Impatto sulla biodiversità di scelte di piano roncegno terme

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Relazione della breve ricerca a supporto del Piano Territoriale di Roncegno Terme, con dati ed elaborazioni tratte dalla mia tesi di dottorato

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano:

caso di studio Roncegno Terme

Scolozzi Rocco

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Contenuti:

1. ECOMOSAICO: 1.1. VEGETAZIONE POTENZIALE 1.2. ECOMOSAICO ATTUALE (2006-08) 1.3. ECOMOSAICO AL 1985 1.4. CONFRONTO TRA ECOMOSAICO POTENZIALE A TTUALE 1.5. CONFRONTO TRA ECOMOSAICO A TTUALE E QUELLO AL 1985

2. BIODIVERSITÀ FAUNISTICA 3. FUNZIONALITÀ ECOLOGICA DEL TERRITORIO

3.1. RETICOLO IDROGRAFICO E FUNZIONALITÀ FLUVIALE 3.2. FUNZIONALITÀ DI HABITAT: CAPACITÀ DI BIODIVERSITÀ FAUNISTICA 3.3. CONNETTIVITÀ FUNZIONALE

4. VALUTAZIONE DI SCENARI DI CAMBIAMENTO DI USO DEL SUOLO 5. DALL’ANALISI ECOLOGICA AD ALCUNE INDICAZIONI PER LA PIANIFICAZIONE

5.1. INTERVENTI LINEARI 5.2. INTERVENTI AREALI

Parole chiave: Ecosistemi, funzionalità ecologica del territorio, corridoi ecologici, impatti da cambiamento d’uso del suolo, compensazione ecologica preventiva.

Autore: Rocco Scolozzi, PhD [email protected]

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Premessa

I territori del fondo valle alpino stanno subendo rapidi cambiamenti. Spesso

questi cambiamenti sono caratterizzati da una ridotta prospettiva temporale delle strategie di sviluppo che si concretizza in una diffusione di aree residenziali e produttive e di infrastrutture, che si contendono reciprocamente lo spazio limitato

a scapito di altri usi del territorio e degli ecosistemi. Il paesaggio culturale della Valsugana, emergente dall’uso storico delle proprie risorse territoriali, non è immune da questi processi.

L’importanza degli ecosistemi e dei processi ecologici non si limita all’importanza della conservazione naturalistica, comunque richiesta dalle normative e

indicazioni ai diversi livelli normativi, da quelli europei a quelli provinciali. Gli ecosistemi svolgono una varietà di funzioni necessarie per la sopravvivenza e la qualità di vita in un territorio. Queste funzioni possono essere valutate anche in

termini economici, si parla allora di servizi ecosistemici: benefici che gli ecosistemi erogano gratuitamente all’uomo. Esistono delle strette relazioni tra

funzionalità/salute degli ecosistemi e servizi ecosistemici e tra questi e il benessere sociale. Anche limitate riduzioni di questi servizi in un territorio possono determinare significativi cambiamenti nella qualità di vita per gli abitanti

di quel territorio (Figura 1). Tabella 1 Funzioni ecosistemiche e valori (esempi)

Tipi di funzioni

ecosistemiche Esempi di funzioni Esempi di valori

Funzioni di regolazione

Assorbimento CO2,

Microclima (evapotraspirazione)

Autodepurazione delle acque

Valore d’uso indiretto

Funzioni produttiva

Biomasse, Suolo

Prodotti agricoli

Prodotti forestali legnosi

Prodotti non legnosi

Valore d’uso diretto e

indiretto

Funzioni protettive

Protezione piene

Stabilità dei versanti

Protezione da erosione

Valore d’uso indiretto

Funzioni

ricreative/cognitive

Luogo di relax

Attività/Sport (caccia, escursionismo)

Esperienza estetica

Valore d’uso diretto

Valore d’opzione

Valore di non uso

Figura 1 Relazioni tra salute/funzionalità ecosistemi e benessere sociale.

Salute/funzionalità

Ecosistemi

Servizi

ecosistemici

Servizi

ecosistemici

Benessere sociale/

Qualità di vita

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Un paesaggio ecologicamente sostenibile richiede che la sua futura struttura

possa supportare i necessari processi ecologici che hanno contribuito a formarlo. In una logica di sostenibilità locale, l’amministrazione comunale ha una

particolare responsabilità (ed efficacia) nel gestire il proprio territorio. Un sistema ambientale può essere osservato e studiato da tre prospettive sistemiche di “ecosistema”, paesaggio, “territorio” (Malcevschi e Zerbi, 2007). Il

paesaggio riflette un insieme di relazioni strutturali e funzionali ecologiche e antropiche filtrato dalla percezione degli esseri umani e definito dall’uso delle risorse locali. Il “territorio” riflette insiemi di elementi e di relazioni presenti in

uno spazio governato da una determinata popolazione (insediamenti, infrastrutture, confini, ecc.) attraverso la cultura locale, insieme di regole,

conoscenze ed esperienze condivise. L’ecosistema rappresenta la contesto funzionale entro cui le politiche settoriali (acqua, agricoltura ecc.) diventano tra loro fisicamente sinergiche (o conflittuali). Il triangolo ecosistema-paesaggio-

territorio rappresenta la dimensione spaziale del modello interpretativo di sviluppo sostenibile economia-ambiente-società, e costituisce un riferimento

efficace per orientare le decisioni di governo a scala locale verso trasformazioni e gestione sostenibili.

Figura 2 Dimensione spaziale dello sviluppo sostenibile (da Malcevschi & Zerbi 2007).

In un territorio come quello di Roncegno denso di valori storici, culturali e

naturalistici è importante soffermarsi sui processi più che sulle “invarianti” o sugli “elementi di naturalità” gestiti spesso come valori immobili, immutabili alle modifiche dell’uso del territorio, e stabilmente incastonati nei confini precostituiti

delle riserve naturali (biotopi e simili). Per questi motivi l’analisi ambientale si propone come analisi della funzionalità ecologica del territorio, intendendo definire quadri conoscitivi attraverso cui il

paesaggio viene descritto in modo funzionale ad integrare la caratterizzazione della struttura e delle dinamiche ecosistemiche negli scenari di sviluppo e

miglioramento del territorio. Solo riconoscendo i processi ecosistemici attraverso differenti scale (al minimo tre) ed indirizzando in modo coerente ad essi i cambiamenti di paesaggio i

pianificatori ed i progettisti possono ottimizzare il mantenimento di processi naturali (Forman, 1985) con il duplice beneficio per la protezione della

biodiversità e per l’erogazione di servizi ecosistemici.

Ecosistema

Territorio

Paesaggio

Economia Società

Ambiente

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“…Prima che diventi un paesaggio “brutto, noioso, irritante nella sua ripetitività, senza sorprese, con il suo traffico intasato nelle strade principali, la macchina come elemento omnipresente, onnivoro, insopportabile” (Turri E., La megalopoli Padana,

Marsilio; Venezia, 2000, p. 53-56).

Percorso metodologico

L’analisi ecologica è finalizzata alla raccolta di informazioni e conoscenze necessarie alla progettazione territoriale consapevole dei processi ecologici territoriali. Tale analisi è focalizzata sullo studio dei due processi: funzionalità di

habitat e connettività funzionale. In particolare il percorso metodologico è qui sinteticamente descritto.

1. Definizione dell’ecomosaico potenziale 2. Definizione dell’ecomosaico attuale:

2.1. Rilievo ed analisi dell’ecomosaico attuale alla scala 1: 10.000 di tutto il

territorio comunale; 2.2. Rilievo analisi dell’ecomosaico attuale degli ambiti di fondovalle alla

scala 1: 5.000; 3. Definizione della biodiversità locale e della funzionalità ecologica del territorio

3.1. Raccolta di informazioni sulle presenze faunistiche

3.2. Stima della capacità portante di biodiversità locale 4. Rilievo ed analisi della connettività esistente negli ambiti di fondovalle,

definizione della rete di connessioni interne al territorio comunale ed con i

territori limitrofi (ambito della Bassa Valsugana) 5. Individuazione dei fattori d’impatto, criticità e potenzialità

6. Valutazione di scenari di cambiamento di uso del suolo, con analisi delle dinamiche dell’attuale configurazione ecosistemica.

7. Definizione di indicazioni di conservazione/miglioramento/ripristino della

funzionalità ecologica territoriale.

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1. Ecomosaico

1.1. Vegetazione potenziale

La definizione di una vegetazione potenziale permette di valutare lo scostamento dell’attuale ecomosaico rispetto a quello che potrebbe emergere dall’assenza di attività antropiche o in altre parole dalla sinergia dei soli fattori fitoclimatici e

morfoedafici. Questo a sua volta permette di valutare la naturalità attuale quindi l’importanza delle diverse aree (habitat vegatali) del territorio comunale. L’ecomosaico potenziale è derivato dalla Carta della Vegetazione Potenziale di

Cruz, Movia e Pedrotti (1985) alla scala 1: 250.000, georiferita e successivamente digitalizzata.

In assenza di disturbo antropico la vegetazione potenzialmente presente nel territorio di Roncegno sarebbe costituita da una notevole diversità di formazioni vegetali (Tabella 2), caratteristiche di diversi piani altitudinali (alpino, montano,

collinare e di fondo valle) e di diversi substrati rocciosi (intrusivo nella parte a nord del fondo valle, e carbonatico nella parte meridionale) (Figura 3).

Tabella 2 Coperture dell’ecomosaico vegetale potenziale.

Associazioni vegetali potenziali Superficie stimata (ha) %

Festecetum halleri e Festecetum variae 189 5,0% Picetum montanum 276 7,3%

Luzulo-Fagetum 322 8,5% Agropyro-Alnetum incanae 300 7,9%

Aceri-Tilietum 158 4,1% Abieti-Fagetum 12 0,3% Luzulo-Fagetum 33 0,9% Carici-Fagetum 12 0,3% Abieti-Fagetum 49 1,3% Carici-Fagetum 14 0,4%

Erico-Pinetum silvestris 222 5,8% Salvio-Fraxinetum 781 20,5% Abietetum albae 186 4,9%

Picetum subalpinum 729 19,2% Rododendro-Vaccinietum laricetosum 300 7,9%

Rododendro-Vaccinietum 226 5,9%

In particolare il gruppo di Pedrotti (1985) ipotizza per il piano alpino praterie correlate alla permanenza del manto nevoso, associazioni a Festecetum halleri e Festecetum variae e macchie pioniere di arbusti a rododendro (Rododendro-Vaccinietum), in alcuni casi con larici (Rododendro-Vaccinietum laricetosum). Per il

piano montano si ipotizzano associazioni del Picetum subalpinum, del Picetum montanum sulla base della quota, del Abietetum albae per le aree più umide di

questa fascia. Scendendo verso il fondovalle sono ipotizzati faggete acifofile del Luzulo-Fagetum, che indicano il substrato d’origine ignea intrusiva, adatto anche

alla presenza del castagno. Nella fascia pedemontana sui conoidi di fondovalle dominerebbe la vegetazione termofila del Salvio-Fraxinetum. Nelle aree limitrofe al

reticolo idrografico di fondo valle in assenza di disturbi antropici dominerebbero associazioni forestali tipiche di ambienti fluviali, con specie idrofile o resistenti a sommersione dell’apparto radicale come Ontani, Salici, Pioppi (associazione

dell’Agropyro-Alnetum incanae). Risalendo verso il versante meridionale, le associazioni potenziali cambiano in

base al diverso substrato roccioso, ora carbonatico e alla diversa esposizione. Si ipotizzano associazioni di conifere a Pinus silvestris (Erico-Pinetum silvestris) sui

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substrati più mobili (conoidi recenti e frane attive) o di latifoglie ad acero montano

e tiglio (dell’Aceri-Tilietum) sui suoli più stabili. Risalendo sulle pendici più ripide si ipotizzano le associazioni della fascia montana del Carici-Fagetum, dell’Abieti-Fagetum e del Luzulo-Fagetum.

Figura 4 Ecomosaico vegetale potenziale.

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1.2. Ecomosaico attuale (2006-2008)

Il territorio di Roncegno presenta complessivamente un sistema ambientale molto

vario e interessante dal punto di visto ecologico e paesaggistico, data la presenza di numerosi ambienti ecotonali e di un vario mosaico di ambienti rurali e tradizionali.

L’attuale ecomosaico è stato definito e cartografato mediante fotointerpretazione di ortofoto a colori del volo ITALIA2006, e mediante rilievi di campo svolti nel corso del periodo agosto-ottobre 2008 e gennaio-marzo 2009. Durante la

digitalizzazione e censimento degli usi del suolo sono stati utilizzati anche altri dati disponibili quali:

Carta del Piano di assestamento forestale (aggiornato al 2003),

Carta del Piano di assestamento forestale (aggiornato al 2003)

Carta della aree floristiche vulnerabili (Prosser, 2004),

Carta della vegetazione 1:250.000 foglio Borgo Valsugana (1985),

Tematismo dell’uso del suolo reale (SIAT, 2000),

Ortofoto colori ITALIA2000,

Ortofoto b/n 1994.

In particolare, sono stati tracciati i confini delle aree assimilabili a varie tipologie di uso del suolo secondo la classificazione europea degli habitat EUNIS (rev.

2004) con dettaglio tematico fino al terzo livello. Tale suddivisione dell’suo del suolo segue un criterio principalmente vegetazionale, la carta così prodotta può

essere definita come carta fisionomica della vegetazione in cui sono considerati con dettaglio anche elementi di origine antropica. La risoluzione della cartografia prodotta è coerente con una cartografia alla scala

1: 10.000. Per gli ambiti di fondovalle fino alla quota di 800 la scala di riferimento a 1: 5.000. Tale maggiore dettaglio è giustificato dal fatto che tali contesti sono

quelli più vulnerabili e più sottoposti a pressioni antropiche (principalmente urbanizzative). In queste aree anche limitate variazioni di uso del suolo possono produrre cambiamenti di funzionalità ecosistemica localmente significativi.

Dall’analisi dell’ecomosaico si rileva il maggior livello di antropizzazione nel fondovalle. Qui la maggior parte del territorio è occupata dalle attività agricole, principalmente frutteti, secondariamente da prati falciabili, e in misura minore da

vigneti, seminativi e orticoltura domestica. Qui si concentrano anche i centri abitati e isolate aree produttive oltre al sistema delle infrastrutture (strada

provinciale, viabilità locale, ferrovia e il fiume canalizzato). Per quanto riguarda la vegetazione naturale o para-naturale, lungo gli affluenti minori del fiume Brenta si osservano rare formazioni vegetali riparie a salico-

ontaneto, spesso dominate da vegetazione invasiva e alloctona (Robinia), che denota un disturbo della dinamica vegatazionale. Nelle aree in cui è assente il

frutteto nei prati falciabili permangono elementi di notevole valore funzionale quali cespugli, siepi e boschetti, anch’essi però spesso dominati da specie alloctone. Risalendo la fascia pedemontana aumenta la complessità dalle

vegetazione: i prati falciabili sono alternati a boschi di origine antropica (castagno). Nelle parti più alte permane l’influenza antropica nella gestione del bosco e della malghe ma con una struttura che arricchisce in biodiversità il

territorio anziché limitarla, rispetto alla vegetazione potenziale.

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Si possono distinguere diversi ambiti vegetazionali: 1) l’area agricola e

urbanizzata, 2) i boschi di origine antropica dei versanti esposti a sud (lato settentrionale della valle), 3) i prati e pascoli d’alta quota, 4) i pendi esposti a nord

(lato meridionale della valle).

1) l’area agricola e urbanizzata (conoide e fondo valle)

L’area agricola e urbanizzata si sviluppa nella porzione bassa del conoide verso il fondo valle, di facile accesso quindi adatta alle pratiche agricole intensive. Le

coltivazioni principali sono meleti e specie foraggere. Secondari gli impianti a vigneto per lo più inclusi nelle diffuse coltivazioni orticole, in piccoli appezzamenti

destinate alla produzione famigliare, nelle vicinanze delle abitazioni. Localmente sono presenti alcune colture orticole ad alta specializzazione (es. piccoli frutti in serre) e impianti di arboricoltura di origine recente (abeti di natale).

Le aree urbane sono rappresentate principalmente dal centro storico di Roncegno e dalla frazione Marter, altri insediamenti sono nuclei più diffusi, edifici isolati

(es. i masi nella parte montana). Di rilievo per la posizione a rischio e impattante la recente aree commerciale e produttiva posta di fronte all’arrivo del torrente Larganza nel fondovalle.

2) i boschi di origine antropica dei versanti esposti a sud

Lungo i versanti soleggiati e caldi sono presenti impianti di arboricoltura di origine secolare (castagneto, Castanea sativa) alternati a boschi aperti mesofili,

caratterizzati da orniello (Fraxinus ornus), rovere (Quercus petraea), roverella (Quercus pubescens), corniolo (Cornus mas) nella parte più bassa del versante.

Più in alto dominano carpino nero (Ostrya carpinifolia) e faggio (Fagus sylvatica). Il grado di artificializzazione diminuisce con la quota, rimanendo solo nelle zone più basse le specie indicatrici di elevato grado di disturbo (come ceduazione a

corto periodo, taglio raso frequente o depositi materiali), quali: olmo (Ulmus nigra), rovo (Rubus ulmifolius), robinia (Robinia pseudoacacia), vitalba (Clematis vitalba), ortica (Urtica dioica).

3) i prati e pascoli d’alta quota

I prati-pascoli inseriti trai boschi di origine antropica nella parte più bassa

diventano dominanti al limite della vegetazione a conifere (larice). La composizione di questi prati risente di condizioni locali di ristagno d’acqua, della

pressione di pascolo e della conseguente concimazione. Quest’area insieme all’area dei masi è segnalata tra le aree importanti a livello provinciale per la presenza di habitat vegetali altamente vulnerabili (Prosser, 2004, non

pubblicato): i prati magri e umidi, in parte ancora falciati presentano specie rare (soprattutto orchidee, quali Epipactis palustris, Dactylorhiza incarnata, Orchis morio, O. tridentata) dipendenti da usi tradizionali del territorio e minacciate da

due processi opposti: l’abbandono o l’intensificazione del pascolo. Nell’area è segnalata anche la presenza di un endemismo stretto trentino (Prosser 1998): la Pulmonaria vallarsae.

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Figura 4 Pulmonaria vallarsae: endemismo botanico del territorio di Roncegno (foto A. De Bastiani).

4) i pendi esposti a nord (lato meridionale della valle)

Il lato meridionale della valle presenta sia boschi di origine antropica sia di evoluzione naturale. I primi sono il frutto di rimboschimenti di conifere, principalmente pino silvestre (Pinus silvestris), Pino nero, (Pinus nigra) e abete

rosso (Picea abies), soprattutto nella parte bassa di conoidi instabili e colate di detrito ancora attive. Boschi più naturali sono presenti sui substrati più stabili,

caratterizzati da formazioni del querceto termofilo (in basso), ad acero-tilieto (Tilia sp. e Acer sp.) nelle aree più fresche (boschi di forra), mentre nella parte più

alta ritorna la faggeta e la faggeta mista ad l’abieteto. In conclusione è presente una importante diversità floristica, solo nei biotopi sono

censite 396 specie vegetali. Complessivamente sono stati definiti 74 classi di habitat, secondo la classificazione EUNIS di terzo livello. Le foreste e boschi coprono il 55% del territorio comunale, il 25% è coperto da

prati e pascoli, mentre le aree coltivate arrivano al 2,6% e le coperture artificiali (aree urbane e infrastrutture) raggiungono quasi il 5% (Figura 5).

Le classi più diffuse sono quella dei “boschi e foreste temperate di Abies sp. e Picea sp.” (G3.1) che copre 481 ha (quasi il 13% del territorio comunale), e quella dei “boschi e foreste di Fagus sp.” (G1.6) con 452 ha (ca. 12 %), e quella dei

“boschi e foreste termofile di latifoglie” (G1.7) con 384 ha (10%). Per i dettagli delle singolre classi EUNIS di secondo livello e di terzo livello si

vedano le seguenti tabelle 2 e 3 (le classi di 3° livello sono riportate in inglese poiché la classificazione EUNIS nella versione italiana non è stata aggiornata, quindi non corrispondente).

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Habitat cespugliati,

brughiere e comunità della

tundra; 7,33%

Foreste, boschi ed altri

habitat alberati; 55,38%

Ambienti acquatici

dell’entroterra; 0,73%

Habitat artificiali, aree

urbane e zone industriali;

4,89%

Habitat rurali e domestici,

con coltivazioni agricole ed

orto-frutticole, attive o

recenti; 2,66%

Habitat dell’entroterra con

vegetazione assente o rada;

3,37%

Prati e consorzi di alte erbe

(megaforbieti); 25,64%

Figura 5 Suddivisione della principali classi di copertura.

Tabella 3. Classi di copertura del suolo secondo classificazione EUNIS di II livello.

Classi EUNIS 2° livello Codice Ha %

Specchi d’acqua permanenti C1 0,630 0,02%

Acque correnti C2 21,586 0,57%

Sponde periodicamente inondate dei corpi idrici e vegetazione di contorno C3 5,494 0,14%

Torbiere basofile D4 0,227 0,01%

Praterie mesofile E2 516,445 13,56%

Praterie perennemente o stagionalmente umide E3 4,263 0,11%

Praterie alpine e sub-alpine E4 429,497 11,28%

Consorzi di alte erbe e comunità prative delle radure boschive E5 26,267 0,69%

Arbusteti artici, alpini e sub-alpini F2 257,464 6,76%

Comunità arbustive fluviali e di terreni acquitrinosi F9 3,653 0,10%

Siepi FA 6,149 0,16%

Piantagioni e vivai di cespugli o alberi nani FB 12,020 0,32%

Boschi e foreste di latifoglie decidue G1 966,057 25,36%

Boschi e foreste di conifere G3 730,073 19,17%

Boschi e foreste misti (con piante decidue e conifere) G4 360,745 9,47%

Siepi, filari, alberature artificiali, rimboschimenti e boschi cedui o degradati G5 52,278 1,37%

Macereti ed altri depositi detrici dell’entroterra H2 53,888 1,41%

Habitat rocciosi dell’entroterra (rupi, speroni e falde superficiali) H3 74,568 1,96%

Terreni agricoli, orti e serre I1 93,627 2,46%

Parchi e giardini coltivati I2 7,279 0,19%

Aree urbane densamente edificate J1 7,915 0,21%

Aree scarsamente edificate J2 111,844 2,94%

Attività estrattive industriali J3 20,094 0,53%

Vie di comunicazione ed altre superfici ricoperte e pavimentate J4 45,416 1,19%

Depositi di rifiuti J6 1,039 0,03%

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Tabella 4. Classi di copertura del suolo secondo classificazione EUNIS di III livello .

Classi EUNIS 3° livello Cod. Ha N°

patch Media patch

Permanent oligotrophic lakes, ponds and pools C1.1 0,223 1 0,223

Permanent mesotrophic lakes, ponds and pools C1.2 0,406 3 0,135

Springs, spring brooks and geysers C2.1 0,167 1 0,167

Permanent non-tidal, fast, turbulent watercourses C2.2 10,999 27 0,407

Temporary running waters C2.5 10,259 18 0,570

Species-rich helophyte beds C3.1 0,340 4 0,085

Water-fringing reedbeds and tall helophytes other than canes C3.2 0,588 6 0,098

Species-poor beds of low-growing water-fringing or amphibious vegetation C3.4 0,823 5 0,165

Periodically inundated shores with pioneer and ephemeral vegetation C3.5 0,535 3 0,178

Unvegetated or sparsely vegetated shores with soft or mobile sediments C3.6 1,585 4 0,396

Unvegetated or sparsely vegetated shores with non-mobile substrates C3.7 1,783 5 0,357

Rich fens, including eutrophic tall-herb fens and calcareous flushes (…) D4.1 0,227 2 0,114

Low and medium altitude hay meadows E2.2 245,039 189 1,297

Mountain hay meadows E2.3 236,208 78 3,028

Agriculturally-improved, re-seeded and heavily fertilised grassland E2.6 35,198 24 1,467

Mediterranean tall humid grassland E3.1 2,936 2 1,468

Moist or wet eutrophic and mesotrophic grassland E3.4 1,326 3 0,442

Vegetated snow-patch E4.1 227,139 4 56,785

Moss and lichen dominated mountain summits, ridges and exposed slopes E4.2 103,932 4 25,983

Acid alpine and subalpine grassland E4.3 46,707 5 9,341

Alpine and subalpine enriched grassland E4.5 51,720 4 12,930

Anthropogenic herb stands E5.1 3,234 18 0,180

Thermophile woodland fringes E5.2 22,047 44 0,501

Moist or wet tall-herb and fern fringes and meadows E5.4 0,582 4 0,145

Subalpine moist or wet tall-herb and fern stands E5.5 0,404 1 0,404

Evergreen alpine and subalpine heath and scrub F2.2 142,428 9 15,825

Conifer scrub close to the tree limit F2.4 115,036 6 19,173

Riverine scrub F9.1 3,254 12 0,271

Salix carr and fen scrub F9.2 0,400 1 0,400

Highly-managed hedgerows of native species FA.2 0,032 1 0,032

Species-rich hedgerows of native species FA.3 1,864 6 0,311

Species-poor hedgerows of native species FA.4 4,252 37 0,115

Vineyards FB.4 12,020 19 0,633

Riparian and gallery woodland, with dominant Alnus, Populus or Salix G1.1 10,603 16 0,663

Mixed riparian floodplain and gallery woodland G1.2 0,138 1 0,138

Mediterranean riparian woodland G1.3 7,128 6 1,188

Fagus woodland G1.6 452,521 22 20,569

Thermophilous deciduous woodland G1.7 384,122 65 5,910

Acidophilous Quercus-dominated G1.8 23,576 7 3,368

Meso- and eutrophic Quercus, Carpinus, Fraxinus, Acer, Tilia, Ulmus (…) G1.A 16,823 4 4,206

Fruit and nut tree orchards G1.D 37,041 43 0,861

Abies and Picea woodland G3.1 481,758 20 24,088

Alpine Larix - Pinus cembra G3.2 243,530 9 27,059

Pinus sylvestris woodland south of the taiga G3.4 38,892 4 9,723

Mixed Abies - Picea - Fagus G4.6 239,384 13 18,414

Mixed non-riverine deciduous and coniferous woodland G4.8 40,861 10 4,086

Mixed Pinus sylvestris - thermophilous Quercus woodland G4.C 80,501 6 13,417

Lines of trees G5.1 1,985 20 0,099

Small broadleaved deciduous Anthropogenic woodlands G5.2 20,384 70 0,291

Small mixed broadleaved and coniferous Anthropogenic woodlands G5.5 3,261 5 0,652

Early-stage natural and semi-natural woodlands and regrowth G5.6 21,412 48 0,446

Coppice and early-stage plantations G5.7 0,550 2 0,275

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Recently felled areas G5.8 4,686 13 0,360

Screes H2 42,072 24 1,753

Temperate-montane acid siliceous screes H2.3 11,816 1 11,816

Inland cliffs, rock pavements and outcrops H3 74,568 12 6,214

Mixed crops of market gardens and horticulture I1.2 76,798 109 0,705

Arable land with unmixed crops grown by low-intensity agricultural methods I1.3 16,434 26 0,632

Bare tilled, fallow or recently abandoned arable land I1.5 0,716 4 0,179

Small-scale ornamental and domestic garden areas I2.2 7,279 6 1,213

Residential buildings of villages and urban peripheries J1.2 7,915 5 1,583

Scattered residential buildings J2.1 85,690 242 0,354

Rural public buildings J2.2 0,185 1 0,185

Rural industrial and commercial sites still in active use J2.3 5,647 6 0,941

Agricultural constructions J2.4 15,169 37 0,410

Rural construction and demolition sites J2.7 5,153 3 1,718

Active opencast mineral extraction sites, including quarries J3.2 19,665 7 2,809

Recently abandoned above-ground spaces of extractive industrial sites J3.3 0,429 2 0,215

Disused road, rail and other constructed hard-surfaced areas J4.1 0,111 1 0,111

Road networks J4.2 37,629 92 0,409

Rail networks J4.3 5,355 9 0,595

Pavements and recreation areas J4.6 1,879 6 0,313

Constructed parts of cemeter J4.7 0,442 1 0,442

Waste resulting from building construction or demolition J6.1 1,039 2 0,519

Figura 6. Ecomosaico attuale (2006-2008) secondo EUNIS di III livello (vedi Tabella 3).

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1.3. Ecomosaico al 1985

Si propone un confronto con la Carta della vegetazione (Foglio IGM Borgo Valsugana) rilevata dal gruppo di Pedrotti e colleghi nel 1985 (georeferenziata e digitalizzata alla scala 1: 50.000). Nonostante quest’ultima carta abbia una

minore risoluzione ed ottenuta con diversa metodologia, questo confronto permette di valutare eventuali trasformazioni significative avvenute negli ultimi 20 anni.

Classi di vegetazioni (Pedrotti, 1985) Ha %

arbusteto a rododendro ferrugineo 124,3 3,3%

arbusteto a rododendro ferrugineo con larice 4,3 0,1%

area con vegetazione scarsa o nulla 27,3 0,7%

associazioni della paludia grandi carici 32,1 0,8%

Boscaglia di ontano verde 10,1 0,3%

bosco di abete bianco 143,1 3,8%

bosco di acacia 224,1 5,9%

bosco di acero montano e tiglio 124,6 3,3%

bosco di carpino nero e orniello 10,6 0,3%

bosco di castagno 163,3 4,3%

bosco di faggio e abete bianco 49,8 1,3%

bosco di faggio e Carex alba 22,8 0,6%

bosco di faggio e Luzula nivea 231,0 6,1%

bosco montano di abete rosso 172,5 4,5%

bosco ripariale di ontano nero e di ontano bianco 124,8 3,3%

campi con vegetazione infestante 525,4 13,8%

frutteti, generalmente con la vegetazione dei prati falciabili 8,7 0,2%

Pascolo a Festuca halleri 59,5 1,6%

Pascolo a Festuca varia 325,7 8,6%

Pascolo a Nardo 245,2 6,4%

pascolo alberato a larice 506,2 13,3%

pineta a pino silvestre 190,0 5,0%

prati umidi a Scirpus silvaticus, Molinia caerulea, Petasites hybridus, ecc. 23,8 0,6%

prato falciabile ad Avena dorata 65,4 1,7%

prato falciabile ad Avena maggiore 275,6 7,2%

rimboschimenti: larice 9,1 0,2%

rimboschimenti: pino nero 23,4 0,6%

vigneti con vegetazione infestante 85,7 2,3%

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1.4. Confronto tra ecomosaico potenziale e attuale

Dal confronto delle cartografie della vegetazione potenziale e delle coperture

attuali emerge che il territorio presenta livelli di naturalità elevati con discrete copertura di formazioni potenziali, cioè di naturalità massima. Sono rappresentate quasi tutte le classi potenziali (Festecetum halleri e

Festecetum variae, Picetum montanum, Luzulo-Fagetum, Aceri-Tilietum, Abieti-Fagetum, Luzulo-Fagetum, Carici-Fagetum, Abieti-Fagetum, Carici-Fagetum, Erico-Pinetum silvestris, Salvio-Fraxinetum, Abietetum albae, Picetum

subalpinum, Rododendro-Vaccinietum laricetosum, Rododendro-Vaccinietum) tranne Agropyro-Alnetum incanae. Infatti, sono rare le formazioni ripariali più

stabili, se si esclude il biotopo Palude di Roncegno. Nello specifico caso del biotopo e della boscaglia alle foci del Larganza si tratta principalmente di formazioni ruderali e instabili con forte presenza di Robinia (e

altre invasive), o di formazioni con recente sviluppo (saliceto e ontaneto giovane). D’altra parte l’azione antropica ha introdotto una maggior diversità vegetazionale

rispetto a quella potenziale che attualmente supporta una maggiore biodiversità animale, come si vedrà nel successivo capitolo.

1.5. Confronto tra ecomosaico attuale e quello al 1985 Dal confronto delle citate cartografie si possono trarre le seguenti:

aumentano in modo rilevante (ca. 4 volte) dei frutteti a spese di vigneti (quasi ovunque convertiti, tranne negli orti domestici, di cui rimane ca. 1/7

della superficie)

diminuiscono significativamente i seminativi misti a prati falciabili

diminuisce significativamente la vegetazione ripariale (si riduce a ca. 1/10

rispetto a 20 anni fa)

diminuiscono i prati umidi (coprono ca. 1/4 della superficie rispetto al

1985)

le coperture dei livelli montano e alpino sono relativamente stabili.

In sintesi, le grandi trasformazioni sono da ricondursi principalmente nel fondo valle alla conversione a frutteto della produzione agricola sui terreni convenientemente meccanizzabili, e all’urbanizzazione, attraverso lo sviluppo di

infrastrutture, di attività produttive artigianali e industriali e di aree residenziali sparse (in ordine di impatto).

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2. Biodiversità faunistica

La biodiversità sostenuta dal territorio di Roncegno ha una notevole importanza

locale e sovra-locale, ne segue che la sua gestione dovrebbe considerare tale responsabilità e gestire in modo duraturo tale opportunità e risorsa. I dati relativi alle presenze faunistiche sono derivati da:

Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti nella Provincia di Trento,

Atlante degli anfibi e dei rettili della Provincia di Trento,

dati dei censimenti della Rete Natura 2000 a cura del Servizio Parchi e

Conservazione della Natura della Provincia di Trento (agg. 2003),

Piano Faunistico Provinciale (2001).

Da questa raccolta emerge un quadro indicativo solo di una parte della ricchezza di specie del territorio di Roncegno. Per pesci e mammiferi le informazioni sono più scarsamente disponibili, sono segnalate solo le specie di interesse venatorio

(dal Piano Faunistico provinciale) o di interesse conservazionistico (quelle segnalate nei biotopi).

Complessivamente sono censite:

62 specie di uccelli nidificanti,

6 specie di anfibi (su 12 presenti in Trentino),

10 specie di rettili (su 11 specie trentine),

12 specie di mammiferi,

1 specie di pesci (solo tra le specie di interesse comunitario, escluse quelle

comuni). Riguardo l’importanza della fauna censita si sottolinea che il 50% delle specie di

rettili e il 70% dei anfibi sono inclusi in Lista Rossa, e che il 50% degli uccelli è incluso in Lista Rossa o di importanza comunitaria.

Sotto si riporta l’elenco delle specie (Tabella 5) con informazioni relative all’importanza o vulnerabilità delle specie, specificando se appartenenti a Liste Rosse (LR), se incluse nelle liste della Direttiva Habitat o Uccelli (HAB), o lo status di

conservazione per gli uccelli secondo le categorie definite da Birdlife International (Tucker e Heathm 1994) per “Species of European Conservation Concern”, in cui:

SPEC1 specie minacciata globalmente

SPEC2 specie con status di conservazione sfavorevole e popolazione concentrata in Europa

SPEC3 specie con status di conservazione sfavorevole e popolazione non concentrata in Europa

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Tabella 5 Elenco delle specie segnalate nel comune di Roncegno.

Nome scientifico Nome comune

Anfibi

Bufo bufoLR Rospo comune

Rana synklepton esculentaLR Rana verde minore

Rana temporaria Rana di montagna (o rana temporaria)

Salamandra salamandraLR Salamandra

Triturus alpestrisLR Tritone alpestre

Bombina variegataLR Ululone dal ventre giallo

Mammiferi (lista indicativa)

Apodemus selvatico Topo selvatico

Apodemus flavicollis Topo selvatico dal collo giallo

Capreolus capreolus Capriolo

Cervus elaphus Cervo

Clethrionomys glareolus Arvicola rossastra

Eliomys quercinus Quercino

Erinaceus europaeus Ricco comune

Lepus timidus Lepre variabile

Lepus europaeus Lepre comune

Marmota marmota Marmotta

Meles meles Tasso

Microtus agrestis Arvicola campestre

Muscardinus avellanarius Moscardino

Neomys anomalus Toporagno acquatico di Miller

Neomys fodiens Toporagno acquatico

Rupicapra rupicapra Camoscio

Sciurus vulgaris Scoiattolo

Sorex araneus Toporagno comune

Sorex minutus Toporagno nano

Talpa europea Talpa europea

Vulpes vulpes Volpe

Rettili

Anguis fragilisLR Orbettino

Coluber viridiflavusLR Biacco

Elaphe longissimaLR Colubro di Esculapio

Lacerta bilineata Ramarro occidentale

Natrix natrixLR Biscia dal collare

Natrix tassellataLR Natrice tassellata

Podarcis muralis Lucertola muraiola

Vipera aspisLR Vipera comune

Vipera berus Marasso

Zootoca viviparaLR Lucertola vivipara

Pesci

Cottus gobioHab

Uccelli

Aegithalos caudatus Codibugnolo

Aquila chrysaetosLR, Spec3 Aquila reale

Acrocephalus palustris Cannaiola verdognola

Alauda arvensisLR, Spec3 Allodola

Alectoris graecaLR, Spec2 Coturnice

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Anas platyrhynchos Germano reale

Anthus pratensis Pispola

Anthus trivialis Prispolone

Ardea cinereaLR Airone cinerino

Bonasia bonasiaLR Francolino di monte

Bubo buboLR, Spec3 Gufo reale

Carduelis carduelis Cardellino

Colomba palumbusLR Colombaccio

Corpus corone cornix Cornacchia grigia

Cuculus canorus Cuculo

Coturnix coturnixLR, Spec3 Quaglia comune

Delichon urbicumSpec3 Balestruccio

Dendrocopus major Picchio rosso maggiore

Dryocopus martiusHab Picchio nero

Falco vespertinusSpec3 Falco cuculo

Ficedula albicollisHab Balia dal collare (non nidificante)

Ficedula hypoleuca Balia nera (non nidificante)

Fringilla coelebs Fringuello

Gallinula chloropus Gallinella d’acqua

Hirundo rusticaSpec3 Rondine

Jynx torquillaLR¸Spec3 Torcicollo

Lanius collirioLR, Spec3, Hab Averla piccola

Lagopus mutaLR Pernice bianca

Locustella naevia Forapaglie macchiettato (non nidificante)

Luscinia megarhynchos Usignolo

Milvus migransLR, Spec3, Hab Nibbio bruno

Motacilla alba Ballerina bianca

Motacilla flavaLR Cutrettola

Motacilla cinerea Ballerina gialla

Muscicapa striataLR, Spec3, Hab Pigliamosche

Oenanthe oenantheLR, Spec3 Culbianco

Passer italiane Passera d’Italia

Passer montanusSpec3 Passera mattugia

Parus ater Cincia mora

Parus major Cinciallegra

Pernis apivorusLR Falco Pecchiaiolo

Picus viridisLR Picchio verde

Phoenicurus ochruros Codirosso spazzacamino

Phoenicurus phoenicurusLR, Spec2 Codirosso comune

Phylloscopus collybita Luì piccolo

Phylloscopus sibilatrix Luì verde

Prunella collaris Sordone

Ptynoprogne rupestris Rondine montana

Rallus aquaticusLR Porciglione

Regulus regulus Regolo

Saxicola torquatusLR, Spec3 Saltimpalo

Sitta aeropaea Picchio muratore

Sturnus vulgaris Spec3 Storno

Sylvia atricapilla Capinera

Sylvia communisLR Sterpazzola

Sylvia curruca Bigiarella

Strix alucoSpec4 Allocco

Tetrao urogallusLR Gallo cedrone

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Tetrao tetrixLR, Spec3 Fagiano di monte

Turdus merula Merlo

Turdus torquatusLR Merlo dal collare

Turdus viscivorus Tordela

a) b)

c) d)

e) f) Figura 7. Specie focali, rappresentative della biodiversità locale, selezionate per l’analisi della funzionalità ecologica del

territorio: a) rana verde minore, b) libellula “damigella” (gen. Calopteryx), c) riccio europeo, d) averla piccola, e)

moscardino, f) picchio muratore.

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3. Funzionalità ecologica del territorio

Il paesaggio è qui inteso come sistema di ecosistemi, che emerge dalla sinergia di

processi ecologici e attività antropiche (Farina 2001). Il paesaggio è considerato “funzionale” al mantenimento della biodiversità nella misura in cui la struttura e il mosaico degli habitat presenti supporta la ricchezza delle specie.

Figura 8. Processi ecologici si a scala di paesaggio si esprimono come interazione tra elementi del territorii, sulla base

delle loro funzioni e dei loro usi (modificato da Pedroli et al. 2002).

La valutazione della funzionalità ecologica si basa sulla funzionalità fluviale

(Siligardi et al. 2007) e su due funzioni ecologiche, a scala di paesaggio, ritenute essenziali per la persistenza della biodiversità locale, in contesti antropizzati: funzionalità di habitat e connettività funzionale (Scolozzi 2008b).

Infatti, le principali minacce alla biodiversità sono proprio la perdita degli habitat e la frammentazione (EEA 2007; Fahrig 2003; Opdam et al. 2003). Il paradigma di

riferimento è quello della metapopolazione: una popolazione costituita da sub-popolazioni tra loro connesse attraverso processi di estinzione/ricolonizzazione (Hanski and Ovaskainen 2000).

Le due funzioni ecologiche, sopra citate, sono valutate in un quadro gerarchico multi-scalare, costituito da tre livelli di relazioni spaziali. Ogni livello è

rappresentato da propria una categoria di “oggetti” (Patch, Unità, Rete di Unità) e rappresenta proprietà emergenti dall’organizzazione e funzionalità degli “oggetti” di livello inferiore .

Figura 9 Livelli gerarchici di relazioni ecologiche.

RETE DI

UNITA’

Connessioni probabilistiche

links

UNITA’

Barriere Naturali

Barriere Artificiail

PATCH

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La prima componente considera la funzionalità di habitat per specie focali (o

target), definite per l'area di studio. Le specie focali rappresentano specie particolarmente esigenti in termini di qualità di habitat e sensibili alla

frammentazione del territorio. Si assume che se il territorio è in grado di sostenere la loro presenza allora sarà in grado di sostenere anche molte altre specie meno esigenti, quindi una maggiore biodiversità. La funzionalità di habitat

è valutata attraverso diverse serie di regole (per ogni specie target), che considerano vegetazione, superficie complessiva di mosaici di vegetazione (significativi per le specie) e relazioni spaziali con aree vegetate limitrofe.

Tale classificazione, integrata da indicazioni derivate da studi empirici e modelli di popolazione, fornisce una stima quantitativa della funzionalità di habitat in termini di carrying capacity faunistica o numero di unità riproduttive (UR =

numero di coppie, famiglie o territori) potenzialmente supportate dall’area in questione.

La seconda componente riguarda la connettività funzionale dipende dall'effetto barriera di elementi di paesaggio (es. strade, aree urbane, corsi d’acqua) (Scolozzi

2008a). Tale effetto è stimato da esperti, coinvolti in un’indagine Delphi, in termini di probabilità di attraversamento della barriera da parte di specie selezionate. Tali probabilità concorrono alla definizione del grafo della connettività

funzionale (specie-specifica). I nodi di ciascun grafo rappresentano habitat per una determinata specie e i legami le relazioni probabilistiche tra habitat adiacenti

(Fall et al. 2007). Sulla base della carrying capacity faunistica e del grafo delle connettività si valuta

la funzionalità di reti di habitat, in termini di capacità di supportare metapopolazioni vitali (Verboom et al. 2001), da questa si deduce la capacità del territorio di supportare la biodiversità locale.

Fig. 1 Schema concettuale per la valutazione della funzionalità ecologica del paesaggio.

Funzioni

di habitat

(Patch)

Funzioni

di habitat

(Unità)

Funzionalità di habitat

(Reti di unità) Grafo della

connettività

Effetto barriera

Funzionalità ecologica del paesaggio

Funzionalità di habitat

Connettività funzionale

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3.1. Reticolo idrografico e funzionalità fluviale

Il territorio di Roncegno ospita un notevole reticolo idrografico, circa 65,5 km di

reticolo suddiviso in ca. 135 aste fluviali a forte pendenza (media >50%). Tale reticolo è composto principalmente da torrenti di piccola portata e corsi d’acqua temporanei (regime idrologico intermittente naturale), tutti affluenti del fiume

Brenta. La maggior parte dei corsi d’acqua è arginato e imbrigliato (Figura 11), con sponde artificializzate da strutture rigide e presenze di briglie invalicabili. Nei

tratti terminali l’alveo è stato canalizzato con tratti significativi di sponde e fondali completamente artificiali (dati aggiornati da Carta Ittica 2003). Il sistema di

briglie invalicabili e la scarsa presenza vegetazione riparia rendono interrotto il continuum fluviale, con conseguente influenza sulla qualità ecologica del reticolo. Secondo lo studio condotto per il Sistema Informativo della Sensibilità Ambientale

il valore ecologico è medio-basso (Figura 11), tranne che per i tratti più in quota con valori medio-alti.

Uno studio più approfondito relativo alle sponde del Larganza (dati Dalla Fior e Scolozzi, non pubblicato), l’affluente principale del Brenta, conferma una bassa qualità, con funzionalità delle sponde e delle rive da mediocre a mediocre-

scadente. Gli aspetti più limitanti la funzionalità fluviale, validi anche

per gli altri affluenti di fondovalle (t. Chiavona, rio Larganzola, canale

Brenta Vecchio) sono:

mancanza di vegetazione

riparia funzionale,

scarsa o assente strutture di

ritenzione degli apporti trofici, conformazione delle rive,

scarsa o nulla naturalità della

sezione trasversale,

assenza di raschi, pozzi e

meandri. Queste limitazioni sono dovute in

parte alla stessa morfologia del territorio e in parte agli interventi

di controllo del regime torrentizio e delle colate di detrito.

Figura 10 Sensibilità ambientale dei tratti del reticolo

idrografico.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Figura 11. Naturalità dei corsi d’acqua nel territorio di Roncegno (lo spessore dei tratti è proporzionale all’ordine

fluviale (di Sthraler).

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Figura 12 Qualità fluviale secondo l’Indice di Funzionalità Fluviale 2007 (Siligardi et al., 2007).

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3.2. Funzionalità di habitat: capacità di biodiversità faunistica

Le specie focali definite per il territorio di Roncegno sono scelte fra quelle presenti nei biotopi provinciali della Valsugana. L’obiettivo specifico della scelta è stato quello di ottenere un gruppo di specie sensibili ai cambiamenti di uso del suolo,

con particolare attenzione ai processi di fondo valle e, allo stesso tempo, rappresentative degli ambienti principali dell’area di studio. In particolare, le specie focali per l’area di studio, sono:

Presenti nell’area di studio (in particolare nei biotopi provinciali di fondovalle della Valsugana), con baricentro di habitat abituale al di sotto

dei 700 m. Rappresentative di uno dei tre ambienti dell’area di studio: forestale,

agricolo e acquatico (incluse aree umide).

Di interesse conservazionistico, es: specie minacciata, con popolazione in declino o segnalata nelle Liste Rosse (ma non troppo rara, es. presente solo

in 1-2 siti). Conosciute e con disponibilità di informazioni su home range e dispersione

(es. specie già utilizzata come specie focale.)

Sensibili alla frammentazione e ai cambiamenti di uso del suolo. Con differente capacità di dispersione e mobilità.

Con habitat minimo rilevabile alla risoluzione della cartografia di base, e con meta-popolazione vitale potenzialmente contenuta nell’area di studio.

A partire da una prima lista di specie candidate, estratte dalle specie censite nei

biotopi di fondovalle, sono definite due specie per tipo di ambiente e con diversa sensibilità alla frammentazione, per un totale di 6 specie: un anfibio (rana verde minore), un insetto (Libellula del gen. Calopteryx), 2 uccelli (picchio muratore,

averla piccola), 2 mammiferi (riccio e moscardino). Nella Tab. 1 si presentano i profili ecologici delle specie focali. In particolare si

riportano la densità media in unità riproduttive (UR, es. coppia, famiglia, territorio, in base alla specie), la superficie minima di un’area (key area) sufficientemente ampia ad ospitare una popolazione vitale (con probabilità di

estinzione nei prossimi 100 anni minore del 95%), il numero minimo UR per una popolazione vitale (key population), l’area minima compatibile con la funzione di

stepping stones, la relativa popolazione attesa, la distanza per considerare connessi due habitat (funzione dello specifico home range). Questi valori sono dedotti e supportati sia da studi empirici che da modelli matematici di

metapopolazione (si veda una revisione in Verboom et al., 2001). Tali informazioni sono alla base della definizione delle regole di classificazione della funzionalità di habitat.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Tab. 1 Profili ecologi di delle specie focali per l’area di studio.

Densità (UR/ha)

“Key Area” “Key

population” (UR)

Area “Stepping stones”

Popolazione attesa per Stepping

stones (UR)

Distanza tra patch

“connesse”

Rana verde minore 100 - 1000a

5 ha 500a 1 ha 100 300 mc

Libellula (gen. Calopteryx) 100 - 1000

5 hab 500b 0,5 hab 50b 500 mb

Averla piccola 0.3d,e 120 haf 40f,g 10 ha 4b 500 mh

Riccio europeo 0.5 40 hai 100l 5 hal 10l 1500 mm

Picchio muratore 1n 40 haf,o 40f 5 hap 4 1500 mr

Moscardino 0.5 40 hal 100f,l 5 hal 10-12q 150 mq

a: Vos et al., 2001; b: Pouwels, 2008 (comunicazione personale); c: Smith e Green, 2005 (distanza

media percorsa quotidianamente, la dist. più frequente 1.2 km, la max 15 km) e Holenweg Peter,2001 (studio empirico: dist. disp.77-328 m); d: Massa, 2007 e Pedrini, 2007 (comunicazione personale: densità per il Trentino 1 ru/3-4 ha di area rurale idonea); e: Brambilla et al., 2007 (densità 3.2-5.1/10 ha); f: Verboom et al., 2001, g: Takàcs et al., 2004; h: Des Vanhinsbergh e Evans, 2002 (distanza tra differenti territori, periodo riproduttivo); i: Young et al., 2006; l: Van der Sluis et al.,, 2003; m: Doncaster, 2001 (home range medio 0.8 km, distanza più frequente 2-4 km, max <10 km) e Rondinini e Doncaster, 2002 (traiettoria lineare media 380m, con radio collare, entro 5 ha); n: Vos et al., 2001; o: Bellamy, 1998 e Telleria & T. Santos, 1993; p: Langevelde, 2002; r: Matthysen & Schmidt, 1987 e Gonzalez-Varo, 2008; q: Brights, 1995 e Miller and Yahnke, 2004.

A livello di patch, quindi, si definiscono aree:

Breeding: aree in cui si assume che gli individui delle specie possano trovare rifugio, risorse alimentari e siti di nidificazione, corrispondono alle

aree più idonee a sostenere una presenza stabile di un piccolo gruppo, quando isolate possono svolgere la funzione di aree stepping stone, se sufficientemente grandi possono sostenere una key population;

Survival: simili a quelle sopra ma non abbastanza ampie per garantire rifugio e sostenere una popolazione locale residente, oppure diverse coperture idonee a fornire limitati funzioni es. solo siti di alimentazione, in

cui si suppone una presenza temporanea o al massimo di pochi individui residenti (es. stepping stones);

Dispersal: aree appena idonee al passaggio delle specie, con scarse o assenti risorse alimentari, scarse o assenti possibilità di rifugio, in cui si suppone una presenza solo temporanea;

Unsuitable patch: aree non idonee per nessuna funzione di habitat. Hostile patch: aree in cui le specie sono minacciate da rischi diretti (es.

traffico su strada).

Sulla base della densità naturale delle specie in ambienti idonei (derivata da letteratura) si stima un valore di capacità di habitat per ciascuna area (habitat

carrying capacity), in termini di unità riproduttive (UR).

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Figura 13 Funzionalità di habitat per le specie focali.

2249

3076

161 112

1585

40 40 40 100

500500

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

Rana verde

minore

Libellula Riccio Averla piccola Picchio

muratore

Moscardino

UR

6612

Figura 14 Funzionalità di habitat in termini di capacità faunistica, numero di unità riproduttive (UR) supportate.

0,00

500,00

1000,00

1500,00

2000,00

2500,00

3000,00

3500,00

4000,00

Rana verde

minore

Libellula Riccio Averla

piccola

Picchio

muratore

Moscardino

Ha

Hostile

Unsuitable

Dispersal

Survival

Breeding

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Figura 15 Mappe di funzionalità di habitat per le comunità di specie di habitat acquatici umidi.

Figura 16 Mappe di funzionalità di habitat per le comunità di specie di habitat forestali.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Figura 17 Mappe di funzionalità di habitat per le comunità di specie di habitat rurali.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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3.3. Connettività funzionale

La continuità ambientale rappresenta un elemento di elevata qualità territoriale

per le numerose funzioni che essa può assolvere a tutte le scale di considerazione (Romano 2000):

possibilità di mantenimento ed espansione delle specie vegetali soppresse

nelle aree agricole e urbane

possibilità di integrazione con i percorsi di collegamento urbano con

modalità alternative all’auto privata

possibilità di mantenimento e movimento delle specie faunistiche presenti

sul territorio

formazione del supporto territoriale per eventuali azioni future di ripristino

e riqualificazione ecosistemici

riduzione dell’insularità ecologica delle aree protette e conservazione della

naturalità anche fuori di esse. Non basta, però, una semplice adiacenza di ambiti naturali o naturali-formi per

mantenere processi ecosistemici e supportare la presenza di specie faunistiche. Le specie animali necessitano di muoversi nel territorio, per esigenze alimentari,

esigenze riproduttive, per evitare pericoli o disturbi. Il passaggio da siti di rifugio (tane, nidi) a siti di alimentazione può essere impedito da infrastrutture o aree percepite come ostili. Questo impedimento può arrivare costituire un rischio di

estinzione locale delle specie più sensibili alla frammentazione. La connettività funzionale si distingue dalla semplice continuità ambientale (la include) perché considera la percezione delle barriere e il loro effetto sulle specie

animali. La valutazione della connettività è di cruciale importanza nell’indicare conseguenze ecologiche di cambiamenti di uso del suolo ed evitare impatti

irreversibili sulla funzionalità ecologica del paesaggio. In particolare, la metodologia di analisi si basa sulla valutazione esperta dell’effetto barriera di elementi di paesaggio sul movimento di alcune specie

sensibili alla frammentazione e rappresentative della biodiversità locale. Per i dettagli si veda Scolozzi (2008a).

Da tale analisi si è definita l’armatura ecorelazionale, uno “scheletro portante” delle funzioni ecosistemiche che supportano la biodiversità locale, in altre parole l’insieme di connessioni che supportano flussi faunistici. L’armatura

ecorelazionale include spazi verdi pubblici e privati con diverse funzioni (arredo urbano, arredo stradale, continuità o suddivisione rurale, produttività agro-forestale). Tale armatura è rappresentata da un grafo spaziale composto da nodi,

baricentri di aree habitat, e connessioni probabilistiche in funzione della probabilità di flusso faunistico tra un nodo-habitat e l’altro

Considerando contemporaneamente la funzionalità di habitat si è definito il ruolo ecorelazionale di tutti gli spazi aperti del territorio di Roncegno, ovvero tutti quei siti cha già posseggono una valenza ambientale riconosciuta o che, oggi

degradati, potrebbero acquisirla in prospettiva di interventi mirati o semplicemente se lasciati ad una evoluzione indisturbata.

La definizione del ruolo ecorelazionale fornisce un supporto conoscitivo innovativo alla valutazione di impatti diretti e indiretti di variazioni d’uso del suolo. Allo stesso tempo essa supporta indicazioni di opportunità di miglioramento della

continuità ambientale nel piano comunale. Nel figura sotto si evidenziano le connessioni cruciali a livello locale (freccie corte), la direzione di connettività

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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sovra-comunale (freccia tratteggiata), la capacità faunistica portante del fondo

valle di Roncegno.

Figura 18 Armatura ecorelazionale del territorio di Roncegno.

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4. Valutazione di scenari di cambiamento di uso del suolo

L’impatto del cambiamento di uso del suolo sulla funzionalità ecologica è valutato

con un metodo differente rispetto alla tradizionale analisi per sovrapposizione di layer tematici (overlay mapping). Qui la funzionalità di habitat per scenari di piano è stata stimata tramite l’uso un modello spaziale che tiene conto delle

relazioni topologiche ed ecologiche tra qualità di habitat di un’area rispetto alle aree limitrofe. I risultati sono significativamente diversi, in un caso si ha la definizione di

superfici “perse” con diverso valore (sinistra, Figura 19), nel secondo caso si rilevano le conseguenze anche sulla aree limitrofe in termini di perdita di

funzionalità (destra, Figura 19).

Figura 19 Valutazione degli effetti di nuove aree insediative sulla funzionalità di habitat.

Nello specifico, in accordo con il gruppo di lavoro, si sono valutati tre scenari di espansione edilizia:

scenario A: espansione nell’area di Larganzoni e Marter e Marter in destra Brenta (loc. Brustolai) , tenendo conto delle aree classificate dal PUP

“agricolo di pregio”

scenario B: espansione della frazione di Larganzoni, prevedendo un

permuta di aree attualmente definite “agricolo di pregio”

scenario C: espansioni sia nella frazione di Larganzoni, con permuta di

agricolo di pregio sia nella frazione di Marter in sinistra e destra Brenta.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Scenario A Scenario B Scenario C

Figura 20 Scenari di espansione residenziale.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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Gli scenari proposti non sembrano determinare significativi impatti sulla

funzionalità ecologica del territorio. L’incertezza nella definizione della capacità faunistica è simile alla dimensione degli impatti prevedisti dal modello.

Nondimeno, per il principio di precauzione questi impatti sono comunque da considerare in un ottica di impatto ambientale zero e di sostenibilità del piano. Il modello, infatti, non considera effetti sinergici di disturbo provenienti dai nuovi

insediamenti, verosimilmente l’impatto stimato è una sottostima. In particolare, gli scenari determinerebbero impatti soprattutto alle comunità di specie animali legate agli agro-ecosistemi (Figura 21) rappresentate da Riccio e

Averla piccola. Queste comunità allo stesso tempo sono quelle che più facilmente potrebbero trarre beneficio da azioni di ripristino o miglioramento ambientale dai

costi contenuti. Di seguito di propongono alcune indicazioni utili a definire misure di compensazione ecologica. Per aver efficacia, si sottolinea, queste misure

dovrebbero essere intraprese prima della realizzazione dei nuovi lotti o in contemporanea nella fase di progettazione delle stesse (Pileri 2007).

-5,0-4,0-3,0-2,0-1,00,0

Rana v. minore

Libellula

Riccio

Averla

Picchio m.

Moscardino

UR

ScenarioA

ScenarioB

ScenarioC

Figura 21 Impatti degli scenari sulla funzionalità di habitat.

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5. Dall’analisi ecologica ad alcune indicazioni per la pianificazione

I nuovi insediamenti avranno sicuramente un impatto sul territorio ma in misura

variabile secondo le modalità di realizzazione degli stessi e della loro posizione rispetto all’armatura ecorelazionale (vedi Figura 18). Alcune attenzioni progettuali possono mitigare notevolmente il loro impatto. La caratterizzazione ecologica del

possibile impatto, sopra presentata, permette di ipotizzare le misure più efficaci ed efficienti per compensare gli impatti non mitigabili, puntando ad un “impatto ambientale zero” del piano.

Il riferimento concettuale, per la definizione di tali misure, è quello di una “rete ecologica” volta a stabilire o rinforzare connessioni ecologiche (corridoi) tra

elementi di paesaggio e supportare funzioni multiple (non solo strettamente ecologiche). Una rete ecologica multifunzionale supporta il miglioramento e il mantenimento della qualità di vita e di fruizione del territorio da parte dei

residenti e degli ospiti.

Figura 22. Principali funzioni di un corridoio ecologico (da Bischetti et al. 2008)

Nello specifico, s’individuano due tipologie d’interventi a seconda se si considerano elementi lineari (“interventi lineari”) del paesaggio o aree (“interventi

areali”). All’interno di tali tipologie sono definite diverse misure secondo un gradiente di risorse necessarie per la loro realizzazione e una priorità d’intervento.

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Impatto sulla biodiversità di scelte di piano: caso Roncegno Rocco Scolozzi

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5.1. Interventi lineari

Nell’immagine sotto si localizzano interventi di riqualificazione, di creazione di

nuovi habitat, di potenziamento o ricostruzione della funzionalità fluviale.

Figura 23 Localizzazione d’interventi lineari.

Gli interventi di riqualificazione coinvolgono elementi del territorio ora presenti

che già svolgono funzioni ecologiche ed erogano servizi ecosistemici. La riqualificazione proposta mira a rinforzare la loro funzionalità cercando di arricchire la struttura e complessità vegetale.

Un primo intervento dovrebbe interessare il canale di derivazione del Larganza (19, nella Figura 23). Allo stato attuale un guadagno in termini di servizi

ecosistemici potrebbe essere facilmente ottenuto anche semplicemente attraverso una più attenta manutenzione delle sponde e della vegetazione.

Figura 24 Ripristino ambientale tramite manutenzione delle sponde di canali (da Bischetti et al. 2008).

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Tale manutenzione potrebbe interessare una sola sponda o entrambe ma in modo

alternato (Figura 24) e tenere conto dei cicli riproduttivi di anfibi, avifauna e piccoli mammiferi. L’eventuale creazione di una vegetazione ripariale funzionale,

con piantumazione d’ontano, salici e arbusti bacciferi (localmente già presenti, e ad evoluzione spontanea) porterebbe benefici significativi all’avifauna e piccoli mammiferi.

La creazione di habitat ex-novo consiste nello strutturare neo-ecosistemi a fianco di infrastrutture lineari. Si tratta di messa a dimora di elementi arborei variamente disposti (non in singole file!), possibilmente disetanei e di diverso

portamento (alberi e arbusti alternati a siepi campestri). Specie arbustive idonee alla funzionalità faunistica sono (tra quelle già presenti nel territorio):

biancospino, prugnolo, sanguinello, acero campestre, sambuco, rovo comune. Nello specifico le strade secondarie a ridosso della fascia pedemontana (14-15-26-30-31 in Figura 23) potrebbero i siti più idonei per una multi-funzionalità. Un

ruolo potenziale significativo sarebbe quello di costituire corridoi ecologici ma anche sorgenti di biodiversità (aree di alimentazione, rifugio, riproduzione per

microfauna, avifauna, specie di interesse venatorio). Oltre a questo, potrebbero costituire elementi estetici per la viabilità secondaria e le aree residenziali limitrofe (piste ciclabili, viabilità rurale) e portare benefici alle coltivazioni

adiacenti in termini di impollinazione, controllo biologico di insetti nocivi. Per ricostruzione della funzionalità fluviale, qui s’intende principalmente ripristino della capacità d’autodepurazione (fonti diffuse di nitrati), di ricarica

delle falde, di limitazione dei danni delle piene (a valle), di funzione di habitat per pesci, anfibi e avifauna. Tutti questi servizi ecosistemici sono resi nella misura in

cui l’acqua scorre lentamente nel territorio. Un primo intervento potrebbe interessare il tratto del Brenta vecchio tra il biotopo provinciale “Paludi di Roncegno” e la confluenza del Larganza nello stesso (21 in Figura 23). Nello

specifico si tratta di ricreare una sinuosità delle sponde e ripristinare un’evoluzione della vegetazione fino a creare fasce ripariali funzionali (arboree e

arbustive).

Figura 25 Canale a corrente sinuosa, realizzato con tagli parziali della vegetazione ed eventuale scavo dell’alveo

(da Malcevschi et al. 1996).

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5.2. Interventi areali

Interventi areali interessano aree più vaste rispetto alle precedenti e si

differenziano per diverse strategie e obiettivi. Per la maggior parte tali indicazioni corrispondono ad attenzioni nelle modalità di progettazione dei nuovi insediamenti e di manutenzione del “verde” attuale.

Figura 26 Localizzazione di interventi areali.

In particolare si identificano le aree di cui preservare la biopermeabilità (3 e4 in Figura 24). Queste aree sono strategiche dal punto di vista della connettività

degli ecosistemi e del territorio in generale. La connettività ecologica, infatti, supporta la connettività della mobilità pedonale (eventualmente anche ciclabile) quindi permette e mantiene una fruizione umana (residenti, ospiti, escursionisti)

dell’intero territorio. Si può conservare una certa connettività lasciando (o predisponendo in fase progettuale) aree verdi (pubbliche o private) tra differenti lotti o aree urbane

(Figura 27). Un aspetto importante soprattutto per la zona di Marter, per mantenere la connettività sovra-locale (tratteggiata in Figura 18) e quella

pedonale/ciclabile, è quello di evitare la saturazione degli spazi lungo le attuali strade disposte a a raggiera con nuovi edifici. Una possibile soluzione potrebbe prevedere una alternanza di spazi verdi ed edifici anziché un loro sviluppo

allineato. Questo accorgimento avrebbe ricadute positive sulla veduta di ciascuna abitazione, ognuna potrebbe godere di una vista panoramica anziché la vista

della casa subito a valle.

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a) b) Figura 27 Fasce tampone tra aree urbane e coltivazioni che mantengono una certa biopermeabilità (Malcevschi et al.

1996).

Figura 28 Schema di sviluppo a Marte per conservare la connettività ecologica e pedonabile.

Le aree di riqualificazione e conservazione sono aree interstiziali tra l’urbano attuale, a parte il tratto di Larganza segnalato (in Figura 26). Queste aree hanno

già una certa funzionalità ecosistemica che dipende dalle buone pratiche agricole dei proprietari. Un potenziamento delle loro funzioni potrebbe essere ottenuto conservando e creando nuove siepi e filari interpoderali (come mostrato in b di

Figura 27). La proposta di creazione di nuovo habitat si focalizza sulla confluenza del

Larganza nel canale Brenta Vecchio. Una lanca artificiale potrebbe fungere da

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ecosistema-filtro, da cassa di espansione, oltre ad una potenziale espansione

ecologica del biotopo di Roncegno (già moderatamente collegato).

Figura 29 Possibili modalità di creazione di nuovo habitat, con diversa estensione, (Bischetti et al. 2008; Malcevschi et

al. 1996).

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