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1 LA CAROVANA DEL LIBRO 2012 - IMPRESSIONI 22 - 25 aprile 2012 Cari amici della Carovana, dal 22 al 25 aprile 2012, la Carovana si è recata all’oasi di Akka. Anche se l’ultimazione dei lavori dell’autostrada tra Marrakech e Agadir, ha abbreviato il viaggio di due ore, abbiamo raggiunto Tata solo al tramonto del sole. La stessa oasi di Akka non dispone di alloggi, per questo siamo stati costretti a fare il tragitto Tata-Akka Tata (62 km) tutti i giorni. Akka è una delle più vaste e belle oasi del Marocco e vi si trova un enorme palmeto. La popolazione si compone di Berberi e Arabi. I disegni rupestri della regione testimoniano la presenza dell’uomo da migliaia di anni. Il tema dominante della Carovana era: “Akka, custode della storia”. Gli allievi e i professori hanno ricercato la propria storia, così come quella del Protettorato e la relazione storica Marocco- Francia- Marocco. Altri temi importanti erano il libro e la lettura, lo sviluppo di nuove idee e la realizzazione di nuovi progetti. C’era un’esposizione di libri e la consegna dei premi per i migliori componimenti e i disegni più belli. Era un piacere vedere che non solo al liceo ma anche alla scuola media, abbiamo incontrato alunni diligenti e molto interessati che ci hanno riservato una grande e calorosa accoglienza.

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LA CAROVANA DEL LIBRO 2012 - IMPRESSIONI 22 - 25 aprile 2012

Cari amici della Carovana, dal 22 al 25 aprile 2012, la Carovana si è recata all’oasi di Akka. Anche se l’ultimazione dei lavori dell’autostrada tra Marrakech e Agadir, ha abbreviato il viaggio di due ore, abbiamo raggiunto Tata solo al tramonto del sole. La stessa oasi di Akka non dispone di alloggi, per questo siamo stati costretti a fare il tragitto Tata-Akka Tata (62 km) tutti i giorni. Akka è una delle più vaste e belle oasi del Marocco e vi si trova un enorme palmeto. La popolazione si compone di Berberi e Arabi. I disegni rupestri della regione testimoniano la presenza dell’uomo da migliaia di anni.

Il tema dominante della Carovana era: “Akka, custode della storia”. Gli allievi e i professori hanno ricercato la propria storia, così come quella del Protettorato e la relazione storica Marocco- Francia-Marocco. Altri temi importanti erano il libro e la lettura, lo sviluppo di nuove idee e la realizzazione di nuovi progetti. C’era un’esposizione di libri e la consegna dei premi per i migliori componimenti e i disegni più belli.

Era un piacere vedere che non solo al liceo ma anche alla scuola media, abbiamo incontrato alunni diligenti e molto interessati che ci hanno riservato una grande e calorosa accoglienza.

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La maggioranza dei giovani era ben preparata e questo non è scontato, dato che non c’è sempre abbastanza trasparenza tra i professori al momento della trasmissione dei temi. Spesso, sono stati gli alunni a motivare i loro professori. Era una grande soddisfazione per noi. Ma passiamo al programma… Il 23 aprile era il primo giorno dopo le vacanze e le scuole aprivano solo il pomeriggio. Era una buona occasione per visitare Tata di mattina. Dopo la visita dell’oasi Afra, con la sua piccola cooperativa di datteri, si continuava vicino alla cooperativa Agadir Lahna per trovare una grande sorpresa: la sua direttrice, Aicha Ouskou che, vestita in abiti tradizionali, ci parlava e noi restavamo a bocca aperta. Se non avessimo visto nulla, ma solo ascoltato, avremmo potuto credere di essere a Parigi, perché Aicha, molto fiera della cosa, ci mostrava e spiegava la produzione dell’associazione, non solo in francese, ma anche con un perfetto accento parigino. Emigrata in Francia da bambina, è andata a scuola lì e lì ha anche terminato i suoi studi. E‘ solo dopo una delle sue vacanze a Tata che ha deciso di voltare le spalle all’Europa e di restare a Tata. Ha messo su da sola la sua associazione e ha anche educato i suoi 4 figli. Secondo il rendimento, la varietà della produzione aumenta sempre di più. In questo momento, le donne producono il couscous integrale, i legumi secchi, l’henné e il khoul, prodotti che nessun‘altra cooperativa vende.

La visita successiva non ci avrebbe riservato meno sorprese. Si trattava della distribuzione dell’acqua. Affascinante, geniale, democratico, erano questi i primi aggettivi che mi venivano in testa, in merito a questo sistema che esiste da centinaia di anni. Sotto un piccolo tetto di foglie di palma c’era un gruppo di uomini e ragazzi. Fra questi, due lavoravano. In mezzo, c’era un vaso e in questo vaso, un recipiente con un piccolo buco che si riempiva d’acqua. Una volta che l’acqua usciva fuori e che il recipiente la rovesciava, erano passati 45 minuti, uno dei due uomini faceva un nodo in una corda, la famiglia successiva riceveva la sua razione d’acqua, ecc. I due uomini responsabili hanno una posizione alta nell’oasi, il loro posto si tramanda di padre in figlio.

Il pomeriggio, siamo partiti per Akka dove siamo stati accolti con canti e danze, realizzati dagli alunni del liceo.

Con l’aiuto dei professori, Jamila ha esposto i libri in francese, in arabo e in inglese. Questi sono messi a disposizione dal servizio culturale dell’ambasciata degli Stati Uniti a Rabat, così come della libreria Hassoune a Marrakech. Dopo la Carovana, restano nelle biblioteche scolastiche e durante il soggiorno della Carovana, gli alunni hanno l’occasione di frugare nei libri e chiedere consigli a Jamila.

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Nello stesso tempo, al liceo sono cominciate le attività di laboratorio. Nelcya Delanoe e Christelle Taraud, due francesi di discendenza marocchina, hanno scritto dei libri sul tema della colonizzazione del Maghreb e sul Protettorato. Insegnano questa materia soprattutto nelle Università in Francia e negli Stati Uniti. I loro assistenti, i professori, Oualaaich e Al Idrissi avevano già preparato il tema con i liceali. Tanto Nelcya quanto Christelle erano entusiasmate dall’interesse dei loro interlocutori e insieme hanno improvvisato e risposto alle numerose domande degli alunni. La traduzione in arabo del prof. Rabéa Filali permetteva uno scambio di pensieri molto vivace. Sfortunatamente, mancava, come sempre, il tempo di fare il riassunto di questo laboratorio.

Lisz Hirn, filosofa e poetessa viennese aveva preparato il laboratorio “Oasi delle parole“. Invitava gli studenti a riflettere su loro stessi e sul loro mondo al fine di trasformare questi pensieri e queste riflessioni in frasi poetiche e in poemi. Ne sono nati bei poemi sull’amore, l’amicizia, la vita e la morte. Ma leggete il riassunto di Lisz: „In generale, le Carovane sono grandi compagnie di viaggi che fanno affari e trasportano merci e notizie, per la maggior parte a dorso di un cammello o di un asino. E se questa Carovana è in strada in minibus e in jeep, non fa che trasportare libri, la comunicazione tra carovanieri e abitanti dell’oasi e lo scambio del sapere. Sono soprattutto gli alunni del liceo Al Mansour Eddahbi e della scuola media di Akka che con la loro accoglienza calorosa hanno permesso questo fruttuoso scambio. Il successo dei laboratori era soprattutto merito degli alunni che hanno dato prova di grande talento e ambizione. Il mio laboratorio aveva come tema la poesia. E‘ per questo che presento il lavoro di due ragazze che rappresenta il cuore del lavoro dei Carovanieri e forse anche l’idea iniziale della „Carovana del Libro“: dare speranza e sapere ai giovani.“

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L´espoir Si ce n´est pas l´espoir que j´ai en moi Ma vie serait vraiment perdue. Grâce à lui je me bats et résiste Me fais sortir d´une nuit éternelle À jamais pour un jour lumineux et beau. Elhgalya Raâroussi, Rachida Amzil/ Collège Akka La mort La vie me fait son adieu. La tombe m´attend Et la mort sur ma lèvre. Ma vie, que tu es belle! J´aime bien être vivante Mais si difficile que je te quitte Mais tu es un monstre sans défi. Rachida Amzil/ Collège Akka „Se ora noi Carovanieri possiamo ritornare sorridenti alla nostra vita quotidiana occidentale, è perché abbiamo avuto l’occasione di riunire, nell’ambito della Carovana di quest’anno, delle esperienze che siccome sono ottimista e fiduciosa, avranno una durevole influenza sulla nostra vita. Abbiamo trovato nuovi amici, nuove conoscenze, abbiamo conosciuto degli alunni e dei professori che non avremmo mai incontrato senza quest’“evento“. E‘ per questo che ringrazio l’instancabile Jamila Hassoune e Françoise Grabowski che è sempre stata padrona della situzione e nostra indispensabile „traduttrice“, Rabéa Filali. Con il loro laboratorio „sensibilizzazione di un turismo culturale nell’oasi“, Aasma e Zakaria Laghrissi, così come Hafida El Ouaroui, membri dell’organizzazione „Karawan“ (Italia) hanno tentato di motivare le giovani generazioni a prendersi cura dell’ambiente e delle sue ricchezze naturali, di conservarle e svilupparle. E‘ un fatto che l’oasi permette un turismo ecologico quando si sa come fare: rispettare le strutture locali, qualità sì, quantità no, e soprattutto non dimenticare la disponibilità limitata dell’acqua che non permette la costruzione di un campo da golf, la progettazione a lungo termine e la divisione di perdite/profitti.

Stupore all’inizio del laboratorio di Françoise Grabowski quando ha detto: „Sinergia, o perché 1+1=3“. Questo progetto durava 3 giorni e si faceva con 8 alunni del liceo, così come l’Associazione delle donne Al Mahabba. Noi l’abbiamo nominato „Akkasyn“. Lo scopo ultimo era di sviluppare un semplice sito web che presentava il gruppo, l’oasi e il progetto. Era necessario, per questo, dividere

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il gruppo in tre, dando a ciascuno la responsabilità di un compito specifico: scegliere un prodotto artigianale fra le donne dell’associazione, negoziare il prezzo, imparare come calcolare un prezzo di vendita e come cercare nuovi mercati, via internet. Poco a poco, i partecipanti sono riusciti a sviluppare delle idee e a conservare i loro modi di procedere in un piccolo dossier.

L’indomani siamo andati dalle donne per negoziare. Queste hanno accettato di negoziare solo con i ragazzi. Sono stati scelti tre oggetti per la vendita, con il vantaggio di un peso minimo (per le spese del trasporto) e di un prezzo conveniente. Il contratto berbero è stato concluso: le due parti alzano il pollice della mano destra. Regola le condizioni di consegna e di pagamento. I testi per il sito web sono pronti. Françoise, al suo ritorno, preparerà il sito in Italia. Era molto interessante constatare la gioia degli alunni, vedendo „crescere“ il loro progetto, tanto che hanno perfino sacrificato il loro tempo libero.

24 aprile 2012 Siamo andati alla scuola media. Anche qui, un’accoglienza calorosa e moltissimi alunni che ci stringevano la mano, ci ponevano domande e volevano tutti essere presenti sulla foto! Il progetto „Sinergia“ continuava con gli alunni del liceo. Abbiamo incontrato le donne dell’associazione Al Mahaba. Nel suo laboratorio „poesia delle parole“ Lisz Hirn lavorava con alunni più giovani. I temi dei poemi erano più malinconici: la morte, la solitudine, la disperazione ma anche il desiderio di salvare Akka. Asmaa e Zakaria Langhrissi, così come Hafida Ouaroui hanno organizzato un laboratorio, chiamato „raccontami una storia“. Hafida ha per questo raccontato la favola di Cappuccetto Rosso, lasciando aperta la fine e invitando gli alunni a trovare una fine a questa favola. In seguito, c’era una vivace discussione sulla morale e la simbologia della storia. Il passo successivo era quello di far sì che gli alunni raccontassero una loro storia. La migliore è stata letta davanti a tutti alla consegna dei premi. Christelle Taraud e Nelcya Delanoe hanno ripetuto il laboratorio. Hanno constatato che gli alunni della scuola media erano un po’ meno preparati e che, naturalmente, mancava ancora loro la maturità dei liceali. Le nostre due studiose di storia hanno trovato il modo per affascinare gli alunni per una parte della loro storia e hanno risposto a un gran numero di domande.

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Daniela Schwenderer ha sostituito subito Fatima Mellal che ha dovuto annullare la sua partecipazione all’ultimo momento. Nel suo laboratorio, Daniela ha parlato della mediazione, un tema fino ad allora totalmente sconosciuto agli allievi. Risolvere i conflitti con l’aiuto di un mediatore, spinge a riflettere e a rendersi conto della propria responsabilità, poiché alla fine della mediazione, le due parti devono trovare loro stesse una soluzione alle loro dispute.

Dopo la consegna dei premi per i migliori disegni, c’era un incontro con Rabéa Filali e un gruppo di alunni. Questi ultimi erano curiosi di sapere, come Rabéa era riuscita nella sua vita professionale come professore universitario. Ha tentato di spiegare loro fino a che punto è importante studiare diverse lingue, leggere, avere iniziativa e essere responsabile di sè stessi. Il suo riassunto: Chi lavora bene ha diritto ad una borsa di studio e può anche andare all’estero per specializzarsi.

Nel pomeriggio, la Carovana ha visitato la Kasbah Agadir Ousrou e due laboratori per donne. Ci hanno anche spiegato il sistema della distribuzione dell’acqua. A fine pomeriggio, ci siamo tutti ritrovati in un corteo di matrimonio, una festa per gli occhi e per le orecchie. Queste affascinanti berbere vestite con i loro abiti tradizionali, accompagnati dai musicisti e portando sulla testa i regali per la giovane coppia. Un bel finale per una giornata formidabile.

Il 25 aprile, il lavoro è cominciato al Centro Culturale di Akka. Con i prof e gli alunni delle due scuole, abbiamo fatto il riassunto dei laboratori. Abbiamo recitato i migliori poemi e Rabéa Filali li ha tradotti dall’arabo in francese. Il migliore componimento è stato così ben presentato dall’allievo che abbiamo avuto l’impressione di capire di cosa si trattava, anche senza conoscere la lingua araba. Ma la signora Filali ha naturalmente avuto la gentilezza di tradurre in inglese.

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Il laboratorio „storia“ ha presentato un video nel quale Christelle Taraud aveva ancora riassunto le date e i fatti essenziali del suo lavoro. Françoise Grabowski ha parlato solo brevemente del suo laboratorio, lasciando la parola ai „suoi“ alunni. Questi dopo un inizio un po‘ nervoso, sono riusciti a spiegare chiaramente il loro lavoro e lo scopo ultimo, impressionando gli altri alunni. L’ambiente era molto piacevole e positivo. Eravamo tutti d’accordo sul fatto di aver trovato professori aperti e alunni interessati e ciò ha permesso di portare a termine un lavoro fruttuoso.

Il direttore della scuola elementare ci aveva domandato di fare una sosta alla sua scuola, sulla nostra strada al „Museo dello Sheikh Omar“. Ovviamente gli abbiamo reso questo piacere. Ci ha mostrato una placca commemorativa per l’antico direttore della scuola che, pagando con la sua stessa vita, ha salvato i bambini della scuola, in un attacco del Polisario. Questa scuola ha una piccola stazione radio e anche una sala di musica, per la quale si cerca, sfortunatamente invano, un professore. La visita del museo privato era molto emozionante. Qui, in pieno deserto, un uomo ha raccolto tutto il suo sapere e i suoi ricordi contro l’oblio. Brahim Nouhi, il direttore del museo, ha 81 anni. Con sua figlia, dirige il museo e fa la guida. Come soldato dell’esercito della Liberazione e più tardi come giornalista di MAP (Maghreb Press), ha avuto una vita molto movimentata. A quell’epoca gli è venuta l’idea di collezionare delle foto, dei documenti e degli oggetti del tempo. Al museo si trovano quindi armi di piccolo calibro e vecchie macchine fotografiche, documenti, lettere e manoscritti. Vi si trova una grande collezione di foto di personalità del mondo politico e altro.

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A fine giornata, c’era un’ultima passeggiata nel deserto al fine di visitare i disegni rupestri. Questi sono molto ben conservati e non ci resta che sperare che lo Stato li classifichi come monumento storico.

Questa visita terminava la parte ufficiale della Carovana del Libro. La sera c’era una riunione dei Carovanieri, un’occasione per scambiare le nostre impressioni. Sharon Corrigan ha accompagnato la Carovana come osservatrice e ci ha inviato le sue impressioni al suo ritorno a San Diego (Stati Uniti) Eccone un estratto: Sharon Corrigan (San Diego-USA)- Riflessioni da San Diego Mi mancano le donne di Akka e di Tata, gli occhi dei bambini, i colori, lo spirito di solidarietà, i deliziosi pasti, mi mancano Jamila e Françoise. Sono molto impressionata dall’apertura, dalla curiosità e la cooperazione degli alunni, ma anche dalla professionalità dei carovanieri. Ho un enorme rispetto per tutte queste donne che, giorno dopo giorno, trasportano sulle spalle dei pesi enormi, sotto un caldo torrido, senza perdere il sorriso. Ma come sono belle queste donne berbere con i loro vestiti di tutti i colori, i loro gioielli in argento e questi disegni di henné a filigrana sulle mani e sui piedi. Sono molto diligenti e fanno un lavoro artigianale di alta qualità. Ciò che mi ha molto emozionato è il modo in cui sono integrati i giovani handicappati.

Queste persone vivono in un mondo che cambia a grande velocità. L’acqua è distribuita come centinaia d‘anni fa, ma si conservano i modi, con il cellulare all’orecchio. Gli alunni e i professori conoscono Facebook e l’I-phone e grazie a Internet ricevono le notizie da tutto il mondo. E in tutto questo, Jamila, instancabile combattente per la lettura e la libertà dei pensieri. Gli alunni e i professori l’amano, perché è chiara nelle sue idee e nelle sue azioni. Non dimenticherò mai le danze e la musica e mi ricordo del loro modo di salutarsi: dapprima deporre un bacio sulla propria mano, mettere questa sulla mano dell’altro e poi mettere la propria mano sul cuore. Ci sono stati tanti incontri interessanti e mi occorrerà ancora molto tempo per assimilare tutto questo, ma una cosa è certa… era la mia prima Carovana ma non l’ultima. Marzia Bisognin ha scritto un testo molto bello:

Caravane du livre 2012

Mi porto a casa il caldo del deserto, la polvere soffice, le donne imbozzolate in magnifici tessuti.

Mi porto a casa i bicchieri di tè dolce, il tempo trascorso seduti sui tappeti, le mani ruvide e callose delle

donne che stringono le mie, l’ospitalità con cui ci accolgono.

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Mi porto a casa la bella Zara dal portamento regale, che non è più voluta andare a scuola dopo che è

stata picchiata, che non è sposata e nemmeno ci tiene, e lavora nell’associazione di Aicha.

Mi porto a casa la scuola di Akka, che sembrava davvero di essere in una scuola dell’antica Alessandria

d’Egitto, con nugoli di ragazzi e ragazze animati dalla febbre di chi si sta buttando nella vita.

Mi porto a casa la loro curiosità, i loro sguardi aperti e mai sfuggenti, i loro sorrisi, il loro calore, la loro

avidità di conoscere.

Mi porto a casa le ragazze che hanno voluto conoscermi, intraprendenti e schiette, e la ragazza che mi ha

fermato solo per dirmi che le piacevano i miei occhi.

Mi porto a casa le storie sui tanti ebrei che abitavano lì, e che oggi sono migrati verso le città, verso

Israele o verso il Canada. E l’intervento del direttore della scuola, che dice di come gli ebrei siano presenti

in tutta la loro cultura, e racconta di quando sua madre prendeva con un mestolo il sangue del montone

appena ucciso, intingeva la mano e faceva una croce all’esterno della porta di casa.

Mi porto a casa l’incontro tra la vecchia Henryane e i giovani della scuola che la ascoltano narrare della

Tangeri della sua giovinezza, cosmopolita e internazionale.

Mi porto a casa il vulcanico direttore della scuola primaria, che ci ha trascinato a vedere le incisioni

rupestri neolitiche facendo una magnifica camminata nel deserto. I suoi racconti di quando il Fronte

Polisario attaccò la scuola e quella dei quaderni degli studenti delle famiglie ebree che poi hanno lasciato

Akka, che loro conservano nella speranza di restituirli ai proprietari.

Mi porto a casa l’incredibile silenzio del deserto e la mia camminata solitaria.

Mi porto a casa gli uomini che di lavoro stanno tutto il tempo a guardare la ciotola dell’acqua.

Mi porto a casa la visita all’oasi sulle tracce del cammino dell’acqua, accompagnati dalla nostra guida, il

motociclista della Falcon rossa. La bellezza dei piccoli orti sotto il fresco delle palme, che mi fanno

pensare alla mia Mirleft. E i bambini che ci seguivano e giocavano a nascondersi quando gli puntavo la

macchina fotografica, e che hanno fatto tutta la strada del ritorno suonando percussioni improvvisate, e

Fausto che ballava davanti a loro.

Mi porto a casa l’emozione di Hafida, Aasma e Zakaria, che scoprivano un Marocco che nemmeno i loro

genitori conoscono.

Mi porto a casa i tajine e i cus cus squisiti, e soprattutto l’insuperabile tajin con prugne e uvetta.

Mi porto a casa la performance di Jamila in abiti da cerimonia, le sue risate, la sua energia e il suo

fischietto arancione.

Mi porto a casa quei quindici minuti di ballo inaspettati a suon di percussioni, brucianti come un lampo di

passione, dopo un pranzo abbondante.

Mi porto a casa Adnan che ci porta sul tetto della casa di Agadir Ouzrou e ci mostra il panorama delle

case costruite con il fango rosato, e tutt’intorno il deserto, e dice “c’est magnifique….” ed è vero.

Mi porto a casa tutte le ragazze premiate per le migliori poesie.

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Mi porto a casa le nostre belle colazioni insieme e le cene, che presto sono diventate familiari e ci hanno

permesso di conoscerci. Noi diciotto.

Mi porto a casa la piazza di Tata, i tavolini sulla strada, le case rosa, la gente che passeggia e che sta

seduta a godersi il fresco della sera.

Mi porto a casa il gruppo di adolescenti che ha chiesto a Rabea come avesse fatto a diventare quello che

è, e lei ha tenuto una magnifica lezione sull’arte di essere protagonisti della propria vita: “Sono quella

che sono perché ho studiato. Dovete studiare e chiedervi ogni sera cosa avete imparato. Condividete con

gli altri il vostro sapere, e apprendete dal sapere degli altri. Ognuno di noi è responsabile del futuro di

tutti, e le cose non piovono dal cielo”. Quaranta minuti di appassionata lezione, che i ragazzi seguono

come rapiti da lei, anche io che non capisco una parola di arabo.

Mi porto a casa il corpo asciutto da vecchio albero del combattente per l’indipendenza del Marocco, poi

militante comunista, che ha deciso di aprire un museo con l’archivio di cose che ha raccolto nella sua

lunga vita.

Mi porto a casa la bella faccia di Aicha, vissuta 18 anni in Francia e poi tornata in Marocco, energica

matrona dell’associazione di donne dove lavora.

Mi porto a casa i saluti con i ragazzi, l’ultimo giorno, e le foto con loro.

Mi porto a casa il mio scialle berbero come quello delle donne berbere, il succo di datteri delle donne di

Agadir Ouzrou, l’olio di argan, le essenze di gelsomino e zagara.

Mi porto a casa questo magnifico terrazzo dove tra poco farò colazione, nel centro di Marrakech.

Mi porto a casa l’opulenza della piazza di Marrakech, i musicisti, i bambini che ballano, i serpenti che

strisciano e tirano su la testa, i banchetti di carne, datteri, fichi secchi, arance, curcuma e cumino, i

carretti di dolci che passano, gli uomini che ti assaltano per farti mangiare nel loro baracchino, le donne

che fanno i disegni di henna nelle mani, il brulichio del suck.

Mi porto a casa gli asini dallo sguardo commovente, che ragliano anche nel centro di Marrakech, e le

cicogne che arrivano qui dall’Alsazia.

Mi porto a casa la calma placida dei paesi nel deserto e il traffico caotico di Marrakech. Il caldo delle

notti a Tata e il rumore della pioggia notturna a Marrakech.

Mi porto a casa i Schukran, Sabah al-khir, Salam, Insha'Allah….

Schukran a tutti !!!

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Anche la giornalista Joan Haim ha accompagnato la Carovana e ci trasmette le sue impressioni:

Sono tornata dal Marocco con la testa e il cuore pieni zeppi di immagini luminose, ma soprattutto di

sensazioni forti di benessere derivante da incontri molto intensi con persone che comunicavano calore

umano, desiderio di scambio e curiosità sincera di conoscere ed interagire.

La "parentesi" di Marrakech è sempre divertente, ma anche stride in contrasto con la vera meta della

Carovana che era Akka, un'oasi nel profondo sud del deserto quasi al confine con l'Algeria. Qui abbiamo

avuto l’accoglienza di ragazzi e insegnanti di un liceo (circa 600 studenti) e di una scuola media (circa 900

iscritti) che ci hanno fatto sentire l’entusiasmo di avere uno scambio attraverso i laboratori che alcuni di

noi hanno animato. Sono stati anche allestiti spettacoli di danza e musica da parte degli studenti.

Certo, il tempo a disposizione era veramente poco (due ore e mezza per ogni gruppo), ma i ragazzi erano

molto coinvolti e partecipi. I temi trattati sono stati la storia più recente, la cura del patrimonio storico ed

ambientale, la costruzione di un piccolo progetto di sviluppo locale, la narrazione di racconti e la

creazione componimenti poetici in cui anche i più giovani hanno espresso struggenti malinconie,

speranze, timori per un avvenire molto incerto e preoccupazioni (da parte delle ragazze) per una

condizione "a rischio" di violenza. Sono state premiate le poesie più "riuscite", anche se ce n’erano tante

significative ed efficaci. Le scuole ci sono parse molto rapporti buoni tra studenti e insegnanti che sono

quasi esclusivamente uomini data la collocazione geografica molto decentrata del villaggio dove non

tutte le abitazioni hanno acqua e luce elettrica e dove quasi non esistono mezzi pubblici di collegamento,

per cui i ragazzi percorrono a piedi lunghi chilometri per raggiungere l'edificio scolastico.

Un ruolo importantissimo, da protagoniste, lo hanno avuto le donne del villaggio che ci hanno accolto

nelle loro cooperative dove lavorano datteri o cuscus e "henné" ed altri prodotti locali e che ci hanno

allestito pranzi veramente squisiti, profumati con le spezie e presentati in piatti variopinti con eleganti

composizioni. Anche i locali dove ci offrivano cibo erano addobbati a festa e tutto profumava di

generosissima ospitalità e presto si è creata una complicità, una capacità di comunicazione al di là delle

lingue incomprensibili; anche attraverso la musica e il ballo accompagnato da percussioni sia delle donne

stesse che di un gruppo di giovani diventato esperto delle antiche tecniche tradizionali di canti sacri e

tamburi.

Abbiamo visitato anche il palmeto (gli alberi sono minacciati di estinzione per colpa di una malattia che

si è diffusa recentemente) particolarmente curato con sistemi elaborati di irrigazione con l’acqua che

tende a diminuire: i tempi assegnati alle varie porzioni del palmeto sono scanditi da una speciale

clessidra ad acqua di cui sono custodi per via ereditaria alcuni uomini che fanno di mestiere i "guardiani"

di questo particolare sistema di calcolo orario.

Jamila Hassoune, l’ideatrice della Carovana, è davvero eccezionale. Ha sempre dimostrato un’enorme

energia, una capacità di gestire il gruppo dove non mancano persone (pochissime!) che piantano piccole

rogne.

Tuttavia nell’insieme le persone che partecipano alla carovana sono molto gradevoli e interessanti.

Spicca la personalità di una "grande vecchia": Henryane de Chaponay di origini aristocratiche, ma

completamente "devota" alla causa della libertà e del rispetto delle diverse culture: ha partecipato alla

lotta per l'autonomia del Marocco e ai programmi di sviluppo rurale dopo la proclamazione

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dell’indipendenza. Ha 88 anni ed è anche fisicamente un po' malandata (un ictus lo scorso anno) ma è

instancabile e ha affrontato coraggiosamente i 37 gradi del deserto, entusiasmandosi per ogni incontro,

in particolare con i ragazzi delle scuole (ha una passione per l’educazione dei giovani).

Alcuni "flash" particolarmente significativi: Aicha, poco più che quarantenne, che dirige una cooperativa

di donne che lavorano il cuscus e producono alcuni oggetti di artigianato. L'abbiamo intervistata per la

sua capacità di costruire continuamente piccoli/grandi progetti di impresa, dopo aver scelto di crescere

da sola i suoi cinque figli, avendo deciso di lasciare i due mariti imposti dal padre; un gruppo di giovani

musicisti e danzatori, che ci hanno allestito uno spettacolo affascinante molto intenso a base di

percussioni e canti rituali a una sola voce di origine molto antica, probabilmente sacra: hanno deciso di

raccogliere una vecchia tradizione che si va estinguendo, anche perché gli uomini adulti della regione se

ne vanno a lavorare lontano all’interno del loro stesso paese, oltre che all’estero.

Per questo sono molte le donne che non si sposano, ma non sembrano patirne particolarmente e forse

seguono destini più autonomi di emancipazione. Fra di loro ci sono quelle di una cooperativa che ci hanno

spesso allestito pranzi squisiti come raccontavo sopra. Sono vestite in modo tradizionale: molto eleganti,

con gonnelloni di stoffa damascata dai colori sgargianti e variopinti se non neri, sono sorridenti e paiono

gioiose; ce n'era una particolarmente bella che ci ha raccontato di aver abbandonato la scuola perché il

maestro la picchiava: adesso si dichiarava appagata e felice di lavorare la pasta di datteri e di non aver

nessuna intenzione di avere un marito!

Insomma, è stata un’esperienza davvero entusiasmante: una serie di incontri veri ed estremamente

arricchenti!

Asmaa Laghrissi dell’Associazione “Karawan” (Italia) aggiunge le sue impressioni e le sue belle foto:

L’evento della Carovana del Libro ha preso inizio a Marrakech, presso la libreria di Jamila Hassoune, la promotrice dell’iniziativa che quest’anno si è svolta ad Akka, piccola cittadina ad una settantina di kilometri da Tata. E’ nella libreria di Jamila che i primi arrivati nell’attesa del restante gruppo, hanno cominciato a fare conoscenza e scambiare quattro chiacchiere su ciò che ci attendeva.

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Dopo diverse ore di viaggio fatte attraversando paesaggi magnifici passando dalla terra rossiccia di Marrakech fino alle alture rocciose e le ricche oasi arriviamo a Tata. Teniamo subito a precisare il grande piacere nell’aver avuto l’opportunità di essere accompagnati durante l’intero evento da Hasan, l’autista dell’autobus che oltre ad averci accompagnati in questa esperienza, ci ha anche fornito preziosissimi dettagli sul territorio e gli abitanti. Arriviamo a Tata verso sera, il tempo di cenare e ci fiondiamo tutti a dormire per recuperare le forze e prepararci per il giorno seguente.

Sono le 9 del mattino, il sole è già in alto e il paesaggio che si intravede dall’hotel è incantevole. Dopo la colazione ci fiondiamo tutti sul pullman in direzione di Akka..l’avventura può cominciare! In programma vi è la visita alla cooperativa Afra, la cooperativa è stata costruita di recente e al suo interno sono presenti macchinari e spazi per la lavorazione dei datteri. Qui infatti vengono prodotte le marmellate di dattero, succhi concentrati e altri prodotti locali quali lo zafferano. La cooperativa è gestita dalle donne del posto che ci hanno accolto calorosamente mostrandoci gli spazi e le modalità di lavorazione dei prodotti. Attraverso questo spazio e le opportunità di commercio che emergono, le donne del posto riescono così ad impiegare il loro tempo nella lavorazione di prodotti a loro ben noti e allo stesso tempo a diventare autonome finanziariamente.

Successivamente, dopo una breve visita presso un santuario locale eretto su una cima rocciosa ci siamo diretti verso le oasi di Akka, qui guidati da Hicham, un formidabile ragazzo che conosce bene il territorio,

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siamo venuti a conoscenza delle modalità di irragazione e fecondazione dei palmeti. Sempre qui abbiamo fatto la conoscenza di Zahra, una bellissima e simpaticissima ragazza che ci spiegava il motivo per cui nella regione vi erano motissime donne che oltre a dedicarsi alla famiglia gestivano “l’economia” del territorio. Il motivo, come ci è stato spiegato da Zahra, risiede nel fatto che gli uomini sono emigrati nelle grandi città del Regno del Marocco dovendo quindi lasciare tutta la gestione in mano alle mogli, sorelle e madri e facendo ritorno a casa solamente due volte all’anno in occasione delle festività del Eid al Adha e Eid al-Fitr (Festa del Sacrificio e Festa della fine del Ramadan).

Sempre in compagnia di Zahra e Hicham, il gruppo si è intromesso in una “seduta” molto particolare. Qui infatti siamo riusciti ad incontrare gli uomini anziani del villaggio che erano incaricati di gestire la suddivisione dell’acqua, importantissima risorsa naturale della zona, all’interno dei palmeti e per l’intero villaggio. Dopo una minuziosa spiegazione delle modalità di ripartizione gli uomini del posto ci hanno mostrato come attraverso uno strumento rudimentale fatto di bronzo e utilizzato dalle popolazioni del posto da ben oltre sei secoli veniva fatta una ripartizione equa delle risorse idriche. A quanto pare si tratta di un metodo tanto infallibile da non essere stato sostituito dalle nuove tecnologie.

Dopo queste prime visite, gli stomaci di noi viandanti hanno cominciato a chiedere aiuto! ed è in questo momento che ci siamo diretti nella favolosa cooperativa “Agadir Lahna” ossia una cooperativa fondata da Aicha, una donna formidabile e coraggiosa che dopo aver vissuto molti anni in Francia ha deciso di ritornare nel suo villaggio per essere d’aiuto alla sua gente fondando l’associazione con altre due donne

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del posto. Col tempo l’associazione si è organizzata in spazi per la lavorazione dei prodotti locali (cous cous, spezie, erbe officinali, prodotti cosmetici, abbigliamento locale etc..).

Dopo aver mangiato un delizioso cous cous lavorato e cucinato dalle stesse donne dell’associazione e aver scambiato quattro chiacchere con loro ci siamo diretti al Liceo Al Mansour Eddahbi dove ci attendeva la prima fase del progetto didattico degli Atelier. Arrivati al liceo scopriamo che i ragazzi avevano organizzato per noi uno spettacolo folkloristico per darci il benvenuto. Erano infatti vestiti con gli abiti tradizionali e muniti di strumenti musicali del posto.

Dopo varie danze e discorsi ufficiali, i singoli partecipanti della Carovana si sono diretti nelle diverse classi assegnate. Karawan, aveva una classe composta da oltre trenta partecipanti ragazzi e ragazze dell’ultimo anno e dopo una presentazione dell’associazione abbiamo loro introdotto il tema del Turismo Responsabile. Inoltre, attraverso la presentazione power point e un breve documentario incentrato sul traffico illegale delle palme si è creato un interessante dibattito a cui hanno preso parte anche il direttore del liceo ed un membro di un’associazione locale dedita alla salvaguardia delle risorse idriche del posto. Il tutto è durato tre ore ma considerando il forte interesse dei ragazzi verso l’argomento e il magnifico clima costruttivo che si era venuto a creare possiamo tranquillamente dire che tre ore non sono state affatto sufficienti.

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Terminati i lavori e dopo aver salutato tutti siamo ritornati in hotel per una breve sosta, dopodiché ci siamo nuovamente diretti verso l’associazione di Aicha dove abbiamo potuto assistere ad un favoloso spettacolo della danza “Ahwash” danza eseguita da un gruppo di una ventina di giovani con abiti tradizionali che ci hanno incantato e fatto divertire grazie alla musica e alle danze folkloristiche eseguite in gruppo e a cui abbiamo partecipato tutti.

Il giorno successivo il gruppo si dirige nuovamente ad Akka ma stavolta presso il Collegio di Akka. Anche qui i gruppi sono stati suddivisi e Karawan aveva una bellissima classe di una quarantina di studenti, tutti vivaci ricchi di curiosità e molto attenti. Dopo aver presentato loro l’associazione, abbiamo introdotto l’atelier delle “Favole del Deserto”. Durante atelier è stata fatta una lettura di una favola ambientata nel deserto, scritta in Italiano e pubblicata in una raccolta di favole. La lettura è stata fatta in lingua italiana seguita dalla traduzione consecutiva in arabo. Tale scelta è stata motivata per permettere agli studenti di aver l’opportunità di ascoltare un racconto in una lingua a loro sconosciuta come l’Italiano. A termine della lettura e con l’aiuto di Rachid, professore di arabo, è stata fatta un’analisi delle caratteristiche delle favole. Dopodiché abbiamo consegnato ai ragazzi fogli, penne matite e pastelli colorati e abbiamo loro chiesto di scrivere una favola che è stata loro tramandata dai nonni e genitori, il tutto accompagnato da disegni che illustrano la favola scelta. In tale occasione Karawan ha selezionato tra tutte una favola che è stata successivamente esposta durante l’ultima giornata della visita al Collegio.

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Terminato l’Atelier, ci siamo diretti per fare visita alla Kasbah d’Agadir Ouzrou, distante cinque kilomentri da Akka, successivamente ci siamo diretti verso l’associazione Al Mahaba gestita da donne del posto dove abbiamo avuto modo di conversare con loro visitando anche un piccolo spazio di raccolta di oggetti artigianali tipici del posto. Una parte del gruppo si è invece recata ad una magnifica Oasi non molto distante dall’associazione: un posto magnifico dove facilmente si poteva pensare di essere in un vero paradiso terrestre. Vi erano infatti palmeti circondati da appezzamenti di terreni fioriti e brevi canali idrici dove il suono dell’acqua assieme al cinguettio degli uccellini rendeva ancora più mistico il posto. Ancora ci chiediamo come abbiamo fatto a lasciare quell’oasi magica!

Il giorno successivo ci siamo recati nuovamente al Collegio dove è stata organizzata una sessione di presentazione dei risultati degli atelier esposti nei giorni precedenti.

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Dopo pranzo ci siamo diretti alla visita del museo dello Sheikh Omar, un museo che raccoglie un preziosissimo materiale fotografico, artigianale e storiografico risalente all’epoca del protettorato francese.

Infine ci siamo recati in un sito (****) dove sono ancora presenti disegni rupestri risalenti a migliaia di anni fa.

Si è così conclusa la nostra avventura con la Carovana del Libro. L’iniziativa è stata di nostro interesse e gradimento e grazie a questa opportunità ognuno di noi è tornato a casa ricco di incontri e immagini che difficilmente si scorderanno.

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Ringraziamo gli organizzatori, i partecipanti e i collaboratori dell’iniziativa auspicandoci che con gli anni la Carovana diventi sempre più un occasione per chi come noi vive all’esterno di questo magnifico paese per scoprire angoli, persone, tradizioni e culture ma soprattutto per permettere anche a noi di dare il nostro contributo apportando nuovi stimoli alle popolazioni con cui veniamo a contatto.

Con queste parole di alcuni partecipanti, finisco il riassunto di quest’anno, sperando di avervi informato del nostro lavoro nel sud del Marocco. Avete forse voglia di raggiungerci nel 2013 e di partecipare con un laboratorio? Questo ci farebbe davvero piacere. Alla fine del 2012 la Carovana del libro è invitata a presentare il suo lavoro in Belgio. Vi informeremo anche di quest’evento. Ringrazio tutti quelli che ci aiutano e che, come noi, credono in un mondo più giusto. Françoise Grabowski Redazione: Françoise Grabowski (Tropea-I) Foto: Fausto Fabbri (Forlì-I) Impaginazione: Wolfram Para (Essen-D) Traduttrici: Susan Christoff (Pinneberg-D) Marina Angellotti (Tropea-I) Françoise Grabowski (Tropea-I) Post Scriptum: La versione inglese contiene il seguente testo integrale: „Riflessioni da San Diego” di Sharon Corrigan. A richiesta, ve lo inviamo volentieri. Informazioni supplementari sulla Carovana del Libro: www.Jamila-Hassoune.ma [email protected] [email protected]