Impatto Magazine - Volume 3.1 | Aprile 2016

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MAGAZINE ! MPATTO VOLUME 3.1 - APRILE 2016 MAGAZINE MAGAZINE VOLUME 3.1 - APRILE 2016 bici in spalla e piedi sui pedali! LA PRINCIPALE MANIFESTAZIONE CICLOTURISTICA DELLA CITTÀ GIUNGE ALLA SUA QUINTA EDIZIONE NAPOLI BIKE FESTIVAL CATENA LUCA VIBRAZIONI ILARIA E FRANCESCO SAPERE GAETANO GROOVE LODA MODA BRODA ISTANTANEE GIOVANNI ritratti città e scienza APRE CORPOREA PADIGLIONE PER LA PIENA CONOSCENZA DEL CORPO UMANO . ora il futuro IL RETTORE GAETANO MANFREDI RACCONTA LE PROSPETTIVE DELL 'ATENEO DI NAPOLI ALLA FEDERICO II CDS BAGNOLI + MAGAZINE MAGAZINE

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Napoli Bike Festival - La principale manifestazione cicloturistica della città giunge alla sua quinta edizione

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! MPATTOVOLUME 3.1 - APRILE 2016

MAGAZINEMAGAZINE

VOLUME 3.1 - APRILE 2016

bici in spalla e piedi sui

pedali!LA PRINCIPALE

MANIFESTAZIONE CICLOTURISTICA

DELLA CITTÀGIUNGE ALLA

SUA QUINTA EDIZIONE

NAPOLI BIKE FESTIVAL

CATENALUCA

VIBRAZIONIILARIA E

FRANCESCOSAPERE

GAETANOGROOVE

LODA MODA BRODA

ISTANTANEE GIOVANNI

ritratti

città escienzaAPRE CORPOREA PADIGLIONE PER LA PIENA CONOSCENZADEL CORPO UMANO.

ora ilfuturoIL RETTORE GAETANO MANFREDI RACCONTA LE PROSPETTIVE DELL'ATENEO DI NAPOLI

ALLA FEDERICO II

CDS BAGNOLI

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Città della Scienza apre Corporea: tra percorsi espositivi, laboratori e agorà per le attività didatti-ca. Il fulcro della pro-gettazione scientifica dà il via al padiglione per la conoscenza totale e completa del corpo umano.

#PEDALOPERMONTA IN BIKE

08.LA & DIALCHIMIA

In attesa del Bike Festival Napoli, alla sua quinta edizione dal 20 al 22 Maggio, il popolo dei ciclisti urbani partenopei vive la quotidianità su due ruote per una migliore qualità di vita, fatta di salute ed ecologia.

Per vivere la propria città in una prospettiva diversa: percorrendola su due ruote e non calpestandola.

Cosa scaturisce dall'incontro di due energie differenti e dagli incastri non prevedibili? Ne nasce un duo musicale innovativo. Ilaria Graziano & Francesco Forni rappresentano materia prima da cui si genera la genialità artistica.

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IL FUOCO SACRODELLASCIENZA

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Si scrive Moda Loda Broda ma si legge rap Made in Naples, ricco di contaminazioni tra diversi generi e con testi molto accattivanti. Rappano in dialetto partenopeo ma il loro groove fa l'occhiolino ai grandi della musica contemporanea italiana.

RAPPER MADE IN NAPLES

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NUOVO CORSORADICI ANTICHE

L'incontro con il Professore Gaetano Manfredi, Rettore dell'Università degli Studi Federico II. Un'occasione per riflettere sulle prospettive internazi-onali dello Storico Ateneo , a pochi mesi di distanza dal bilancio sociale.

UN RACCONTOMETROPOLITANO

Gli scatti di Sergio Siano e Giovanni De Giovanni, denunciano, attraverso occhi bambini, mancanze sociali e debiti morali. La fotografia è una narrativa speciale che non ha bisogno di parole, giunge diretta e immediata. In un parallelismo tra Napoli e il Benin, volti di bambini raccontano il proprio mondo, giocando, nonostante tutto.

L'AFRICA BAMBINACHE DEVE CRESCERE

Il Benin è l’Africa che è scappata dalla violenza ma non dalla malattia e dalla povertà, che la tengono in ostaggio. L’Africa va lavata da quest’onta, una goccia alla volta, per tornare a cantare, cantare e giocare libera.

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MAGAZINE MADE IN NAPLESA neapolitan international E-zine

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DALLA COPERTINA

#PEDALOPERMONTA IN BIKE.

intervista di Giorgia Mangiapia - foto di Francesca De Caro

IN ATTESA DEL BIKE FESTIVAL NAPOLI, ALLA SUA QUINTA EDIZIONE DAL 20 AL 22 MAGGIO, IL POPOLO DEI CICLISTI URBANI VIVE LA QUOTIDIANITÀ SU DUE RUOTE PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DI VITA. PER VIVERE LA PROPRIA CITTÀ IN UNA PROSPETTIVA DIVERSA: PERCORRENDOLA E NON CALPESTANDOLA.

Un viale alberato percor-so in sella ad una bici, il vento sinuoso e un sole invernale per sentirsi

bene. Sì, semplicemente bene. Siamo nel Viale delle Palme, alla Mostra D'oltremare, lontani dalla pantomima di autisti divisi tra semafori, clacson e mete da raggiungere, dimenticando il bello del viaggiare. Siamo con il project manager Luca Simeone e il suo sogno, ormai fortificato, di contaminare la città di Napoli con una nuova cultura e una più sana mentalità che va su due ruote, pedalando in equilibrio tra benessere e innovazione.

L'Associazione Napoli Pedala non si ferma mai tra progetti e attività. Quali le ultime?

Da oltre 3 anni in Mostra ab-biamo uno spazio dell'Associa-zione Napoli Pedala, strutturato come una ciclo officina con corsi e con attività di manutenzione e riparazione della bici. Da circa un anno è nata un' Academy, una scuola di mountain bike per coinvolgere giovani generazioni e iniziarli al mondo della bici-cletta ispirandosi a principi non della competizione ma della cooperazione e del vivere le aree verdi della nostra città; il bike party per invitare i propri amici e vivere una caccia al tesoro in bicicletta con il coinvolgimento di esperti della cultura ludica cittadina, come Progetto uomo e Melagioco. La bicicletta sta creando sinergie positive tra re-altà che si occupano di produrre qualità della vita.

Rendendo così il Bike Festi-val Napoli un evento esteso e prolungato?

Durante il corso dell'anno abbiamo realizzato numerose attività in Mostra ma anche esternamente. Ad esempio la realizzazione di una mostra fotografica del ciclista urbano insieme a Spaccanapoli bike; il 1 aprile, come anteprima del fe-stival, presenteremo, al Cinema Academy Astra a Mezzocannone, il film Bike versus car in un'an-teprima, girato solo a Bologna e Roma e arriverà qui a Napoli.

Quando è nato questo impegno sociale?

Il ciclo attivismo è partito nel 2003 - 2004 quando leggemmo

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John Ratey, psichiatra della Harvard Medical School, nel suo saggio intitolato Spark, raccon-ta di pazienti che dopo un anno di "ciclotera-

pa" risultavano notevolmente ristabiliti da forme acute di depressione. Gli analisti che da tempo ap-profondiscono i benefici dell'andare in bicicletta sul nostro cervello, sono concordi: pedalare abbassa lo stress e diminuisce la depressione.

Dal risultato di una ricerca pubblicata su International Journal of sport medicine:

più si pedala con frequenza e più si allunga l'aspettativa di vita, soprattutto perché si scongiura-no malattie cardiache. L'analisi effettuata da esperti danesi calcola: per le donne, dai 2 ai 3 anni in più, e per gli uomini, dai 4 ai 5 anni. Ad-dirittura, i ciclisti del Tour de France vivono, in media, circa 8 anni in più rispetto ad altri sportivi.

Affascinante, intelligente, ecologista, sportivo, altruista, generoso. Sec-

ondo uno studio della British Heart Foundation, più di un quarto dei cittadini inglesi pensa che i ciclisti abbiano tutte queste doti. Insomma, è il cicilista il partner ideale, altro che il calciatore.

RENDE PIÙ FELICI.

ALLUNGA LA VITA.

PIACI DI PIÙ.

una critica al Mas, movimento interplanetario nato a San Francisco che usava la bicicletta per promuovere la seguente equazione: Automobile ... vuol dire petrolio... che vuol dire a sua volta guerra. Questa equazione così semplice ha aggregato ciclisti a livello mondiale attivi nel dimostrare che noi possiamo essere il traffico. Ci si dava appuntamento per pedalare in gruppi e per costringere gli automobilisti a fermarsi: siamo cittadini e siamo anche noi sulla strada e creiamo il traffico, un traffico che non inquina e che non puzza. Così il primo sabato di ogni mese ci radunavamo per dare dignità politica all'utilizzo della bici che fino ad allora era stato relegato al tempo libero e, fondamentalmente, il ciclista urbano era un personaggio molto sconosciuto. Si aprì un mondo: si misero in rete varie realtà, esperienze ed associazioni e nacque una sensibilità diversa affinché anche Napoli potesse diventare una città bike friendly. Quel movimento ha generato una serie di reazioni a catena come l'interlocuzione con le Istituzioni, in un primo momento problematiche finché si è arrivati alla realizzazione della pista ciclabile. A quel punto ci siamo chiesti: Napoli ha una cultura dell'utilizzo della bici? Forse no, bisogna crearla.

In che modo?

Con la realizzazione di un evento che racchiudesse le sfaccettature del mondo della bici, da quelli che escono la domenica e si lanciano dalla montagna come i carbonari bikers, a chi utilizza la bici come trasporto quotidiano come i ci-clo-verdi ad associazioni: un mondo accomunato dalla convinzione che la bici migliori la qualità di vita delle città. E da lì il coinvolgimento di produttori, espositori e rivenditori per dare valore etico al lavoro di chi vendeva un bene che poteva cam-biare la città. Questa consapevolez-

CONTROLLA IL PESO.Archives of Internal Medicine

PROTEGGEIL CUORE.Journal of Applied Physiology

NON FA MALE ALLA PROSTATA. University College of London

DIMINUISCELA FATICA.University of Georgia

NON VI È PERICOLO.(CON CASCO) National Library of Medicine

FA BENE A PAESE ED ECONOMIA.Commissione economica Europea

NON FA MALE ALLE GIUNTURE.Journal of Electromyography

DIECI BUONI MOTIVIPER ANDARE IN

BICICLETTA(fonte Focus.it)

FIXED POINT

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za è cresciuta di anno in anno e oggi abbiamo il patrocinio del Comune e della Regione Campania. Anche quest'anno l'Ambasciata Olandese sarà presente al Festival.

Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate?

Sulle infrastrutture ciclabili c'è ancora tanto da lavorare. Però il tessuto relazionale associativo napoletano può farci raggiungere risultati, ottenuti in Olanda in 40 anni, nella metà del tempo. Questo a detta dell'Ambasciata olan-dese che ci ha ospitato per

un viaggio studio. Occorre un impegno trasversale perché non si tratta semplicemente di mobilità o di qualità dell'aria o di innovazione ma di ridise-gnare la città a partire dall'uti-lizzo di uno spazio urbano più sostenibile.

Su cosa si deve ancora lavorare?

Soprattutto sul coinvolgi-mento di player importanti a metà tra le istituzioni e le realtà private che ancora non comprendono le potenzialità della bicicletta. Anche per il Comicon daremo la possibilità alle pubblico di poter parcheg-giare la bicicletta. Dobbiamo far capire ai responsabili gestionali che la bici facilita dei processi e rende i propri eventi più sostenibili.

Come si presenterà il Bike Festival?

Il Festival si ripropone con il #pedaloper, il nostro bike pride. Partiremo dalla Sanità per dare un segnale di riscossa del Quartiere coinvolgendo le realtà culturali e associative, le scuole e le attività commerciali del luogo. In Mostra ci sarà una festa e proveremo a raggiun-gere il record della bici umana e, poiché il festival si apre al mondo vintage, creeremo il velocipede umano. Nei due giorni successivi avremo Fiera con spazi espositivi per realtà nazionali e internazionali. In questa logica della promozio-ne della cultura vintage portia-mo a Napoli una ciclo-turistica d' epoca, la Cazzimbocchia, che si percorrerà sulle strade “cazzimbocchiate” cioè con i sampietrini della nostra città: da Piazza Bellini per la strada del Moiariello continuando per

via Posillipo fino a Pozzuoli per poi ritornare in Mostra. Partiremo in un orario insolito per vedere Napoli, in primissi-ma mattina e lo faremo in bici d'epoca. Si conferma la gara Xc, di moutain bike, la gara per bici pieghevoli.

Qual è il messaggio del Bike Festival 2016?

Lo spot del Bike Festival di quest'anno, girato tra Donn'Anna e il Vesuvio, vuol evidenziare una relazione tra il mare e la bicicletta: due elementi che appartengono alla Città ma che sembra quasi non ci siano. Come nel famoso romanzo Il mare non bagna Napoli, la bici per alcuni non esiste a Napoli. Mettere in relazione questi due aspetti è un modo per rafforzarli: la bici è un elemento morfologico della città come il mare. Aprite gli occhi e li vedrete.

Scopri tutti i dettagli del Napoli Bike Festival su www.napolibikefestival.it o scrivendo a [email protected] o a [email protected], o telefonando al +39 338 2127542.NFB è anche sui social network: Facebook (con pagina ed evento), Instagram, Twitter e Youtube.

Design spinto all'estre-mo, guerra di raggi e circonferenze perfette, sempre più stylish e

forse senza gomma. Rinuncia alle catene, in spirito di libertà, e ai pedali, alla ricerca del punti d'equilibrio. È l'infinita ed este-nuante ricerca della bicicletta del futuro, protipo e concetto della due ruote ecologica del ciclista urbano che viaggia, a tutta forza, sui pedali, o forse no, verso il quarto millennio.

Case produttrici e labora-tori di ricerca lavorano sulle nuove prospettive dell'antico, e sempre amato, mezzo a due ruote, la certezza è che sarà a pedalata assistita, elettrica o ad idrogeno, con dispositivi elettronici di sicurezza, calcolo traiettore ed equilibrio in cur-va, e con il recupero dell'ener-gia cinetica (Kers).

#NBF016 - CITT@ PEDALI | PER SAPERNE DI PIÙ?

BICI dal FUTURO.

IL GIRO IN CAMPANIA.

SARANNO E-BIKE, CON MOTORE AD IDROGENO, SENZA PEDALIE CATENA.

Tappa numero cinque del Giro d’Italia 2016, novanta-novesima edizione, 11 maggio 2016, 233 chilometri, quasi interamente di strade a scorrimento veloce, Praia a Mare – Benevento. Prima parte interamente

in salita e successivi chilometri ondulati fino ai 30 km dall’ar-rivo. Finale interamente nella città di Benevento, in leggera discesa fino alle porte della città dove ci si immette nei chilometri finali. Prima parte su viali larghi e rettilinei, prima

in salita, quindi in discesa. Se-conda parte su strade interne più strette e maggiormente articolate planimetricamente. Da segnalare una curva marca-ta all’inizio degli ultimi 1200 m. Rettilineo finale di 200 m, largo 7 m, in leggera salita su fondo lastricato in porfido. Beneven-to è per la 7° volta città d'arrivo di tappa. (Gazzetta.it - Giro d'Italia)

Musica e cicloturismo, parole come ruote, l'edizione duemilaquindici, dinnanzi a Palazzo San Giacomo, i Barabba espontenti di un Rock ‘n’ Roll, semplice e diretto, a bordo di un Risciò.

BIKE FESTIVAL NAPOLI

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luci bluA NAPOLI

SANTASOFIAINAUGURAZIONE MEDIATECA

I occasione del 2 aprile, Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo, il Comune di Napoli ha illuminato di blu Piazza del Ple-

biscito a partire dalle 19.00, aderendo alla campagna di sensibilizzazione"Li-ght it up Blue", ideata dall'organizza-zione Autism Speaks, che ogni anno prevede l'illuminazione dei principali monumenti architettonici delle città in tutto il mondo.

La Giornata Mondiale della Consa-pevolezza sull'Autismo, istituita dalle Nazioni Unite nel 2007, ha l'obiet-tivo di far luce su questa disabilità, promuovendo la ricerca ed il miglio-ramento dei servizi e contrastando la discriminazione e l'isolamento di cui ancora sono vittime le persone autisti-che e i loro familiari.

Il 6 Aprile alle 12:00 vi è stata la riapertura al pubblico, grazie a fondi comunali, dopo anni, degli spazi al piano terra della Mediateca

Santa Sofia, che si configura sempre di più come il palazzetto del Cinema giovane della Città di Napoli.

Al piano terra della struttura ci saranno due aule dedicate a labora-torio di montaggio/audio Video. Un laboratorio dedicato al Cinema e cura-to dall’Associazione Tycho vincitrice di un bando Comunale. Un altro dedicato alla televisione e curato dall’Associa-zione Adacs vincitrice di un bando del Dipartimento della Gioventù “Giovani

Piazza del Plebiscito - L'Assessorato ai Giovani e Politiche giovanili, assieme a quello alla Cultura e Turismo, ha accolto lo stimolo delle Onlus Orienta-mento Autismo, La Forza del Silenzio, SpecialmenteNoi, Auxili@, l'Associazio-ne Una breccia nel muro e Noi Diversi, di alcune Cooperative sociali che si oc-cupano di autismo e delle associazioni Salotto Giglio e Centro Agape-Vomero, organizzando un momento pubblico di socializzazione e condivisione delle informazioni sul tema. Nel corso dell'e-vento sono state lette pagine della "Favola di Mia", scritta dal giornalista Luigi Garofalo con la supervisione della psicoterapeuta Giovanna Gea-radi, per far comprendere ai bambini, con linguaggio fiabesco, cosa vuol dire avere amici speciali con autismo.

per il Sociale”. Un'altra sala sarà invece dedicata a spazio proiezioni per i bambini del quartiere e messa nella disponibilità delle giovani produzioni indipendenti che ne faranno richie-sta per le riunioni delle loro truppe in occasione delle riprese da loro autoprodotte. Nella struttura al primo piano resta sempre attiva la Mediateca cittadina che custodisce un ampio patrimonio audiovisivo nelle disponi-bilità della Città oltre che la biblioteca delle tesi di laurea dedicate al cinema. Sempre nel piano superiore è presente l’ampia sala proiezioni dove già si or-ganizzano continue rassegne dedicate a percorsi cinematografici tematici.

Piazza Plebiscito - tinta di blu per la Giornata sull'Autismo.Pallonicini - partecipazione, tra modernità e tradizione. Fotografie di Riccardo Siano (per La Repubblica.it).

Opening - Alessandra Clemente e Luigi De Magistris. Visita - l'Assessore e il Sindicato alla mediateca.Confronto - l'Assessore Clemente ed una partecipante.

Assessorato ai Giovani

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LA DELLAALCHIMIA

Nell'intervista a Francesco Forni e Ilaria Graziano ritorna prepotentemente la parola “onestà”. Un termine a cui la

società ha estirpato ormai l'identità e sventrato della dignità si ritrova, vibran-te, come plettro su corde di chitarra del duo alt-folk. Un'esigenza di onestà musicale e morale segna la strada scelta da due voci enigmatiche, due personalità dalla forte presenza scenica che credono nel valore sostanziale dell'arte, quella vera. Da “From Bedlam to Lenane” a “Come2me” nella fusione alchemica di energie propulsive e in continua evoluzione.

Un duo che mantiene i propri nomi come un sigillo. La vostra indi-vidualità si mescola in una fusione musicale di livello eccelso. Cosa c'è di Ilaria e cosa di Francesco nell'in-treccio artistico?

Francesco Forni: Una volta ci hanno paragonato alla pietra e la fiamma. In-dovina chi è l'uno e chi l'altra. Mi piace questa metafora perché mi fa pensare a due energie diverse, l'una comple-mentare all'altra, ma con incastri non prevedibili. Spesso ci chiedono di chi è una canzone, chi ha scritto quelle paro-le. È bello sapere che, pur essendo due personalità musicali così forti e diverse, quello che viene fuori dal nostro lavoro insieme è una terza identità della quale anche per gli ascoltatori più attenti è dif-ficile individuare la paternità/maternità.

Ilaria Graziano: A questa doman-da può rispondere solo la musica, il nostro modo di viverla e la maniera che

abbiamo di stare sul palco, questi sono i luoghi dove si possono distinguere le radici di questo intreccio.

Quale nuova energia è scaturita dal vostro incontro musicale?

FF: Quello che troviamo ogni volta che lavoriamo insieme è qualcosa che ci sorprende: è l'unione di quello che l'uno tira fuori all'altra e viceversa, è ascoltarsi con le orecchie dell'altro, è un'energia che aiuta a superare i vizi e i compiacimenti e le strizzatine d'occhio al giudizio degli altri. Per assurdo è più facile mettersi a nudo dal proprio giudi-zio, con l'altro che veglia sul tuo lavoro.

IG: Potrei definirlo un concentrato di materia prima. L’incontro con France-sco mi ha permesso di distillare il mio bagaglio sonoro. Spesso accade che ti accorgi che stavi cercando una cosa solo dopo che l’hai trovata. Io cercavo un modo semplice di comunicare, l’ho capito quando abbiamo iniziato a fare concerti in giro per promuovere il nostro primo disco.

Ilaria e una vita cosmopolita: da sempre vivi di musica e con essa viaggi fisicamente e metaforicamen-te. Chi è Ilaria Graziano come donna e musicista?

Ero una donna con la testa tra le nuvole e i piedi ben piantatati a terra e, per sentirmi un po’ più integra, facevo una gran fatica nel tenere le due “parti del corpo” attaccate. Adesso sono una donna con la testa tra le nuvole e i piedi ben piantatati a terra che vuole che la propria testa continui a sognare e che le gambe siano ben allenate ad andare sempre più lontano. Sono una musici-sta istintiva ma non irrazionale, faccio

COSA SCATURISCE DALL'INCONTRO DI DUE ENERGIE DIFFERENTI E DAGLI INCASTRI NON PREVEDIBILI? NE NASCE UN DUO MUSICALE INNOVATIVO. ILARIA GRAZIANO & FRANCESCO FORNI RAPPRESENTANO MATERIA PRIMA DA CUI SI GENERA LA GENIALITÀ ARTISTICA.

intervista di Giorgia Mangiapiafoto di Simone Cecchetti

sempre attenzione a stare in ascolto, a sentire da lontano e con distacco ciò che scrivo e compongo. Se non è onesto fino in fondo, se non arriva da una reale necessità,sono pronta a ripartire da zero.

Francesco Forni, chitarrista e compositore con un passato teatrale e cinematografico, alla ricerca continua di sperimentazioni e di atmosfere suggestive. A cosa aspiri attraverso la tua arte? Cosa desideri trasmettere?

Do molto peso ad ogni espressione artistica, nel politico e nel sociale. Tutto ciò che è sincero ha una forza e un potere enorme, più di quello che ogni artista si possa mai sognare di determinare. Viviamo in un momento storico in cui si tende a subire e a dare peso solo al potere distruttivo di tutto ciò che non è sincero, alla potenza dei media e dei messaggi che ci arrivano continuamente sot-to ogni forma di pubblicità, propaganda, indottri-namento, distrazione. Beh quella è solo una parte dell'energia, io cerco di stare dalla parte giusta.

Da From Bedlam to Lenane ad oggi, il per-corso musicale, artistico e personale come e quanto vi ha fatto crescere e cambiare?

FF: Ci ha aperto gli orizzonti, ci ha portato in Europa e nel mondo, ci ha responsabilizzato

&FORNI E GRAZIANO

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ulteriormente ed oggi non possiamo nemmeno pensare di cedere ad alibi del tipo "In Italia tanto la qualità non viene premiata", frase che in principio ci hanno ripetuto allo sfinimento. Siamo partiti indipendenti con la sola voglia di portare in giro il nostro live e ci ritrovia-mo dopo anni ad avere la stessa voglia e la stessa indipendenza.

IG: Non so dove sarei stata e artisti-camente cosa avrei fatto in questo mo-mento se non ci fosse stato l’incontro artistico con Francesco. Ma non credo al caso. Volevo nutrire e arricchire il mio animo attraverso la musica, volevo vivere in un mondo mutevole che mi sorprendesse sempre, che mi facesse chiedere ciclicamente chi sono, e dove sono e cosa faccio, come e perché, non potevo trovare un compagno migliore per realizzare tutto questo.

Francesco Forni, chitarrista e compositore di talento con un pas-sato teatrale e cinematografico, alla ricerca continua di sperimentazioni e di atmosfere suggestive. A cosa aspiri attraverso la tua arte? Cosa desideri trasmettere?

FF: Ogni volta che incontro un artista che mi colpisce vorrei collaborarci in qualche modo e spesso accade, ma mai abba-stanza. Troppi ne conosciamo con i quali vorremmo saltare in qualcosa che ancora non abbiamo sperimentato.

IG: La nostra musica è stata accolta con ampi consensi sia in Italia che all’estero, le dinamiche di mercato sono diverse per ogni paese così come l’atteggiamento del pubblico, questo sicuramente incide sul percorso artistico e su quello che raccogli. Ciò che conta di più è la condivisione e l’espe-rienza con il pubblico. Se aves-simo pensato troppo al mercato italiano, ai limiti e alle strade sbar-rate forse non saremmo arrivati neanche al secondo disco. Ma la passione per la musica come per-corso, e non come punto di arrivo, ci ha portato su strade alternative attraverso le quali raggiungiamo chi vuole ascoltarci e che si sono rivelate poi più lunghe di quanto noi riuscissimo a immaginare.

Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di House Concert, una nuova forma di vivere la musica. In realtà, se andiamo a spulciare i libri

di storia, i concerti da salotto si sono sempre svolti nei secoli passati e dunque sarebbe più corretto parlare di riscoperta di questo modo di intendere la musica.

Con il termine House Concerts’intende una per-formance artistica presentata in un appartamento, durante la quale musicisti e pubblico si trovano a stretto contatto tra di loro: non esiste infatti nessun altro evento in cui potersi raccontare e aprire in un’atmosfera così intimistica. Proprio queste situa-zioni sono ideali per scoprire nuove sonorità, cono-scere persone che condividono la nostra stessa pas-sione o gusti musicali e scambiare due chiacchere con l’artista stesso. La naturale prosecuzione della serata è spessoun buffet o un rinfresco nel quale tutti i partecipanti possono parlare fra di loro. Quale altro evento permette questo contatto? Sta finendo l’era del musicista come essere irraggiungibile che, finita l’esibizione, fugge in camerino: ora il pianista è un essere umano e condivide le emozioni con il suo pubblico.

Molte sono oggi le realtà che propongono que-sti spettacoli, come accade a Napoli, in occasione di Piano City:io personalmente ne ho fatti finora tre e ho conosciuto persone fantastiche Nel mio piccolo, sono innamorato di questi eventi e mi sono lanciato nella loro organizzazione: da due anni ho fondato infatti il Chronos Studio, nel qua-le organizzo qualche evento all’anno, esibendomi regolarmente ed invitando altri artisti, con i quali condividere le emozioni della serata. Prova anche tu questa esperienza unica.

UN NUOVO MODO DI CONCEPIRE L’ESIBIZIONE ED IL RAPPORTO CON IL PUBBLICO, FATTO DI CONDIVISIONE E PASSIONE PER LA MUSICA.

HOUSE CONCERTUNA SERATAINTIMISTICA.

Il diario di Andrea Carri

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NUOVO CORSO. RADICI ANTICHE.

Stiamo vivendo una grande trasfor-mazione dell’istituzione universi-taria, e delle funzioni accademiche

svolte dagli Atenei all’interno della società contemporanea: perché, facendo una bre-ve descrizione storica delle grandi fasi d'e-voluzione vissute negli ultimi otto – nove secoli dal sistema universitario europeo, è da considerare che tale ordinamento è nato come struttura atta alla formazio-ne delle classi dirigenti dell’epoca. Con l’arrivo, poi, della Rivoluzione Industriale, l’istituto, oltre all’erogazione della forma-zione, ha dovuto assolvere a mansioni di ricerca, e nello specifico a programmi di ricerca e progressione tecnologica. Oggi, invece si è passati alla fase dell’economia della conoscenza, difatti, potremmo asse-rire, che non vi è alcuna azione economica e sociale sviluppata che non parta e porti da e ad un valore aggiunto. L’Università at-tuale ha dunque una funzione importante: essere uno strumento di trasformazione, sia essa sociale che economica.

L’Ateneo diviene attore principale dei processi di cambiamento dei territori, e nel nostro primo bilancio sociale, abbiamo misurato non solo l’impatto dell’Università sulla formazione e sulla ricerca, ma, per l’appunto, gli effetti delle nostre facoltà sull’economia, sulla società e su tutte quel-le attività che rinforzano la metamorfosi dei sistemi che ci circondano. Letta con questa prospettiva, l’azione dell’Università e il proprio bilancio sociale divengono degli strumenti ancora più importanti. Questo processo d'identificazione, sempre più forte, tra società ed Università fa sì che quest’ultima debba convertirsi ed aggior-narsi al fine di mettere al centro lo stu-dente, inquadrandolo non più solo come individuo inserito nel percorso formativo, ma anche come soggetto economico, facendo divenire quest’ultimo essso stesso strumento dell’evoluzione economica.

PERCHÈ LA NECESSITÀ DI UN BILANCIO SOCIALE?

CHE CONSIGLI DARE AGLI STUDENTI?

L'INCONTRO CON IL PROFESSORE GAETANO MANFREDI, RETTORE DELL'UNIVERSITÀ FEDERICO II. UN'OCCASIONE PER RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE INTERNAZIONALI DELLO STORICO ATENEO.

GAETANO MANFREDI

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QUALI SONO LE PROSPETTIVE DELLA FEDERICO II, E L'ATENEO COME SI ADATTA AI CAMBIAMENTI?

Partendo da un esempio, l'insediamento di Apple è la meta finale di una valutazione fatta da una grande multinazionale, ed il lato più creativo di questa riflessione è da ricercare negli studenti che sono soggetti capaci di interpretare la mentalità e le richieste della società contemporanea. Lo

studente, al momento, è il protagonista di una trasformazione sociale profonda: basti pensare all’internazionalizzazione, all’essere studente Erasmus, sia come esperienza in entrata che in uscita. Il progetto nato nel 1987 è lo strumento più importante per costruire una cittadinanza europea. Questa funzione moderna, risalente ai clerici vagantes dell’epoca medioevale, è l’unica soluzione che ab-biamo a disposizione per formare i cittadini di un’epoca che non contempla più i confini nazionali. L’assenza di frontiere, poi, richiede un aggiornamento anche da parte nostra: è su questo presupposto che si basa sia l’introduzione da parte del nostro Ateneo di un supporto formativo online, come la piattaforma Federica, sia l’accoglimento di studenti di altre università o il libero accesso di persone che vogliono semplicemente acculturarsi o formarsi.

Il più grande investimento che si possa fare oggi è sulla propria forma-zione, e quindi bisogna selezionare un percorso accademico di grande

qualità, con docenti capaci di fare ricerca avanzata, in segno di uno spirito internazionale, in opposizioni ad istru-zioni di stampo provinciale. Bisogna conoscere le lingue ed avere attitudine nel rendersi disponibili a lavorare in qualsiasi parte del globo. La nostra forza è esportare un gran numero di laureati, un punto che genera un tema più politi-co: ossia l’importante capitale umano che decide di andare via è indice di una desertificazione del territorio, dal punto di vista economico e della conoscenza. E questa è una riflessione che dovrem-mo affrontare più attentamente.

La consapevolezza delle percezioni dei diversi stakeholder, sia interni che esterni, ci aiuterà sicuramente ad orientare le scelte politiche e strategiche per i prossimi anni di go-

verno dell'Ateneo. Si tratta quindi di un momento di valuta-zione utilissimo, al quale dare continuità negli anni, sperando di poter registrare miglioramenti costanti e duraturi, quale meritata ricompensa del grande lavoro svolto dalla comunità dell'Università degli Studi Federico II - Queste le parole del Retto-re Gaetano Manfredi per l'introduzione al primo bilancio sociale.

Il numero degli iscritti per l'anno accademico 2013/2014, di cui 46.887 uomini e 36.233 donne. Il 59% degli iscritti frequenta un corso di laurea trien-nale, seguito da un 26% di lauree a ciclo unico, con-tro il 15% di specialistiche o lauree magistrali.

Il numero dei laureati Unina nel 2013. L'anno accademico 13/14 ha registrato un età media di 24 anni, con 19.805 prime immatricolazioni. I laureati per l'anno 2013 in Italia sono stati 229.966, e l'Incidenza Unina/Italia è stata pari al 5,52%.

La media di abbandoni per l'anno 2013/2014, solo 563 studenti. A completare la struttura: 75% di iscritti (83.120), 18% di immatri-colazioni (19.805) e 6% di studenti inattivi (6.633). Il dipartimento con più iscritti è Giurisprudenza (13.738) a cui si oppone Scienze biomediche avan-zate (217). La media voto esame è 26.3, mentre per il voto di Laurea è 102,7.

Sono gli studenti federiciani in Erasmus outgoing per l'anno 2013/2014. Il paese più opzionato è la Spagna (276) seguito da Francia e Turchia. Da segnalare anche 308 studenti in Erasmus incoming; un'integrazione supportata da un personale docen-te composto da 615 Professori Ordinari, 690 Associati, 1.059 Ricercatori Universitari a tempo indeterminato, 135 Ricercatori a tempo determinato e 5 Assistenti (con media età di 51 anni).

La media di studenti Unina provenienti dalla stessa provincia della sede degli studi (ossia Napoli). A completare la statistica il 22,5% degli iscritti provi-nene da un'altra provincia della stessa Regione (Avel-lino, Benevento, Caserta e Salerno), il 4,3% degli studenti, invece, giunge da altra Regione. Solo lo 0,1% degli iscritti federiciani ha, infine, origine estera.

NUMERI DEL PRIMOBILANCIO SOCIALE

COSA DICE IL RETTORE AD UN FUTURO RETTORE?

L'ATENEO COME STA COORDINANDO LA PROPRIA INTERNAZIONALIZZAZIONE?

73,2%

678

12.750

1,00%

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In effetti, abbiamo collaborazioni attive e permanenti con le principali multinazionali della chimica, della farma-ceutica e della meccanica. Il nostro laureato ha un grande mercato dal punto di vista del placement, in quanto il

nostro Ateneo prepara i propri iscritti ad un mondo lavorativo sempre più globale, attraverso l’acquisizione di competenze atte ad affrontare in maniera efficace ed efficiente tale globa-lizzazione. Quanto detto si ottiene solo con una formazione solida, imperniata su contatti continui con realtà internazio-nali. Tale fattore ha permesso al nostro Ateneo di divenire un importante driver per l’internazionalizzazione del territorio che lo circonda. In un mondo dove la competizione è interna-zionale, un’Università dal profilo provinciale non concede tutti gli strumenti che servono agli studenti di questo esatto perio-do storico. Il nostro Ateneo, va però sottolineato, che ha insito fin dalla nascita il proprio valore internazionale, Federico II di Svevia, infatti, nella lettera fondativa, ideò la prima grande Università laica e statale, dell’intero mondo occidentale.

Un amico americano mi ha inviato una vignetta con “L’iceberg del successo”. Negli iceberg si vede solo la parte superiore, che in

questo caso è il successo, ma non quello che vi è sommerso: lavoro, sacrificio, pressione ed amarezze. In questa consi-derazione si aggiunge, però, una grande soddisfazione, ossia, la formazione che ho ricevuto in quest’Università, mi ha reso ciò che ora sono per questo Ateneo. Io credo che ognuno di noi debba restituire a questa istituzione quanto di buono ha ricevuto dalla medesima, perché l’Uni-versità è il più grande patrimonio che possediamo in Italia. Per questo motivo dobbiamo preservalo e rafforzarlo, e per fare ciò, a chiunque volesse farlo, ho una sola parola da suggerire: passione.

83.120

IL FUOCOSACRO DELLA SCIENZACITTÀ DELLA SCIENZA APRE CORPOREA: TRA PERCORSI ESPOSITIVI, LABORATORI E AGORÀ PER LE ATTIVITÀ DIDATTICA. IL FULCRO DELLA PROGETTAZIONE SCIENTIFICA DÀ IL VIA AL PADIGLIONE PER LA CONOSCENZA TOTALE E COMPLETA DEL CORPO UMANO.

CITTÀ DELLA SCIENZA

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Dal fuoco si crea la scienza,dalla cenere si genera il nuovo,rosso fiamma, nella notte,radiosa la Città della Scienza.

Rendering GFC Architecture

BAGNOLI, DA SEDE DI ZONE TERMALI AD AREA INDUSTRIALE: OCCUPAZIONE, CRISI E ABBANDONO, RITORNA A RIPRENDERE LA PROPRIA IDENTITÀ CON NUOVI PROGETTI. DALLA MENTE DI VITTORIO SILVESTRINI NASCE CITTÀ DELLA SCIENZA, UN COLOSSO ECONOMICO E SCIENTIFICO VOLTO AL PROGRESSO E ALLA NASCITA DI UNA NUOVA VISIONE DELLA CITTÀ.

In principio fu Bal-neolis, sede di zone termali tra Posillipo e Pozzuoli, sospesa

in una calma appa-rente quasi fosse un riflesso della sua natura vulcanica, pronta ad esplodere e a cambiar volto nelle nuove vesti stabilite per essa.

Nel 1905 in poi ebbe inizio lo stravolgimento di quel volto e dell'abi-to fino ad allora indos-sato: il mare fu coperto da enormi impianti, scomparendo fino ad essere dimenticato per

In Campanilismo, Raffaele Viviani volgeva lo sguar-do sulle province italiane per mostrare il vanto di

ognuna per l'ingegno di uno solo ché rappresentasse la provincia intera. Ovunque, ad eccezione di Napoli dove è più facile criticare che valorizzare il cambiamento. È più naturale rimuginare sulle fiamme di una notte di tre anni fa e inventare congetture che sostenere chi crede in quel cambiamento. È questione di campanilismo, di credere nell'impegno di chi ha realizzato uno Science Centre per la promozione e divulga-zione delle scienze facendo uscire Bagnoli, e con essa Napoli, dall'icona tradizionale e disegnando l'immagine dinamica di una città perno dell'Europa dal fervore mentale. “Talento ne tenimmo, avimmo ingegno”.

dare posti lavoro, migliaia come se si trattasse di un miracolo nella Napoli della disoccupazione, nella cre-azione della cementifica-zione titanica dell'Italsider. Fino alla crisi, all'abbando-no, alle morti per tumori, allo smembramento e vendita dell'impianto, a cui seguirono bonifiche, sequestri, nuovi progetti per arginare i danni, per ricreare lavoro, per rico-minciare nonostante tutto. Dalla mente di Vittorio Silvestrini, affiancato poi da Vincenzo Lipardi, si genera un'idea per ripar-tire tra sperimentazioni e visioni futuristiche.

Nasce Futuro Remoto e l'ambizioso progetto di realizzare uno scien-ce centre per un polo high-tech ai confini col mare, riapparso dall'oblio delle coscienze. Prova a prendersi cura di una zona incancrenita - attraverso l'affermazione di una nuo-va cittadinanza scientifica per inculcare il tarlo della curiosità, il seme Dell'inno-vazione continua - la Fon-dazione Idis. Ci riesce. Città della Scienza appare come il nuovo miracolo fondante su un'”economia basata sulla conoscenza, capace di creare lavoro vero e di qualità e maggio-re coesione sociale”.

Un progetto che crede nella cooperazione e col-laborazione delle risorse presenti – scuole, imprese, agenzie, associazioni ed enti locali - in una rete operativa per sperimenta-re prodotti culturali nuovi e per “moltiplicarne gli effetti con azioni sul terri-torio”. Il target è rappresen-tato dal coinvolgimento dei giovani per stimolarne l'interesse e la creatività, per metterne in atto le po-tenzialità offrendo spunti, conoscenze e rendendoli consapevoli dell'attualità

delle discipline scientifiche, per aprirli a nuovi orizzonti e all'idea che il miglioramento della qualità della vita, a Bagnoli come a Napoli, sia possibile. Per dare la certezza che un'economia della conoscenza creerà nuove possibilità lavorative e che la vera speranza per la propria città è il brain storming dei cervelli che vivono qui e qui si formano.

Città della Scienza parla una nuova lingua in cui ricorrenti sono termini come “sostenibilità compa-tibile” o innovazione, “integrazione europea” e ristrutturazione, con-siderati improbabili nella Bagnoli della caduta. Diventa il simbolo della forza propulsiva della Napoli affacciata al contesto europeo ed euro-mediterraneo nella sua posizione strategica tra il Sud e il Nord del mondo, proprio Napoli che ne rappresenta il Sud estremo. Poi, l'incendio di quell'ormai storico 4 marzo 2013. Tra le fiamme ince-neriscono i padiglioni e le speranze, mentre cresce la rabbia e s'infiam-ma la dignità. Quella stessa dignità che lavora affinché il 4 marzo del 2016 sulle ceneri nasca Corporea, il nuovo museo del corpo umano. Alla sua inaugurazione un'ondata di ragazzi tra stand e presentazioni tra “3.000 mq di gallerie espositive interattive, laboratori didattici, spazi di approfondimento per immergersi nell’avventura dell’essere umano, alla scoperta dei meccanismi fisici e neurologici che ne regolano il funzionamento”.

Corporea offre domande, stimo-la proposte in problem solving per ricevere risposte interattive, nella logica formativa di una Città bagna-ta dal mare della scoperta, immersa nell'aria pulita della ricerca e solcata dai passi della Napoli giovane resa viva dal sacro fuoco della scienza.

> di Giorgia Mangiapia

CAMPANILISMO

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SI SCRIVE MODA LODA BRODA MA SI LEGGE RAP MADE IN NAPLES, RICCO DI CONTAMINAZIONI TRA DIVERSI GENERI E CON TESTI MOLTO ACCATTIVANTI. RAPPANO IN DIALETTO PARTENOPEO MA IL LORO GROOVE FA L'OCCHIOLINO AI GRANDI DELLA MUSICA CONTEMPORANEA ITALIANA.

RAPPER MADE IN NAPLESLa loro musica è irriverente,

sfrontata e soprattutto tocca molti aspetti della vita quoti-diana dell'universo giovanile

di oggi. I Moda Loda Broda sono un duo formato da Boom Buzz e Ramtzu, già rapper di altri gruppi napoletani come i Funky Pushertz ed hanno pubblicato il loro EP d'esordio nel 2012 e dopo circa quattro anni sono tornati sulle sce-ne lavorando al primo vero disco.

Li abbiamo incontrati proprio mentre scrivevano nuove canzoni.

Il vostro rap provocatorio iro-nizza anche sulla scena musicale attuale: in particolare “Addu stiv tu” rappresenta al meglio tutto l'ep che è ricco di contaminazio-ne tra diversi generi musicali. Raccontateci come è nato.

Il pezzo mira a ironizzare su questo modo di dire molto diffuso dalle nostre parti, utilizzato da chi vuole ostentare superiorità a tutti i costi. Prendi il tipico debosciato da bar, che ha giocato in serie C2 per una stagione nel lontano '93 e magari era pure scarso. "Addò stiv tu" quando io jucavo a pallone, sa-rebbe la premessa al suo discorso anche se parlasse con un giovane Pelè. Noi lo abbiamo interpretato in prima persona estremizzandolo all' inverosimile, divertendoci molto.

Il vostro EP è autoprodotto, quanto costa autoprodursi in questo momento in Italia?Non solo dal punto di vista economico ma anche per risorse ed impegno.

Sicuramente è aumentata l'attenzione del pubblico e dei media su questo genere, di conseguenza sono aumentati gli appassionati e il numero degli mc si è triplicato al punto da rendere impossibile dare un unico giudizio. Ognuno lo fa a suo modo e, al di là dei gusti personali, questo fermento è sicuramente positivo.

Mentre del panorama musicale napoletano con Clementino e Rocco Hunt?

Loro vengono da dove veniamo noi, sia in termini di provenienza che di scuola, han-no raggiunto una tale notorietà da poter essere considerati pop star, il che si distacca molto dalla vera essenza di questo

movimento. Nel loro caso, sono riusciti a non dover stravolgere totalmente il loro modo di fare musica, ovviamente il grande pubblico obbliga a qualche compromesso ma questo non sminuisce il loro talento.

Quanto è difficile fare musica a Napoli oggi?

Molto meno che da altre parti. Se è vero che ci si può scontrare a volte con delle difficoltà di vario tipo, Napoli rimane comunque uno dei luoghi con maggiore vivacità sia in ambito musicale che artistico. Questa città è ricca di input e per quanto ci riguarda ci è difficile immaginare un risulta-to come quello ottenuto in un posto diverso.

Oggi i costi si sono molto abbat-tuti e quasi chiunque può auto-prodursi un ep, foss'anche fatto in casa, ma la mole di lavoro aumenta quando vuoi essere pienamente soddisfatto del lavoro. Moda loda broda è un progetto la cui fase creativa è stata molto naturale ma la sua realizzazione è stata seguita minuziosamente, dalle registrazioni ai master fino alle grafiche e il con-cept di base. In questa fase la fatica è molta e bisogna farla combaciare con i normali impegni quotidiani, quindi fare un prodotto di qualità non è proprio una passeggiata ma per fortuna ci riteniamo soddisfatti.

Cosa ne pensate del rap italia-no e della scuola hip hop che sta facendo strada tra i giovani?

CHE NE VUÒ SAPÈ, ADDÒ

STIV TU?

Si è spento a soli 45 anni il lea-der della band hip-hop A Tribe Called Quest, il rapper Phife Dawg. Discendente da una fami-glia originaria del Trinidad and Tobago, da qualche anno era affetto da numerosi problemi fisici, tanto che nel 2008 aveva subito un trapianto del rene a causa del diabete. Aveva poi raccontato il suo rapporto con la malattia nel documentario Beats, Rhymes and Life.

Phife Dawg, 1970-2016

LODA MODA BRODA

> intervista di Nicoletta de Vita

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V ivere celandosi. Celarsi, vivendo in una realtà stranamente parallela. In una vita ipocritamente tranquilla. Lontana da

tutto ciò che dovrebbe essere, secon-do la società contemporanea. La scelta di una vita in sordina, a riflettori spenti. Volutamente spenti. Accettare solo flebili e sporadiche lucine. Ipote-si, mai certezze. Destinate ad illumina-re quel tanto che basta, per accendere la sola curiosità. Un’indicazione vana, un nome Al di là di uno pseudonimo. Dietro uno pseudonimo. Un’infor-mazione che, se regalata, resta in un angolo. Quasi ignorata. Quanto incide, effettivamente, l’identità di un artista in merito alla propria opera? Voler conoscere quell’identità, cercando, scavando, indagando. Rivendicarne l’acquisizione, quasi come fosse un diritto. Un diritto nato, esattamente, da quale bisogno?

LA NECESSITÀ oltre LO PSEUDONIMO. Credo che i libri, una volta scritti,

non abbiano bisogno dei loro autori. Se hanno qualcosa da dire, prima o poi troveranno

lettori; in caso contrario, no… Elena Ferrante, 1991.

Elena Ferrante è e non è. Figura inconoscibile per sua stessa volontà. Eppure, nonostante le pagine stampate, le parole, le opere restino ferme nell’am-bito del fruibile, sembra non bastare, non essere abbastanza. Il mistero dell’identità della scrittrice, continua a generare interesse. Ed ipotesi.

L’ultima, in ordine cronologico, è stata avanzata dal dantista Marco San-tagata, il quale, attraverso un metodo puramente filologico, è giunto all’idea che, dietro lo pseudonimo, potrebbe celarsi Marcella Marmo, professoressa di Storia Contemporanea presso l’Uni-versità Federico II di Napoli. Gli indizi sarebbero nei dettagli delle opere, in quelle abitudini proprie dei “normalisti” di Pisa. Precise, troppo precise, secondo lo studioso, per non essere figli di un’es-perienza diretta. Da qui, l’idea dell’in-treccio di date e nomi. Quelli presenti negli annuari della Normale.

L’unica identità che sembrerebbe soddisfare tutti i requisiti, sarebbe proprio quella della professoressa Marmo, studentessa presso la Normale nell’anno accademico 1964-65.

La professoressa, dal canto suo, ha immediatamente smentito attraverso un’intervista a “Repubblica”. Nonos-tante le opere abbiano trovato qualcosa da dire, il gioco dell’identità negata, pagherà sempre.

Una forma del banale ed eterno esercizio del pettegolezzo. Il tentati-vo di appagare la frustrazione gene-rata dal non trovare risposte. Quella necessità tutta umana di conoscere, per non temere. In una società dell’ap-parenza, cosa può spingere un essere umano a spegnere i riflettori?

Non è, dunque, il solo mero pet-tegolezzo, è anche attrazione verso il “diverso”, verso l’”outsider”. Celata invidia verso chi riesce ad andare controcorrente. Ciò che è opposto alla norma, affascina. Così come il pensiero che dietro lo pseudonimo di una scrittrice di best seller possa celarsi una professoressa di Storia del primo ateneo partenopeo.

Il “caso Elena Ferrante”, al netto dalle sistematiche smentire, è una storia nella storia. Un racconto su carta che riesce a prendere poi forma, cambiando connotati, nella realtà. L’approccio puramente filologico di Marco Santagata, certamente affascina. I dettagli vengono ricercati nei testi come in una sorta di autopsia della pagina scritta, capace di aprire ad infinite possibilità.

Un approccio che incanta l’addetto ai lavori ed impressiona il lettore, seppur occasionale. E, non da ultimo, insegna. Anche in questo caso, la smentita è stata repentina. Tanto quanto la voglia di ricominciare, con la stessa storia ed altre ipotesi.

PAGINE.

U.S.ASenza aver mai svelato la propria identità, Elena Ferrante è una scrittrice apprezzata in Italia e all'estero; in particolare in America dove quattro suoi romanzi hanno trovato il favore del pubblico sotto la traduzione di Ann Goldstein, e ha raccolto critiche più che positive oltreoceano da giornali prestigiosi, come il New Yorker.

GIOCO FILOLOGICO E CASO LETTERARIO.

Articoli su Elena Ferrante di Liliana Squillacciotti - Illustrazioni Di Drew Weing per il portale The Slate Book Riview.

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LA FOTOGRAFIA È UNA NARRATIVA SPECIALE CHE NON HA BISOGNO DI PAROLE, GIUNGE DIRETTA E IMMEDIATA. IN UN PARALLELISMO TRA NAPOLI E IL BENIN, VOLTI DI BAMBINI RACCONTANO IL PROPRIO MONDO, GIOCANDO, NONOSTANTE TUTTO.

UN RACCONTOMETROPOLITANOIstantanee di realtà infinite ed opposte.

Una storia di vicoli e d'amore lega un uomo alla sua città in un rapporto talmente filiale da fargli chiudere la rassegna Intrapho-

tos – per la valorizzazione della fotografia e dei suoi autori, tenutasi al caffè letterario Intra Moenia a Piazza Bellini – con un rac-conto d'immagini fotografiche di bambini. “Minori di città” è il reportage di Sergio Siano, realizzato vent'anni fa, che mostra una realtà ferma e quasi immutata. Ferma come spesso si mostra Napoli che di realtà ne contiene infinite e opposte.

I minori abitano, ieri come oggi, la Sanità, Forcella, Quartiere Stella, Scampia, Pisci-nola, Montecalvario, Quartieri Spagnoli, Anticaglia, e vivono il loro mondo così come solo i bambini sanno fare: ridono, osservano, scrutano, creano la normale semplicità del gioco lì dove sembra impos-

sibile crearlo. Così un materasso per strada diviene un jumping, una lastra di legno sulle scale si trasforma in uno scivolo, un corrima-no come altalena tra panni stesi per strada e vasoli di piperno su cui correre e scappare tra pozzanghere in pantaloncini corti e capelli scompigliati, in un bianco e nero fotografico che colpisce senza parlare, o meglio parlando senza parole.

Una fotografia per denunciare la mancanza di spazi da vivere e per vivere. Una fotografia per raccontare il passato e il presente di una città affinché essa abbia un futuro. Una fotografia per conoscere e riconoscere la propria città camminando attraverso le sue vie che spesso non hanno più un nome affisso per identificarle, perdendo così la memoria della propria Storia. Una fotografia per amarla e proteggerla questa città. Ridandole dignità, quella sociale che appartiene ad ognuno, in

di Giorgia Mangiapia

SERGIO SIANO

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Immortalata mentre il dramma della crisi migratoria in Europa era in pieno dispiegamento, e descritta come “inquietante” da un membro

della giuria, l’istantanea che ha conseguito l'ambito World Press Photo of the Year 2016 - il premio più prestigioso tra i con-corsi fotografici – è un'immagine in bianco e nero, che porta la firma del reporter australiano Warren Richardson.

L’immagine ritraente un padre che con-segna il proprio figlio ad una coppia, con le braccia tese, già giunta al di là del con-fine, facendolo passare al di sotto di una recinzione in filo spinato, ha raggiunto più di 80.000 tra menzioni, presentazioni e consensi durante il concorso annuale.

Quando la foto è stata scattata, Richardson ha detto: «era solamente un flusso costante di persone che correva lungo un fosso, gettandosi al di sotto della recinzione, direttamente sul lato opposto della strada, giungendo in un campo di grano. Tutti si muovevano molto veloce-mente, quindi ho letteralmente dovuto aprire al massimo la lente, tenere ferma la camera, tenermi ad una certa distanza e sperare che con un po’ di fortuna avrei ottenuto una foto decente nonostante il buio pesto. Quella notte la luna era piena, e la luce nella foto è fondamentalmente un chiaro di luna».

IN BIANCO E NERO LA PRESS PHOTO.

PH. SERGIO SIANO

primis ai bambini. La fotografia diventa così racconto urbano per svegliare le coscienze, per spingere ad osservare e per creare una testi-monianza di ciò che è stato ma che non è detto debba continuare così.

Lo scrittore Maurizio De Giovanni, mediatore dell'evento, propone l'idea di un ponte tra la Napoli scugnizza fotografata da Siano e l'Africa bambina di Giovanni De Giovanni: “Questa città è la città ùdel Sud del mondo, Napoli appa-ritene al meridione del mondo e trova quindi delle assonanze con altri luoghi del Sud del mondo”. Nel Sud del mondo ‘e criature cercano duie uocchie pe’ parlà ma ‘e buscie so’ tante e nun ‘e fanno maie pazzià” - Gianni Lamagna

accompagna con una Ninna Nanna senza nome le immagini di Minori di città – ma, tra tante bugie, c'è chi un impegno vero e veritiero lo porta avanti da anni.

Minori di città non si ferma ad una rassegna ma giunge nelle scuole di Materdei e della Sanità perché, scendendo per strada a fotografare, siano i ragazzi ad guardare oltre, ad osservare per conoscere e riconoscere gli spazi che vivono, per prenderne coscienza e per diventare Minori consapevoli della propria Napoli, non più immobile ma pronta a crescere attraverso loro, gli scugnizzi in bianco e nero.

«San Genna', non ti crucciar, tu lo sai, ti voglio bene, ma 'na finta 'e Maradona...

squaglie 'o sang rint' 'e vene!» Luigino - Mistero di Bellavista

Luciano De Crescenzo

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The Guardian - Jonny Weeks

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GLI SCATTI DI SERGIO SIANO E GIOVANNI DE GIOVANNI, MAESTRO E ALUNNO, DENUNCIANO, ATTRAVERSO OCCHI BAMBINI, MANCANZE SOCIALI E DEBITI MORALI.

LAfrica bambina di Giovanni de Giovanni è l'Africa della de-re-sponsabilizzazione. È l'Africa dei sorrisi dagli occhi sgranati, della

spontanea predisposizione al contatto umano e al vivere “arrangiandosi” tra adulti che rendono normale una situa-zione di assurdo presente, immobile e sospeso. Un reportage fotografico per denunciare la rabbia per un'infanzia, inconsapevole del senso della respon-sabilità, che diventerà adulta in un con-tinuo presente, rimanendo essa stessa una bambina immobile e sospesa.

Giovanni de Giovanni e la sua "Africa bambina": hai immortalato il volto dell'Africa con uno scatto e l'hai vissuta guardandola attraverso il tuo occhio aggiunto, la macchina fotografica. Quanto dell'Africa ti è rimasto negli occhi?

Molto ed ovviamente troppo poco. Due settimane sono un’inezia per cono-scere un posto, quindi mi sono limitato a raccontare cosa potesse colpire in così breve tempo una persona che viene praticamente da un altro pianeta. La fortuna di avere queste fotografie sta comunque proprio nella possibilità di rivedere quegli sguardi come un monito a non dimenticare.

IL BENIN È L’AFRICA CHE È SCAPPATA DALLA VIOLENZA MA NON DALLA MALATTIA E DALLA POVERTÀ, CHE LA TENGONO IN OSTAGGIO. L’AFRICA VA LAVATA DA QUEST’ONTA, UNA GOCCIA ALLA VOLTA, PER TORNARE A CANTARE, CANTARE E GIOCARE LIBERA.

REPORTAGE

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Fotografie in bianco e nero e altre dai colori accesi: l'Africa e i suoi mondi paralleli con le sue luci e le sue ombre. Cosa pensava Giovanni mentre scat-tava e cosa provava?

Non si riesce ad estraniarsi veramente durante uno scatto, si è immersi nell’emozione del momento. Questo ovviamente rende speciale ogni singolo scatto, perché si ha la possibilità di associare ad ogni immagi-ne colori ed odori. Il difficile è riuscire a comunicare le grandi sensazioni che si provano mentre si scatta appunto. Spero di essere riuscito a trasmettere alcuni di quei messaggi.

Dopo questo viaggio, e questo reportage in Africa, che valore ha la fotografia e cosa rappresenta nel tuo futuro?

Come dico sempre, c’è che scrive e chi legge, così come c’è chi fotografa e chi ama la fotografia ed io posso annoverar-mi sicuramente in quest’ultimo gruppo. Amo la fotografia come arte nobile. Non potrebbe essere il mio lavoro perché rischierebbe di perdere la magia che ha per me oggi. Spero di portare avanti tanti progetti fotografici ma sempre per la voglia di comuni-care qualcosa e non per l’obbligo farlo.

Volti di bambini da Napoli all'Africa come due parallele dello stesso binario. In un raf-fronto speculare, quali le diffe-renze e quali le somiglianze?

È l’idea che ha avuto Sergio Siano, il mio carissimo maestro. Vedendo le mie foto ha notato sguardi simili a quelli da lui foto-

grafati venti anni prima nel suo lavoro “Minori di Città”. È davvero strano e fa riflettere come bam-bini che crescano in condizioni di conclamata difficoltà abbiano poi lo stesso sguardi dei “nostri” bambini dei quartieri cosiddetti popolari. In questo abbiamo la principale somiglianza. Le diffe-renze poi stanno inevitabilmente nelle condizioni a contorno. Però è facile capire come l’assenza di tutti porta anche all’assenza del desiderio di qualcosa che nean-che si conosce. Probabilmente ho visto più bambini sorridenti in Africa che qui.

Il primo premio panafricano per opera di reportage sulle mutilazioni genitali femminili è stato assegnato

ad Abuja, in Nigeria, ad un intenso film, realizzato da giornaliste keniane, riguardante cinque giovani donne che hanno cercato di fuggire dalle mutilazioni, nella parte occidentale del Kenya. La squadra vincente è com-posta da Diana Kendi, 29 anni e Jane Gatwiri, 24 anni, reporter dell'agenzia

PAN AFRICAN AWARD

di stampa, Nation Media Group. Diana Kendi, commentando l’im-

portante traguardo, ha descritto più di una difficoltà per la realizzazione: «Gli anziani dei villaggi hanno rifiutato di parlare con noi perché eravamo donne non mutilate». «Ho conosciuto giovani donne che, in alcune comunità, sono morte per questa barbarie, ecco perché con il nostro lavoro stiamo cercando di fermare tutto questo».

L'AFRICA BAMBINA CHE DEVECRESCERE

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