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PREMESSA

Questa tesi nasce dalla volontà di progettare uno spazio per l’infanzia all’interno dell’Oratorio S. Luigi di Lissone, sviluppato in particolare sulle esigenze dei bambini autistici. Questa propensione nasce innanzitutto dalla mia persona-le curiosità di esplorare il particolare mondo di chi è affetto da questo disturbo, un mondo caratterizzato da percezioni e necessità totalmente differenti dalle nostre. In secondo luogo mi ha condizionato l’obbiettiva necessità di ricerche sopra questo tema. Infatti negli ultimi decenni è stato evidenziato un forte incremento nella diffusione dell’autismo: in base ai dati pubblicati dall’Autism Speaks1 (2009) dal 1975 al 2009 l’aumento del fenomeno sarebbe stato del 600%, passan-do da valori di 1:5.000 nel 1975, a 1:110 nel 2009. Soltanto in Italia gli autistici sono tra i 350 e i 500mila.

L’oratorio è in più un luogo ideale dove portare avanti iniziative di questo tipo, in quanto spazio per eccellenza che dovrebbe aiutare e accogliere gli emarginati e i bisognosi. E chi più di un bambino autistico, isolato in un mondo “diverso” e inconcepibile dagli altri, può essere considerato un “emarginato”? Nonostante negli ultimi anni l’interesse e la sensibilità nei confronti dell’autismo siano aumentati, ancora troppo poco spazio è stato dedicato allo studio dell’ambiente in cui le perso-ne che ne sono affette vivono la loro quotidianità. Infatti navigan-do su internet ho trovato numerosi progetti per lo sviluppo di app per computer o tablet e alcune ricerche di product design,

ma veramente scarse sono le proposte per quanto riguarda il design d’interni. Il che è paradossale viste le innumerevoli ricer-che che dimostrano l’importanza dell’ambiente come strumen-to per garantire il benessere e per migliorare il comportamento e l’apprendimento dei bambini autistici.

Mi propongo di progettare uno spazio che guardi in particolar modo alle esigenze dei bambini autistici, ma che possa essere buono per tutti. Come sostiene infatti Rachna Khare, coerente-mente con i principi dell’Universal Design, nel suo “Designing Inclusive Educational Spaces for Autism”2, uno spazio progettato a misura di autismo porta benefici a livello educativo anche ai bambini privi di questo disturbo.La tesi incomincia con un’analisi teorica delle fasi dello sviluppo dell’individuo, per giungere alla comprensione di quali siano le principali tappe evolutive del bambino tra i 0 e 4 anni. In seguito ho deciso di affrontare alcuni studi pedagogici che mi sembra-vano più adatti ai fini della mia tesi, per poi dedicare un intero capitolo all’autismo e alle tecniche di intervento relative a esso. L’ultima parte di ricerca e studio è infine quella più prettamente collegata alla progettazione, nella quale prendo in analisi soluzio-ni già precedentemente adottate e dati raccolti con la ricerca. Per formulare un concept efficace si mette così a confronto il panorama progettuale esistente con quelle che sono le reali esigenze ed i bisogni concreti del target preso in analisi.

Vista la vastità dell’argomento, ho cercato di scegliere il mate-riale in funzione della tesi, tralasciando inevitabilmente tanti altri aspetti che risultano per questo lavoro troppo approfonditi o incoerenti.

CAPITOLO 5APPROFONDIMENTI TEORICI:

IL BAMBINO, LA CRESCITA E LA PEDAGOGIA

“È una faccenda molto seria: il gioco non gli serve a passare il tempo, ma a capire il mondo.” 3

Enzo Mari

5.1 CRESCITA DEL BAMBINO

Come anticipato nell’introduzione, la prima fase del lavoro prevede un’analisi degli step evolutivi che interessano l’individuo dalla nascita fino al raggiungimento dei 4 anni.Queste premesse teoriche si rendono necessarie per compren-dere come il bambino, attraverso cambiamenti lenti e costanti, raggiunga durante la crescita livelli evolutivi sempre maggio-ri e quali cambiamenti debbano essere considerati tipici di un bambino normodotato, in relazione all’età considerata. Da questa ricerca sarà poi possibile effettuare un confronto succes- sivo con lo sviluppo evolutivo atipico del bambino autistico.

La specie umana acquisisce molte delle sue caratteristiche psicofisiche dopo la nascita, poiché il cervello non completa il proprio sviluppo durante la gestazione. Nei primi anni di vita del bambino il cervello attraversa importanti processi maturativi, principalmente legati al consolidamento delle reti di comunica-zione tra le cellule che lo compongono. L’infanzia è perciò una fase di grande plasticità biologica che favorisce la progressiva acquisizione di competenze psicomotorie, emozionali e cogni-tive, competenze che sono anche influenzate dall’ambiente in cui il bambino cresce. Durante la crescita il bambino modifica il proprio comportamento sulla base dell’esperienza, mentre si consolidano e si perfezionano le capacità percettive degli stimoli visivi, dei suoni, dei sapori, l’acquisizione della postura eretta e la capacità di camminare, la capacità di comunicare con le espres-sioni del viso, i gesti e il linguaggio.

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A livello di scienza dell’evoluzione non esiste un sistema concor-damente riconosciuto per suddividere i vari stadi della crescita di un bambino. Così, al fine di semplificare la ricerca e la compre-sione, ho deciso di mettere a confronto le abilità del bambino in 4 diversi ambiti, in 4 diversi periodi della prima esistenza (3-12 mesi, 12-24 mesi, 2-3 anni e 3-4 anni).

La ricerca si è focalizzata sulle capacità motorie, l’acquisizione del linguaggio, lo sviluppo delle capacità di relazionarsi con gli altri, ed inifine le abilità manuali, competenze per le quali è stato possibile costruire un profilo di riferimento. Questa ricerca sarà quindi utile per poi confrontare il comportamento “tipico” con quello “atipico” del bambino autistico, che ha dei gravi deficit nello sviluppo di queste 4 capacità.

5.2 GLI STEP DELLO

SVILUPPO PSICO-FISICO5

SVILUPPO RELAZIONALE

12-24 MESI

2-3 ANNI

3-4 ANNI

Ricambia il sorriso dell’adulto

Risponde alle espressioni

Si interessa alle immagini

3-12 MESI

Si diverte a giocare con gli altri

Aumenta la capacità espressiva di viso e

corpo

Piange quando i genitori si allontanano

Imita i comportamenti dei più grandi

Si diverte a imitare e ripetere

Perceppisce la propria individualità

Mostra preferenze per oggetti o persone

Inizia a mostrare un comportamento insolente

Allunga le braccia o le gambe mentre lo si veste

Dimostra maggiore indipendenza

Risponde alle espressioni

Imita gli adulti e i compagni di gioco

Mostra di affezionarsi ai compagni

Esprime una grande varietà di espressioni

Dopo i 3 anni si separa con facilità dai genitori

Comprende il concetto mio/suo

3-4 ANNI

SVILUPPO MOTORIO

12-24 MESI

2-3 ANNI

3-4 ANNI

Può rotolarsi sui fianchi

Si siede

Sostiene il proprio peso sulle gambe

Usa la mano per prendere i giochi

Passa gli oggetti da una mano all’altra

Si mette sedutosenza aiuto

Cammina senzaaiuto

Si trascina sulla pancia

Corre e sta in piedi sulle punte

Si mette a carponi e si muovegattonando

Tira i giocattoli dietro di sè mentre cammina

Si mette in piedi e camminatenendosi a un suppoto

Calcia la palla

Sale e scende le scaletenendosi a un

supporto

Può iniziare a fare qualche passo

Si arrampica bene

Corre con facilità

Sale e scende le scale alternandoi piedi

Pedala sul triciclo

Si sporge senza cadere

3-12 MESI

3-12 MESISVILUPPO COGNIZIONE

E LINGUAGGIO Esplora la bocca

con le mani

Trova oggetti parzialmente nascosti

Risponde al proprio nome e iniziaa rispondere ai “no”

Esprime le emozioni con il tono

Risponde ai suoni e balbetta catene di

suoni

Usa gli oggetti in modi diversi (agita, sbatte, tira..)

Discrimina per formao colore

Trova facilmente oggetti nascosti

Inizia a giocare a “far finta di..”

Guarda verso un’ immagine quandoviene nominato

Conosce diverse parole

Imita i gesti e parole

Risponde a richieste

Ripete parole ascoltate

Fa semplici gesti come scuotere la testa per dire “no”

Fa funzionare giochimeccanici

Completa puzzle di 3 o 4 pezzi

Comprende il concetto “due”

Comprende e identifica gli oggetti e immagini più comuni

Usa frasi con 4-5 paroleDice nome, sesso

e età

12-24 MESI

2-3 ANNI

3-4 ANNI 3-4 ANNI

SVILUPPO VISIONE/

CAPACITA’ MANUALI

Sviluppa la visione deicolori

Matura la visione da lontano

Aumenta la capacità di seguireoggetti in movimento

Prensione a pinza

Scarabocchia

Sbatte due oggetti insieme

Rovescia i contenitori per svuotarne i contenuti

Mette gli oggetti dentro e fuorida un contenitore

Costruisce torri con più di 4 blocchi

Esplora con il dito indice

Può presentare un uso più frequente di una mano

Prova a scarabocchiare

Disegna linee verticali, orizzontali e curvilinee con matite e pastelli

Gira le pagine

Costruisce torri con più di 6 blocchi

Tiene la matita nella posizionecorretta

12-24 MESI

2-3 ANNI

3-4 ANNI

3-12 MESI

5.3 L’ INFLUENZA DELLA MUSICA

NELLO SVILUPPO DEL BAMBINO

Numerosi esperimenti e ricerche, dei quali in segui-to tratterò, hanno provato ciò che in molti sostene-vano, ossia che lo studio della musica fin dai primi anni di vita riporta un notevole miglioramento in primis nello sviluppo cognitivo, ma anche affettivo e motorio.Già Maria Montessori, in qualità di pedagogista ed educatrice (tra i suoi tanti titoli) aveva basato la sua didattica sulla stimolazione dei sensi, tra i vari materiali didattici ricordiamo le famose “scatole dei rumori” o, ancora, la “serie di campanelli”. Lei stessa era convinta che la musica aiuti e potenzi la capacità di concentrazione e aggiunga un nuovo elemento alla conquista dell’ordine interiore e dell’equilibrio psichico del bambino: l’utilizzo della musica era uno degli elementi cardine del metodo montessoriano. A tal proposito possiamo citare Rosa Agazzi, peda-gogista e non solo, la quale diede grande impor-tanza al canto dei bambini, in quanto importante contribuente all’apprendimento linguistico e moto-rio nei fanciulli6.È stato quindi provato svariate volte che lo studio della musica porterebbe ad un miglioramento proprio nello sviluppo cerebrale, perché, come spiega la psicologa Virginia Penhune: «Imparare a suonare uno strumento richiede un buon coordi-

namento fra le mani e gli stimoli visivi e uditivi, (…) probabilmente iniziare intorno a sette anni necessitadella ‘costruzione’ di una struttura cerebrale adegua-ta, ottenuta potenziando le connessioni fra aree motorie e sensoriali del cervello in un’età in cui l’anatomia è ancora sensibile ai possibili cambiamen-ti di struttura, in cui c’è una maggiore ‘malleabilità’ del sistema»7.La Concordia University di Montreal, ha condotto una ricerca dalla quale confermarono che imparare a suonare uno strumento nel periodo dell’infanziafaciliterebbe la conquista di abilità motorie soprat-tutto per quanto riguarda la coordinazione e la scioltezza. Durante questo famoso studio8 sono stati sottoposti ad una particolare risonanza del cervel-lo 36 musicisti di età adulta durante lo svolgimento di un test motorio. Metà dei partecipanti avevano iniziato ad imparare a suonare prima degli otto anni, l’altra metà più tardi. Dalle risonanze è emerso che coloro che avevano iniziato a studiare musica presto avevano maturato un numero maggiore di connes-sioni cerebrali. I ricercatori hanno poi reso lo studio ancora più accurato assicurandosi che i sottoposti si fossero dedicati all’attività per lo stesso periodo di tempo ed è emerso, ancora una volta, che i musicisti che avevano iniziato prima dei sette anni avevano

un sistema cerebrale più sviluppato con una quan-tità maggiore di sostanza bianca nel corpo calloso, che mette in connessione i due emisferi con risulta-to il potenziamento delle attività motorie.Queste sono solo alcune tra le tante testimonianze dell’eccezionale influenza che può avere la musica sullo sviluppo cerebrale del bambino. Un’ altra ricer-ca di particolare interesse ai fini della tesi è quella del ricercatore e grande studioso degli Stati Uniti, Edwin E. Gordon che fece numerosi studi proprio sul potenziale innato dei bambini9. Le sue ricerche dimostrarono, infatti, che l’attitudine musicale innata del bambino si sviluppa nei primi anni di vita attra-verso le stimolazioni sonore dell’ambiente in cui il bambino vive. Questo potenziale può essere stimo-

lato e sviluppato soprattutto nei primi tre anni di vita e via via in maniera minore fino ai nove anni, età alla quale il potenziale si stabilizza. Premesso ciò possiamo quindi sottolineare l’impor-tanza che Gordon da al fatto di iniziare il percorso di educazione alla musica già in età neonatale, se non addirittura prenatale.Attraverso le sue numerose ricerche Gordon ha anche scoperto che una buona educazione musicale permette, inoltre, di sviluppare altri aspetti come lacomunicazione dei sentimenti ed emozioni, facilita la concentrazione di rendimento, favorisce le capacità cognitive e sociali, può prevenire i problemi legati al linguaggio, facilita la percezione tattile e cinestetica e influisce sull’apprendimento della sintassi e prosodia.

5.4 I BENEFICI DELL’ ARTE NELLO

SVILUPPO DEL BAMBINO

Ripercorrendo la storia del pensiero filosofico e pedagogico, emerge un sottile fil rouge che collega la pratica di attività artistiche alle abilità comunicati-ve e allo sviluppo fisico-cognitivo-emotivo durante l’infanzia. Numerosi studi sembrano infatti dimostra-re che, fin dai primissimi anni di vita del bambino, l’arte contribuisca a migliorarne le capacità espressi-ve, a favorire l’apprendimento logico – matematico e linguistico, a rafforzare la consapevolezza di sé, a liberare le potenzialità creative insite in esso. In defi-nitiva, essa sembra essere determinante al fine di un’evoluzione interiore dell’individuo.Nella prima metà del novecento, John Dewey, influente filosofo e pedagogista americano, affermò con convinzione l’idea che l’arte fosse il mezzo più indicato per utilizzare, in maniera costruttiva, l’ener-gia creativa racchiusa nel bambino11.Anche secondo Maria Montessori, che verrà appro-fondita anche nelle pagine successive di questa tesi, l’azione e la sperimentazione – anche e soprattut-to in ambito artistico – favoriscono l’educazione sensoriale, divenendo il presupposto per lo sviluppo dell’intelligenza e per l’estrinsecazione delle proprie potenzialità interiori12.Possiamo quindi affermare che l’arte, nelle sue forme più varie (arti visive, musica, teatro, danza,

etc.), coinvolge infatti tutti i sensi del bambino e ne rafforza le competenze cognitive, socio-emozionali e multisensoriali. Durante la crescita dell’individuo, essa continua ad influenzare lo sviluppo del cervello, le abilità, la creatività e l’autostima, favorendo inoltre l’interazione con il mondo esterno e fornendo tutta una serie di abilità che agevolano l’espressione di sé e la comunicazione.

Secondo Elliot Eisner l’arte può fornire importan-ti insegnamenti in riferimento all’evoluzione del bambino13. Ad esempio dal punto di vista cogniti-vo, le arti insegnano ai bambini a sviluppare capacità di problem solving, a comprendere che i proble-mi possono avere più di una soluzione e che ogni domanda può avere più di una risposta e a elabo-rare una prospettiva multipla, influenzando anche il modo di osservare e interpretare la realtà. Questo aspetto è sicuramente di fondamentale importanza pensando ad un intervento terapeutico nei confronti dei bambini autistici, ai bisogni dei quali lo spazio che sto progettando offre una particolare attenzione.Dal punto di vista dello sviluppo sociale del bambi-no, le arti possono diventare un efficace strumen-to terapeutico per giovani problematici quando presentano una natura multiculturale, favoriscono

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l’integrazione di chi e di ciò che appare “diverso”.Invece se si considera lo sviluppo emotivo, è possi-bile constatare che l’arte incoraggia la creatività e l’auto-espressione, insegnando ai bambini a dire ciò che “non si può dire”, spingendoli a ricercare nella propria poetica interiore le parole adatte a espri-mere i propri sentimenti riguardo a un determina-to lavoro artistico e che permette di mettersi alla prova in situazioni nuove e di sperimentare il più ampio spettro di sensazioni possibili.Dal punto di vista dello sviluppo motorio invece favo-risce una prima forma di coordinazione occhio-ma-no, diventando una “palestra” in cui i bambini fanno pratica in vista dei momenti vissuti di vita familiare

e sociale14.

I bambini dovrebbero avere l’opportunità di fare arte e sviluppare la propria creatività, trovando spazio per esprimere liberamente la propria indi-vidualità. Arte e creatività sono concetti che non devono essere ristretti al “diventare un artista”, ma piuttosto devono agevolare l’individuo nella “crea-zione”, nel senso più ampio del termine, nella capa-cità di risolvere problemi in maniera sempre diver-sa e innovativa, contribuendo così a plasmare una società ed un genere umano sempre migliori. Per questo è fondamentale lasciare che i bambini esplo-rino il proprio talento artistico e creativo.

CAPITOLO 6APPROFONDIMENTI TEORICI: L’AUTISMO

“Questi bambini nascono due volte.Devono imparare a muoversi in un mondo che la

prima nascita ha reso più difficile.La seconda dipende da noi, da quello che sapremo dare.

Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato, ma alla fine anche per noi sarà una rinascita”15

Giuseppe Pontiggia

6.1 AUTISMO: ETIMOLOGIA

ED ORIGINI

Il termine autismo, che secondo l’etimologia greca significa “ripiegamento su se stessi”, è stato introdotto e utilizzato per la prima volta da uno psichiatra svizzero, Eugene Bleurer nel 191116. Egli intendeva far riferimento ad un disturbo fondamen-tale della schizofrenia, cioè ad una forma estrema di isolamen-to che comporta un distacco dalla realtà e una chiusura nel proprio mondo interiore, un restringimento delle relazioni con le persone ed il mondo esterno, un allontanamento dalla vita sociale ed un forte orientamento verso se stessi.In seguito il termine autismo, inizialmente utilizzato per inden-tificare un singolo sintomo comportamentale, è stato adottato per descrivere una specifica sindrome patologica, all’interno di un articolo di Leo Kanner, intitolato “Disturbi autistici e contatto affettivo”, pubblicato nel 1943 sulla rivista Nervous Child.17 Contemporaneamente alla formulazione della definizione di Kanner, anche il medico viennese Hans Asperger ha utilizzato il termine autismo all’interno della sua tesi di laurea intitolata “Die autistichen psychopathen im Kindesalter”18 pubblicata nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, all’insaputa del lavoro di Kanner. Nel suo libro egli descriveva il comportamento di quat-tro bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni che definì appunto affetti da “psicopatia autistica”.

6.2 COSA E’ L’AUTISMO?

L’autismo è considerato come uno dei disturbi più controversi e pieni di interrogativi della psicologia infantile. E’ un disturbo pervasivo dello sviluppo che coinvolge diverse funzioni cere-brali e neuropsicologiche e perdura per tutto l’arco di vita della persona che ne è affetta. L’incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000, a seconda dei criteri diagnostici impiegati, colpendo prevalentemente i soggetti maschili.Il disturbo dello spettro autistico (DSA), secondo il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders), si mani-festa in tre specifiche aree di funzionamento mentale:- Compromissione qualitativa dell’area dell’interazione sociale, ovvero la mancanza di interazioni sociali (difficoltà di comu-nicazione non verbale, uso scarso o inadatto dello sguardo e delle espressioni emotive, posture inadeguate, mancanza di rela-zioni appropriate con i coetanei e difficoltà nel provare piacere per la felicità e/o le emozioni altrui). - Compromissione della comunicazione, che si concretizza in un ritardo o nella mancanza dello sviluppo del linguaggio (uso stereotipato, anomalo o ripetitivo del linguaggio). - Interessi ristretti, ripetitivi e ritualizzati, senza uno scopo.

Nonostante le gravi compromissioni che comporta questa patologia, la persona con sindrome autistica può conquistare, attraverso i giusti stimoli, autonomie personali fondamentali allo sviluppo della persona.

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Indipendenza

Isolamento dal mondo esterno

Disturbi dellinguaggio

Assenza gioco simbolico

Steriotipie e rituali

Timore aicammbiamenti

Manifestazioni di eccessivo interesse

per oggetti

Mancanza di empatia

Abilità e propen-sioni speciali

SINTOMATOLOGIA20

6.3 LA TEORIA DELLA MENTE E L’ AUTISMO

Possedere una teoria della mente significa essere in grado di attribuire stati mentali, intesi come creden-ze, emozioni, desideri, intenzioni, pensieri, a sé e agli altri e di prevedere, sulla base di tali inferenze, il proprio e l’altrui comportamento La teoria della mente ha molteplici funzioni. Una prima funzione è quella sociale, infatti la capacità di compiere comples-se attribuzioni di stati mentali permette di spiegare, di predire e di agire sul comportamento proprio e altrui. Da qui è possibile considerare due ulteriori specificazioni della funzione sociale della teoria della mente. Da un lato l’abilità di mentalizzazione permette di dare un senso al comportamen-to interpersonale. Dall’altro, possedere una teoria della mente permette di essere partner comuni-cativi competenti, cioè di poter dare un senso alla comunicazione. Un criterio molto importante per stabilire se e in che momento i bambini sviluppa-no una teoria della mente è la comprensione della prova della falsa credenza.La prova consiste nel presentare al bambino una scenetta con due personaggi: il personaggio A (Sally) mette un oggetto (una biglia) in un luogo X (dentro un cestino) ed esce; in sua assenza il personaggio B (Anne) sposta l’oggetto dal luogo X (il cestino) al luogo Y (dentro un cassetto). Quando Sally torna decide di andare a prendere la sua biglia. Si chiede

quindi al bambino dove Sally andrà a cercare la biglia. La risposta che l’avrebbe cercata dentro il cestino (cioè dove Sally pensa che sia e non dove realmente si trova) corrisponde al riconoscimento della falsa credenza da parte del bambino.Diversi studi fatti su bambini autistici dimostrano che la maggior parte di questi bambini non supera la prova della falsa credenza. Questo dimostra che nei soggetti con autismo manca una teoria della mente o si sviluppa in maniera deficitaria. Questo spiegherebbe molti dei sintomi presenti nei soggetti con autismo, l’interpretazione lettera-ria, l’incomprensione di metafore o giochi di parole, la scarsa comprensione della comunicazione non verbale e l’apparente assenza di empatia in questi soggetti. Il loro distacco dal mondo sarebbe quindi derivato da un’incomprensione degli stati mentali ed emotivi degli altri, incapacità che rende i loro part-ner sociali imprevedibili. A nessuno di noi piacciono le persone di cui non riusciamo a comprendere i pensieri e le emozio-ni perché l’imprevedibilità spaventa tutti, figuria-moci un bambino autistico, che non è in grado di comprendere e interpretare il mondo che lo circon-da. Il bambino autistico è in grado di provare emozioni, sentimenti e affetto, semplicemente non riesce interpretare quelle degli altri.

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6.4 PERCEZIONE AUTISTICA

“Imparare come funzionano i sensi di ciascuna singola persona autistica è un elemento chiave fondamentale per la comprensione

di quella persona” - J. L. O’Neill

È riscontrato che le persone autistiche hanno esperienze sensoriali insolite (da un punto di vista non autistico). Una serie di studi (Ornitz, Guthrie, Farley, 1977; Volkmar, Cohen e Paul, 1986), esaminati poi dalla psicologa Meena O’Neill23 nel ‘95, forniscono prove della presenza di disturbi sensoriali nel 70-80% delle persone autistiche. Queste esperienze possono comportare iper o iposensibilità, livelli diversi di percezione, difficoltà a interpretare la realtà o l’input di un senso. Una diversa esperienza porta un diverso insieme di conoscenze sul mondo. Inoltre ciò che rende la questione ancora più compli-cata è il fatto che non sembrano esserci due persone autistiche con lo stesso modello di esperienze senso-percettive..Possiamo distinguere alcune caratteristiche della percezione autistica del mondo: una percezione laterale, ovvero l’ inca-pacità di distinguere tra informazioni di primo piano e di sfondo, una difficoltà di distinguere stimoli rilevanti e irri-velanti; ipersensibilità e/o iposensibilità; incoerenza della percezione; percezione frammentaria, distorta, ritardata; agno-sia sensoriale, ovvero difficoltà nell’interpretazione dei sensi; vulnerabilità al sovraccarico sensoriale24.

Nella progettazione è fondamentale la consapevolezza di queste differenze e aiutare le persone autistiche a far fronte a sensibilità dolorose e a sviluppare i loro punti di forza..

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I principali disturbi sensoriali, che si ritengono di interesse ai fini della costruzione di indirizzi di progetto, sono individuati sinte-ticamente di seguito.:

• Ricerca di autustimolazione sensoriaie: molti genitori raccontano che i figli hanno bisogno di infilarsi sotto i matarassi, di arrotolarsi nelle coperte o di infilarsi in posti molto stretti.• Distorsioni percetive: ad esempio la profondità puo essere percepita erroneamente oppure oggetti immobili possono essere percepiti in movimento.• Sovraccarico percettivo: situazioni caratterizzate da un eccesso di stimoli visivi, come luoghi affollati o con immagini e luci molto stimolanti, o ancora con stimoli uditivi, possono susci-tare disagio e insofferenza che possono dare luogo a reazioni di rabbia e di aggressività. • Difficoltà nell’elaborare informazioni provenienti da più canali contemporaneamente.• Multichannel perception: per esempio la percezione di un suono può provocare la vista di colori o la percezione di odori.• Iperselettività degli stimoli: la tendenza a focalizzare l’at-tenzione su una fonte stimolante o su dettagli o aspetti insoliti e irrilevanti di uno stimolo, trascurando l’insieme e il contesto.• Predilezione per i sensi cosiddetti prossimali, ossia gusto, tatto e olfatto, rispetto ai sensi distali, ossia vista e udito. Questo perchè i primi sono più immediati e verificabili, molto più “concreti”, se vogliamo, e creano un senso di rassicurazione nell’autistico. Quelli distali invece necessitano di una maggio-re rielaborazione mentale e un’interpretazione adeguata per essere totalmente compresi. • Forte abilità discriminativa visuo-spaziale: la tendenza a concentrarsi sui deltagli consente alla persona autistica di mostrare abilità percettive nello spazio, come la memoria di posizioni e forme, la discriminazione di immagini e forme, ecc

6.5 PERCEZIONE SENSORIALE

Ho deciso di scendere nel dettaglio descrivendo la percezione del soggetto autistico dal punto di vista di ogni singolo senso. Questo perchè credo che un’analisi dettagliata e approfondita di questi aspetti sia fondamentale in vista del passaggio succes-sivo alla ricerca: la progettazione. Nel far ciò mi sono basata sugli studi del ‘97 di O’Neill e Jones, molto precisi e dettagliati in quanto tenenti conto sia degli studi psicologici precedenti che dei resoconti di persone autistiche.

Le persone autistiche amano annusare gli oggetti e sembra che da ciò traggano informazioni attendibili sull’ambiente.Molti hanno problemi con l’alimentazione perché mangiano solo alcuni tipi di cibo e non altri. Tutto ciò può essere collegato al fatto che non tollerano la consistenza, l’odore, il sapore o il suono di certi cibi in bocca.

Generalmente i suoni che disturbano maggiormente le persone autistiche sono striduli ed acuti come quelli prodotti da frullato-ri, aspirapolvere, trapani elettrici, seghe, ecc.Alcune persone non tollerano i rumori della quotidianità. Natu-ralmente esistono differenze individuali e un suono che disturba una persona può essere piacevole per un’altra. Inoltre è ipotiz-zabile che i problemi uditivi di comprensione possano essere alla base dei problemi di linguaggio.

OLFATTO E GUSTO

UDITO

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Il senso del tatto può essere caratterizzato da estrema sensibi-lità, ma allo stesso tempo può essere utilizzato in maniera più efficace di altri sensi per percepire il mondo esterno.T. Grandin, una delle più famose personalità affette da autismo, riferisce di avere una pelle estremamente sensibile e questo le rende difficile tollerare le sensazioni derivanti dai vestiti appena indossati e abituarsi a questi, soprattutto se non sono realizzati in tessuti morbidi.Alcuni non hanno consapevolezza dei loro confini corporei: Donna Williams, ad esempio, racconta che riusciva a percepire solo una parte del proprio corpo per volta e che si dava colpi per capire dove fossero i propri limiti fisici. I frequenti i compor-tamenti autolesionistici, come mordersi o colpirsi la testa., possono essere dovuti a questa errata percesione corporea.

La vista può ugualmente prestarsi a distorsioni percettive.Alcuni possono essere attratti da un certo tipo di colori, da oggetti in movimento, da particolari forme, mentre altri posso-no esserne spaventati. Alcuni si comportano come se fosse-ro ciechi quando si trovano in luoghi sconosciuti, altri hanno momenti in cui vedono tutto bianco o tutto nero, altri ancora manifestano problemi nella percezione dell’illuminazione fluo-rescente. Inoltre, si riscontrano difficoltà nello stabilire il contat-to oculare o nel riconoscere le espressioni facciali e tale limite sembra ascrivibile a specifici deficit funzionali in un’area cere-brale (area fusiforme lobo temporo - ventrale), e ha importanti implicazioni in ambito sociale.

TATTO

VISTA

6.6 ATTIVITA’ LUDICHE IN

BAMBINI CON AUTISMO

Sebbene diversi bambini con autismo siano in grado di attuare molteplici tipi di giochi, da quelli sensomotori a quelli di finzione, raramente un bambino autistico è percepito come un picco-lo intento a giocare ed esplorare. Questo, come sostengono diverse teorie (in particolare dei sostenitori del TEACCH), soli-tamente perchè il contesto educativo non è adatto alle esigenze degli autistici e non vengono attuate le strategie per attenuare questo tipo di disabilità.

I bambini autistici spesso fanno uso degli oggetti in una maniera fortemente stereotipata svolgendo con difficoltà quelle attività di combinazione e manipolazione che i normotipici compio-no già dai primi anni di vita. La finzione è rara e solitamente dovuta a comportamenti imitativi, associati a situazioni già viste (ad esempio un particolare programma televisivo).Inoltre una grande figura pionieristica nel campo dell’autismo, Lorna Wing, nel corso degli anni ‘70, ha notato come pochissimi bambini autistici usino il gioco simbolico.Per riassumere possiamo affermare che gli autistici mostrino attività limitate in situazioni spontanee e di gioco libero, mentre in un ambito organizzato agiscono ad un livello funzionale molto superiore, in particolare se l’adulto struttura il gioco e se vengo-no dati loro dei premi.

OSSERVAZIONI GENERALI

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IL GIOCO PARALLELO

Se si vuole creare un contesto adatto all’apprendimento mediante attività socio-educative e ludiche, si può definire un ambiente “amichevole per la disabilità”, in cui vengano presta-biliti struttura, regola e causalità degli eventi. Secondo il libro “Autismo e gioco” di Jannik Beyer e Lone Gammeltoft, è ad esempio di fondamentale importanza delimitare la scena entro cui le attività si svolgono. Ad esempio un tavolo può essere un posto ideale in quanto il suo piano ha un contorno ben preci-so; quando due bambini giocano insieme può essere opportu-no dividere in due parti un tavolo. Infatti la comprensione dei bambini di campi che siano visivamente chiari li aiuta a diventare meno dipendenti dall’adulto.Quello che mi propongo di fare è creare un ambiente speri-mentale che risponda a questa esigenza, ma per far ciò è sicura-mente importante anche studiare e approfondire alcuni tipi di attività ludiche che si svolgono con i bambini autistici, in modo da progettare oggetti e un ambiente che migliorino la qualità dell’interazione tra adulto e bambino, nonchè tra bambino e bambino.

Un tipo di sequenza di gioco che mi ha particolarmente ispirato nella progettazione degli oggetti di arredo è il “gioco parallelo”, basato sui principi di imitazione e mirroring e che aiuta a stabi-lire un’ interazione sociale. Lo spazio dove si svolge è solitamente rappresentato da un tavolo diviso in due parti con del nastro colorato, che dovrebbe appunto ricreare l’idea di “specchiamento”.In questo tipo di gioco l’adulto si limita a ripetere le sequenze di

gioco del bambino, arricchendolo di nuove idee.Questo tipo di gioco rispetta la sfera privata del bambino, il piccolo può indirizzare le sue energie in eccesso sul comporta-mento imitativo: in questo modo sviluppa i suoi schemi di gioco senza venir frustato da richieste troppo complesse.Solitamente per questo tipo di gioco si utilizzano due gruppi identici di oggetti, giochi semplici e neutri. Come viene dimostrato dagli esperimenti riportati nel libro sopracitato, “Gioco e autismo”, questo tipo di esperienza non è utile solo ai fini dell’interazione con il pedagogista, ma anche in vista di un’ interazione con compagni. Infatti “La forma (lo spazio) e il contenuto (i giocattoli) danno una cornice di riferimento ludica che fornisce una possibilità di coinvolgimento reciproco, senza che in tutto ciò si perda lo scopo fondamentale, il divertimento”.

IL GIOCO A TURNI

Quando si gioca è importante rispettare i turni, ciò significa sapere in che momento ci si deve fare carico di un’attività ed essere in grado di attendere il proprio momento ed osservare quello che fanno gli altriIl bambino autistico, contraramente a quello normotipico, non rispetta spontaneamente l’alternanza e deve imparare come si fa. La maggior parte dei piccoli è capace di imparare facilmente le regole per rispettare i turni, se queste vengono esplicitate in maniera specifica e chiara. Infatti come dimostrato sempre nel libro “Gioco e autismo” quando le regole sono molto chiare il bambino ha sufficiente energia per esperire la dimensione sociale con gioia, eccitazione e attesa. Come ho compreso attraverso le interviste a pedagogiste e la

bibliografia, solitamente si utilizza un cappello per contrassegna-re la persona a cui tocca agire durante le sequenze di gioco, questo però spesso attira l’attenzione del bambino autistico che si distrae, non riuscendo a mantenere sempre l’attenzione foca-lizzata sull’attività. Il gioco a turni è molto importante perchè attraverso disposi-tivi come il cappello si semplifica notevolmente la complessità dell’interazione e perchè il bambino vede le sue azioni riflesse in ciò che gli altri compagni stanno facendo e questo rispecchia-mento visivo lo aiuta a divenire più consapevole dei suoi atti.I giochi solitamente utilizzati sono molto semplici ed efficaci: mattoncini, carte, dadi, schedine ecc..

CONCLUSIONI SUL GIOCO E

IL RAPPORTOCON LA TESI

Alla luce di tutto ciò che ho scritto e letto è possibile compren-dere quanto una definizione precisa dello spazio di gioco, la creazione di attesa e interesse e la chiara definizione delle regole, possa permettere al bambino autistico di “uscire” dal suo isolamento per sentirsi finalmente parte di un’ interazione.Infatti, sempre citando il libro “Gioco e autismo” ,“ i piccoli con autismo trovano difficile giocare in maniera varia e spontanea, però possono beneficiare di attività ludiche, se si predispone uno spazio che risponde alle proprie esigenze”.Rispondere a questa necessità è il compito del designer di inter-ni: rendere possibile una partecipazione e un’integrazione attra-verso la progettazione sperimentale di nuove forme di arredi e ambienti.

6.7 TECNICHE DI INTERVENTO

PROGRAMMA TEACCH

Questo programma è di particolare interesse ai fini del mio progetto in quanto dà delle specifiche indicazioni circa l’organizzazione degli spazi e delle funzioni. Inoltre è uno dei metodi più utilizzati in Italia, ed è quindi sicuramente importante prenderlo in analisi.

La divisione TEACCH mosse i suoi primi passi nel 1966 ad opera dello psichiatra Eric Schopler e colla-boratori presso il Dip. di Psichiatria della Facoltà di Medicina, a Chapell Hill, nel North Carolina.Esistono ormai molteplici strutture dove tale meto-dica viene applicata e monitorata nel tempo e molte sono le ricerche scientifiche con evidenza di efficacia.Si basa sul fatto che il bambino autistico non può essere visto come un soggetto normodotato o superdotato che rifiuta di collaborare, ma come una persona svantaggiata, disorientata in un mondo incomprensibile, frustrata dagli insuccessi: come tale dovrà essere aiutata a sviluppare le sue capacità sfruttando i suoi punti di forza, le sue predi-sposizioni e le sue potenzialità.Tra le componenti principali dell’insegnamento strutturato della sua applicazione troviamo l’or-

ganizzazione spaziale, ovvero la suddivisione degli spazi secondo la loro funzionalità e in maniera tale che siano immediatamente identificabili dal bambi-no. Avremo quindi una zona-lavoro, un’area gioco tempo-libero, un’area di accoglienza e così via. L’ambiente deve essere quindi organizzato in spazi chiaramente e visivamente delimitati, ognuno con delle funzioni specifiche chiaramente visualizzate, consentendo cosi al bambino di sapere con preci-sione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo e in ogni momento.Questa strutturazione degli spazi tuttavia non deve significare rigidità, ma deve essere flessibile, costru-ita in funzione dei bisogni e del livello di sviluppo del singolo bambino e soggetta a modifiche in ogni momento. Inoltre non deve essere fine a se stessa, ma rappresentare un mezzo per aiutare una perso-na in difficoltà a causa della propria impossibilità a comunicare.E’ importante che ogni spazio sia dedicato ad una singola attività: in questo modo sarà molto facile per il bambino orientarsi da solo e raggiungere presto una autonomia di movimento che sarà per lui molto gratificante.

26

EARLY START DENVER MODEL

Essendo la stanza dedicata a bambini molto piccoli, cioè 0-5 anni, ho pensato che questo metodo, basato su interventi precoci in bambini ad alto rischio di sviluppare Dsa, fosse adatto per sottolineare l’ utilità, nonché la necessità, di un luogo di supporto alle famiglie come quello che sto progettando.

Early Start Denver Model è un approccio in cui sostanzialmente terapisti e genitori sono addestrati per sostenere i bisogni e gli interessi dei bambini, aumentando le loro opportunità di apprendimento, attenzione e coinvolgimento, durante tutte le attivi-tà dei piccoli, dal linguaggio, al gioco alle interazioni sociali. L’ESDM basa la sua efficacia sul principio che è necessario fare leva sulle specifiche caratteristi-che di ogni bambino e sulle sue preferenze di gioco o di attività. Tali preferenze vengono utilizzate per programmare un percorso intensivo, ovvero che sfrutti tutti i momenti e le attività della giornata, per incentivare lo sviluppo delle competenze sociali e imitative, oltre che di quelle cognitive. Per esempio se ci si trova nella situazione in cui il figlio con autismo è attirato da un giocattolo (per esempio un pupazzo di pezza) il genitore deve

interporsi tra il figlio e l’oggetto di desiderio per poi iniziare a giocare con esso, successivamente – consi-glia la Dott.ssa Sally J. Rogers sviluppatrice di questo metodo – di nasconderlo sotto la maglia in modo che l’attenzione del bambino sia veicolata verso la persona.Mi hanno particolarmente interessato i risultati dello studio dell’University of California Davis Mind Insti-tute28, dove gli scienziati hanno osservato che iden-tificando molto precocemente i bambini a rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico – già intorno ai sei mesi in alcuni casi – e sottoponendoli a questa terapia – entro i tre anni è possibile ridur-re così tanto i sintomi da non osservare in loro né segni di ritardo nello sviluppo né Dsa.Gli scienziati hanno infatti sottoposto alcuni bambini, di età compresa tra i 6 e i 15 mesi, a questo metodo, dimostrando che rispetto ai bambini con tratti simili che non avevano ricevuto il trattamento, i piccoli che erano stati coinvolti nel programma registra-vano meno segni indicatori di Dsa tra i 18 e i 36 mesi, mostrando meno ritardi nello sviluppo o nel linguaggio, e non avevano bisogno di alcuna terapia comportamentale di supporto.

“L’intervento precoce è cruciale, ma nella gran parte del Paese e del mondo servizi in grado di aiutare lo sviluppo dei bambini di pochi mesi con autismo non sono disponibili“27 - Dott.ssa Sally J. Rogers

27

FLOORTIME DI STANLEY GREENSPAN

L’impianto teorico che sta alla base del Floortime è stato ideato e sperimentato da Stanley I. Green-span intorno alla fine degli anni Ottanta negli Stati Uniti. Greenspan è professore di Psichiatria e Scien-ze Comportamentali alla G. Washington University Medical School, fondatore dell’associazione “Zero to Three” e presidente dell’ICDL (International Coun-cil on Developmental and Language disorders).Il Floortime, che letteralmente significa “tempo passato a terra sul pavimento”, è una tecnica d’in-tervento basata sul gioco e sull’interazione sponta-nea fra adulto e bambino. Consente di attuare un lavoro educativo che, a partire dal gioco simbo-lico e dall’interazione spontanea, si prefigge di creare il contesto all’interno del quale possono essere appresi nuovi comportamenti e nuove abilità.L’interazione fra adulto e bambino avviene semplice-mente attraverso l’utilizzo di un elemento morbi-do (un tappeto, ad esempio), il pavimento ed alcuni giocattoli specificatamente selezionati e che determinano un contesto educativo gratificante e naturalmente divertente per entrambi i soggetti.Questo è il nodo centrale dell’approccio di Green-span, il gioco, ma la base sottostante da cui il gioco trae giovamento per guidare e favorire lo sviluppo

del bambino è rappresentata dalle relazioni umane, delle quali si nutre il cervello e la mente umana e senza le quali non si possono generare, nelle parole di Greenspan, il senso di sé, l’autostima, l’iniziativa e la creatività, e le funzioni superiori quali la logica, la capacità di giudizio, il pensiero astratto.Le tappe che si vogliono raggiungere con questo metodo sono molteplici. La prima abilità che il bambino deve imparare a padroneggiare è la capa-cità di stare calmo ed essere aperto ed interessato agli stimoli provenienti dall’esterno; in seguito dovrà imparare ad interagire e stare bene con gli altri, condividendo con essi intimità e sicurezza. La terza tappa è l’abilità di creare reciproci scambi comuni-cativi. Da qui infatti il bambino procede verso l’ac-quisizione della capacità di creare gesti complessi e di creare nuove idee.

L’ho trovato particolarmente interessante ai fini dello svolgimento della mia tesi in quanto questo metodo non necessita di chissà quali tecnologie o strutture, ma tiene come punto centrale l’emotivi-tà e come mezzi niente più che un limitato spazio e qualche dispositivo appositamente studiato per favorire l’interazione.

“Il Floor Time vede nei sintomi non solo l’aspetto deficitario, ma anche un’opportunità per l’interazione. Appro-fittare di ciò che il bambino fa e trasformarlo in un elemento di comunicazione, sarà uno strumento essenziale per educatori e genitori.. I genitori sono spinti a scoprire il potenziale dei loro figli, a essere più creativi e a trarre vantaggio dalle situazioni quotidiane per trasformarle in uno strumento di apprendimento.” - M. T Sindelar

26

MUSICOTERAPIA

Per musicoterapia si intende uno strumento o un modo di osservare, di ascoltare, di percepire, di agire all’interno di una relazione terapeutica (ma anche riabilitativa o educativa) al fine di facilitare il processo di comunicazione interpersonale.Il suono, la musica, il ritmo caratterizzano l’ambiente intra-uterino e accompagnano, in seguito, tutto lo sviluppo del bambino facilitando e promuovendo la coordinazione, la regolazione, l’armonizzazio-ne e la sintonizzazione con l’altro, oltre al suo sviluppo motorio, cognitivo e affettivo28.Come spiega la Dr.ssa Alicia Gibelli29, studi scienti-fici hanno evidenziato che “l’ascolto e la produzione musicale attivano contemporaneamente diverse regio-ni cerebrali. Inoltre, la musica attiva il sistema limbico della gratificazione, provocando forti reazioni emotive di piacere, e il sistema neurovegetativo provocando reazioni fisiologiche misurabili quali l’accelerazione o decelerazione del battito cardiaco, reazioni cutanee, sudorazione, corrispondenti a diversi stati emotivi. Infine, la musica stimola i nostri sensi, nel senso che quando viene ascoltata dal vivo o prodotta non viene percepita soltanto come suono attraverso il sistema uditivo, ma anche visivamente (ad esempio, vediamo chi suona), tattilmente (sentiamo delle vibrazioni), in maniera psicomotoria (percepiamo una sequenza di movimenti o di diteggiature), in modo simbolico (quando ci riferia-mo ad un codice che la rappresenta)”Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che il bambi-

no autistico mostra una certa propensione verso la musica e che il suono e il ritmo posso-no migliorare le loro capacità comunicative e il loro comportamento verso se stessi e verso gli altri30. L’intervento musicale con i bambini autistici può avere diverse finalità e può essere organizzato in diversi modi. Se l’obiettivo è quello di lavorare sul loro mondo affettivo e relazionale, allora saranno proprio loro a elaborare e portare avanti l’interven-to con i propri comportamenti e le proprie azioni. Oppure l’intervento può essere volto all’apprendi-mento e all’acquisizione di competenze musi-cali, ad esempio imparare ad usare uno strumento. In particolare, si parla di tre tipologie di tecniche utilizzate nella terapia con la musica, quelle di tipo ricettivo, che prevedono l’ascolto di brani musicali di ogni epoca e stile e che consistono nell’osservare la reazione del bambino alla melodia; e le tecniche attive, strettamente legate alle precedenti, ovvero “sono composte dall’unione dei suoni musicali con le parole.Grazie alla musica, il mondo esterno riesce a pene-trare finalmente nella mente del bambino autistico. Per permettere tutto ciò, il terapeuta dovrà assume-re un ruolo non direttivo o semidirettivo e creare un ambiente che sia il più possibile tranquillo, non caotico, in modo che i suoni possano essere ben ascoltati e compresi e in modo da creare una certa continuità e regolarità per il bambino31.

27

CAPITOLO 7VERSO IL PROGETTO: CASI STUDIO

“Il design è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nelle forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi. ”

Bruno Munari

7.1 INTERIOR DESIGN

Questo progetto di interior design della Enter Architecture per un centro medico per bambini autistici a Sydney si basa sulla ricerca dei colori, materiali e delle particolari forme dinamiche che lo caratterizzano. Esprime chiaramente calma, tranquillità e sicurezza. Quindi la forma finale è chiaramente influenzata dalla funzione del luogo, punto di accoglienza e sostegno agli autistici.I pazienti sono incoraggiati a giocare e interagire con questo spazio informale, che grazie alle sue forme arrotondate è anche molto sicuro dal punto di vista del rischio di auto-lesioni.

CENTRO BAMBINI AUTISTICI, ENTER ARCHITECTURE

32

Un container multisensoriale dove i bambini autistici possono giocare ed essere guidati in vere e proprie azioni terapeutiche.Progetto vincitore dell’VIII edizione del premio Socialis, organiz-zato dall’Osservatorio Socialis per promuovere gli studi accade-mici sulla Corporate Social Responsibility.E’ stata sviluppata l’idea di un ambiente comune protetto e adatto alle esigenze dei bambini con autismo o con problemi di comportamento, lo spazio diventa multisensoriale: si sente, si vede, si tocca, si ascolta, si interagisce con colori, suoni, melodie..Il container è facile da trasportare e montare, diventa una struttura facilmente collocabile come integrazione di padiglioni ospedalieri.

PADIGLIONE MONTABILE-SMONTABILE

PER BAMBINI AUTISTICI

Bambini da 0 a 5 anni aperti a scoprire, capire, osservare, prova-re. Partendo da quello che loro sanno fare così bene: toccare, annusare, guardare e vedere, sentire. Maxi Ooh! è un posto così, che permette di sperimentare i sensi attraverso i sensi, metten-do a disposizione occasioni ogni volta diverse e originali. Origi-nali come sono le intenzioni e le azioni di ciascuno.Un’esperienza tutta da vivere, in un contesto immersivo che pone al centro il bambino e la relazione bambino/adulto, per creare e personalizzare l’ambiente con le proprie esperienze rendendolo unico e divenendone protagonista. Maxi Ooh! si basa sull’effetto sorpresa e su un’integrazione di esperienze multimediali – grazie all’utilizzo della tecnologia intuitiva touch-less – e di esperienze fisiche per stimolare la dimensione del fare e del manipolare del bambino.

MAXI OOH!, MuSE DI TRENTO

7.2 PRODOTTI

Questa serie di vestiti permette al bambino di sentirsi rassicura- to come se venisse abbracciato; è realizzata in neoprene e ha le fasce laterali in tessuto di cotone piacevole al tattoComprende dei pesi bilanciati e calibrati a seconda della taglia (S, M, L, XL) che assicurano al ragazzo un senso di pressione che calma in caso di iperattivitàDeve essere indossato a cicli di 20 minuti al massimo, oltre questa durata può avere effetto opposto sul bambino. Deve essere usato con la supervisione di un adulto.

Nasce dalle menti di alcuni studenti americani di ingegneria ed è un poltrona capace di tranquillizzare e rilassare i bambini con autismo. La speciale sedia abbraccia, tocca e accarezza, proprio come farebbe un essere umano. Grazie ad air bag nascosti forni-sce sollievo ai piccoli spesso preda di stress e ansia che si placa-no, di solito, attraverso le sensazioni fornite dal contatto umano. Un metodo che si basa su pressioni e manipolazioni in grado di calmare i bambini, riducendo crolli nervosi e iperattività.

WEIGHTED COMPRESSION VEST

SENSORY CHAIR

33

E’ app consente di spiegare quattro emozioni principali: felice, triste, orgoglioso, calmo. Per ogni emozione viene definita una storia di esempio, ad esemprio “sono felice perchè gioco” e tutto si conclude con una fotografia del bambino utente che sta giocando e la possibilità di ascoltare una musica che comunichi lo stato d’animo.Il target di questa applicazione è il bambino piccolo, nei primi anni di età, mentre l’obbiettivo è la comprensione delle emozio-ni base. Al suo interno viene riporodotta la musica della tera-pista Rachel Rambach, utilizzata per dare una spiegazione non razionale alle emozioni, sulla linea della musicoterapia.

Auti è un giocattolo in grado di interagire e insegnare compor-tamenti di gioco positivi ai bambini autistici, a partire dai 6 mesi di età. Auti si spegne in risposta a un gesto negativo, come un colpo o un grido ma reagisce immediatamente ad ogni atteg-giamento positivo. L’oggetto ha la struttura esterna in morbi-do pelo di opossum, ha una forma semplice e quattro grandi zampe bianche, mentre all’interno del suo corpo si trovano una serie di sensori, che possono essere regolati in relazione alle caratteristiche del bambino.

AUTISM EMOTION

AUTI

7.3 RIFERIMENTI FORMALI

CAPITOLO 8VERSO IL PROGETTO:

ANALISI e METODO PREOGETTUALE

“Un buon progetto abilita, un cattivo progetto disabilita”

Paul Hogan

C

OSA PIACE

Istituto Di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell’infanzia e dell’adolescenza

MILANO

Istituto Neurologico “C.Besta”- MILANO

Fondazione “Clara Fabietti”- MILANO

Associazione Cascina S. VincenzoCONCOREZZO (MB)

Associazione AretéMILANO

Osservatorio regionale lombardoMERATE (LC)

Associazione per l’AutismoMILANO

Laboratorio sull’ autismoPAVIA

Istituto Neurologico “C. Mondino”PAVIA

LISSONE

Uno solo è il centro nelle strette vicinanze dell’Oratorio di Lissone e si tratta dall’associazione Cascina S. Vincenzo a Concorezzo. Gli altri centri sono ubicati prevalentemente nelle province di Pavia e Milano.

8.1 ANALISI UTILI AI FINI DEL PROGETTO

CENTRI AUTISMO VICINO LISSONE

COSA NON

PIA

CE

CO

SA PIACE

AD ALCUNI PIACE

Ho stilato questo diagramma sulla base delle interviste a pedagogiste e sulla lettura di alcuni libri come “Pensare in immagini” di Temple Gran-din e “Autismo. Protezione sociale e architettura” di Francesca Giofrè.

Suoni naturali

Colori tenui

Colori accesi

Abbondanza diimput

Specchio

Pressione sul corpo

Led colorati

Materiali morbidi

Motivi geometrici

Oggetti tondi

Luci intermittenti

Spazi delimitatiMateriali ruvidiForme curve

Angoli nascosti

Ordine

DisordineAttività e orariprestabiliti Luci forti

PREFERENZE BAMBINI AUTISTICI

DIVISIONE SPAZIALE CLASSE PER AUTISTICI SECONDO IL METODO TEACCH

ZO

NA

LAV

ORO COLLETTIV

O

ZONA MORBIDA

ZO

NA

LAV

ORO INDIVIDUA

LE

ZO

NA

LAV

ORO CON PEDAG

O

GIS

TA

ZONA RELAX

34

RIASSUNTO TECNICHE INTERVENTO PIU’ UTILI AI FINI PROGETTUALI

1966

Eric Schople, psichiatra

Facoltà di Medicina del North Carolina

1979

Stanley Greenspan, psichiatra

G. Washington University Medical

School

2009

Sally J. Rogers, psichiatra

Davis Mind Institute,University of California

“L’autistico è una persona svantaggiata,

disorientata in un mondo incomprensibile e come tale

deve essere aiutata a sviluppare le sue capacità sfruttando i suoi punti di

forza, le sue predisposizioni e le sue potenzialità”

“L’intervento precoce è cruciale, ma nella gran

parte del Paese e del mondo servizi in grado di aiutare lo

sviluppo dei bambini di pochi anni con autismo non sono

disponibili”

“Il Floor Time vede nei sintomi non solo

l’aspetto deficitario, ma anche un’opportunità per l’interazione. Bisogna trarre vantaggio dalle situazioni

quotidiane per trasformarle in uno strumento di

apprendimento.”

Un luogo di supporto alle famiglie come quello che sto

progettando è sensato e nasce da una reale necessità

Per favorire l’interazione basta poco: un tappeto morbido, un giocattolo e qualche dispositivo

appositamente selezionato

Sono metodi che aiutano gli autistici ad esprimersi attraverso canali alternativi a quelli classici

verbali.Li aiutano a comprendere

quale canale sensoriale stiano utilizzando, migliorando le loro

capacità percettive, Promuovono la coordinazione, la regolazione, l’empatia, oltre

allo sviluppo motorio, cognitivo e affettivo

PROGRAMMA TEACHH

FLOORTIME MUSICO-TERAPIA

ARTE-TERAPIA

AROMA-TERAPIA

EARLY START DENVER MODEL

Le divisioni spaziali e le funzioni devono essere

immediatamente identificabilivisivamente

Ogni spazio deve essere dedicato ad una singola attività

Questo non deve però significa-re rigidità, lo spazio deve essere

adattabile ai diversi bisogni

derivanti da interviste a pedagogiste

derivanti da ricerchebibliografiche

Per procedere verso la progettazione ho deciso di creare un grafico che riassuma in maniera molto sintetica, i passaggi che mi hanno portato a stilare una lista schematica di requisiti progettuali, che sa-ranno in seguito elaborati in maniera più esaustiva e specifica nelle pagine successive di questa tesi. Que-sto metodo progettuale parte dall’individuazione dei problemi relativi all’ autismo, per trovare conse-guentemente i bisogni del target ed infine i requisiti, per passare definitivamente alla parte progettuale, obbiettivo di tutte queste ricerche in campo medico e cognitivo.Ho compiuto tutti questi passaggi basandomi sulle ricerche riportate nelle pagine precedenti della tesi, in particolare circa la percezione autistica del mon-do e le tecniche di intervento.

Rispetto al grafico riportato nella pagina che segue, per problemi mi riferisco a tutte quelle attitudini comportamentali, sensoriali ecc.. che nell’autistico sono differenti rispetto al normotipico.L’ esigenza è invece ciò che l’utenza richiede per po-ter svolgere adeguatamente l’attività all’interno dello spazio al meglio ed è una diretta conseguenza dei problemi derivanti dalla malattia. La maggior parte

delle azioni del quotidiano implica l’interazione con il mondo esterno e l’ambiente che lo compone; questo fa sì che gli elementi che lo costituiscono debbano rispondere a determinati bisogni dell’uten-te, siano essi ergonomici, di accessibilità o di finitu-ra. In generale l’esigenza è ciò che occorre, che è necessario per compiere determinate azioni quoti-diane; naturalmente le esigenze dell’utenza possono essere molto diverse a seconda del tipo di prodotto che si va a progettare (una sedia, un utensile da la-voto, un edificio ecc.) e quindi io ho preso in analisi quelle direttamente collegate al mio specifico tipo di intervento, quello di un progetto di interni per un Oratorio. L’insieme di questi bisogni forma il sistema esigenziale.Per requisito si intende la traduzione di un esigenza in termini di parametri progettuali. Le esigenze non consentono di valutare quali scelte convenga opera-re per soddisfarle, in quanto sono troppo generiche. Devono quindi essere riformulate secondo i conte-nuti e i criteri propri del linguaggio tecnico per def-nire i comportamenti delle varie parti del prodotto, cioè i requisiti. Si tratta quindi di una traduzione del bisogno in un parametro di progettazione più spe-cifico.

8.2 MAPPA RIASSUNTIVA:

PROBLEMA, ESIGENZA, REQUISITO

DIF

FIC

OLT

A’ AT

TEN

ZIONE

BIS

O

GNO DI ORDINE

Indipendenza

IPERSENSIBILITA’

IPOSEN

SIB

ILITA

DIFFICOLTA’ A

PP

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AZIONE

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RACCARICO S

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OR

IAL

E

DIF

FIC

OLT

A’ AT

TEN

ZIONE

BIS

OG

NO DI ORDINE

No stimoli inquietanti, simultanei, irrilevanti e

fatidiosi

Stimolazione dei sensi attraverso i canali che

lavorano in “ipo”

Sviluppo di metodi di apprendimento

differenti rispetto agli altri bambini

Contatto, non ecessivo con coetanei,

Ricerca “sintonizzazione

empatica”

Isolamento e tranquillità per riacquistare la

calma

Esclusione di “distrazioni”

Spazi delimitati, con attività

precise

Privilegiare luce naturale, no luci fluorescenti, illuminazione controllabile non troppo diretta

Utilizzo dislivelli per delimitare le aree precisamenteStimolare tutti i sensi, ma singolarmente attraver-

so dispositivi e la scelta dei materialiAmbiente adattabile alle diverse necessità

Attenzione a fonoisolamento e fonoassorbimentoRapporto coi compagni mediato da dispositivi e

precauzioni che ne riducano la complessitàCreare zona di isolamento, più protetta

No angoli o zone non visibiliSuperfici morbide e curve per evitare autolesioni

No sovraccarico di materiali e colori differenti

8.3 RISVOLTI PROGETTUALI

Le analisi dettagliate dei capitoli precedenti circa la percezione e i bisogni dei bambini autistici è stata mirata alla comprensio-ne dei requisiti progettuali. Gli aspetti di cui tener conto sono molteplici: la quantità e la qualità della luce naturale, colori e materiali adeguati, odori e percezioni tattili accuratamente sele-zionati, controllo del rumore ecc..

Come abbiamo visto una delle prime componenti a cui biso-gna prestare attenzione nella progettazione è l’udito. Lo spazio dovrebbe essere infatti il più possibile esente da perturbazione sonora, in particolare evitando i rumori forti provenienti dall’e-sterno (soprattutto quelli di macchine e altri mezzi), ma anche quelli causati dagli utenti stessi, cioè i bambini che usufruiscono di questo spazio ludico. Quindi, per riassumere, è necessario creare uno spazio calmo, dove il soggetto con autismo possa sentirsi a proprio agio, in modo da favorire le terapie singole e di gruppo.La conseguenza di queste riflessioni è innanzitutto la compren-sione della necessità di attutire le riverberazioni, per evitare sovraeccitamento o distrazione, attraverso l’utilizzo di materiali fonoassorbenti, installati a parete o soffitto. Il tempo di riverbe-razione dovrebbe ricadere intorno al centesimo di secondo, in modo da garantire un ambiente confortevole, in cui i suoni non siano troppo acuti e non si creino sensazioni ansiogene35.In secondo luogo è molto importante anche l’isolamente acusti-co, in particolare sulle pareti che danno sulla strada, piccola, ma comunque trafficata da automobili.

ACUSTICA

35

Il dato principale che è emerso dalle interviste a medici e assi-stenti è la assoluta necessità di avere per la stanza un’illuminazio-ne con intensità controllabile e possibilità di oscuramento totale.Questo perchè innanzitutto i bambini autistici hanno tra di loro bisogni da questo punto di vista molto differenti: un’intensità luminosa potrebbe andare bene per uno, ma essere di difficile sopportazione per un altro. La nuova tecnologia led sembrerebbe rispondere in maniera adeguata a tutti i requisiti progettuali per la sua bassa emissione di calore e la sua possibilità di regolazione e cambiamento di colore. Proprio questo ultimo fattore è particolarmente adatto alla stanza sensoriale, in cui la cromoterapia è sicuramente una componente essenziale.

I materiali devono essere innanzitutto piacevoli ai sensi, quindi una caratteristica fondamentale è la morbidezza.Bisogna inoltre evitare un sovrannumero di differenti elementi, perchè questo potrebbe creare nel bambino autistico confusio-ne e instabilità. Come è emerso dalle interviste questo permet-terebbe all’operatore che lavora insieme al bambino autistico la possibilità di introdurre lo stimolo necessario alla terapia, senza bisogno di doverne neutralizzare altri.In terzo luogo bisogna ricordare la tendenza autolesionista tipica dell’autismo e di conseguenza utilizzare superfici morbide all’im-patto. Potrebbero essere inoltre utili superfici antigraffio, in vista di un’ ipotizzabile pet theraphy, molto utilizzata nella maggior parte dei centri specializzati.

LUCE

MATERIALI

Nella progettazione del colore bisogna tenere conto dell’effetto del colore sul sistema Simpatico e Parasimpatico e delle regole della prospettiva del colore che possono essere utilizzate per influenzare la percezione, spesso distorta, delle dimensioni della stanza. I bambini autistici sono resi iper-sensibili dalla malattia e devono trovare nell’ambiente gli stimoli necessari per comprendere come orientarsi e capire cosa è importante e cosa non lo è.Il colore può quindi essere sicuramente un aiuto, ad esempio rendendo i pavimenti leggermente più scuri rispetto alle super-fici verticali, in modo da non creare effetti psicologici fastidiosi.Il progetto del colore dovrà anche tenere in considerazione il bisogno autistico di tranquillità calma. Il colore sicuramente più adatto a trasmettere questo tipo di sensazioni è il blu e le sue sfumature.Importante a livello spaziale è creare un corretto equilibrio tra spazi di socializzazione e spazi di isolamento, così da creare sia la possibilità di consividere con gli altri bambini che quella di ritirar-si qualora gli stimoli diventino troppo difficili da gestire.

Data l’instabilità comportamentale e il continuo progresso dei metodi terapeutici, è essenziale la flessibilità all’interno dello spazio, così da accomodare l’ambiente all’umore del soggetto ed aiutare lo staff a plasmare il metodo di apprendimento a seconda degli individuali bisogni del bambino.

Infine si è riscontrata maggiore preferenza per l’utilizzo di muri e forme curvilinee, questo in primis per evitare angoli che potreb-bero risultare dannosi e in secondo luogo per nascondere peri-coli, trasmettendo un sendo di irrequietezza.

COLORI, FORME E SPAZI

Questo mio lavoro parte dalla convinzione, supportata dalle numerose ricerche precedentemente citate, che l’ambiente per l’infanzia e l’autismo non possa essere considerato un elemento di ‘sfondo’ a una serie di attività, accesorio e secondario, bensì un soggetto protagonista nella definizione della identità di ogni bambino ed un elemento fondante di un progetto pedagogico.Come abbiamo visto nella pagine precedenti della tesi, sappia-mo che la nostra identità si forma attraverso una complessa e affascinante alchimia di avventure ambientali. Alla nascita, il no-stro cervello e la nostra capacità di percepire e sentire la realtà non sono ancora definite. A seconda delle esperienze ambien-tali e culturali sviluppiamo alcuni sensi e alcune categorie cogni-tive piuttosto che altre. A seconda dell’ambiente in cui viviamo il nostro cervello si forma e si sviluppa in modo diverso. I bambini sono un laboratorio sensoriale, hanno una conoscenza di tipo sinestetico, nella quale ogni senso attiva gli altri: toccano la luce, vedono gli odori, ascoltano la temperatura.

L’ambiente per l’infanzia si deve quindi porre come un grande laboratorio sensoriale, per l’auto-apprendimento del bambino. Un luogo in grado si supportare e stimolare i singoli con diverse capacità percettive e di apprendimento e differenti esigenze per quanto riguarda i percorsi di crescita. In quest’ottica l’ interior designer ha il compito di rendere ciò possibile, attraverso lo studio multi-disciplinare e la progettazione sperimentale di spazi innovativi.

8.4 CONCLUSIONE

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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