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1 RIEPILOGO SUGLI EDIT DOMENICALI 1.1 SECONDA DOMENICA DI AVVENTO 4 DICEMBRE. GIOVANNI BATTISTA E GESÙ. Editoriale di MARCO STATZU. Il mondo avrà sempre bisogno delle grida di Giovanni il Battezzatore – e infatti il Vangelo ce ne trasmette un concentrato – per scuoterci e svegliarci dal torpore delle nostre abitudini e certezze spirituali (a differenza degli altri evangelisti, Matteo cita esplicitamente sadducei e farisei accorsi a farsi battezzare), ma ha bisogno della differenza di Cristo per conoscere il Padre in verità. Non si tratta però semplicemente di due stili diversi (come quelli, poniamo, di Papa Francesco e Papa Benedetto), ma di una assoluta novità: l'immersione nel Fuoco stesso di Dio! Quel fuoco nel quale solo Mosè poté entrare in rappresentanza di tutti, ora diventa un bagno per una nuova nascita per ognuno, non più attraverso l'etnia («Abbiamo Abramo per padre»), ma l'incontro con Cristo. Un mondo come non lo avete mai visto (il lupo dimorerà con l'agnello, la vittima passeggerà col suo carnefice...), perchè Gesù è venuto a mostrare all'uomo che la giustizia di Dio non è in contrasto con la sua misericordia: Lui infatti può far sorgere figli di Abramo dalle pietre! Non gli è impossibile venire a capo delle nostre infedeltà e durezze. Giovanni chiede frutti di conversione, Gesù chiederà ai suoi discepoli di seguirlo. Questo, Giovanni non poteva chiederlo. Il cristianesimo non è prima di tutto una morale alla quale ispirarsi per condurre la propria vita, ma sequela (questa parola spesso sconosciuta al catechismo e alla predicazione!): sequela di Gesù, a partire dalla quale nasce anche un modo di vivere diverso. San Giovanni Battista “angelo del deserto” (fine XVIII-XIX sec.)

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1 RIEPILOGO SUGLI EDIT DOMENICALI

1.1 SECONDA DOMENICA DI AVVENTO 4 DICEMBRE. GIOVANNI BATTISTA E

GESÙ. Editoriale di MARCO STATZU.

Il mondo avrà sempre bisogno delle grida di Giovanni il Battezzatore – e infatti il Vangelo ce ne trasmette un concentrato –

per scuoterci e svegliarci dal torpore delle

nostre abitudini e certezze spirituali (a

differenza degli altri evangelisti, Matteo cita

esplicitamente sadducei e farisei accorsi a farsi battezzare), ma ha bisogno della differenza di

Cristo per conoscere il Padre in verità.

Non si tratta però semplicemente di due stili diversi (come quelli, poniamo, di Papa

Francesco e Papa Benedetto), ma di una

assoluta novità: l'immersione nel Fuoco stesso

di Dio! Quel fuoco nel quale solo Mosè poté entrare in rappresentanza di tutti, ora diventa

un bagno per una nuova nascita per ognuno,

non più attraverso l'etnia («Abbiamo Abramo

per padre»), ma l'incontro con Cristo. Un

mondo come non lo avete mai visto (il lupo dimorerà con l'agnello, la vittima passeggerà col suo carnefice...), perchè Gesù

è venuto a mostrare all'uomo che la giustizia di Dio non è in contrasto con la

sua misericordia: Lui infatti può far sorgere figli di Abramo dalle pietre! Non gli

è impossibile venire a capo delle nostre infedeltà e durezze.

Giovanni chiede frutti di conversione, Gesù chiederà ai suoi discepoli di seguirlo.

Questo, Giovanni non poteva chiederlo. Il cristianesimo non è prima di tutto una

morale alla quale ispirarsi per condurre la propria vita, ma sequela (questa parola spesso sconosciuta al catechismo e alla predicazione!): sequela di Gesù,

a partire dalla quale nasce anche un modo di vivere diverso.

San Giovanni Battista “angelo del deserto” (fine XVIII-XIX sec.)

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Antonio Pinna Sul vangelo. Domanda, tenuto conto del dialogo di venerdì: se Giovanni Battista prepara l’accettazione di Gesù come il Messia, e se la sua attesa del Messia è così diversa da quello che Gesù poi farà, essendo presentata come l’annuncio della giustizia superato poi dalla pratica della misericordia, non si tratta forse di uno strano modo di prepararsi attraverso una via che appare proprio sbagliata?

Bianca Maria Pinna perchè sbagliata?!

Luca E Paola Potrebbe... ma se entriamo per la strada della conversione di Giovanni, possiamo camminare verso la strada

della misericordia di Gesù. Giusto?

Antonio Pinna Per Bianca Maria Pinna In genere, e anche l'edit di don Marco, si pone in evidenza la differenza fra il

messaggio di giustizia di Giovanni (la scure ... fuoco inestinguibile...) e quello di misericordia di Gesù (vedi a conferma Mt 11,2-6:

Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui

che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi

riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il

Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».). Ora don Marco dice che "Gesù è venuto a mostrare all'uomo che

la giustizia di Dio non è in contrasto con la sua misericordia". La domanda diventa anche se questo messaggio di misericordia è

proprio assente da Giovanni Battista, visto anche che nel seguito del vangelo non mancano frasi di Gesù molto simili a quelle del

Battista... Percorrere i testi cercando ad esempio le altre occorrrenze del "fuoco" ..

Alexandra Cabella Di Gian Franco Ravasi "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti...!

Serpenti, razza di vipere, come potrete

sfuggire alla condanna della Geenna?"

(Matteo 23, 13.33)

Ouai in greco, hoi in ebraico, vae in latino, woe in inglese, wehe/weh in tedesco, guai in italiano: è

analogo in molte lingue – anche differenti nella loro genesi – il monito minaccioso caratterizzato da una

sonorità quasi onomatopeica. Impressiona veder affiorare sulle labbra di Gesù una sequenza di tali

maledizioni con invettive fin pittoresche, simili a quelle scagliate dai profeti contro la corruzione e le

ingiustizie del loro tempo (si legga, per esempio, Isaia 5,8-24).

Nel cap. 23 di Matteo questi “guai!” si compongono in un settenario che colpisce «scribi e farisei

ipocriti».

Il filo conduttore di queste imprecazioni è appunto l’ipocrisia, il bersaglio frequente degli strali di

Gesù. Egli è generoso, misericordioso, paziente con ogni genere di peccatori. Ciò che non tollera è l’uso

della religione a proprio vantaggio, è l’ammantarsi con pratiche esteriori per nascondere vizi privati, è

l’ostentazione rituale che cela un inganno nei confronti del prossimo, è la falsa giustizia che è legalismo

oppressivo. L’immagine più folgorante è il sepolcro ornato e dipinto che custodisce nel suo intimo «ossa

di morti e marciume» (Matteo 23,27-28).

L’“inciampo” che queste parole di Cristo possono creare è nella loro veemenza che ricalca la voce del

Battista: «Serpenti, razza di vipere» (si veda Matteo 3,7). Ma Gesù non aveva invitato ad amare il proprio

nemico? Non si era de- finito «mite e umile di cuore»? Non aveva esortato a porgere l’altra guancia?

Certo, qui siamo di fronte a un peccatore che nega di essere tale, anzi, è pronto a giustificarsi fino a

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ergersi a modello di virtù, senza lasciarsi scalfire dall’autocritica e tantomeno dal desiderio di

conversione.

Rimane, però, lo “scandalo” del tono violento, pur riconoscendo l’enfasi tipica dello stile semitico,

così come impressiona la reazione di “insopportabilità” quasi intollerante per un tale peccato da parte di

Gesù: «Voi colmate la misura dei vostri padri!», esclama dopo aver accusato gli scribi e i farisei di essere

complici dell’assassinio dei profeti (23,29-32).

Ebbene, la dimensione etica di questo atteggiamento di Cristo è da individuare nella distinzione tra

ira e sdegno. L’ira, la collera, la rabbia furiosa costituiscono uno dei sette vizi capitali, denominato

appunto “ira”, vizio pericoloso e deleterio che sconfina nell’aggressione dell’altro e nell’odio. Lo sdegno

è, invece, lo schierarsi appassionato contro l’ingiustizia, il male, l’ipocrisia, ed è una virtù. La meta che

Gesù vuole raggiungere è indurre alla nausea e al rigetto nei confronti della degenerazione della religione

e l’esaltazione di una fede autentica, libera, operosa.

Angioletta Foddai Le parole di Giovanni Battista sembrano effettivamente durissime e non in linea

con la visione di perdono e misericordia che il Cristo annuncerà!!! Ma le due posizioni devono per forza

collimare?? Giovanni Battista poteva avere benissimo posizioni diverse , e d' altronde il superamento di

tante posizioni avviene solo con il Cristo!!! Quindi non mi stupisce che vi sia questa diversita

Ma riflettendo sulle letture di domenica 4 dicembre mi sembra si possa porre anche un altro problema

: apparente o reale discrepanza anche con il testo di Isaia !!! Il testo di Isaia che pur precede ci fa

intravedere altro ..il germoglio e non la scure, la giustizia e non il" giustizialismo" (se posso usare tale

termine ) del Battista, benedizione per le genti e non condanna ma sopratutto riscatto del misero e del

povero !!! concretezza per il "qui e ora " che indica una via anche morale ( e perché no ?) ma che nulla

toglie alla DIVINA presenza di Dio e del suo Figlio tra gli uomini !!!

Antonio Pinna Sui testi domenicali e circa violenza. Sul germoglio di Is 11,1: Per apprezzare l’apparire del

“germoglio” in Is 11,1, e per porre nel giusto sfondo l’azione di giustizia divina e della violenza umana, bisogna

ricordare ciò che le abitudini cattoliche hanno ormai dimenticato: I libri biblici sono in genere delle “antologie”,

così tutto il libro di Isaia, e nel libro di Isaia il cosiddetto “libretto dell’Emmanuele” di cui fa parte la pagina in

questione. Ora per apprezzare nel suo giusto contesto l’apparire del “germoglio” bisogna leggere la descrizione

dell’invasione assira che arriva a Gerusalemme (come tutte le invasioni) dal nord. Immaginate di essere sul

monte di Ramallah sul posto dove il re di Giordania stava costruendo la sua residenza estiva prima della guerra

del ’67: da lì potete vedere, procedendo da Nord a Sud, tutti i posti elencati nella descrizione dell’arrivo

dell’esercito assiro, fino a quando esso giunge alla vista di Gerusalemme, la cui prossima caduta è descritta

come la distruzione di una foresta del Libano. Ma lo sguardo del redattore, e il vostro su monte, si sposta

ancora a sud e oltre Gerusalemme vede Betlemme, la città di Davide e la promessa si rinnova proprio a

sconfitta della violenza dell’invasore: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse…”. Ecco il testo nella sequenza

e senza i devianti titoletti delle edizioni in commercio che vi nascondono la sequenza emozionante voluta dal

redattore biblico e traducendo quella particella di collegamento “we...”, che in questo caso va tradotta con un

collegamento avversativo: Ma un germoglio spunterà dal tronco di Iesse… ”. Ecco allora il testo:

27b Il distruttore viene da Rimmon,

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28 raggiunge Aiàt, attraversa Migron,

a Micmas depone le sue armi.

29 Attraversano il passo;

a Gheba si accampano.

Rama trema.

Fugge Gàbaa di Saul.

30 Grida con tutta la tua voce, Bat-Gallìm.

Sta' attenta, Làisa.

Povera Anatòt!

31 Madmenà è in fuga.

Scappano gli abitanti di Ghebìm.

32 Oggi stesso farà sosta a Nob,

agiterà la mano verso il monte della figlia di Sion,

verso la collina di Gerusalemme.

33 Ecco, il Signore, Dio degli eserciti,

abbatte i rami con il terrore,

le punte più alte sono troncate,

le cime sono abbattute.

34 È reciso con il ferro il folto della selva

e il Libano cade con la sua magnificenza.

11,1 Ma un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,

e un virgulto germoglierà dalle sue radici…

Antonio Pinna Sigillo trovato nel 2012 a Gerusalemme nell'antico sito della "città di David",

contenente nella seconda riga la più antica menzione di Bethlehem fuori dai testi biblici (il sigillo è scritto

in caratteri ebraici antichi e viene datato tra l'VIII il VII aC).

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Alexandra Cabella Trovato nel 2012! Commovente, almeno per me. Quanto al nome Bet lehem "La

Casa del Pane".... in quale altro posto sarebbe potuto nascere il Pane della vita? solo lì!!!!!

Antonio Pinna Anche se il significato dato per etimologico di "casa del pane" è per assonanza. Nella

bibbia è nominata un'altra Bethlehem di Zabulon, al nord (cf Gdc 12,8-10). I posti costruiti con "Casa

di..." sono numerosi nelle liste cuneiformi, in genere si tratta di nomi di divinità, Per Bethlehem si

ipotizza Bet Lahama o Lahmu, opp. Beth Lahai (cf Gen 16,14; 24,62). Non è sicura una menzione riferita

a Beth-lehem (ma con altro nome) in una lettera del XIV aC di Abdi-Hepa re di Gerusalemme.

Alexandra Cabella Non era anche circondata da grandi campi di frumento e considerata il granaio

della Palestina????

Antonio Pinna Talvolta anche in queste cose ci si aggiusta la palla ... La conformazione geografica

del territorio di Betlemme non permette grandi o estese coltivazioni di grano. Non so chi abbia parlato

di "granaio della Palestina".

Angioletta Foddai Ricordo , ma forse non con precisione , che uno degli altri significati di Betlemme

era " casa della carne ( o Carne )

Betlemme è anche luogo della strage degli innocenti!!

" un grido è stato udito in Rama

un pianto e un lamento grande

Un Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché non sono più ""!!! Mt 2...

Antonio Pinna Lehem sia in ebraico sia in arabo Bayt Lahm può riferirsi al cibo in genere. Nel campo

delle etimologie "simboliche" le fantasie si sprecano.

Alexandra Cabella Trovato nel 2012! Commovente, almeno per me. Quanto al nome Bet lehem "La

Casa del Pane".... in quale altro posto sarebbe potuto nascere il Pane della vita? solo lì!!!!!

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1.2 FESTA DELL’IMMACOLATA EDITORIALE DI DON NICOLA DEMELAS

8 Dicembre – Solennità dell’Immacolata Concezione della B. V. Maria

Le «Prediche volgari» di San Bernardino sono la raccolta dei 45 sermoni che il Santo tenne a Siena, in

piazza del Campo, a partire dal 15 agosto 1427 e per 45 giorni. Bernardino, che aveva appena rifiutato

la nomina papale a Vescovo di Siena, trovandosi in città, venne insistentemente invitato dai suoi

governanti a tenere un lungo ciclo di prediche per il popolo. Nonostante la stanchezza dei continui

viaggi, accettò questo servizio, e le 45 prediche in lingua volgare sono fra le sue più vive, fresche e

ispirate. L'amore per la sua città e per il popolo senese lo spinse a trattare ogni aspetto della vita,

pubblica e privata, nonché i Misteri della fede cristiana. Nella I predica, l’insigne predicatore «tratta

come la nostra gloriosa Madre andò in cielo, e de l’allegrezza che fece il paradiso di Lei». In occasione

della Solennità dell’Immacolata Concezione, vi propongo un passaggio di questo scritto, in cui San

Bernardino da Siena afferma che la Vergine Santissima è stata preservata intatta dal peccato originale, e

pura da ogni peccato mortale e veniale. Con un riferimento, nella seconda parte, alla sua perpetua

verginità (in riferimento al II Concilio di Costantinopoli del 553 e al Sinodo Lateranense del 649). Per

ulteriori approfondimenti cf. P. SGUAZZARDO, «La figura di Maria la Madre di Dio nei Concilî. Tra il

primo e il secondo millennio», in Lateranum (2017/1) 63-99.

don Nicola Demelas

«Or mi dì': che diremo noi del cognoscimento di Maria, essendo ripiena di Spirito Santo, essendo nata

senza alcun peccato, e così sempre mantenendosi netta e pura, servendo sempre a Dio? Doh! dimmi:

credi tu che Ella cognoscesse più che Adamo? Certo più in infinito. Ma non essendoci altra ragione che

questa, che il figliuolo di Dio doveva venire ad abitare in lei, e di lei pigliare carne umana, sì è da doverlo

crédere senza altro pensarlo.

Quante cose credi che Ella intendesse e cognoscesse, poi che Ella ebbe ricevuto lo Spirito Santo? Credi

che Ella cognoscesse Verbum caro factum est in lei incarnato? Certo sì; Ella lo 'ntese meglio che non lo

intesono tutti i profeti che l'avevano profetato. E così il portò nove mesi nel suo ventre, e nel decimo

mese el parturì, rimanendo sempre virgine innanzi al parto e doppo il parto. E poi che l'ebbe parturito,

quanta dolcezza aveva Ella governandolo, lavandolo, nutrendolo, e facendoli quelli che a l'altre criature

si fa! tanto gli fece di bene, quanto Ella seppe e potè. Doh! diciamo che basti per lo primo candore che fu

intellettuale»

BERNARDINO DA SIENA, Prediche volgari, predica I, 1427

Icona "Sorgente di vita"

(cf http://www.reginamundi.info/icone/FonteVita.asp )

Antonio Pinna Confesso che l’omelia per l’Immacolata è per me tra le più difficili dell’anno, perché

collegata a un sacco di cose che i teologi hanno detto lungo i secoli ma che hanno tenuissimi legami con i

testi biblici (legami che oggi diremmo, in breve, anche basati su letture poco “testuali”). Questo i teologi

italiani hanno riconosciuto in un loro convegno già di qualche anno.

Da questo punto di vista le parole citate di san Bernardino da Siena confesso che non mi aiutano, se non

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nel senso che mi danno l’occasione di distinguere ciò che è basato sulle Scritture e ciò che non lo è, e di

precisare che anche ciò che è detto in stretto collegamento con i testi biblici dipende da una lettura che

prende quei racconti non come “racconti” ma come cronaca. Ciò che oggi si direbbe una lettura

fondamentalista.

Per essere concreti: quando nei corsi è stato chiesto da qualche catechista: «Cosa rispondo quando mi

chiedono che il battesimo cancella il peccato originale?», dopo aver ricordato il detto molto citato di un

filosofo secondo cui delle cose che non si conoscono sarebbe meglio non parlare, ho suggerito di partire da

un aspetto positivo che nella liturgia batttesimale si vede: il battesimo introduce in una comunità che si

dice partecipe della grazia di salvezza manifestata nella vita, morte e risurrezione di Gesù il Cristo. Di

questa grazia di salvezza, per la sua stessa situazione di vita condivisa in tutto, è stata partecipe Maria,

come anche Giuseppe, suo sposo e padre legale di Gesù.

Affermare questo oggi con il linguaggio dei tempi (patristici e medioevali) in cui è nata la costruzione

teologica del “peccato originale” è parlare oggi con una lingua sconosciuta che usa termini e modi dire che

rischiano di far prendere aglio per cipolla. E pensare che la “esenzione” di Maria dal “peccato originale”

per “privilegio” (curiosa l’esclusione in questo discorso di Giuseppe, senza il quale Maria non sarebbe

stata la madre di Gesù… Almeno secondo il vangelo di Matteo…) implichi anche immaginare che ella nella

sua vita non ebbe mai l’occasione di dire a nessuno, compreso Giuseppe e suo figlio: «Scusate, mi sono

sbagliata», e parlare della “immacolata concezione” scomodando i termini di “peccato veniale e mortale”, è

lasciarsi prendere dalle fantasia parlando di Maria invece che di parlare della “grazia” di Gesù.

Ma per tornare ai testi e dire qualcosa di positivo con il linguaggio dei testi chiamati in causa: nei racconti

di Genesi 2-3 io vedo che se la base per le parole del tentatore sono pensare che Dio è geloso e in

concorrenza con l’umanità, nelle pagine evangeliche che riguardano Maria vedo invece che è assente

proprio ogni idea di concorrenza e gelosia, in Dio e in lei (già, ecco la storia di Giuseppe, tra l’altro…):

ricordare, ad es. : «Ecco, sono la serva del Signore…»; e in Giovanni, dopo che lei ha detto a Gesù «che

disastro, il vino è finito», e dopo che Gesù gli ha risposto: «Un disastro secondo te, ma non secondo me»,

perché «Non è forse giunta la mia ora?» (in greco è una interrogativa retorica, non una negazione! [ho dei

Padri a confermarlo, oltre che la grammatica e la sintassi), Maria riconosce di dover cambiare

atteggiamento e dice: «Allora, fate quello che egli vi dirà». Maria, la prima trasformata, prima di ogni acqua

cambiata in vino. A me questa immagine di Maria trasformata a Cana mi dice più dei tanti discorsi di

fantasia che abusano dell’aggettivo teologico…

Se poi qualcuno pensa che è meglio non discutere in pubblico di queste cose, ricordo che questa e una

pagina di risonanza di discorsi fatti in sede di formazione teologica. E del resto a chi non piace discutere,

può sempre leggere i giornali diocesani.

Rosanna Angioi A me piace discutere forse è per questo che leggo poco i giornali diocesani. Inoltre,

fortunatamente, non devo fare omelie perché se riguardassero Maria avrei enormi difficoltà. Ci si aspetta

di sentire non quello che dicono i Vangeli di Lei, ma quello che secoli di teologia e tradizione hanno scritto.

Ho anche provato a leggere qualcosa ma l'unico libro che mi sia piaciuto davvero è quello di don Tonino

Bello "Maria donna dei nostri giorni". Non mette Maria sulle nuvole, la allontana dall'astrattezza dei

dogmi, la fa essere compagna di strada di ogni essere umano. Così mi piace pensarla oggi. Rileggerò anche

la pagina di Giovanni sulle nozze di Cana.

Istituto di Formazione Teologica Permanente - Diocesi di Ales-Terralba (inserimento di Alexandra

Cabella) A me è particolarmente cara questa omelia di Don Tonino Bello, dal titolo: "Maria, donna senza

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retorica".E' tra i primissimi scritti mariani, datato 21 febbraio 1988, ed è l’elogio all’antiretorica di Maria,

definita da don Tonino" una donna vera perché di poche parole, perché acqua e sapone, perché non posa per

nessun proprio perché in lei non c’è nulla di declamatorio”.

«Lo so bene: non è un’invocazione da mettere nelle litanie lauretane. Ma se dovessimo riformulare le nostre

preghiere a Maria in termini più laici, il primo appellativo da darle dovrebbe essere questo: donna senza retorica.

(…)

Donna vera, perché acqua e sapone. Perché senza trucchi spirituali. Perché, pur benedetta tra tutte le donne,

passerebbe irriconoscibile in mezzo a loro se non fosse per quell’abbigliamento che Dio ha voluto confezionarle

su misura: “vestita di sole e coronata di stelle”. (…)

Donna di poche parole, perché, afferrata dalla Parola, ne ha così vissuta la lancinante essenzialità, da saper

distinguere senza molta fatica il genuino tra mille surrogati, il panno forte nella sporta degli straccivendoli, la

voce autentica in una libreria di apocrifi, il quadro d’autore nel cumulo delle contraffazioni. (…)

Icona dell’antiretorica, non posa per nessuno. Neppure per il suo Dio. Tanto meno per i predicatori, che l’hanno

spesso usata per gli sfoghi della loro prolissità. (…)

Santa Maria, donna senza retorica, prega per noi inguaribilmente malati di magniloquenza. Abili nell’usare la

parola per nascondere i pensieri più che per rivelarli, abbiamo perso il gusto della semplicità. (…)

Santa Maria, donna senza retorica, la cui sovrumana grandezza è sospesa al rapidissimo fremito di un “fiat”,

prega per noi peccatori, perennemente esposti, tra convalescenze e ricadute, all’intossicazione di parole. Proteggi

le nostre labbra da gonfiori inutili. Fa’ che le nostre voci, ridotte all’essenziale, partano sempre dai recinti del

mistero e rechino il profumo del silenzio. Rendici, come te, sacramento della trasparenza».*

* Fonte: Antonio Bello, Scritti Mariani, Lettere ai Catechisti, Visite pastorali, Preghiere, Mezzina, Molfetta

1995.

Istituto di Formazione Teologica Permanente - Diocesi di Ales-Terralba Grazie a voi per questo rimando e per

questa citazione. Senza retorica. Il gioco di prestigio di questa bella pagina (che ha pure una sua retorica) è che

pur dicendo anch'essa delle cose che poco fondamento diretto hanno con i testi biblici, tuttavia fanno respirare

aria evangelica a pieni polmoni. Thanks, sisters.

Mi piace · Rispondi · Commento di Antonio Pinna · 5 h

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1.3 TERZA DOMENICA DI AVVENTO: Don Marco Pala

"Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?"

In queste semplici parole del Battista risuona forte nella sua debolezza una consapevolezza

indistruttibile: Dio supera sempre le nostre attese. Tante volte nella Scrittura Dio supera le attese dei

profeti o di tutto il popolo, il quale, rileggendo la propria esperienza, solo nella stesura del testo, dopo

averlo macinato e digerito di generazione in generazione la propria esperienza, comprende come attese,

propositi, previsioni e quant'altro trovino in Dio un’unica risposta: io sono Dio e non c'è un altro...

Lasciate fare a Me!

Chissà se ancora oggi questa domanda del Battista possa essere rivolta a ciascuno di noi semplicemente.

Chissà se nella saccente predicazione di valori non negoziabili e di verità austere abbiamo il coraggio di

chiederci chi abbiamo realmente incontrato, chi attendiamo e chi facciamo incontrare a coloro che si

fanno a noi incontro. Nella apodittica descrizione del volto di Dio, del suo agire nella nostra storia, con

sofferenze sacrifici e dinamiche presunte e mai dimostrate, quando ci sentiamo autorizzati in nome di

una presunta autorità a condannare e giudicare, ci chiediamo se quel Dio, quel Cristo sia veramente lui,

o dobbiamo attenderne un altro?

Questo non vuol dire che Egli non sia chi è ma che forse noi abbiamo sbagliato per strada chiamandolo

con un nome sbagliato o mascherandolo sotto le nostre proiezioni razionalmente corrette, eticamente

ragionevoli e pastoralmente convenienti...

Se per Giovanni Battista c'è spazio per la domanda, per la ricerca, per la fede, perché non dovrebbe

esserci per noi l'assoluta certezza dell'assoluta domanda... Si Lui verrà! Ma il volto? Egli ci ha detto,

promesso la sua venuta... la Tradizione della Chiesa ci istruisce, ma nel presente della vita non c'è altra

strada.. spetterà ad ogni io che voglia porsi in relazione con il Tu di Dio, scoprirlo, conoscerlo e renderlo

presente agli altri nelle relazioni di ogni giorno... nei Tu che ci rendono Io...

Sei tu quello che deve venire?

Forse è meglio continuare ad aspettare...

Buona domenica... e buona relazione

Antonio Pinna. Premesso che la domanda o le domande suggerite faranno, credo, il punto di partenza o forse

il centro di ciò che dirò stamattina, tenuto conto di quanto Marco ha detto nell’incontro di venerdì, propongo un

possibile approfondimento a partire dal v. 12 eliminato dalla selezione liturgica che si ferma al v. 11:

«11

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più

piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. 12

Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli

subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. 13

Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a

Giovanni. 14

E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. 15

Chi ha orecchi, ascolti!».

L’invito «Chi ha orecchi ascolti» segnalava la conclusione dell’unità di senso, ma la selelzione lilturgica

saltandola (e togliendoci quindi la possibilità stessa di ascoltare) ha eliminato forse proprio la parte che poteva

spiegare perché «il più piccolo nel regno dei cieli è più grande» di Giovanni il Battista, che pure è «il più grande

tra i nati di donna».

Dopo la menzione di Elia (di cui si è parlato venerdì), e dopo i versetti sul gioco dei bambini artisti-attori non

ascoltati, metafora degli altri due “artisti-attori” non ascoltati e avversati, che sono il Battista e Gesù stesso, la

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sezione di senso del cap. 11 termina con la lode di Gesù a Dio perché «i piccoli» (già… cfr. v.11-12) capiscono

di Dio quello che gli “studiati” dottori religiosi non solo non comprendono ma distorcono a peso insopportabile

dei piccoli «affaticati e oppressi» dai loro insegnamenti sulla Legge («il «giogo»…), e che Gesù invece invita ad

accettare il suo «giogo dolce e leggero», cioè la sua interpretazione della Legge, riassunta nella sua stessa

persona «mite e umile di cuore».

Il punto centrale di questo sviluppo è proprio il v. 12, saltato, con l’espressione che riguarda il tema trattato

da Marco, venerdì, sulla violenza. Ce la fanno saltare perché? Forse perché contiene una frase su cui i traduttori

discutono. Di fronte alla traduzione al passivo più diffusa e adottata in italiano, voi trovate una traduzione

all’attivo tipo «il regno di Dio si fa avanti con forza» (cfr New Living Transalation), che è più o meno il

contrario. Il verbo sottostante, di fatto, può essere letto come passivo o medio, modo questo che indica un’azione

del soggetto riferita a se stesso. E che se noi allora traducessimo «il regno di Dio ‘sceglie’ di soffrire violenza»

saremmo non solo riportati al centro della discussione tra violenza e misericordia sull’edit di Marco (Statzu), ma

anche avremmo una traccia di riflessione per prepararci al prossimo incontro con Marco (Pala), su come Gesù

(attraverso Giovanni Battista-Elia) trasforma un Dio atteso umanamente violento in un Figlio d’Uomo-Figlio di

Dio evangelicamente misericordioso che “svela” (una diversa “apocalisse”?) la possibilità di interrompere ogni

catena di violenza, mettendoci di fronte allo specchio dei «nostri» giudizi di condanna (che fanno credenti

“stanchi e oppressi” invece che “ristorati”).

Alexandra Cabella: Omaggio a Giovanni Battista e al suo dubbio

Giovanni Battista ha avuto un dubbio, lui, l’ultimo profeta dell’antico testamento, il più grande, colui

che tocca con mano la realizzazione delle promesse, dubita. In carcere, abbandonato, confuso,

sconcertato, certo della fine che farà, si chiede se ha davvero annunciato l’Inviato di Dio. È l’ora della

prova.

Giovanni non decide da sé, lascia che sia Gesù a dare risposta al suo dubbio. La sua non è infatti una

mancanza di fede ma desiderio di comprensione. (Quanti dubbi sono più utili di tante accettazioni

acritiche fatte senza intelligenza e senza ricerca!)

E Gesù, alla domanda rivoltagli dai discepoli di Giovanni non si limita a rispondere “Sì, Sono proprio

Io!”. Ma dice loro di andare a riferirgli ciò che hanno visto. E cosa hanno visto? Hanno visto persone

trasformate!

-Siamo maschere o volti? Ci limitiamo a vedere o sappiamo guardare? Udiamo o ci fermiamo ad

ascoltare?

Che cammino è il nostro? Quello di una canna sbattuta dal vento, o ci prefiggiamo mete e ci mettiamo

alla sequela?-

Giovanni, che ha scelto il deserto e il digiuno nonostante la “nobile” discendenza, che con ardore ha

illuminato agli altri la via del pentimento e della conversione, si aspettava un Messia radicale che con la

scure tagliasse gli alberi infruttuosi.

Gesù invece zappa intorno agli alberi infruttuosi, li pota e li concima, aspetta che portino frutto. (Lc 13

6-9 Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò

messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”)

È mite e paziente. Il fuoco che porta è un fuoco che trasforma, senza consumare o incenerire.

Giovanni, che ha annunciato la conversione agli altri, ha avuto bisogno egli stesso di un’opera di

conversione.

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E Gesù ne fa l’elogio! Giovanni è Beato perché non rimane deluso dalle parole di Gesù e aderisce ad

esse riconoscendo a lui l’ultima e decisiva autorità; non trova in Gesù motivo di inciampo.

Giovanni è il Precursore, è il messaggero di Dio, la lampada che arde e risplende, è più di un profeta: è

il più grande! Il più grande dei nati da donna! Ed ha avuto un dubbio.

Antonio Pinna: Segnalo la voce "Guerra siro-efraimita" nel sito di Cathopedia, al link

http://it.cathopedia.org/wiki/Guerra_siro-efraimita

per situare in un contesto storico e letterario più completo la lettura di Isaia di oggi, che come al solito

"taglia" il vero segno, che non è la nascita straordinaria del futuro erede del trono in pericolo, ma il

fatto stesso che il re ha (cioè che Dio gli ha dato) un erede e che in breve tempo, prima del termine del

periodo di svezzamento, il territorio sarà liberato.

La cosa interessante, quindi, appare che, avendo Acaz rifiutato la proposta di Isaia di un segno

straordinario (strana proposta a dir il vero: quale allora il suo motivo qui?), il profeta lo invita a capire

invece le cose ordinarie che stanno accadendo. Prima Isaia era andato dal profeta con il suo figlio (dal

nome significativo "Un resto tornerà"), adesso dice al re "Tu hai un figlio, cioè Dio ti ha dato un

figlio", quindi la "casa di Davide" non è a rischio di finire.

Sapere capire il senso e il peso delle "cose" normali che continuano ad accadere...

Forse è quanto il testo di Matteo suggerisce anche per la storia di Giuseppe, che egli mette sullo sfondo

di tutta la genealogia, dove cose normali e strane accadono con altre quattro donne prima di Maria, ma

che in genere viene trascurata per seguire invece solo lo sfondo del "dubbio" di Giuseppe verso Maria,

quando il testo non parla affatto di dubbio ma di una prima "giustizia conforme" e di una seconda

"giustizia sovrabbondante" (che sarà poi il tema appunto in Mt del discorso della montagna...).

Domanda: allora, se la informazione di Mt sul concepimento di Gesù in Maria per opera della "ruah

adonai" è del tipo dei segni straordinari rifiutati da Acaz per poter proseguire nei suoi progetti molto

umani, in fin dei conti quale viene ad essere il suo valore di "buona notizia" per il suo aspetto infine

straordinario ma incanalato nella ordinarietà più ordinaria della vita di Giuseppe? ...

Alexandra Cabella ha condiviso un link: 12 dicembre alle ore 17:53:

https://www.facebook.com/groups/1740102382981191/permalink/1758216531169776/

L’intensità dell’obbedienza

Abramo inaugura la circoncisione nella storia sacra. La divinità gli chiede quella incisione nella carne

come segno perpetuo di alleanza da una generazione all’altra.

Il giorno stesso Abramo convoca ogni maschio della sua casa e procede all’operazione. In due soli

versi del capitolo 17 di Genesi/Bereshit si dà conto dell’avvenuta circoncisione in massa.

Mi capita di restare sospeso sopra un episodio di quella storia, di immaginarla spesso. Di questi versi

mi attira l’obbedienza. La circoncisione è sconosciuta a chi deve sottoporsi. Per primo tocca a Ishmael,

primo figlio di Abramo, poi a tutti i servitori. Davanti al capofamiglia si denudano e si fanno recidere il

prepuzio dalla mano ferma e dalla lama affilata. Immagino la fila, il sangue, il lamento della ferita, il

lavaggio del coltello tra un taglio e l’altro.

Immagino l’intensità dell’obbedienza.

Abramo, lui solo, ha ricevuto l’ordine, lui solo ne conosce la voce e la ragione. Gli altri ignorano il

senso, l’improvvisa urgenza, ma credono in lui e perciò si affidano alle sue mani. Sanno che è stato

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capace di scoprire e scavare pozzi nuovi, che sa piantare alberi nella siccità, che è portatore di

prosperità. Accettano di pagare il tributo di sangue per la fede seconda che a volte investe di prestigio

uomini salienti. Credono nella sua relazione con la divinità invisibile.

A differenza di tutte le altre conosciute, questa esclude immagini di sè, statuette e riduzioni varie a

manufatto. Suo strumento è la parola e quella deve bastare a fondamento di contatto e scambio.

Resto sospeso con queste molte righe a commentare un paio di versi telegrafici. È avvenuta l’impetuosa

obbedienza di tutti alla parola udita da uno solo. Vedo in questa obbedienza una libertà, la scelta di

aderire a un’alleanza.

Nel discorso di F.D. Roosevelt del 1941, quello delle quattro libertà, si ascoltano in quest’ordine:

libertà di parola e di culto, libertà dal bisogno e dalla paura. Sopra questa base si è costituita l’alleanza

di un popolo con il suo capofila, premessa di vittoria sui fascismi.

Erri De Luca

Dipinto murale ad affresco

Maffiolo da Cazzano (1524 circa), Circoncisione di Gesù Bambino

Chiesa del Santissimo Corpo del Signore, Algua

Angioletta Foddai 11 dicembre alle ore 9:15

Dalla pagina facebook di Massimo Terrazzoni

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" Si rallegri il deserto....."

Questa domenica la liturgia invita alla gioia.

Il deserto luogo di solitudine, apparentemente privo di vita e possibilità di vita è invitato a rallegrarsi.

Eh si........anche nel desero è sufficente una nuvola passeggera che offre un po di acqua......e il deserto

fiorisce.........

L'annunzio di gioia allora è per i nostri deserti.......fioriranno!

Basta esporli alla grazia del Bambino che viene a Natale.

Pax

Antonio Pinna nel deserto basta la rugiada della notte...

12 dicembre alle ore 6:45

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1.4 QUARTA DOMENICA DOI AVVENTO. Mt 1,18-24. Editoriale di Sr Rita Lai

Un battito d’ali, una parola d’eternità

La falegnameria apre presto la mattina. Ha custodito una notte di riposo, con gli odori di legno e di

colla conservati dentro. Giuseppe ha dormito lì, o meglio si è fermato, dopo il lavoro, senza prendere

sonno. E ora, alle prime luci dell’alba, l’alba di Nazaret, vorrebbe dormire, e sognare. Troverà pace

in una parola certa e prenderà sonno, forse…Ripensa alla notizia ricevuta ieri: la sua sposa...Non

hanno ancora fatto casa insieme, anche se davanti alla Torà sono già uniti. Ma come è possibile? Si è

sbagliato? Maria non è la donna che lui credeva, forse?… ma lui la ama. E nessuno, nemmeno Dio,

può cancellare un fatto così sicuro. I suoi occhi limpidi, il sorriso aperto. Vuole fare casa con lei. Chi

è questo estraneo che si frappone fra loro? Com’è entrato nel ventre della sua sposa? Giuseppe non

riesce a credere a quello che ha sentito e visto: sentito dagli altri, visto da lei. Si addormenta con

pensieri divisi, con dubbi che lottano nel suo cuore innamorato. Sognerà. Deve.

E lì un battito d’ali, una parola d’eternità, come quella che ha toccato il ventre di Maria. Eccola la

“colpa” della sua sposa: un sì sussurrato a mezza voce, una parola risposta, uno spazio aperto. Il si ad

un progetto d’eternità. E la certezza che anche Giuseppe capirà. Perché il loro amore sarà la casa del

Figlio: il ventre di lei, il cuore sicuro di lui. Anche per lui un battito d’ali, una parola eterna. L’uomo

non sa dire una parola eterna. Ma può accoglierla, e farla diventare uomo.

Rita Lai

Immagine di Alida Massari (dal web)

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Fra Roberto Carboni Ofmconv Grazie Rita.Suggerisco un testo di Pasquale Festa Campanile " Per

amore, solo per amore" , premio Campiello 1984, proprio sulla relazione fra Giuseppe e Maria. +frR

Antonio Pinna Il testo in questione conobbe nel 1993 una versione cinematografica per la regia di

Giovanni Veronesi, e la cui proiezione fu inclusa due anni fa come attività seminariale presso il

«Marianum» di Roma (vedi link http://www.marianum.it/Per-amore-solo-per-amore.pdf). Una idea per

i prossimi imput letterario-artistico-teologici?

Fra Roberto Carboni Ofmconv Sì, forse dobbiamo anche recuperare la figura di san giuseppe...

Alexandra Cabella San Giuseppe! Il Santo più trascurato di sempre. Eppure, senza di lui......

Antonio Pinna Proprio cosi, e chi lo valorizza purtroppo lo fa per il suo cosiddetto silenzio...

Alexandra Cabella Ha ben altri meriti.... sa ascoltare i sogni che lo abitano, lo sa fare perchè Ama

davvero e conosce il vero senso della giustizia, quello di non "mettere la legge prima della persona, che

è l'essenza della bestemmia": parole di Simon Weil.

Angioletta Foddai La figura di Giuseppe la abbiamo vista ed affrontata più volte in questi anni di

corso in Istituto ma forse mai come in questi due anni appena trascorsi lo abbiamo così ben compreso

!!! Anche Pasolini ci ha aiutato a riscoprire questo uomo giusto, del silenzio della fedeltà e dell' ascolto

!!!

Le bellissime immagini del suo viso, quando deve prendere la decisione che gli cambierà la vita , ci

rimandano un volto sereno ,aperto, franco, anche un po' in antitesi con i volti più duri degli altri

protagonisti del film !!

Giuseppe e' un uomo che ci ricorda quanto sia importante saper ascoltare , stare in silenzio e rimanere

fedeli anche nell' ora del dubbio e delle incomprensioni!! Ha accettato il' sogno" e come sappiamo chi

ama sa sognare !!!! Pur non avendo mai pronunciato parole nel Vangelo ( vado a memoria ) rimane uno

straordinario interprete del disegno di Dio !!!

Luca E Paola La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe

Tonino Bello,

Dimmi, Giuseppe, quand'è che hai conosciuto Maria?

Forse, un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio, con l'anfora sul capo e con

la mano sul fianco snello come lo stelo di un fiordaliso?

O forse, un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di Nazareth conversava in disparte sotto l'arco

della Sinagoga?

O forse, un meriggio d'estate, in un campo di grano, mentre, abbassando gli occhi splendidi per non

rivelare il pudore della povertà, si adattava all'umiliante mestiere di spigolatrice?

Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua

prima benedizione e tu non lo sapevi... e poi, tu, nella notte, hai intriso il cuscino con lacrime di

felicità?

Ti scriveva lettere d'amore?

Forse sì!

E il sorriso, con cui accompagni il cenno degli occhi verso l'armadio delle tinte e delle vernici, mi fa

capire che in uno di quei barattoli vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna!

Poi, una notte, hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua finestra, profumata di basilico e

di menta, e le hai cantato, sommessamente, le strofe del Cantico dei Cantici:

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"Alzati, amica mia, mia bella e vieni!

Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia e se n'è andata.

I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire

nella nostra campagna.

Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza.

Alzati, amica mia, mia bella e vieni!

O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso,

fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro".

E la tua amica, la tua bella, la tua colomba si è alzata davvero.

È venuta sulla strada, facendoti trasalire.

Ti ha preso la mano nella sua e, mentre il cuore ti scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle,

un grande segreto.

Solo tu, il sognatore, potevi capirla.

Ti ha parlato di:

Jahvé, di un Angelo del Signore, di un Mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo, di un

progetto più grande dell'universo e più alto del firmamento, che vi sovrastava.

Poi, ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio, e di dimenticarla per sempre.

Fu, allora, che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando:

"Per te, rinuncio volentieri ai miei piani.

Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te".

Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa

nascente. [...]

E io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei

a condividere il progetto del Signore.

Lei ha puntato tutto sull'onnipotenza del Creatore.

Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura.

Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza.

La carità ha fatto il resto, in te e in lei.

Luca E Paola Anche questa descrizione di San Giuseppe è molto bella!!!