In ALTUM

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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 142 - ANNO 31 - Novembre-Dicembre 2012 PERIO DICO DELLE SUO RE O RSO LIN E DISA N G IRO LA M O IN SO M A SCA -DIREZIO N E E AM M IN ISTRAZIO N E:24128 BERG AM O -VIA BRO SETA,138 -TEL.035250240 -FAX 035254094 -e-mail:inaltum @orsolinesom asca.it-www.orsolinesom asca.it “Se credi non chiedere se non credi pensa che mai simile luce apparve a dar speranza al mondo”. Elisa Faga Plebani

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Pubblicazione bimestrale delle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca - novembre dicembre 2012

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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 142 - ANNO 31 - Novembre-Dicembre 2012PERIO DICO DELLE SUO RE O RSO LIN E DISA N G IRO LA M O IN SO M A SCA -DIREZIO N E E AM M IN ISTRAZIO N E:24128 BERG AM O -VIA BRO SETA,138 -TEL.035250240 -FAX 035254094 -e-mail:inaltum @orsolinesom asca.it-www.orsolinesom asca.it

“Secredi non chiederesenon credi pensa che maisimile luce apparveadar speranza al mondo”.

Elisa Faga Plebani

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Carissimi amici lettori,le prossime feste natalizie ci offrono l’occasione peresprimervi il nostro sempre vivo grazie, ma ancheper condividere con voi un dubbio: ciò che si sta pre-parando in questo periodo pre-natalizio, riguarda unNatale “cristiano” o “pagano”? Ne è prova quantoavviene: continua è la tensione a “vendere… vende-re… vendere…” con ripetuti, anche ossessivi, ri-chiami da parte di Centri commerciali, supermercati,mercatini…; e “comprare… comprare… compra-re…” (oggetti fors’anche inutili) in luoghi dove con-tinuo è il richiamo di “saldi”, di “low-cost”…Così che, purtroppo, anche il senso cristiano del Na-tale diventa, pure per noi battezzati, un momento difesta dal carattere, però, piuttosto superficiale!Anche Benedetto XVI, in questo Anno dedicato allaFede, sottolinea che: “La Fede si trova ad essere sot-toposta, più che nel passato, a una serie di interro-gativi che provengono da una mutata mentalità che,

particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezzerazionali a quello delle conquiste scientifiche e tec-nologiche” (Porta Fidei, n. 22).

Con il desiderio che si viva il prossimo Natale nelsuo autentico significato, facciamo in modo che ciòche abbiamo imparato da piccoli e che ripetiamoogni volta nella recita del Credo – “Credo in GesùCristo, unico Figlio di Dio, nato da Maria Vergi-ne, incarnato per noi…” – si faccia gioiosa confer-ma, anzi convinzione che Dio, fattosi uno di noi, cicomprende nelle nostre fatiche, ci cammina accantocome fratello e ci sostiene nel nostro andare di ognigiorno.Sia questo il nostro “vero”, “cristiano” Natale.

È l’augurio più affettuoso e più fraternoda parte nostra!

La Redazione

Natale...?“Mentre si trovavano in quel luogo,

si compirono per lei i giorni del parto.Diede alla luce il suo figlio primogenito,

lo avvolse in fascee lo pose in una mangiatoia,

perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.(Lc. 2, 6-7)

Redazionale

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Anno della Fede

La Porta

Acinquant’anni dall’apertura delConcilio Vaticano II, a quaran-

tacinque dalla promulgazione del-l’Anno della Fede da parte di PaoloVI, a venti dalla pubblicazione delCatechismo della Chiesa Cattolica diGiovanni Paolo II, il Papa avverte ilbisogno di invitare la comunità cri-stiana a un ritorno alle fonti, ai fon-damenti della fede, per ritrovare in-sieme nuovo slancio ed entusiasmo enuove motivazioni.Dopo decenni di attenzione a unmondo sempre più secolarizzato,estraneo alla vita cristiana e lontanodal pensiero evangelico, la preoccu-pazione si è spostata all’interno dellaChiesa stessa: ci si è accorti, infatti,che anche fra credenti e praticanti loscollamento dalla fede è sempre piùevidente. Un secolo fa Charles Péguysegnalava che in Francia stava acca-dendo “qualcosa di nuovo, di impa-ragonabile ad ogni altro fenomenoaccaduto nella storia: un mondo pro-spero, una società prospera senzaGesù”.In tempi più recenti il Card. Ratzin-ger scriveva che “Quando si dice chec’è un mondo totalmente scristianiz-zato, vuol dire esattamente che que-sto mondo ha rinunciato a tutto il si-stema cristiano nel suo insieme, harinunciato a tutto il cristianesimo”.

E se forse non è il caso di parlare –come ha fatto qualche studioso – diapostasia di un intero continente dal-le sue radici, è però evidente che lasecolarizzazione ha intaccato anchel’interno della Chiesa come ironica-mente è descritto dalla lapidaria af-

fermazione del pensatore colombianoNicolàs Gomez Dàvila: “La Chiesaspalancando le porte, voleva facilita-re l’ingresso a chi era fuori, senza in-vece pensare che facilitava l’uscita dichi era dentro”. Il Papa lo conferma:“Si pensa alla fede come presuppostoovvio” così scontato, che si corre ilrischio di eliminarlo dalla pratica.Dato, però, che non è rilevabile

scientificamente se la fede sia o noautentica, segnaliamo alcune eviden-ze che giustificano queste parole delPapa:

DISCEPOLI O BRAVI RAGAZZI?Non sarà forse né voluta né intenzio-nale, ma è effettiva la sostituzionenell’immaginario di tanti cristianidella figura del discepolo di Gesùcon quella del “bravo ragazzo” che fapensare al giovane ricco del Vangelo(Mc. 10, 17-22 e paralleli Mt. 19, 16-22;Lc. 18, 18-23). Questi sembra averetutte le condizioni necessarie per ri-spondere alla chiamata e mettersi allasequela di Gesù il quale, non a caso,“fissatolo, lo amò”, ma declina l’in-vito “perché aveva molti beni”.Nel nostro mondo non la fede, mal’etica o come si preferisce dire oggila “moralità” (o addirittura la lega-lità) è considerata l’unico criterio va-lido per giudicare persone e compor-tamenti: se si è rispettosi delle regole,cosa volere di più? Cosa pretenderedi più da bravi ragazzi che non fannoniente di male, hanno buone intenzio-ni, rispettano le regole della convi-venza e della società, non sopportanol’ingiustizia, praticano il volontaria-to… che si dichiarano credenti, manon praticanti perché non voglionoaver a che fare con la Chiesa? Ragaz-

‘‘“Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazioneper le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno,continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune.In effetti questo presupposto non è più ovvio, ma viene persino negato…”

(Motu Proprio “PORTA FIDEI” di Benedetto XVI n. 2)

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zi così bravi da non aver più bisognodi nessuno, neppure di Gesù e da de-clinare l’invito a seguirlo. Ma senzalui, cosa resta?

NOI ABBIAMO IL PENSIERODI CRISTO!“L’uomo spirituale giudica ogni co-sa, senza poter essere giudicato danessuno. Chi infatti ha conosciuto ilpensiero del Signore così da poterlodirigere? Ora, noi abbiamo il pensie-ro di Cristo” (1ª Cor. 2, 16). Non c’èorgoglio né senso di superiorità inquesta frase: solo la certezza di chi sain Chi ha creduto e sa di possedere ilpensiero di Cristo.

Questo possesso genera:a) la consapevolezza di ciò che sivuole: fare la volontà di Dio;

b) la capacità di interpretazione(l’uomo spirituale giudica ognicosa) e di discernimento nei con-fronti della realtà;

c) la testimonianza di fede ricevutain dono da Dio e donata al prossi-mo.

Molti cristiani di oggi, a forza di vo-ler capire il pensiero del mondo e didialogare con esso, corrono il rischiodi adeguarvisi, assumono come crite-rio interpretativo il punto di vista do-minante. Anche gli imprescindibiliapporti di scienze umane come psico-logia, sociologia, pedagogia e antro-pologia dominano a tal punto la ri-flessione da mortificare il dialogo colVangelo e la fede, come se questi nonavessero nulla di nuovo o decisivo dadare rispetto a quelle.

Nella Chiesa oggi trovano ascolto e ri-spetto anche i pensieri discordanti ocontrari alla fede il che è segno di tol-leranza e apertura: ma si ha comel’impressione che a volte sia proprio lafede che fatica a trovare accoglienza!

FEDE DISINCARNATA, SENZA OPERE“Esaminate voi stessi se siete nella fe-de, mettetevi alla prova” (2 Cor 13, 5).Paolo chiede ai suoi di “mettere allaprova” la fede, che è poi esattamentel’opposto di chi afferma: “Credo inDio, in Gesù, non nella Chiesa” o“Sono credente, ma non praticante”.Chi ragiona così è talmente convintodi avere fede, da non ritenere neces-saria la pratica di fede e la sua di-mensione comunitaria. Non si trattasolo della riedizione moderna dellaseparazione tra fede e opere già se-

gnalata dagli apostoli (Che giova,fratelli miei, se uno dice di avere lafede ma non ha le opere? (Giac. 2, 14).C’è in ballo qualcosa di più attuale,di più tipico del nostro tempo e cioèla perdita della realtà, il trionfo del-l’immaginazione, la chiusura nell’in-dividualismo e la conseguente auto-referenzialità. In altre parole, si dice:“Ho fede perché sono convinto diaverla; sono convinto perché la sentoin me; sono così sicuro di quello chesento che non devo renderne contoad altri che a me stesso e a Dio”.

Si tratta di argomentazioni assurde einsensate, visto che nessuno può es-sere giudice e garante di sé stesso.Ma non pensa così chi, credendosil’ombelico del mondo, non sente ilbisogno di confrontarsi più con nes-suno; difende la purezza delle sue in-tenzioni, idee e sentimenti a scapitodella concretezza delle azioni e deifatti…: atteggiamenti, questi, pur-troppo comuni anche a fedeli e reli-giosi e contro i quali non c’è argo-mento concreto e reale che tenga.

Don Davide Rota

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Anno della Fede

della Fede

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Segni dei tempi

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Da un interessante“cam pionario”diinterrogativi

em erge davverola consapevolezza

che ognuno,in questa Italia

m artoriata dalla crisie dagliscandali,

può farela sua parte,com inciandoa pensare,

a guardarsiattornoe dentro disé.

Tornando a provareilpiacere

didialogare,diraccontare:

insom m a,difarsi“dom ande”.

Non è facile resistere al pessimismodominante e alla sensazione (diffu-

sa) “che oggi tutto va male”. Certo, iproblemi ci sono e se ci guardiamo attor-no – basta leggere i titoli dei giornali –l’aria che tira non è certo improntata al-l’ottimismo. Eppure, c’è chi tenta e cercadi reagire, con il buon senso e una sanasperanza cristiana.Mi è capitato, in questi ultime settimane,di essere in luoghi diversi (non solo geo-graficamente) e di cogliere comuni senti-menti e tensioni di una voglia di reagiree di riflettere. Sì, ho percepito realmentequei “segni dei tempi” per cui la gente, lesingole persone, lavorano per costruire,nella difficoltà dei giorni, prospettive edesperienze positive, che fanno giustiziadel disfattismo e dell’arrendevolezzasparsa a pieni mani in ogni settore.Recentemente, in una cittadina della To-scana, ho avuto modo di confrontarmicon studenti e docenti che lavorano conpassione ed entusiasmo attorno a progettidi comunicazione scolastica. Hanno re-datto i cosiddetti “giornalini scolastici”,

vero e proprio strumento per veicolareidee, testimonianze e riflessioni. Mi han-no molto colpito i fogli pubblicati da al-cuni Istituti scolastici del Meridione.Con coraggio, studenti e docenti cercanodi mettere lo sguardo “dentro” realtà sco-mode (disagi, emarginazioni, difficoltàsociali, fenomeni di violenza e crimina-lità) per trarre la forza di cambiare le co-se, cominciando da loro stessi, dal loropiccolo ambito locale.Cambiamo luogo. In un grosso centro vi-cino a Brescia – storicamente noto per labassa scolarizzazione, per fenomeni le-gati all’abuso di tossicodipendenze, cau-sati soprattutto da un modello sociale cheha spinto l’acceleratore sul guadagno esull’esasperazione del benessere, a svan-taggio di una formazione anche intellet-tuale – una Scuola dell’Infanzia tenta direcuperare il terreno perduto e di orienta-re le nuove famiglie a guardare oltre ilmero consumismo e a progettare, per ipropri figli, un diverso modo di vivere,dove l’armonia della crescita si accom-pagna all’educazione ai valori.

Quella sorpre

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Tutto può servire per far giungere unmessaggio positivo ai genitori (e cam-biare le cose...).Ad esempio: incontri, occasioni di fe-sta, partecipazione ad iniziative extracurricolari grazie alle quali i bimbi (e igenitori) sono coinvolti in attività cheriguardano il gioco, il rapporto tra legenerazioni, la creatività. Con loro hoparlato e discusso di fiabe e favole, fa-cendo emergere come la capacità del“raccontare” - prerogativa delle societàrurali - può, e deve ancora oggi, avereun valore e una funzione importanti neldialogo con i propri figli. Ed è stataun’esperienza significativa per questigenitori, con i quali abbiamo indivi-duato alcune “chiavi” per poter aprireuna conversazione, una storia, con ipropri piccoli.Interessante, pure, la serie di serateche, da alcuni anni, mi vedono tra lepareti della storica Scuola “Cittadini”di Ponte San Pietro, dove anche que-st’anno è stata promossa una serata diconfronto tra genitori e figli.Ho chiesto agli uni e agli altri, come ènello stile di questi incontri – moltoinformali, quasi come fossero un’occa-sione di gioco – di rivolgersi quelle do-mande che nessuno aveva mai osato fa-re reciprocamente. E’ uscito un“campionario” di interrogativi che col-gono la bellezza e la problematicità delrapporto genitori-figli. Domande spessoscomode, ma vere, come quelle che ri-guardano la difficoltà delle scelte dellavita e del senso da dare ai nostri giorni.

Ad esempio:– nel caso potessi tornare indietro rifa-resti tutto oppure cambieresti alcunescelte?

– che emozioni avete provato quandoio sono nato?

– mi hai mai mentito?– vi fidate di me?– perché avete deciso di mettermi almondo, prendendovi una grande re-sponsabilità?

– siete contenti dei miei voti e del mioimpegno a scuola?

– anche voi dovete essere responsabilinell’amarci, aiutarci e accudirci?

– quando sono ammalata, sono per voiun peso?

– perché ogni volta che vi arrabbiatenon ascoltate le spiegazioni che hoda darvi?

– perché pensate che io non sia abba-stanza grande e responsabile per farealcune cose da sola?

– avreste voluto avere un altro figlio?– mi avreste voluto diversa da comesono?

– tu mi hai mai tradito?

– mamma, papà, avete qualche segretoche non mi volete dire, dite la verità,sì o no?

– un genitore di solito vuole bene alsuo bambino perché è consapevole divolergli bene o è semplicementeistinto?

E queste sono solo alcune delle “que-stioni” intavolate, quella sera, sotto levolte della Scuola “Cittadini” di PonteSan Pietro. Quei quesiti - che sono iquesiti di tanti figli - sono usciti alloscoperto, sono stati dibattuti alla lucedel sole, con la partecipazione di tutti.Dall’esperienza di Ponte, come daquelle di Brescia o della Toscana,emerge davvero la consapevolezza cheognuno, in questa Italia martoriata dal-la crisi e dagli scandali, può fare la suaparte, cominciando a pensare, a guar-darsi attorno e dentro di sé. Tornando aprovare il piacere di dialogare, di rac-contare: insomma, di farsi “domande”.Perché è anche questo l’elemento checi rende persone e che dà sale alla no-stra vita.

Roberto Alborghetti

ndente bellezza

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C arissimi,eccoci ancora insieme per riflettere sullestorie scritte dai giovani, sui loro volti,sulla musica che ne traccia i movimentiinteriori. Ci lasceremo prendere per ma-no dalle loro idee e dai loro pensieri, efaremo in modo che tutto possa diventareparola buona per il nostro cuore, per gliorecchi della nostra società. E’ seminatain loro la Speranza che Dio affida all’uo-mo; è in loro la novità della Fede; è inloro la scommessa di un Amore puro.

Lasciamo spazio a Federica, una ragazzache ha voluto rispondere all’interrogati-vo scritto alla fine della riflessione ap-parsa sul numero precedente (Quantepersone sono disposte a tanto per inse-guire un sogno? Quale prezzo sono di-sposte a pagare per poterlo realizzare?) eci ha scritto le sue considerazioni sul so-gno, analizzando il sogno di libertà nelmondo.Ascoltiamola…

Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Conta le stevattene“Il Signore disse ad Abram:

«Vattene dalla tua terra,dalla tua parentelae dalla casa di tuo padre,verso la terra che io ti indicherò.2Farò di te una grande nazionee ti benedirò…Allora Abram partì,come gli aveva ordinato il Signore,e con lui partì Lot.Abram aveva settantacinque anniquando lasciò Carran”.

(Gen 12, 1-4)

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lle se puoi e...dalla tua terra!

“Non esiste una vera e propria definizione per de-scrivere realmente cosa sia la libertà. Ognuno ha lasua definizione di libertà, qualcuno magari potrebbesentirsi libero quando è in sella alla propria moto eriesce a sentire il vento in faccia e tra i capelli, qual-cun altro, invece, potrebbe sentirsi libero prendendoparola ad una certa assemblea, o altri ancora per ilfatto stesso che, arrivati alla maggior età, assumonodei diritti e dei doveri tra i quali quelli di voto.La libertà, a questo punto, è qualcosa di relativo allazona geografica, alla mentalità della gente, allʼetàma, soprattutto, alle scelte di vita che ognuno si im-pone. Sicuramente in Africa o in Iraq, soprattutto ledonne, avranno una concezione di libertà diversa,talvolta opposta, rispetto ai coetanei europei o ame-ricani. Per unʼafricana essere libera significherà nonessere vittima di una mentalità barbara che sfocia inatti quali lʼinfibulazione, o non essere consideratamerce di scambio. In Iraq, invece, la definizione di li-bertà di ogni ragazzo sarà lʼessere esente da un ser-vizio militare che lo porterà alla morte.A parer mio, la libertà è poter pensare con la propriatesta senza essere influenzati da altri, poter scrivereciò che si pensa senza una censura soffocante e op-primente, poter uscire e relazionarsi con altre perso-ne esponendo le proprie idee politiche e religiose.Se analizziamo le situazioni dei vari Paesi del Mon-do notiamo che attualmente lʼAmerica è seconda so-lo allʼEuropa occidentale quanto a rispetto della li-bertà e dei diritti umani; tuttavia, un aumento dellacriminalità violenta ha portato a passi indietro in di-versi Paesi. Tra le altre gravi questioni relative ai di-ritti umani, alcune parti del Continente soffrono di mi-

nacce alla libertà di stampa, inclusa la violenza con-tro i giornalisti e le infrazioni alle libertà di associa-zione e di riunione.La primavera araba del 2011 ha avviato un periododi radicali cambiamenti politici nei paesi del MedioOriente e del Nord Africa, che è stata storicamentela regione meno libera in tutto il mondo. La cadutadei leaders di lunga data e le richieste crescenti, daparte del popolo, di democrazia hanno portato nuoveopportunità per la riforma e la transizione democrati-ca in Paesi altrimenti segnati da gravi abusi e privatidi quasi tutti i diritti politici fondamentali e le libertàcivili.Negli ultimi cinque anni, la regione asiatica è statalʼunica a registrare guadagni costanti in materia di di-ritti politici e delle libertà civili. A parte la Cina, in cuioltre la metà della popolazione non vive libera, e inCorea del Nord, il paese meno libero nel mondo,una serie di Paesi asiatici ha fatto progressi notevolinelle istituzioni elettorali democratiche - elezioni,partiti politici, pluralismi - in autonoma associazione.Tuttavia, persistono lacune per quanto riguarda moltidiritti fondamentali.Nonostante lʼAfrica sub-sahariana sia la patria di al-cuni dei peggiori paesi al mondo, in termini di rispet-to dei diritti umani, la regione ha visto progressi ver-so la democratizzazione, non uniforme, nel corso del1990 e nei primi anni del 2000. Negli ultimi anni, tut-tavia, si sono presentati passi indietro sia tra i miglio-ri paesi, come il Sud Africa, sia tra i paesi più repres-sivi, come il Gambia e l'Etiopia. La mancanza dirispetto dallo Stato dei diritti, le infrazioni alle libertàdi espressione e di associazione, la corruzione diffu-

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sa, e la discriminazione nei confronti delle donne sonotuttora un serio problema.NellʼAsia Transoceanica e in Europa orientale vi è unasvariata gamma di paesi, da quello più rispettoso dei di-ritti umani a quello meno rispettoso. Georgia, Ucraina emolti paesi dei Balcani hanno bisogno di un monitorag-gio continuo per assicurare il progresso democratico.LʼEuropa occidentale ha tradizionalmente mantenuto unlivello esemplare di rispetto delle norme democratiche edei diritti umani e, in generale, ha continuato a farlo ne-gli ultimi anni nonostante la grave crisi economica. Moltipaesi hanno sviluppato problemi legati al trattamentodegli immigrati e delle minoranze e la libertà di espres-sione deve affrontare minacce in diversi stati.Lʼultimo rapporto annuale dellʼorganizzazione america-na “Freedom House”, che controlla lo Stato dei dirittipolitici e delle libertà civili nel mondo, ha classificato laSerbia, la Croazia e il Montenegro come “Paesi liberi”. Ilprocesso di integrazione e sviluppo che vede coinvoltalʼarea balcanica sta portando i suoi frutti. Anche Koso-vo, Albania e Bosnia-Erzegovina sono stati inclusi nellalista dei “Paesi parzialmente liberi”.“Freedom House” ha pubblicato i risultati dell'ultima edi-zione sulle libertà nel mondo. Secondo l'indagine, il2010 è stato il quinto anno consecutivo in cui la libertàglobale ha subito un declino. Nel rapporto sono stateevidenziate delle battute d'arresto nella storia degli ulti-mi 40 anni. I Paesi liberi sono scesi nel 2011 da 89 a87; l'Italia si conferma a pieni voti nella Mappa della Li-bertà.“Questo dovrebbe essere un campanello d'allarme pertutte le democrazie del mondo”, ha detto David J. Kra-mer, Direttore esecutivo di Freedom House. “I nostri av-versari non sono solo impegnati nella repressione, lostanno facendo con aggressività senza precedenti”, silegge nel comunicato diffuso. “Il Medio Oriente e lʼAfricadel Nord rimangono le regioni con il più basso livello dilibertà nel 2010 e purtroppo continua il loro declino poi-ché non ci sono le basi per una vera democrazia”, è an-cora evidenziato nel rapporto. Se i Balcani stanno lot-tando per diventare Paesi liberi, la sponda Sud delMediterraneo si trova a dover ancora affrontare intera-mente la questione senza nessuna garanzia per un fu-turo migliore”.

Federica PilloniClasse Terza

Secondaria primo grado “Madre Camilla Gritti''Carbonia

Grazie, Federica!Il tuo intervento è provvidenziale per la riflessione che an-dremo a fare in questo secondo numero del nostro Periodi-co…In nome del sogno di libertà (valore che si lega al rispettodella dignità umana, alla necessità della sussistenza, al de-siderio di continuità della specie, all’appello di responsa-bilità…), molti uomini e donne hanno deciso di scommet-tere su un futuro percorribile e hanno lasciato la loro terra.Obbligo, costrizione, esigenza, bisogno, urgenza, opportu-nità…La migrazione è un fenomeno molto complesso che ha dasempre interessato la condizione dell’essere umano.E’ possibile individuare due dimensioni che la caratteriz-zano: una “esteriore” costituita dal viaggio, dalle situazio-ni contingenti, non sempre favorevoli, che il soggetto sitrova a dover sperimentare quotidianamente e una “inte-riore” che fa riferimento alla perdita dei luoghi e degli am-bienti carichi di significato per l’identità di una persona eall’integrazione con il nuovo contesto.Queste due dimensioni ci introducono alla riflessione suldifficile e lungo lavoro di integrazione che una personache lascia il proprio paese di origine deve compiere tra ilvecchio e il nuovo, tra il passato e il presente.

Un’immagine spesso associata alla migrazione è quella diuna ferita, di una lacerazione, di uno strappo, più o menodrammatico a seconda di molteplici fattori. In effetti, lamigrazione produce una frattura nella continuità tempora-le. La migrazione è, quindi, un evento traumatico che im-plica svariati cambiamenti nella realtà esterna e che haconseguenti ripercussioni sulla realtà interna. Lasciare ilproprio Paese risveglia sentimenti di perdita e di sradica-mento che vanno ad incidere sul sentimento di identità.E’ possibile che queste dinamiche provochino una crisiche può sfociare in un’effettiva catastrofe oppure, al con-

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trario, possa tradursi in una rinascitacreativa e arricchente.Sappiamo, tuttavia, che spesso il trau-ma migratorio non coincide con il mo-mento della partenza o del viaggio, macoincide con un processo articolato inuna pluralità di fattori tutti caratterizza-ti da sentimenti di ansia e di smarri-mento. Talvolta il processo migratorioinizia già nel paese di origine, nel mo-mento in cui si forma e si sviluppa unacategoria di popolazione potenzialmen-te migrante, costretta a vivere un perio-do di incertezza e di transizione. In al-tri casi, la migrazione ha, invece, lecaratteristiche più di una scelta indivi-duale e non implica il coinvolgimentodi altre figure della famiglia o della co-munità.Inoltre le modalità di migrazione varia-no molto a seconda degli individui edei nuclei di famiglia: alcuni preferi-scono tagliare immediatamente i ponticon il passato, altri vivono in un conti-nuo rimpianto e sperano in un ritorno,altri ancora mandano nel nuovo Paesealcuni membri per preparare l’arrivodegli altri familiari.Spesso succede che, sulla spinta di ele-vate aspettative nei confronti del nuovoPaese, il migrante viva momenti dieuforia e di soddisfazione. Il primo im-patto è, però, seguito da atteggiamentidi ritiro, di isolamento da un ambientenuovo, innescando un meccanismo diautoprotezione.Questo atteggiamento di ritiro può ave-re una valenza benefica nel caso in cuisia temporaneo. Se, invece, questo tipodi reazione diventa stabile, il rischio èquello di iniziare un circolo vizioso diregressione e di distruttività.Oltre al ritiro, è possibile che il mi-grante esprima rabbia, ostilità, aggres-sività e ira soprattutto nei confrontidelle persone a lui più vicine, a causadelle difficoltà di comunicazione conl’insidioso mondo esterno.

Altri sentimenti comuni sono la diffi-denza e il sospetto, connessi non soloalla difficoltà di comprensione e dicontrollo delle novità, ma anche alleesperienze che hanno preceduto la mi-grazione. Tutti questi atteggiamenti so-no messi in atto per cercare di proteg-gere e ricostruire la propria identità.L’emigrante diventa estraneo al suopassato ed estraneo al presente e al fu-turo. La solitudine, l’isolamento, l’e-straneità e la disperazione sono spessoelementi caratteristici della crisi dellamigrazione intesa come sradicamento.In tale sradicamento non è più possibi-le fare affidamento sulle vecchie radiciperché perdute, mentre le nuove fati-cheranno ad essere create.La migrazione mette a confronto conuna realtà (quella ospitante) sulla qualeè possibile, per alcuni, avere certe co-noscenze, ma rispetto alla quale non èdetto che vi sia stata esperienza. Spes-so, inoltre, nel nuovo Paese non vi so-no testimoni del proprio passato ed ec-co che la continuità dei legamiidentificatori viene a mancare.La capacità di tollerare la sofferenzadel distacco e della solitudine è un fat-tore preannunziatore di un esito positi-vo della migrazione. L’individuo chedimostra tale capacità può essere ingrado di affrontare sia la perdita di ciòche è a lui familiare, sia l’esclusioneche dovrà inevitabilmente subire nellaprima fase della migrazione.Con questi sentimenti di smarrimento, ilontani e precedenti modi di vivere di-ventano spesso oggetto di profonda no-stalgia. I migranti sembrano per questonon riuscire mai a sentirsi pienamentea proprio agio nel paese che li ospita.E’, quindi, possibile che una delle fontipiù profonde della sofferenza di moltimigranti sia rintracciabile nell'impossi-bilità a mettere in atto ed agire la pro-pria cultura e il proprio passato.Il dolore del migrante è legato sia al ri-

cordo di qualcosa che non c’è più, cheè lontano e che è perso spesso per sem-pre, sia legato ad altri interrogativi cheriguardano i cambiamenti dei luoghi diorigine, delle persone dalle quali ci si èseparati, al dubbio di essere riconosciu-ti o meno, di essere ritenuti ancora“parte di loro”, appartenenti a quellacultura, a quel gruppo. Il migrante con-tinua ad avere, quindi, una spinta versoil luogo d’origine.Tuttavia, occorre sottolineare il rischiodi un meccanismo di ripiegamento suun passato più immaginario che reale.Il modo di affrontare il momento mi-gratorio dipende molto anche dall’at-teggiamento personale nei confrontidel nuovo, dell’ignoto. C'è chi per na-tura rimane aggrappato a ciò che è no-to, familiare e ha bisogno di avere ac-canto qualcuno la cui presenza risultirassicurante ed è, quindi, poco dispostoal cambiamento. Altri, invece, sono in-curiositi dal mutamento e da ciò che ènuovo e non sono, quindi, attratti da le-gami stabili.

… Arriva il momento in cui si decide dipartire... Li chiamano i viaggi dellasperanza. In realtà si tratta di un veroe proprio distacco dal cordone ombeli-cale che lega i popoli alla propria ter-ra, alle proprie origini. Un viaggio conbiglietto di sola andata, con ipotesi diritorno molto scarse, con destinazioniil più delle volte sconosciute o sola-mente sentite raccontare. Un salto nelbuio in cerca di lavoro, di cibo, di di-ritti umani, di pace, di futuro, di sere-nità... di vita.Viaggi che non si trovano nelle agenzieturistiche, ma nascono da chi ha il co-raggio di guardarsi intorno e capireche è l’unica possibilità. Occorre esse-re molto coraggiosi per capirlo e perdecidere di farlo. Perché ogni uomo èfiglio della sabbia…

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Noi siamo i figli della sabbia,del sole e dei fiori,siamo i figli del mare.Siamo venuti dai campi e dalle grandi città.Noi ragazzi dai mille sogni spezzati,infranti e traditi,col cuore tenero e con gli occhi asciutti e bruni;noi dalla chioma color pece,siamo venuti a ballare nelle vostre piazze luminose,nelle vostre case.Siamo venuti a ballare per i vostri occhistanchi e immobili come specchi.Siamo bambini nati da gocce d’acqua di un fiume in seccache fino a ieri scorreva lento.Siamo spighe di grano piene e fortisiamo venuti a cantarvi le nostre canzoni d’amore,canzoni dolci come mandorle e miele.Le canteremo ad alta vocefinché toccheranno i vostri cuoriper poi cantarle piano, piano,assieme, nelle vostre case, nelle vostre piazze,nelle vostre città”.(Abdelkader Daghmoumi)

Lasciamo ad Oralda (29 anni, albanese, residentein Italia) e a Coumba (25 anni, senegalese, resi-dente in Italia) la possibilità di narrarsi…

Ascoltiamole…

“Uscite libere, volo di gabbiani, ricerca di una terra miglio-re, di un mondo diverso, dove esprimere la propria perso-nalità, il proprio carisma, i propri talenti, le proprie capa-cità e la propria cultura, dove incontrare la sfidadellʼIntercultura.Il mio esodo lo vedo come lʼattraversamento di un grandemare, di un oceano, lo vedo come una mano che custodi-sce le ricchezze che il diverso porta con sé.Mi piace dipingerlo con lʼimmagine dellʼarcobaleno cheappare, per reazione, ad un fenomeno naturale, chimico.Appare come per un incanto, cattura lo sguardo, facendoesclamare: “Che meraviglia!”.Le goccioline dʼacqua si lasciano penetrare dalla luce diun fascio di sole e si disegnano in mille colori, ognuno deiquali esprime una propria bellezza, un proprio incanto.Questo è lʼesodo: uscire, per lasciarsi andare; unirsi ad al-tre culture, impastando le proprie abitudini con quelle dialtri, senza remore.Questo è lʼesodo: formare un unico popolo, dove Dio dà aciascuno la possibilità di esprimere il meglio di sé.Questo è lʼesodo: uscire dal negativo, per aprirsi al nuovo,che è tesoro; entrare in un contesto diverso, senza pau-ra”.

Oralda

“Quando intorno a te, dice Coumba, vedi bambinicon unʼaspettativa di vita davvero molto scarsa,quando una semplice influenza può diventare morta-le, quando ormai non fai più caso a chi muore, quan-do un frutto, un pezzo di pane vecchio, un pugno diriso o dell'acqua fresca ti sembrano un dono grandio-so e quando ti fermi a pensare a tutto questo... ecco,quando ti fermi e ci pensi…, è allora che trovi la forzaper partire. Non importa precisamente dove, l'impor-tante è partire. Nessuno pensa a una fuga definitiva:tutti noi lasciamo a casa affetti, ricordi, anima e cuo-re, è solo il nostro corpo che parte. Tutti pianifichia-mo e sogniamo un ritorno; pochi riusciranno a con-cretizzarlo. Ecco, il nostro sogno, quando si parte, èproprio quello di poter tornare. Forse è per questoche non ho sistemato la piccola stanza dove vivo,forse è per questo che non ho mai completamentedisfatto la mia valigia…”.Non mettere un chiodo nel muro/Non appendere allaparete un quadro/Perché tu domani tornerai - dicevaBertold Brecht che, nel 1933, dopo il rogo del Reich-stag, lasciò la Germania e prese la via dellʼesilio.Avrebbe da quel momento vissuto molti anni lontanodalla sua Patria, prima a Praga, poi a Vienna, Parigie, infine, negli Stati Uniti. Non ci sarebbe stato ritornoprima del 1948 eppure, nonostante ciò, egli consi-derò sempre, anche nei momenti più drammatici, lʼe-sperienza dellʼesilio come unʼesperienza tempora-nea, transitoria, tanto che poté scrivere i versi cheabbiamo appena letto, a chi, come lui, era stato co-stretto ad abbandonare la propria terra.“Sognare di tornare con un piccolo gruzzolo per po-ter avviare unʼattività, sistemare la casa, aiutare lafamiglia; sognare di tornare e di trovare un paese mi-gliore. Solamente durante il viaggio e allʼarrivo ti ren-di conto che tutto è diverso da come te lo eri immagi-nato, che tutto sarà più difficile, che il sogno delritorno conviene metterlo da parte. Quando ero a ca-sa, immaginavo con positivo tremore il mio viaggio e,seppur con paura, mi sentivo euforica e certa dellamia decisione e sono ancora convinta di aver fatto lascelta giusta, nonostante le grandissi-me difficoltà, le umiliazioni, la nostal-gia impotente, le giornate fredde… Al-meno qui sono certa di sopravvivere,di bere, di mangiare”.“Tu lascerai ogni cosa diletta/più ca-ramente; e questo è quello strale/chelʼarco de lo esilio pria saetta./Tu pro-verai sì come sa di sale/lo pane altruie come è duro calle/lo scendere e ilsalir per lʼaltrui scale”(Dante Alighieri, La Divina Commedia).

Coumba

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“Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin quie ti è toccato partire bambinacon una piccola valigia di cartoneche hai cominciato a riempire...Due foglie di quella radura che non c'era già piùrossetti finti ed un astuccio di gemmee la valigia ha cominciato a pesaredovevi ancora partire...E gli occhi han preso il colore del cieloa furia di guardarloe con quegli occhi ciò che vedevinessuno può saperlo...E sole pioggia neve tempestasulla valigia e nella tua testae gambe per andaree bocca per baciare...Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin quie ad ogni sosta c'era sempre qualcunoe quasi sempre tu hai provato a parlarema non sentiva nessuno...E ti sei data, ti sei presa qualche cosa chissàma le parole che ti sono avanzatesono finite tutte nella valigiae lì ci sono restate...E le tue gambe andavano sempresolo sempre più adagioe le tue braccia reggevano a stentoil peso della valigia...E sole pioggia neve tempestasulla valigia e nella tua testae gambe per andaree bocca per baciare...Sole pioggia neve tempestasui tuoi capelli su quello che hai vistoe braccia per tenere e fianchi per ballare...Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin quima adesso forse ti puoi riposareun bagno caldo e qualcosa di frescoda bere e da mangiare...Ti apro io la valigia mentre tu resti lìe piano piano ti faccio vedere:c'erano solo quattro farfalleun po' più dure a morire...E sole pioggia neve tempestasulla valigia e nella tua testae gambe per andaree bocca per baciare...Sole pioggia neve tempestasui tuoi capelli su quello che hai vistoe braccia per tenere e fianchi per ballare...”.(Luciano Ligabue)

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Mentre leggiamo questi due cuori, pensiamo alla gente co-stretta a partire in ogni parte del mondo! Pensiamo ai Paesiimmensi e ricchi di risorse, che non hanno saputo trattenerele proprie genti; pensiamo a quanto pochi siano i paesi doverifugiarsi, dove sperare di ricevere conforto e, purtroppo,accorgersi che alla fine ci si trova comunque soli!Ascoltandole, cerchiamo di metterci nei loro panni! Forseanche noi siamo stati migranti… Magari abbiamo intrapre-so un viaggio al contrario. Loro: in fuga dalla sofferenza,noi: alla ricerca del dolore per poterlo fasciare, guarire, con-solare; loro: senza biglietto di ritorno, noi: con la possibilitàdi poter tornare in qualsiasi momento; loro: come scelta ob-bligata, noi: come scelta volontaria.Quanta differenza fa l’essere nati qualche migliaio di kmpiù a ovest o più a nord.Eppure... eppure si sente una sorta di vicinanza; leggiamonei loro occhi il palpitare della speranza, l’euforia inco-sciente di un viaggio ancora in corso; sentiamo la voglia ar-dente di salire su quella nave, su quel carro, lasciando a ca-sa anima e cuore, portando con sé solo la speranza e unavaligia da non disfare mai.

Concludiamo questo percorso di riflessione con le paroledella musica, affinché l’esperienza del partire, dell’andarse-ne, che è strappo, lacerazione, nostalgia, scoperta, forse il-lusione, sia inno alla libertà, sia capacità di lasciar volare lequattro farfalle dure a morire della dignità umana, dell’i-dentità, della speranza, della pienezza di vita.

“Sole alla valle, sole alla collina,per le campagne non c'è più nessunoAddio, addio amore, io vado viaamara terra mia, amara e bellaCieli infiniti e volti come pietra mani incalliteormai senza speranzaAddio, addio amore, io vado viaamara terra mia, amara e bella...Tra gli uliveti nata è già la lunaUn bimbo piange allatta un seno magroAddio, addio amore, io vado viaamara terra mia, amara e bella”.(Domenico Modugno)

Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Mauro Barisone e Suorbì(foto di Mauro Barisone)

[email protected] - [email protected]

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Una storia vera... anzi inverosimile!

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Verso l’estate del 1965 rientraidall’ospedale di Malcesine, sul

lago di Garda, dov’ero rimasta più diun anno per tentare una possibile cura.Non risultò così e i miei genitori, pro-babilmente accortisi che riguardo la sa-lute non c’era beneficio e che la soffe-renza di restare lontano dalla famigliastava spegnendomi dentro, mi riporta-rono a casa.Tornata a casa completai la preparazio-ne alla Prima Comunione con l’aiuto didon Siro, nostro Parroco in quegli anni.Allora si studiavano a memoria le do-mande-risposte del catechismo di Pio X… “Chi è Dio? Dio è l’Essere perfet-tissimo…”. Di don Siro conservo so-prattutto il ricordo di uno spirito apertoe il suo incitamento, negli anni succes-sivi, a “non adagiarmi nella banalità,ad allargare, ad approfondire la cono-scenza perché la fede ha bisogno di re-spiri profondi” mi diceva. Ricordo poila sua delicatezza nel mettermi in col-legamento con ragazze mie coetanee opoco più che, con una giovane catechi-sta, Anna Odoni, di tanto in tanto, pas-savano a trovarmi.

Don Siro, con sensibilità e intelligenza,comprese la sofferenza dei miei e accol-se la loro richiesta acconsentendo che ioricevessi la Prima Comunione nellachiesa di Sotto il Monte, per affidarmialla protezione di Papa Giovanni XXIII,morto da soli due anni, ancora vivissi-mo nell’affetto della gente e dei miei.Tra l’altro la mia madrina era zia Car-la, sposata ad un Roncalli. Di quel

Cecilia:

un’infanzia serena,

sostenuta

dagliaffettifam igliari

e dalle prem ure

dipersone am iche;

fortificata dall’incontro

con Gesù

nella Prim a Com unione

e illum inata

dallo Spirito Santo

nelSacram ento

della Cresim a.

Ricordi d’infanzia...

La gioia è

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giorno conservo alcune foto e i mieiprimi orecchini. Riguardare quellefoto mi riportano ad un legame versoPapa Giovanni come a quello che hoper il Santo del mio nome, i Patronidella mia Parrocchia, il Santo delgiorno di nascita: collegamenti nonscelti, ma che la vita mi ha resi fami-liari. Solo col tempo appresi di Lui,dei suoi scritti e del suo impegno per

l’apertura e la pace, del “discorso allaluna” così intenso...Sono fiera di considerarlo tra i mieiSanti patroni, quelli di riferimentoper la mia storia personale.

Pochi mesi dopo la Prima Comunio-ne ricevetti la Cresima. Mi ricordo diun’altra foto macchiata di caffè, chevi risparmio. Lì sono con la nonna

materna, Rosa, mia madrina in quel-l’occasione. Di lei porto il nome ac-canto a quello della nonna paterna,Cecilia.Anche per la Cresima si preferì sce-gliere la chiesa di Ghiaie di Bonate,mio paese natale. Ricordo che, suc-cessivamente, la mamma mi spiegavache avevano preferito che io ricevessiquesti Sacramenti fuori parrocchiaper evitare il disagio causato dallacuriosità…Risalendo agli albori della mia fede, iprimi riferimenti sono legati all’e-sempio delle persone vicine, assorbi-ti, poi, attraverso la vita.Una domenica mattina, in pieno in-verno, con la neve scesa abbondantela notte, ricordo mia mamma alzarsiper la Messa Prima e avviarsi a piedi,per tempo, verso la chiesa che non èa due passi da casa nostra, rischiandoscivoloni. Nonostante il lavoro, gliimpegni e le sofferenze per la situa-zione mia e di Livio, mio fratellino,non rinunciava mai alla Messa dome-nicale: ribadiva che da quei momentitraeva la forza per vivere il resto.

Una storia vera... anzi inverosimile!

parola diCecilia(Seconda puntata)

possibile!

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Una storia vera... anzi inverosimile!

Come dicevo, la chiesa è abba-stanza distante da casa mia e ciòera un ostacolo alla mia parteci-pazione alle funzioni in Parroc-chia. Da poco avevamo la TV eio seguivo la Messa, o altri pro-grammi religiosi, assieme a non-na Cecilia, anche lei già malfer-ma sulle gambe. Non perdevamomai gli appuntamenti con PadreMariano. Nonna Cecilia abitavacon noi, perciò trascorrevo lamaggior parte del mio temponella cucina, in sua compagnia.Il pomeriggio, verso le quattro,finiti o no i compiti, dovevo so-spendere quello che stavo facen-do per pregare con lei. Imparai arecitare il Rosario con le litaniein latino, cento Requiem pregatiparticolarmente nel periodo deimorti, la Via Crucis nei tempi diQuaresima…Confesso che spesso protestavoo pregavo distrattamente, ma ditanto in tanto mi capitavano an-che momenti di fervore in cuisfogliavo e leggevo le rivistemissionarie a cui la nonna eraabbonata e i suoi vecchi libridella Messa, con la copertina ne-ra e il bordo rosso delle pagine,ancora in latino. Ascoltavo, cu-riosa le storie di antichi martiri:Cecilia, Agnese, Lucia, Tecla,Tarcisio, Alessandro o leggendetramandate nei racconti orali.Ricordo quella del tempo di Na-

tale che concludeva con la pro-digiosa fuga in Egitto. E la non-na raccontava di Maria che, se-duta sull’asinello, accompagnatada Giuseppe, stringeva a sé ilpiccolo Gesù, coprendolo con ilsuo mantello; vennero raggiunti

dalle guardie di Erode ed eccosotto il manto trovarono unagnellino belante. Storie che miincantavano.Con nonna Rosa ricordo, inve-ce, i pomeriggi della domenica,quando stavo a guardarla mentremungeva e dava da mangiare al-le mucche, ai polli, ai maiali. Ri-cordo con piacere tanti momentivissuti a casa sua nella grandecucina. Il camino acceso, le cal-darroste sbucciate e, a Natale, ilpresepe con vecchie statuine,preparato in una nicchia ricavatanel largo spessore del muro diquella stanza, dove tutto sapevadi buono e di genuino. Tra i mo-menti speciali lì vissuti ne houno preciso: era uno di quei po-meriggi di domenica, nella pe-nombra quieta di quella cucina e

zio Adriano, il fratello più giova-ne di mia mamma, dipingeva da-vanti ad un cavalletto, su unapiccola tela; con in mano tavo-lozza e colori riproduceva il pae-saggio che si scorgeva dalla fine-stra. Guardavo stupita il suolavoro. Credo che quel momentofece sorgere in me la passioneper la pittura.Erano quelli tempi in cui il con-cetto di integrazione era argo-mento poco sentito e la personadisabile restava spesso e volen-tieri appartata in casa, riferita so-lo alla famiglia, un po’ per prote-zione e un po’ per una sorta didisagio.Certamente il mio inserimentonella realtà scolastica non risultòfacilmente realizzabile. Fortunavolle che uno zio, fratello dipapà, fosse bidello alla scuola diValtesse, vicino a Bergamo eche, in qualità di custode di quelcomplesso scolastico, abitasse inun appartamento affiancato alleaule. La sua disponibilità e quel-la della sua famiglia ad ospitarminei mesi di scuola, mi permise difrequentare la seconda elementa-re. Si aggirarono così gli ostacoliorganizzativi riguardanti il tra-sporto e lo spostamento alle au-le, al bagno, alla mensa… Devodire che, anziché riconoscerel’opportunità ricevuta, io recepiiquesto essere nuovamente via da

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casa come un ulteriore, ripetuto di-stacco dai miei.Purtroppo, in quegli anni, nei dintor-ni non avevamo il servizio scuolabus;i miei compagni andavano a scuola apiedi o in bici. Natalina, una giovanemaestrina siciliana, passando davantia casa mia e offrendomi un passaggiosulla sua cinquecento, consentì di ri-solvere la difficoltà del trasporto.Tra l’altro, allora, io non utilizzavoancora la carrozzella per spostarmi,per cui bisognava portarmi in brac-cio. A ciò rispose la disponibilità del-la cuoca, sorella della bidella, e diun’altra signora che abitava vicinoall’edificio scolastico. Queste signoremi aiutavano negli spostamenti dal-l’auto all’ aula e viceversa.La sensibilità e la collaborazione diqueste persone mi permisero di fre-quentare la scuola vicino a casa, inFontana. Fu un’esperienza preziosache segnò un tempo di effettiva inte-grazione e mi permise di trovarecompagni con cui mi sentivo a mioagio. Con alcuni, che abitavano nellamia zona, condividevo interi pome-riggi a giocare o fare i compiti.E quell’estate del ‘67 fu per me parti-colarmente serena, grazie a questinuovi amici che, su una specie di tri-ciclo adattato a me, mi spingevanolungo le strade nei dintorni, alloratranquille. Viva, mi sentivo viva...

Ceciliacontinua…

Una storia vera... anzi inverosimile!

Cecilia desidera offrire con tanto affetto,agli amici lettori, un piccolo dono natalizio,

opera delle sue mani abilissime,anche se usate con grande fatica.

La dolcezza dei volti della Santa Famiglia,da lei ricostruiti, doni gioia e serenità a tutticon l’augurio più affettuoso di un vero,

santo Natale.

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In occasione del50°anniversario dim orte

diPapa GiovanniXXIII,

ilPapa buono,“bergam asco DOC”,

a suo ricordo e onore,

verranno presentatiin questa Rubrica,

a com inciare dalla m artire Beata Pierina M orosini,

alcunisacerdoti,religiosie laiciche,

onorando la loro origine bergam asca,

hanno vissuto in sem plicità dispirito,

m a con una cosìgrande fede da affrontare ilm artirio.

L’11 ottobre 1962, Papa Giovanni XXIII presiedeva la prima riunione delConcilio Vaticano II; Paolo VI lo porterà a termine, l’8 dicembre 1965.Gli altri Papi, succeduti a questi due grandi artefici del Vaticano II, hanno ac-colto l’eredità di questa grande intuizione che ebbe Giovanni XXIII. Il Vati-cano II fu definito, infatti, l’avvenimento religioso più importante del vente-simo secolo. Benedetto XVI dichiarò all’inizio del suo Pontificato: “Anch’io,nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio af-fermare con forza, la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazionedel Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei predecessori e in fedele conti-nuità con la bi-millenaria tradizione della Chiesa”.

Per solennizzare queste nozze d’oro del Concilio Vaticano II, Benedetto XVIha indetto l’Anno della Fede, iniziato il giorno che si faceva memoria dell’a-pertura del Concilio Vaticano II, cioè l’11 ottobre 2012.

Sempre durante questo Anno pastorale 2012-2013, ricorrono i cinquant’annidella morte del Beato Giovanni XXIII e cinquantacinque della Beata PierinaMorosini, cittadini, “bergamaschi doc”, figli di contadini e di povera gente,cresciuti in famiglie numerose nelle quali i maggiori dovevano, per forza, ac-cudire ai minori. Ma ciò che potrebbe sembrare una “sgabola” (una sfortuna),risultò invece una “chance”. Dio sa sempre scrivere diritto anche sulle righestorte.Sia Giovanni XXIII che Pierina Morosini hanno vissuto da protagonisti la lo-ro avventura umana. Hanno creduto in Dio; hanno amato il proprio ambientee la propria famiglia come figli devotissimi. Hanno trovato, con l’aiuto diDio, la forza e il coraggio di affrontare le sofferenze e le incomprensioni del-la vita. Per questo, quando è giunta la loro ora, hanno saputo rispondere conuna semplice parola, proprio come fece la Vergine Maria: “Eccomi!”.

“Bergamaschi DOC”

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“Bergamaschi DOC”

Pierina Morosini

Pierina Morosini nacque a Fiobbio(BG), il 7 gennaio 1931. Era fi-

glia di Rocco e di Sara Noris ed erala prima di nove figli. Fu battezzata ericevette la Cresima e la Prima Co-munione nella sua Parrocchia diFiobbio. Dopo la quinta elementarefrequentò un corso di taglio e cucitopresso le Suore del Sacro Cuore diAlbino (BG).A quindici anni venne assunta come

operaia tessile nello stabilimentoHonegger di Albino. Con il suo sala-rio manteneva la numerosa famiglia,poiché il padre era invalido.Il 27 aprile 1947 partecipò al Pelle-grinaggio diocesano a Roma, in occa-sione della Beatificazione di SantaMaria Goretti. Si comunicava ognigiorno prima di entrare in fabbricaraggiungendo, prestissimo, la Parroc-chiale di Albino. Viveva con la fami-glia in uno sperduto casolare fra i bo-schi del monte Misma (Cedrina Alta)e, durante l’andata e il ritorno, era so-lita recitare il Santo Rosario.Il 4 aprile 1957, lungo il sentiero chela riportava a casa, fu aggredita da ungiovane che lei cercò di richiamarealla morale e al quale non riuscì asfuggire. Morì il 6 aprile nell’Ospe-dale Maggiore di Bergamo, senza ri-prendere conoscenza. Dagli stessi sa-nitari fu riconosciuta come unanuova Maria Goretti. Fu sepolta l’8aprile nel piccolo Cimitero di Fiob-bio con grande partecipazione di po-polo e di sacerdoti.Dieci anni dopo, nel 1967, il Vescovo

di Bergamo, Mons. Clemente Gaddi,avviava l’iter per la Causa di Beatifi-cazione dell’umile ragazza di Fiob-bio. Il 10 aprile 1983, la salma di Pie-rina Morosini venne traslata, dalCimitero di Fiobbio, alla chiesa par-rocchiale e posta in un sarcofago dimarmo bianco. E’ stata Beatificata daGiovanni Paolo II, venticinque annifa, il 4 ottobre 1987. La sua Festa li-turgica ricorre il 6 maggio.

Quando Santa?La domanda non vuole essere provoca-toria. E’ semplicemente un desiderio.Sappiamo benissimo che i tempi deiProcessi per venerare un cristiano co-me Beato o come Santo, sono sempremolto lunghi. La prudenza non bastamai e la Chiesa in questo senso usapiedi di piombo. Ma i credenti di Ber-gamo, e di Fiobbio in particolare, desi-derano vedere presto sugli altari questaumile testimone della loro terra nellaquale prese corpo la testimonianzadel servizio,della pazienzae della purezza.

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Paolo VI disse che: “Il nostro tempoha bisogno di testimoni più che dimaestri”.La nostra Beata è beata, non tantoperché si è lasciata uccidere piuttostoche piegarsi ai desideri della personache l’ha aggredita lungo il sentierodel Misma, ma perché questo mo-mento fu preparato e testimoniato datutta la sua vita. “Chi è fedele nel po-co, lo è nel molto”, si legge nel Van-gelo. Il momento altissimo di fedeltàche ha reso Beata questa umile fan-ciulla della terra bergamasca, non ènato come i funghi. E’ un momentoparagonabile ad un piccolo seme.Lentamente è maturato lungo gli annidella vita di Pierina. Le è stato messonel cuore con il Battesimo; l’educa-zione della mamma lo ha innaffiatopermettendo al piccolo seme di met-tere le radici. La bontà di Dio lo hafatto crescere, ma Pierina lo ha pro-tetto e custodito gelosamente. Il chic-co di grano che si butta nel solco ilmese di novembre, ha dovuto accet-tare di scomparire per svilupparsi.Solo così si possono ammirare lebionde messi con le turgide spighe...Gesù, parlando ai suoi discepoli, usa-va spesso questi paragoni della terrae della natura. Le similitudini sonocome il pane sminuzzato nel latteperché la realtà sia più digeribile.

Il tempo di ieri è storia;quello di domani è mistero;l’oggi è dono!Ricordo ancora con precisione quellalontana mattina del 5 aprile 1957. Iofrequentavo la seconda magistrale al-l’Istituto Suardi di Bergamo. Sulquotidiano bergamasco “L’Eco diBergamo”, con abbondanza di parti-colari, si narrava l’aggressione delMisma…; cioè l’aggressione che Pie-rina Morosini aveva subito quel ve-

nerdì pomeriggio, 4 aprile, mentrestava tornando a casa. Ma il fatto pre-sentava ancora molti lati oscuri.La gente non parlava d’altro. Alcunigiorni dopo la morte di Pierina Moro-sini, (morì 48 ore dopo aver subitol’aggressione, senza riprendere cono-scenza), il professore di religione,don Pagnoncelli, aprì una discussio-ne, nella nostra classe mista, formatada ventotto studenti, circa la morte diPierina Morosini. Ognuno intervennea dire la sua. Io ricordo benissimoquanto raccontò una studente che ve-niva da Albino e che riferì la testimo-nianza che aveva raccolto da una si-gnora del paese:“… Pierina passava quasi ogni gior-no nel negozio della signora VirginiaContini di Albino a fare la spesa e te-neva sempre gli occhi bassi e quasisempre era accompagnata da bambi-ni o da ragazzi. Diceva la signoraVirginia che quel giorno, il 4 aprile,la Pierina era in compagnia di alcu-ne sue compagne di lavoro e sorride-va. La signora Virginia era diretta adaprire il negozio e ricorda immedia-tamente quanto le era capitato unasettimana prima, quando Pierina erapassata a fare la spesa. Mentre le fa-ceva il conto, lei le anticipò il risulta-to… Virginia la guardò meraviglia-ta!... Poi, quando fu uscita, come sestesse parlando a se stessa disse:

“La somea ü sibrot (ciabatta rotta)e ne sa più di tanti altri”. E rimaseprofondamente stupita di trovare, inuna ragazza che all’apparenza sem-brava una “povera ragazza”, tantasaggezza e tanta profondità”.Racconta ancora questa mia compa-gna di classe: “Quel 4 aprile, dice lasignora Virginia, era in compagnia dialcune sue compagne e lei era direttain negozio. Aveva gli occhi aperti, maera come se stesse sognando. Guar-dando i capelli di Pierina vi vide deiriflessi di luce e pensò: ma guarda,dalle trecce di questa ragazza parto-no dei raggi di luce!… Ad un tratto,dai raggi di luce, attorno alla testa diPierina, partirono come delle stelle.Uno spettacolo luminoso!. Poi im-provvisamente le stelle scomparveroe Virginia vide Pierina come tutta inun sole: con un bel colorito bianco eroseo; bella, bellissima! Sembravafelice, beata! Le sue amiche ai lati levedeva scure. Poi la Morosini si spo-stò sull’altro marciapiede. Virginia siriscosse! Le sembrava di aver sogna-to… ma era per la strada”.Poche ore dopo, Pierina veniva ag-gredita e colpita alla testa con un sas-so, lungo il sentiero che la riportava acasa.La testimonianza riferita sopra, si tro-va scritta anche nel libro di Ermene-gilda Poli dal titolo: “Beata PierinaMorosini: la martire del Monte Mi-sma”.

Sogno o profezia?Certamente, ai sogni bisogna guarda-re con un occhio speciale e non biso-gna credere come fossero realtà. Ma,se vogliamo spingere il nostro sguar-do nelle Scritture, vediamo che il Si-gnore per far conoscere, a volte, lasua volontà ai suoi figli, si è servitoanche dei sogni. Non ha esitato a

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“Bergamaschi DOC”

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chiedere l’aiuto di Giuseppe attraver-so un sogno, quando si trattava di sal-vaguardare l’onore della VergineSantissima; o la salvezza del FiglioSuo, quando era perseguitato da Ero-de.A questo punto entriamo nel campodella Fede e sappiamo bene che laFede non si può dimostrare come ilteorema di Pitagora. La Fede è un do-no, ma quando ci troviamo di frontead un miracolo, Gesù dice: “La tuafede ti ha salvato!”. E’ la Fede cheprovoca il Signore perché faccia unmiracolo.

Certo, per essere proclamati Beati,e quindi Santi, non bastano i sogni.Pierina non era certamente la personache viveva di sogni. Il solo fatto chefosse la prima di nove fratelli, cheavesse un papà invalido e vivesse inun casolare sperduto sulla montagna,ci fa comprendere che fin da piccoladovette rimboccarsi le maniche e la-vorare. Questa parola può suonaremale agli orecchi di “Telefono Azzur-ro”. Ma, durante l’infanzia di Pierina,non esisteva ancora questa Istituzio-ne. D’altronde, dove i bisogni sonomolti, tutti devono fare dei sacrifici,correndo il rischio di chiedere troppoa chi è ancora piccolo. Pierina ha si-curamente lavorato molto anchequando era solo una bambina.Imparò presto a fare tutto. Era sem-pre presente per assistere i più piccoli(otto fratelli più piccoli di lei); perpulire e riordinare; per scendere inpaese a fare le commissioni; per farecatechismo in Parrocchia; per andarea scuola; e ovviamente, dopo i quin-dici anni, per essere presente ai turnidi lavoro in fabbrica. Ce n’era pertutte le ventiquattro ore della gior-nata!Eppure non c’è nulla di esagerato in

quanto riferito sopra. Pierina eracosì!

Il programma di vitadella nostra BeataSi potrebbe riassumere in poche ri-ghe.Tornando dal Pellegrinaggio che fecea Roma in occasione della Beatifica-zione di Maria Goretti, scrisse sulquadernetto che le serviva per anno-tare i suoi propositi: “Ritorno dallaCerimonia in San Pietro. Penso aMaria Goretti… La penso così comel’ho contemplata nella gloria delBernini. Ma è troppo poco. Mi piacedi più vederla in mezzo a noi. Perchéi Santi hanno questa missione: discendere in mezzo agli uomini”.Pierina, come un bravo sportivo, si èallenata e si è data delle regole, sem-plici e alla portata di tutti: piccoli fio-retti, piccole rinunce, frequenti pre-ghiere e una sconfinata fiducia in

Gesù e nella sua Santissima Madre.Fra i Santi invidiava specialmenteMaria Goretti: desiderava tanto esse-re scelta e chiamata a testimoniare lasua fede come la piccola Martire diNettuno. Iddio la prese in parola e leirisultò all’altezza del fatto: una don-na umile e coraggiosa che seppeamare fino a dare la propria vita.Un articoletto su “Squilli” (settima-nale dell’Azione Cattolica femmini-le) del giugno 1957 proponeva Pieri-na Morosini come modello dellagioventù femminile. Vi si legge:“Pierina Morosini era una di noi.Era un’operaia di ventisei anni cheha saputo lasciarsi uccidere per di-fendere la sua purezza. Lavorava inun stabilimento tessile di Albino...Faceva il primo turno. Aveva smessodi lavorare alle ore 14 e si dirigevaverso casa percorrendo la solitastretta mulattiera nel bosco, per rag-giungere la Cedrina Alta (così sichiamava il luogo dove abitava). Ungiovane la inseguì; le si avvicinò conmalsane intenzioni e, alla ferma resi-stenza oppostagli dalla Pierina, l’ag-gredì e la colpì ripetutamente con unsasso, fracassandole il cranio”.Pierina Morosini, l’umile operaia vis-suta nel silenzio ed ignorata da tutti,ha trovato il coraggio e la forza di re-sistere a chi osava insidiarla, nel si-lenzio della sua anima orante; ancoraoggi ci parla con il silenzio della suatestimonianza.

Assunta Tagliaferri

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“Bergamaschi DOC”

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“Le due sorelle,chiam ate da Dio alla donazione com pleta,m aturarono la volontà diconsacrarsiperla loro santificazionee perilbene della gioventù fem m inile.Guidate da Don Giuseppe Brena,in un attento discernim ento,interpretando isegnidelloro tem po,colsero l’urgenza dell’educazione e istruzione cristiana.Accettarono ildono diDio e divennerole pietre fondam entalidiuna nuova Fam iglia religiosa”.

(Costituzionin.2)

Il 28 settembre u.s. Madre MariaSaccomandi, la nostra “nuova” Su-periora Generale, ci ha accolto congrande gioia in Casa Madre, dovesiamo state convocate per partecipareal Convegno formativo organizzatoper tutte le Superiore delle Comunitàin Italia.Il suo saluto, affettuoso e cordiale, èstato ricambiato con altrettanto caloree gratitudine, perché siamo consape-

voli che il suo servizio di guida nel-l’Istituto è un compito difficile e one-roso, che richiede tanta disponibilitàe soprattutto una straordinaria caricadi amore.Nell’accogliente salone delle confe-renze, Madre Maria ci ha subito in-trodotte nel tema del Convegno pre-sentandoci il programma.Ha dato poi la parola a Padre RobertoTaddei, biblista domenicano, che ci

SOM ASCA28/30 settembre

CONVEGNO SUPERIORE COMUNITÀ

“DALCUORE DELLATRINITÀ... VERE MADRI IN CRISTOCUSTODI DELLALUCE PER DONARE LUCE”

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Superiore di ComunitàConvegno

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ha permesso di entrare nel vivo delmessaggio biblico con la lettura, l’e-segesi e il commento diEf. 5, 8-10, parola-guida per questosessennio 2012-18: “Ora siete lucenel Signore: comportatevi perciò co-me figli della luce; il frutto della luceconsiste in ogni bontà, giustizia e ve-rità”.Il relatore ci ha fatto riflettere sullanostra identità di Donne consacrate:“essere luce - ha detto - significa es-sere annuncio di un’esperienza checi ha cambiato la vita e che ci portaa testimoniare ciò che il Signore hafatto per noi”. Ciò che costituiscepoi la nostra identità è l’esperienzadella fraternità che si realizza in co-munità, perché la donazione di sè,fatta al Signore con la professione deiConsigli evangelici, è un elementocomune a tutti i Consacrati.Molto bella ed efficace è stata l’im-magine che Padre Taddei ha usatoper definire la nostra realtà di Donnedi Dio: dovremmo essere come unavetrata raggiunta dai raggi del sole,che diventa essa stessa luce una voltache la luce la investe. Ma per diveni-re “luce” ci sono tre fondamenti ne-cessari: la fedeltà a Dio nella Confes-sione trinitaria; la fedeltà alla Chiesa,segno di carità; la fedeltà all’uomo.In questa prospettiva la Superiora èl’animatrice di comunità, nel costanterichiamo della Parola di Dio(Mt 5, 13-16) “Voi siete il sale dellaterra ... voi siete luce ...” e poi rende-re gloria al Padre, anche nella faticadella testimonianza che trova nel-l’Eucarestia il segno più vero espres-so dai verbi che accompagnano il Mi-stero: prese... spezzò... diede...: verbicarichi di consumazione totale deldono di sé all’umanità. Le nostre sia-no comunità che, insieme, si aiutino e

si richiamino vicendevolmente allafedeltà a Dio, felici di appartenere aLui solo in un atteggiamento di totaleaffidamento come hanno vissuto lenostre Fondatrici.Con una relazione dal tema “Una ca-sa per cammini di comunione e dicondivisione”, Madre Maria ha datoinizio alla seconda giornata di forma-zione. Ci ha proposto l’immaginedella porta aperta della casa di Ca-terina e Giuditta, da cui entra la luceche illumina un angolo di sobrietà.

Una porta aperta significa accoglien-za, ma anche possibilità di rischio di“ladri”, di freddo, di caldo... E il no-stro sì di oggi si innesta nel sì di que-ste due donne: è il sì di una storia checi appartiene e ci introduce all’ideadella loro casa, di una casa di luce,ma anche di una casa che presentauna situazione di rischio.E allora come fare di fronte a questarealtà?In un certo senso possiamo dire chenoi, in Caterina e Giuditta, nasciamosenza casa, nasciamo cercando unacasa (forzando un po’ il testo di Ge-nesi al capitolo 12 possiamo fare no-stra l’esortazione fatta ad Abramo:“Vattene dalla tua terra e vai nel pae-se che io ti indicherò”).Noi sappiamo che Caterina e Giudittahanno trovato casa a Somasca per un

cammino di comunione e di condivi-sione. In questo percorso di ricercac’è la famosa profezia di don Brena eleggiamo in quella prospettiva l’ideadi una casa: “In Somasca dovete farepermanenza … voi ne sarete le pietrefondamentali”.

Le pietre sono fondamentali per lacasa; e loro sono per noi le due pietrefondamentali. La casa si identificacon le persone che la abitano: nelleCronache delle origini troviamo scrit-to che: “La casa era angusta... maera grande il bene che vi si faceva”.“Se il Signore non costruisce la casa,invano vi faticano i costruttori” (Sl 127).Chi sono questi costruttori?Caterina e Giuditta per noi sono lepietre fondamentali, sono loro il no-stro primo riferimento. Sappiamo cheil desiderio di avere una casa è statomolto forte per le due sorelle Cittadi-ni, non per la loro sicurezza, ma perfar entrare la luce... A noi oggi èchiesto di impegnarci a costruire lemura sopra quelle pietre.La storia della nostra fatica la dob-biamo leggere all’interno della lorostoria: strettezza della casa, penuriadi mezzi, esiguo numero di Suore.Storia che si ripropone anche oggi.Il Signore ci chiede di costruire an-che così la nostra storia per stare nel-la “casa” e continuare a costruire

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cammini di comunione e condivisio-ne.“Non temete che con la mia morteabbia tutto a finire”, cioè che la no-stra casa venga distrutta...Nella nostra storia, fatta di precarietàe fragilità, dobbiamo scoprire la sto-ria di Cristo, una storia di fatica, maanche di certezza nella fede.L’idea della casa ci richiama ad esse-re unite nel segno della carità educa-tiva: la porta aperta deve trovare per-sone unite nella carità, senzatitubanze; occorre essere l’una soste-gno all’altra. E’ una grazia essere in-sieme in questa casa data e benedettada Dio in clima di fraternità, segnovisibile di condivisione.Il Vangelo, soprattutto quello di Lu-ca, esprime l’idea della casa in moltimodi: Betania - casa dell’amicizia,dove si condividono la gioia e ilpianto, dove gli affetti sono stati abi-tati da Gesù; Zaccheo - Gesù si fermaa casa sua e cambia la sua vita; Cen-turione - “Non sono degno che tu en-tri nella mia casa”, ma sappiamo cheper Gesù le nostre indegnità non sonoun ostacolo; Nazareth, nell’Annun-ciazione di Maria - essere casa per ilSignore come lei lo è stata per Gesù.E’ bello ricordare anche che la nostraCasa Madre di Somasca è fondatasulla roccia... (prova ne sono le fon-damenta visibili sotto la Chiesa), do-ve c’è anche l’acqua della sorgenteche scende dal Corno rosso, simbolodi salvezza e di rinnovamento quoti-diano. E, anche se l’idea dell’acquaci può spaventare, ci dice vita, movi-mento e, come la Samaritana ha ri-chiesto “l’acqua viva”, anche nellenostre case non manchi mai l’acquaviva della fede che ci rigenera ognigiorno.Secondo quanto indicato da Madre

Maria nella Lettera di presentazionedel percorso di questo nuovo sessen-nio “Ogni comunità è chiamata adessere casa, dove la cura per la qua-lità della vita fraterna e l’appassio-nato impegno condiviso nei diversimomenti comunitari e apostolici, te-stimoniano nella quotidianità delcammino la forza della carità educa-tiva che sa consumarsi per essere lu-ce e calore: la luce della speranza edella bontà, il calore della presenza edell’Amore anche per chi non è ama-to da nessuno o non si sente amato evalorizzato”.Queste parole sono per noi un fortestimolo a tenere la porta del nostrocuore e delle nostre comunità aperteperché Lui si fermi a condividere connoi il cammino.

Madre Letizia ha poi presentato la re-lazione del cammino del sessennio2006-2012.Il suo intervento è stato impostato inmodo originale attraverso l’esplicita-zione di alcuni verbi che hanno carat-terizzato il percorso di questi sei annie ci ha permesso di ripercorrere ilcammino di tutta la nostra storia diSuore Orsoline di Somasca, con l’im-pegno:– a custodire il Carisma educativoche ci è stato dato in dono attraver-so le nostre Fondatrici,

– a sapere chi siamo per poterci col-locare nella storia in cui Dio ci haposte,

– a conoscere la nostra identità diDonne consacrate come vere madriin Cristo,

– ad apprezzare il bene compiuto neltempo dalle Sorelle che ci hannopreceduto,

– a sostenere e proteggere le opereeducative nate e sviluppate in Italiae nel mondo,

– ad andare per diffondere l’amoredella carità educativa soprattuttotra i fratelli più poveri,

– a vivere secondo lo spirito che haanimato le nostre Fondatrici.

E’ stato bello ascoltare questa nostrastoria dalla viva voce di Madre Leti-zia che, negli anni di servizio di Su-periora Generale dell’Istituto, ha sa-puto, con amore tenero e forte,esserci Sorella e Madre; la nostra èuna storia, a cui aggiungiamo paginedi vita al nostro semplice, ma mera-viglioso album di famiglia.A conclusione di questo lungo sguar-do d’amore sulla nostra storia passatae recente, Madre Letizia ha volutolanciare un messaggio forte di spe-ranza e di sano realismo, perché lanostra missione educativa, nata dalcuore di Dio e mediata dalle nostreFondatrici, sia un impegno che devecontinuare con sempre maggiore con-sapevolezza nei luoghi del nostroapostolato a vantaggio della genteche il Signore ci fa incontrare.

Nel pomeriggio sono stati presentatigli Atti Capitolari e le linee program-matiche del sessennio 2012-18.E’ stato molto bello vedere testimo-niata, da parte di Madre Maria e delleSorelle del Consiglio Generale, lacondivisione del lavoro capitolare at-

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traverso i diversi contributi che ogniConsigliera ha offerto alla nostra at-tenzione. Si è percepita la presenzaviva dello Spirito, che davvero ha as-sistito le Sorelle capitolari e ha dona-to nuova forza e nuova vitalità cari-smatica per il nuovo cammino diquesto sessennio.

La seconda giornata di Convegno si èconclusa con la preghiera, vissutanella Casa di Caterina e Giuditta, cheha rinnovato in ciascuna il desideriodi vivere con maggiore intensità lavita di donazione educativa.

Al termine del percorso, nella Cap-pella di Casa Madre, come segnosimbolico è stata donata a ciascunauna chiave per aprire la porta del no-stro cuore e delle nostre case all’ac-coglienza e alla eterna novità delloSpirito e per custodire con senso diresponsabilità l’impegno a costruirecammini di comunione e di condivi-sione.

La terza giornata, dopo la presenta-zione da parte delle Consigliere di al-tri documenti e, in particolare, dellasintesi dei documenti ecclesiali“Evangelii nuntiandi”, “La Nuovaevangelizzazione per la trasmissionedella fede cristiana” e dei materialiper i Ritiri spirituali mensili, ha avuto

come momento particolarissimo, lapartecipazione, nella Basilica di SanGirolamo, alla Santa Messa solenne,che segnava la chiusura ufficiale del-l’Anno giubilare indetto per celebrarei 500 anni della prodigiosa liberazio-ne di San Girolamo dalla prigionia.

L’evento è stato particolarmente si-gnificativo come segno di condivisio-ne, di gioia e di vicinanza spiritualecon la Congregazione dei Padri So-maschi e ha avuto un epilogo straor-dinario e commovente: il PrepositoGenerale Padre Franco Moscone, allaconclusione della Santa Messa, havoluto, con atto ufficiale, donare incustodia perenne al nostro Istituto:due documenti del 1837 firmati dallenostre Fondatrici e inerenti la condot-ta dell’acqua per la casa e le panchet-te da sistemare in Chiesa per le edu-cande ospitate nel Collegio diSomasca, e il quadro ex-voto origina-le raffigurante la guarigione di Cate-rina Cittadini per intercessione di SanGirolamo, datato 1842.Le firme, poste da Padre Franco e daMadre Maria sui documenti attestantiil dono, hanno suggellato il gesto direciproca stima e collaborazione; ilgrande e spontaneo applauso, che haconcluso la breve e intensa cerimoniaall’altare di San Girolamo, ha espres-so sincera e profonda riconoscenza.Il Signore, che continua a manifestar-ci la Sua vicinanza, ci invita a viverecon fedeltà generosa e gioiosa la no-stra Vita di consacrazione a Lui.Sia lode alla Trinità, nel cui nome ab-biamo vissuto questa esperienza for-mativa e fraterna.

Suor Eraldina Cacciarru

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Domenica 30 settem-bre, a conclusionedell’Anno giubilareindetto per celebrarei 500 anni della pro-digiosa liberazionedi San Girolamodalla prigionia, iPadri Somaschi,per le mani del

Preposito Generale Padre Franco Moscone hannodonato in custodia perenne al nostro Istituto di SuoreOrsoline di San Girolamo in Somasca due preziosi do-cumenti del 1837 con la firma di Madre Caterina eMadre Giuditta e l’originale del quadro ex-votodel 1842 attestante la miracolosa guarigione dalla ma-lattia di Madre Caterina per intercessione di San Giro-lamo.Doni speciali per un cammino di comunione e condivi-sione costruito nel tempo attraverso tante esperienze epiccoli gesti quotidiani.La gratitudine per questi preziosi doni è il sentimentoche anima ogni Orsolina di Somasca, di cui MadreMaria ha voluto farsi voce in una lettera di ringrazia-mento inviata a Padre Franco.

Al Rev.mo Padre Franco MosconePreposito Generale Chierici Regolari Somaschi

A nome mio personale, e di tutte noi Suore Or-soline di San Girolamo in Somasca, desidero espri-mere a Lei e a tutti i Chierici Regolari Somaschi ilpiù sincero ringraziamento per il graditissimo e si-gnificativo gesto di fraternità, che avete voluto mani-festarci nel dono preziosissimo dei documenti origi-nali del 1837 firmati dalle nostre Fondatrici e delquadro originale ex-voto del 1842 attestante la graziaricevuta dalla Beata Caterina Cittadini per interces-sione di San Girolamo.Per noi il Giubileo Somasco non poteva concludersimeglio; è stato un momento molto intenso e commo-vente, che ci onora e ci conferma la Vostra vicinanzaspirituale, segno eloquente di vera fraternità in Cri-sto.Ripensare agli eventi quotidiani della nostra storia,di cui i documenti che ci avete donato sono una chia-ra espressione, è una autentica opportunità di graziaper continuare ad attingere forza a quella radice cari-smatica, che qui a Somasca ha portato abbondantifrutti di santità.L’Anno giubilare appena concluso si pone in questascia di luce e di benedizione.Preghiamo perché i nostri Istituti possano continuarea camminare sulle strade della storia con l’umiltà ela forza di chi ha posto tutta la sua fiducia in quel-l’Amore dolcissimo del Crocifisso, che libera daogni paura e rende capaci di autentica maternità epaternità in Cristo.

Con stima e fraterna riconoscenza

Suor Maria SaccomandiSuperiora Generale

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“Siamo un Gruppo di ciclisti e vorremmo dormire davoi una notte. Arriviamo in bici da Vercurago”.

Gioachino non sapeva che quel nome, dall’altra parte del-la cornetta, avrebbe provocato uno sconquasso. Non pote-va sapere che Suor Iride, la direttrice di Villa Tecla, Casaper Esercizi spirituali gestita dalle Suore Orsoline di SanGirolamo di Somasca, situata a Flumini di Quartu Sant’E-lena, a pochi passi dallo splendido golfo degli Angeli edalla grande spiaggia del Poetto, era proprio di Vercurago.E infatti, puntuale come il tic di un orologio a pendolo, èarrivato dalla cornetta: “Di Vercurago? Cè che te set?”.Sei parole per annullare la distanza tra Lombardia e Sar-degna e anticipare, via filo, un viaggio che poi, pedalatadopo pedalata, avrebbe confermato le speranze della par-tenza.

Lunedì 3 settembre 2012Dieci arditi ciclisti amatoriali, Gioachino Riva, RolandoDe Fanti, Giuseppe Figini, Alessandro Brusadelli, GiulioOrrù, Giovanni Boffi, Giorgio Frigerio, Luigi Sabadini,Candido Frigerio, Elio Bolis, tutti fedelissimi del Grupposportivo “Mollificio Colombo” di Vercurago, decidono dicimentarsi in una nuova impresa: il periplo della Sarde-

gna. Per non farsi mancare niente, portano con sé un auti-sta, Bruno Riva e un cagnolino, Castagna, inseparabilemascotte. Del resto non sono nuovi a imprese di questo ti-po: gli annali parlano di Pellegrinaggi a Lourdes, Fatima,Santiago, Petralcina, Assisi e Roma mentre le cronachepiù spicce raccontano di uscite la domenica mattina con-cluse rigorosamente a tavola, tanto che il Gruppo si è me-ritato, portata dopo portata, il nome di “Clan della for-chetta”.

Il viaggio in Sardegna, otto tappe in bici suddivise in diecigiorni, è un sapiente mix tra buon cibo e prestazione ago-nistica. Il percorso è studiato per alternare sali e scendivertiginosi e tranquillizzanti visioni panoramiche. 530 chi-lometri per godersi una vacanza e intanto tenere allenatala gamba. Divertendosi, senza aspirare a diventare cam-pioni o a vincere una medaglia, consapevoli che il traguar-do più meritato e sudato è quello della soddisfazione per-sonale condivisa con le persone a cui vuoi più bene. Sepoi riesci a portare in alto anche il tuo paese, beh, c’è dasaltare a piedi uniti.Un tour su e giù per la Sardegna, vissuta chilometro perchilometro, da Porto Torres fino a Olbia, passando per Al-

ghero, Bosa, Suni, Ottana, Gavoi, Sorgo-no, Montevecchio, Uras, Ales, Villaurba-na, Marrubbiu, portando sempreVercurago nel cuore. Ad Arborea, infatti,il sottoscritto, capo truppa, nonché Presi-dente della Pro Vercurago, è riuscito an-che a confezionare su due piedi un ge-mellaggio con la Pro Loco locale,accettando di buon grado di tifare per labellissima concorrente sarda che in queigiorni era in finale a Miss Italia. “Aveva-no organizzato un rinfresco in grandestile - racconta con l’acquolina ancora inbocca - Impossibile non partecipare”.Due giorni dopo, l’arrivo a Flumini di

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VERCURAGO (LC)

GRUPPO SPORTIVO “MOLLIFICIO COLOMBO”

UNA STUPENDA “BICICLETTATA” IN TERRA SARDA

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Quartu Sant’Elena con l’alloggio inriva al mare a Villa Tecla dalle SuoreOrsoline di Somasca, ben accolti, fra-

ternamente ospitati… in stile “lom-bardo”, il giusto riavvicinamento, al-meno metaforico, a casa per rendereun po’ meno traumatica la fine dellavacanza e il catapultamento, il giornosuccessivo, nella realtà di tutti i gior-ni… su quel ramo, famosissimo, dellago di Como!

Un grazie vivissimo alle Suore ospi-tanti nella loro bella accogliente Casadi Villa Tecla di cui manteniamo unbellissimo, grato ricordo e un deside-rato prossimo ritorno.

Gioachino RivaPresidente Pro Vercurago

Si parte… nei nostri occhi bril-la una luce, un turbinio di

emozioni nel vedere il cielo az-zurro, le cascate luminose: un pa-radiso naturalistico che raggiungeil suo apice nel Parco dell’Ada-mello Brenta.Lì i primi assaggi della natura in-contaminata: boschi dorati, tra iquali spiccano le meravigliose ca-scate di Rio Bianco; l’acquachiacchierina che fischia, zufolacome gli accordi di una musica.E’ un luogo speciale dove la natu-ra è protetta; è bello ammirare eimmergersi nell’incanto della pa-ce e del silenzio.Il Parco diviene il laboratorioscientifico all’aperto, una palestraculturale e distensiva dove le gui-de, compagne di viaggio, ci spie-gano la bellezza e la ricchezza

della natura da conservare al futuro.Verso sera tappa a Riva del Garda: illago non si stacca dal cielo.A pochi passi, sopra il greto, s’attrup-pano barche colorate; le onde fruscia-no come schiacciate dalla distesad’acqua.E così siamo arrivati alla meta!Entrati nell’albergo e appoggiate levaligie, gustiamo una cenetta velocecon pasta al pomodoro, pollo impa-nato e un dolce tipico della zona.Poi tutti a letto, in attesa della nottemagica per confabulare tra noi amici.L’indomani visita al Castello di Ste-nico; la sua storia è millenaria, condiverse evoluzioni nel tempo. Con unsolo sguardo lo si abbraccia: all’in-terno un cortiletto che immette nellesale di abitazione strettamente riser-vate ai padroni e agli ospiti.Quasi per aumentare la magia del

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SCUOLAPRIMARIA “CATERINACITTADINI”

GITAADAONE E TRENTO(27-28 settembre)

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luogo, alla nostra sinistra tre gradiniscendono alla chiesetta antica dovel’effige sacra invita alla preghiera.E’ pomeriggio e il cielo è blu intenso.Ci sentiamo felici per aver vissutoun’esperienza ricca di sensazioni.Avvertiamo “un vento nuovo che spi-ra nel gruppo e lascia ben sperare”.Poi, tra canti, barzellette, indovinellie risate a crepapelle, torniamo soddi-sfatti alle nostre case.Grazie, care maestre, per averci rega-lato quest’esperienza che ci ha arric-chito culturalmente e ha rinforzato ilegami di gruppo.

Alunni delle Classi 5ª A-B

Abbiamo vissuto quattro gior-ni speciali, caratterizzati dal

divertimento e dalla voglia di sta-re insieme, ma anche dalla curio-sità e dall’interesse per la scoper-ta e la conoscenza di posti nuovi.Chi siamo? Siamo i ragazzi e leragazze delle Classi terze dellaScuola “Maria Regina”e vorrem-mo raccontarvi la nostra gita sco-lastica in Slovenia.

MiramareLa tenuta triestina di Miramare èappartenuta alla Famiglia degliAsburgo per molti anni. L’estesogiardino del Castello è ricco di in-numerevoli piante e, in mezzo atutto quel verde, troviamo laghet-ti, fontane e panchine per goderedella splendida vista.Il sontuoso Castello è formato damolte camere: la biblioteca, la ca-mera degli ospiti, le due cameredei padroni con i rispettivi bagni,salottini, camere dedicate allamusica...Le camere sono molto diverse:quelle del marito sono in stile ma-rinaresco, mentre quelle della suasignora sono completamente di-verse; in comune hanno solo leimmense vetrate con vista sullosplendido mare.

Risiera di San SabaDurante la gita siamo andati a vi-sitare la vecchia Risiera, che è

stata trasformata in un Campo di con-centramento. Abbiamo visto le celledove vivevano gli Ebrei prima di es-sere avvelenati e poi bruciati. Infatti,ancora adesso i muri sono ricoperti dicenere. In onore dei deportati c’è unalapide con scritto, nelle lingue dei ri-spettivi deportati: “In memoria deicaduti”.Abbiamo visitato il Museo con l’e-sposizione di lettere e oggetti usatidurante la 2ª Guerra Mondiale e sia-

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SCUOLA SECONDARIADI PRIMO GRADO“MARIAREGINA”

GITA IN SLOVENIA(16-19 ottobre)

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mo rimasti colpiti dall’atmosfera “te-tra” del luogo. Non riusciamo a pen-sare che delle persone ne abbianosterminate milioni solo per “la razzaimpura” (da loro definita).

Le grotte di PostumiaLe grotte di Postumia si estendonoper 20 km sotto il suolo sloveno. So-no su tre diversi livelli, scavati da unfiume sotterraneo che ora scorre nellivello più basso. Al loro interno sitrovano meravigliose stalattiti e sta-lagmiti che crescono di 1mm ognitrent’anni e sono molto fragili; bastatoccarle per interrompere il loro svi-luppo. Ci sono piaciute molto perchéabbiamo visitato un paesaggio sugge-stivo ricco anche di fantasia e diver-sità: le varie stalattiti e stalagmiti, peresempio, che hanno formato, nell’ar-co di anni, figure inaspettate e diver-sificate.

Entrando in Lubiana abbiamo subitonotato un grande monumento al cen-tro di una piazza che rappresentavaPreseren, il più grande letterato dellaLingua slovena. Piazza Preseren ècollegata al centro storico attraversotre ponti: oltrepassandoli ci siamoimmersi nell’atmosfera del mercatolubianese: alimenti, souvenir, fiori...C’era proprio di tutto.Attraversando il mercato siamo giun-ti al Ponte dei quattro Draghi, simbo-lo di Lubiana, al cui parapetto, comeal Ponte Miglio di Roma, erano legatidei lucchetti che rappresentavano ilsigillo dell’amore lasciato dai giova-ni. Continuando la passeggiata per ilCentro storico, abbiamo visitato l’in-terno della Cattedrale di San Nicola,la chiesa più importante di Lubiana,con i suoi affreschi ed il suo immen-so organo: siamo rimasti estasiati dal-la sua bellezza. Attraversando la viadei calzolai ci siamo imbattuti nellaBiblioteca di Lubiana, una delle piùimportanti al mondo. Abbiamo, infi-ne, concluso il nostro giro arrivandonella Piazza del Congresso.Il pensiero di tutti noi dopo la gita èstato univoco: Lubiana è una città vi-

vibile, ricca di storia e di cultura. In-somma: è una città a misura d’uomo.

Lago di BledIl terzo giorno siamo andati al Lagodi Bled.Appena arrivati abbiamo subito nota-to la piccola Isola al suo interno e ab-biamo deciso di dividerci in tantigruppetti per esplorare il paesaggiolungo il lago. Alcuni di noi sono an-dati al Castello su una montagna chesi affaccia sul lago, altri invece sonorimasti a passeggiare sulle tranquillerive. Il lago è immerso nel verde del-la vegetazione ed è dimora di anatre,cigni, oche e numerose specie di uc-celli e pesci. Infine ci siamo “rinfre-scati” con un gustoso gelato. Sul lun-golago si vedevano svariate barchetteche trasportavano i turisti a visitarel’isola al suo interno.

Concludendo dobbiamo assolutamen-te ringraziare la nostra PresideSuor Carla e tutti gli insegnanti checi hanno accompagnato in questasplendida esperienza.

Le Classi terze

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La prima festa dell’anno si è con-clusa, ma anche se il tempo cor-

re veloce, ciò che lascia ha semprevalore, soprattutto quando si tratta diincontrarsi. Se poi il vento spazza lenuvole e il sole riscalda le giornate difine ottobre, il risultato è un 10 assi-curato, anche con qualche errore didistrazione!E’ vero! A volte non si è positivi, ci silascia impigrire e non si ha voglia dicondividere e stare con gli altri. Ma,a festa finita, è sempre faticoso sepa-rarsi e lasciarsi alle spalle il cortiledella Scuola, congedandosi nel par-cheggio per rivedersi il lunedì.Domenica ha la magia del giorno difesta, del vestito colorato e della fa-miglia che si riunisce, mentre solita-mente il lunedì è giorno lavorativo, ilvestito è la divisa e, a rappresentarela famiglia, insieme agli scolaretti,c’è solo o la mamma o il papà.Il cortile della Scuola che accoglie didomenica non è una consuetudine eper questo è un po’ come un caldoabbraccio. Un tempo di festa e di gio-co, vissuto nello spazio della scuola,aiuta i nostri figli a concepire metafo-ricamente lo spazio della conoscenza,del sapere e dell’apprendimento co-me un luogo intimo, familiare, cherassicura, di cui non si deve aver pau-ra, che fa parte della vita, che è pia-cevole o semplicemente bello!Questa è educazione, mentre la di-sponibilità di chi spende il proprio

tempo per organizzare e, quindi, ren-dere possibile una festa che è per ilbene di tutti, è anche generosità.Una Comunità educante, dunque, chesi riunisce per la prima festa dell’an-no, quella “della castagna”, (“dellapizza e delle crèpes” suonerebbe po-co orobico), allora sì, il nome è az-zeccato.A parte la proposta culinaria, mentreSuor Leonilde fa gli onori di casa,Suor Loredana accoglie con simpatiae affetto i suoi “vecchi” genitori. In-sieme a loro, la partecipazione dellemaestre di tutto l’Istituto, presenti an-che in qualità di mamme, sottolinea ilvalore della continuità, che nellaScuola è vincente.I bambini si sentono proprio come acasa e possono correre in uno spazioprotetto: non solo perché è recintato,ma per il fatto che, giocando di qua edi là, è facile per loro incontrare figu-re di riferimento che hanno lasciato,nel passaggio alla Scuola primaria osecondaria di Primo grado, e che pos-sono riabbracciare, anche solo perqualche istante, prima di riprenderela corsa a perdifiato con gli amici disempre.La scelta dei giochi di un tempo, rea-lizzati con materie naturali e di riusocreativo, è bella e soprattutto fa presasui bambini, anche solo per il fattoche ci possono giocare con i proprigenitori.Mentre il salto della corda è stato un

omaggio alla maestra Iris, il giocodell’okey al sesso maschile, per l’an-no che viene si potrebbe pensare aduno stand tutto al femminile dove lemamme e le proprie figlie possonocreare insieme… cosa non si può maisapere.

Daniela Bertulettiuna mamma

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ISTITUTO SCOLASTICO“CATERINACITTADINI” - “MARIAREGINA”

21 OTTOBRE: FESTADELLACASTAGNA

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UNA SERATAALL'INSEGNADELLA SERENITÀ

La giornata di sabato 3 novembre u.s. si presentava contutte le caratteristiche proprie della stagione: nebbio-

lina mattutina, pioggierellina durante la giornata e, nel tar-do pomeriggio, pioggia sostenuta. Tutto faceva presuppor-re che, con un tempo simile, poche persone alla serasarebbero uscite di casa per andare a Teatro.Suor Lucia, Presidente del CAMSOS era alquanto...preoccupata: pensava all’impegno profuso da tanti colla-boratori, un nome per tutti Mariarosa Gervasoni, nel pre-parare l’evento; ai membri della Compagnia dialettale cheavrebbero recitato per poche persone; al... ricavato econo-mico per le Missioni delle Suore che sarebbe stato... mini-mo.Ma, mai come in questo caso, il detto “l'uomo propone eDio dispone” si è mostrato nel suo lato migliore. Cioè,quando si pensava al peggio, nonostante la pioggia e unatemperatura non certo invitante, il Salone Teatro si è riem-pito di persone; addirittura più del solito! (circa 350).All’inizio, Suor Lucia ha salutato i presenti e relazionatodi quanto il CAMSOS ha fatto nell’anno in corso per levarie Missioni di Bolivia, Brasile, Filippine, India e di co-me il sostegno alle famiglie, circa MILLE Adozioni a Di-stanza, continui con generosità.Il Cav. Gianni Pisoni, poeta dialettale, ha declamato invernacolo una garbata poesia con un richiamo alla missio-

narietà delle Orsoline: “… Mèt la mà ‘n delportafòi, chèl pochì che pödì dà… E storòss de missiunare co ste suòre i proe-derà”.Puntualissimi alle ore 21.00, i membri del-la Compagnia dialettale “LA COMBRIC-COLA Gino Gervasoni” di Gazzaniga han-no iniziato la recita della Commedia“LAUR DE L’OTER MOND”.Tre atti divertentissimi in cuiuna famigliola composta da pa-dre, madre e Nocentina la fi-

glia, da tempo in età da marito e un poco bruttina, ha vintoun soggiorno di due settimane al Grand Hoted Danieli diVenezia. Durante il soggiorno veneziano, Nocentina pareabbia colpito il cuore di un miliardario; in realtà un giova-ne napoletano di nome Salvatore, che si spacciava erededi una famiglia facoltosa, ma ben conosciuto dalla Poliziaperché abituato a circuire donne danarose. Per lui la nostrafamiglia bergamasca, soggiornando al Danieli, era certa-mente ricca, non potendo immaginare il motivo del sog-giorno al Grande Albergo.Tutto questo “imbroglio” ha dovuto poi essere smaschera-to al rientro in Bergamo, quando Nocentina e Salvatorehanno parlato in famiglia per preparare il matrimonio.Due ore trascorse nella serenità di un sano divertimento,arricchito anche da alcune estrazioni con ricchi premi.Al termine della rappresentazione, lunghi applausi hannoesternato agli interpreti della brillante commedia la soddi-sfazione di aver partecipato e… un invito a tornare prestoper una nuova commedia.

PS. Il Consiglio CAMSOS ringrazia di cuore Mario Ger-vasoni che, con tanta sensibilità, anche a nome di tutta laCompagnia, offre gratuitamente lo spettacolo.Grazie Mario, noi ti aspettiamo di nuovo presto!

Oreste Fratus

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Voci di casa nostra

BERGAM O

SALONE/TEATRO DELL’ISTITUTO

COMMEDIADIALETTALE

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La Giornata Missionaria Mondia-le 2012, che quest’anno ha avuto

come titolo “HO CREDUTO PER-CIO’ HO PARLATO” è stata vissuta,come sempre, con grande entusiasmoe partecipazione da tutte le Parroc-chie della bergamasca.Nei giorni 27 e 28 ottobre, invece,Suor Theresa Edacheril, Consiglieragenerale dell’Istituto delle Orsolinedi San Girolamo in Somasca, è statainvitata a parlare delle Missioni del-l’Istituto in una Parrocchia milaneseche ha festeggiato la medesima Gior-nata a livello di Diocesi.Un’opportunità grande ci è stata datadi far conoscere, innanzitutto, qual-cosa di noi ad altri, ma soprattutto diintessere rapporti nuovi ed intensi.E’ ciò che abbiamo sperimentato sa-bato e domenica in quella bellissima

Parrocchia; bellissima come strutturaesterna, ma bellissima come personeche la compongono: persone impe-gnate nel campo missionario e litur-gico, nella Caritas e nell’aiuto e at-tenzione a chi ha più bisogno… che,attorno al loro Parroco don Franco eagli altri tre Sacerdoti presenti, lavo-rano perché tutto abbia a svolgersisempre al meglio.Ad accoglierci c’era Maurilia, il“motore del Gruppo” che, insieme aGabriella, Rose Mary, Armida, Giu-lia, Linda, Carla…, hanno subito ma-nifestato la loro gioia di conoscerci edi averci con loro.Siamo state accompagnate in un ap-partamento dove vengono ospitatemamme e bambini con difficoltà e lìabbiamo alloggiato accolte da Ma-riangela, educatrice e Assistente so-ciale, che da subito si è premurata dinon farci mancare niente, facendocisentire a casa.Poi i primi incontri e i primi scambicon chi veniva in chiesa per la Messadelle ore 18.00, in cui Suor Theresaha avuto un tempo adeguato per pre-sentare il lavoro che le nostre Suorefanno in terra di Missione; la stessapossibilità ha avuto anche nelle tresante Messe di domenica, a cui i pre-senti hanno risposto con un’attenzio-ne particolare e tanta solidarietà.La sera, Gabriella e suo marito Carlo,dopo il lavoro in Parrocchia, ci hannoinvitate a casa loro per una deliziosacenetta e, insieme a Maurilia, abbia-

mo vissuto una bellissima serata con-clusasi, poi, in Duomo dove abbiamopartecipato alla Veglia missionariapresieduta da Mons. Mario Delpini,Vicario generale della Diocesi di Mi-lano, che ha consegnato il Crocifisso

a una ventina di missionari, religiosie laici, in partenza. Tantissimi i parte-cipanti venuti da ogni parte dellaDiocesi che hanno pregato, cantato edanzato attorno alla Parola del Signo-re portata all’altare da un gruppo Go-spel.Quanto ho raccolto dal pensiero diMons. Delpini non è molto, ma im-portante e decisivo per poter vivereuna vita che sia veramente servizio.“… Io preferisco le storie che fini-scono con una decisione; storie comequelle che ci hanno radunati questasera per accompagnare partenze perfare della vita un servizio, per deci-

Voci di casa nostra

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M ILANO

PARROCCHIA SANTI SILVESTRO E MARTINO

INCONTROMISSIONARIO CON LACHIESA “AMBROSIANA”

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dersi a offrirsi in dono, forse per un’imprudenza amotivo dell’amore e della fede… La fede, infatti, amale scelte che finiscono con una decisione… Gesù inse-gna che siamo chiamati ad amare per costruire lega-mi fedeli e di comunione…L’amore non è semplicemente individuale, ma è bel-lezza della Chiesa. Per questo la partenza dei missio-nari non è un andar via; è un modo di costruire lamissione sotto lo stesso cielo. Ecco cosa significa Es-sere conquistati dall’amore!... La fede ama le storieche finiscono con una decisione e si appassiona allafedeltà come la condizione per essere affidabili…”.

Queste parole le ho ritrovate in quanto detto daSuor Theresa che, parlando di quanto ha vissuto leinei suoi primi anni di missione e dalle nostre Sorelleche stanno ora continuando, ha dimostrato in modochiaro che la vita del missionario è un continuo “donod’amore”.E ho ritrovato pure queste parole in chi, in questa Par-rocchia, vive la sua missione senza partire per terrelontane, ma mettendosi a servizio di quanto, ognigiorno, avviene di bello, di faticoso, di gratificante, didifficile.Grazie davvero con un cuore grande a tutti voi,amici cari.Ciò che Suor Theresa e io abbiamo sperimentato èstata un’accoglienza straordinaria, affiancata a senti-menti di fratellanza, di vera amicizia, di condivisione.Veramente abbiamo visto come la presenza del Signo-re muove ogni vostro spendersi.

Suor Concetta Rota Bulò

Il 12 ottobre u.s., la Comunità Nirmal Bhavan, unita alleSorelle delle Comunità di Jyothi Nilaya e delle altreComunità, si è ritrovata per Celebrare la Festa delle Sorel-le Cittadini e per rinnovare la comunione fraterna.E’ un momento, questo, per rafforzare lo “spirito di fami-glia e di condivisione fraterna” e pure per condividere lanostra felicità, la nostra gioia e la nostra amicizia.Dice, infatti, il nostro Direttorio al n. 57: “Valorizziamo equalifichiamo gli incontri intercomunitari, ogni situazioneo iniziativa che vivifica il senso di appartenenza all’Istitu-to. Superiamo ogni distanza, ogni rischio di chiusura albene comune con una corretta comunicazione che ci aiutaa sentirci famiglia”.E’ importante vivere come Sorelle in comunione e in spi-rito di condivisione proprio come ci hanno insegnato Ca-terina e Giuditta Cittadini.Siamo chiamate, infatti, a vivere il nostro Carisma a livel-lo comunitario, che è l’unico modo per dare una testimo-nianza veramente cristiana.Anche la nostra Regola di vita ci dà indicazioni prezioseper vivere la Vita di comunione valorizzando ogni personae ogni momento della vita comunitaria, il dialogo, la con-divisione gioiosa e il perdono reciproco in tutte le occasio-

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Voci di casa nostra

M YSORE

COMUNITÀ “NIRMALBHAVAN”

FESTADELLE FONDATRICI

INDIA

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ni. Caterina e Giuditta hanno scelto Cristo come loroSposo e tutta la loro vita si è basata sull’essere di Cri-sto trasmesso anche a chi hanno sempre incontrato.Anche a noi oggi chiedono di vivere la nostra Vita re-ligiosa nella dignità di Sposa di Cristo Crocifisso, diamare Lui solo e di vivere una vita come piace a Lui.“Essere di Cristo per portare Cristo” è il motto delnostro Istituto e tutte noi ci sentiamo chiamate a vi-verlo nella nostra missione di Apostole educatrici.Abbiamo iniziato il nostro incontro con un momentodi preghiera comunitaria in cui abbiamo chiesto l’in-tercessione della Beata Vergine Maria, della BeataCaterina Cittadini e di San Girolamo Emiliani perdarci il coraggio di vivere la nostra Vita consacrata inmodo radicale.Ci siamo poi ritrovate per un momento di gioiosacondivisione, modo altrettanto valido per costruireuna vita fraterna.

Suor Theresina Vadakekara

GIORNATAMISSIONARIAMONDIALE

Domenica 21 ottobre nella nostra Parrocchia è statacelebrata la Giornata Missionaria Mondiale che ogni

anno si svolge in modo molto significativo. Si ricordano,infatti, le grandi opere lasciate dai nostri missionari e ilcoraggio da essi avuto nell’impegnarsi a mettere in praticail messaggio del Vangelo.Pensando a loro, ci ha fatto riflettere molto e apprezzare,pure, la vita di sacrificio nel portare la fede al cuore dellagente; anche per noi, Suore Orsoline, dopo aver ricevutoesempi di vera fede, è dovere continuare il lavoro missio-nario in modi diversi, ma sempre possibili.Nella Parrocchia di Santa Filomina in Mysore si dà moltaimportanza a questa Giornata. Sono stati preparati diversistand e organizzati sport e giochi per i bambini e per tuttele persone che, al termine, hanno lasciato pure un piccolocontributo per aiutare i missionari che lavorano instanca-bilmente.Come già altri anni, è stato allestito un banchetto per lavendita di oggetti e un banchetto per dare la possibilità digustare anche qualche dolce. Quanto è stato raccolto è sta-to poi dato in offerta per i bisogni dei più poveri ed è statobello vedere come la gente povera sa essere solidale conaltri poveri.E’ stato un giorno prezioso incui ciascuno ha sentito la re-sponsabilità di portare avanti ilproprio compito e di pregare pertutti i missionari del mondo.

Suor Rosa Manjaly

Voci di casa nostra

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21OTTOBRE 2012: giorno didiverse occasioni di festa nel-

la nostra Comunità.La Chiesa intera, innanzitutto, celebrala Giornata Missionaria Mondiale:– La Chiesa filippina gioisce per laCanonizzazione del martire PedroCalungsod, modello per i nostrigiovani.

– Noi, Suore Orsoline di San Girola-mo in Somasca, celebriamo la Fe-sta di Sant’Orsola, protettrice delnostro Istituto che, con la sua vita,ha risposto prontamente alle sfidedel suo tempo arrivando fino almartirio.

– Noi, Comunità di Casa Cittadini,festeggiamo il compleanno dellenostre bambine nate in questo mesee celebriamo il Battesimo di Isay,una bambina che tempo fa è statatrovata abbandonata mentre dormi-va in una jeep e portata nel nostroOrfanotrofio.

E’ stato importante, per noi Suore,scegliere questo giorno per l’ingressodi Isay alla fede. La Celebrazione delBattesimo è stata una festa moltocommovente e partecipata da moltepersone.

Uno dei nostri ospiti, un francese La-plane Aude, scrive a proposito delBattesimo di Isay:“Il battesimo di Isay è stato un mo-mento di gioia e felicità soprattutto

perché inserito nella Giornata Mis-sionaria Mondiale, giorno in cui an-che lei, proprio in forza del Battesi-mo, è diventata missionaria. Unabella coincidenza!L’orfanotrofio di “Casa Cittadini”dove Isay ormai vive, è un posto mol-to bello, tranquillo e ricco di serenitàe di amore. E’ sempre un grande pia-cere venire qui e di sicuro, per me,anche questa volta non sarà l’ultima!Le Suore e tutte le ragazze hannopreparato una grande festa per cele-brare l’ingresso di Isay nella grandefamiglia del Signore Gesù. Tanti sonostati gli amici venuti a gioire con noi.Quello che più mi ha colpito è statoquanto queste persone hanno fattoper rendere questo giorno davvero“speciale”: pensieri gentili e cibodelizioso. Mi sono sentito parte della

famiglia avendo avuto, pure, la pos-sibilità di scambiare notizie sullaFrancia e sulle Filippine con il pa-drino della bambina. Il pranzo è sta-to un tempo di grande condivisioneper tutti.La giornata è stata anche una bene-dizione per i tanti bambini che leSuore han reso felici facendoli gioca-re con le bolle di sapone e regalandoloro biscotti e caramelle.Ben, padrino di Isay, ha chiesto adun suo amico di venire ad offrire ilgelato: non c’è bisogno di spiegare avoi italiani la felicità nel veder gusta-re un gelato”.

Aude Laplane

A Sant’Orsola, modello per tutte noi,donna che non ha temuto di testimo-niare i suoi principi, chiediamo di cu-stodire e di proteggere la nostra Fa-miglia religiosa voluta da Dio e diaiutarci ad agire con coraggio per vi-vere come figlie della luce.

Suor Celina Vilakunnel

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Voci di casa nostra

VALENCIA

“CASACITTADINI”

UNAGIORNATARICCADI TANTE FESTE

FILIPPINE

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Come vice Presidente del CAMSOSho incontrato, ultimamente, una gio-vane studentessa bergamasca che haavuto modo di vivere per un annoproprio a Santo André del Brasile.L’incontro è stato l’occasione per una“interessante” intervista.

CHI SEI E COSA FAI?Mi chiamo Li-sa Giaquinta,sono nata nel1993 e fre-quento il LiceoArtistico Stata-le a Bergamo.

Vivo con mamma e papà a Verdelli-no. L’anno scorso ho partecipato aduna selezione della mia Scuola perpoter frequentare il quarto anno sco-lastico con un interscambio in unPaese estero. Ho superato le varieprove e ottenuto anche una borsa distudio.La AFS di Bergamo, Associazione le-gata agli ambienti scolastici che orga-nizza queste esperienze, mi ha trova-to una famiglia ospitante e sonopartita per il Brasile. La zona scelta èstata la megalopoli SAN PAOLO e lafamiglia dove sarei stata ospitata sitrovava nella città satellite Santo An-dré.Dopo alcuni mesi, la mamma mi hacomunicato che a Santo André opera-vano anche le Suore Orsoline di So-masca di Bergamo. Così mi sonoinformata un poco e ho trovato che

queste Suore operavano a circa 40minuti di autobus da dove abitavo io.

COME È STATOIL PRIMO INCONTRO?Dire “forte” è poca cosa. La primaSuora incontrata è stata Suor AngelaPirri e poi le altre.Io abitavo in una casa dignitosa, maesse vivono proprio in mezzo alle fa-velas: case di fango o legno, mancan-ti di tutto.

E LA CASA DELLE SUORE?La loro casa è in muratura ed esse vihanno lo stretto necessario. Gli altrilocali sono tutti per i bimbi delle fave-las. Ma questo loro essere nelle fave-las le porta a conoscere le vere neces-sità della gente che dire “poverissima”è ancora poco.

COME È LA GIORNATADELLE SUORE?Esse sono impegnate tutto il giorno eaccolgono ragazzi/e dai 6 ai 16 anniin età scolare. Pertanto al mattino ac-colgono chi frequenta la scuola nelpomeriggio e al pomeriggio quelliche sono stati impegnati al mattino.Le Suore e i volontari li seguono nei

compiti o in corsi di computer; gliospiti ricevono pure una merenda e,nei casi più disperati, anche indu-menti.

TU COSA FACEVI?Io seguivo i bimbi piccoli nel giocooppure li aiutavo con il computer o,esperienza meravigliosa, accompa-gnavo le Suore nelle visite alle fave-las. E’ pericoloso andarci perché pro-stituzione, droga, violenza sononascoste ad ogni angolo, ma le Suoresono bene accolte perché si è a cono-scenza di quanto fanno per i loro ra-gazzi. Il camminare nelle strade dellefavelas è un qualche cosa di inimma-ginabile, bisogna solo... entrare!

COSA TI HA LASCIATOQUESTA ESPERIENZA?Sono tornata a Bergamo nel mese diluglio ed ora frequento l’ultimo annodel mio Liceo, ma questa esperienzami ha cambiato il modo di vivere emi ha fatto decisamente maturare. Iopenso solo al Brasile e già ho preno-tato il biglietto per il 2013 per parte-cipare alla GMG con il Papa. Sonocerta che resterò diverso tempo aSanto André e tornerò dalle “mie”Suore.I brasiliani hanno un termine per direnostalgia di una persona o di un po-sto: la chiamano SAUDADE!!!Ecco: un pezzo del mio cuore è rima-sto a Santo André.

Oreste Fratus

Voci di casa nostra

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SANTO ANDRÈ (SAN PAOLO)

UN PARTICOLARE INCONTROE UNA “INTERESSANTE” INTERVISTA

BRASILE

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“C aterinaC ittadini”F O N D A Z I O N E

ONLUS

• con bonifico bancario sul c/c n. 5300IBAN: IT79 R054 2811 1090 0000 0005 300UBI Banca Popolare di Bergamointestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento• con versamento sul c/c postale n. 42739771intestato a Fondazione “Caterina Cittadini” O.N.L.U.S.,con la specifica del versamento.

Ricorda che, essendo ONLUS la Fondazione, puoi detrarre la donazionedalle imposte per le persone fisiche ai sensi dellʼart. 13-bis del DPR 917/86e per i redditi dʼimpresa ai sensi dellʼart. 65 dello stesso DPR.

Ecco come puoi offrire il tuo aiuto alla Fondazione:

RICORDAche qualsiasi somma, anche minima,

è preziosa: è una goccia nel mare,

ma il mare è fatto di gocce!

La Fondazione, in sintonia con gli obiettivi educativi dello Statuto,si impegna a promuovere la crescita integrale dei minori, a combattere il disagio femminile, a sostenere attivitàorganizzate in vista del miglioramento delle condizioni di vita nei territori di missione Ad Gentes dellʼIstituto.

Assume, in particolare, le seguenti iniziative:costruzione in terra di missione di strutture rispondenti al Carisma educativo dellʼIstituto;

adozioni a distanza; interventi di solidarietà sociale; microrealizzazioni.

Già in atto da una quindicina di anni, l'iniziativa,estesa alla Bolivia, al Brasile, all'India,alle Filippine, allʼIndonesia dove operanole Suore Orsoline di Somasca, prevede l'assistenzaa bimbi indigenti, sia a livello sanitario che scolastico.

Vuoi amare e aiutare un bambinoa crescere?Vuoi sentirti padre o madredi chi non ce lʼha?

Gli adottati sono tutti conosciuti e assistiti dalleSuore che, periodicamente, ne danno notizia.Ad ogni richiedente viene inviata una schedacon la foto del bimbo/a adottato/a e brevi noti-

zie sulla situazione familiare; è richiestoun impegno almeno quinquennaleper dare all'adottato la possibilitàdella frequenza scolastica dibase.È chiesta pure la disponibilità

per la sostituzionedell'adottato qua-lora questi nonfosse più re-peribile o nonavesse più ne-cessità di aiuto.

Sono previsti versa-menti:- annuali (euro 230,00)- mensili (euro 20,00).

Vuoi offrire il tuo contributoalla Fondazione a sostegno

della “carità educativa”di Madre Caterina?Un fondo, alimentato da of-ferte libere, è destinato:

• a iniziative di solidarietàsociale a favore di perso-ne minorenni e maggio-renni svantaggiate;

• a microrealizzazio-ni (fornitura di medici-nali, di alimenti, di ma-teriale scolastico ecc.).A

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Libri in vetrinaa cura di Maria Marrese

“Le cinque conversazioni che EugenioScalfari ha condotto con il Cardinale Car-lo Maria Martini tra il 1996 e il 2011 sonopreziosi documenti di quel dialogo tra spi-riti liberi e responsabili di cui il nostrotempo ha un immenso bisogno”.Vito Mancuso introduce il volume riassu-mendo in poche, ma significative parole,il senso stesso di questa pubblicazione.Due grandi protagonisti contemporanei,due personalità miti e decise nello stessotempo, misurate, mai “gridate”, in nettacontrapposizione con un ambiente cultu-rale, politico e sociale che, in questi anni,ci ha disabituato ai toni pacati e rispettosidel dialogo tra soggetti “pensanti”.Mancuso si chiede cosa accomuni questedue persone, apparentemente così distantil’una dall’altra, e ci aiuta a trovare la ri-sposta nelle parole stesse di Martini: “Ioritengo che ciascuno di noi abbia in sé unnon credente e un credente, che si parlanodentro, che si interrogano a vicenda, cherimandano continuamente domande pun-genti e inquietanti l’uno all’altro. Il noncredente che è in me inquieta il credenteche è in me e viceversa”.Scalfari e Martini, il dichiaratamente ateoe l’uomo di fede, conversano sulla situa-zione morale del nostro tempo, sull’ingiu-stizia, sull’amore, sulla morte, sull’originedell’etica, sulla situazione del sentimentoreligioso nel mondo contemporaneo, suiproblemi della Chiesa, sull’opportunità diun nuovo Concilio, sulla famiglia, sul di-vorzio e sull’aborto e su tanto altro anco-ra. Quello che sorprende non è tanto lavastità del pensiero, ma che effettivamen-te la Ragione non sia mai collocata al pri-mo posto, ma venga “guidata da qualcosadi più fondamentale, cioè la stima, l’affet-to, il calore umano”. I due interlocutorinon mirano a primeggiare, non fannosfoggio di sé, ma si aprono l’uno all’altroper “comprendere il centro esistenziale,sentirne l’emozione vitale”.

SCALFARI EUGENIOMANCUSO VITO

Conversazioni conCarlo Maria Martini

Campo dei Fiori, 2012

Nel giugno del 2013 saranno 50 anni chePapa Giovanni ci ha lasciato, fisicamente;il fatto stesso che sia uno dei Pontefici an-cora vivi non solo nel ricordo degli anzia-ni, ma anche nel presente di molti giova-ni, dimostra la sua permanenza tra noi, lavicinanza ai nostri cuori.Questo libro ne ripercorre con precisionee dovizia di particolari il percorso di vita,dalla nascita alla morte, attraverso i luo-ghi della bergamasca a lui sempre cari.“Non poteva dimenticare le radici profon-de di ciò che era, la realtà nella quale gliera venuto incontro il Padre misericordio-so che lo aveva chiamato alla vita, alla fe-de, al sacerdozio” ci dice Monsignor Ro-berto Amadei nella prefazione al volume.Le tracce giovannee di Papa Giovanni so-no sparse un po’ ovunque nella nostraProvincia; sicuramente sono privilegiatiSotto il Monte, il “caro nido” dell’infan-zia, e Bergamo città dell’adolescenza edella formazione, ma tracce della sua pre-senza si ritrovano in tanti altri paesi.Come ci spiega l’autore, Emanuele Ron-calli, il Diario permette di costituire unaprima mappatura dei luoghi visitati da Pa-pa Giovanni e nello stesso tempo di dise-gnare una precisa cronologia di grandieventi dei quali Roncalli fu protagonistanel corso degli anni. Ci aiuta, inoltre, aconoscere meglio il nostro territorio attra-verso le chiese, i monumenti, le vie e lepiazze intitolate al Pontefice.Di grande rilievo anche l’apparato icono-grafico del libro: foto note, ma anche mol-te inedite e “private”, contribuiscono atracciare un ritratto nuovo e completo delPapa bergamasco.

Navigare è, fin dall’antichità, simbolo delviaggio attraverso la vita, della ricerca delsuo significato e del perché della nostraesistenza. Molto più incerta è però adessola rotta dell’uomo che “naviga nel mare diinternet come Ulisse che non ha, però, al-le spalle nessuna Itaca e quindi, non sadove volgere la prua della nave per punta-re a una meta”. Gianfranco Ravasi ci pro-pone, quindi, un viaggio tra la “città seco-lare”, la “città dell’uomo” e la “città diDio”.Nella prima “tappa” l’autore parte dalconfronto tra una città europea come Mi-lano, con una struttura urbana a raggera,con il nucleo sacrale al centro, ad unacittà moderna come New York con unastruttura assai differente, appunto “secola-re”. In questa nuova metropoli il sacro èrelegato ai margini, le religioni sono spes-so considerate irrilevanti: “Se Dio doves-se ripresentarsi nella piazza principaledella «città secolare», al massimo verreb-be fermato come un estraneo a cui chiede-re di esibire i documenti d’identità”.La seconda “tappa” è costituita dalla“città dell’uomo” affascinante e scintillan-te di luci, ma dove l’uomo può procedereverso il basso e quindi fare scelte storichesbagliate e nello stesso tempo tendere al-l’alto, anticipando il suo incontro con Dio.Si giunge così alla “città di Dio”, l’appro-do sereno del nostro lungo peregrinareche può essere visto e compreso soltantocon lo sguardo della fede. Durante questoviaggio, guidati dalla luce splendente del-la Bibbia, è possibile incontrare personag-gi illustri della letteratura, dell’arte, dellamusica e della scienza, accomunati daltentativo di dare una risposta alle doman-de fondamentali della vita.

RAVASI GIANFRANCO

Guida ai navigantiLe risposte della fede

Mondadori, 2012

Libriin

vetrina

Libriin

vetrina

Libriin

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Libriin

vetrina

Libriin

vetrinaRONCALLI EMANUELE

Papa GiovanniDiario bergamasco

Velar, 2008

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