Impatto Magazine - Volume 2.1 | Marzo 2016

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MAGAZINE VOLUME 2.1 - MARZO 2016 MAGAZINE MAGAZINE Il racconto fotografico di un insolito Carnevale in periferia di Napoli L’ONDA COLORATA DI SCAMPIA Tra luci, baci e flash mob sociali l’ombra del Vesuvio si tinge di un brillante rosso color passione Le giovani maschere del nostro riscatto sociale l’amore al tempo di Napoli La storia di un popolo che decise di creare il tesoro del proprio Patrono attraverso l’Atto di un Notaio atto e contratto con il santo Voce e cuore Musica Nuda Pianoforte Ezio Bosso Irriverenza Umberto Eco Arcobaleno Tom Smith Incantesimo Sergio Siano ritratti ! MPATTO

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Il racconto fotografico di un insolito Carnevale in periferia di Napoli.

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MAGAZINE

VOLUME 2.1 - MARZO 2016

MAGAZINEMAGAZINE

Il racconto fotograficodi un insolito Carnevalein periferia

di Napoli

L’ONDA COLORATA DI SCAMPIA

Tra luci, baci eflash mob socialil’ombra del Vesuvio si tinge di un brillante rosso color passione

Le giovanimascheredel nostroriscattosociale

l’amoreal tempodi Napoli

La storia di un popoloche decisedi creareil tesoro

del proprioPatrono

attraversol’Atto di

un Notaio

atto econtrattocon il

santo

Voce e cuoreMusica Nuda PianoforteEzio BossoIrriverenza

Umberto EcoArcobalenoTom Smith

IncantesimoSergio Siano

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IMPATTO MAGAZINE È UNA TESTATA GIORNALISTICA REGISTRATA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI CON DECRETO PRESIDENZIALE NUMERO 22 DEL 2 APRILE 2014. In copertina: Little super hero portrait - Ababaka

CONTENUTI

Anche quest’anno è #Sanremo.Che sia amato, odiato o deriso, Sanremo è sempre Sanremo. Ultimo baluardo del varietà alla vecchia maniera; resiste, impavido, da sessantasei anni. La formula di luci, fiori, pailettes, vallette e valletti, continua a tenere banco.

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VOCE NUDA E CONTRABBASSOL’arte musicale nelle corde vocali e tra le mani che sfiorano un contrabasso. Un duo di eccellenze per immergersi nella magia atavica del suono, per godere delle sinfonie suonate da mani esperte e cantate da una voce cristallina. Intervista a Petra Magoni e Ferruccio Spinelli.

FOLLOWING A BIRD Sono passate circa due settimane dal Festival di Sanremo e ora mi trovo dall’altra parte del mondo, a Tokyo, da qui, tutto mi sembra lontano anni luce, quasi tutto. Quasi a dire che la forza della musica supera ogni limite..

La Napoli dei prodigiVittorio Del Tufo, giornalista de Il Mattino, ha raccontato la Napoli esoterica e magica in un reportage arricchito dalle foto di Sergio Siano. “Trentaremi. Storie di Napoli magica” riporta al presente il passato unico di una città.

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Croissant e linguisticaAdam Gopnik sul New Yorker affronta la decisione di Tesco di ritirare dal mercato i croissant curvi. Un insolito ricordo agli studi linguistici di Umberto Eco, ed una irriverente analisi dell’uscita europea del Regno Unito.

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Un’app sui luoghi della mafiaNasce un’applicazione per ripercorrere le vite e gli attimi prima delle stragi mafiose in Sicilia, si chiama NOma, Storie e luoghi di Mafia, ed è disponibile da qualche settimana su Apple Store e Google Play.

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L’amore non è dimora fissaIl British Museum in occasione dell’LGBT History Month si tinge dei colori dell’arcobaleno con una mostra dedicata all’amore, in ogni sua espressione. Un’occasione per conoscere, conoscersi ed Interessarsi alla storia.

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Figli di un dio minoreUn viaggio nella storia di Napoli attraverso la bellezza di un tesoro unico al mondo dal valore artistico inestimabile. Attraverso le dieci meraviglie, simbolo della devozione di un popolo per il suo santo protettore, San Gennaro.

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Partenope è cchiù bell e Vener’Un invito semplice: “Innamórati di Napoli con gli Innamoràti di Napoli”, un invito partito da Maurizio De Giovanni, ed accolto senza remore. Un evento che ha visto accendere cinquanta luci, negli angoli più disparati della città.

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L’amore a NapoliCi si regala cioccolatini e rose; a Napoli quest’anno si è tenuto un Flash Mob. Tutti gli innamorati festeggiano San Valentino, in pochi però sono a conoscenza delle origini di questa festività nata nel quarto secolo.

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Nelle istantanee di Sergio SianoNapoli non la si spiega facilmente e forse farlo significherebbe sminuirla. Napoli ti parla se la osservi, si svela senza troppo rumore a chi sa guardarla. Le istantanee di Sergio Siano esprimono ciò che la parola limiterebbe.

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ASPETTANDO PANGEA Un Carnevale itinerante ha invaso i quartieri di Napoli per un risveglio delle menti. Per un tentativo di resilienza e riappropriazione di spazi e diritti. Il 34° Corteo di Carnevale di Scampia per un ritorno al super continente primordiale.

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L’arte musicale nelle corde vocali e tra le mani che sfiorano un contrabasso. Un duo di eccellenze per immergersi nella magia atavica del suono, per godere delle sinfonie suonate da mani esperte e cantate da una voce cristallina. Petra Magoni e Ferruccio Spinelli: l’anima domanda, la musica risponde.

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de, quando ha il coraggio di mostrarsi (e farsi amare) per quello che è.

Il contrabbasso, unico pro-tagonista strumenta-le,    reso vivo dalle  dita  di Ferruccio Spinetti. Quale rapporto si crea con uno strumento che  diventa prolungamento del pro-prio corpo e della propria anima? Per chi suona uno strumento, qualsiasi esso sia, inevitabilmente lo stru-mento stesso diventa la “voce” di quel musicista. In effetti spesso mi dicono che sembriamo un’unica perso-na, io e il mio contrabbasso sul palco. Come se fossimo incollati in qualche modo. Si crea un rapporto d’amo-

le concerti e riconoscimenti prestigiosi nazionali e in-ternazionali, accompagnati da sei dischi in studio e due dischi live. La loro musica, nuda come la bellezza del-la verità, spazia tra generi diversi attraverso un’inter-pretazione jazz dalla classe inconfondibile.

Una voce “rubata” alla musica antica passa al rock per poi approdare  al jazz creando una miscella-nea d’arte eccellente: Pe-tra Magoni. Cos’è  per lei la musica, nuda? La nostra Musica Nuda è lo spogliare di tutti gli orpelli le canzoni che scegliamo dai repertori più disparati per interpre-tarle con i nostri strumen-ti, voce e contrabbasso. In senso più ampio per me la musica è nuda quando è sin-cera, quando non si nascon-

Nuda come terra fer-tile, nuda come fuoco sinuoso, è la musica che inva-

de, senza scampo. Ne silen-zio, dita decise pizzicano le corde del contrabbasso e lo invadono, lo pervadono. Lo trascinano verso altre cor-de. Verso lei, la voce. L’uno insegue l’altro e la simbiosi è immediata. Pur rimanen-do intatti nella loro perfetta singolarità, contrabbasso e voce si attraggono come for-za magnetica, pura energia gravitazionale, a cui non si può opporre resistenza. Si è trascinati nel racconto di una sinfonia, interpretata con l’arte magistrale del talento.

Musica Nuda, Petra e Fer-ruccio, sono il caso fortuito dello stile determinato. Nati per una coincidenza nel 2003 hanno all’attivo più di mil-

Il duo - Un incontro fortuito voluto dal destino, ecco l’alba per il duo Musica Nuda. (Foto di Simone Cecchetti)

VOCE NUDA ECONTRABBASSO

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di Giorgia Mangiapia

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VOCE NUDA ECONTRABBASSO

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cambiamenti musicali e le sperimentazioni significa-tive? Ferruccio: Siamo cresciu-ti perché siamo stati curiosi di esplorare i nostri rispettivi strumenti e la ricerca conti-nua tuttora. La crescita passa anche attraverso il reperto-rio, siano essi inediti o cover che interpretiamo. Ci nu-triamo della musica e siamo noi al servizio della musica e non viceversa. Io ho cam-biato e ampliato il mio modo di suonare il contrabbasso, sia pizzicato che col l’arco, percuotendolo, anche perché essendo l’unico strumento sul palco ho fatto di neces-sità virtù. Idem Petra con la sua voce. Se suonassi in un trio o in quartetto classico o

re tra un musicista e il suo strumento. Non riesco ad odiarlo nemmeno quan-do si scolla, e la cosa avvie-ne abbastanza spesso, dato che ho uno strumento del-la fine dell’800 che risente molto del clima. Lui ha una sua personalità. Cambia il suo suono anche in base alla temperatura, all’umidità, al palco dove suono. Insomma è come avere un essere vi-vente che gira il mondo con me. A volte scegliamo anche dei brani in scaletta in base al suo umore della giornata!

Musica nuda, nato per gioco e con la velocità di un incon-tro scritto nel tempo. Quali sono stati dal 2003 ad oggi i motivi di crescita e  quali  i

jazz non potrei certo suonare liberamente come suono con Musica Nuda. La sperimen-tazione avviene ogni sera che saliamo sul palco.

Numerosi i riconoscimenti artistici e le collaborazioni come duo e personali dei due artisti. A cosa aspira Musica nuda? A cosa s’ispira? Fer-ruccio: Come aspirazione ho semplicemente quella di fare bella musica, e quindi bei di-schi, anche perché i concerti passano nelle orecchie della gente mentre i dischi sono come un testamento-viven-te per un musicista. Credia-mo molto nel valore artistico di un disco e ne creiamo uno quando abbiamo l’esigenza di registrare delle cose che

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abbiamo fatto finora con lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di crescere, imparare, giocare, incontrare, condivi-dere, perché alla fine suona-re è proprio questo.

Come considerate il pa-norama musicale attua-le? Ferruccio: Credo che in Italia, se ti riferisci al no-stro panorama musicale, ci sono tante cose interessanti e ci sono sempre state. Ov-vio che se ci fermiamo solo a quello che propone la Tv o la Radio commerciale siamo fuori strada, ma avveniva lo stesso nel 1964 quando c’e-ra Claudio Villa e nello stes-so periodo Tenco o Beatles erano presi per marziani. Ci sono tanti artisti in Italia che come Musica Nuda vivono di concerti e hanno un loro pubblico anche se non ven-gono trasmessi ogni giorno da Radio RTL o Deejay. Cre-do ci sia spazio per tutti, al-meno dovrebbe esserci. Poi è la gente che decide cosa seguire. Faccio dei nomi: io amo le canzoni di Pacifi-co, di Samuele Bersani così come quelle di Luigi Salerno o Alessio Bonomo, o Pilar o Erica Mou che sono due can-tautrici che hanno stampa-to da poco 2 cd molto belli di loro canzoni inedite. Così come mi è piaciuta la can-zone di Annalisa all’ultimo Sanremo o ci sono musici-sti bravissimi nel panorama del nuovo jazz italiano come Andrea Mucciarelli, chitarri-sta toscano o Enrico Zanisi, pianista, o Greta Panettieri. Insomma il mio consiglio è

Il successo di Musica Nuda - dai concerti tenuti in qualche locale italiano, Musica nuda si è affermata nella scena europea: dai concerti all’Olympia

di Parigi e all’Hermitage di San Pietroburgo (Ph. Simone Cecchetti)

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sti ma anche agli ascoltatori in generale, che non esiste solo un modo di suonare, di cantare, di avere “successo”. Mostrare il nostro percorso, assolutamente alternativo, ed il nostro punto di vista, sicuramente non omologa-to, significa dare di più che qualche nota e parole (anche se bella). Credo che sia un dovere di ogni artista evol-vere e mostrare strade diver-se, e far capire che i percorsi sono tanti e che ciascuno può trovare il proprio. Più ter-raxterra, aspiriamo invece a continuare a fare quello che

ci piacciono e ci emoziona-no davvero. A volte, come tra il 2006-2007 abbiamo dato alla luce tre cd in un anno. Altre volte tra un disco e l’al-tro sono passati anche quasi 3 anni. Non ci sono regole e per fortuna essendo pro-duttori dei nostri lavori non abbiamo mai avuto vincoli contrattuali e i discografici che abbiamo incontrato sulla nostra strada ci hanno dato consigli ma non ci hanno mai imposto niente.

Petra: Credo che la nostra massima aspirazione sia mostrare, ai giovani musici-

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Little wonder - Non è la presunzione che ci ha fatto scegliere questo titolo

bensì la riscoperta della nostra unicità con lo stesso l’entusiasmo che oggi,

come all’inizio, contraddistingue quello che facciamo. (Ph. Pasquale Modica)

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informarsi e tenere le anten-ne dritte verso il “nuovo”. Oggi internet e Youtube ci consentono di scoprire so-prattutto nuovi artisti. Allo stesso tempo, nella mia vita non ho mai scaricato ille-galmente un brano. Se un artista che scopro in rete mi piace, acquisto il suo cd. Ci vorrebbe un po’ di coraggio in più da parte dei media e degli addetti ai lavori ma ci sono anche degli esempi po-stivi, come Luca Barbarossa che nel suo programma Rai, Radio 2 social club, da spazio spesso ad artisti sconosciuti. Non lamentiamoci sempre, ma cerchiamo di essere noi per primi ,musicisti e non, più curiosi di quello che Iva-no Fossati sintetizzava bene in una canzone già nel 1983: la musica che gira intorno, andiamola a cercare!

Lascio come ultima doman-da, la libertà di aggiunge-re ciò che volete mettere in evidenza sulla musica, sui vostri progetti o su un mes-saggio che desiderate invia-re. Ferruccio: Che mondo sa-rebbe senza la musica? Credo sia una delle cose più belle che l’essere umano abbia inventato e ha la stessa im-portanza degli altri elementi della natura come l’acqua, il sole, la neve (anche se non la sopporto), immaginate per un attimo la vita senza la musica. Che noia. Sarebbe di

sicuro una vita più triste. Mi auguro che la musica venga insegnata nel modo giusto in futuro sin dalle scuole ele-mentari, così come nei con-servatori. Ho avuto la fortu-na di insegnare contrabbasso jazz in questi anni. Attual-mente a Siena Jazz e al Con-servatorio di Perugia e quello che cerco di trasmettere ai miei allievi non è solo la tec-nica, ma la passione, il sacri-ficio, la gavetta che oggispes-so manca ai giovani musicisti, un po’ per mancanza di spa-zi un po’ per pigrizia anche loro. Non si nasce musicisti. Si diventa musicisti possibil-

mente su un palco, anche se si suona davanti a 7 persone. Le devi conquistare quelle 7 persone. Così forse divente-ranno 17 la prossima volta, poi 34, poi 68.

Petra: Aggiungo che purtrop-po soprattutto i giovani can-tanti cercano di assomigliare a qualcun altro, di imitare qualcun altro: l’imitazione può essere utile a livello di studio, perché può permet-terci di esplorare aspetti sco-nosciuti della nostra voce, ma se si fa dell’imitazione il proprio stile si perde la cosa più importante, unica: se stessi.

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Negli ultimi anni mi sono avvicinato ad un senso di spiri-tualità che oltre-

passa la concezione naturale di tutto ciò che ci viene in-segnato nella nostra società di base Cattolica. Col tem-po ho iniziato ad esplorare un mondo che ho scoperto possedere al mio interno ma che non sapevo ancora come poter usare in modo corret-to perché nessuno mi ave-va mai insegnato come fare; poco alla volta mi sono perso e ritrovato dentro me stesso fino ad arrivare al punto tale di creare intorno a me la li-bertà, quella vera. Ed è da questo concetto che voglio far partire tutto.

Quando si pensa in musica sento spesso dire che ci sono delle regole da seguire, io spesso utilizzo schemi che non appartengono a que-sto ragionamento ed inizio a volare attraverso sequenze dispari, discontinue, libe-re, create con il solo scopo

Ezio Bosso - arrivò al successo nel 2004 con la colonna di “Io non ho paura”. Unico compositore italiano ad aver vinto il Green Room Award a Melburne, nel 2011 a seguito di un intervento al cervello, ha perso parzialmente le capacità motorie.

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Le luci fuori dalla finestra, è notte, notte profonda e mentre sto per scrivere questo articolo mi trovo a Tokyo, nel lontano Oriente, in Giappone. Sono passate circa due settimane dal Festival di Sanremo e mi sono ritrovato dall’altra parte del mondo ed ora, da qui, tutto mi sembra lontano anni luce, quasi tutto. Quasi a dire che la forza della musica supera ogni limite.

pagina di diario diChristian DeLord

F0LLOWINGA BIRD

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Che sia amato, odiato o deriso, Sanremo è sempre Sanremo. Ultimo baluardo del varietà alla vecchia maniera; resiste, impavido, da sessantasei anni. La formula di luci, fiori, pailettes, vallette e valletti,

continua a tenere banco. Un Gabriel Garko quanto mai ine-spressivo, se non per qualche languido occhiolino alla teleca-mera, regala agli uomini la facoltà di capire quanto possano essere fastidiose le vallette di plastica, ed alle donne il piace-re di essere, per una volta, dall’altra parte dei giochi.

Madalina Ghenea, sorprendentemente, fa più di ciò che ci si sarebbe aspettati ed usa la propria bellezza come un valore aggiunto; districandosi meravigliosamente nell’arte della let-tura del gobbo. Virginia Raffaele. Immensa. Vera regina del Festival di quest’anno. Ironia, intelligenza, bellezza. La dimo-strazione di quanto l’eccezionalità possa andare ben oltre un ammiccante battito di ciglia. Capito, Gabriel?

Direttore dei giochi, Carlo Conti. Si conferma il volto di Rai Uno. Mai eccessivo, ottima spalla. Direttore dal ritmo fluido. Quindici milioni di telespettatori, ed una media del 50% di share, sono risultati da incorniciare. Bravo, Pippo! Cioè, Carlo. È stato il Sanremo dell’incoronazione #social, dei nastri arco-baleno e delle rivincite. Quella degli Stadio, in primis, mai amati dall’Ariston che, questa volta, invece, li vede trionfare. Ma, più di qualsiasi altra cosa, questo Sanremo è stato quello di chi ne è, da sempre, il vero protagonista; Beppe Vessicchio. Direttore d’orchestra e di cuori del pubblico. Finito il Festival, si pensa già al prossimo. La città dei fiori si riposa, in attesa del nuovo giro di giostra.

Stadio - Vincitori del festival di Sanremo 2016 con “Un giorno mi dirai”.

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di comunicare ed emozio-nare senza doversi per forza adagiare su quel tecnicismo che al giorno d’oggi ha fatto sì di dover arrivare a creare tonnellate di musica con lo stampino che non identità.

Ma l’identità, a volte, è una perla rara che riuscia-mo ancora a trovare, basta solamente essere pronti ad ascoltare. Ed ecco che due settimane fa, mentre studia-vo il Festival di Sanremo per capire cosa avremmo ascol-tato nei prossimi mesi, ho conosciuto un pianista che della libertà ha fatto la sua vita, nonostante la sua lot-ta contro una malattia così devastante che ti corrode da dentro poco alla volta. Si tratta di Ezio Bosso.

Ed è a lui che questo mese va la mia riflessione che voglio racchiudere nella forza del-la parola dello stesso Bosso: «Questi brani, come sem-pre nelle mie scelte, rappre-sentano un piccolo percorso meta-narrativo. C’è una teo-ria antica che dice che la vita sia composta da dodici stan-ze, nessuno può ricordare la prima stanza perché quan-do nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiunge-remo. E quindi si può tornare alla prima. E ricominciare».

Chiudi gli occhi, ed immagi-na la tua prima stanza.

Anche quest’anno èHashtag_Sanremo.

il commento di Liliana Squillacciotti

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Il Times titolerebbe: Sna-turata la colazione conti-nentale. È della settimana scorsa la notizia secondo

cui Tesco - famosa catena di supermercati - ha deciso di interrompere la vendita dei croissant nella loro forma curva. Poiché il “cornetto” ha significato intrinseco di mez-zaluna, si potrebbe anche af-fermare che tale interruzione è un auto annullamento: se un cornetto non è curvo, non è affatto un cornetto. In effet-ti in Inghilterra il croissant è stato vittima di cambiamenti linguistici e ha migrato il suo significato da “pane ai fiocchi per colazione a forma di mez-zaluna” al solo “pane ai fioc-chi per colazione”. Un cam-biamento ideologico che nel quotidiano ha coinvolto altre metropoli: a New York non è difficile sentir definire “pain au chocolat” – cilindri di pa-sta sfoglia a forma di saccotti-ni, ripieni di cioccolato - come “croissant al cioccolato”.

L’’amministratore della so-cietà Tesco, Harry Jones, ha osservato come la curvatura del cornetto uccida il fatto-re di “spalmabilità” dei cor-netti, sottolineando che “gli acquirenti trovano più facile distribuire la marmellata su una forma dritta con un unico

movimento”. È possibile che gli inglesi considerino così difficile usare un coltello per spalmare le creme con qual-che torsione di polso, piutto-sto che creare i presupposti le una “spalmata con singolo movimento”? Una tale di po-sizione potrebbe derivare da ben altre motivazioni, come le risorse necessarie alla cre-azione di macchine che danno una forma curva ai croissant, prima di andare in cottura.

Potremmo chiederci perché il croissant abbia vissuto, da sempre, in balia della diver-sità di forma. La prima con-siderazione è che i cornetti non hanno una forma giusta in assoluto. Infatti, i migliori croissant sono quelli al burro, prodotti con impasti comple-tamente dritti, o leggermente curvati; mentre i croissant di minore qualità, come olio o margarina, devono essere re-alizzati a forma di mezzaluna

Adam Gopnik sul New Yorker affronta la decisione di Tesco di ritirare dal mercato i

croissant curvi. Un insolito ricordo agli studi linguistici di Umberto Eco, ed una irriverente analisi dell’uscita europea del Regno Unito.

Croissant farciti - sopra in foto i croissant a forma di mezzaluna al centro della decisione di Tesco, nella pagina successiva Umberto Eco, semiologo, filosofo e scrittore, recentemente scomparso, in una foto di Sarah Lee (the Guardian.)

il richiamo diEnnio Grilletto

il richiamo diEnnio Grilletto

CROISSANT ELINGUISTICA

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L’amore non ha fissa dimoraIl British Museum in occasione dell’LGBT History Month si tinge dei colori dell’arcobaleno

con una mostra dedicata all’amore, in ogni sua forma ed espressione.

Luomo aspira al rapporto sociale per destinazione originaria: ha un’esigenza psichica e materia-le di relazionarsi e comunicare.

In questa mostra la sfera interiore dell’individuo diviene soggetto e oggetto dell’arte, permettendo ad ognuno di rispondere al bisogno in-conscio di superare insicurezza e angosce esistenziali, che qui si ma-nifestano in modo originale. Talvol-ta per guardare avanti bisogna fare qualche passo indietro, per questo è nata “Love throughout history”, un’oc-

casione per conoscere e conoscersi. Interessarsi alla storia è fondamenta-le: di questo ha parlato Tom Smith, co-presidente della rete studentesca UAL LGBT, presente alla mostra. «La storia è ancora in corso, se non la si studia si finisce per non capire cosa sta accadendo nel presente. Non dobbiamo dimenticare che il 1980 non è così lontano, ed erano anni in cui la realtà gay non aveva diritti. L’educazione ti rende libero, permet-tendoti di essere consapevole di ciò che sta avvenendo ed è avvenuto».

con una curvatura molto ac-centuata, in base ad una legge francese. Questa norma ha fanno nascere l’idea che tutti i cornetti dritti siano al bur-ro, mentre quelli curvati siano scadenti. La verità è che oggi la forma del cornetto al burro è una libera scelta e che questa tradizione ha creato intorno al cornetto senza curve una sor-ta di aura di privilegio.

Ritorna alla mente l’impe-gno di Umberto Eco, scom-parso recentemente, il quale ha profuso enormi sforzi per analizzare problemi del ge-nere. Eco è stato l’imperatore dei segni, tra i più importanti linguisti e semiologi del mon-do. Circa la mezzaluna del croissant, ritengo che il pro-fessore di Alessandria avreb-

LA CORRISPONDENZA

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testo di Ginevra Caterino illustrazione di Namitokiwa

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Questa rete non si ferma unicamen-te alla realtà LGBT, sostenendo qual-siasi gruppo riscontri difficoltà nella società. «La nostra comunità ha bi-sogno di ritrovare la sua voce, che sembra aver perso. Il gaypride oggi è un evento sponsorizzato dai grandi brand, diventando più un’occasione di divertimento che una vera pro-testa, ma la sua forma originale era quella di una marcia rivoluzionaria. Bisogna continuare a scendere in piazza, organizzare eventi culturali e sfruttare creativamente internet. È difficile parlare apertamente se non hai alle spalle il supporto di una comunità forte, per questo è impor-tante sostenerci gli uni con gli altri. Siamo contrari ad ogni forma di bar-riera e crediamo nell’importanza dei movimenti per la giustizia».

tolo di pasta sfoglia a forma di rotolo”. Ora, sapendo che la colazione continentale - eli-minando il succo, il caffè e il cappuccino – è formata da una brioche d’accompagnamen-to, un croissant (il rotolo di pasta sfoglia a forma di mez-zaluna) e il fagottino (il rotolo di pasta sfoglia a forma di ro-tolo) possiamo capire come la curvatura non abbia utilità, se non per distinguere e dunque eliminare il contrasto tra due cose che in effetti sono uguali, ma linguisticamente diven-tano differenti. Un po’ come il lunedì e la domenica; en-trambi giorni, ma linguistica-mente differenti. In quest’ot-tica, il cornetto viene curvato per chiarire cosa in effetti sia e per precisare cosa in effet-

ti non è. Significati profondi si nascondono dietro questa complicata questione, tanto da ipotizzare che anche l’at-tento occhio di Umberto Eco si sarebbe impegnato a scanda-gliarne le numerose dietrolo-gie. Senza dubbio potremmo supporre che qualche storico sociale proporrà una tesi sul come - proprio alla vigilia del tanto minacciato “Brexit”, ossia l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea – il mass marketing della Gran Bre-tagna abbia respinto l’unico elemento chiaramente fran-cese, per la creazione di un cornetto interamente inglese, il quale, sosterrà il futuro stu-dioso, è sicuramente la con-ferma di un rifiuto: essere uno degli stati europei.

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be fatto ricorso all’aggettivo “saussuriano”, derivante dal grande linguista del XI secolo, Ferdinand de Saussure, per il quale i segni linguistici sono arbitrari e trovano il loro si-gnificato quando sono distin-ti da altri segni in conflitto. Sappiamo infatti che “lune-dì” è “lunedì” e non “dome-nica” solo perché non suona e non appare come “dome-nica”. P.G. Wodehouse ha aderito pienamente a questo ragionamento: all’interno dei suoi racconti del Drones Club, uno degli associati del circo-lo dei gentlemen, in vacanza in Francia, sottolinea che gli era stata servita una colazio-ne continentale “sia con un rotolo di pasta sfoglia a forma di mezzaluna e sia con un ro-

testo di Ginevra Caterino illustrazione di Namitokiwa

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testo di Giorgia Mangiapia | foto di Martina Esposito e Ciro Fusco

Un Carnevale itinerante ha invaso i quartieri di Napoli per un risveglio delle menti. Per un tentativo di resilienza e riappropriazione di spazi e diritti. Il 34° Corteo di Carnevale di Scampia per un ritorno al super continente primordiale.

ASPETTANDO LA PANGEA

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Un Carnevale itinerante ha invaso i quartieri di Napoli per un risveglio delle menti. Per un tentativo di resilienza e riappropriazione di spazi e diritti. Il 34° Corteo di Carnevale di Scampia per un ritorno al super continente primordiale.

testo di Giorgia Mangiapia | foto di Martina Esposito e Ciro Fusco

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Ph. Martina EspositoPh. Martina Esposito

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Ph. Martina EspositoPh. Martina Esposito

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Ph. Martina EspositoPh. Martina Esposito

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Ph. Ciro FuscoPh. Ciro Fusco

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Un libro inatteso consente di espri-mere un concet-to così “difficile”

da non riuscire a penetrare nella mente dei dormienti e assopiti temerari del sonno della ragione. Un titolo atti-ra l’attenzione “I sogni (dei bambini di Scampia) son de-sideri”. Lo acquisti e cominci a sfogliarlo. Ti ritrovi tra le mani i sogni dei ragazzi e le loro riflessioni, spontanee: “Il mio sogno sarebbe che castel Sant’Elmo, che abbia-mo visto ieri al Vomero con la mia prof, si spostasse qui. Dentro ci abiterebbe tutta la mia famiglia e tutte le fami-glie di Scampia che conosco. Potrei guidare i turisti che

nutre delle forme e delle li-nee tracciate dalle sue mani. Qui Felice e Mirella, sua mo-glie, hanno creato iniziative per i ragazzi delle baracche. Qui nel 1981 hanno fondato il gridas, gruppo risveglio dal sonno, richiamandosi a Goya, e da allora l’impegno nel risvegliare coscienze è costante e sociale.

Sociale perché si fonda sul-la comunanza d’intenti che anima le pratiche di una re-altà così difficile da spiega-re. Molto meno difficile è sembrato loro rimboccarsi le maniche e creare occasioni di riscatto come il Carnevale sociale di Napoli, il 34°, nato dal lavoro collettivo di asso-

vengono a visitarlo. Potrei esporre i disegni dei bam-bini”. Un desiderio senza confini di proprietà, barrie-re d’elite e mura culturali tra quartieri.

Un desiderio di trasporto e contaminazione di arte e bellezza. Un desiderio di ac-coglienza e protezione verso chi abita la 167 di Secondi-gliano, com’era definita ne-gli anni Ottanta. Scampia, difficile da vivere, come tanti e troppi quartieri di Napoli e periferia. Proprio qui decide di fermarsi Felice Pignataro e di donare la sua arte e la sua vita. Scampia, difficile da ge-stire, custodisce i suoi mu-rales, riflette i suoi colori, si

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MARTINA PIGNATARO RACCONTA IL METTERSI IN GIOCO PER ESTIRPARE IL DIFFICILE RISVEGLIO DELLA SOCIETÀ.

I volti del riscatto , Tra le vele di Scampia e in tutta Napoli aspettando una nuova Pangea, un nuovo incontro tra territori, mentalità e diversità per una società del riscatto da costruire attraverso la partecipazione di tutti (Ph. Ciro Fusco)

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Le maschere e le torri - Il risveglio delle coscienze richiede necessariamente il dover scendere in piazza, insieme, vestiti di nuovi entusiasmi per far cadere le maschere dell’ipocrita chiusura mentale che alza barriere e non crea frontiere. (Ph. Ciro Fusco).

in faccia le difficoltà e far nascere da esse qualcosa di buono, di nuovo da progetta-re e realizzare. Un Carnevale itinerante per trasformare in eccesso positivo tutto il ne-gativo da Soccavo a Materdei e alla Sanità, da Giugliano a Gianturco, da Montesanto ai Quartieri Spagnoli, da Ba-gnoli al Rione Traiano, con la sfrontatezza di una masche-ra indossata per urlare un riscatto che parte dal ventre della città. Martina Pignataro

ciazioni, comitati, spazi oc-cupati e liberati. Circolo “La Gru” , Chiku’ – gastronomia cultura e tempo libero, Ci-clofficina, Centro Territo-riale Mammut; Associazione Dream Tean-donne in rete, Biblioteca le Nuvole (As-sociazione AquaS), Gruppo Scout Agesci Napoli 14, No-viziato “Briganti dei Fiori”, cdr “Gatta Blu”, Gruppo Zo-one: ognuno con un impegno preciso, quello di guardare

racconta il mettersi in gioco per estirpare il difficile ri-sveglio della società.

Ben undici manifestazioni per un Carnevale che risvegli le coscienze attraverso i co-lori e l’ allegria. Quale segno ha lasciato l’iniziativa?

Sicuramente il gridas e il carnevale di Scampia hanno fatto scuola a Napoli e non solo, tanto che - da diversi anni ormai - un coordina-mento dal basso lega ideal-mente una serie di carnevali

sociali nati sulla stessa scia: dalle realtà e associazioni le-gate da un lavoro quotidiano ai propri quartieri e territori di riferimento e con una for-te connotazione politica di denuncia di quello che non va e di proposta di alterna-tive concrete in un uso del-le maschere, autocostruite riciclando materiali e in la-boratori pubblici e gratuiti, in funzione di critica socia-le. Undici appuntamenti, ma sono anche di più, in altret-tante zone di Napoli e provin-

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mo sia importante riflettere insieme. Inoltre il GRIDAS è costantemente in rete con le altre realtà territoriali nel-le iniziative di recupero de-gli spazi comuni, inclusi gli spazi verdi urbani, del quar-tiere e nelle manifestazioni di confronto e promozione di pratiche virtuose che con-sentano di aprire le menti e contagiarsi reciprocamente e positivamente verso la co-struzione di un quartiere e di un mondo migliori.

I murales di Felice Pignata-ro per dare supporto visibile in zone in cui si è soliti vede-

Il lungo corteo colorato - Il Carnevale sociale rappresenta la ferma intenzione di continuare nel cammino di una rivoluzione intesa come evoluzione sociale, come progresso civile e riappropriazione di diritti inalienabili. La partecipazione è stata totale, sinonimo di un forte coinvolgimento, nato dal basso. Cittadini in piazza per svegliarsi dal sonno della ragione. (Ph. Ciro Fusco)

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mento principale per il no-stro quartiere, il GRIDAS porta avanti un cineforum gratuito settimanale, tut-ti i venerdì alle ore 18:30 da marzo a giugno e da ottobre a dicembre. In questo caso il processo di scambio e di ar-ricchimento culturale per il risveglio delle coscienze è affidato alla visione colletti-va di film attinti per lo più da circuiti di produzioni e distri-buzioni dal basso, che poco o nullo spazio trovano nella grande distribuzione ma che hanno invece molto da dire su tematiche su cui pensia-

cia, sono il risultato di questo coordinamento, di questo contagio-positivo che au-menta di anno in anno e cui il gridas ha dato solo il la.

“El sueno de la razon pro-duce monstros” da qui il ri-sveglio dal sonno, obiettivo del gruppo Gridas. Da anni impegnati nel riunire le po-tenzialità artistiche, cultura-li, sociali per metterle al ser-vizio delle persone comuni. Può parlarmi dell’impegno continuo del gruppo e delle iniziative future?

Al di là del carnevale, che resta senz’altro l’appunta-

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IL GRIDAS È IN RETE CON LE ALTRE REALTÀ TERRITORIALI NELLE INIZIATIVE DI RECUPERO DEGLI SPAZI COMUNI

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Published by:Un’applicazione per ripercorrere le vite e gli attimi prima delle stragi ma-

fiose in Sicilia, si chiama NOma, Storie e luoghi di Mafia ed è disponibile da qualche settimana su Apple Store e Google Play. L’idea nasce dall’as-sociazione culturale Sulle nostre gambe, fondata dal giornalista e regista

Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto come Pif insieme ad altri cittadini di Palermo ed è stata presentata lo scorso 5 febbraio in una conferenza stampa al Senato, con la presenza del presidente Pietro Grasso.

L’applicazione realizzata in collaborazione con Tim, ha lo scopo di far conoscere le storie di cittadini, uomini di legge, giornalisti e familiari, che hanno combattuto contro la criminalità organizzata dagli anni 70 ad oggi, raccontate attraverso le voci di molti volti noti del cinema e della televisione italiana. Non dimenticare il passato: attraverso una sorta di excursus storico alla ricerca dei perchè degli at-tentati e dei momenti antecedenti gli omicidi, con l’ausilio di filmati, interviste e testimonianze esclusive.

Le prime 22 storie sono quelle di uomini e donne che hanno sacrificato la propria vita contro il sistema mafioso ed altre ancora arriveranno presto. La vera novità di NOma è quella di guardare al futuro con ottimismo e determinazione, proponen-do degli itinerari di realtà palermitane che si sono ribellate al pizzo, aderendo al movimento “Addiopizzo”, contribuendo ad informare e far conoscere l’economia virtuosa e libera dalla mafia attraverso il consumo critico.

Un viaggio alla scoperta di chi nel 2016 ha deciso di portare avanti la propria attivi-tà senza sottomettersi ai vincoli e ai soprusi dei boss. Un buon motivo per visitare la città di Palermo, valorizzando le eccellenze del territorio e conoscere chi tutt’ora combatte per dire addio al pizzo.

App sulle storie ed i luoghi della mafia, nasce NOma

tenersi informatico con Nicoletta de Vita

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che confluiscono in questo momento declinandone il tema in autonomia e con-tribuendo a renderlo sempre più partecipato, ma che sono impegnate quotidianamente nel quartiere per migliorarlo, ciascuna nel proprio ambito di riferimento, ma tenen-dosi in rete e supportandosi e “contaminandosi” conti-nuamente nell’arco di tutto l’anno.

A molte di queste associazio-ni, si associano sempre più spesso anche gruppi da altre città che poi tornano al car-nevale di cui hanno sentito parlare e sono anche que-sti contagiati da un diverso modo di vedere e di vivere il nostro quartiere. Il gridas

Il tema del carnevale è legato ogni anno ad un tema di at-tualità, sia mondiale, sia più “locale” e legato al territo-rio. In particolare quest’an-no il tema è stato ispirato, oltre che dai conflitti mon-diali e alle grandi migrazioni a un percorso di nonviolenza e di cura degli spazi verdi, in particolare di un’area del quartiere attorno cui si svol-

re solo sfumature scure. Po-trebbe illustrarmi i colori dei giovani impegnati a Scampia?

In questo momento ci ver-rebbe da dire che i colori sono quelli dell’arcobaleno, non solo come simbolo di pace, tra l’altro sempre pre-sente nei murales di Felice, ma come infinite gradazioni in cui ciascuno a suo modo si possa riconoscere: ognuno fondamentale per la com-pressa armonia che crea la pace e che prevede il rispetto dei diritti e delle peculiarità di tutti, grandi, piccoli, “ul-timi” e diseredati che siano. Il carnevale sociale ha avu-to come titolo Continen-ti e contenuti, ovverosia la deriva degli incontinenti...aspettando la Pangea per un ritorno del villaggio globale al super-continente primor-diale. Ci sono stati cambia-menti, negli anni, della real-tà di zone come Scampia? Le mentalità stanno cambiando?

ge da diversi anni il “Medi-terraneo Antirazzista”, come tappa di un percorso che parte dallo Zen di Palermo e si sta diffondendo in tutta Italia e che mette al centro di una manifestazione “sporti-va” una forte connotazione di superamento di barriere e diffusione dei diritti. Basta guardare, comunque, anche solo al carnevale per notare come sia partito, nel 1983, dal solo gridas che lo pro-poneva a scuole e territorio e sia diventato, a distanza di 34 anni un attesissimo ap-puntamento di cuoi il gri-das ha giusto il ruolo di pro-motore che vede coinvolte una miriade di associazioni e realtà nate e cresciute nel quartiere. Sono tutte realtà

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oggi ci troviamo di nuovo di fronte ai cancelli chiusi di un Auditorium di Scampia vuoto, buio, inutilizzato, una struttura pubblica, costruita con fondi pubblici, spreca-ta e soprattutto negata a chi ne farebbe un utilizzo de-gno e del tutto coerente con la destinazione d’uso di uno spazio che dovrebbe essere culturale e teatrale. Siamo invece arrivati al paradosso per cui i laboratori di teatro di Arrevuoto si fanno in uno spazio gastronomico. Vor-remmo solo entrare nell’Au-ditorium, prima che diventi un lontano vago sfumato ri-cordo il momento in cui ave-vamo l’occasione giusta di proseguire la nostra piccola rivoluzione culturale».

ha un ruolo importante nel-la quotidianità. Quali sono le difficoltà che incontrate?

Forse il paradosso più grande è che, mentre a livello locale, nazionale e a volte interna-zionale, ci viene riconosciuto un ruolo se non altro di trai-no nel processo di crescita culturale della società, non riusciamo dopo 35 anni di in-curia e abbandono a vedere “legalizzata” la nostra pre-senza nel centro sociale in cui abbiamo la sede. Dopo un primo processo penale, af-frontato nel 2010 da cui dopo 3 anni siamo usciti a testa alta “assolti perché il fatto non sussiste”, ci ritroviamo con una nuova citazione per una causa civile intentataci dallo iacp (Istituto Autono-mo Case Popolari, proprie-tario dell’immobile) che ci accusa di occupare “senza

titolo” i locali che dal 1981 utilizziamo, riqualifichiamo e teniamo in vita restituen-doli di fatto all’uso della col-lettivitàdall’abbandono isti-tuzionale di chi non se ne è mai “curato”.

La cura causa anche ribellio-ne verso situazioni assurde. Emma Ferulano, membro fondatore dell’Associazio-ne di promozione sociale Chi rom...e chi no manifesta la delusione di fronte ad un Au-ditorium, quello del quartie-re Scampia, pubblico e spre-cato: «Noi che speravamo di aver trasmesso con il carne-vale sociale a Napoli qualche messaggio chiaro, con ironia e colori sgargianti, di aver bruciato tante, certo non proprio tutte, “cose brutte”,

I sorrisi dei selfie - Al Carnevale di Scampia, la cittadinanza ha partecipato con entu-siasmo a sostegno di realtà che spesso fagocitano coloro che le vivono. Un evento per

dimostrare che non solo per una festa ci si impegna a dare sostegno. (Ph. Ciro Fusco)

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mura, in quel sospiro di aria. Trentaremi è uno scrigno, un reportage giornalistico preli-bato, è“viaggiare a ritroso nel tempo, cercare storie distanti tra di loro nello spazio e nel tempo e andare ad indagare, frugando. Sviscerarle e rac-contarle con lo stesso accani-mento giornalistico con cui ci troviamo a raccontare di so-lito episodi di cronaca che si svolgono nel presente. È un lavoro di ricerca.”

Il grande mago, Virgilio, per svelare ciò che è na-scosto dietro il fonda-le della Storia. Il primo

santo protettore, quello vero, della città per stabilire l’or-dine nella parte del mondo rovesciata e riflessa nel cielo, flessuosamente adagiata tra le onde. Lui, inventore di un alfabeto magico, così come Roberto de Simone gli attri-buì, per raccontare leggende talmente forti e ramificate da costituire il presente, per far riaffiorare il prodigio e la ma-gia. La sua, la poesia.

Virgilio mago tra vie, piazze, donne, intrecci e storie della complessa Napoli, ossessione e desiderio, promessa e di-sincanto. Il passato è presen-te nei luoghi impregnati dello spirito di chi ha penetrato la carne viva della città. Un pal-coscenico calcato da presen-ze trasversali sotto forma di poesia, abitato da fantasmi che assumono un volto, oc-cupano un corpo, modulano una voce. Donne di potere, donne del dolore, donne del-la solitudine e della vendetta. Perché Napoli è femmina, è ventre che accoglie, è unghie che graffiano, è sguardo che ammalia. È amore, passione e morte, follia e rinascita. È Via Chiatamone con la lascivia dei

piaceri, è Piazza San Domeni-co Maggiore con l’enigmati-co carisma dell’assassinio di Maria d’Avolos e suo marito Fabrizio Carafa per mano del principe Carlo di Gesualdo; è Palazzo Donn’Anna con la sofferenza della solitudine urlante dalle acque e sca-gliatasi tra le rocce di Anna Carafa, amata ed abbando-nata dalla città che le voltò le spalle. Forma cristallizzata di un dolore che è lì, tra quelle

Vittorio Del Tufo, giornalista de Il Mattino, ha raccontato la Napoli esoterica e magica in un

reportage arricchito dalle foto di Sergio Siano. “Trentaremi. Storie di Napoli magica” riporta

al presente il passato unico di una città.

LA NAPOLI DEI PRODIGI articolo di

Ennio Grillettoreportage di

Sergio Siano

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La discesa del Petraio - Oasi incastrata tra i veleni e il traffico della città in doppia fila, l’Imbrecciata del Petraio fu denominata così perchè pavimentata con vrecce.

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Via Donnalbina - Sarebbe invece un Diavolo di fattezze tradizionali quello che marca indelebilmente un muro di via Donnalbina. Custodi del loro segreto, gli abitanti della strada smentiscono infastiditi, e mantengono off limits per i curiosi l’ingresso dell’appartamento affatturato. Così è immutabilmente da anni, anzi da secoli; eppure da anni, anzi da secoli, radio vicolo diffonde e alimenta la leggenda.

Via Donnalbina - Sarebbe invece un Diavolo di fattezze tradizionali quello che marca indelebilmente un muro di via Donnalbina. Custodi del loro segreto, gli abitanti della strada smentiscono infastiditi, e mantengono off limits per i curiosi l’ingresso dell’appartamento affatturato. Così è immutabilmente da anni, anzi da secoli; eppure da anni, anzi da secoli, radio vicolo diffonde e alimenta la leggenda.

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Palazzo Penne - Noi sappiamo per certo che un monastero esisteva in questa zona già nei primi anni del IX secolo quando Euprassia, figlia del duca di Napoli, vi si ritirò con altre vergini ricevendo il velo; e che proprio a Donnalbina, parecchi secoli più tardi, il cardinale Alfonso Carafa fece trasferire le monache benedettine provenienti da due monasteri andati distrutti, Sant’Agnello al Cerriglio e Sant’Agata a Mezzocannone.

Palazzo Penne - Noi sappiamo per certo che un monastero esisteva in questa zona già nei primi anni del IX secolo quando Euprassia, figlia del duca di Napoli, vi si ritirò con altre vergini ricevendo il velo; e che proprio a Donnalbina, parecchi secoli più tardi, il cardinale Alfonso Carafa fece trasferire le monache benedettine provenienti da due monasteri andati distrutti, Sant’Agnello al Cerriglio e Sant’Agata a Mezzocannone.

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Palazzo Donn’Anna - Saccheggiato durante la rivolta di Masaniello nel 1647, il Palazzo fu poi gravemente danneggiato dallo spaventoso terremoto del 1688, quello che rase al suolo Benevento. Pochi mesi più tardi, in Spagna, un attacco di calcoli renali provocò la morte del nuovo proprietario, Nicola Guzman, che aveva ereditato il palazzo da donna Anna, circostanza che accrebbe la fama, già sinistra della dimora.

Palazzo Donn’Anna - Saccheggiato durante la rivolta di Masaniello nel 1647, il Palazzo fu poi gravemente danneggiato dallo spaventoso terremoto del 1688, quello che rase al suolo Benevento. Pochi mesi più tardi, in Spagna, un attacco di calcoli renali provocò la morte del nuovo proprietario, Nicola Guzman, che aveva ereditato il palazzo da donna Anna, circostanza che accrebbe la fama, già sinistra della dimora.

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Grotte di Via Chiatamone - La chiamavano la Posillipo dei

pezzenti. Era un luogo di mare e delizie, sabba e lussuria. Vi

dimoravano Casanova, i principi di Francavilla, Dumas padre. Prima ancora era stata teatro di oscuri

riti satanici, fino a che il viceré non pose fine, con un ordine

che nessuno osò discutere, allo scandalo delle “orge rituali” nella

pancia del monte Echia.

Grotte di Via Chiatamone - La chiamavano la Posillipo dei

pezzenti. Era un luogo di mare e delizie, sabba e lussuria. Vi

dimoravano Casanova, i principi di Francavilla, Dumas padre. Prima ancora era stata teatro di oscuri

riti satanici, fino a che il viceré non pose fine, con un ordine

che nessuno osò discutere, allo scandalo delle “orge rituali” nella

pancia del monte Echia.

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Grotta di Seiano - Nell’estrema punta occidentale di Posillipo, alla

Gaiola, l’architetto Bechi fissò la sua residenza. Una villa sontuosa

che sorgeva esattamente nel punto dove era stato localizzato il nucelo

originale dell’antica dimora di Vedio Pollione. Al tempo fu battezzata Villa

Bechi, ma prese poi il nome di tutti i personaggi che ne acquistarono

via via la proprietà, spesso andando incontro a destini tragici.

Grotta di Seiano - Nell’estrema punta occidentale di Posillipo, alla

Gaiola, l’architetto Bechi fissò la sua residenza. Una villa sontuosa

che sorgeva esattamente nel punto dove era stato localizzato il nucelo

originale dell’antica dimora di Vedio Pollione. Al tempo fu battezzata Villa

Bechi, ma prese poi il nome di tutti i personaggi che ne acquistarono

via via la proprietà, spesso andando incontro a destini tragici.

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Villa Lucullo - Quanto a Virgilio, era davvero un mago? Di quali

poteri sovrannaturali pote a disporre effettivamente? E perché mai Dante Alighieri, a sua volta un

iniziato, volle proprio lui come giida nell’oltretomba? Come riportano i

suoi più antichi biografi, Virgilio studiò a Napoli alla scuola dell’epicureo

Sirone. Qui aderì al neopitagorismo, corrente filosofica e magica allora assai diffusa nella Magna Grecia.

Villa Lucullo - Quanto a Virgilio, era davvero un mago? Di quali

poteri sovrannaturali pote a disporre effettivamente? E perché mai Dante Alighieri, a sua volta un

iniziato, volle proprio lui come giida nell’oltretomba? Come riportano i

suoi più antichi biografi, Virgilio studiò a Napoli alla scuola dell’epicureo

Sirone. Qui aderì al neopitagorismo, corrente filosofica e magica allora assai diffusa nella Magna Grecia.

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alla quale Valentino teneva molto, tanto da sentire il bi-sogno di scrivergli un mes-saggio d’amore puro, che terminava con “dal tuo Va-lentino”. Okay, San Valenti-no è santo perché ha fatto il miracolo, ma gli innamorati? Loro cosa c’entrano con lui? Anche qui’, le leggende sono molteplici, la più importan-te e significativa, narra che Valentino, allora vescovo di Terni, unì in matrimonio una giovane cristiana con un

cipio, (San) Valentino, con-vertitosi al cristianesimo, fu costretto, dall’imperatore Claudio II, a divenire servi-tore di una famiglia romana, in quanto si rifiutò, sotto ri-chiesta dell’imperatore, di non predicare la parola del Vangelo. Al contrario, non cessa di coinvolgere le mas-se. Diviene popolare, main-stream oggi diremmo; ciò crea spavento nell’impera-tore: la parola di quest’uomo doveva essere messa a tacere e così il temerario Vescovo di Terni, quando ormai ave-va compiuto i novantasette anni, venne arrestato flagel-lato e infine decapitato.

Sono tante le leggende che fluttuano su di lui: perché è diventato santo? cosa c’en-tra con gli innamorati? Una leggenda narra che l’uomo compì il miracolo di ridare la vista alla figlia del suo car-ceriere romano, una ragazza

Tra i sentimenti più virtuosi c’è l’amo-re. Sentirsi legati ad un’altra persona

ed esser convinti che al suo fianco non accadrà mai nulla di male, oppure che se acca-drà, ci sarà lei, la tua metà, l’altra parte della mela, che dividerà con te le tue paure, i tuoi dolori, conferendo alla vita un valore doppio e ri-ducendo il peso delle fatiche giornaliere, è probabilmente un’utopia a cui tutti aspirano.

Ebbene, tanta positività è giusto che venga consacra-ta, acclamata, professata, sublimata in un giorno spe-cifico dell’anno: il giorno di San Valentino, un vesco-vo romano, dicono, marti-re, vissuto nel Duecento. Un vescovo che, probabilmente, credeva molto nei sentimen-ti, tanto da essere ucciso per difenderli, tutelarli e legit-timarli. Partendo dal prin-

Ci si regala cioccolatini e rose; a Napoli quest’anno si è tenuto addirittura un Flash Mob. Tutti gli innamorati festeggiano San Valentino, in pochi però sono a conoscenza delle origini di questa festività nata nel quarto secolo in onore di un vescovo di Terni, diventato santo per il suo amore incondizionato per...l’Amore.

L’AMORE A NAPOLI

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la curiosità diRoberto Rossi

la curiosità diRoberto Rossi

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Share the love - alla galleria Umberto I, la partecipazione di centinaia di persone

ha un unico fine: mostrare il proprio affetto a persone e città. (Ph. Romolo Pizi)

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Published by:Cara Partenope. Le lettere d’amore sono cose d’altri tempi. Sono per gli

amori veri, quelli che non temono di mostrare il fianco e rendersi vulne-rabili. Sono il senso di attesa e scoperta rubatoci dalla velocità del vivere quotidiano. Una dichiarazione autentica, in un mondo di pixel capaci di

creare un cuoricino perfetto, perfettamente vuoto. Amarti non è per tutti. Sei com-plicata, incapace di scendere a compromessi. Eppure, resti il primo amore dei tuoi figli. Quelli sempre in prima linea, quando si tratta di dichiararti il proprio amore. Anche, soprattutto, durante la festa degli innamorati.

Cinquanta sono stati gli itinerari, cinquanta le storie raccontate. Cinquanta sono state le guide ed altrettanti i ciceroni illustri posti al servizio del racconto di un amore, il primo, il più intenso, quello per le proprie radici. Viva, vibrante la risposta del pubblico. Il tuo. Quello innamorato, quello a cui basta sapere di appartenerti per sentirsi un po’ meglio, per trovare un po’ di pace, un po’ di quiete in quell’eterno oscillare tra l’odi et amo catulliano.

Roberta è stata una di quelle cinquanta guide. Lei ti dichiara il proprio amore ogni giorno; facendo innamorare di te anche chi non ha il privilegio di poterti guardare con gli occhi del figlio. L’ha fatto anche a San Valentino, affiancando Martin Rua, in uno scenario tra i più particolari e suggestivi. Il Cimitero delle Fontanelle.

L’invito era semplice e diretto: “Innamórati di Napoli con gli Innamoràti di Napoli”, un invito partito da Maurizio De Giovanni, ed accolto senza remore. Un evento che ha visto accendere cinquanta luci, negli angoli più disparati della città. Cin-quanta squarci di luce, di racconti, di attimi. Cinquanta dichiarazioni d’amore.

Partenope è cchiù bell e Vener’

nota di Liliana Squillacciotti

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giovane centurione romano; un sacrilegio inconcepibi-le a quei tempi, che costò al vescovo l’arresto e la conse-guente decapitazione. A ren-dere questo aneddoto ancor più intrinseco al concetto di amore è il fatto che la giova-ne sposa fosse gravemente malata e che l’uomo nono-stante ciò decise di sposarla proprio pochi attimi prima della sua morte. Valentino dunque andò contro tutto e tutti, in nome dell’amore, di

un sentimento che comple-ta, unisce e che non ha nul-la a che fare con qualsivoglia tipo di separazione di genere (allora religioso).

Non si era arrivati neanche al quarto secolo della sto-ria dell’umanità eppure c’e-ra gente come San Valentino che evidentemente era più avanti di moltissime perso-ne del nostro Ventunesimo secolo. Moltissime, ma non tutte fortunatamente, di si-curo non i napoletani, che hanno festeggiato e dichia-rato il loro amore per le stra-de del centro: bellissimo è risultato il Flash Mob di San Valentino 2016 organizzato da “Grande Napoli” e “Poe-sie Metropolitane” alla Gal-

leria Umberto Primo, dove centinaia di persone si sono riunite per mostrare a tutti il proprio amore nei confron-ti del proprio partner, della vita, delle proprie passioni.

L’attimo più toccante lo si è poi raggiunto quando, in presenza del sindaco Luigi De Magistris, la galleria è stata pervasa da una canzo-ne d’amore (Rose Rosse Per Te interpretata da Massimo Ranieri) e per tutta la sua durata le coppie si son ba-ciate amorevolmente. Un’i-niziativa lodevole insomma, semplice, come il sentimen-to che celebrava, ma estre-mamente positiva, perché è importante ricordare ad una città, un paese, all’umanità che amare fa bene.

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Un viaggio nella storia di Napoli attraverso la bellezza di un tesoro unico al mondo dal valore artistico inestimabile. Con l’Associazione Econote, impegnata in maniera attiva nella città, attraverso le dieci meraviglie, simbolo della devozione di un popolo per il suo santo protettore, San Gennaro.

popolo napoletano invoca San Gennaro, morto da dieci seco-li, che avrebbe dovuto offrire garanzie dell’aiuto. I rappre-sentanti del popolo si recano da un notaio e stipulano un contratto: la liberazione da tanti “guai” in cambio della costruzione di una cappella all’interno del Duomo, quel-la del tesoro, che ne custodi-sce le reliquie e il sangue. San Gennaro piens c tu! Così fu.

Un contratto stipulato con il popolo, proprietario legit-timo del tesoro. Si creò una corporazione laica: l’Eccel-lentissima Deputazione for-mata nel 1601 per ammini-strare il tesoro. I membri di questa vennero scelti dagli antichi seggi amministrativi. Furono, poi, gli eletti a sta-bilire i componenti della de-putazione che, ancora oggi, si occupa del tesoro e che conta nomi dall’illustre passato: Fi-langieri, San Felice, Pignatel-

San Gennaro, non un semplice Santo, è una garanzia. In caso di guerra, pandemie e di-

sastri naturali, il napoletano è portato, con naturalezza, a invocare il suo aiuto e non quello delle istituzioni. De-formazione mentale gene-rata da secoli di complessità gestionali o atteggiamento inetto di un popolo? La Storia non mente e proprio il legame con San Gennaro racchiu-de un modo tutto peculiare di rapportarsi alla divinità: il trascendentale diviene mate-riale e il trascendente assume sacralità inviolabile. Sacro e profano si fondono in un rap-porto umano col divino fino a stipulare con esso un con-tratto. Sì, un vero e proprio atto notarile. Risale al 1527 la guerra tra francesi e spa-gnoli, la diffusione della pe-ste e le continue eruzioni del Vesuvio. Così il 13 Gennaio, il

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li, Caracciolo, Carafa. Un ve-scovo di Benevento divenuto Santo per la liquefazione del suo sangue il 19 Settembre, data della sua decapitazione nel 305. Ma San Gennaro è come il suo popolo: esagera nelle esternazioni. Il sabato che precede la prima dome-nica di maggio compie il mi-racolo e una processione ri-corda il cammino nel 1497da Montevergine a Napoli e il ritorno in città delle sue ossa. Anche 16 dicembre fa grida-re al miracolo: in quella data, nel 1631, bastò che la statua del santo guardasse verso il Vesuvio per far fermare la lava. Napoli fu salva. Fu allora eletto primo patrono di Napo-li. Re e regine, papi e nobili, hanno donato, nei secoli, og-getti di inestimabile valore per un legame indissolubile il

Cappella del Tesoro - è stata finanziata con le numerose donazione dei fedeli al santo patrono. (Ph. Paolo Rotondo)

FIGLI DI UNDIO MINORE

di Giorgia Mangiapia

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ro di San Gennaro consente di rivivere la Storia: è il 1761 quando il 12enne re Ferdi-nando IV di Borbone dona il calice d’oro zecchino. An-che Gioacchino Murat si piega alla devozione verso il Santo donando un ostensorio. Del 1831 la pisside d’oro satinato, dono di Ferdinando II, il ca-lice di Francesco II, ultimo re borbonico è in argento dora-to perché doveva finanziare la guerra contro i francesi: è il 7 settembre 186o quando a Palazzo Doria d’Angri si af-faccia Garibaldi annuncian-do che il re è stato sconfitto, Napoli non è più capitale. Nasce il regno d’Italia.

Un calice donato dal papa Pio IX e una pisside in corallo e malachite, dono di Umber-to II di Savoia, il re di Maggio.

cui frutto è un tesoro: le dieici meraviglie custodite nel cave-au del Banco di Napoli in Via Toledo. Prima di giungere tra gemme e ori, statue in argen-to fuso, sbalzato e cesellato ci raccontano di una Napoli che ha un santo per ogni male: cinquantadue santi compa-troni in aiuto a San Gennaro.

Smeraldi, rubini e diamanti in numero improponibile in un solo luogo. Lo smeraldo a simboleggiare l immortalità: Lucifero lo aveva sulla fron-te e lo perde quando cade dal Paradiso così la pietra fini-sce sulla terra, unico segno del legame con Dio. Il rubino rosso, come nel Sacro Graal, è passione e sacrificio. È sangue vermiglio del mira-colo. Il diamante, la forza spirituale della fede. Il teso-

Sempre di un Savoia, Umberto I e della regina Margherita, è la croce episcopale. La collana, frutto di 16 gioielli donati in 2 secoli e mezzo di Storia, ripor-ta doni importanti tra spille, cinture e croci e, in alto, de-gli orecchini di perla, dono di una donna del popolo: ave-va pregato di scampare alla peste e offre l’unico oggetto prezioso che da generazioni si tramanda nella sua fami-glia. In una sala attigua, la mitra: realizzata a Napoli nel borgo degli orefici nel 1713. Le pietre preziose sono 3694: 198 smeraldi, 168 rubini, 3328 diamanti per un peso di 18 kg. Un capolavoro dell’oreficeria di Matteo Treglia a chiudere un viaggio nella storia e nella devozione. San Gennaro non manca di nulla, né di sacro né di profano.

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