colombia, e Los Caparros.

Nel provvedimento — arrivatodopo che nei giorni scorsi i guer-riglieri dell’Eln avevano annuncia-to la sospensione della tregua in-detta dagli stessi per l’e m e rg e n z acoronavirus per tutto il mese diaprile — Duque autorizza l’Altocommissario per la pace, MiguelCeballos, a verificare la volontà dipace, l’avanzamento del processodi reinserimento nella vita civileche passa attraverso «una sotto-missione volontaria alla giustiziada parte dei gruppi armati».

Procedura d’infrazione Uecontro la Polonia

VA R S AV I A , 30. L’Ue ha lanciato unanuova procedura d’infrazione con-tro la Polonia, per la «legge appro-vata il 14 febbraio che apporta mo-difiche al funzionamento del siste-ma giudiziario, con il serio rischiodi un controllo politico del siste-ma». Lo ha confermato il vicepresi-dente della Commissione Ue, VĕraJurová. «Il virus non può ucciderela democrazia», ha affermatoJurová, invitando Varsavia ad «af-frontare le preoccupazioni» dellaCommissione Ue. La Polonia haora due mesi per rispondere.

Nel mirino di questa iniziativa —la quarta in tre anni — sono ancorauna volta le leggi di riforma del si-stema giudiziario. Le norme «mina-no l’indipendenza dei giudici, sonoincompatibili con i trattati dell’Ue epongono il serio rischio di un con-trollo politico», ha precisato il vice-presidente dell’Ue. Il governo po-

lacco, guidato da Jarosław Kac-zyński, leader del partito conserva-tore e nazionalista Diritto e giusti-zia (Pis), resta dunque “osservatosp eciale” di Bruxelles, nonostantel’emergenza covid-19. «Monitoria-mo lo stato d’emergenza proclama-to da 20 Stati membri, ed in parti-colare le misure adottate da Varsa-via», ha evidenziato Jurová. «Rico-nosciamo — ha concluso — che unasituazione eccezionale richieda solu-zioni eccezionali, ma questo non si-gnifica che la Costituzione ed ilParlamento debbano essere spentied i giornalisti silenziati». Oltre alleforzature al sistema giudiziario po-lacco, a Bruxelles non è sfuggital’iniziativa sulla legge elettorale im-posta dal Pis, che invece di riman-dare le elezioni presidenziali del 10maggio al termine dell’e m e rg e n z adel covid-19, ha previsto un votoobbligatorio per corrispondenza.

Oltre cinquanta milioni di sfollati interni nel mondoal tempo della pandemia

GINEVRA, 30. Sono oltre 50 milionigli sfollati interni nel mondo, ossiale persone costrette ad abbandonarele proprie case — senza varcare iconfini nazionali — in fuga da guer-re, conflitti e disastri ambientali. Alanciare l’allarme è il rapporto an-nuale sugli spostamenti forzatidell’Internal Displacement Monito-ring Center (Idmc) di Ginevra. Sitratta di una cifra record, la più latamai registrata, che desta particolarepreoccupazione soprattutto in questitempi di pandemia. Difatti le perso-ne in esilio nel proprio Paese sonoora anche le più vulnerabili edesposte al coronavirus.

Il 2019, in particolare, ha registra-to un’impennata degli spostamentiforzati interni: circa 33,4 milioni dinuovi sfollamenti. La cifra più altadal 2012. Di questi, il 74,5 per centoè dovuto a disastri ambientali e il25,5 per cento a conflitti. I tre quarti

degli sfollati interni si trovano inappena dieci paesi: Siria, Repubbli-ca Democratica del Congo, Yemen,Colombia, Afghanistan, Somalia,Nigeria, Sudan, Iraq ed Etiopia.

La pandemia, come accennato, ri-

Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro (Reuters)

BRASÍLIA, 30. Il presidente brasilia-no, Jair Bolsonaro, con un nuovodecreto ha annullato ieri quello dinomina a nuovo direttore generaledella polizia federale di AlexandreRamagem, pubblicato il giorno pre-cedente. La decisione è arrivata do-po che il giudice Alexander de Mo-raes della Corte suprema federale digiustizia aveva sospeso il provvedi-mento presidenziale a seguito di unricorso presentato dal Partito demo-cratico del lavoro (Pdl) che ha accu-sato il capo dello Stato di «abuso dip otere».

Il nuovo provvedimento presiden-ziale, pubblicato in Gazzetta ufficia-le, blocca anche il licenziamento diRamagem, che guidò la scorta diBolsonaro durante la campagna elet-torale nell’ottobre 2018 ed è conside-rato legato alla famiglia del presi-dente, dalla carica di direttore gene-rale dell’Agenzia di intelligence bra-siliana.

Ramagem avrebbe dovuto sosti-tuire l’ex direttore della polizia fede-rale Mauricio Valeixo, la cui rimo-zione da parte del presidente Bolso-naro aveva portato, la settimanascorsa, alle dimissioni del ministrodella Giustizia Sergio Moro, pochigiorni dopo quelle del ministro dellaSanità, causando inoltre una crisipolitica nel governo. L’ex ministrodella Giustizia, nel motivare la pro-pria rinuncia, aveva parlato di inter-

ferenze politiche del presidente nellanomina di posizioni tecniche, tra cuiquella del direttore della polizia fe-derale, allo scopo di fermare una se-rie di indagini giudiziarie sui suoitre figli: il deputato federale Eduar-do, il senatore Flávio e il consiglieredi Rio de Janeiro Carlos.

Moro è stato sostituito dal presi-dente con l’avvocato e pastore pre-sbiteriano André de Almeida Men-donça, precedentemente responsabiledell’Ufficio per la difesa dello Stato.

Durante la cerimonia di insedia-mento di Mendonça, Bolsonaro hacriticato la sentenza del giudice dellaCorte suprema federale. Il presiden-te ha letto i primi due articoli dellaCostituzione, per sottolineare l’indi-pendenza tra i poteri, come se la de-cisione del magistrato non rispettas-se il precetto. «Rispetto la magistra-tura, rispetto le sue decisioni, macertamente, prima di tutto, rispettia-mo la nostra Costituzione. Il signorRamage, che avrebbe dovuto assu-mere l’incarico oggi, non ha potutofarlo per via di una decisione mono-cratica di un magistrato del Tribuna-le federale supremo», ha detto Bol-sonaro durante il discorso alla ceri-monia di giuramento di Mendonça,aggiungendo comunque che prestorealizzerà il proprio sogno di proce-dere alla nomina di Ramagen, «peril bene della nostra polizia federale edel nostro Brasile».

Sfollati in Nicaragua (Afp)

schia di aggravare la situazione diqueste persone in fuga. Per loro, as-siepati in campi improvvisati spessonon organizzati, il distanziamentosociale è praticamente impossibile.«La pandemia limiterà ulteriormente

il loro accesso ai servizi essenziali eagli aiuti», spiega Alexandra Bilak,direttrice del centro. Abbandonarli asé stessi, spiega, diventa una questio-ne di salute pubblica che coinvolgetutti, poiché comporta dei rischi an-che per chi vive a centinaia di mi-gliaia di chilometri di distanza.

Gli sfollati interni costituiscono lamaggioranza di coloro che scappanodalle guerre, superando il numerodei profughi, ossia persone sfollateche cercano però riparo all’e s t e ro ,che nel 2019 erano circa 19,8 milioni.Stando al rapporto, il 90 per centodegli sfollati interni nel mondo ècausato di conflitti armati e violenze,mentre il restante 10 per cento è cau-sato da disastri ambientali. I paesicon un maggior numero di sfollatiinterni sono Siria, Colombia, Re-pubblica Democratica del Congo eYe m e n .

Page 5: In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle …...impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare al punto nodale

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 1 maggio 2020 pagina 5

Narrare il Male (e il Bene)

I labirintidella notte

Compassionenecessaria

A colloquio con Marilynne Robinson

di ANDREA MONDA

Nel Messaggio perla Giornata mon-diale delle comu-nicazioni sociali ilPapa invita gli uo-

mini a tornare alla buona abitu-dine di raccontare storie. Rac-contare storie buone serve a nonsmarrirci, infatti Papa Francescodice: «Abbiamo bisogno di re-spirare la verità delle storie buo-ne: storie che edifichino, nonche distruggano; storie che aiuti-no a ritrovare le radici e la forzaper andare avanti insieme. Nellaconfusione delle voci e dei mes-saggi che ci circondano, abbia-mo bisogno di una narrazioneumana, che ci parli di noi e delbello che ci abita». A MarilynneRobinson, affermata scrittrice etra i più acuti critici letterari,chiediamo perché sono così im-portanti le storie?

«L’esperienza più forte e purache ho vissuto nella mia vita distorie e narrazione me l’hannodata i libri e le canzoni che mileggeva e cantava mia madre. Disolito erano molto, molto tristi:bambini abbandonati, bambiniche morivano e venivano pianticon amarezza e con dolcezza,bambini orfani. Mio fratello e iopiangevamo sempre, e continua-vamo a chiedere di poterli ria-scoltare. Sono stati, penso, uninsegnamento profondo allacompassione, quella intensa esana tristezza che i bambini pro-vano, con grande generosità, peruno spazzacamino o per un ca-ne smarrito o per un principezoppo. Molto spesso ho sentitopersone adulte elogiare un librodicendo che le ha fatte piangere.Quindi tendo a pensare che unlibro davvero buono possa af-frontare la paura reale e il dolo-re reale, la colpa o la vergogna,e suscitare un’identificazionecompassionevole nel lettore, cheè tanto pregevole quanto l’offrir-gli un mondo da godersi e unmodello da emulare. Mi pareche la compassione, nel suo si-gnificato più ampio, sia la vitadell’anima, il corrispettivo uma-no della grazia divina. Se la du-rezza di una storia è compensatadal desiderio profondo del letto-re che le cose possano essere di-verse, il narratore e il lettorehanno creato una storia fra loro.Ovviamente, affinché ciò avven-ga, anche lo scrittore deve avereuna comprensione compassione-vole e delicata del mondo chesta creando. Il filosofo america-no Charles Sanders Peirce hadetto che Dio sarebbe più divi-no nell’amare coloro che gli as-somigliano di meno. Penso che itesti più duri spesso cerchino,anche se spesso non ci riescono,di suscitare un abbraccio a colo-ro che solo Dio e lo scrittore rie-scono ad amare».

In che senso le storie devono essere“buone”? Per il contenuto? Per lostile in cui sono scritte? Eppure lestorie (i romanzi, i film, i giornali)raccontano per lo più storie pienedi malvagità. Qual è il rapportotra la necessità di raccontare storiebuone e la presenza del male nellavita degli uomini?

Le buone storie giungono daun luogo così profondo dellacoscienza che la loro “b ontà”nasce da elementi che si sonofusi e modificati reciprocamentee hanno coinvolto nuovi ele-menti attraverso l’associazione ela memoria culturale — tutto ciòancor prima che lo scrittore sap-pia qualcosa in più oltre che unseme vivo di pensiero incarnato,un’idea, ha iniziato a germoglia-re. Quando sopraggiunge la rea-lizzazione, lo scrittore deve esse-re molto attento alla natura del-la storia. Quale voce vi parlerà?Quale linguaggio le darà spesso-re? Una buona storia è la colla-borazione feconda tra lo scritto-re e la cosa che deve essere scrit-ta. Tale qualità nell’opera è pal-pabile. Di nuovo, questa visionedella questione non ha implica-

zioni ovvie per il valore dellastoria in termini morali, se nonin un modo molto essenziale,per il suo essere un esempio del-la realtà che le nostre menti so-no fatte in modo strano e mera-viglioso. Possiamo immaginare eparlare ai limiti più estremi dellenostre parole e della nostra com-prensione e, miracolo dei mira-coli, essere compresi. Una buo-na storia esplicita un momentodel funzionamento della mente,e coloro che l’ascoltano in qual-che modo la riconoscono comep ro p r i a .

Il Papa afferma che raccontarestorie permette a ciascun uomo dimettere a fuoco la propria identitàe aiuta a comprendere la realtà.La letteratura ha anche una fun-zione conoscitiva? A che serve lal e t t e ra t u ra ?

Ho riempito la mia testa diletteratura per così tanti anni,che difficilmente posso dare unatestimonianza obiettiva sullaquestione. Sono d’accordo chele narrative di ogni sorta — pub-blicità, pettegolezzi, i bigliettinipiù trash — di fatto entrano nel

nostro senso di noi stessi e deglialtri. Le persone sono largamen-te forgiate dalle loro attese, dalmodo in cui si aspettano che sisvolga la trama della loro vita, equesto può renderle timorose oostili, oppure egoiste, perfinoprive di rispetto per le loro sto-rie fortunate. I giovani scrittorispesso sentono di dover essererisolutamente fedeli a questa“re a l t à ” che loro stessi non han-no mai vissuto se non come pro-dotto di consumo, su uno scher-mo televisivo o in un best-seller.D’altro canto, la buona lettera-tura è una testimonianza onesta,attenta all’esperienza complessae confusa dello stare al mondo.Un insegnante una volta mi hadetto che la funzione della lette-ratura è di ridurre il caos a unacomplessità eloquente. La pa-zienza, la carità e una vera rilut-tanza a giudicare consentono almondo di presentarsi con suffi-ciente pienezza da permettere alsignificato di emergere laddoveforse non ce lo aspettiamo, e al-la bellezza di sorprenderci. Nel-la misura in cui andiamo al di làdel pregiudizio e della storia in-ventata, permettono alla veritàdi renderci liberi, o perlomenodi allentare le nostre catene.

Il Papa pensa che raccontare storiefa bene non solo al singolo uomoma anche alla comunità. La co-munità è un gruppo di persone, sipotrebbe dire che è un “tessuto distorie”, quindi raccontare storiecontribuisce a costruire una comu-nità. C’è una funzione sociale epolitica nell’arte narrativa?

La storia dimostra in conti-nuazione quanto le narrazionisiano importanti per le comuni-tà. Le storie possono cullare eospitare antagonismi e risenti-menti, e alcuni scrittori, comeanche alcuni politici, sono statiriccamente ricompensati peravere diffuso narrative distrutti-ve. Nel secolo passato molti au-tori hanno notoriamente appog-giato il fascismo, e tuttavia sonostati riveriti lo stesso, come se inqualche modo fossero esenti dalgiudizio morale in quanto scrit-tori. Non riesco a decidere se sitratta di riverenza o di disprezzovelato, o di qualche combinazio-ne senza nome tra le due cose.Quanto è bizzarro agire come seun qualsiasi essere umano possaessere troppo alto per esseresoggetto alle norme umane, otanto marginale e insignificanteda avere il tipo di immunità checoncediamo ai bambini e agli

Marilynne Robinson

Francesco Koeck«Il buon Samaritano» (1824)

Quella tra la luce e le tenebreè una continua lottaChi prevarrà alla fine?L’importante per chi racconta tale lottaè sapere che non può esserci speranzase prima non si entra nei labirinti della notte

Straordinaria trilogiaScrittrice e saggista, Marilynne Robinson (1943) è unadelle più quotate e premiate autrici statunitensi. Il suoprimo romanzo, Housekeeping (1980), ha vinto ilPen/Hemingway Award per la miglior opera prima, mala sua fama è esplosa con la straordinaria trilogiacomposta da Gilead (premiato con il National BookCritics Circle Award e con il Pulitzer tra il 2004 e il2005), Casa e Lila: tre romanzi interconnessi pubblicatitra il 2004 e il 2014. Tra gli altri premi ottenuti,ricordiamo il Richard C. Holbrooke DistinguishedAchievement Award (2016), la National HumanitiesMedal (2012), e l’Orange Prize nel 2009. Docenteall’Iowa Writers’ Workshop, Marilynne Robinson scrivesu importanti riviste letterarie.

La buona letteraturaè una testimonianza onestae attentaall’esperienza complessa e confusadello stare al mondoSi tratta di ridurre il caosa una complessità eloquente

incapaci. E questo status eleva-tissimo viene raggiunto scriven-do poesie e romanzi che, sehanno un qualche valore, do-vrebbero essere prova di un’in-telligenza funzionante. In tuttafranchezza, ritengo che questaesenzione abbia svuotato e toltovigore alla cultura intellettualeoccidentale. Quando insegnavoai giovani scrittori, io e i mieicolleghi avevamo una sorta dimotto: primo, non fare danno.Intendevamo con questo chechiunque veniva da noi, dovevalasciarci con la stessa capacità discrivere bene che aveva quandol’avevamo ammesso. Questo ti-po di insegnamento è un compi-to delicato e si può sbagliaremolto. Ma quel vecchio adagiosi presta a un’applicazione mol-to ampia. Il danno si diffondecome una pandemia. È un eser-cizio valido e bello onorare lepersone che ci circondano e lafede che professiamo con grandee generosa responsabilità.

di GIANCARLO DE CATALD O

«C hi si è assunto ilcompito di ab-battere il vizio edi vendicare inmodo esemplare

presso i suoi amici l’etica, la religionee le leggi della società civile, deve ad-ditare il vizio integralmente, nell’im-mensità del suo orrore, e costringerel’umanità a constatarne l’immanegrandezza, deve entrare nei labirintidella notte, non deve esitare a percor-rerli, deve imporre a se stesso di pene-trare fino in fondo nel cuore dei senti-menti che suscitano nel suo spiritouna cupa avversione».

Nessuno, meglio di FriederichSchiller nella prefazione a I Masnadie-ri (1781), ha saputo cogliere i terminidella questione: è lecito raccontare ilMale? E se sì, questo racconto deveporsi dei limiti etici, politici, religiosi?Schiller rivendica quella che potrem-mo definire la «necessità» di confron-tarsi con il lato oscuro, di «entrare neilabirinti della notte». Non foss’a l t roperché «i buoni risaltano solo in op-posizione ai malvagi, e la virtù si esal-ta a dismisura solo se la si accosta alvizio o se gli viene contrapposta». Daqui la «necessità», se del mondo realenon si vuole fornire «un’idealistica

al massimo, finisci fuori mercato o i“so cial” ti fanno la guerra. Il che nonè piacevole, ma è sempre preferibilealla galera. Non per questo la libertàcreativa non è costantemente criticata.E le parole d’ordine sono quelle disempre. Tuttavia, rivendicare la libertàd’espressione è dunque sacrosanto, manon sufficiente. C’è bisogno di appro-f o n d i re .

Schiller ha una sua teoria sul fasci-no dell’eroe malvagio. Ne siamo sog-giogati perché riconosciamo in lui ladistorsione dell’etica: più un essereumano è dotato di grandi capacità,tanto più colpevole è l’abuso che egline fa. Ne deriva, da parte nostra, unmoto di ripugnanza, ma anche di am-mirazione. Un cattivo totale ci indi-spone tanto che non vogliamo saper-ne di lui. Mentre «in preda al fascinoe all’orrore, seguiamo nei suoi caoticilabirinti il Satana di Milton. La Me-dea dei drammi classici è sempre de-gna d’ammirazione, nonostante tutti isuoi orrori, e il Riccardo di Shake-speare suscita una profonda ammira-zione nel lettore che tuttavia lo re-spingerebbe con astio se gli comparis-se, vivo, davanti agli occhi». E anco-ra: «Quando io mi assegno il compitodi rappresentare gli uomini nella loroassoluta integrità, devo essere dispo-sto ad accettarne anche i lati positivi,che non sono assenti nemmeno nella

contraffazione ad uso e consumo dellaso cietà».

Ma visto che ogni narrazione, dallapittura rupestre al web, segue regolepressoché immutabili, quando parlidel Male, il Male entra prepotente-mente in scena, e spesso ne diventa ilprotagonista. Ed ecco i tre rischi diuna simile scelta, lucidamente espostida Schiller: ferire i sentimenti delpubblico, trasformare il malvagio ineroe, essere additato come «cattivomaestro». D’istinto, verrebbe da ribat-tere: la libertà creativa va messa alprimo posto. L’artista dovrebbe esserelibero di operare al di fuori di condi-zionamenti di tipo etico, politico, reli-gioso. Flaubert, Genet, Bertolucci, Pa-solini, i blacklisted di Hollywood, gliscrittori e poeti tacitati o eliminati dalterrore staliniano, i pittori “degenera-ti”: sono tutti esempi di autori perse-guitati per ragioni di tipo etico e poli-tico.

Oggi, nei Paesi liberi, pressochéogni forma di espressione artistica èinserita in grandi strutture produttive— piattaforme, network — o comunica-tive: i social che, a differenza dei regi-mi di un tempo, non impongono mo-delli culturali, ma semmai li suggeri-scono. Qui a dominare il gioco è ilmercato — qualunque sia il senso chesi vuole attribuire a questa parola cosìindeterminata — con i suoi algoritmi.Si potrebbe dire: ma oggi nessunovieta di raccontare il Male. Navighia-mo, anzi, in un oceano di eroi negati-vi. Nessuno più finisce ai ceppi per-ché ha raccontato la storia “sbagliata”:

creatura più depravata.Quando devo prevenire i let-tori contro la tigre, non de-vo censurarne lo splendidomanto variegato senza priva-re per questo la tigre dellesue caratteristiche fonda-mentali».

Perciò, per Schiller, il pro-blema di essere consideratoun «cattivo maestro» non ri-guarda tanto l’artista, quan-to il pubblico. Solo l’i s t ru -zione, la cultura, la cono-

scenza potranno compiere il miracoloed evitare che chi narra il Male siascambiato per un adepto del Male:«Che tutti gli amici della verità simettano insieme per insegnare ai loroconcittadini dal pulpito e dalla sce-na…». Compito davvero arduo, intempi di social.

Ma che cosa, in fondo, può ferirci,quando ci troviamo davanti a un rac-conto del Male? Qui soccorre un altroesempio illustre, Rigoletto di Verdi,ispirato da un dramma di Victor Hu-go. La censura intervenne, si parlò diimmoralità e depravazione. Il problemanon stava nel regicidio — il gobbo at-tenta al sovrano — o nella criticaall’abisso morale delle classi dominan-ti, e nemmeno nello stupro di una po-vera fanciulla. Ciò che si riteneva in-tollerabile era, da un lato, che il de-forme Rigoletto fosse al contempomaestro di turpitudini e tenero padre,e, dall’altro, che Gilda, vittima dellostupro, provasse pietà per lo stuprato-re. Era, in una parola, la complessitàa turbare gli animi.

Eccoci dunque al punto: se raccontiil Bene da una parte, granitico e com-patto, e dall’altra il Male, feroce epervasivo, se tracci un confine netto einvalicabile, tutto è molto più sempli-ce, sparisce ogni traccia di ambiguità,e non c’è nessun pericolo che si lascicampo al «cattivo esempio». Ma chisi sentirebbe, oggi, di affermare che lesublimi melodie verdiane istighino almale e alla depravazione? E non è so-lo una questione legata all’evoluzionedei costumi. È la storia del rapportocomplicato, ma ineludibile, fra la lucee le tenebre. La storia dell’impasto delquale siamo composti noi tutti esseriumani. La storia della battaglia cheogni benedetto giorno si combattedentro di noi. Per dirla coi versi diRobert Browning, «è il bordo vertigi-noso delle cose che ci attrae / il ladroonesto, il tenero assassino / l’ateo su-perstizioso, la donna perduta / che siriscatta l’anima amando nei romanzifrancesi alla moda / li guardiamomantenere un incerto equilibrio / frail filo sospeso e la caduta».

È una storia dal finale imprevedibi-le, consegnato alla tensione di unascelta continua. Vincerà la luce? Pre-varranno le tenebre? Spesso, propriochi racconta le storie meno edulcora-te, quelle più nere, «si è assunto ilcompito di abbattere il vizio», e dun-que si augura il trionfo della luce, enon chiude mai la porta alla speranza.Ma sa anche che non può esserci spe-ranza se prima non si entra nei labi-rinti della notte.

Storie di malaffaree di ribellioneMagistrato, scrittore, sceneggiatoredrammaturgo nonché collaboratore dinumerosi giornali, Giancarlo De Cataldo(1956) ha assunto fama internazionalecon l’opera Romanzo criminale (2002),dalla quale è stato tratto il film direttoda Michele Placido e la serie televisivaper la regia di Stefano Sollima. Nel 2007è uscito Nelle mani giuste, ideale seguitodi Romanzo criminale, ambientato neglianni Novanta, dalle stragi del ‘93 a“Mani pulite” e alla fine della cosiddettaPrima Repubblica. Del 2010 è ITra d i t o r i , romanzo ambientato durante ilRisorgimento italiano.

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 1 maggio 2020

di SI LV I A GUIDI

Poche cose mettono piùansia della frase «abbia-mo tutto sotto controllo»ripetuta in automatico,come un mantra; anche in

tempi normali, non soltanto duranteun’epidemia virale dalle dimensioniplanetarie. Forse perché ne percepia-mo oscuramente, confusamente tuttala menzogna. E tutta la (pericolosa)astrazione. No, non abbiamo mai,davvero, tutto sotto controllo; solouna presunzione ridicolmente sicuradi se stessa può continuare a farcelop ensare.

La sproporzione tra l’uomo e ilcosmo, tra l’uomo e il mistero dellanatura, tra l’uomo e il suo Creatore,è la vera protagonista di questo tem-po di angoscia, segnato da vertici eabissi di generosità e paura, puroterrore e gesti di inspiegabile amoreche solo la grande arte riesce a de-scrivere, come l’inquietante bellezzadel M i s e re re di Allegri, o lo struggen-te abbandono al mistero della mortedella Pietà Rondanini. «Ci hai fattobere vino da vertigini» recita il sal-mo 59, fotografando, a millenni di

ebook, Il risveglio dell’umano. Rifles-sioni da un tempo vertiginoso (Bur-Rizzoli, 2020, euro 3,99). Che cosapossiamo imparare dall’“ottovolante”emotivo ed esistenziale della pande-mia? La consapevolezza della fragili-

«Il male non è che i sapienti nonvedono la risposta — stavolta ad es-sere citata è una delle più luminose,sorprendenti capriole logiche diG.K. Chesterton — ma che non ve-dono l’enigma». La condizione pervedere la risposta — continua Carrónlungo tutto il percorso di questo agi-le ma densissimo libro, pieno diesempi tratti dalla vita reale, stralcidi mail, domande e risposte tratte dadialoghi con studenti, amici, madridi famiglia, gente “normale” cheparla della propria esperienza quoti-diana — è vedere l’enigma. Questoimplica una certa postura di frontealla realtà, la disponibilità a lasciarsiinterpellare e a lasciarsi cambiare.Insomma, è un problema di sguardosul reale. Paradossalmente, la situa-zione di isolamento in cui ci siamovenuti a trovare è diventata l’o cca-sione di un grande dialogo a distan-za.

Chiunque, in un modo o nell’al-tro, ha dovuto misurarsi con un datoimprevisto che ha fatto irruzionenella sua vita quotidiana. Quali ri-sposte sono all’altezza della situazio-ne? La realtà è entrata nelle nostre

vite senza chiedere permesso, e que-sto ha fatto riemergere in tutta lasua portata quell’esigenza di capireche chiamiamo ragione. «Natural-mente ragione non vuol dire guarda-re le cose dal buco della serraturadella nostra misura razionalista. Ra-gione e razionalismo sono due cosediverse» scrive Antonio Polito nellarecensione all’ebook sul «Corrieredella Sera» del 30 aprile, non a casoillustrata dalla surreale ironia di Th eMan who Measures the Clouds di JanFa b re .

La pretesa di una misura umanache detta legge a se stessa è il gran-de inganno novecentesco smaschera-to dal virus. «Non vogliamo più —scrive un lettore in un forum di di-scussione online sul libro — re s t a reprigionieri della distrazione che ciconsuma». Ma come si esce dalla“b olla” di finta realtà che ci tieneprigionieri? Come si spacca quel sof-fitto di vetro che non siamo più ingrado di vedere ma ci separa dalCielo (con la “c” minuscola, per chinon crede)?

Solo l’impatto — consap evolmenteaccettato — con la realtà può spalan-care nuovamente la ragione. Ed èsempre un contraccolpo, un esserecolpiti, a far sì che i nostri occhi siaprano: la conoscenza implica nelsuo sorgere e nel suo svilupparsi unadimensione affettiva che rimanda al-la sua origine. Quanto più una real-tà ci colpisce e ci interessa, tanto piùlo sguardo della ragione si schiude,si protende, si acuisce, non si accon-tenta di soluzioni a buon mercato. Ilsentimento che la realtà suscita —stupore, paura, curiosità — è un fat-tore essenziale alla visione, è una“lente” che avvicina l’oggetto.

Ma accettare l’impatto con la real-tà non è facile; in momenti comequesti viene allo scoperto il cammi-

no di maturazione che ciascuno per-sonalmente e insieme agli altri hafatto, la coscienza di sé che ha gua-dagnato, «la capacità o incapacità diaffrontare la vita che si trova tra lemani. Le nostre piccole o grandiideologie, le nostre convinzioni, per-fino quelle religiose, sono messe allaprova. La crosta delle false sicurezzemostra le sue crepe». In questo sen-so, si riparte dall’“io” di ciascuno.Vengono meno tante delle false cer-tezze che hanno dominato il Nove-cento; con Nietzsche, ci eravamoconvinti che non esistono fatti, masolo interpretazioni. Uno slogan da-to per scontato, che ha resistito perdecenni come una verità indiscutibi-le, in situazioni come questa mostratutta la sua debolezza. La realtà, chesembrava qualcosa di superato, è te-starda e si sta riprendendo la scena.

Davanti ai nostri occhi c’è qualcosadi più che delle interpretazioni: cisono dei fatti ostinati, che chiedonodi essere considerati e anche adegua-tamente interpretati. Il nichilismo è— almeno in questo senso — messoalle corde. E tutto questo cambia an-che il rapporto con Dio. «L’unicacondizione per essere sempre e vera-mente religiosi è vivere sempre in-tensamente il reale» scrive don Gius-sani nel suo libro più noto, Il sensore l i g i o s o . La sua è una concezionedell’avvenimento cristiano che portaa riconoscere qualsiasi circostanzacome chiamata, cioè come vocazio-ne. Ben consapevole di quale vertigi-noso, permanente senso di spropor-zione questo introduca nella vita:«L’uomo, la vita razionale dell’uomodovrebbe essere sospesa all’istante,sospesa in ogni istante a questo se-

Il brusco «ritorno alla realtà» portato dal coronavirus nell’ultimo libro di don Julián Carrón

La vertiginedel presente

È morto Ladislav Heydánek

Il filosofo dissidente voce di Charta 77

La sproporzione tra l’uomo e il cosmotra l’uomo e il mistero della naturatra l’uomo e il suo Creatoreè la vera protagonista di questo tempo di angosciaSolo l’impatto — consapevolmente accettato —con la realtà può spalancare nuovamente la ragioneE spaccare la “bolla” di finta realtà in cui ci siamo rinchiusi

Pontormo, «Il Trasporto di Cristo»(1526-1528, particolare)

Jan Fabre, «The Man Who Measures the Clouds» (2019)

Nel suo pensiero un «evento»è quel che non può esserecalcolato né previstoChe rifugge leggi e strutturerispetto alle quali rappresentalo scarto, la fratturaL’evento scardina la razionalitàprecostituita della logicae ci obbliga a confrontarcicon qualcosache va al di là del concetto

točka — perché in tal modo ricadrebbe nuo-vamente nella mera autocontinuazione; la vi-ta che ha aderito alla propria finitezza si èconquistata soltanto per dedicarsi. E questovuol dire: per appellarsi, per consegnarsiagli altri, non in vista della semplice conti-nuazione della loro perdita di sé, ma per ri-trovare una pura, comune interiorità».«Charta 77» ha incarnato questa aspirazione,e Heydánek ne è stato un testimone privile-giato.Ladislav Heydánek

gno apparentemente cosìvolubile, così casuale chesono le circostanze attra-verso le quali l’ignoto “si-g n o re ” mi trascina, miprovoca al suo disegno. Edir “sì” a ogni istante sen-za vedere niente, sempli-cemente aderendo allapressione delle occasioni.È una posizione vertigi-nosa», un vertiginoso es-sere sospesi «a questo se-gno apparentemente cosìvolubile, così casuale chesono le circostanze». Ep-pure — insiste Giussani —questo è l’unico atteggia-mento razionale, perché èproprio attraverso quellecircostanze che il Misterointerpella, chiama a colla-borare al suo disegno mi-sterioso.

Ella e le altreIl jazz come palestra di dialogo e strumento di pace

di LUCA M. PO S S AT I

È stato uno dei protagonisti diCharta 77, il movimento per la di-fesa dei diritti umani nato alla fi-ne degli anni Settanta nella Ceco-slovacchia comunista sulla scia

della tragica primavera del Sessantotto. La-dislav Heydánek è morto il 28 aprile a 92anni, nella sua Praga. Studioso di logica ma-tematica, sociologia e filosofia, Heydánek èstato uno degli intellettuali che più ha con-tribuito alla critica interna del sistema sovie-tico nell’Est europeo e alla “rivoluzione divelluto” del 1989.

Come molti altri dissidenti firmatari della«Charta 77», Heydánek subì interrogatori,violenze e la marginalizzazione sociale daparte di uno dei peggiori regimi che in no-me del sogno del socialismo reale attuaronouna repressione senza scrupoli, soprattuttocontro gli intellettuali: la Cecoslovacchia di

allora fu definita da Heinrich Böll un “cimi-tero culturale”. Emarginato e perseguitato,Heydánek lavorò come operaio negli anniCinquanta e in seguito come impiegatoall’Istituto di epidemiologia e microbiologiadi Praga. Tra il 1968 e il 1971, a causa deisuoi scritti filosofici, venne arrestato e passònove mesi in prigione. Negli anni Ottantaorganizzò seminari clandestini di filosofia etesse — in quanto portavoce del movimentodi protesta — numerose relazioni internazio-nali. Quelle relazioni che in seguito avrebbe-ro fatto la differenza nella lotta contro il to-talitarismo.

Il riconoscimento accademico arrivò moltotardi, ma non fu essenziale. Negli anni No-vanta le sue idee hanno circolato ampiamen-te in patria e fuori, diventando uno dei pun-ti di riferimenti del pensiero critico nell’Eu-ropa dell’Est.

Sul piano filosofico, il pensiero di Heydá-nek è stato profondamente influenzato da

zione di evento: un passaggio che accomunaHeydánek a molti altri pensatori della suagenerazione. L’evento è quel che non puòessere calcolato né previsto; rifugge leggi estrutture, rispetto alle quali rappresenta loscarto, la frattura. L’evento scardina la razio-nalità precostituita della logica e ci obbliga aconfrontarci con qualcosa che va al di là delconcetto. Questo aspetto si riflette anchenella riflessione teologica e religiosa di He-ydánek, che alcuni accostano a quella diJean-Luc Marion.

Come Patočka, Heydánek riteneva che ildato primario dell’esistenza umana non fosseil pensiero logico, ma l’esperienza pratico-corporea, articolata secondo tre assi: l’accet-tazione del mondo, l’azione pratica e la ri-cerca della verità, cioè il senso di se stessi edel mondo. Ricerca, questa, che si configurasempre come un combattimento contro ognisistema anonimo e alienante. Una lotta cheimplica la responsabilità di prendere una di-rezione e di seguirla in tutte le sue conse-guenze. «La vita che si è conquistata comeesistenza non può chiudersi — scriveva Pa-

distanza, la situazione che stiamo vi-vendo.

Quello che possiamo fare, adesso,nel pieno della tempesta, è non sot-trarci a questa vertigine; da qui il ti-tolo dell’ultimo libro intervista diAlberto Savorana a don Julián Car-rón, il presidente della Fraternità diCl, da poco uscito in formato

tà umana può diventare un antidotoal delirio di onnipotenza, un’o cca-sione di risveglio, uno strumento ca-pace di «tirarci fuori dal torpore incui viviamo di solito» sottolineaCarrón rispondendo alle domandedi Savorana. Per dirla con l’asciuttagenialità della Arendt, ogni crisi co-stringe a tornare alle domande.

un altro firmatario della«Charta 77», il filosofo JanPatočka, che fu allievo diHusserl, Heidegger e Har-tmann, e autore di una rilet-tura critica del pensiero feno-menologico in un senso pro-fondamente anti-idealista. Dauna soggettività pura e disin-teressata, quale Husserl cre-deva di trovare come “re s i -duo” della riduzione fenome-nologica, Patočka passa a unio concreto, situato e impe-gnato nel proprio “aver da es-s e re ”. La precedenzadell’esperienza originaria delmondo naturale rispetto allacoppia soggetto/oggetto, te-ma cruciale del pensiero diPatočka, è presente in tutti ilavori principali di Heydánek,e soprattutto in due concetticardine: il pensiero non-og-gettivo e la “meontologia”,cioè la teoria del nulla, delnon-essere (Non-objectivenessin Thought and in Reality,1977).

La critica della soggettivitàtrascendentale e della metafi-sica moderna conduce Hey-dánek all’affermazione dellapriorità del non-essere sull’es-sere. Di qui il privilegio me-todologico conferito alla no-

di ANNA LISA ANTONUCCI

Strumento educativo, forza di pace,unità, dialogo e cooperazione tra ipopoli: questo è il jazz, secondo

l’Unesco, che celebra il 30 aprile laGiornata internazionale di questa formamusicale. «Oggi più che mairaccogliamo e diffondiamo l’etica delmovimento globale del jazz in tutto ilpianeta e usiamolo come un’o ccasioned’oro per l’umanità per riconnettersi,soprattutto in un momento di isolamento e incertezza». È ilmessaggio del leggendario pianista ecompositore jazz Herbie Hancock,ambasciatore di buona volontàdell’Unesco, in occasione dellaGiornata internazionale istituita,dall’Organizzazione delle NazioniUnite, per sensibilizzare il mondo allevirtù del jazz. Questo stile musicaleunico, che ha avuto origine nel suddegli Stati Uniti d’America, ha le sueradici in Africa e, secondo la tradizione,nasce con gli africani deportati eschiavizzati, che cantavano persopportare la fatica del lavoro. Non acaso l’orchestra jazz, molto primadell’integrazione nel lavoro, nei sistemieducativi e nello sport, è stata unesempio di tolleranza, cooperazione ecomprensione reciproca. Non menoimportante il fatto che il jazz ha fornitouna delle prime occasioni di libertà diespressione alle donne, la motivazione el’opportunità per loro di andare oltre iruoli tradizionali imposti dalla società.Un esempio per tutti è Ella Fitzgerald,che, orfana, cresciuta tra orfanotrofi equartieri malfamati di New York,giovanissima diventa una delle migliorie più influenti cantanti jazz della storia.Questa musicalità così particolare èstata, inoltre, la forza trainante per ilmovimento di liberazione delle donnenegli Stati Uniti. Nel corso del XXsecolo, il jazz si è rivelato unlinguaggio universale, si è diffusoattraverso i continenti, ha influenzato esi è fatto influenzare da altri tipi dimusica, evolvendosi come elementoculturale di incroci per gli appassionatidi tutto il mondo, indipendentementeda razza, religione o nazionalità. Findalla sua nascita, nel 2011, la Giornatainternazionale del jazz ha evidenziato ilruolo “diplomatico” di questa musica,che, attraverso la sua stessa essenza, ha

la capacità di riunire le persone in tuttoil mondo e il potere di rafforzare ildialogo, la comprensione reciproca, lalibertà di espressione, il rispetto deidiritti umani e della diversità. Dunquel’Unesco ha scelto di celebrare il jazzperché è «veicolo di libertà diespressione e simbolo di unità e dipace; abbatte le barriere e creaopportunità di comprensione etolleranza reciproca; riduce le tensionitra individui, gruppi e comunità;promuove l’uguaglianza di genere;rafforza il ruolo dei giovani nelcambiamento sociale e incoraggial’innovazione artistica,l’improvvisazione, le nuove forme diespressione e l’integrazione delle formemusicali tradizionali in nuove forme;infine stimola il dialogo interculturale evalorizza i giovani provenienti daambienti marginali». La forza diriscatto sociale di questa musica èdimostrata, infatti, dalla storia di quasitutti i maggiori jazzisti che, come LouisArmstrong, hanno avuto alle spalleinfanzie difficili, abbandoni e violenza. Le manifestazioni e le iniziative previsteper l’edizione 2020 della Giornatainternazionale del jazz si sarebberodovute tenere a Città del Capo, in SudAfrica, ma a causa della pandemiaqueste celebrazioni non potrannosvolgersi nei modi previsti e si terrannosul web. Sul sito ufficiale dellaGiornata del jazz Unesco potrannodunque essere pubblicati video emessaggi dei fan di questo generemusicale. Inoltre sarà l’occasione perrendere omaggio ai tanti musicisti chenegli ultimi mesi hanno perso la vita acausa del virus. Tra loro ci sonoleggende del jazz come il pianista EllisMarsalis, padre del trombettistaWynton Marsalis, Mike Longo, pianistae direttore musicale di Dizzy Gillespie,Wallace Roney, trombettista di famamondiale, i sassofonisti Marcelo Peraltae Manu Dibango, il chitarrista BuckyPizzarelli e Henry Grimbassistes, percitarne alcuni. L’edizione 2020 dellaGiornata vuole dunque ricordare tuttiquesti grandi artisti che hannocontribuito, attraverso la loro musica eil loro lavoro, a definire, promuovere,sensibilizzare, educare ed esportarequesto genere musicale a tutti i tipi dipubblico, in tutto il mondo.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 1 maggio 2020 pagina 7

di ANTONELLA LUMINI

La realtà così anomala chestiamo vivendo ha scon-volto in maniera senzaprecedenti anche la vitacristiana. L’epidemia,

esplosa poco prima del giorno delleCeneri, ha investito tutto il tempoquaresimale, aggiungendo al norma-le digiuno, il digiuno eucaristico,con le sante messe celebrate a portechiuse. La domenica delle Palmesenza ulivo benedetto. Una Settima-na Santa inverosimile, partecipata at-traverso mezzi digitali, per lo piùpuntati sull’immensa basilica di SanPietro e la sua nuda bellezza e lasua enorme piazza completamentevuota. La liturgia del Triduo pasqua-le solenne, ma allo stesso tempo so-bria, commovente. La parola, i canti,le risonanze, i lunghi silenzi. Un Pa-pa sofferente, raccolto nell’intimo,gravato dal dolore dell’umanità. Unarealtà unica, mai vissuta prima nep-pure in tempo di guerra, ha accomu-nato tutti, credenti e non credenti,imponendosi come segno di unasperanza ancora indecifrabile.

Quello che sta accadendo nonpuò finire nel nulla, non può sem-plicemente esaurirsi. L’esp erienzavissuta scava nelle coscienze, trasfor-ma la storia, non solo quellasocioeconomica, ma anche quelladella Chiesa. Questo tempo che uni-sce l’umanità intera nella medesimapaura, nel medesimo smarrimento,

nel medesimo dolore, favorendo ge-sti di grande generosità e solidarietà,al contempo isola e divide fra loro lepersone, colpendo in modo partico-lare la cristianità, impedendo di par-tecipare ai sacramenti e alla vita co-munitaria.

Ma c’è da dire che questo grandesmarrimento, questo stato di impre-vedibile precarietà, costituisconoproprio le condizioni che predispon-gono all’azione dello Spirito, chesmascherano e invitano a intrapren-dere cammini di verità. Risuonanopertanto con forza le parole del IVvangelo: «È giunta l’ora ed è questain cui i veri adoratori adorerannoDio in Spirito e verità» (Giovanni, 4,23). Spirito e verità sono assoluta-mente congiunti. Lo Spirito è luceche dissolve le tenebre e la verità,quando si mostra nuda, uccide, famorire a se stessi aprendo allo Spiri-to. Questo tempo di isolamento, diseparazione e lontananza, può favo-rire a livello personale intensi per-corsi di comunione con Dio.

Il corpo mistico di Cristo, purifi-candosi si vivifica, chiama verso l’es-senza che è la vita dello Spirito San-to dentro di noi, che è la potenzadella resurrezione in atto, memorialeche è il sempre del tempo, realtà at-tuale, sempre attiva ed efficace. Lesconcertanti parole che Gesù pro-nuncia per la morte di Lazzaro po-trebbero divenire particolarmente si-gnificative anche per noi: «Questa

malattia non è per la morte, ma perla gloria di Dio» (Giovanni 11, 4).

Il dramma in corso può esserel’occasione di un reale processo dirisveglio spirituale. Ci è chiesto peròdi trasformare questo tempo di isola-mento in tempo in cui valorizzare lasolitudine. Se viviamo male la solitu-dine vuol dire che non abbiamo unbuon rapporto con noi stessi. Senon siamo in pace con noi stessi,non siamo in pace con Dio, che sirivela nel profondo. Ci sono sbarra-menti che chiudono all’amore. Lasolitudine costituisce in se stessa lacondizione indispensabile per svi-luppare un autentico rapporto di co-munione con Dio.

Il passaggio forte che investe laChiesa e l’intera umanità tende a farsì che le comunità si trasformino inautentiche realtà di comunione.Centrali i capitoli giovannei denomi-nati Testamento di Gesù (Giovanni13-17). «Io sono nel Padre e il Padreè in me» (Giovanni 14, 10-11); «Voi inme e io in voi» (Giovanni 14, 20).

La comunione del Figlio col Pa-dre si estende, attraverso Gesù, ai di-scepoli e dai discepoli all’umanitàintera, ma è indispensabile una con-dizione: «voi in me», restare in lui.Chi resta in lui, partecipa di lui: «ioin voi». Il Verbo incarnato, morto erisorto ha vivificato di se stesso lanatura umana divenendo reale po-tenzialità per ogni uomo e ogni don-na. Chiede però nudità, abbandono,di restare in lui, affinché lui possa

farsi conoscere nell’intimo. «Voi inme e io in voi» implica la disponibi-lità ad aprirsi all’amore che Gesù hafatto conoscere come esperienzaumana incarnata. «Voi in me», comedire: «se mi amate». Se vi aprite almio amore, io vi colmo di amore.Questo amore è il suo Spirito, è loSpirito Santo che è amore in atto.Amore nell’atto di amare. Aprirsi al-lo Spirito di Cristo invita a ricono-scere che siamo abitati dallo spiritodel mondo, chiede di accettare uncammino di svuotamento, di kenosi.Processo che avviene nell’interiorità,nella solitudine. Questo tempo cosìanomalo si annuncia allora come se-gno di un’opera potente che scavanelle profondità per sciogliere, perprovare e maturare la fede, per dirci«che è giunta l’ora ed è questa».

È giunto il tempo per vivere con-cretamente le parole di Gesù, «voiin me e io in voi», per lasciarsi at-trarre nella dinamica della SS. Trini-

tà e ricevere ed espandere amore.Questo crea corpo, unità. Fa sentirepresenza e vicinanza anche nella di-stanza, nell’isolamento. Vivere la co-munione d’amore con Gesù rendepartecipi di una intensità d’a m o reche resta salda, radicata, al di là diqualunque lontananza. Fa sperimen-tare la comunione di Spirito. Laconsuetudine a sentire la presenzaviva di Cristo dentro di noi, educa asentire la presenza viva anche dellepersone che amiamo, non solo diquelle sulla terra, ma anche di quellegià passate a miglior vita. Rendepartecipi della comunione dei santi.

La solitudine che conduce alla co-munione d’amore con Gesù, si tra-sforma dunque in solitudine abitata,diviene la condizione necessaria astabilire autentici rapporti di comu-nione con coloro che incontriamosulla nostra strada. Intensità d’a m o reche crea corpo nella Chiesa e apre a

un amore radicato e quindi semprepiù dilatato universalmente.

Un amore che nella concreta vici-nanza e presenza non diviene pos-sessivo, aggressivo o dipendente,perché colmo, purificato da ogni for-ma di potere egoico, sia esso fisico,psichico e tanto meno spirituale.Questo vale per tutti, laici, consacra-ti, religiosi, perché possessività, bra-ma di potere, investono tutti.

La comunione di Spirito richiedel’esperienza dello Spirito, la viadell’interiorità. Questa situazione co-sì estrema che sta investendo ancheil cuore della cristianità nella sua vi-ta comunitaria, liturgica e sacramen-tale, potrebbe allora porre le condi-zioni per un effettivo salto di quali-tà, che sposti dal dover essere all’es-sere, che inviti a vivere la liturgiadella vita, a incarnare i sacramenti.Segno profetico di una grande operaspirituale in atto.

1° maggio in tempo di pandemia

Il bivio delle due «i»: ineguaglianza o inclusione?

tati e cresce il numero degli indigen-ti. Questi mondi si possono racchiu-dere sotto l’ombrello di un unicotermine: povertà. C’è chi sa che nonavrà più il posto di lavoro, c’è chi èrimasto senza stipendio e c’è chi nonconosce le prospettive per il futuro,visto che rischia la morte economicaa causa di debiti per la casa o perl’impresa. Non se la passano benepure i 900 mila lavoratori irregolariimpiegati in settori strategici comel’agricoltura o la cura delle persone(badanti) che non vedono ricono-sciuti i loro diritti più elementari. Laregolarizzazione è la precondizioneperché non finiscano in giri mafiosio sotto forme di sfruttamento inde-gno (caporalato). Alcuni settori sonoentrati in crisi dal primo giorno dichiusura totale: il turismo, la filieraagroalimentare, le cooperative socialied educative, l’edilizia, il mondodella cultura, le piccole e medie im-prese, le partite iva, i settori dell’ab-bigliamento e dell’auto, i lavoratoristagionali... Tutti sono a rischio. Ilsettore florovivaistico è in ginocchio,la pesca è in difficoltà, la trasforma-zione del latte ha subito perdite no-tevoli. Ci sono aziende senza liquidi-tà o con una liquidità che consentesolo di navigare a vista.

Il quadro è desolante. Impossibilechiudere gli occhi. Questa crisi nonsegue un periodo pacifico. Veniamoda anni in cui si sono accresciute leingiustizie sociali in un mondo chesi è davvero globalizzato: molti benisono in mano a pochi privilegiati epoche possibilità di riscatto sono ineterna competizione per la maggio-ranza delle persone. Si chiama «ine-guaglianza». Circolava liberamentegià prima del virus e la crisi odiernaha acuito la sua pericolosità sociale.Genera scarti umani. Molte personerischiano di essere buttate fuori daun sistema economico che somigliamolto a una giostra che viaggia adalta velocità per il divertimento dipochi. Chi non regge, viene sbalzatofuori. La prima cosa da fare è vederequesti nuovi poveri. L’imp overimen-to cova paura, angoscia e rivalsa.

Tempo di discernimento

La tempesta smaschera le contrad-dizioni delle nostre scelte economi-che ed ecologiche. Una delle scene

più impattanti di questo periodo è lapreghiera del Papa in piazza sanPietro deserta e bagnata. La data èstampata in memoria visiva: venerdì27 marzo 2020. La sua preghieranon è stata meno efficace. Ha usatol’immagine della velocità: «In que-sto nostro mondo, che Tu ami più dinoi, siamo andati avanti a tutta velo-cità, sentendoci forti e capaci in tut-to. Avidi di guadagno, ci siamo la-sciati assorbire dalle cose e frastorna-re dalla fretta. Non ci siamo fermatidavanti ai tuoi richiami, non ci sia-mo ridestati di fronte a guerre e in-giustizie planetarie, non abbiamoascoltato il grido dei poveri, e delnostro pianeta gravemente malato.Abbiamo proseguito imperterriti,pensando di rimanere sempre sani inun mondo malato». Dunque, la real-tà parla: si tratta di ascoltare il gridodei poveri e quello del creato, comericorda Laudato si’ 49.

La sosta forzata ci ha messo nellecondizioni di fare discernimento.Cosa c’è che non va? E quale dire-zione intraprendere per non finirenello stesso burrone? La crisi ha evi-denziato una capacità di resilienzache è preziosa. C’è chi ha potuto la-vorare grazie alla tecnologia. Smartw o rk i n g e didattica on line hannoconsentito di non chiudere del tutto.È una possibilità concreta anche peraffrontare alcuni problemi che ci tra-

sciniamo da tempo: la conciliazionedei tempi familiari con quelli del la-voro e l’inquinamento delle cittàesposte al traffico ordinario.

La resilienza va accompagnata conil coraggio della conversione. Ci sia-mo resi conto che mantenere investi-menti nella produzione e nel com-mercio delle armi per sottrarli siste-maticamente alla sanità è semplice-mente folle. Perseverare in spese mi-litari così imponenti è struttura dipeccato. Si parla di 2 mila miliardidi dollari all’anno destinati all’indu-stria della guerra. Continueremo suquesta strada? La crisi è sistemica echiama in causa la giustizia sociale.Ormai è chiaro a tutti che un’econo-mia fondata su un sistema sanitariofragile non regge. Anche chi ha pro-vato a difendere l’idea dell’«immuni-tà di gregge», per tutelare gli affari(business is business), ha dovuto faremarcia indietro. Subito. Si è rivelatolupo travestito da pecora: a che prosacrificare i più fragili di una societàilludendosi di mettere al sicuro gliinteressi dei più forti? Il darwinismosociale si è dimostrato un clamorosoautogol, ma ha sempre la fila di tifo-si disposti a sostenerlo.

Il discernimento si potrebbe allar-gare a più fronti. Per esempio, per-ché non mettere in discussione leuniversità a numero chiuso su alcunisettori strategici della società (medi-

cina...)? E perché ignorare che inquesta pandemia se qualcosa del tes-suto sociale è rimasto in piedi al ser-vizio dei più deboli (disabili, senzafissa dimora, anziani soli, malati psi-chiatrici...) lo si deve all’i n t r a p re n -denza del tanto bistrattato Terzo set-tore? E poi, quanto dobbiamo al vo-lontariato in termini di cura alle per-sone? Inoltre, perché illudersi cheun Paese possa farcela da solo,quando abbiamo assistito al genero-so soccorso del personale sanitariocinese, albanese, cubano, russo, ame-ricano... nelle nostre città? Faremoancora il verso a una società «ribal-tata», dove i personaggi dello sporte della televisione sono strapagati,mentre un infermiere professionalericeve qualche applauso solo in tem-po di pandemia? Riapriremo comese nulla fosse il gioco d’azzardo, ve-ra epidemia sociale?

Le domande potrebbero continua-re. Molti temi si affacciano all’atten-to osservatore dei fenomeni sociali.C’è un tema che non ci esime dal di-scernimento ed è il legame tra que-sta crisi e quella ecologica. Le inter-sezioni sono notevoli. È in gioco ilrapporto tra l’uomo e le altre specieviventi, soprattutto animali. L’inqui-namento atmosferico ha il suo pesosull’aggravarsi di situazioni comequella causata dal covid-19. L’esp osi-zione prolungata dei polmoni umani

al particolato li rende più sottoponi-bili a forme croniche di infiamma-zioni. Si è osservata una correlazionesignificativa tra il livello di polverisottili e le ospedalizzazioni d’emer-genza per polmoniti bilaterali. Glistessi cambiamenti climatici potreb-bero esporci in modo più frequentea simili crisi sanitarie: questo fattodovrebbe preoccupare molto di piùdella data di riapertura delle attivitào di scoperta e distribuzione delnuovo vaccino.

Se le cose stanno così, quale dire-zione?

Benedetta inclusione

«Costruire un’economia diversanon solo è possibile, ma è l’unica viache abbiamo per salvarci e per essereall’altezza del nostro compito nelmondo»: scrivono i vescovi italianinel loro Messaggio in occasione del1° maggio. Le forme di esclusionesociale rivelano alla radice una man-canza di fraternità. Il problema è eti-co. Nessun «elicottero di denaro»versato sui nostri conti correnti enessuna iniezione di liquidità nellecasse delle imprese possono essererisolutivi senza un rinnovamento deirapporti sociali. C’è bisogno di in-clusione. Di riabbracciare le situazio-ni più dimenticate e più fragili. Ser-ve il coraggio di aprire nuovi spaziche consentano forme di ospitalità edi solidarietà reciproca. Il messaggioche dovrebbe arrivare alla pelle diogni persona è che c’è posto per tut-ti. Nessuno deve perdere il lavoro,che è innanzi tutto uno dei luoghiche rivelano la dignità umana e nonrappresenta mai semplicemente unafonte di guadagno. Si può giusta-mente invocare un nuovo patto so-ciale. Per fare questo non occorre li-mitarsi a guardare i problemi solo daun punto di vista tecnico. Gli econo-misti sono importanti, ma non inter-cettano le questioni se pensano cheil sociale lo si rinnovi immettendo otogliendo risorse monetarie, favoren-do investimenti e intervenendo sulmercato finanziario. Perché nonuscire dall’equivoco? Quando si in-voca «più Europa» significa «piùsoldi europei» per i singoli Paesi o«più solidarietà» tra gli Stati per cuila sofferenza di uno li rende tutticoinvolti? Se è il secondo caso, ciòcomporta che il mettere mano alportafoglio sarà una conseguenza

inevitabile di una diversa convivenzatra i popoli.

Lo sguardo dovrebbe andare allerelazioni sociali, alla capacità di te-nere insieme un tessuto relazionaleche è patrimonio indispensabile peruscire da qualsiasi crisi. È la tenutamorale di un Paese che costituisce lacondizione di possibilità per unabuona economia, per una seria eco-logia e per una virtuosa vita sociale.In pochi, però, stanno lavorando suquesto fronte. Diciamolo: una politi-ca in perenne caccia di capri espiato-ri per salvare se stessa non aiuta. Undibattito pubblico appiattito sui mi-liardi da far arrivare, sull’indebita-mento che ci possiamo permettere esui livelli di PIL in concorrenza, nonè sufficiente. Servono costruttori dilegami a tutti i livelli, politico, eco-nomico, sociale. La controprova lavediamo su due temi sempre presen-ti, come due bestie capaci di suc-chiare il sangue buono che scorrenelle vene del Paese: la corruzione el’evasione fiscale. La crisi potrebbeessere di nuovo una fiorente attivitàaffaristica per le mafie. La corruzio-ne distrugge le coscienze. Le comprae alimenta il senso di impotenza.L’evasione fiscale, che in Italia rag-giunge i 110 miliardi di euro l’anno,si sostiene sul principio che il piùscaltro si salva. In realtà, si tolgonorisorse al bene comune, che si chia-mano famiglie, poveri, disoccupati,scuole, sanità, piccole e medie im-prese, lavoratori precari... Un nuovopatto sociale chiede scelte condivise.Riusciremo a percorrerle insieme?Avremo il coraggio di regalarci stilidi vita e tempi più umani? Saremocapaci di vera solidarietà che guardaai precari, ai disoccupati, ai giovanie agli ultimi come i primi destinataridi una nuova attenzione? Custodire-mo la nostra fragilità abbandonandoquel senso di onnipotenza che taloraci sovrasta e ci schiaccia? Le doman-de restano, ma intuiamo che questoè il livello. Si può ripartire se c’è unnuovo progetto di cura per la vitasociale e per la casa comune. Tornia-mo a respirare aria di cittadinanzaattiva in presenza di una comunitàsolidale e di una rinnovata responsa-bilità ecologica.

Ogni costruzione sta in piedi seha fondamenta solide. Così ogni ri-costruzione. La nuova stagione saràpost-crisi. Ossia tempo di giudiziodi fronte al bivio delle due «i»: ine-guaglianza o inclusione?

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Antonio Fontanesi, «La Solitudine» (1875)

TEMPORE FAMIS

La vita cristiana al tempo del coronavirus

Dallo smarrimentoal risveglio

Page 8: In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle …...impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare al punto nodale

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 venerdì 1 maggio 2020

†Il Gran Magistero del Sovrano MilitareOrdine Ospedaliero di San Giovanni diGerusalemme, di Rodi e di Maltaadempie il doloroso compito di parteci-pare il pio transito di sua Altezza Emi-nentissima

FRA’ GIACOMODALLA TORRE

DEL TEMPIODI SANGUINETTO

80° Principe e Gran Maestro

addormentatosi nel Signore il 29 aprile2020.

A causa delle attuali restrizioni i fune-rali saranno celebrati in forma ristrettanella chiesa di Santa Maria in Aventino.

Una solenne messa di requiem saràcelebrata in data da definirsi.

Dal Palazzo Magistrale in Roma, 29aprile 2020

†Il personale del Gran Magistero delSovrano Militare Ordine Ospedalierodi San Giovanni di Gerusalemme, diRodi e di Malta partecipa con profon-da commozione al grande dolore per lascomparsa di

FRA’ GIACOMODALLA TORRE

DEL TEMPIODI SANGUINETTO

amato Principe e Gran Maestro, ricor-dando la sua affettuosa e illuminataguida.

Dal Palazzo Magistrale in Roma, 29aprile 2020

I cattolici del Pakistan in aiuto dei musulmani in difficoltà

Con autentica carità

I vescovi dell’Asia rilanciano gli appelli del Pontefice e del segretario generale dell’O nu

È tempo di porre finealla malattia della guerra

YANGON, 30. «Non è il momento diintensificare il conflitto, ma di porrefine alla malattia della guerra chesta devastando il nostro mondo»: èquanto scrive in un messaggio l’a rc i -vescovo di Yangon e presidente del-la Federazione delle Conferenze epi-scopali dell’Asia (Fabc), cardinaleCharles Maung Bo. Il porporato siunisce alla richiesta di Papa France-sco e del segretario generale delleNazioni Unite, António Guterres,per un cessate il fuoco globale difronte alla minaccia senza preceden-ti della pandemia di coronavirus.

Nel testo, il cardinale avverte chese non si smette di combattereovunque, «la sofferenza di molti sa-rà prolungata in tutto il mondo e laguarigione ritardata». Inoltre, espri-me preoccupazione ricordando chel’intero pianeta è in crisi. «Le conse-

guenze della pandemia — scrive —sono catastrofiche per la salute pub-blica e per la vita sociale ed econo-mica. Mettiamo fine al flagello dellaguerra e lottiamo contro la malattiache sta devastando il mondo, co-minciando subito con lo stop aicombattimenti in ogni luogo: èquello di cui abbiamo bisogno tuttinoi membri della famiglia umana,oggi più che mai». Per il presidentedella Fabc, è giunto il momento «diprendere una decisione rapida, perun’azione saggia, coerente e orienta-ta al futuro, se desideriamo davveroche il Myanmar emerga come popo-lo unito, pacifico e prospero».

L’arcivescovo di Yangon, rivolgeun pensiero particolare ai civili chesono in pericolo, «anche a causa deibombardamenti presumibilmentemirati a obiettivi militari». Di qui, il

pressante appello ai leader nazionalie locali che in questo momento cru-ciale sono chiamati a «scegliere trala strada della verità e della coopera-zione per il bene di tutti e quella deiconflitti, che porterà solo conse-guenze ancora più drammatiche pertutti coloro che sono già in grandedifficoltà». «La furia del virus illu-stra la follia della guerra» ha affer-mato il cardinale, citando AntónioG u t e r re s .

Il messaggio del cardinale Bo ri-corda ed elogia le nazioni che, «invarie parti del mondo, hanno rispo-sto positivamente a questa chiamata,come in Camerun, Filippine, Yemene Siria, ed esorta tutti i gruppi ar-mati a deporre le armi e ad armarsidi sincerità e verità»; intraprenden-do «il percorso più difficile di supe-rare le differenze faccia a faccia concoraggio e intelligenza».

Gli incontri dell’o rg a n i z z a z i o n eReligions for Peace, cui il porporatoprende parte «hanno dimostrato —conclude il testo — che un dialogocoordinato tra tutte le parti è possi-bile e fruttuoso». Il messaggio siconclude offrendo la disponibilità«a incoraggiare e mediare un nuovoe tempestivo percorso di dialogo trale diverse parti in lotta, in tutto ilmondo».

Al via a Mosul il restauro della chiesa di Nostra Signora dell’O ra

Segno di riconciliazionee coesione sociale

BAGHDAD, 30. «Con l’a p p ro v a z i o n eufficiale dell’Ordine dei predicatori,l’Unesco — in stretta collaborazionecon le autorità competenti — sta peravviare la stabilizzazione e il restau-ro della chiesa conventuale di No-stra Signora dell’Ora a Mosul»,gravemente danneggiata durantel’occupazione della città dal sedi-cente Stato islamico. È quanto indi-ca un comunicato pubblicato sia sulsito Internet dei domenicani — chenell’Ottocento fondarono il conven-to nel quale si trova il luogo di cul-to — sia su quello dell’o rg a n i z z a z i o -ne delle Nazioni Unite per l’educa-zione, la scienza e la cultura. Il pro-getto prevede varie fasi di stabilizza-zione e restauro, a cominciare dallosgombero delle parti crollate, se-guendo un piano dettagliato elabo-rato in vista dell’esecuzione dei la-vori. «Il progetto — riferisce il testo— fornirà un’opportunità unica diformazione sul posto per gli specia-listi e gli artigiani locali. La realiz-zazione di questa riabilitazione saràstrettamente legata a un programmadi sviluppo a lungo termine per lemaestranze locali».

La chiesa di Nostra Signoradell’Ora si trova nel cuore della cit-tà vecchia di Mosul, all’incrocio del-le due strade principali che divido-no il suo centro storico. Costruitaintorno al 1870, soprannominata la“chiesa dell’o ro l o g i o ” per il grandequadrante ospitato nella sua torre,dono dell’imperatrice Eugenia diFrancia ai padri domenicani, è sem-pre stata considerata uno degli edi-fici simbolo della città vecchia. Conil passare degli anni molte attivitàspirituali, culturali ed educative sisono concentrate in questa chiesa,diventata un esempio vivente dellafratellanza tra gli abitanti della città.Il suo valore architettonico e cultu-rale è anch’esso molto importante: ilcampanile della chiesa del conventopuò essere ammirato sia dal sito diNinive che dal quartiere di Al-Fa-rouk, così come il minareto di Al-Hadba. «Questa architettura e que-

sta urbanistica, presenti nella memo-ria della popolazione della città diMosul, sono il simbolo della diver-sità culturale e della convivenza pa-cifica tra le sue comunità», sottoli-nea il comunicato. Nell’o t t o b re2019, la chiesa è entrata a far partedel complesso che comprende la grande moschea di Al-Nouri e lacattedrale siro-cattolica dell’Imma-colata Concezione (Al-Tahera). Rappresenta uno degli obiettivi

prioritari del programma di stabiliz-zazione e di restauro dell’Unesco«Reviving spirit of Mosul» (“Ravvi-vare lo spirito di Mosul”), finanzia-to dagli Emirati Arabi Uniti, e chemira a ricostruire i principali sitistorici della città, tra i quali la catte-drale Al-Tahera, anch’essa grave-mente danneggiata nel 2017, quandola città era la “capitale” dell’Is. Conquesta iniziativa internazionalel’Unesco intende «promuovere la ri-conciliazione e la coesione sociale»a Mosul. «In questa prospettiva —

sottolineano i frati predicatori el’Unesco — la riabilitazione di que-sta chiesa non è solo importante peril suo valore culturale, ma anche inquanto testimonianza della diversitàdella città, orgogliosa e fiera del ruolo di crocevia di culture che dasecoli ha esercitato offrendo rifugioalle diverse comunità religiose chela compongono». Il progetto, di-chiara all’agenzia Sir padre OlivierPoquillon, parroco di rito latino per

gli stranieri in Nord-Iraq e incarica-to per il progetto dei domenicani, è«ancora più importante in questotempo di pandemia in cui il lavoroè una fonte di sussistenza importan-tissima». «Il nostro convento — p ro -segue — in base a questo progettodell’Unesco, dovrebbe diventarecentro di un programma di forma-zione professionale. Oltre alla suadimensione spirituale, si mira anchea rilanciare attività congiunte incampo culturale e sociale».

Iniziativa per i rifugiati e gli sfollati del Medio oriente

Ricostruire i pontidopo la pandemia

BE I R U T, 30. Un appello alla «soli-darietà», alla «responsabilità col-lettiva per combattere la pandemiada coronavirus» e all’«azione so-ciale» con le comunità di rifugiatie di sfollati è stato lanciato con-giuntamente in questi giorni dalConsiglio delle Chiese del Mediooriente (Mecc), con base a Beirut,e dall’Alto commissariato delleNazioni Unite per i rifugiati(Unhcr). Nella loro dichiarazione— co-firmata dall’Istituto IssamFarès per gli affari internazionalidell’Università americana di Beirute dalla Fondazione Adyan, molto

«azioni sociali, aiuti e iniziative dicooperazione, nonché un risvegliodella nostra coscienza morale mon-diale per la creazione di buone re-lazioni e il rafforzamento della co-municazione tra tutti gli attoriall’interno delle nostre comunità:ospitanti, migranti e rifugiati».

Di fronte alla «profonda paurache ha conquistato il cuore di ungran numero di persone nel mon-do confinate nelle loro case e cheha limitato le interazioni con lenostre famiglie, i nostri cari e i no-stri amici», è necessario «unificarela nostra risposta a questa pande-

impegnata nel dialogo interreligio-so e nello sviluppo del concetto di“cittadinanza inclusiva della diver-sità” in Libano e nel mondo arabo— il Mecc e l’Unhcr sottolineanoche «i rifugiati, gli sfollati interni ei migranti che vivono e contribui-scono alla nostra società sono staticostretti, a causa di condizioni dif-ficili, a lasciare le loro case e fami-glie, e meritano il nostro sostegnoe l’accesso allo stesso trattamento,e, soprattutto, il nostro rispetto co-me parte della stessa comunitàumana». Ribadiscono inoltre che«la pari dignità umana per tuttidovrebbe essere la bussola moraleche guida il nostro lavoro sulla ba-se di testi religiosi e strumenti del-le Nazioni Unite».

«La filosofia della solidarietà so-ciale — indicano poi — va guidatadalla necessità di approfondirel’unità e di evitare che la gestionedi una crisi, compresa la crisi pan-demica covid-19, implichi l’esisten-za di un capro espiatorio, e devee s s e re basata sul principio del be-ne comune e sul rispetto di tutti idiritti dell’individuo, vale a diredel suo diritto alla vita». In questafase sono ancora più necessarie

mia», insistono il Mecc e l’U n h c r.A ciò si aggiungono «le ansie piùprofonde affrontate dai più vulne-rabili che non possono permettersidi restare a casa per motivi econo-mici o da coloro che non hannoneanche la casa». E «con lo stessoimpegno che ci unisce nella nostralotta, dobbiamo garantire che lastessa paura profonda non vengasfruttata per coltivare la fobia de-gli “altri”: qualsiasi “a l t ro ”, vicinoo lontano da noi, compresi quelliche vivono come sfollati nella no-stra comunità». «Tale sfruttamentoe tale “narrativa negativa” — avver-tono — minerebbero la nostra uni-tà» e potrebbero «aumentare i ri-schi di esclusione sociale».

«Costruire la speranza è una be-nedizione in tempi di difficoltà —conclude il messaggio — la nostraresponsabilità religiosa e socialeinvita tutti noi, ognuno dal cantosuo, a combattere la paura, l’inti-midazione e a rimanere sempre in-sieme, anche se attualmente di-stanti, per ricostruire i ponti chesono stati temporaneamente di-strutti. Il legame di fraternità uma-na che ci unisce è più forte diqualsiasi pandemia e barriera».

KARACHI, 30. «Abbiamo detto ai fe-deli: trovate i poveri e i bisognosi, diqualsiasi religione, nei vostri quartie-ri e aiutateli; comprate cibo per lefamiglie povere, con autentica carità.Invito ciascuno ad aiutare almenodue famiglie che affrontano difficoltàfinanziarie durante questo periodo dichiusura per il covid-19»: così padreRyan Joseph, rettore del seminariodi San Pio X a Karachi, in Pakistan,racconta l’impegno della comunitàcattolica di fronte alla difficile situa-zione nella quale sono costrette a vi-vere tante persone, in maggioranzamusulmane. Il sacerdote ha esortatoi fedeli a «fare un passo avanti peraiutare le persone bisognose, in fortedifficoltà in questa crisi pandemica»che ha colpito l’intero pianeta.

Padre Joseph, che sta anche tra-smettendo quotidianamente messa eadorazioni online su Facebook, haprecisato di aver dato sostegno «a150 famiglie bisognose, in particolarequelle che lavorano con salario gior-naliero e ora non guadagnano nientea causa del blocco. E cerchiamo diincrementare il numero delle famiglieaiutate». Il coinvolgimento dei catto-lici in questo particolare momento èdavvero massiccio e sono numerosele parrocchie in prima linea nella di-stribuzione di generi alimentari e be-ni di prima necessità ai bisognosi.

Secondo padre Arthur Charles,parroco della chiesa di Sant’Antoniodell’arcidiocesi di Karachi, «il teampastorale — ha dichiarato all’agenziaFides il sacerdote — sta lavorandoper fornire pacchi alimentari conte-nenti riso, farina di frumento, zuc-chero, lenticchie, olio a 900 famigliedella parrocchia che vivono al di sot-to della soglia di povertà». Si regi-strano anche casi di solidarietà daparte di imprenditori, come il cristia-no Robin Patras, che è impegnatoad aiutare 300 famiglie nelle periferiedi Karachi. «Insieme ai miei amici —ha dichiarato Robin — ho preso que-sta iniziativa per aiutare gli indigen-ti. Vediamo la gioia che queste per-sone provano dopo aver ricevutoaiuti alimentari, in questo momentoè il loro bisogno principale». Inoltre,«stiamo contattando le persone checi hanno chiesto aiuto. Penso che il

sostegno destinato a famiglie di di-verse fedi, rappresenti un segno disp eranza».

A Lahore, l’arcivescovo SebastianFrancis Shaw ha donato 15.000 ma-scherine ai poveri e ai bisognosi del-la città, in particolare agli operatorisanitari. «In questo momento diffici-le — ha ricordato il presule — dob-biamo restare accanto alla nostragente. Ci stiamo impegnando perproteggere le persone dal coronavi-rus. Siamo con il nostro governo efaremo ogni sforzo possibile percombattere il covid-19». Anche padreAshraf Gill, sacerdote della parroc-chia di St. James, nell’arcidiocesi di

che ci hanno aiutato a raccogliere225.000 rupie pakistane (circa 1.250euro) per sostenere le famiglie di co-loro che lavorano con salario giorna-liero». Accanto all’impegno delleparrocchie, c’è anche l’azione coordi-nata della Caritas Pakistan che hadistribuito 250 kit di sicurezza ai vo-lontari e agli operatori sul campoper proteggerli durante le operazionisul territorio.

Intanto, l’organizzazione caritativaSaylani Welfare International Trustha ricevuto pesanti critiche, nei gior-ni scorsi, per aver discriminato le mi-noranze religiose nella distribuzionedi cibo, per l’emergenza covid-19,nella regione del Sindh. Secondo ilparlamentare cattolico Anthony Na-veed, le donne locali in coda per ri-cevere la razione di cibo, a Korangi,sono state invitate a lasciare la fila acausa della loro religione, in partico-lare si tratta di donne cristiane e in-dù. I responsabili dell’o rg a n i z z a z i o -ne, però, negano tale incidente. «Ilgoverno non discrimina nel fornirecibo o assistenza finanziaria alle per-sone. Sebbene la procedura per otte-nere assistenza possa essere lenta —ha spiegato l’avvocato cattolico Kha-lil Tahir Sandhu, presidente del Co-mitato permanente per i diritti uma-ni nel parlamento del Punjab — nonfa differenza di credo o etnia quandofornisce la sua assistenza. Tuttavia, èpossibile che le persone che eseguo-no materialmente la distribuzionepossano aver agito con discrimina-zione o preferenze. Il governo deveintraprendere azioni rigorose e con-trolli contro questo pericolo». Shani-la Ruth, parlamentare e rappresen-tante per l’armonia interreligiosa nelparlamento federale ha spiegato chei governi provinciali hanno avviato ilprogramma assistenziale Ahsaas perfornire sostegno finanziario alle fa-miglie bisognose, con un supportosu base giornaliera. L’obiettivo prin-cipale del governo è supportare tuttele persone in stato di indigenza, cau-sa coronavirus. La pandemia haall’improvviso privato del salario glioperai che vivono a giornata. Il virusha colpito oltre 11.100 persone e neha uccise più di 340, mentre tante al-tre sono gravemente malate e ricove-

rate in ospedale. Le conseguenzeeconomiche e sociali del virus po-trebbero essere molto gravi in unPaese come il Pakistan con una po-polazione di oltre 120 milioni. Mi-gliaia di famiglie povere hanno ne-cessità di assistenza alimentare subase giornaliera.

Lahore, ogni giorno porta sacchi discorte alimentari e mascherine in va-rie aree della parrocchia. «Riteniamoche sia nostra responsabilità raggiun-gere le persone, soprattutto 950 fa-miglie bisognose, con alimenti e ma-s c h e re » .

Con l’aiuto del suo gruppo pasto-rale, padre James Castellino, rettoredella cattedrale di San Francesco Sa-verio, a Hyderabad, ha distribuitorazioni di cibo a 150 famiglie nellasua parrocchia. «Sono grato a Dio —ha dichiarato il sacerdote — per ilcontributo dei nostri parrocchiani,

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 1 maggio 2020 pagina 9

Costruttrice di cuoriLa storia di Maria Gabriella, undicenne di Camerino nominata alfiere della Repubblica italiana

di ROSARIO CAPOMASI

«L a voce di questa bambinaè tra le più belle di queldesiderio dei più piccoli

di voler ricostruire ciò che è statotolto dal terremoto — case, giochi,strade e chiese, soprattutto questeultime a loro mancano tanto — e cheparla a tutti di generosità e aperturaevangelica». Con queste parole col-me di gratitudine e speranza l’a rc i v e -scovo di Camerino - San SeverinoMarche, Francesco Massara, com-menta con «L’Osservatore Romano»il recente conferimento a Maria Ga-briella Lucarini, 11 anni, dell’attesta-to di onore “alfiere della Repubblicaitaliana” da parte del presidente Ser-gio Mattarella, insieme ad altri 24giovani distintisi per azioni corag-giose e solidali. «Per l’attaccamentodimostrato a Camerino, città nellaquale è cresciuta e di cui è diventata,dopo il terremoto, testimone dellavolontà di ricostruzione», recita lamotivazione.

La lieta notizia è stata comunicataproprio dal presule alla mamma del-la piccola, Liliana, che ha subito re-so partecipe la figlia, impegnata conle lezioni on line a causa della chiu-sura scolastica imposta dal coronavi-rus. «Una gioia che ci ha emoziona-to enormemente — spiega la signoraLiliana — in quanto assolutamenteinaspettata e che riconosce la grandee contagiosa forza d’animo di MariaGabriella». Che di fronte alle mace-rie, non solo quelle lasciate dal si-sma del 2016 ma anche quelle pre-senti nello spirito di molti suoi con-cittadini, non è mai arretrata di unpasso decidendo di non abbandona-re la città, i suoi compagni, la suamaestra anche dopo il trasferimentosulla costa in seguito all’inagibilitàdella sua abitazione. E così, il fortelegame con la sua Camerino si è tra-dotto in una lettera, scritta all’età disette anni, in cui esprimeva la fermavolontà di ricostruire la città «con lemie mani e ci saranno anche quelledei miei amici che non ti lascerannosola. Per me sei importantissima enon lascerò che il terremoto ti di-strugga un’altra volta. Ti ringrazioper le belle risate che abbiamo fattoinsieme, ti ringrazio per avermi fattocamminare sulle tue strade e conti-nuerò a camminarci fino alla fine deimiei giorni».

Un atto d’amore, di giovane maedificante sensibilità, che è diventatoun simbolo e ha avuto un’eco anchefuori dal territorio italiano. Ma so-prattutto ha avuto un lettore specia-le, Papa Francesco, al quale la lette-ra è stata consegnata in occasionedella sua visita a Camerino nel giu-gno del 2019. «Maria Gabriella — ri-vela la mamma — sapendo dell’arri-vo del Pontefice mi ha chiesto dipartire alle tre di notte da Castelrai-mondo, il paese nel quale ora vivia-mo, per giungere a Camerino, ospitidi amici, in modo da consegnarepersonalmente e senza problemi lamissiva al Pontefice».

Ecco in tutta la sua essenza la ca-parbietà spirituale, la tenacia e gran-dezza d’animo di un’undicenne ca-pace di «un’apertura evangelica chemanifesta una profonda testimonian-za di fede» sottolinea monsignorMassara. «Maria Gabriella ha unaforza interiore che non la fa fermaredavanti a niente. Ha mille interessi eattività: è chierichetta insieme al fra-tello gemello Pietro Paolo, impegna-ta con gli scout e nello sport, ama la

danza. Il suo — prosegue il presule— è un continuo esprimere positivitàportando sempre avanti le cose incui crede. Ciò però non le impediscedi vivere appieno la sua fanciullezza,arricchita da un’attenzione e una cu-ra per ogni tipo di bisogno espressodagli altri: è questa la sua missionepiù pura». Ad esempio, rivela la si-gnora Liliana, «partecipa ad ognimanifestazione nazionale in cui sichiede un maggiore intervento delle

autorità per accelerare la ricostruzio-ne che a Camerino è ancora sostan-zialmente ferma; si fa in quattro peraiutare i compagni in difficoltà conlo studio delle materie o quando ilcollegamento internet presenta qual-che problema. Il suo più grande so-gno è quello di diventare magistratoper combattere le tante ingiustizie erealizzare un mondo migliore».

Con il suo entusiasmo, con il suorispetto per tutte le persone Maria

Gabriella invita implicitamente tuttianche a riflettere sul nostro percorsoattuale di umanità, sulle nostre ca-re n z e ” e a “i n d a g a re ” su come uncuore di fanciullo possa far suscitaresentimenti così forti e insegnamenticosì grandi.

Operare per colmare piccole ograndi difficoltà, piccoli o grandidolori è un comandamento che leiha posto davanti alla sua sofferenzapiù grande, rappresentata dalla mor-te del papà pochi mesi prima delterremoto. Anzi è lui, è sicura, a gui-darla “da lassù” incoraggiandola inogni azione rivolta alle esigenze delprossimo. «Quando osserva il cielostellato — spiega mamma Liliana —indica sempre una stella precisandoche quella è il suo papà che, insiemea me, le ha insegnato i valori cristia-ni fin da piccola. Ma lo fa senza tri-stezza, con occhi che brillano diamore puro verso il Signore». Unpapà che svolgeva la professione dimedico e che rivive nella figlia inquella scelta di avere cura degli altri,osserva l’arcivescovo di Camerino -San Severino Marche. «La bambinami ha confidato che se lui fosse an-cora vivo starebbe accanto a tutti imalati di coronavirus per farli guari-re. Ogni sera lei rivolge una preghie-ra all'immagine della Madonna dellaFiducia che le ho regalato e che sivenera da quasi due secoli nel Ponti-ficio seminario romano maggiore. Lafamiglia ha contribuito molto allaformazione cattolica di Maria Ga-briella creando le basi di un’e n e rg i aspirituale straordinaria che trascina ipiù grandi affascinati dal suo esem-pio. Il tutto — prosegue Massara —permeato di gioia e speranza per ilfuturo, anche se i giovani come leisono il presente». Un presente fattodi germogli rigogliosi che guardanoa un mondo di pace.

Tra i premiati dal presidente Mattarella anche un giovane collaboratore di “Semi di pace”

Accanto ai più deboli

Nomine episcopali in Italia

Il cord0glio del Papaper la morte del Gran maestro

del Sovrano militareordine di Malta

San Pio V e l’applicazione dei decreti del concilio di Trento

Pietà marianae zelo apostolico

Si narra che un giorno il giovaneAntonio stava pascolando un greg-ge di bestiame, quando vide duefrati domenicani mentre percorre-vano le campagne per predicare ilVangelo. Incuriosito, il ragazzocorse verso di loro e iniziò a di-scorrere con i due, che meravigliatida tanta maturità, chiesero ai suoifamigliari di lasciarlo entrarenell’ordine dei predicatori. L’episo-dio avvenne a Bosco Marengo,Alessandria: a quel tempo AntonioGhisleri, così si chiamava il ragaz-zo, aveva circa 14 anni.

Era nato il 17 gennaio 1504 inuna modesta famiglia. Poco dopoquell’incontro, il ragazzo entrò tra idomenicani a Voghera. Si integròimmediatamente nella vita comunee ben presto ricevette l’abito reli-gioso e il nuovo nome di Michele.Compiuti gli studi a Vigevano, a 15anni emise i voti, poi fu inviato aBologna per perfezionare gli studi.Nell’ateneo domenicano dette pro-va di grandi capacità intellettuali evenne incaricato dell’insegnamentodella teologia. A 24 anni ricevettel’ordinazione sacerdotale. Celebròla prima messa a Bosco Marengo.

Rientrato a Bologna, proseguìl’insegnamento, fino a quando ven-ne nominato priore del convento diVigevano, poi di Soncino e di Al-ba. La situazione in Lombardia sifaceva sempre più difficile a causadei continui passaggi dell’e s e rc i t ofrancese e dei mercenari protestantisvizzeri che introdussero libri estampe contro la Chiesa. Ciò destòla preoccupazione di Paolo III e sicorse ai ripari. Nel 1545, il Sant’Uf-fizio nominò fra Michele inquisito-re per la sua solidità teologica el’integerrima vita morale. Venne in-viato nel territorio di Como, dovela propaganda calvinista unita agliinteressi economici stava provocan-do fratture e divisioni. Fra Michelecon grande austerità percorse i pae-si e la città cercando di spegnere ifocolai di eresia. La sua condottadestava ammirazione: girava a pie-di mentre recitava il rosario o pre-gava ad alta voce. Inoltre, preferivadormire sui pagliericci piuttostoche in comodi letti. Durante il suoincarico si trovò anche contrappo-sto ai canonici di Como che aveva-no mercanteggiato per la venditadi libri protestanti. Accusato da-vanti al governatore di Milano, fraMichele si recò Roma, dove incon-trò il prefetto del Sant’Uffizio, ilcardinale Paolo Carafa, al quale fulegato da sincera amicizia.

Convinto delle qualità di fra Mi-chele, il cardinale Carafa lo nomi-nò commissario generale delSant’Uffizio. Nel maggio 1555 ilporporato venne eletto Papa con ilnome di Paolo IV e confermò fraMichele nella commissione delSant’Uffizio. Nel 1556, lo nominòvescovo di Sutri e Nepi. Il 15 mar-zo 1557 lo creò cardinale e qualchemese dopo, il 14 dicembre 1558,grande inquisitore. Benché avessericevuto la porpora, non smise maidi condurre una vita ascetica e ri-gorosa, ma al contempo, caritatevo-le verso i suoi collaboratori.

Alla morte di Paolo I V, il 28 di-cembre 1559, venne eletto PapaGiovanni Angelo Medici di Mari-gnano, che prese il nome di Pio I V.Non vi fu molta intesa con il nuo-

ve Pontefice, e fra Michele, il 17marzo 1560, venne nominato vesco-vo di Mondovì. Morto Pio I V, il 7gennaio 1566, fra Michele venneeletto Pontefice e scelse il nome diPio V. Uno dei suoi grandi elettorifu san Carlo Borromeo, nipote diPio I V.

A Roma l’attendevano grandisfide. Lo aveva preceduto la sua fa-ma di severità, che si concretizzeràin alcuni provvedimenti contro ilvizio del bere. Uno dei suoi obiet-tivi fu la riforma del clero: lottòcontro l’immoralità e l’ignoranza,visto che molti preti non si confes-savano da anni. Riportò anche l’os-servanza regolare nei conventi epromosse opere pubbliche per mi-gliorare gli acquedotti e gli approv-vigionamenti idrici dell’Urbe. Con-vinto del bisogno di combatterel’eresia con una buona preparazio-ne del clero, promosse la pubblica-zione della Summa theologiae di sanTommaso d’Aquino. Preoccupan-dosi della popolazione, fece distri-buire viveri e denaro ai poveri e fa-vorì la fondazione di numerose isti-tuzioni per la loro assistenza, comeil Monte di Pietà e gli ospedali diSan Pietro e di Santo Spirito. Du-rante la carestia del 1566 e le epide-mie che seguirono, dette ordine disostenere i bisognosi e di promuo-vere i servizi di sanità pubblica.

Trovandosi di fronte alla necessi-tà di recuperare ingenti somme didenaro per mantenere gli indigenti,fece eliminare ogni spreco e spesasuperflua. Per questo, non vollefarsi nuovi abiti, ma fece riadattarequelli appartenuti ai suoi predeces-sori. Nel 1566 pubblicò il Catechi-smo romano, secondo le indicazio-ni del concilio di Trento. Nel 1568,con la bolla Quod a nobis, promul-gò il Breviario romano riformato,conosciuto anche come breviario disan Pio V. Riformò la Curia, nel1569, e creò le congregazioni deiVescovi e dell’Indice dei libri proi-biti nel 1571. Ordinò la convocazio-ne regolare dei Sinodi che doveva-no servire a diffondere i decreti delconcilio. Con la bolla ConsueveruntRomani Pontifices del 17 settembre1569 promosse la devozione delRosario. Ma il suo instancabilesforzo fu rivolto all’applicazioneintegrale dei decreti del concilio diTrento. Con la costituzione aposto-lica Quo primum tempore del 14 lu-glio 1570, fissò la forma definitivadella messa pubblicando l’edizioneriformata e unificata del messaleromano, conosciuto come messaledi san Pio V.

Nel 1571 gli ottomani minacciava-no l’Europa. Dopo il saccheggiodell’isola di Cipro, Pio V p ro m o s s ela formazione di una Lega santa, acui aderirono la Repubblica di Ve-nezia e la Spagna, e indisse digiunie preghiere, soprattutto, la recitadel Rosario. Il 7 ottobre 1571, glieserciti della Lega vinsero gli otto-mani a Lepanto. Pio V attribuì lavittoria alla Madonna e istituì lafesta di Nostra Signora della Vitto-ria, che Gregorio XIII chiamò No-stra Signora del Rosario.

Pio V morì il 1° maggio 1572. Fubeatificato da Clemente X il 1°maggio 1672 e canonizzato da Cle-mente XI il 22 maggio 1712. (nicolagori)

Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Italia.

Alessandro Damianovescovo coadiutore

dell’arcidiocesi di Agrigento

Nato il 13 luglio 1960 a Trapani, ha conseguitoil diploma di tecnico commerciale nel 1979. Hacompiuto il cammino di formazione al sacerdozionel Pontificio seminario romano maggiore enell’Urbe ha conseguito una licenza in teologiamorale presso l’Accademia Alfonsiana nel 1995 ela licenza in diritto canonico presso la Pontificiauniversità Angelicum nel 2002. Ordinato presbite-ro il 24 aprile 1987 per il clero di Trapani, è statoparroco di Maria Santissima, in località Rilievo,dal 1989 al 1998. Dal 1995 è docente stabile diteologia morale (fondamentale e speciale) pressol’Istituto di scienze religiose “Sant’Alberto degliAbati”, e dal 1998 al 2003 è stato cancelliere dicuria e direttore dell’ufficio catechistico diocesa-no. Difensore del vincolo nel tribunale ecclesiasti-

co diocesano dal 2000 al 2005 e assistente eccle-siastico del gruppo scout “Trapani 5” dal 2000 al2003, dal 2005 al 2009 è stato vicario giudizialedel tribunale ecclesiastico diocesano e parroco diCristo Re, in Erice – Casa santa. Parroco dal 2009al 2012 di Santa Teresa del Bambino Gesù e Ma-ria Santissima Ausiliatrice, in Trapani, dal 2013 ègiudice del tribunale ecclesiastico siciliano e dal2014 vicario generale della diocesi trapanese.

Giovanni Luca Raimondiausiliare di Milano

Nato a Cernusco sul Naviglio, Milano, il 22novembre 1966, ha frequentato il seminario mino-re dell’arcidiocesi ambrosiana. Come alunno delseminario maggiore arcivescovile di Venegono hafrequentato i corsi teologici istituzionali ed è statoordinato sacerdote il 13 giugno 1992, per il cleromilanese. È stato vicario parrocchiale a Busto Ar-sizio dal 1992 al 2000 e a Desio dal 2000 al 2008.Responsabile della comunità pastorale a Berna-

reggio dal 2008 al 2018, da quest’ultimo anno èvicario episcopale della zona IV – Rho.

Giuseppe Natale Vegezziausiliare di Milano

Nato a Nerviano, Milano, il 30 gennaio 1960,ha compiuto la preparazione al sacerdozio nei se-minari ambrosiani, ricevendo l’ordinazione presbi-terale il 9 giugno 1984. È stato vicario parrocchia-le a Luino, Varese, dal 1984 al 1988; oblato vicarionella congregazione di Sant’Ambrogio per le Vi-carie dal 1993 al 2002; vicario parrocchiale a CerroMaggiore, Varese, dal 1988 al 1993; parroco diSan Cristoforo e Santa Maria delle Grazie al Na-viglio dal 2002 al 2018, e di San Vittore in Rhodal 2012 al 2018; decano e dal 2018 vicario episco-pale per la zona pastorale di Varese. Ha collabo-rato con il vicario per la formazione permanentedel clero occupandosi dei sacerdoti che chiedeva-no la dispensa dagli impegni presbiterali.

VI T E R B O, 30. Tra i 25 giovani protagonisti di gesti dialtruismo e generosità nominati pochi giorni fa alfieridella Repubblica dal presidente Mattarella c’è ancheCosmas Wallbrecher, collaboratore della onlus “Semidi pace”.

L’incontro con questa associazione, avvenuto lo scor-so anno per realizzare il desiderio di vivere un’esp e-rienza di volontariato internazionale, lo ha portato aCuba dove ha partecipato a una missione umanitariacondividendo con altri volontari l’impegno per i più

bisognosi e assistendo bambini, ragazze madri e anzia-ni. Cosmas è inoltre molto sensibile al tema del razzi-smo e dell’antisemitismo sull’esempio dei genitori, cat-tolici tedeschi, che hanno fondato a Roma l’asso ciazio-ne “Ricordiamo Insieme”, costituita con donne e uomi-ni di religione ebraica per tenere viva la memoria dellaShoah. «Voglio dedicare questo riconoscimento a “Se-mi di pace” e condividerlo con tutti i suoi membri.Grazie per tutto quello che mi avete dato», ha dichia-rato Cosmas.

Pubblichiamo di seguito il telegrammadi cordoglio inviato da PapaFrancesco al Luogotenente “adinterim”del Sovrano militare ordine di Malta,Fra Ruy GonçaloDo Valle Peixoto de Villas Boas, perla morte — avvenuta nelle primissimeore del 29 aprile — del Gran maestroFra Giacomo Dalla Torre del Tempiodi Sanguinetto.

Appresa la notizia della scomparsadi Sua Altezza Eminentissima Fra’Giacomo Dalla Torre del Tempiodi Sanguinetto, Gran Maestro delSovrano Militare Ordine di Malta,desidero esprimere all’intero Ordi-ne il mio sentito cordoglio. Di co-

sì zelante uomo di cultura e di fe-de ricordo l’integra fedeltà a Cri-sto e al Vangelo, congiunta al ge-neroso impegno nell’esercitare conspirito di servizio il proprio ufficioper il bene della Chiesa, nonché lasua dedizione ai più sofferenti.Mentre prendo parte al comunedolore, elevo preghiere di suffra-gio ed invoco per la sua anima,dalla divina bontà, la pace eterna.Con tali sentimenti, invio di cuorea Lei e al Gran Magistero, comepure ai familiari del compianto de-funto, la confortatrice benedizioneap ostolica.

FRANCISCUS P P.

Page 10: In preghiera per i defunti “anonimi” sepolti nelle …...impreparato ad affrontare le sfide, questa potrebbe rivelarsi come l’o c-casione feconda per ripensare al punto nodale

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 venerdì 1 maggio 2020

Nella messa a Santa Marta il Pontefice ricorda le vittime del coronavirus

In preghiera per i defunti “anonimi”sepolti nelle fosse comuni

Papa Francesco si è spiritualmenteinginocchiato accanto alle fosse co-muni dove sono stati sepolti tantidefunti “anonimi” in questo tempodi pandemia: hanno profondamentecolpito il cuore del vescovo di Romale immagini delle sepolture alle qualisi è dovuto ricorrere nel pienodell’emergenza del contagio del co-ro n a v i ru s .

E così giovedì mattina, 30 aprile —proprio all’inizio della messa cele-brata nella cappella di Casa SantaMarta — con voce accorata e dolenteil Pontefice ha presentato a Dio tut-te le vittime, in particolare le donnee gli uomini sepolti “senza nome”.«Preghiamo oggi — ha detto France-sco — per i defunti, coloro che sonomorti per la pandemia; e anche inmodo speciale per i defunti — dicia-mo così — anonimi: abbiamo visto lefotografie delle fosse comuni. Tan-ti...».

«Nessuno può venire a me, se nonlo attira il Padre»: con le parole diGesù, riportate da Giovanni nel pas-so evangelico (6, 44-51) propostodalla liturgia, il Pontefice ha poi av-viato la sua meditazione nell’omelia.«Gesù ricorda — ha detto — che an-che i profeti avevano preannunciatoquesto: “E tutti saranno istruiti daD io”».

Dunque, ha spiegato il Papa, «èDio che attira alla conoscenza delFiglio. Senza questo, non si può co-noscere Gesù. Sì, si può studiare,anche studiare la Bibbia, anche co-noscere come è nato, cosa ha fatto:questo sì. Ma conoscerlo da dentro,conoscere il mistero di Cristo è sol-tanto per coloro che sono attirati dalPadre a questo».

Ed è proprio «quello che è succes-so a questo ministro dell’economiadella regina d’Etiopia» ha affermatoFrancesco, facendo riferimento albrano degli Atti degli apostoli (8,26-40) che racconta appunto l’incon-tro di Filippo con il funzionario diCandàce, regina di Etiopia. «Si vedeche era un uomo pio — ha fatto pre-sente il Pontefice — e che si è presoil tempo, in mezzo a tanti suoi affari,per andare ad adorare Dio. Un cre-dente. E tornava in patria leggendoil profeta Isaia» (cfr. versetti 27-28).

Ecco che, ha proseguito il Papa ri-percorrendo il passo degli Atti degliapostoli, «il Signore prende Filippo,lo invia e poi gli dice: “Va ’ avanti eaccòstati a quel carro”» (cfr. versetto29). E così Filippo «sente il ministroche sta leggendo Isaia. Si avvicina egli fa una domanda: “Capisci quelloche stai leggendo?” — “E come po-trei capire se nessuno mi guida!”»(cfr. versetto 31).

A questo punto il funzionario del-la regina di Etiopia pone «la doman-da: “Di quale persona il profeta dicequesto?». Fa salire Filippo sulla suacarrozza «e durante il viaggio — nonso quanto tempo, penso che almenoun paio di ore — Filippo spiegò,spiegò Gesù» (cfr. versetti 26-35).

Francesco ha affermato che «quel-la inquietudine che aveva questo si-gnore nella lettura del profeta Isaiaera proprio del Padre, che attirava

verso Gesù (cfr. Giovanni 6, 44): loaveva preparato, lo aveva portatodall’Etiopia a Gerusalemme per ado-rare Dio e poi, con questa lettura,aveva preparato il cuore per rivelareGesù. Al punto che appena videl’acqua disse: “Posso essere battezza-to”» (cfr. Atti degli apostoli 8, 36). Insostanza quell’uomo «credette».

Il fatto «che nessuno può cono-scere Gesù senza che il Padre lo atti-ri (cfr. Giovanni 6, 44) — ha spiegatoFrancesco — è valido per il nostro

apostolato, per la nostra missioneapostolica come cristiani». In parti-colare il Pontefice ha invitato a pen-sare «alle missioni: “Cosa vai a farenelle missioni?” — “Io, a convertirela gente” — “Ma fermati, tu nonconvertirai nessuno! Sarà il Padre adattirare quei cuori per riconoscereGesù”».

«Andare in missione — ha affer-mato il Papa — è dare “testimonian-za” della propria fede», perché «sen-za testimonianza non farai nulla.

Il mese di maggio con Maria

I Papi, il Rosario e Pompei

Un comunicato della Sala stampa della Santa Sede annuncia la decisione del Giudice Unico

Caso Orlandi: archiviato il procedimentosulle ossa del cimitero Teutonico

Andare in missione — e sono bravi imissionari! — non significa farestrutture grandi, cose..., e fermarsicosì. No, le strutture devono esseretestimonianze».

In realtà, ha rilanciato Francesco,«tu puoi fare una struttura ospeda-liera, educativa di grande perfezione,di grande sviluppo, ma se una strut-tura è senza testimonianza cristiana,il tuo lavoro lì non sarà un lavoro ditestimone, un lavoro di vera predica-zione di Gesù: sarà una società dibeneficenza, molto buona — moltobuona! — ma niente di più».

Insomma, ha insistito il Pontefice,«se io voglio andare in missione...,se io voglio andare in apostolato,devo andare con la disponibilità cheil Padre attiri la gente a Gesù, e que-sto lo fa la testimonianza. Gesù stes-so dice a Pietro, quando confessache Lui è il Messia: “Tu sei beato,Simon Pietro, perché questo te lo harivelato il Padre”» (cfr. Matteo 16,17).

«È il Padre che attira, e attira an-che con la nostra testimonianza» haproseguito il Papa. «“Io farò tanteopere, qui, di qua, di là, di educa-zione, di questo, dell’a l t ro . . . ”, masenza testimonianza — ha chiarito —sono cose buone, ma non sono l’an-nuncio del Vangelo, non sono postiche diano la possibilità che il Padreattiri alla conoscenza di Gesù» (cfr.Giovanni 6, 44). Lo stile giusto è«lavoro e testimonianza».

«“Ma come posso fare perché ilPadre si preoccupi di attirare quellagente?”» è la questione posta daFrancesco. Con «la preghiera», è larisposta. E «questa è la preghieraper le missioni: pregare perché il Pa-dre attiri la gente verso Gesù».

«“Testimonianza e preghiera” van-no insieme» ha ripetuto il Pontefice:«Senza testimonianza e preghieranon si può fare predicazione aposto-lica, non si può fare annuncio. Farai

una bella predica morale, farai tantecose buone, tutte buone. Ma il Pa-dre non avrà la possibilità di attirarela gente a Gesù».

Dunque, ha spiegato ancora il Pa-pa, «questo è il centro, questo è ilcentro del nostro apostolato, che ilPadre possa attirare la gente a Ge-sù» (cfr. Giovanni 6, 44). E «la no-stra testimonianza apre le porte allagente e la nostra preghiera apre leporte al cuore del Padre perché attirila gente».

«Testimonianza e preghiera» èquindi l’approccio corretto, secondoFrancesco. E «questo non è soltantoper le missioni, è anche per il nostrolavoro come cristiani». Tanto che èopportuno domandarsi: «Io do testi-monianza di vita cristiana, davvero,con il mio stile di vita? Io pregoperché il Padre attiri la gente versoGesù?».

«Questa è la grande regola per ilnostro apostolato, dappertutto, e inmodo speciale per le missioni» haaggiunto il Pontefice. Con la consa-pevolezza che «andare in missionenon è fare proselitismo».

E a questo proposito il Papa havoluto condividere un ricordo: «Unavolta, una signora — buona, si vede-va che era di buona volontà — si èavvicinata con due ragazzi, un ra-gazzo e una ragazza, e mi ha detto:“Questo ragazzo, padre, era prote-

stante e si è convertito: io l’ho con-vinto. E questa ragazza era...” — nonso, animista, non so cosa mi ha det-to — “e l’ho convertita”. E la signoraera buona, buona. Ma sbagliava. Ioho perso un po’ la pazienza e hodetto: “Senti, tu non hai convertitonessuno: è stato Dio a toccare ilcuore della gente. E non dimenticar-ti: testimonianza, sì; proselitismo,no”».

Alla fine della sua meditazioneFrancesco ha esortato a chiedere «alSignore la grazia di vivere il nostrolavoro con testimonianza e con pre-ghiera, perché Lui, il Padre, possaattirare la gente verso Gesù».

È poi con la preghiera di sant’Al-fonso Maria de’ Liguori che il Papaha invitato «le persone che non pos-sono fare la comunione» a fare lacomunione spirituale. Concludendola celebrazione con l’adorazione e labenedizione eucaristica. Per poi affi-dare — accompagnato dal cantodell’antifona Regina Caeli — le sueintenzioni alla Madre di Dio, sostan-do davanti all’immagine marianadella cappella di Casa Santa Marta.

A mezzogiorno la preghiera delvescovo di Roma è stata rilanciata,davanti all’altare della Cattedra dellabasilica Vaticana, dal cardinale arci-prete Angelo Comastri che ha guida-to la recita del Regina Caeli e delRosario.

di LO R E TA SOMMA

La recente lettera per il mese dimaggio, con la quale PapaFrancesco invita tutti i fedeli

a riscoprire «la bellezza» del Rosa-rio da recitare a casa in questo diffi-cile momento di «prova», è risuona-ta in modo speciale a Pompei, il cuisantuario — fondato da BartoloLongo — è dedicato proprio allapreghiera mariana.

Il giovane avvocato pugliese fuchiamato dalla Vergine a diffondereil Rosario come strumento per lasalvezza, secondo la promessa che laMadonna aveva fatto a san Dome-nico. Fin dall’inizio della sua operanella cittadella campana, ebbe rap-porti epistolari con tutti i Pontefici

che si sono succeduti, dai quali fuanche ricevuto numerose volte, inudienze private.

Leone XIII, detto “il Papa del Ro-sario” per le numerose enciclichescritte sulla preghiera mariana, èstato il primo successore di Pietroad avere un forte legame con il san-tuario di Pompei. Bartolo Longoscrisse la Supplica alla Regina delSS. Rosario in adesione all’invitoche, nella sua enciclica Supremi apo-stolatus officio del 1° settembre 1883,Papa Pecci aveva rivolto ai cattolici,esortandoli a un impegno spiritualevolto a fronteggiare i mali della so-cietà. Con essa Leone XIII indicavanella preghiera del Rosario unostrumento sicuro per il consegui-mento del bene spirituale della so-

cietà e della Chiesa, travagliata da«gravi calamità». Al beato BartoloLongo, che in quel tempo era impe-gnato a erigere il tempio alla Vergi-ne del Rosario e a diffonderne ladevozione nel mondo, sembrò chela parola del Pontefice costituisseuna sorte d’imprimatur a tutta la suaattività. Il 23 settembre inviò un te-legramma al Papa per ringraziarlodi aver pubblicato l’enciclica sulRosario, che sarebbe stata d’inco-raggiamento per celebrare la prossi-ma festa di ottobre e proseguire conmaggiore alacrità la costruzione delsantuario, la cui opera la Vergineaccompagnava con incessanti prodi-gi. Leone XIII è stato uno dei mag-giori promotori del culto alla Vergi-ne di Pompei, tanto da definirne ilsantuario «parrocchia del mondo»,per il grande afflusso di pellegrini.

Anche i successivi Pontefici so-stennero Longo nella sua opera elui ricambiò donando il santuario ele opere sociali alla Santa Sede, cheli amministra attraverso una Delega-zione pontificia.

Dopo la morte del fondatore, illegame è rimasto sempre saldo. SanGiovanni XXIII, che da patriarca diVenezia era stato a Pompei, sededelle prime riunioni della Conferen-za episcopale italiana, aveva in pro-gramma una visita pastorale nellacittà mariana, ma morì prima di po-terla effettuare. La sua consuetudinecon il Rosario è ben nota e spesso èstato lui stesso a parlarne, comenell’enciclica Grata recordatio del1959, nella quale confidava di reci-tarlo per «intero in ogni giornodell’anno».

San Paolo VI, che a nove anniaveva visitato il santuario di Pompeicon la sua famiglia, nel 1965, nellabasilica di San Pietro, incoronò ilquadro della Madonna, dopo un si-gnificativo restauro. Nell’omelia dis-se, tra l’altro, che «la pia e popolarecorona riappare come catena di sal-vezza, che pende dalle mani delSalvatore e della sua beatissima Ma-dre, e che indica donde scende anoi ogni grazia, e per dove deve danoi salire ogni speranza». E aggiun-se che «la corona del santo Rosario,preghiera semplice e profonda, cieduca a fare di Cristo il principio eil termine non solo della devozione

mariana, ma di tutta la nostra vitaspirituale». Papa Montini aveva rac-comandato la recita del Rosario inmolti dei suoi documenti e nell’en-ciclica Marialis cultus del 1974, loaveva definito «compendio di tuttoquanto il Vangelo» (n. 42).

Giovanni Paolo I affermava dinon vergognarsi di recitare il Rosa-rio, preghiera semplice e facile chelo aiutava ad «essere fanciullo».

San Giovanni Paolo II ha avutoun rapporto speciale con Pompei,che ha voluto visitare due volte: il21 ottobre 1979 e il 7 ottobre 2003.Il legame fu reso ancora più fortedalla lettera apostolica RosariumVirginis Mariae, per la cui pubblica-zione, il 16 ottobre 2002, Papa Wo-jtyła volle che il quadro della Ma-donna di Pompei fosse portato inpiazza San Pietro. Sin dalle primeparole di quel testo — con cui tral’altro il Pontefice polacco aggiunsealla corona i cinque misteri della lu-ce — si comprende la sua devozioneal Rosario. Nella lettera, in cui è ci-tato per ben cinque volte BartoloLongo, san Giovanni Paolo II esor-ta: «Guardo a voi tutti, fratelli e so-relle di ogni condizione, a voi, fami-glie cristiane, a voi, ammalati e an-ziani, a voi giovani: riprendete confiducia tra le mani la corona delRosario, riscoprendola alla luce del-la Scrittura, in armonia con la Li-turgia, nel contesto della vita quoti-diana».

Benedetto XVI, durante la sua vi-sita al santuario di Pompei, il 19 ot-tobre 2008, spiegava che il Rosario«è vincolo spirituale con Maria perrimanere uniti a Gesù, per confor-marsi a Lui, assimilarne i sentimentie comportarsi come Lui si è com-portato. Il Rosario è arma spiritualenella lotta contro il male, controogni violenza, per la pace nei cuori,nelle famiglie, nella società e nelmondo».

Papa Francesco, fin dall’inizio delsuo pontificato, ha manifestato lapropria personale e profonda devo-zione mariana. «Il Rosario è la pre-ghiera che accompagna sempre lamia vita; è anche la preghiera deisemplici e dei santi... è la preghieradel mio cuore» ha confidato nellapresentazione scritta a un libro dimonsignor Yoannis Lahzi Gaid.

Durante la sua breve ma intensavisita al santuario di Pompei, il 21marzo 2015, si fermò in preghieradavanti all’icona della Vergine, allaquale donò una preziosa corona.

Il 9 maggio 2018, il Pontefice in-vitava a recitare il Rosario per lamartoriata Siria: «Cari fratelli e so-relle, il mese di maggio è dedicatoalla Madonna; vi invito a coltivarela devozione alla Madre di Dio conla recita quotidiana del Rosario,pregando in particolare per la pacein Siria e nel mondo intero». E, nel-la stessa occasione, diceva agli sposinovelli: «Coltivate la devozione allaMadonna, con la recita quotidianadel Rosario, affinché come la Madredi Dio, accogliendo i misteri di Cri-sto nella vostra vita, possiate esseresempre più un dono d’amore pertutti».

Nell’ottobre successivo, PapaFrancesco chiese a tutti i fedeli dipregare il Rosario ogni giorno perchiedere alla Vergine Maria di aiuta-re la Chiesa nelle difficili prove cheè chiamata a vivere.

A maggio e a ottobre, in occasio-ne della Supplica alla Regina delRosario, il Papa non manca mai dirivolgere un pensiero a Pompei, co-me ha fatto nell’Angelus del 6 otto-bre dello scorso anno.

Il 19 marzo 2020, in occasionedel Rosario per l’Italia, Papa Fran-cesco ha inviato un videomessaggio,nel quale ha detto, tra l’altro: «Lapreghiera del Rosario è la preghieradegli umili e dei santi che, nei suoimisteri, con Maria contemplano lavita di Gesù, volto misericordiosodel Padre. E quanto bisogno abbia-mo tutti di essere davvero consolati,di sentirci avvolti dalla sua presenzad’a m o re ! » .

Le parole di Papa Francesco, aPompei, sono già state messe in at-to, anche al tempo della pandemia.Ogni giorno, viene offerta ai fedelila possibilità di recitare il Rosario instreaming sulla pagina Facebook,dove è stata anche lanciata la pro-posta di realizzare una vera e pro-pria “staffetta del Rosario” — che hagià raccolto migliaia di adesioni —scegliendo una mezz’ora, tra le 7 ele 22, da dedicare alla preghiera ma-riana.

«Il procedimento relativo alla pre-sunta sepoltura in Vaticano, pressoil cimitero Teutonico, dei resti diEmanuela Orlandi, è stato archivia-to dal Giudice Unico dello Statodella Città del Vaticano, che ha in-tegralmente accolto la richiestadell’Ufficio del Promotore di Giusti-zia». È quanto si legge oggi, giove-dì 30 aprile, in un comunicato dellaSala stampa della Santa Sede, dalquale si apprende che i resti umaniritrovati negli ossari adiacenti alledue tombe aperte sono tutti databilia un’epoca molto anteriore a quelladella scomparsa della ragazza: i piùrecenti risalgono ad almeno centoanni fa.

Come si ricorderà, il fascicolo erastato aperto nell’estate scorsa, dopola denuncia dei familiari della giova-ne, figlia di un dipendente dellaSanta Sede che risiedeva con la fa-miglia all’interno dello Stato, scom-parsa il 22 giugno 1983 in centro aRoma. In seguito a quella denuncia,che indicava una tomba del Cimite-

ro Teutonico come possibile luogodi sepoltura di Emanuela, il Promo-tore di Giustizia Gian Piero Milanoe il suo aggiunto Alessandro Diddi,avevano autorizzato l’accesso alla se-poltura e l’apertura non di una madi due tombe vicine ubicate all’in-terno del Teutonico. Entrambe letombe erano risultate vuote.

Dagli accertamenti era emerso chetra gli anni Sessanta e Settanta delsecolo scorso erano stati effettuatilavori di ampliamento del CollegioTeutonico: le sepolture delle princi-pesse Sophie von Hohenlohe e Car-lotta Federica di Mecklemburgo, en-trambe morte nell’Ottocento, eranorisultate non contenere alcun restoumano. Ulteriori verifiche avvenutequello stesso giorno avevano portatoall’individuazione di due ossari col-locati sotto la pavimentazione diun’aerea all’interno del PontificioCollegio Teutonico, chiusi da unab otola.

La decisione del Promotore diGiustizia era stata di sigillare imme-

diatamente i due ossari e di predi-sporre nuovi accertamenti. «Le veri-fiche su tali reperti — si legge nelcomunicato odierno — effettuate dalprofessor Giovanni Arcudi, perito diUfficio, alla presenza dei consulentidella famiglia Orlandi, hanno porta-to a concludere che i frammenti rin-venuti sono databili ad epoca ante-riore alla scomparsa della poveraEmanuela: i più recenti risalgono adalmeno cento anni fa. Di qui la ri-chiesta di archiviazione, che chiudeuno dei capitoli della triste vicenda,nella quale le Autorità vaticane han-no offerto, sin dall’inizio, la più am-pia collaborazione».

Proprio in questo spirito di colla-borazione e di attenzione alle istan-ze dei familiari della ragazza scom-parsa, «il provvedimento di archi-viazione lascia alla famiglia Orlandidi procedere, privatamente, ad even-tuali ulteriori accertamenti su alcuniframmenti già repertati e custoditi,in contenitori sigillati, presso laGendarmeria».

Come i morti insepolti degli antichi

I riti funebri nascono con l’uomo e non ci lasceranno mai. Unisconocredenti e non credenti, antichi e moderni, oriente e occidente, terra ecielo. Mi ha sempre colpito l’angoscia degli antichi — ce la ricordiamoun po’ tutti nei poemi omerici a scuola — di non poter seppellire iloro cari. Ma anche noi moderni, per quanto moderni, non possiamofare a meno dei riti funebri, noi e i nostri morti, non possiamo fare ameno di darci l’ultimo saluto, l’ultimo abbraccio.

Tutti quelli che muoiono in questa guerra viralesono come i morti insepolti degli antichilasciati ai cani sul campo di battaglia,non poterono i familiari lavare i loro corpiungerli e piangerli e preparare il rogo,trasportati di notte su camion militaricome sacchi di spazzatura in altri cimiteri.Ma noi sappiamo che la loro battaglia fu eroica,combatterono fino all’ultimo sangueun corpo a corpo senza risparmio di colpi,alla fine caddero facendo risuonarecon fragore la loro pesante armatura.La loro vita è incisa nel cimitero del tempoa memoria perenne, e la loro tomba è un altare.

CL AU D I O DAMIANI