In Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in Paradiso · 2017-07-12 · Figlio. È così...

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REGINA DEGLI APOSTOLI Periodico bimestrale della Provincia Italiana della Società dell’Apostolato Cattolico Anno XCV - n. 4 Luglio/Agosto 2017 In Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in Paradiso In Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in Paradiso

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REGINA DEGLI APOSTOLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCV - n. 4 Luglio/Agosto 2017

In Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in ParadisoIn Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in Paradiso

Regina degli Apostoli

REGINA DEGLI APOSTOLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCV - n. 4 Luglio/Agosto 2017

In Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in ParadisoIn Maria Assunta in cielo la madre che ci attende in Paradiso

Associato all’UspiUnione StampaPeriodici Italiani

6IL PAPA SULLA CORRUZIONE

La Santa Sede: prestoun decreto perla scomunica ai mafiosi

3EDITORIALE

Tempo liberoma non vuotoLe tre stelle delle vacanzedi Francesco Armenti

4L’ANNO LITURGICO

La Vergine Assuntain Cielo, un misteroche ci riguardadi Stella Marotta

10L’AVVIO DEL CAMMINO

Unificarele due congregazioni delleSuore di S. Vincenzodi Stella Marotta

13PAESE NATALE DEL PADRE

Il Pallotti torna tra i terremotati della “sua”San Giorgio di Cascia

12L’INCARICO AD ANNA CIAVOTTA

L’Unione italianaha un nuovoPresidentedi Corrado Montaldo

15CARITÀ VERSO I SENZA DIMORA

Servizio NotturnoItinerante: mani vuotee cuore pienodi Maria Rosaria Falasca

17IL RICORDO DI P. LOMBARDI

«Joaquín Navarro-Vallsun maestro nellacomunicazione»Agenzia Zenit

18IL PAPA A SANTA MARTA

«La pace che ci dà Dioè nella realtàdella nostra vita»a cura di Luca Liverani

21IL CASO DI CHARLIE GARD

Non esiste il dirittoa morireLa vita non è una cosadi Pier Giorgio Liverani

22AFFINITÀ NELLO STILE DI FEDE

“Santità”: sintoniaspirituale tra Bergoglioe Pallottidi Stella Marotta

11COMUNIONE E CONDIVISIONE

Pallottine da cinque provincea Roma per il corsodi formazione permanente

IN COPERTINA:La statua in bronzo dell'Immacolata sulla colonnadi piazza di Spagna a Roma (Giuseppe Obici, 1857)

RdA-Regina degli Apostoli non è disponibile in formato car-taceo, ma solo sul sito della Provincia Italiana della SAC,www.reginadegliapostoli.it, dove può essere sfogliata “virtual-mente” – dal computer, dal tablet o dallo smarthphone – assie-me ai numeri arretrati, o stampata per una copia personale.

La Direzione

Periodico bimestrale della Provincia Italianadella Società dell’Apostolato CattolicoRegistrazione Trib. Roma n. 5806 del 24.5.1957

Direzione:Via Giuseppe Ferrari, 1 - 00195 Romae-mail: [email protected]

Sped. abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 -DCB Roma

Ex parte Soc. Imprimipotest D.A. Lotti SAC Rector Prov.

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Direttore Responsabile:Giuseppe Colantonio SAC

Comitato di redazione:Stella Marotta CSAC, Vittorina D’ImperioCSAC, Nicola Gallucci SAC, Luca Liverani,Pier Giorgio Liverani, Corrado Montaldo,Cristina Mastrorosati

Grafica, Impaginazione e Stampa:C.S.E. di De Lutio Ottavio s.r.l.tel. 0670476849e-mail: [email protected]

Chiuso in tipografia il 10 Luglio 2017

9IL SANTO PADRE A GENOVA

«Il lavoroè il centrodi ogni patto sociale»

14L’ASSOCIAZIONE DI P. VAN STRAATEN

“Aiuto alla Chiesache soffre” da 70 anniin prima linea

23LE FIGURE DELLA BIBBIA

Isaia,il profetadel Messiadi Cristina Mastrorosati

26LA RECENSIONE

«Fratelli e sorelle buonasera» La comunicazionedi Francescodi P.G.L.

25LA SPIRITUALITÀ DEL PALLOTTI

«Al suonodi qualchecampana...»dagli scritti del Santo

S O M M A R I O

24NOTIZIARIO PALLOTTINOOstia, “Giovani in ascolto”a Regina Pacis“San Vincenzo ha rigeneratola mia fede” La testimonianzadi una mamma di Avella

Avviso

importante

ai lettori

Il bimestrale RdAè solo su Internet

www.reginadegliapostoli.it

luglio-agosto 2017 3

Vacanze dal latino (vacare) dice vuoto,va-cante, lontano da qualcosa… È una paro-la che richiama realtà vere e profonde

dell’uomo ma anche, soprattutto nel concetto divacanze moderne, stili di farle che ne hannotravisato la ricchezza umana e cristiana. Spesso,difatti, le ferie sono considerate come il tempodella noia, del dolce far niente, della trasgres-sione e del divertimento egoistico a ogni costo.Questo rischio di un “tempo vuoto” venne giàdenunciato da Benedetto XVI quando scrisse:«Il tempo libero è certamente una cosa bella enecessaria, ma se non ha un centro interiore es-so finisce per essere un tempo vuoto che non cirinforza e ricrea». Andare in vacanza allora si-gnifica tornare, essere risucchiati come da unaforza centripeta verso il proprio “centro interio-re”, verso la propria originaria identità. In talsenso le vacanze sono un dono di Dio perchél’uomo torni a Lui e a sé stesso. Il cristianesi-mo, infatti, vede come amiche e naturali le va-canze: il Creatore si è riposato il settimo giornodopo la “fatica” della creazione. Il riposo biblicoe, di conseguenza, umano, è tempo particolare,consacrato al Padre eterno e all’uomo, è benedi-zione di Dio, è Kairos in cui ritornare nel pro-prio “centro interiore” per poter vivere e cele-brare Dio, l’uomo e se stessi nella quotidianitàe ferialità della vita con maggior vigoria fisica espirituale.

Tempo fa il teologo Severino Dianich dichia-rò che per ogni uomo «c’è anche una grazia delriposo e non solo quella del lavoro, come c’èuna grazia della gioia e del divertimento accan-to a quella della fatica e del dolore. […] Nonpossiamo dimenticarci di coloro che non hannoferie , perché sono malati, o in povertà, o co-stretti a lavorare. Ma questo pensiero ci rendeancora più responsabili verso la “grazia” dellevacanze». Ed è così perché andare in vacanzanon significa farsi un bagno d’indifferenza,staccare dallo stress e dai problemi quotidianidella vita non vuol dire beccarsi un’“insolazio-ne” di emarginazione e di egoismi ma viverequesto tempo di riposo nella responsabilità, nel-la sobrietà, nella condivisione, nell’aiuto a chisoffre ed è povero e nell’amicizia con gli ultimi.

EDIT

ORIA

LE Tempo libero ma non vuotoLe tre stelle delle vacanze

Le vacanze sono anche tempo della gratuitàper sé, il momento di curare non solo il propriocorpo ma soprattutto la propria anima, la pro-fondità di noi stessi, la bellezza dell’amore vis-suto in ogni sua dimensione umana (le vacanzeseparate in famiglia? La indeboliscono e allonta-nano i propri membri), la riscoperta dell’armo-nia con il creato. È quanto mai vero e suggesti-vo quando il Signore nel Vangelo invita a non“affannarsi”, ad andare in disparte per riposarsi.Ed è sempre Gesù a invitare a contemplarel’uomo, la cosa più bella e grande che ha crea-to: «Guardate i corvi: non seminano e non mie-tono, non hanno dispensa né granaio, eppureDio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi!Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allun-gare anche di poco la propria vita? Se non pote-te fare neppure così poco, perché vi preoccupa-te per il resto? Guardate come crescono i gigli:non faticano e non filano. Eppure io vi dico: ne-anche Salomone, con tutta la sua gloria, vestivacome uno di loro» (Lc 12, 24-27). Le vacanze:tempo di riscoperta della Provvidenza, della fe-deltà e della bellezza dell’Eterno.

A chi sta per partire, o a chi resta, auguria-mo comunque di saper cogliere nel cielo trestelle: «La stella del non-io, il diverso da sé,la natura». La stella «della ricerca profondadi sé stessi» e quella che è «la più luminosa:Dio, il mistero e la trascendenza» (GianfrancoRavasi). ■

di Francesco Armenti

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In questo Tempo Liturgico ordinario emergonodue feste importanti: la Trasfigurazione di Ge-sù, il 6 agosto, e l’Assunzione di Maria, il 15

agosto.

La Trasfigurazione del Signore è una festa im-portante da un punto di vista cristiano, moltosentita dal popolo santo di Dio, perché ci riportaad uno dei momenti più belli vissuti da Gesù edai tre apostoli sul monte della gloria. È la festadel paradiso, ma anche della Passione di Cristo.Una festa che ci offre l’opportunità nel mese diagosto di riflettere sul significato non solo dellatrasfigurazione di Cristo, ma sulla nostra trasfigu-razione. Ogni tempo è favorevole perché nella no-stra vita ci possiamo e dobbiamo trasfigurare,cioè cambiare in meglio il nostro vissuto spiritua-le, ma l’estate ha una carica in più, perché questopossa avvenire, trasformandoci in attenti cristianiche danno spazio alla vita spirituale e che salgonosul monte, insieme a Gesù, a contemplare e apregare. Senza la preghiera che è il respiro e l’os-sigeno dell’anima, difficilmente possiamo affron-tare il buon combattimento della vita quotidiana.

L’Assunzione di Maria ci tocca in modo partico-lare. Maria è stata la prima a credere nel Figlio diDio, ed è la prima ad essere assunta in cielo inanima e corpo. Per prima ha accolto e preso inbraccio Gesù quando era ancora bambino, ed è laprima ad essere accolta dalle sue braccia per es-sere introdotta nel Regno eterno del Padre. Ma-ria, umile e semplice ragazza di un villaggio sper-duto nella periferia dell’impero romano, proprioperché ha accolto e vissuto il Vangelo, è ammessada Dio a stare per l’eternità accanto al trono delFiglio. È così che il Signore rovescia i potenti daitroni e innalza gli umili (cfr Lc 1, 52). Maria ci at-tende tutti in Paradiso, dove è lei, nel Regno diSuo Figlio Gesù. Papa Francesco lo scorso annoebbe a dire: L’Assunzione di Maria è un misterogrande che riguarda ciascuno di noi, riguarda ilnostro futuro. Maria, infatti, ci precede nella stra-da sulla quale sono incamminati coloro che, me-diante il Battesimo, hanno legato la loro vita aGesù, come Maria legò a Lui la propria vita.

Anche nel cosiddetto Tempo Ordinario del ca-

lendario liturgico la vita di ogni giorno sarà sem-pre più bella se illuminata dalla presenza costan-te di Dio che in Gesù Cristo ci parla, ci educa e sifa nostro compagno di cammino. E Maria, Madredella Chiesa, con la sua costante presenza e pre-ghiera, non solo il 15 agosto ci terrà compagnia, eprovvederà alle necessità di ogni figlio.

Come ben sappiamo infatti il Tempo Ordinarioè composto da 34 settimane che si celebra in duevolte nell’anno liturgico.

Il primo periodo inizia subito dopo il Battesimodi Gesù e termina con l’inizio della Quaresima.

Il secondo periodo inizia il lunedì seguente ladomenica di Pentecoste. L’ultima domenica diquesto periodo, la 34a, è detta anche di Cristo Redell’Universo.

Comunemente si pensa che questo sia un tem-po in cui non si celebra niente, in realtà esso haun significato “straordinario” per la vita dellaChiesa, perché può aiutarla a vivere quelle di-mensioni “ordinarie” della sua vita, che a volte ri-schiamo di dimenticare.

Seguendo gli insegnamenti del liturgista Mat-teo Ferrari, OSB Cam, diciamo che il tempo Ordi-nario è il tempo della sequela perché non celebraun particolare mistero della vita del Signore edella storia della salvezza, bensì il mistero di Cri-sto nella sua interezza. È il tempo per eccellenzadella sequela e del discepolato, sulle orme di Ge-sù verso il compimento della storia (XXXIV do-menica).

Due elementi sono fondamentali per cogliere ilsignificato e l’importanza del tempo ordinario: illezionario, con la lettura semicontinua dei vangelisinottici, e la domenica.

Il primo elemento che rivela il senso del tempoordinario è costituito dalle Scritture che vengonoproclamate nella liturgia. È il lezionario infattiche ritma il cammino delle domeniche e dei gior-ni feriali. Di domenica in domenica la Chiesa se-gue il suo Signore sulla via del “compimento diogni giustizia” (Mt 3,15), perché essa diventi sem-pre più somigliante al suo maestro e sposo.

Nel tempo ordinario, come afferma l’Ordina-mento delle letture della messa (OLM), l’elemen-to che, costituisce il culmine e nello stesso tempoil cuore della liturgia della Parola è la lettura dei

La Vergine Assunta in CieloUn mistero che ci riguarda

ANNO LITURGICO:LA TRASFIGURAZIONE

E L’ASSUNZIONE

di Stella Marotta

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Vangeli. Sempre nella liturgia della parola dell’eu-caristia l’elemento principale è costituito dal Van-gelo (OLM, n. 13: «La lettura del Vangelo costitui-sce il culmine della stessa liturgia della Parola»,proprio perché la celebrazione eucaristica è sem-pre celebrazione del mistero di Cristo che nelvangelo viene “narrato”.

Il secondo elemento che caratterizza e segna ilcammino del Tempo Ordinario è la domenica.Questo tempo liturgico infatti è quello che mag-giormente, fa emergere l’importanza della cele-brazione della domenica per la vita della Chiesa.La domenica, «festa primordiale» dei cristiani (Sa-crosanctum Concilium, n. 106), nasce il mattinodel giorno della risurrezione, il primo giorno do-po il sabato, e occupa un suo ruolo fondamentaledurante tutto l’anno liturgico.

Tutti questi tratti del “volto” della domenicasono raccolti in modo molto efficace in un testoliturgico, il Prefazio X per le domeniche del tem-po ordinario: «Oggi la tua famiglia, riunita nel-l’ascolto della tua Parola e nella comunione del-l’unico pane spezzato fa memoria del Signore ri-sorto nell’attesa della domenica senza tramonto,quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo».

Quindi intorno a questi due assi portanti – cen-tralità del lezionario e della domenica – la Chiesanel tempo ordinario si può sperimentare in cam-mino, sostenuta dalla parola, sulle orme di coluiche per lei e per l’umanità intera ha donato la suavita. Celebrando così il mistero di Cristo nel tem-po del suo pellegrinaggio, la Chiesa impara a con-formare la sua vita a quella del suo Signore. Iltempo ordinario, che spesso viene consideratoquasi un tempo minore, un tempo poco significa-tivo, è invece il tempo dove si gioca in qualchemodo la verità degli altri tempi, il tempo dell’ordi-

narietà e della quotidianità, il tempo della vita deidiscepoli di Gesù che devono fare della Pasqua ilcriterio fondamentale della loro esistenza.

Papa Francesco, attraverso le sue catechesi, lesue omelie, ci aiuta ad entrare nella Liturgia e aportare nella vita le Parola di Dio. Nell’Omeliadel 9 gennaio 2017, parla del grande e primariocompito di ogni cristiano: mettere Gesù al centrodella nostra vita.

“Ci sono tre compiti per assicurarci che Gesù èal centro della nostra vita”: il primo è conoscereGesù per riconoscerlo. Al suo tempo, tanti non lohanno riconosciuto: “i dottori della legge, i sommisacerdoti, gli scribi, i sadducei, alcuni farisei”.Anzi, “l’hanno perseguitato, l’hanno ucciso”. Oc-corre domandarsi: “A me interessa conoscere Ge-sù? O forse interessa più la telenovela o le chiac-chiere o le ambizioni o conoscere la vita degli al-tri?”. “Per conoscere Gesù – spiega Papa France-sco – c’è la preghiera, lo Spirito Santo”, ma c’èanche il Vangelo, da portare sempre con sé.

Il secondo compito è adorare Gesù. Non solochiedergli cose e ringraziarlo. Il Papa pensa a duemodi di adorare Gesù: “la preghiera di adorazio-ne in silenzio” e “poi togliere dal nostro cuore lealtre cose che adoriamo, che ci interessano dipiù. No, solo Dio”. “C’è una piccola preghiera, ilGloria, ma tante volte la diciamo come pappagal-li. Ma questa preghiera è adorazione! Il terzocompito è seguire Gesù – sottolinea il Papa – co-me dice il Vangelo odierno in cui il Signore chia-ma i primi discepoli. Significa mettere Gesù alcentro della nostra vita: “È semplice la vita cri-stiana, è molto semplice ma abbiamo bisogno del-la grazia dello Spirito Santo perché svegli in noiquesta voglia di conoscere Gesù, di adorare Gesùe di seguire Gesù”. ■

In Maria donna del nostro tempoil valore della natura femminiledi Sabino Della Sala

“Vergine Madre, figlia del tuoFiglio, umile e alta più che

creatura, termine fisso d’etternoconsiglio, tu se’ colei che l’umananatura nobilitasti sì, che ‘l’suo Fatto-re non disdegnò di farsi sua fattu-ra”.

Così l’incipit della preghiera di S.Bernardo nel canto XXXIII, della Di-vina Commedia mostra una imma-gine della Madre di Dio, quanto maiattuale in un momento storico politi-

co come quello che stiamo vivendo.In un mondo malato di protago-

nismo umano che svuota di signifi-cato il termine Donna, rendendolafemmina, Lei, Maria ci indica attra-verso Suo Figlio il concetto intrinse-co della natura femminile, non og-getto, ma soggetto della Vita, quellastessa vita molte volte resa vacuadalla violenza sotto tutte le forme,sfruttamento, aborto, libertinaggio.

Maria modello di speranza conla Sua vita non solo ci ha donato lasalvezza, ma ha dato un senso alla

nostra esistenza con l’obbedienza,non schiavitù al comando, ma co-me umile Ancella, “che ha trovatograzia presso Dio”. Non solo Iconama simbolo di Grazia, Lei, comescritto dal Montfort è il magnificostampo di Dio, modellato dallo Spi-rito Santo, sia per formare un uomoDio come è avvenuto nel l’incarna-zione, sia per formare un uomo Diocon la grazia.

Forte di questo dono, guardiamoa Lei come Madre che con sguardoDivino ci riconduce al Padre.

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Il 15 giugno scorso si è tenuto in Vaticano il pri-mo “Dibattito Internazionale sulla Corruzione”tra gli attuali membri di una consulta del Dica-

stero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integralededicata a tale problematica globale, anche nel suointreccio con le mafie e il crimine organizzato. IlDicastero ha diffuso sabato 17 giugno un comuni-cato in cui annuncia che la Santa Sede sta prepa-rando un decreto pontificio con il quale affrontare«la questione relativa alla scomunica per corruzio-ne e associazione mafiosa». Ha annunciato questosevero provvedimento la Pontificia Accademia perle Scienze Sociali, alla cui riunione del 15 giugnohanno partecipato circa 50 tra magistrati anti-mafiae anti-corruzione, vescovi, personalità di istituzionivaticane, degli Stati e delle Nazioni Unite, capi dimovimenti, vittime, giornalisti, studiosi, intellet-tuali, e alcuni ambasciatori», come dice un comu-nicato dell’Ufficio Stampa della Santa Sede. «La lot-ta alla corruzione e alle mafie – dice il comunicato

– è una questione non solo di legalità, ma di civil-tà. Il Cardinale Peter Turkson ha motivato cosìquesta riunione: «Abbiamo pensato questo incon-tro per far fronte ad un fenomeno che conduce acalpestare la dignità della persona. Noi vogliamoaffermare che non si può mai calpestare, negare,ostacolare la dignità delle persone. Quindi spetta anoi, con questo Dicastero, saper proteggere e pro-muovere il rispetto per la dignità della persona. Eper questo cerchiamo di attirare l’attenzione suquesto argomento».

L’obiettivo di questa iniziativa è: «Sensibilizzarel’opinione pubblica, identificare passi concreti chepossano aiutare ad arrivare a delle politiche e delleleggi eventualmente che prevengano la corruzione,perché la corruzione è come un tarlo che si infiltranei processi di sviluppo per i Paesi poveri o neiPaesi ricchi, che rovina le relazioni tra istituzioni etra persone. Quindi lo sforzo che stiamo facendo èquello di creare una mentalità, una cultura della

La Santa Sede: presto un decreto per la scomunica ai mafiosi

L’ANNUNCIO IN VATICANO AL DIBATTITO INTERNAZIONALE SULLA CORRUZIONE

Papa Francesco ha scritto laprefazione al libro «Corrosione»(Rizzoli), scritto da Peter K.A.Turkson con il filosofo Vittorio V.Alberti. Il cardinale Turkson, giàarcivescovo di Cape Coast epresidente della Conferenza deivescovi del Ghana, dal 2016 èprefetto del Dicastero per il serviziodello sviluppo umano integrale. Iltesto è stato pubblicato il 15 giugnodal Corriere della Sera

di Francesco

La corruzione, nella sua radice eti-mologica, definisce una lacerazio-

ne, una rottura, una decomposizionee disintegrazione. Sia come stato in-teriore sia come fatto sociale, la suaazione si può capire guardando alle

relazioni che ha l’uomo nella sua na-tura più profonda.

L’essere umano ha, infatti, una re-lazione con Dio, una relazione con ilsuo prossimo, una relazione con ilcreato, cioè con l’ambiente nel qualevive. Questa triplice relazione – nellaquale rientra anche quella dell’uomocon se stesso – dà contesto e sensoal suo agire e, in generale, alla sua vi-ta.

Quando l’uomo rispetta le esigen-ze di queste relazioni è onesto, assu-me responsabilità con rettitudine dicuore e lavora per il bene comune.

Quando invece egli subisce unacaduta, cioè si corrompe, queste rela-zioni si lacerano.

Così, la corruzione esprime la for-ma generale della vita disordinatadell’uomo decaduto.

Allo stesso tempo, ancora comeconseguenza della caduta, la corru-zione rivela una condotta anti-socialetanto forte da sciogliere la validità deirapporti e quindi, poi, i pilastri suiquali si fonda una società: la coesi-stenza fra persone e la vocazione asvilupparla.

La corruzione spezza tutto questosostituendo il bene comune con uninteresse particolare che contaminaogni prospettiva generale.

Essa nasce da un cuore corrottoed è la peggiore piaga sociale, per-ché genera gravissimi problemi e cri-mini che coinvolgono tutti. La parola«corrotto» ricorda il cuore rotto, ilcuore infranto, macchiato da qualco-sa, rovinato come un corpo che in na-tura entra in un processo di decom-posizione e manda cattivo odore.

“La corruzione è una bestemmia,un cancro che logora le nostre vite”

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giustizia che combatta la corruzione per provvede-re al bene comune».

Il gruppo sta provvedendo all’elaborazione di untesto condiviso che guiderà i lavori successivi e lefuture iniziative. «Tra queste, si segnala al momen-to la necessità di approfondire, a livello internazio-nale e di dottrina giuridica della Chiesa, la questio-ne relativa alla scomunica per corruzione e associa-

zione mafiosa». Come si ricorderà certamente, ilSanto Papa Giovanni Paolo II aveva già esplicita-mente minacciato la scomunica nel suo viaggioapostolico in Sicilia, tenendo conto che, mentre ru-bano, minacciano, uccidono, i capi della mafia mo-strano ipocritamente di sentirsi membri della co-munità cristiana.

Avvenire il quotidiano dei cattolici, così com-

Cosa c’è all’origine dello sfrutta-mento dell’uomo sull’uomo? Cosa, al-l’origine del degrado e del mancatosviluppo? Cosa, all’origine del trafficodi persone, di armi, di droga? Cosa, al-l’origine dell’ingiustizia sociale e dellamortificazione del merito? Cosa, all’ori-gine dell’assenza dei servizi per le per-sone? Cosa, alla radice della schiavitù,della disoccupazione, dell’incuria dellecittà, dei beni comuni e della natura?Cosa, insomma, logora il diritto fonda-mentale dell’essere umano e l’integritàdell’ambiente? La corruzione, che in-fatti è l’arma, è il linguaggio più comu-ne anche delle mafie e delle organiz-zazioni criminali nel mondo. Per que-sto, essa è un processo di morte chedà linfa alla cultura di morte delle ma-fie e delle organizzazioni criminali.

C’è una profonda questione cultu-rale che occorre affrontare. Oggi moltinon riescono anche solo a immagina-re il futuro; oggi per un giovane è diffi-cile credere veramente nel suo futuro,in qualunque futuro, e così per la sua

famiglia. Questo nostro cambiamentod’epoca, tempo di crisi molto vasta,ritrae la crisi più profonda che coin-volge la nostra cultura. In questo con-testo va inquadrata e capita la corru-zione nei suoi diversi aspetti. Ne vadella presenza della speranza nelmondo, senza la quale la vita perdequel senso di ricerca e possibilità dimiglioramento che la rende tale.

In questo libro il cardinale PeterKodwo Appiah Turkson, oggi prefettodel Dicastero per il Servizio dello Svi-luppo Umano Integrale, e già presi-dente del Pontificio Consiglio dellaGiustizia e della Pace, spiega bene laramificazione di questi significati dicorruzione, e lo fa concentrandosi inparticolare sull’origine interiore diquesto stato che, appunto, germoglianel cuore dell’uomo e può germoglia-re nel cuore di tutti gli uomini.

Siamo, infatti, tutti molto espostialla tentazione della corruzione: an-che quando pensiamo di averla scon-fitta, essa si può ripresentare.

L’uomo va visto in ogni suoaspetto, non va scisso a secon-da delle sue attività, e così la corru-zione va letta – come si legge in que-sto libro – tutta insieme, per tutto l’uo-mo, sia nelle sue espressioni di reatosia in quelle politiche, economiche,culturali, spirituali.

Nel 2016 si è concluso il Giubileostraordinario della misericordia. Lamisericordia permette di superarsi inspirito di ricerca. Cosa avviene se cisi arrocca in se stessi e se il pensieroe il cuore non esplorano un orizzontepiù ampio?

Ci si corrompe, e corrompendosisi assume l’atteggiamento trionfalistadi chi si sente più bravo e più scaltrodegli altri. La persona corrotta, però,non si rende conto che si sta co-struendo, da se stessa, la propria ca-tena. Un peccatore può chiedere per-dono, un corrotto dimentica di chie-derlo. Perché? Perché non ha più ne-cessità di andare oltre, di cercare pi-ste al di là di se stesso: è stanco ma

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menta la notizia: «La scomunica, come è noto,comporta l’ esclusione dai Sacramenti. Il 21 giugno2014, a Cassano all’Jonio, sulla Piana di Sibari,Francesco aveva esplicitato la scomunica per i ma-fiosi dicendo: “Quando non si adora Dio si diventaadoratori del male. La ‘ndrangheta è adorazionedel male. E il male va combattuto, bisogna dirgli dino. La Chiesa deve sempre più spendersi affinchéil bene possa prevalere. I mafiosi sono scomunica-

ti, non sono in comunionecon Dio”. Qualche giornoprima del viaggio in Cala-bria aveva chiesto ai ma-fiosi di convertirsi con pa-role che evocarono l’ ana-tema già pronunciato dasan Giovanni Paolo II nel-la Valle dei templi. Le pa-role più dure per la corru-zione le ha invece rivoltenell’ ottobre del 2014 alladelegazione dell’ Associa-zione internazionale di di-ritto penale ricevuta inVaticano, quando dopo «ildelitto della tratta dellepersone» mise «il delittodi corruzione», perché “èessa stessa un processo dimorte”. Ma nei forti pro-nunciamenti riguardo al-

l’ampio fenomeno della corruzione - definita spes-so come «cancrena putrefatta» che «(s)puzza», «ma-le più grande del peccato», dall’Evangelii gaudiumalla Laudato si’ e fino alla rassegna quotidiana delleomelie di Santa Marta Francesco inserisce anche lamafia in questo contesto. Come il 21 giugno 2015 aTorino: «Siamo chiamati a dire no alla corruzione,tanto diffusa che sembra essere un atteggiamentonormale». ■

sazio, pieno di sé. La corruzione ha,infatti, all’origine una stanchezza del-la trascendenza, come l’indifferenza.

Il cardinale Turkson – come sicomprende da questo dialogo chevia via si snoda secondo un itinerariopreciso – esplora i diversi passagginei quali nasce e si insinua la corru-zione, dalla spiritualità dell’uomo finoalle sue costruzioni sociali, culturali,politiche e anche criminali, ponendoinsieme questi aspetti anche su quelche più ci interpella: l’identità e ilcammino della Chiesa.

La Chiesa deve ascoltare, elevar-si e chinarsi sui dolori e le speranzedelle persone secondo misericordia,e deve farlo senza avere paura di pu-rificare se stessa, ricercando assi-duamente la strada per migliorarsi.Henri de Lubac scrisse che il perico-lo più grande per la Chiesa è la mon-danità spirituale – quindi la corruzio-ne – che è più disastrosa della leb-bra infame.

La nostra corruzione è la monda-nità spirituale, la tepidezza, l’ipocri-sia, il trionfalismo, il far prevalere sololo spirito del mondo sulle nostre vite,il senso di indifferenza.

Ed è con questa consapevolezzache noi, uomini e donne di Chiesa,possiamo accompagnare noi stessi el’umanità sofferente, soprattutto quel-la che più è oppressa dalle conse-guenze criminali e di degrado gene-rate dalla corruzione.

Mentre scrivo mi trovo qui in Vati-cano, in luoghi di una bellezza asso-luta, nei quali l’ingegno umano hacercato di elevarsi e trascendere neltentativo di far vincere l’immortale sulcaduco, sul corrotto.

Questa bellezza non è un acces-sorio cosmetico, ma qualcosa chepone al centro la persona umanaperché essa possa alzare la testacontro tutte le ingiustizie. Questa bel-lezza deve sposarsi con la giustizia.

Così, dobbiamo parlare di corru-

zione, denunciarne i mali, ca-pirla, mostrare la volontà di af-fermare la misericordia sulla gret-tezza, la curiosità e creatività sullastanchezza rassegnata, la bellezzasul nulla.

Noi, cristiani e non cristiani, sia-mo fiocchi di neve, ma se ci uniamopossiamo diventare una valanga: unmovimento forte e costruttivo. Ecco ilnuovo umanesimo, questo rinasci-mento, questa ri-creazione contro lacorruzione che possiamo realizzarecon audacia profetica. Dobbiamo la-vorare tutti insieme, cristiani, non cri-stiani, persone di tutte le fedi e noncredenti, per combattere questa for-ma di bestemmia, questo cancro chelogora le nostre vite. È urgente pren-derne consapevolezza, e per questoci vuole educazione e cultura miseri-cordiosa, ci vuole cooperazione daparte di tutti secondo le proprie pos-sibilità, i propri talenti, la propriacreatività.

GGiioovvaannnnii FFaallccoonnee ee PPaaoolloo BBoorrsseelllliinnoo

luglio-agosto 2017 9

Sabato 27 maggio papa Francesco è andato invisita apostolica a Genova e davanti agli im-pianti dell’Ilva ha parlato ai lavoratori di Ge-

nova comunicando subito la propria emozione: «Ela prima volta che vengo a Genova – ha detto –qui, vicino al porto da dove è partito il mio papà. Equesto mi fa una grande emozione». Poi ha aggiun-to: «Il lavoro è una priorità umana. E anche del Pa-pa».

Infine ha risposto a quattro domande: di un im-prenditore, una lavoratrice interinale, un sindacali-sta e un disoccupato.

Alla prima domanda (Il buon im-prenditore e lo speculatore) ha risposto(ne diamo un sintesi, però testuale: «Illavoro è una priorità umana, e quindidella Chiesa e del Papa. Non c’è buonaeconomia senza buon imprenditore. Illavoro va fatto bene. E pensare che illavoratore lavori bene solo perché èpagato è una grande disistima nei suoiconfronti. Bisogna lavorare bene perrispetto della propria dignità e della di-gnità del lavoro. «Il vero imprenditore conosce isuoi lavoratori, ne condivide le fatiche e le gioie. Senon ha l’esperienza della dignità del lavoro non sa-rà un buon imprenditore. Quando deve licenziarequalcuno è sempre una scelta dolorosa». E il Paparicorda l’episodio, già citato in altre occasioni, diun imprenditore che lo ha avvicinato piangendo,dopo la Messa in Casa Santa Marta, perché costret-to a dichiarare fallimento facendo perdere il lavoroa 60 persone: «Pregava e piangeva».

La seconda domanda era di una lavoratrice inte-rinale (Il ricatto sociale e la dignità. Lavoro per tut-ti, non reddito garantito). Francesco prende spuntodalle parole “riscatto sociale”. «A me viene in men-te “ricatto sociale”». Un anno fa una ragazza coltache parlava alcune lingue aveva trovato un lavoro,ma «le hanno detto: saranno 10-11 ore al giorno, leiha detto “Sì, sì”. Le hanno detto ancorta: si comin-cia con 800 euro al mese. Lei: “Ottocento soltanto,11 ore?”. L’impiegato dello speculatore le ha detto:signorina, guardi indietro la coda, se non le piacese ne vada. Questo è ricatto. Un’altra persona miha raccontato che ha lavoro, ma da settembre agiugno. Viene licenziato a giugno e ripreso a set-

tembre. E così si gioca, nel lavoro in nero». Poi ilPapa aggiunge: «I luoghi della Chiesa sono i luoghidella vita, dunque anche le piazze e le fabbriche.Molti degli incontri tra Dio e gli uomini sono avve-nuti mentre le persone lavoravano: Mosè pascolavail gregge, i primi discepoli erano pescatori. La man-canza di lavoro è molto più del venire meno di unasorgente di reddito per poter vivere. Lavorando noidiventiamo “più” persone, la nostra umanità fiori-sce. I giovani diventano adulti solo lavorando». EFrancesco cita l’articolo 1 della Costituzione: «L’Ita-

lia è una Repubblica democratica fon-data sul lavoro». «Togliere il lavoro,sfruttare la gente è anticostituzionale».

Terza domanda: la meritocrazia èun’ingiustizia. Risposta del Papa: Lacompetitività non è buona impresa,perché mina «quel tessuto di fiduciache è l’anima di ogni organizzazione».«Bisogna dire con forza che questa cul-tura competitiva tra i lavoratori dentrol’impresa è un errore e quindi va cam-biata se vogliamo il bene dell’impresa,

dei lavoratori e dell’economia». Un altro errore è lameritocrazia: «Usa una parola bella, il merito, masta diventando una legittimazione etica della dise-guaglianza e determinando un sistema di vantaggie svantaggi cumulativi». In questa cultura, «il pove-ro è considerato un demeritevole e quindi un col-pevole».

La quarta domanda è posta da una disoccupata.Ci sono quelli che vorrebbero lavorare ma non rie-scono e quelli che sono «senza il tempo della festa:questo lavoro è schiavismo. Nelle famiglie dei di-soccupati non è mai domenica. Per celebrare la fe-sta dobbiamo celebrare il lavoro. Il lavoro è fatica,ma una società edonista che vuole solo il consumonon capisce il valore del lavoro. Tutte le idolatriesono esperienze di puro consumo. Senza ritrovareuna cultura che stima la fatica e il sudore – sottoli-nea il Papa – continueremo a sognare il consumodi puro piacere». E infine: «Il lavoro è il centro diogni patto sociale». E papa Francesco chiude conl’invocazione allo Spirito Santo: «Vieni Santo Spiri-to... nella fatica riposo, nella calura riparo, nelpianto conforto. Dona virtù e premio, dona mortesanta, dona gioia eterna. Amen». ■

«Il lavoro è il centrodi ogni patto sociale»

PAPA FRANCESCO A GENOVA SU DISOCCUPAZIONE E LAVORO NERO

luglio-agosto 201710

Festa di Pentecoste. Giorno atteso dai due go-verni generali delle Suore Pallottine. Tuttoha avuto inizio, alle ore 16.00, nella Chiesa

dei Santi Quirico e Giulitta dove Suor VittorinaD’Imperio, Superiora Provinciale, ha presentatole motivazioni di tale incontro.

Il 4 giugno del 1838 San Vincenzo e i suoi piùstretti collaboratori insieme a tante bambine,partì da questa Chiesa per poi, in processione,entrare nella Pia Casa di Carità ed inaugurarel’opera consegnando le piccole alle prime Suore.Anche quest’anno, nella stessa data, rappresen-tanti delle due Congregazione, il Padre Generale,SAC, e tanti sacerdoti e laici, hanno affettiva-mente vissuto la stessa emozione, camminando epregando insieme verso la Pia Casa, in Via San-t’Agata de’ Goti, n° 8. Nell’atrio della Pia Casa èstato ricevuto il Quadro della Regina degli Apo-stoli, e in processione, preceduta dalle bambinedella Pia Casa, si è andati verso la Cappella.

All’inizio della Celebrazione la Superiora Ge-nerale, CSAC, Madre Ivete Garlet, ha preparatol’assemblea ad accogliere il contenuto di una let-tera, già spedita, qualche giorno prima, a tutte lecomunità delle due Congregazioni delle SuorePallottine. Madre Izabela Swierad, SAC, ha datovoce allo scritto. L’Assemblea ha seguito concommozione e apertura divina e l’applauso finaleha sancito positivamente il desiderio di cammi-nare verso l’unificazione delle due Congregazio-

ni. Tutta la Celebrazione, presieduta dal Padre

Generale Don Jacob Nampudakam, è stata ani-mata con canti e segni importanti che hanno aiu-tato la preghiera e la comunione.

La presenza delle Suore Eucaristiche di SanVincenzo Pallotti e di altre suore di diversi Istitu-ti è stata significativa per tutta l’Unione.

Durante l’Agape finale si sono intessuti dialo-ghi e condivisione spontanee.

Si è sentito fortemente la presenza del Fonda-tore e di tutte le suore che sono vissute nella PiaCasa di Carità dal 1838 ad oggi. ■

Unificare le due congregazionidelle Suore di San Vincenzo

IL 4 GIUGNO L’AVVÌO DEL CAMMINO NELLA PIA CASA DI VIA S.AGATA DEI GOTI A ROMA

a cura di Stella Marotta

Voti perpetui per tre consorellea Mysore in IndiaIl 15 maggio 2017, nella casa di

formazione in Mysore, alla presen-za del vescovo di Mysore, sua Ec-cellenza Mons K.A William, tre gio-vani consorelle hanno emesso i votiperpetui.

La Superiora Provinciale, Sr LigiThottakath, le suore del Consiglio e

la Comunità locale, insieme ai con-fratelli pallottini e a numerosi familia-ri, hanno innalzato il ringraziamentosentito a Dio, Padre ricco di miseri-cordia e di bontà e fonte di tutte levocazioni, per il dono delle tre gio-vani consorelle.

Tutta la Congregazione delle

Suore dell’Apostolato Cattolico, au-gura a Sr Anitha, Sr Selvi e Sr Lissy,di essere vere apostole in tutti gliambienti dove saranno, perché pos-sano testimoniare la bellezza di ap-partenere a Dio e di servire i fratellinella gioia e nella dedizione frater-na.

luglio-agosto 2017 11

La Comunità del generalato ha accolto congrande gioia le consorelle venute a Roma, pro-venienti dalle cinque Province della Congre-

gazione, per vivere insieme un’esperienza di comu-nione e di condivisione.

Le più giovani appartengono alla Provincia HolyFamily – India. Subito si sono integrate con le con-sorelle più grandi provenienti dal Brasile, dagli StatiUniti e dall’Italia.

Il Governo Generale ha pensato di offrire 10giorni di formazione a delle consorelle scelte dallerispettive Superiore Provinciali. Lo scopo è statoquello di “vivere intensamente il presente di Dio,grate del passato e proiettate nel futuro con entusia-smo rinnovato”.

E così dal 19 al 30 giugno 2017, 18 consorelle, in-sieme alle suore della Comunità del generalato,hanno vissuto giorni di preghiera, di visite nei luo-ghi dello Spirito, di esperienze nuove, di incontri esoprattutto di grande comunione tra loro. Quandoci si incontra nel Signore anche la barriera della lin-gua si supera e ci si intende, perché chi parla è solol’amore.

I temi trattati, ed approfonditi nei gruppi lingui-stici, sono stati: il discernimento, l’apostolato in SanVincenzo Pallotti, Maria nel Cenacolo, la relazione,l’Unione dell’Apostolato Cattolico.

Le consorelle del Consiglio hanno guidato passopasso lo svolgimento del programma, pensato e pre-parato per loro. Sono stati organizzati dei gruppi dilavoro con dei nomi specifici: Maria, Giuditta, Estere Maddalena, cinque suore per gruppo hanno offer-to il loro servizio per la sistemazione della cucina edel refettorio. Ogni cosa è stata fatta con la consa-pevolezza del “dono”, donare un po’ di tempo perfar stare bene le altre.

Già la presentazione reciproca ha creato un’at-mosfera di famiglia, ma l’incontro con Don JacobNampudakam , Rettore Generale SAC e con Sr. Iza-bela Swierad, superiora generale delle Suore Mis-sionarie Pallottine, venuti nella nostra comunità il24 giugno, ha rafforzato in ciascuna l’appartenenzaall’UAC. Fin dal primo giorno abbiamo intervallatostudio, visita alle comunità vicine, visita ai santuarie preghiera personale e comunitaria. Lo spirito diciascuna si è rinvigorito, è cresciuta la speranza e ildesiderio di essere ogni giorno di più pallottine, con

un cuore fervente di amore verso Dio e verso ilprossimo.

Il pellegrinaggio alla Madonna del Divino Amoree quello ad Assisi, come pure a processione delCorpus Domini e la visita alle Comunità della CasaMadre, di Velletri, e alla curia generalizia delle Suo-re missionarie, hanno contribuito a sentirci più so-relle e più compartecipi della vita dell’Unione. Ilcamminare sui passi del Fondatore, il sostare allasua presenza, hanno suscitato in ciascuna commo-zione profonda e gratitudine.

Il 28 pomeriggio il gruppo ha partecipato allamessa di ringraziamento per due nostri cari confra-telli nella Chiesa del SS. Salvatore in onda: PadreWais e Padre Koriski i quali hanno dato tanto perl’Unione e per la Società dei Padri Pallottini. In que-sta celebrazione si ha avuto la fortuna di pregare in-sieme ad altri due Confratelli nominati arcivescovida Papa Francesco, Don Taddeo (polacco) e DonGiulio (brasiliano). Per la prima volta due pallottiniricevono il pallio insieme. Tutto è grazia.

Le suore del Corso sono state entusiaste ed han-no vissuto ed accolto ogni cosa proposta con loslancio iniziale di tanti anni fa.

Non sono mancati momenti di ricreazione e diconvivenza gioiosa vissuta insieme. La verifica èservita ad arricchire la consapevolezza del dono ri-cevuto e delle cose che vanno potenziate per il mi-glioramento personale e a beneficio di altre conso-relle.

Tutto si è concluso il 30 giugno con il pellegri-naggio dalla chiesa di San Quirico e Giulitta versola Pia Casa di Carità. Lo stesso, fatto dal nostroamato Fondatore quando entrò per la prima voltanella Pia casa con le bambine e i suoi collaboratorilaici. Insieme al gruppo si è unita Sr VittorinaD’Imperio Superiora Provinciale dell’Italia, la qualeha aiutato il gruppo, fornendo spiegazioni al percor-so verso la Pia Casa, in Via Sant’Agata, n° 8. Qui èstata celebrata la santa messa presieduta da DonNicola Gallucci, Presidente del Consiglio di ammi-nistrazione della Pia Casa. Suor Sara, superiora del-la Comunità, insieme alle sue suore ha dato acco-glienza materna oltre che fraterna.

Un grazie va alla Madre Generale, Sr Ivete, alsuo consiglio e a tutte le suore della comunità delgeneralato. ■

Pallottine da cinque province a Romaper il corso di formazione permanente

DA INDIA, BRASILE, STATI UNITI PER 10 GIORNI DI COMUNIONE E CONDIVISIONE

luglio-agosto 201712

Il giorno 1 luglio scorso si è tenuto, presso il Col-legio Regina Apostolorum in via Giuseppe Fer-rari 1, in Roma, un importante incontro del-

l’Unione Italiana: erano presenti il Consiglio di co-ordinamento uscente e quello entrante, riuniti in-sieme. Era il passaggio di consegne tra chi per treanni ha coordinato la realtà dell’Unione in Italia echi lo farà nei prossimi anni. È stata l’occasioneper ripercorrere i momenti forti del cammino per-corso, creare un sentire comune, e impostare ilnuovo cammino.

Uno dei primi adempimenti del nuovo Consiglioè stata l’elezione del nuovo Presidente dell’UnioneItaliana: la scelta è caduta su Anna Ciavotta, delConsiglio di Coordinamento Locale di Aprilia; unmembro dell’Unione che emise l’Atto di ImpegnoApostolico, con il primo gruppo a Grottaferrata,nel 2004. In quella occasione, oltre ad altri mem-bri, Anna condivise la scelta con il marito Enrico,anche lui parte dello stesso gruppo apriliano. An-na, in questi anni, ha avuto la responsabilità delCCL, è stata formatrice, ha preso parte a tutte leiniziative dell’Unione. Ha quindi una lunga espe-rienza apostolica e associativa, in cui ha potutomettere al servizio di tutti le sue doti umane e cri-stiane. Nel medesimo nuovo Consiglio è stata elettaCarmela Pedalino in qualità di Vice-Presidente. El-la è membro del CCL di Avella, ne è stata sempreuna assidua animatrice. Le sue qualità sono bennote a tutti nell’Unione Italiana. Il Consiglio ha poinominato responsabile della Segreteria Enrico Ber-nardini, del CCL di Aprilia e Tommaso Di Pasqua-le, del CCL di Pietralata, in qualità di Economo.

Mi permetto di ringraziare il Signore, come Pre-sidente ormai emerito, per aver potuto collaborarecon i membri del precedente Consiglio. Con loroabbiamo lavorato e sofferto insieme, ci siamo dona-ti, secondo le nostre possibilità, in un camminospesso intricato.

Mi sembra importante ricordare i nomi degli al-tri componenti il nuovo Consiglio: i due SuperioriProvinciali, Suor Vittorina D’Imperio e Don Anto-nio Lotti, Don Renato Pucci, Suor Beniamina Tro-piano, la quale è anche Promotrice della formazio-ne in Italia, Angelo Cecinato, della Comunità della

Quinta Dimensione, Giuliano Desio, del CCL diOstia, Guglielmo Arabito, del CCL di Pietralata, Ro-sario Salici, del CCL di Riposto. Restano ancora dadesignare la rappresentante delle Suore Missionariee quella delle Suore Eucaristiche. Affidiamo, di ve-ro cuore, al Signore e a San Vincenzo tutti loro.

Il giorno seguente, il 2 luglio, a Grottaferrata,presso la casa Cenacolo delle suore pallottine, si èsvolta la giornata conclusiva dell’anno. Erano tantii membri presenti, da tutti i gruppi, vi erano reli-giosi e laici insieme. La giornata è stata all’insegnadel ringraziamento: questo è stato anche il temadella conversazione tenuta da Don Denilson Geral-do, pallottino brasiliano, consultore generale, checi ha fatto camminare, attraverso la Parola di Dio,sulla strada della gratitudine. Tutti gli interventiche sono seguiti sono stati un grazie al Signore pertutto: per l’anno trascorso, per il vecchio e per ilnuovo Consiglio, per tutto. Abbiamo anche condi-viso, nella Santa Messa concelebrata, il camminoche andiamo a continuare, tutti insieme. Al pome-riggio abbiamo visionato un video sui momentiprincipali degli esercizi spirituali svoltisi ad Avellanell’aprile scorso. Poi tutti i gruppi presenti hannoraccontato in sintesi il cammino fatto quest’anno.

Non posso tacere, con vera gratitudine, la mani-festazione di affetto che ho ricevuto da tutti alla fi-ne del mio mandato di Presidente. Ciò si è reso ve-ramente palpabile in ogni parola che è stata detta,anche se io sapevo che tutto era in realtà da rivol-gere a Dio, vero ispiratore di tutta la nostra espe-rienza. Non potrò dimenticare la fraternità e la co-munione espressa in questa occasione. Spero di po-terla ancora ricambiare, secondo quello che Diovorrà.

«Buon lavoro al nuovo Consiglio, a voi fratelliche ne fate parte: vogliamo vivere tutto in unità,ciascuno nel suo particolare servizio. Buon lavorocarissima Anna, tu che ci rappresenti tutti davantialla Chiesa di Dio sai che sei parte di una grandefamiglia dove il costitutivo sostanziale è la carità»,ha detto Donatella Acerbi, Presidente Generale del-l’Unione, quando ha ricordato che l’Amore vero haqueste caratteristiche: è libero, è spontaneo, crea lacomunione! ■

L’Unione italianaha un nuovo Presidente

ANNA CIAVOTTA PRENDE IL POSTO DI CORRADO MONTALDO ALLA GUIDA DEL CCN

di Corrado Montaldo

luglio-agosto 2017 13

Come di consuetudine, nella seconda domeni-ca di maggio, quest’anno 14 maggio 2017, le“due famiglie Pallottine”, quella parentale e

quella spirituale, si sono incontrate per celebrare lafesta di San Vincenzo Pallotti a San Giorgio di Ca-scia, paese natale in provincia di Perugia di PietroPaolo Pallotti, suo padre, dove tuttora vivono moltimembri della famiglia Pallotti e dove si sente fortela presenza e la devozione verso SanVincenzo. Numerosi sacerdoti e suo-re pallottine sono arrivate da Romaper vivere la festa insieme e per con-tinuare la bella tradizione iniziata findal 1963.

Ogni anno, prima della festa, laparrocchia organizza un Triduo di ce-lebrazioni e di catechesi per animarele famiglie e prepararle spiritualmen-te; quest’anno sono state guidate daD. Jean Bertrand Etoundi, SAC, Con-sultore Generale e da Suor EdoardaTorti, CSAC.

“Solidarietà e fiducia in Dio neimomenti difficili” è stato il tema cheè stato trattato durante il Triduo, untema, scelto di proposito, per raffor-zare la fede degli abitanti di SanGiorgio di Cascia, che in quest’annosono stati colpiti dal terremoto. An-

che San Vincenzo Pallotti, durante l’epidemia del1837 a Roma, ha fatta sua la miseria e la sofferenzadei fratelli romani, li ha sostenuti ed incoraggiati,ha trovato soluzione per gli orfani e per gli amma-lati e i moribondi.

Di pomeriggio c’è stata la processione con le re-liquie e la statua di San Vincenzo Pallotti. Lungo lestrette vie del paese si vedono ancora le tracce del

terremoto e sembravache il popolo si strin-gesse vicino al Protet-tore, San Vincenzo, perchiedere aiuto al Si-gnore e per affidare aLui la causa dei poverie di ogni famiglia delpaese.

Sembrava percepirecome se San Vincenzofosse uno dei terremo-tati, tra i suoi figli cheinsieme ad essi prega esupplica l’eterno Padredi liberare il mondodal male.

Il bacio dato alla re-liquia di San Vincenzoda tutti i presenti e labenedizione solenneha rasserenato i cuoridei piccoli e dei grandie rafforzato la fede nelSignore della vita.

In questa festa l’ac-coglienza della Fami-glia Pallotti è stata ec-cezionale per gli ab-bracci, i sorrisi, ilpranzo offerto e so-prattutto per il deside-rio di far crescere laconoscenza e l’aiutoscambievole tra la fa-miglia Pallotti di SanGiorgio e la grande Fa-miglia pallottina sparsanel mondo. ■

Il Pallotti torna tra i terremotati della “sua” San Giorgio di Cascia

FESTA DI SAN VINCENZO IL 14 MAGGIO NEL PAESE NATALE DEL PADRE

luglio-agosto 201714

Sono 70 anni che «Aiuto alla Chiesa che sof-fre» compie la missione espressa nel suonome: l’aiuto di tutti i tipi ai cristiani vitti-

me nel mondo delle persecuzioni dei nemici di-chiarati della Chiesa di Gesù Cristo. Fu padrePadre Werenfried van Straaten (1913-2003) che70anni fa fondò questa opera di diritto pontifi-cio e fatta di preghiere e di opere che hanno vi-sto al loro centro una comunità mondiale oran-te, generosa e solidale. Papa Giovanni Paolo IIparlò del Fondatore come di «un gigante dellacarità». Era nato in Olanda e fondò Aiuto allaChiesa che soffre nel 1947 per soccorrere centi-naia di migliaia di profughi che fuggivano dallanascente Germania Orientale e sostenne, fin da-gli anni ’50, la “Chiesa del silenzio” perseguitatadai regimi comunisti in Europa Orientale.

Nel 1962 ACS estese il suo raggio di azioneall’Africa, all’Asia e all’America Latina con pro-getti che sostengono l’attività pastorale dellaChiesa laddove essa, per la mancanza di mezzieconomici e per la violazione del diritto alla li-bertà religiosa, incontri difficoltà nello svolgi-mento della sua missione. “Aiuto alla Chiesa cheSoffre” ha sedi in 17 Paesi e realizza annualmen-te circa 6000 progetti in oltre 130 nazioni. Oggiil campo di azione dell’ACS sono soprattutto leregioni mediorientali e nordafricane afflitte dalfondamentalismo islamico, così come le areedell’India e del Pakistan colpite dagli estremistiindù.

L’attuale settantesimo è, dunque, un anniver-sario speciale e meritevole di una doverosa cele-brazione. «In migliaia tra Voi – ha scritto Alfre-do Mantovano, responsabile della sezione italia-na di Aiuto alla Chiesa che Soffre – sostengono iCristiani perseguitati con la preghiera e con aiu-ti materiali da decenni. Alcuni dagli anni ‘50, al-tri invece si sono letteralmente passati il testi-mone con i propri genitori e nonni. Storie uni-che di generosità e di appartenenza solidale aGesù. La bellezza è che siamo tutti assiemecomponenti di una “staffetta” che 70 anni fa pa-dre Werenfried van Straaten ha lanciato primapensando ai nostri fratelli poveri e oppressi nel-l’Europa dell’Est e poi via via ai Cristiani tuttiche soffrono in ogni angolo del Pianeta».

Tra tutti – ha scritto ancora Mantovano – «lefigure di due Giganti della Carità e della Storia,molto amici tra loro, dovevano trovare la dove-rosa esaltazione, padre Werenfried e San Gio-vanni Paolo II. Papa Wojtyla, come del resto og-gi Papa Francesco, ha infatti dapprima benefi-ciato della generosità dell’Opera grazie alla qua-le, da Arcivescovo di Cracovia, potè far costrui-re». luoghi di preghiera e divulgare la Parola diDio, e poi sostenuto fattivamente Aiuto allaChiesa che Soffre nella preghiera, nell’amiciziae nell’azione materiale, tutt’altro che simbolica.Ecco dunque perché, legato a questo anni-versario, abbiamo pensato che il modo miglioreper ricordarlo fosse la costruzione di una chiesaa Lui dedicata in quell’Africa che ha tanto ama-to e che rappresenta presente e futuro delcristianesimo nel mondo… Auguri dunque Aiu-to alla Chiesa che Soffre. Sarebbe bello poter di-re 100 di questi giorni, ma sarebbe molto piùbello se potessimo non celebrare più alcun anni-versario. Significherebbe che nel mondo il dirit-to alla libertà di fede avrebbe trovato ovunquepieno rispetto. Difficile a immaginarsi,ma noiabbiamo armi potenti per crederci:speranza epreghiera». ■

“Aiuto alla Chiesa che soffre”da 70 anni in prima linea

IERI LE PERSECUZIONI COMUNISTE, OGGI QUELLE ISLAMICHE E INDÙ

PPaaddrree WWeerreennffrriieedd vvaann SSttrraaaatteenn

luglio-agosto 2017 15

Com’è bella Roma di notte. Alla confusionedel giorno si contrappone un’atmosfera ditranquillità che riesce a farti apprezzare tutte

le sue meraviglie: vicoli, piazze, monumenti, in unsusseguirsi di luci ed ombre. Passeggiare tranquil-lamente, a tarda ora, permette di godere di tuttequelle bellezze che di giorno, in fretta, appena siintravedono. Ma la notte rende visibili anche unaserie di situazioni che di giorno si perdono nei rit-mi frenetici e nella confusione cittadina. Nella not-te prendono forma gli invisibili: donne e uomini,italiani e non, giovani e meno giovani, che nonhanno un tetto, una casa, un alloggio stabile. E cosìla sera sono lì, nel loro giaciglio di fortuna, sotto

un ponte, un portico, un semplice marciapiede, alcaldo, al freddo, sotto la pioggia, dimenticati datutti, scansati, evitati per timore.

La paura ci fa correre, voltare la faccia dall’altraparte. Ma non si può scappare sempre, la realtà vaaffrontata, anche se dura, e soprattutto va cono-sciuta.

Da questa convinzione è nata la mia piccolaesperienza, il mio intento di scoprire l’altro, diver-so da me, aderendo, attraverso la Parrocchia, alServizio notturno itinerante Caritas (SNI), attivatoa gennaio.

Dopo una breve formazione in aula, io insie-me ad altri volontari, abbiamo iniziato l’esperienza

Servizio Notturno Itinerante:mani vuote e cuore pieno

L’ESPERIENZA DI CARITÀ VERSO I SENZA DIMORA DELLA PARROCCHIA DI SAN POLICARPO

Faccio parte della Parrocchia San Policarpo. Don Alessandro Zenobbi è il Parroco che hasempre collaborato ed invitato a collaborare con la Caritas diocesana. Sentendo parlare dell’ini-ziativa dello SNI, ha chiamato alcuni operatori/animatori Caritas affinché venissero a presentarequesto progetto al gruppo parrocchiale “Buon Samaritano”.

Nel primo incontro sono venuti Luana e Michele i quali, più che con le parole, attraverso laloro testimonianza hanno illustrato il lavoro silenzioso e nascosto che si realizza di sera tardi perle strade di Roma. Il resto è stato appreso facendo subito tirocinio per strada a turno, ogni quin-dici giorni per gruppo. In uno di questi due gruppi sono capitata anch’io insieme a suor Venicia,una mia consorella brasiliana.

Il bene fatto da solo è poco e infruttuoso, ma quello fatto insieme è duraturo. Così diceva SanVincenzo Pallotti. Ed ancora: “Vorrei essere piuma morbida, per far riposare chi è stanco e sfidu-ciato. Cibo, per saziare chi ha fame o tonico per ristorare chi è senza forza. Luce per i ciechi evita per chi è morto”. Con profonda gioia devo dire che questo si realizza vivendo l’esperienzadello SNI.

Scorrono davanti ai miei occhi non solo fratelli senza fissa dimora, i cosiddetti “Clochard”,ma fratelli con un nome proprio, con una storia per-sonale che spesso è lontano dal nostro ben pensare.

Nelle storie di vita di questi fratelli e sorelle sinascondono lacrime, solitudine e per una serie dieventi di “rottura” dovuta a separazioni familiari,sfratti, perdita del lavoro, disagio psichico, istituzio-nalizzazioni, conflitti in famiglia, abbandoni scola-stici, tossicodipendenza, carcere e altro ancora. Lapersona rimasta senza lavoro, senza casa, senza unsupporto familiare ed amicale spesso si rivolge, nonsenza vergogna, ai servizi pubblici per chiedere aiu-to, ma non sempre viene capita e quindi l’alternati-va è la “strada”. Riporto l’esperienza di Maria Rosa-ria del gruppo “Buon Samaritano”. (Stella Marotta)

di Maria Rosaria Falasca

luglio-agosto 201716

sul campo, affiancati da operatori Caritas. Così,suddivisi per gruppi, a rotazione, periodicamentevisitiamo “l’altra Roma” o meglio “l’altra Roma dinotte”.

Brevi itinerari ma lunghi e profondi viaggi versol’ignoto, nei meandri della multiformità dei casiumani. Una cosa è passare, vedere e andare oltre,un’altra è fermarsi e parlare. E allora ecco che losconosciuto, fonte di timori e pregiudizi, diventaun altro, con un nome, una storia, una identità, edentra a far parte del nostro patrimonio di cono-scenze per sempre. Potrei fare nomi, citare casima, mentre riavvolgo il nastro, un ricordo riaffiorapiù forte degli altri, trasversale.

Alla prima uscita siamo andati a trovare ungruppo familiare che vive da molto tempo sotto iponti della tangenziale est di Roma, a ridosso dellastazione ferroviaria Tiburtina. Era pieno invernoed è inutile dire quanto quella sistemazione fosseprecaria e fredda, ma quello che mi è rimasto den-tro è altro: il punto di vista. Mi spiego meglio. Ognisera, prima di andare a letto, ho l’abitudine diguardare fuori dalla finestra; mi piace guardare lastrada senza traffico, il Parco degli Acquedotti buioe silenzioso, la città che dorme. Solo ora mi rendo

conto quanto quello scatto sia prezioso perché scat-tato da una prospettiva fortunata, privilegiata. Ionella mia abitazione, al sicuro, protetta, vestita, pu-lita, circondata da una serie di comodità e soprat-tutto con le persone a me più care accanto. E fino apochi mesi fa non mi è mai sfiorata l’idea che quel-la immagine potesse essere diversa. Poi, all’im-provviso, mi sono ritrovata sotto il ponte della tan-genziale a parlare con loro e, parlando, ci hannoraccontato di essere stati più volte cacciati perchégli abitanti dei condomini di fronte li avevano de-nunciati e, parlando, ci hanno indicato le finestredi fronte. Così, seguendo il loro dito, ho visto, dal-l’altra parte della strada, dei condomini, con le fi-nestre chiuse e all’interno luci, colori, persone. Inquel momento è scattato in me qualcosa. Mi sonovista fino al giorno prima dietro quei vetri a guar-dar fuori. Ora ero dall’altra parte: al freddo, al ge-lo, senza una casa, senza una famiglia.

La realtà non è una, è molteplice e varia, a se-conda del punto di vista dal quale la osservi. Biso-gna cambiare più spesso il punto di vista ed indos-sare occhiali con una lente più potente. Altrimentisi corre un rischio troppo alto per sé e per gli altri:guardare e non vedere. ■

di Onorina Asara

Nel servizio ai fratelli senza dimorasi apre un altro capitolo dell’UAC,

di noi apostoli di Gesù nel mondo,chiamati e mandati ad operare nelnome della sua carità. E’ questo ciòche abbiamo fatto noi del Consiglio diCoordinamento Locale di Ostia. SuorAnna ha proposto una visita alla Cari-tas per renderci conto delle varie re-altà che ci circondano. Abbiamo ac-colto l’invito timidamente ed anche unpo’ spaventate, pensando a cosa po-tevamo dire o fare.

Questo desiderio era nel cuore,già da un po’ di tempo, e al momentoopportuno si è potuto realizzare. L’im-pegno consiste nello spezzare la Pa-rola con loro, perché attraverso di es-sa, si possa toccare e lenire le loroferite, far scoprire l’Amore misericor-dioso di Dio, far sentire la sua pre-senza, che non abbandona mai nes-suno. Le loro sono storie lacerate,con ferite profonde, tanti hanno persola propria identità e dignità. Alcuni so-

no soli al mondo, altri hanno persotutto: case, soldi, altri non hanno maiavuto niente. Stare con loro è portarela verità di chi sono, e la speranza diun amore che devono conoscere. So-no ultimi, ma primi per Cristo, ed ènostro impegno far conoscere questo,ridonare una nuova vita in Cristo, no-nostante tra di loro ci siano personedi diverse religioni.

Ricordo che la prima volta assie-me a me c’erano Serena, Piera, Patri-zia, capitanate da Suor Anna. Siamopartite con l’aiuto preziosissimo delloSpirito Santo. Appena entrare nelcancello, lentamente, svanivano lenostre paure, i dubbi e lasciavano ilposto all’apertura del cuore. Ci haaperto e accolto calorosamente il re-sponsabile che ci ha presentate ai vo-lontari, a ragazzi e ragazze con gran-de fede, davvero ammirevoli! Si ècreato un cerchio di sedie, simbolobello, dove nessuno è capo, ma tuttiuguali. Abbiamo conosciuto tantepersone: uomini e donne di varie na-zionalità. Si sono seduti con noi, ab-

biamo pregato insieme ed è statoemozionante, commovente guardare iloro occhi e leggere i loro disagi, leloro sofferenze, i loro abbandoni. Eravicina la Pasqua quando abbiamosentito fortemente il desiderio di tor-nare da loro e condividere con essi laclassica colomba. Siamo stati riaccolticon vero piacere: ci chiamavano pernome, ci salutavano abbracciandoci.Ora stiamo organizzando di andareancora per poter riaccendere e ravvi-vare la fede. Affinché non si sentanoscartati, ma amati da un Padre riccodi misericordia che tutto può cambia-re in un attimo. A volte non siamoconsapevoli di quanto siamo fortunati,soprattutto quando il Signore ci fa an-dare in posti in cui mai avremmo pen-sato di andare. Diamo tutto per scon-tato, la vera ricchezza è essere figli diDio, e lo siamo veramente, non certoper i nostri meriti e neppure per le no-stre opere, ma per la Grazia che cisantifica e ci è stata donata abbon-dantemente e gratuitamente dal-l’amore misericordioso del nostro Dio.

Ostia, il Consiglio di Coordinamento Localeal servizio dei fratelli più poveri

luglio-agosto 2017 17

«Un maestro nella comunicazione». Que-sto l’omaggio del già direttore dellaSala Stampa vaticana, padre Federico

Lombardi SJ, al suo storico predecessore, JoaquínNavarro-Valls, deceduto a Roma il 5 luglio all’etàdi 80 anni dopo una lunga malattia. In un contri-buto pubblicato sulla pagina web del programmaitaliano di Radio Vaticana, il gesuita parla di “unservizio alla Chiesa di valoreincalcolabile”.

«Ho conosciuto di personail dottor Navarro-Valls quan-do sono venuto a lavorare inVaticano come direttore deiProgrammi della Radio Vati-cana all’inizio del 1991», scri-ve l’attuale presidente dellaFondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Facendo par-te del cosiddetto “seguito pa-pale” in numerosi viaggi diGiovanni Paolo II, il gesuitasi ricorda il defunto portavo-ce come un uomo «piacevole,amichevole e cordiale». Joa-quín Navarro-Valls era cono-sciuto soprattutto come “por-tavoce” brillante e competen-te del Pontefice polacco,«una denominazione del tut-to appropriata», anche se uf-ficialmente il suo ruolo eraquello di direttore della SalaStampa, ricorda il gesuita.

Per Navarro-Valls – cosìsottolinea padre Lombardi –era «assolutamente necessa-rio poter avere – e avere ef-fettivamente – un rapportodiretto con il Papa, in mododa conoscere con sicurezza e chiarezza il suopensiero e la sua linea, e da potersi presentare almondo della stampa e all’opinione pubblica co-me interprete autorevole di tale pensiero e nonsolo per sentito dire». Joaquín Navarro-Valls èstato senz’altro «una delle figure importanti diquel pontificato straordinario, non solo per la

sua evidente visibilità pubblica, ma anche per ilsuo ruolo di intervento e di consiglio», prosegueil gesuita. «Certamente Giovanni Paolo II ebbegrande fiducia in lui e tenne in gran conto il suoservizio».

Descrivendo il medico e giornalista spagnolo«una vera genialità nel presentare notizie e con-tenuti informativi in forma brillante, attraente e

concisa», padre Lombardi defini-sce la scelta di Navarro-Valls daparte di Papa Wojty a come «in-dubbiamente molto felice». Come“numerario” dell’Opus Dei Navar-ro-Valls era inoltre una persona«sulla cui dedizione e sul cui amo-re fedele alla Chiesa e al Papa sipoteva davvero contare, per la di-sponibilità effettiva sia di temposia di cuore», osserva Lombardi.

«È sempre rimasto per me unamico – così conclude il gesuita – un esempio divita spirituale discreta, vera e profonda, piena-mente integrata con il suo lavoro, un modello didedizione al servizio del Papa e della Chiesa, unmaestro nella comunicazione, anche se per me –come ho già detto, ma ripeto volentieri – inimita-bile». (di P.D.M. – Agenzia Zenit) ■

«Joaquín Navarro-Valls un maestro nella comunicazione»

P. LOMBARDI, EX DIRETTORE DELLA SALA STAMPA, RICORDA IL PORTAVOCE DI WOJTYLA

‘‘’’

Dal 1984 al2006 ha curato irapporto coi mediaper il pontificato diGiovanni Paolo II eper il primo anno diBenedetto XVI

luglio-agosto 201718

Ecco le omelie mattutine “a braccio” di PapaFrancesco nella Cappella di Santa Marta.Vi proponiamo la sintesi di alcune di queste suequotidiane riflessioni, catechesi semplici eprofonde. Per maggiori approfondimenticonsultare il sito:http://it.radiovaticana.va/news/papa-francesco/messa-santa-marta

LA PACE NON È TRANQUILLITÀ

Dal rischio di lasciarsi abbindolare da una «pacetranquilla, artificiale e anestetizzata» – con tan-

to di cartello «non disturbare» – tipica del mondo eche ognuno può fabbricarsi da sé, Papa Francescomette in guardia. E ripropone la vera essenza dellapace che ci dona invece Gesù: «Una pace reale»perché radicata nella croce, capace di passare attra-verso le molte tribolazioni quotidiane della vita, trasofferenze e malattie. Ma senza mai cadere nellostoicismo o facendo “i fachiri”». «Gesù era a cenacon i suoi discepoli, l’ultima cena, e dice loro: “Vilascio la pace, vi do la mia pace”». Egli, ha insistitoil Papa, «regala loro la pace». E aggiunge anche:«Non sia turbato il vostro cuore, non abbia timoreperché io do a voi la mia pace».

Così facendo, «il Signore incomincia a congedar-si dai suoi» proprio «con questo regalo, con il donodella pace». Insomma, si chiede il Pontefice, «maquesta è la pace che dà Gesù? O Paolo non avevaricevuto la pace?». Ma Gesù ripeteva: «State saldinella fede, perché dobbiamo entrare nel regno diDio attraverso molte tribolazioni».

Dunque, afferma il Pontefice, «per questa ragio-ne «quando Gesù dà questo regalo aggiunge: “noncome la dà il mondo, io la do a voi”». Infatti, haspiegato il Papa, «la pace che ci offre il mondo èuna pace senza tribolazioni: ci offre una pace artifi-ciale, una pace che più che pace è tranquillità».Come la «figura del ricco Epulone, quell’uomo cheviveva in pace, lieto, sempre con gli amici, ma ami-ci interessati perché andavano da lui perché simangiava bene in quella casa, si faceva festa».

«Il mondo ci insegna la strada della pace conl’anestesia (…)per non vedere un’altra realtà dellavita: la croce». Ma «si può avere pace nella tribola-zione?». «Da parte nostra, no». Invece «la pace che

dà Gesù è un regalo: è un dono dello Spirito San-to». Ecco, spiegato il Papa, «la pace di Dio è unapace reale, che va nella realtà della vita, che nonnega la vita».

Il Papa spiega che «quando io mi arrabbio e per-do la pace, quando il mio cuore si turba, è perchénon sono aperto alla pace di Gesù; perché non so-no capace di portare la vita come viene, con le cro-ci e i dolori che vengono: perché non sono capacedi chiedere: “Signore, dammi la tua pace”». (16maggio 2017)

NOI SIAMO SERVI

«Atesta in giù», proprio come Pietro ha chiestodi essere crocifisso, consapevole di essere «il

più peccatore degli apostoli» – tanto da aver «rinne-gato il Signore» – ma di essere stato scelto «per pa-scere con amore il popolo». È questa una delle ico-ne che Papa Francesco delinea prendendo spuntodal dialogo tra Gesù e Pietro.

«Questo fra il Signore e Pietro – fa notare Fran-cesco – è un dialogo tranquillo, fra amici, un dialo-go sereno, pudico, sulla riva del lago dove Pietroera stato chiamato all’inizio». Ad animarlo, ha spie-gato il Papa, sono «parole» come «amore, pascere,le mie pecore, seguimi: parole serene, parole diquell’atmosfera della risurrezione» che «il Signoreporta avanti».

Gesù poi, ha spiegato, «sceglie il più peccatoredegli apostoli: gli altri sono scappati, questo lo harinnegato» dicendo: «Non lo conosco». Ma ecco che«Gesù gli domanda: “Ma tu mi ami più di costo-ro?”». Dunque, ha affermato il Pontefice, «Gesùsceglie il più peccatore (…) questo ci fa pensare».

Il secondo punto suggerito dal Papa è «la parola“amore”» che «gira in questo dialogo: (…) pascerecon amore». Non bisogna «pascere con la testa insu, come il grande dominatore, no: pascere conumiltà, con amore, come ha fatto Gesù».

La terza cosa che scaturisce dal dialogo tra Gesùe Pietro è racchiusa in «due icone». C’è quella «delGiovedì santo – ha spiegato – quando Pietro sicurodi se stesso, con la stessa sicurezza con cui avevadetto “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, di-ce alla serva del sommo sacerdote: “Io non conoscoquell’uomo, io non sono del gruppo di questo”». In-somma, ha affermato il Pontefice, «Pietro che rin-

LE OMELIE DIPAPA FRANCESCO

A SANTA MARTA

«La pace che ci dà Dioè nella realtà della nostra vita»

a cura di Luca Liverani

luglio-agosto 2017 19

nega Gesù e poi si incrociano gli sguardi: quandoGesù esce, lo guarda, e Pietro coraggioso, anchecoraggioso nel rinnegare, è capace di piangere ama-ramente». E «poi dopo tutta la vita al servizio delSignore – ha aggiunto Francesco – finì come il Si-gnore: in croce. Ma non si vanta» dicendo «“Finiscocome il mio Signore!”. No, chiede: “Per favore, met-timi in croce con la testa in giù, perché almeno siveda che non sono il Signore, sono il servo”». Edunque «che il Signore ci dia sempre la grazia diandare nella vita con la testa in alto per la dignitàche Dio ci dà, ma la testa in giù, sapendo che sia-mo peccatori e che l’unico Signore è Gesù: noi sia-mo servi». (2 giugno 2017)

L’IPOCRITA È SEMPRE UN ADULATORE

«Un vero cristiano non può essere ipocrita e unipocrita non è un vero cristiano»: contro la

tentazione della «doppia faccia» Papa Francesco usaun linguaggio diretto, senza equivoci. Sono «ipocri-ti perché fanno vedere una cosa ma ne pensanoun’altra». Essi infatti, dice usando l’etimologia gre-ca della parola, «parlano, giudicano, ma da sotto èun’altra cosa». Nulla di più distante da Gesù: l’ipo-crisia, infatti, «non è il linguaggio di Gesù. L’ipocri-sia non è il linguaggio dei cristiani».

Ma se Gesù si preoccupa di mettere in evidenzaquesta caratteristica, è bene comprenderla a fondoe quindi far emergere «come procedono», come sicomportano gli ipocriti. Innanzitutto, ha detto il Pa-pa, «l’ipocrita sempre è un adulatore, o in tonomaggiore o in tono minore, ma è un adulatore».Così, ad esempio, essi si rivolgono a Gesù dicendo-gli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non haisoggezione alcuna perché non guardi in faccia nes-suno ma insegni la via di Dio secondo la verità».Utilizzano, cioè, «quella adulazione che ammorbi-disce il cuore e ammorbidisce la vita».

C’è poi, ha aggiunto Francesco, «un secondo

aspetto» da sottolineare che si ritrova in «quelloche fa Gesù». Di fronte al gesto dell’ipocrita che,con la sua «doppia faccia», fa una domanda giustama «con un’intenzione ingiusta» – chiedono: «Ègiusto pagare a Cesare, è giusto?» – Gesù «cono-scendo la loro ipocrisia, dice chiaramente: “Perchévolete mettermi alla prova, portatemi un denaro,voglio vederlo». Ecco il metodo di Gesù: sempre«agli ipocriti e agli ideologici risponde con la realtà.La realtà è così, tutto l’altro è o ipocrisia o ideolo-gia».

Infine occorre evidenziare un «terzo aspetto»:l’ipocrisia è il linguaggio dell’inganno, è lo stessodel serpente a Eva».

«Quando ci sono ipocriti in una comunità c’è unpericolo grande lì». Perciò «il Signore Gesù ci hadetto: “Sia il vostro parlare: sì, sì, no, no. Il super-fluo procede dal maligno”. È stato chiaro». E dun-que «quanto male» fa alla Chiesa l’ipocrisia e «queicristiani che cadono in questo atteggiamento pecca-minoso che uccide».. (6 giugno 2017)

CONSIGLIO PER IL FINE SETTIMANA

Un consiglio per «questo fine settimana»: servesolo «un quarto d’ora» per leggerlo tutto ma

vale la pena farlo, perché il libro di Tobia «ci inse-gna come comportarci nel cammino della vita», sia«nei tanti momenti belli» sia «nei tanti momentibrutti». E «ci insegna anche a discernere», per non«lasciarci ingannare» dai «fuochi d’artificio» maneppure dalla disperazione più nera, che va affron-tata facendo ricorso alla preghiera, alla pazienza ealla speranza.

È «la storia di un suocero e di una nuora, che cifa riflettere: in queste due persone, Tobi e Sara, cisono momenti brutti, momenti belli, come in tuttala vita». Anzitutto «ci sono dei momenti brutti: Tobiè perseguitato, è preso in giro, è insultato» persino«da sua moglie» Anna, che certo «non era una don-na cattiva, lavorava per portare avanti la casa per-ché lui era cieco». E così soffrivano sia Anna cheSara, perché «anche lei è stata insultata» e pur es-sendo molto giovane voleva addirittura impiccarsi.«Ambedue, in quei momenti brutti, hanno chiestola morte». «Tutti noi – afferma Francesco – siamopassati per momenti brutti, forti». Ma «Sara pensa:“se io mi impicco farò soffrire i miei genitori?” e siferma e prega». A sua volta «Tobi dice: “questa è lamia vita, andiamo avanti” e prega». Proprio «questo– spiega il Papa – è l’atteggiamento che ci salva neimomenti brutti: la preghiera». Così come «la pa-zienza, perché tutti e due sono pazienti con il pro-prio dolore». E anche «la speranza che Dio ci ascol-ti». E così «nei momenti di tristezza, poca o tanta,nei momenti bui», non dobbiamo mai «dimentica-re» di far ricorso a «preghiera, pazienza e speran-

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za».Ma «ci sono anche momenti belli nella storia di

questi due» ha detto il Pontefice. E infatti la lorostoria, «abbiamo sentito, finisce bene». Certo, «nonè un happy ending di un romanzo questo, no». È pe-rò «un momento bello: dopo la prova, il Signore sifa vicino a loro e li salva». Dunque, ha rilanciato ilPapa «ci sono momenti belli, autentici, come que-sto: non quei momenti con bellezza truccata, chetutto è artificioso, un fuoco d’artificio, ma non è labellezza dell’anima». E «cosa fanno tutti e due neimomenti belli? Ringraziano Dio, allargano il cuorenella preghiera di ringraziare». (9 giugno 2017)

IL VERO PASTORE HA IL FUOCO DENTRO

Appassionato, capace di discernere e di denun-ciare, soprattutto i mercenari: quelli cioè che,

vedendo venire il lupo, abbandonano il gregge oche «per attirarsi l’ammirazione dei fedeli» lascianofare con quel «buonismo dei compromessi che nonva». È il ritratto del vero pastore tracciato dall’apo-stolo Paolo e riproposto da Papa Francesco.

«Il Signore ha detto nel capitolo decimo del van-gelo di Giovanni: “Il Buon Pastore dà la sua vitaper le sue pecore. Il mercenario, invece, che non èpastore, vede venire il lupo e le abbandona”». Diconseguenza «Paolo è un pastore vero, non è mer-cenario. Un vero pastore». Ecco allora le «tre carat-teristiche», i «tre tratti dello stile pastorale di Paolo,che è lo stile pastorale di un buon pastore», sottoli-neati dal Papa.

La prima riguarda «il pastore appassionato. Ap-passionato fino al punto di dire alla sua gente, alsuo popolo: “Io provo, infatti, per voi una specie digelosia divina”.(…) E questo è quel tratto che noichiamiamo “lo zelo apostolico”: non si può essereun vero pastore senza questo fuoco dentro. Anchearrivando a qualche pazzia, qualche stoltezza».

Facendo poi riferimento alla seconda caratteri-stica, il Pontefice definisce l’apostolo «un uomo chesa discernere, perché continua: “Temo, però, checome il serpente con la sua malizia sedusse Eva,così i vostri pensieri vengano in qualche modo tra-viati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi diCristo”». Dunque Paolo «sa che c’è nella vita la se-duzione. Il padre della menzogna è un seduttore. Ilpastore, no. Il pastore ama».

Infine “la terza caratteristica” è «la capacità didenunciare. Un apostolo non può essere un inge-nuo». Anche «perché c’è la fedeltà all’unico sposo,a Gesù Cristo, da difendere. E lui sa condannare»con «quella concretezza» che gli permette di «dire:“questo no”. (…). Mi viene in mente tante voltequel tuca nen» (non toccare nulla) che i suoi geni-tori e nonni gli «dicevano in quei momenti dovec’era un pericolo». Insomma, osserva il Papa, «il

buon pastore sa condannare, con nome e cognome,e per questo Paolo (…) parla degli idolatri e denun-cia gli idolatri; parla dei mercenari e denuncia imercenari». Per ricapitolare il senso dell’omelia, daultimo il Pontefice ricordato la visita compiuta il20 giugno a Bozzolo e a Barbiana, dove hanno svol-to il loro ministero don Primo Mazzolari e don Lo-renzo Milani. (22 giugno 2017)

FIDARSI DELLA PROMESSA DI DIO

Dovremmo avere tutti il dna di Abramo, padrenella fede, e vivere con lo stile cristiano dello

«spogliamento», sempre «in cammino» senza maicercare la comodità ma con la capacità di «bene di-re». Sicuri che non servono oroscopi o negromantiper conoscere il futuro, perché basta fidarsi della«promessa di Dio». Ecco le coordinate «semplici»della vista cristiana che ripropone Papa Francesco.«La prima parola» che il Signore dice ad Abramo è:«Vattene». Dunque, «essere cristiano porta semprequesta dimensione di spogliamento che trova lasua pienezza nello spogliamento di Gesù nella cro-ce». Per questo «c’è sempre un “vattene”, “lascia”,per dare il primo passo: “Lascia e vattene dalla tuaterra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre”»è il comando del Signore per Abramo.

«Un cristiano deve avere questa capacità di esse-re spogliato» ha insistito il Pontefice. «Al contrario,non ci sono cristiani autentici» e certo «non lo sonoquelli che non si lasciano spogliare e crocifiggerecon Gesù in croce», come san Paolo. E «Abramo,dice la lettera agli Ebrei, “per fede obbedì” parten-do per una terra che doveva ricevere in ereditàsenza sapere dove andava». Del resto, ha affermatoil Papa, «il cristiano non ha oroscopo per vedere ilfuturo; non va dalla negromante con la sfera di cri-stallo» o perché « gli legga la mano: no, non sa do-ve va, va guidato».

È perciò «sempre in cammino». Un atteggiamen-to che ci ricorda che «il cristiano fermo non è verocristiano: il cammino incomincia tutti i giorni almattino, affidandosi al Signore, alle sorprese del Si-gnore, tante volte non buone, tante volte brutte —pensiamo a una malattia, a una morte — ma aper-to, perché io so che tu mi porterai a un posto sicu-ro, a una terra che tu hai preparato per me».

Per questa ragione, ha aggiunto, «mi piace il co-mandamento che Dio dà al nostro padre Abramo,come sintesi della vita, come deve essere lui:“Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile”».Dunque, ha spiegato, «“cammina nella mia presen-za”, cioè davanti a me, lasciandoti spogliare da mee prendendo le promesse che io ti faccio, fidandotidi me, “e sii irreprensibile”». In fondo, ha commen-tato Francesco, «la vita cristiana è così semplice».(26 giugno 2017)

luglio-agosto 2017 21

Non esiste il diritto a morireLa vita non è una cosa

DALL’AUTODETERMINAZIONE ALL’EUTANASIA. IL CASO DI CHARLIE GARD

Cinque anni fa, nel 2012, un personaggio notonel mondo universitario, in quello politico esoprattutto in quello laicista – il professore

Stefano Rodotà, già docente di diritto civile alla Sa-pienza di Roma, scomparso a Roma il 23 giugno al-l’età di 84 anni – aveva scritto un libro di più di400 pagine per affermare «Il diritto di avere dirit-ti». Il titolo è molto più che un gioco di parole e di-ce tutto sulle intenzioni dell’Autore, che infatti si ri-fà a quel “principio di autodeterminazione” cheaveva riscosso, quando fu definito, un notevolesuccesso negli ambienti del mondo laicista: esso,infatti, poteva presentarsi come la legittimazioneanche giuridica di quel “principio” e, quindi, giusti-ficare l’esigenza di qualsiasi tipo di dirit-ti: per esempio quello – un monumentoalla impossibilità – di un matrimonio trapersone dello stesso sesso, che difatti fuproclamato da una decisione del Parla-mento. Il “gioco” è facile: basta che ledue persone dicano di volersi autodeter-minare sposandosi che il pseudo matri-monio si fa in Municipio e il Sindaconon può opporsi: si tratta di una legge.

È molto probabile che, sette anni prima del 2012(siamo nel 2005), il professore Rodotà abbia letto illibro di un altro personaggio assai noto – il profes-sore Umberto Veronesi, di cui bisogna ricordaretutto il bene che ha fatto nella sua materia perl’umanità (la medicina contro il cancro), ma nonnel campo dei diritti e della giurisprudenza. Vero-nesi aveva pubblicato un suo libro su «Il diritto dimorire» che, oltre alla sua implicita assurdità, na-sconde il diritto dei medici di far morire chi ne ma-nifesta il desiderio. O anche, ormai, contro la vo-lontà del malato o dei suoi tutori: proprio nei gior-ni scorsi il caso di Charlie Gard sta spingendo an-cora più avanti l’eutanasia. Per il bambino britan-nico di 10 mesi, malato di una gravissima malattiaal mitocondrio, medici e tribunali hanno deciso lamorte, staccando il respiratore, nonostante il pare-re nettamente contrario dei genitori.

L’assurdità di un simile diritto è palese, ma perdimostrarlo occorre disporre di alcune nozioni nonsolo a sfondo religioso (il “padrone” della vita èDio, non l’uomo), ma anche semplicemente razio-nali e valide anche senza la fede e al di fuori di no-

zioni religiose. Su Avvenire, il bel quotidiano di ispi-razione cattolica che contro lo scempio dei dirittinati dall’autodeterminazione è impegnato a fondo econ ottimi argomenti, è comparso un articolo dimonsignor Mauro Cozzoli, docente di teologia mo-rale all’Accademia Alfonsiana, all’Università La Sa-pienza di Roma, all’Università Cattolica del SacroCuore (e qui mi fermo per non stancare il lettorecon lunghe qualificazioni) che conviene leggereperché demolisce filosoficamente le tesi dei due li-bri poco fa ricordati. Eccolo:

«Il problema è l’ oggetto di questo diritto: la sop-pressione della vita di una persona. Diritto arbitra-rio per il credente, per il quale la vita è dono di

Dio, di cui il soggetto è custode e nonpadrone, ma anche per il non credente.Il motivo teologico infatti si salda conquello antropologico. La vita non è dell’ordine dell’avere: qualcosa che uno ha, edi cui dispone, ma dell’essere che uno è, edi cui non dispone. Io non ho una vita: iosono la mia vita. La persona è l’unicoesistente con dignità di soggetto e nondi oggetto, con valore ‘in sé’ e non deri-

vato ‘da altro’, con natura di fine e non di mezzo. Co-me tale irreificabile. ovvero: non riducibile a cosa, eperciò a oggetto di diritto per nessuno. La persona èsoggetto di diritto, mai oggetto. «La persona è il di-ritto sussistente», diceva Antonio Rosmini. La vitapartecipa – è l’ anima, il principio attivo – di que-sto diritto. C’è pertanto un diritto alla vita, alla suatutela e promozione, non un diritto sulla vita. Diqui la sua indisponibilità e inviolabilità anche peril soggetto, che priva di senso il diritto di morire. Di-sconoscere la differenza umana, riducendo la vita del-la persona a valore di cosa e di uso, di cui alla fine po-tersi disfare, non rappresenta un più, ma un meno diciviltà. Avremo maggiorato il principio di autode-terminazione, spinto fino al potere sulla vita, madiminuito il principio di umanità. Un’autodetermi-nazione come puro potere di decisione, sganciatodall’ordine del bene e dei suoi obblighi, dal beneprimo e basilare della vita, è un feticcio che narco-tizza le libertà, abbandonandole alla loro solitudi-ne. Al punto cui siamo, le libertà non hanno bisognodi maggiorazioni di poteri, ma di consolidamenti valo-riali». P.G.L.

IIll ppiiccccoolloo CChhaarrlliiee

luglio-agosto 201722

Ogni volta che ascolto Papa Francesco mivengono spontaneamente in mente alcuneespressioni di San Vincenzo, nostro Fonda-

tore. La parola chiave di questa volta è Santità.San Vincenzo Pallotti dice che la Santità è la via

per arrivare a Gesù Cristo e Gesù Cristo è allo stes-so tempo via e traguardo, per questo con forza sot-tolinea che tutti siamo chiamati alla santità. L’amo-re di Dio è stato deposto nel nostro cuore da cuinascono i sentimenti di condivisione e di corre-sponsabilità, di pace e di speranzanel futuro.

«Se tutti i cristiani sono obbliga-ti ad imitare il nostro Signore GesùCristo con quanta maggiore perfe-zione, diligenza, e fervore lo dob-biamo imitare noi che abbiamoavuto il dono di avere per Regolafondamentale della nostra minimaCongregazione la stessa Vita delnostro Signore Gesù Cristo, e contale dono abbiamo in Congregazio-ne ogni giorno innumerabili graziespeciali per imitarlo».

Più volte San Vincenzo, nellesue preghiere chiedeva a Dio di di-latare le pareti del suo cuore peraccogliere la Santità divina cioè il suo amore infini-to, per poi riversarlo nel cuore dei fratelli.

«Siamo obbligati a dare il buon esempio e a farcrescere in tutti i cristiani il desiderio di Dio. Ichierici, quando arriveranno ad essere ordinati sa-cerdoti, siano ricchi di una gran santità sperimen-tata e matura». (Cfr OOCC I, 169) Nelle sue letterericordava spesso ai suoi fedeli di essere: «Santi,grandi santi, presto santi» e di crescere ogni giornonella santità. Per San Vincenzo Santità è uguale adApostolato. Diceva: poca santità, poco apostolato;tanta santità, tanto apostolato. Il mezzo per viverein santità che Pallotti suggerisce è facile: pensare efare tutto, anche la più piccola azione, in modoperfetto, come la farebbe Gesù.

L’altro segreto è fare “spazio a Gesù” nella pro-pria anima, perché se entra Gesù, sarà Lui a com-piere ogni cosa. «Un’anima che crede in Gesù Cri-

sto, e che con umiltà e fiducia si sforza di imitareGesù Cristo, ottiene che Gesù Cristo distrugga inlei tutte le deformità e mancanze, entra Gesù Cri-sto in quell’anima e in essa opera Gesù Cristo, eGesù Cristo continua la sua vita in quell’anima. Es-so vive in lei e le applica il merito delle sue operesantissime», (OO CC III, 37)

Papa Francesco, il 21 dicembre 2013 incontran-do la Curia Romana raccomandava tre cose: Pro-fessionalità, servizio e santità. Alle prime due qua-

lità, professionalità e servizio, ilPapa ha aggiunto una terza: «lasantità della vita».

La Santità è la più importantenella gerarchia dei valori. In effet-ti, è alla base anche della qualitàdel lavoro, del servizio:

«Santità significa vita immersanello Spirito, apertura del cuore aDio, preghiera costante, umiltàprofonda, carità fraterna nei rap-porti con i colleghi. Significa ancheapostolato, servizio pastorale di-screto, fedele, portato avanti conzelo a contatto diretto con il Popolodi Dio».

Questa verità il Papa la ripetesempre incontrando tutte le categorie di persone:«se volete rinnovare la Chiesa, siate Santi» (25 otto-bre 2014).

«Innanzitutto dobbiamo avere ben presente chela santità non è qualcosa che ci procuriamo noi,che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostrecapacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa ilSignore Gesù, quando ci prende con sé e ci rivestedi se stesso, ci rende come Lui» (19 novembre2014).

E il 24 maggio 2016 a Casa Santa Marta dice che«la santità è una strada da percorrere con coraggio,speranza, grazia e conversione».

Più volte anche Papa Francesco ha detto che«ogni cristiano è chiamato alla santità e la santitànon consiste nel fare cose straordinarie, ma nel la-sciare agire Dio. La santità è l’incontro della nostradebolezza con la forza della sua grazia». ■

“Santità”: sintonia spirituale tra Bergoglio e Pallotti

LE TANTE AFFINITÀ TRA LO STILE DI FEDE DI SAN VINCENZO E DEL PAPA

di Stella Marotta

luglio-agosto 2017 23

Isaia (in ebraico Yeshayàhu, in latino Isaias, il Si-gnore salva) è stato un profeta ebreo dell’VIIIsecolo a.C.-740 a.C. circa. È stato uno dei cinque

maggiori profeti biblici, al quale fu attribuito il li-bro di Isaia; è considerato, insieme a Elia, uno deiprofeti più importanti di tutta la Bibbia. Gli succe-deranno Geremia, Ezechiele e Daniele.

Isaia era un sacerdote della Tribù di Levi, quindiné lui né i suoi figli erano discendenti di Iesse dellaTribù di Giuda. Mentre in altri profeti, come adesempio Geremia oppure Osea, le vicende personalierano legate strettamente al messaggio che trasmet-tevano e quindi venivano riportate nei rispettivi li-bri, in Isaia prevale l’aspetto più visionario, politicoe poetico dell’essere profeta. Nel suo libro si accen-na a due figli con nomi simbolici e a una mogliechiamata profetessa. Figlio di Amoz (da non confon-dere con il profeta Amos), Isaia nacque intorno al765 a.C. Nel 740 a.C, anno della morte del re Ozia,ebbe nel Tempio di Gerusalemme una visione in cuiil Signore lo inviava ad annunciare la rovina diIsraele. Visse in un periodo di forti tensioni sociali epolitiche durante le quali Israele era sotto la costan-te minaccia di un’invasione assira. Il peso politicolegato alla sua figura di profeta lo rese un personag-gio molto in vista nel suo tempo e la sua vicinanzaalla corte di Gerusalemme fa ritenere che apparte-nesse a una famiglia aristocratica. La sua attività po-litica e profetica fu costantemente impegnata a de-nunciare il degrado morale portato dalla prosperitàdel paese. Egli tentò di impedire ogni alleanza mili-tare indicando come unica strada la fiducia in Dio.

Di Isaia si perdono le tracce nel 700 a.C: secondouna tradizione ebraica venne arrestato e condanna-to a morte sotto Manasse. I vangeli apocrifi citanoche fu segato in due, come accennato nel capitolo11 della Lettera agli Ebrei. Non solo profeta e uomopolitico, Isaia può essere considerato anche un poe-ta. Nel libro di Isaia si trovano molti passi che nellatradizione cristiana sono stati letti come riferimentia Gesù di Nazaret. Lo stesso Gesù, come riportatonel Vangelo di Luca sceglie un brano di Isaia periniziare la sua predicazione. Molti hanno identifica-to l’Emmanuele del Capitolo 7 del Libro di Isaia co-

me un appartenente alla sua famiglia, mentre il Ca-pitolo 11 riferisce che l’Emmanuele è di discenden-za davidica. Poiché il Capitolo 61 illustra come lafamiglia di Isaia sia levita, bisogna escludere l’ipo-tesi di partenza e prendere in considerazione il suolibro come origine del Messianismo nel significatopiù religioso.

Il libro che porta il nome di Isaia è formato da66 capitoli, divisi in due parti principali: nella pri-ma (cap. 1-39) prevalgono il giudizio e l’annunciodel castigo; nella seconda (cap. 40-66) la consola-zione e la rinascita. Secondo vari studiosi il libroha un nucleo autentico, a cui si sono aggiunte pro-gressivamente composizioni diverse per epoca econtenuto, una specie di antologia, alla quale furo-no estesi il nome e l’autorità di Isaia. Vengono di-stinte tre parti: il proto-Isaia (cap. 1-35, in cui sonoriconoscibili elementi autentici del profeta, insiemeai cap. 36-39 come appendice storica); il deutero-Isaia (cap. 40-55, opera di un profeta vissuto in Ba-bilonia verso la fine dell’esilio); il trito-Isaia (cap.56-66, attribuiti a un autore dell’epoca della restau-razione).

Il nome di Isaia viene citato nel Nuovo Testa-mento più di qualsiasi altro profeta.

Le sue parole preferite sono “salvare, liberare,aiutare”: tutti verbi che hanno la stessa radice delsuo nome. In tutto lo scritto si nota un susseguirsidi metafore, immagini e paragoni.

Proprio una di queste immagini rispecchia nelmodo migliore il contenuto del libro.

Il profeta paragona il popolo a una vigna che ilSignore aveva piantato e curato con amore, ma che,aveva prodotto uva selvatica. Dio si aspettava retti-tudine, invece il popolo viveva nell’ingiustizia. Alcapitolo 6 Isaia riceve la gloriosa visione della san-tità di Dio e da quel momento sarà da Lui incarica-to di annunziare i Suoi giudizi sul popolo. Gli Ebreisaranno poi conquistati e deportati, ma Dio, nellaSua grazia, farà in modo che i sopravvissuti torne-ranno nella propria terra (6:13). Con un anticipo dicirca 150 anni, Isaia preannuncia l’avvento dell’im-peratore Ciro e l’editto da lui promulgato, con ilquale si disporrà il ritorno in patria degli Ebrei e laricostruzione del tempio. ■

(Prima parte, continua)

di Cristina Mastrorosati

Isaia, il profeta del Messia

LE FIGURE DELLA SACRA SCRITTURAALLA LUCE

DEL PROGETTO SALVIFICO DI DIO

luglio-agosto 201724

NOTI

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Ostia, “Giovani in ascolto” a Regina Pacis

Mi chiamo Carmela, sono sposa e mamma di quat-tro figli e vivo ad Avella. Conosco la famiglia Pal-

lottina da più di 30 anni e grazie alla presenza delleSuore Pallottine, nella mia vita cristiana si è riaccesala fiammella della fede ricevuta con il Sacramento delBattesimo. È stato proprio il nostro fondatore San Vin-cenzo Pallotti a rigenerarmi in Gesù Cristo. Ascoltan-do e cercando di seguire a piccoli passi il suo esem-pio di vita ho compreso il dono grande di essere im-portante agli occhi di Dio perché creata a sua imma-gine e somiglianza. Alla luce di questa somiglianzaSan Vincenzo mi ha fatto capire che anche una sem-plice mamma può essere “Apostola” e diffonderel’Amore di Dio lì dove si trova. Il Carisma di San Vin-cenzo ci fa riscoprire che i talenti che abbiamo vannocondivisi con gli altri e non tenerli per se stessi, cer-care di andare incontro all’altro: conoscendolo, aiu-

tandolo e rispettando i suoi ritmi di vita Tutto questo,lo possiamo capire se c’è un cammino con la Parola el’Eucaristia. Certamente, dobbiamo sempre tener pre-senti le nostre fragilità e i problemi che la vita ci portaad affrontare all’interno della famiglia e altrove. Pos-siamo andare incontro a vari scoraggiamenti e a voltepuò venire la tentazione di mollare …Ma riflettendoseriamente sulla mia vita, sento che senza Gesù Cri-sto sono niente. Pallotti mi ha insegnato e continua adinsegnare e ad insegnarci che da soli non possiamoniente solo con Gesù possiamo tutto. Quindi: dotti,ignoranti, poveri, ricchi, possiamo camminare nel-l’Unione facendo crescere la Comunione tra noi. Eriaccendere e diffondere ovunque, l’Amore di Dio e lasalvezza del nostro prossimo. Con affetto grato allaFamiglia Pallottina.

Carmela Pedalino

“San Vincenzo ha rigenerato la mia fede”La testimonianza di una mamma di Avella

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«Al suono di qualchecampana...»

11. Nel pensare o sentir parlare o vedere personeafflitte, angustiate, travagliate, affaticate, procurerò adeccitarmi a una viva compassione verso di essi, disoccorrerle giusta la regola della cristiana pietà e santaprudenza, di consolarle nelle loro afflizioni e diesortarle alla pazienza e rassegnazione facendo vedereloro che breve è il patire, eterno il godere.

12. Vedendo, leggendo, sentendo qualunque cosaprocurerò ed intendo di alzare subito la mente a Diopregando che da tutto ne venga la vera e maggior gloriadi Dio, di Gesù, di Maria, degli angeli e dei santi.

13. Nel vedere o pensare ai religiosi rinnoveròl’intenzione di servire il Signore in tutte quante lereligioni e con perfezione, se fosse possibile, infinita.

14. In tutte le mie azioni, e nelle altrui ancora,intendo che non si abbia altro principio o fine cheIddio solo, anche in quelle azioni che si dicono in-differenti, onde per esempio anche i lumi che ardonopel bisogno degli uomini, intendo che ardano a gloria diDio, e così in tutte le altre cose.

15. Nel sentire suonare qualche campana alzando la mente a Dio dirò: ah mio Dio,chi sa quante anime grandi al vostro cospetto per la loro umiltà, mansuetudine e amorevi lodano e glorificano, e perciò io mi unisco a lodarvi e benedirvi con esse loro, contutte le creature e tutta la corte celeste.

16. Procurerò di dispormi in guisa a fare le mie azioni che non vi abbia ad esseredissipazione 0per la soverchia sollecitudine.

17. Procurerò di ricordarmi spesso in principio e proseguimento delle mie azioni checon quanto maggiore perfezione faccio le mie operazioni, tanto è maggiore la gloria chesi da a Dio.

18. Procurerò che a trattare colle creature mi spinga solamente la carità,l’ubbidienza e tutto ciò che può essere perfetto, anzi intendo di fare sempre il piùperfetto.

19. Procurerò di fare conto degli atti interiori di virtù.20. Procurerò di attendere ad una grande mortificazione di me stesso in guisa che mi

stimi onorato quando sono disprezzato, e mi stimerò disprezzato quando sono onorato.21. Non voglio niente se non Iddio, Dio tutto, Dio solo, e patire ed essere

disprezzato per Dio. Oh quanto è bello l’esercizio di tutte quante le virtù nel grado piùeminente ed eroico!

22. Desiderando grandemente ad amare Iddio per dargli, se fosse possibile, gloriainfinita perfezione infinita da tutta l’eternità, ma, conoscendo che io non sono capacedi tanto amore, da poverello chiamo in aiuto tutte quante le creature, chiamo aria eGesù, affinché mi aiutino ad amare Iddio.

(Continua)

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Proseguiamo nell’offerta ai lettori dei “Fioretti diSan Vincenzo” raccolti dal Postulatore della

causa canonica di santità, quando questa era aiprimi passi e il Padre Pallotti non era stato

ancora proclamato beato

LARE

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Ricordate quella sera in Piazza SanPietro nell’attesa del nuovo Papa? La

tensione si mutò in entusiasmo e allegriaalle prime parole di Francesco: «Cari fra-telli e sorelle, buona sera». Cinque paroletra le più semplici conquistarono le miglia-ia di fedeli e di curiosi. Il suo nome, Fran-cesco, anticipato prima che il Papa uscis-se a mostrarsi per il suo primo saluto dapontefice fece mutare la presenza in co-munione. Fu come se fosse sceso dal bal-cone della Basilica e stesse stringendo lamano uno per uno a tutti noi. La comuni-cazione – non c’è dubbio – è uno dei moltidoni di Francesco. Quelle parole sono di-ventate anche il titolo di un piccolo ma in-teressante libro di mons. Dario EdoardoViganò, nuovo prefetto della Segreteriaper la Comunicazione della Santa Sede,uomo e sacerdote assai esperto – vorreidire “colto” – in questa materia. «France-sco è un papa – scrive nel suo libro – che non segue la televisione e gli altrimedia anche se è capacissimo di dominarli». Forse lo fa per non correre il ri-schio (assai lontano da Lui) di farsi condizionare. La vera comunicazione esi-ge la piena libertà di chi la usa con animo di verità e di amore per i destinataridella propria comunicazione. Questo spiega il suo parlare semplice e in qual-che modo somigliante a quello che noi pensiamo fosse dell’Altro Francesco,quello che parlava al lupo e agli uccelli e si faceva comprendere anche da lo-ro. Il libro di mons. Viganò analizza i diversi aspetti della “rappresentazionepubblica” del pontificato di Francesco, il suo parlare, comunicare, scrivere So-lo per aiutare la memoria ecco qui una piccolissima raccolta di “detti” di Fran-cesco, nel suo stile di immediatezza e semplicità: «A volte si può vivere senzaconoscere i vicini di casa: questo non è vivere da cristiani… – La vera caritàrichiede un po’ di coraggio: superiamo la paura di sporcarci le mani per aiuta-re i più bisognosi… – I preti clericalizzano i laici e i laici ci pregano di essereclericalizzati… – A volte le lacrime sono gli occhiali per vedere Gesù… – I sa-cramenti sono gesti del Signore. Non sono prestazioni o territori di conquistadi preti o vescovi… – Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per que-sto mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di povertà, uomodi pace. – Il perdono di Dio è più forte di ogni peccato… – Noi non diventiamocristiani con le nostre forze. La fede è anzitutto un dono di Dio che ci viene da-to nella Chiesa e attraverso la Chiesa… – Preghiamo veramente? Senzaun rapporto costante con Dio, è difficile avere una vita cristiana autentica ecoerente… – La misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mon-do dal peccato e dal male. Il mistero della Croce, un mistero d’amore, si puòcapire in preghiera. Pregare e piangere in ginocchio davanti alla Croce… –Abbi pietà Signore! Tante volte siamo accecati dalla nostra vita comoda e nonvediamo quelli che muoiono vicino a noi… – Cari giovani, non abbiate pauradi fare passi definitivi nella vita. Abbiate fiducia, il Signore non vi lascia soli!.. –La nostra preghiera non può ridursi ad un’ora, la domenica; è importante ave-re un rapporto quotidiano con il Signore… – Se una persona gay cerca il Si-gnore e ha buona volontà chi sono io per giudicarla?». L’Autore del libro è pro-fessore ordinario di Teologia della Comunicazione alla Pontificia Università La-teranense. P.G.L.

D. E. VIGANÒ, Fratelli e sorelle buona sera. Papa Francesco e la comunicazione.Carocci editore, Roma. Pagg. 175, € 14,00.

«Fratelli e sorelle buona sera»La comunicazione di Francesco