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ANNO XXIII NUMERO 272 - PAG VIII IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 17 E DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018 VIVA LE SUPPLENTI Da Torino a Napoli, fioriscono mostre e iniziative sociali finanziate dalle fondazioni. Mentre lo stato investe sempre meno nella cultura L’imprenditore della sartoria Gianluca Isaia ha istituito in memoria dei nonni la Fondazione Enrico Isaia e Maria Pepillo, presentata nei giorni scorsi al Teatro San Carlo, a Napoli L a verità è che senza Imi e Crt, cioè senza le sue due principali fon- dazioni, cultura e iniziative sociali in questa città sarebbero finite. I musei pubblici non hanno più risorse, e an- che il tessuto sociale va impoveren- dosi: in pochi anni sono espatriati mi- gliaia di giovani”, constata una colle- ga torinese, in origine critico d’arte, ora convertita a qualunque attività le consenta di mantenersi, compreso dunque il giornalismo e la scrittura delle paline che scandiscono le visite alle grandi mostre blockbuster e che, brava divulgatrice com’è, permetto- no a tutti di sentirsi colti come lei per qualche minuto, uscendo dalle sale con l’autostima a mille. Al di là della battaglia sulla Tav e dello schiaffo della manifestazione del 10 novem- bre, la politica illogica della torreg- giante sindaca Chiara Appendino (“meno code ai musei, meno file alle mense dei poveri”, annunciò in cam- pagna elettorale, come se l’aumento delle prime non favorisse piuttosto la diminuzione delle seconde, si inten- de in mano a un’amministrazione in- telligente) inizia infatti a mostrare i propri effetti anche sulla cultura di una città che, dopo le Olimpiadi del 2006, era rinata. L’anagrafe degli italiani all’estero (Aire), dice chenegli ultimi dieci an- ni il numero di italiani espatriati è aumentato di oltre il 60 per cento. Dei 50 mila ragazzi fra i 18 e i 34 anni che hanno lasciato l’Italia per stu- diare e lavorare, tutti, va da sé, bril- lanti e disinteressati al reddito di cit- tadinanza perché in grado di fare carriera con le proprie forze, una percentuale di poco inferiore all’8 per cento è di origine piemontese. In una cultura e in un paese che si pro- fessano europei e aperti allo scam- bio, questo non dovrebbe essere un motivo di troppa apprensione. In una società sulla quale, invece, alitano i fiati del sovranismo, si tagliano i fon- di alla ricerca e all’università per so- stenere misure assistenzialiste, e un tasso di scolarità anche minimo vie- ne considerato espressione di arro- ganza (“non mi interessa dov’è il Ni- lo, conta conoscere i problemi della vita. Fatti un bagno di umiltà”, ha detto piccata nella casa del “Grande Fratello” ad Alessandro Cecchi Pao- ne una tale Giulia Provvedi, come se non sapere dove e come si stia al mondo non fosse già un problema), questo numero invece, conta ecco- me, perché rappresenta un’indica - zione di progressiva irrilevanza cul- turale. A Torino, che dopo i Giochi aveva vissuto lo stesso slancio ora toccato a Milano grazie all’Expo, non vengono più dedicati titoli magnificanti, nu- meri speciali delle testate di riferi- mento del turismo culturale d’élite, Wallpaper e Traveller; nemmeno si innescano più quei meravigliosi au- tomatismi grazie ai quali anche il giornalista e l’influencer più pigro, prima di scrivere un post raccoman- dando una meta, vi inseriva automa- ticamente “la Mole antonelliana, la Fondazione Sandretto Re Rebauden- go e il Museo del cinema”. Di tutto questo resta il ricordo e la rabbia, elegante e trattenuta ma non meno dirompente, della piazza di sabato scorso. Torino va spegnendosi “Come una falena alla fiamma”, secondo il titolo della grande, e splendida, mo- stra organizzata pochi mesi fa alle Of- ficine grandi riparazioni proprio dal- la Fondazione Sandretto Re Rebau- dengo per raccontare la città nella sua essenza più intima, cioè attraver- so opere contemporanee provenienti dalle sue raccolte più prestigiose, compresa la Fondazione Crt, affian- candole agli oggetti raccolti dai suoi grandi collezionisti nel corso degli ultimi secoli e provenienti dai musei cittadini, dal Museo egizio a Palazzo Madama. “Un generoso progetto”, lo definì Artribune, indicando nella collaborazione fra pubblico e privato la ragione ultima e unica del rilancio della città dopo la crisi industriale. Adesso che le istituzioni pubbli- che torinesi cancellano mostre già programmate e, come denunciava anche il quotidiano inglese Guardian la scorsa primavera, “gli eventi sono drasticamente calati”, le speranze vengono riposte nelle fondazioni. A dispetto di quanto credano i penta- stellati, o soprattutto di quanto vo- gliano far credere, lo stato è infatti sempre meno presente nei gangli culturali ed educativi del paese. In un paese che, certo non solo per col- pa dell’ultimo governo, figura all’ul - timo posto in Europa per rapporto fra investimenti in cultura, operano invece 88 fondazioni di origine ban- carie che nel 2017 hanno erogato quasi un miliardo di euro per 19.860 interventi, dall’arte alla famiglia, dall’ambiente al welfare: quest’ulti - mo, in particolare, è stato pari a 297 milioni di euro, a cui vanno aggiunti 120 milioni destinati da 73 fondazioni ad attività educative per i minori. Quando vennero istituite come sog- getti privati, non profit e autonomi fra il 1990 e il 1994, il ministro Giulia- no Amato aveva visto lontano: il peso di quelle stesse pensioni di cui ora si vorrebbe facilitare l’accesso avrebbe schiacciato ogni forma di sostegno pubblico ad altre attività rilevantis- sime, a partire da educazione, beni culturali e ricerca. La Fondazione Golinelli, istituita dal fondatore del- l’Alfasigma Marino, brillantissimo scienziato-imprenditore che ha da poco festeggiato i 98 anni, ha lanciato per esempio Opus 2065, un program- ma di sviluppo scientifico e tecnolo- gico in un nuovo spazio di 9 mila me- tri quadrati, e ha appena lanciato la call per G-Factor, un incubatore-ac- celeratore per start up di scienza del- la vita che non vorremmo inquadrare come l’X Factor per i ragazzi che nel- la vita hanno ambizioni più elevate che cantare ma che non possiamo esimerci dal definire proprio così, ed è un peccato che non si trovi uno spa- zio e un format televisivo anche per iniziative come questa che, forse, in- durrebbero più giovani ad approc- ciare studi scientifici invece di tenta- re la fortuna affidandosi all’ugola. Forse gli italiani non se ne rendo- no conto, ma senza le fondazioni, comprese quelle nate dalla volontà di aziende private, gli italiani avreb- bero accesso a un numero infinita- mente più contenuto di occasioni di divertimento, di intrattenimento; perfino di ammirare le bellezze delle proprie città o di desiderare di cam- biare casa, basti pensare all’evolu - zione che una zona periferica e ogget- tivamente dubbia di Milano come l’ex scalo di Porta Romana sta aven- do grazie alla Fondazione Prada: il recupero di quella vecchia distille- ria, affidato al genio di Rem Koo- lhaas, e l’intensissima attività esposi- tiva, artistica e cinematografica della Fondazione va ridisegnando l’intero quartiere, dove si lavora al recupero di vecchie abitazioni e alla costruzio- ne di nuove, e dove hanno rinnovato spazi importanti anche gli uffici di Bottega Veneta e la storica sartoria teatrale Arrigo. Prendete per esem- pio le Rampe del Poggi, quell’impo - nente scalinata manierista che a Fi- renze sale da Porta San Niccolò fino a Piazzale Michelangelo, abbandona- te per anni fra le vasche coperte di muschio: nessun restauro sarebbe iniziato senza la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, che ha stanzia- to quasi due milioni di euro per l’in - tervento, così come a Venezia la Fon- dation Pinault ha trasformato Punta della Dogana in un centro di irradia- zione mondiale dell’arte. Intesa San- paolo sta riscrivendo i codici e gli scopi del restauro conservativo con il progetto Restituzioni, che permette a piccole comunità di affidare a mani competenti e sicure il recupero di og- getti altrimenti avviati all’abbandono e che ha ispirato iniziative simili ad aziende private, mentre le Gallerie d’Italia sono diventate un punto di ri- ferimento per progetti culturali lon- tani dalle logiche massimizzanti che ora toccano invece alle istituzioni pubbliche entrate giocoforza nella logica del risultato economico, le fa- mose mostre blockbuster “tutto van Gogh in cinque minuti e in immersio- ne esperienziale”. Nessun museo pubblico potrebbe più permettersi di finanziare l’esplorazione cinetica della fotografia di Solve Sundsbo or- ganizzata per il Vogue Photo Festival a Palazzo Reale, a Milano, sia per il costo di manutenzione del loro alle- stimento, sia per il richiamo relativa- mente contenuto di questo pur raffi- nato interprete della realtà (volete mettere una rasserenante mostra di cartelloni di Toulouse Lautrec). E in parallelo ben poche università, senza un finanziamento ad hoc e soprattut- to senza una volontà ben precisa, po- trebbero mettere al lavoro un gruppo di studiosi su una tematica come le origini della tradizione sartoriale na- poletana, che pure ha importanti ri- cadute economiche e sociali da quasi due secoli, come sta facendo il Dipar- timento di Scienze economiche e sta- tistiche della Federico II di Napoli grazie a un programma della neonata Fondazione Enrico Isaia e Maria Pe- pillo, istituita dall’imprenditore del- la sartoria Gianluca Isaia in memoria dei nonni e presentata nei giorni scorsi al Teatro San Carlo. Grazie alle attività della fondazio- ne, Gianluca Isaia, napoletano con- vinto e veracissimo, ha istituito an- che una scuola di lingua napoletana (che è lingua, non dialetto, e tutelata dall’Unesco), suscitando subito l’at - tenzione di Sylvain Bellenger, bril- lante direttore del museo e del bosco di Capodimonte (suo il progetto di re- stauro della Cassetta Farnese, capo- lavoro del Rinascimento al momento esposto alle Gallerie d’Italia che, an- cora una volta, hanno contribuito al restauro), che ha messo a disposizio- ne le sale della reggia per le lezioni. La Fondazione Enrico Isaia e Maria Pepillo, in realtà, ha già trovato uffi- ci, a Palazzo Lancellotti, e un diretto- re generale, Tommaso d’Alterio, ma senza alcun dubbio, come sottolinea l’imprenditore, la proposta gli ha fat- to piacere, confermandogli di aver imboccato la strada giusta. “Tutte le attività della fondazione”, racconta, “saranno legate alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale napoletano” che senza dubbio, ver- rebbe da aggiungere e ancora una volta, senza l’intervento dei privati correrebbe il rischio di andare per- so, e viene subito alla mente il caso del museo Gaetano Filangieri, dato in gestione al comune e poi recupe- rato per scongiurarne la dissoluzione dagli eredi, che ogni anno organizza- no una serie di eventi per sostenerne le attività. “Il corso di lingua napole- tana – dice ancora Isaia – sarà la pri- ma iniziativa culturale a vedere la lu- ce, con una serie di lezioni aperte a chiunque voglia iscriversi, a partire dagli stessi napoletani, perché pos- sano riscoprire insidie ed emozioni di questa lingua che ha dato al mon- do capolavori immortali, nella musi- ca naturalmente, ma anche nella poesia e nelle opere di prosa, distin- guendosi da un mero dialetto o da un accento da imitare”. Al “paese dei sarti”, come invece è definito Casal- nuovo, sede di Isaia e di molte altre realtà di rilievo nel sistema dell’ab - bigliamento maschile su misura, è invece riservato un altro filone di queste iniziative, una scuola “per giovani sarti che – dice Isaia – con - sentirà di trasmettere la grande ere- dità del sapere e del saper fare, di competenze speciali e indispensabi- li per realizzare – come lo definisce – l’inimitabile”, cioè il capo unico, espressione di bellezza e di altissimo artigianato. In una zona a rischio cri- minalità notoriamente e purtroppo elevata come la provincia di Napoli, questa iniziativa vuole “rappresen - tare una possibilità di riscatto”, spe- cifica Isaia, “permettendo di creare nuove opportunità di lavoro e tute- lando nel contempo il patrimonio di conoscenza delle storiche maestran- ze che oggi rischiano di scomparire”. E infatti, in quell’ottica di collabora- zione con il pubblico che si verifica nei casi migliori di questo sistema a trazione e denari privati, ai costi di iscrizione alla scuola contribuiranno fondi del comune: vi si potrà accede- re attraverso la partecipazione a un iter codificato di selezione. L’ascensore sociale non si innesca con i redditi di cittadinanza, ma con una formazione migliore e garantita a tutti, soprattutto a chi vive in conte- sti disagiati: è quanto sta facendo, di nuovo, la Fondazione Cr Firenze con Intesa fra gli studenti in difficoltà delle scuole secondarie di Firenze, Arezzo e Grosseto e con l’università di Firenze, attivando convenzioni per attività culturali e sportive a scuole meritevoli ed erogando bonus singoli al merito. Il concetto più lontano che si possa immaginare dalle politiche cinquestelle, quello più confortante per molti. In Italia operano 88 fondazioni di origine bancarie che nel 2017 hanno erogato quasi un miliardo di euro per 19.860 interventi Dal corso di lingua alla scuola per giovani sarti: la Fondazione Isaia-Pepillo vuole valorizzare il patrimonio culturale napoletano A Milano, con il recupero di una vecchia distilleria, l ’intensa attività espositiva, cinematografica e artistica della Fondazione Prada I piani di sviluppo scientifico e tecnologico della Golinelli. Le Rampe dei Poggi a Firenze, la Punta della Dogana a Venezia di Fabiana Giacomotti Stampata da: rraja_fgl - 16/11/2018 15:03:09 - 1711 Foglio WE - Numero: 8

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ANNO XXIII NUMERO 272 - PAG VIII IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 17 E DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018

VIVA LE SUPPLENTIDa Torino a Napoli, fioriscono mostre e iniziative sociali finanziatedalle fondazioni. Mentre lo stato investe sempre meno nella cultura

L’imprenditore della sartoria Gianluca Isaia ha istituito in memoria dei nonni la Fondazione Enrico Isaia e Maria Pepillo, presentata nei giorni scorsi al Teatro San Carlo, a Napoli

La verità è che senza Imi e Crt, cioèsenza le sue due principali fon-

dazioni, cultura e iniziative sociali inquesta città sarebbero finite. I museipubblici non hanno più risorse, e an-che il tessuto sociale va impoveren-dosi: in pochi anni sono espatriati mi-gliaia di giovani”, constata una colle-ga torinese, in origine critico d’arte,ora convertita a qualunque attività leconsenta di mantenersi, compresodunque il giornalismo e la scritturadelle paline che scandiscono le visitealle grandi mostre blockbuster e che,brava divulgatrice com’è, permetto-no a tutti di sentirsi colti come lei perqualche minuto, uscendo dalle salecon l’autostima a mille. Al di là dellabattaglia sulla Tav e dello schiaffodella manifestazione del 10 novem-bre, la politica illogica della torreg-giante sindaca Chiara Appendino(“meno code ai musei, meno file allemense dei poveri”, annunciò in cam-pagna elettorale, come se l’aumentodelle prime non favorisse piuttosto ladiminuzione delle seconde, si inten-de in mano a un’amministrazione in-telligente) inizia infatti a mostrare ipropri effetti anche sulla cultura diuna città che, dopo le Olimpiadi del2006, era rinata.

L’anagrafe degli italiani all’estero(Aire), dice chenegli ultimi dieci an-ni il numero di italiani espatriati è

aumentato di oltre il 60 per cento.Dei 50 mila ragazzi fra i 18 e i 34 anniche hanno lasciato l’Italia per stu-diare e lavorare, tutti, va da sé, bril-lanti e disinteressati al reddito di cit-tadinanza perché in grado di farecarriera con le proprie forze, unapercentuale di poco inferiore all’8per cento è di origine piemontese. Inuna cultura e in un paese che si pro-fessano europei e aperti allo scam-bio, questo non dovrebbe essere unmotivo di troppa apprensione. In unasocietà sulla quale, invece, alitano ifiati del sovranismo, si tagliano i fon-di alla ricerca e all’università per so-stenere misure assistenzialiste, e untasso di scolarità anche minimo vie-ne considerato espressione di arro-ganza (“non mi interessa dov’è il Ni-lo, conta conoscere i problemi dellavita. Fatti un bagno di umiltà”, hadetto piccata nella casa del “GrandeFratello” ad Alessandro Cecchi Pao-ne una tale Giulia Provvedi, come senon sapere dove e come si stia almondo non fosse già un problema),questo numero invece, conta ecco-me, perché rappresenta un’indica -zione di progressiva irrilevanza cul-turale.

A Torino, che dopo i Giochi avevavissuto lo stesso slancio ora toccato aMilano grazie all’Expo, non vengonopiù dedicati titoli magnificanti, nu-meri speciali delle testate di riferi-mento del turismo culturale d’élite,Wallpaper e Traveller; nemmeno siinnescano più quei meravigliosi au-tomatismi grazie ai quali anche ilgiornalista e l’influencer più pigro,prima di scrivere un post raccoman-dando una meta, vi inseriva automa-ticamente “la Mole antonelliana, laFondazione Sandretto Re Rebauden-go e il Museo del cinema”. Di tuttoquesto resta il ricordo e la rabbia,elegante e trattenuta ma non menodirompente, della piazza di sabatoscorso. Torino va spegnendosi “Comeuna falena alla fiamma”, secondo iltitolo della grande, e splendida, mo-stra organizzata pochi mesi fa alle Of-ficine grandi riparazioni proprio dal-la Fondazione Sandretto Re Rebau-dengo per raccontare la città nellasua essenza più intima, cioè attraver-

so opere contemporanee provenientidalle sue raccolte più prestigiose,compresa la Fondazione Crt, affian-candole agli oggetti raccolti dai suoigrandi collezionisti nel corso degliultimi secoli e provenienti dai museicittadini, dal Museo egizio a PalazzoMadama. “Un generoso progetto”, lodefinì Artribune, indicando nellacollaborazione fra pubblico e privatola ragione ultima e unica del rilanciodella città dopo la crisi industriale.

Adesso che le istituzioni pubbli-che torinesi cancellano mostre giàprogrammate e, come denunciavaanche il quotidiano inglese Guardianla scorsa primavera, “gli eventi sonodrasticamente calati”, le speranzevengono riposte nelle fondazioni. A

dispetto di quanto credano i penta-stellati, o soprattutto di quanto vo-gliano far credere, lo stato è infattisempre meno presente nei gangliculturali ed educativi del paese. Inun paese che, certo non solo per col-pa dell’ultimo governo, figura all’ul -timo posto in Europa per rapportofra investimenti in cultura, operanoinvece 88 fondazioni di origine ban-carie che nel 2017 hanno erogatoquasi un miliardo di euro per 19.860interventi, dall’arte alla famiglia,dall’ambiente al welfare: quest’ulti -mo, in particolare, è stato pari a 297

milioni di euro, a cui vanno aggiunti120 milioni destinati da 73 fondazioniad attività educative per i minori.Quando vennero istituite come sog-getti privati, non profit e autonomifra il 1990 e il 1994, il ministro Giulia-no Amato aveva visto lontano: il pesodi quelle stesse pensioni di cui ora sivorrebbe facilitare l’accesso avrebbeschiacciato ogni forma di sostegnopubblico ad altre attività rilevantis-sime, a partire da educazione, beniculturali e ricerca. La FondazioneGolinelli, istituita dal fondatore del-l’Alfasigma Marino, brillantissimoscienziato-imprenditore che ha dapoco festeggiato i 98 anni, ha lanciatoper esempio Opus 2065, un program-ma di sviluppo scientifico e tecnolo-gico in un nuovo spazio di 9 mila me-tri quadrati, e ha appena lanciato lacall per G-Factor, un incubatore-ac-celeratore per start up di scienza del-la vita che non vorremmo inquadrarecome l’X Factor per i ragazzi che nel-la vita hanno ambizioni più elevateche cantare ma che non possiamoesimerci dal definire proprio così, edè un peccato che non si trovi uno spa-zio e un format televisivo anche periniziative come questa che, forse, in-durrebbero più giovani ad approc-ciare studi scientifici invece di tenta-re la fortuna affidandosi all’ugola.

Forse gli italiani non se ne rendo-no conto, ma senza le fondazioni,comprese quelle nate dalla volontàdi aziende private, gli italiani avreb-bero accesso a un numero infinita-mente più contenuto di occasioni didivertimento, di intrattenimento;perfino di ammirare le bellezze delle

proprie città o di desiderare di cam-biare casa, basti pensare all’evolu -zione che una zona periferica e ogget-tivamente dubbia di Milano comel’ex scalo di Porta Romana sta aven-do grazie alla Fondazione Prada: ilrecupero di quella vecchia distille-ria, affidato al genio di Rem Koo-lhaas, e l’intensissima attività esposi-tiva, artistica e cinematografica dellaFondazione va ridisegnando l’interoquartiere, dove si lavora al recuperodi vecchie abitazioni e alla costruzio-ne di nuove, e dove hanno rinnovatospazi importanti anche gli uffici diBottega Veneta e la storica sartoriateatrale Arrigo. Prendete per esem-pio le Rampe del Poggi, quell’impo -nente scalinata manierista che a Fi-renze sale da Porta San Niccolò finoa Piazzale Michelangelo, abbandona-te per anni fra le vasche coperte dimuschio: nessun restauro sarebbeiniziato senza la Fondazione Cassa diRisparmio di Firenze, che ha stanzia-to quasi due milioni di euro per l’in -tervento, così come a Venezia la Fon-dation Pinault ha trasformato Puntadella Dogana in un centro di irradia-zione mondiale dell’arte. Intesa San-paolo sta riscrivendo i codici e gliscopi del restauro conservativo con ilprogetto Restituzioni, che permette apiccole comunità di affidare a manicompetenti e sicure il recupero di og-getti altrimenti avviati all’abbandonoe che ha ispirato iniziative simili adaziende private, mentre le Galleried’Italia sono diventate un punto di ri-ferimento per progetti culturali lon-tani dalle logiche massimizzanti cheora toccano invece alle istituzioni

pubbliche entrate giocoforza nellalogica del risultato economico, le fa-mose mostre blockbuster “tutto vanGogh in cinque minuti e in immersio-ne esperienziale”. Nessun museopubblico potrebbe più permettersi difinanziare l’esplorazione cineticadella fotografia di Solve Sundsbo or-ganizzata per il Vogue Photo Festivala Palazzo Reale, a Milano, sia per ilcosto di manutenzione del loro alle-stimento, sia per il richiamo relativa-mente contenuto di questo pur raffi-nato interprete della realtà (voletemettere una rasserenante mostra dicartelloni di Toulouse Lautrec). E inparallelo ben poche università, senzaun finanziamento ad hoc e soprattut-to senza una volontà ben precisa, po-

trebbero mettere al lavoro un gruppodi studiosi su una tematica come leorigini della tradizione sartoriale na-poletana, che pure ha importanti ri-cadute economiche e sociali da quasidue secoli, come sta facendo il Dipar-timento di Scienze economiche e sta-tistiche della Federico II di Napoligrazie a un programma della neonataFondazione Enrico Isaia e Maria Pe-pillo, istituita dall’imprenditore del-la sartoria Gianluca Isaia in memoriadei nonni e presentata nei giorniscorsi al Teatro San Carlo.

Grazie alle attività della fondazio-

ne, Gianluca Isaia, napoletano con-vinto e veracissimo, ha istituito an-che una scuola di lingua napoletana(che è lingua, non dialetto, e tutelatadall’Unesco), suscitando subito l’at -tenzione di Sylvain Bellenger, bril-lante direttore del museo e del boscodi Capodimonte (suo il progetto di re-stauro della Cassetta Farnese, capo-lavoro del Rinascimento al momentoesposto alle Gallerie d’Italia che, an-cora una volta, hanno contribuito alrestauro), che ha messo a disposizio-ne le sale della reggia per le lezioni.La Fondazione Enrico Isaia e MariaPepillo, in realtà, ha già trovato uffi-ci, a Palazzo Lancellotti, e un diretto-re generale, Tommaso d’Alterio, masenza alcun dubbio, come sottolineal’imprenditore, la proposta gli ha fat-to piacere, confermandogli di averimboccato la strada giusta. “Tutte leattività della fondazione”, racconta,“saranno legate alla valorizzazionedell’immenso patrimonio culturalenapoletano” che senza dubbio, ver-rebbe da aggiungere e ancora unavolta, senza l’intervento dei privaticorrerebbe il rischio di andare per-so, e viene subito alla mente il casodel museo Gaetano Filangieri, datoin gestione al comune e poi recupe-rato per scongiurarne la dissoluzionedagli eredi, che ogni anno organizza-no una serie di eventi per sostenernele attività. “Il corso di lingua napole-tana – dice ancora Isaia – sarà la pri-ma iniziativa culturale a vedere la lu-

ce, con una serie di lezioni aperte achiunque voglia iscriversi, a partiredagli stessi napoletani, perché pos-sano riscoprire insidie ed emozionidi questa lingua che ha dato al mon-do capolavori immortali, nella musi-ca naturalmente, ma anche nellapoesia e nelle opere di prosa, distin-guendosi da un mero dialetto o da unaccento da imitare”. Al “paese deisarti”, come invece è definito Casal-nuovo, sede di Isaia e di molte altrerealtà di rilievo nel sistema dell’ab -bigliamento maschile su misura, èinvece riservato un altro filone diqueste iniziative, una scuola “pergiovani sarti che – dice Isaia – con -sentirà di trasmettere la grande ere-dità del sapere e del saper fare, dicompetenze speciali e indispensabi-li per realizzare – come lo definisce –l’inimitabile”, cioè il capo unico,espressione di bellezza e di altissimoartigianato. In una zona a rischio cri-minalità notoriamente e purtroppoelevata come la provincia di Napoli,questa iniziativa vuole “rappresen -tare una possibilità di riscatto”, spe-cifica Isaia, “permettendo di crearenuove opportunità di lavoro e tute-lando nel contempo il patrimonio diconoscenza delle storiche maestran-ze che oggi rischiano di scomparire”.E infatti, in quell’ottica di collabora-zione con il pubblico che si verificanei casi migliori di questo sistema atrazione e denari privati, ai costi diiscrizione alla scuola contribuirannofondi del comune: vi si potrà accede-re attraverso la partecipazione a uniter codificato di selezione.

L’ascensore sociale non si innescacon i redditi di cittadinanza, ma conuna formazione migliore e garantitaa tutti, soprattutto a chi vive in conte-sti disagiati: è quanto sta facendo, dinuovo, la Fondazione Cr Firenze conIntesa fra gli studenti in difficoltàdelle scuole secondarie di Firenze,Arezzo e Grosseto e con l’universitàdi Firenze, attivando convenzioni perattività culturali e sportive a scuolemeritevoli ed erogando bonus singolial merito. Il concetto più lontano chesi possa immaginare dalle politichecinquestelle, quello più confortanteper molti.

In Italia operano 88 fondazionidi origine bancarie che nel 2017hanno erogato quasi un miliardo dieuro per 19.860 interventi

Dal corso di lingua alla scuolaper giovani sarti: la FondazioneIsaia-Pepillo vuole valorizzare ilpatrimonio culturale napoletano

A Milano, con il recupero di unavecchia distilleria, l’intensa attivitàespositiva, cinematografica eartistica della Fondazione Prada

I piani di sviluppo scientifico etecnologico della Golinelli. LeRampe dei Poggi a Firenze, la Puntadella Dogana a Venezia

di Fabiana Giacomotti

Stampata da: rraja_fgl - 16/11/2018 15:03:09 - 1711 Foglio WE - Numero: 8