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02.2016 trad. PLoS ONE 11(2): e0148857 pag. 1 di 22 Impatto di un Intervento di Pulizia a Base di Probiotici sull’Ecosistema del Microbiota delle Superfici Ospedaliere: Focalizzazione sulla Rimodulazione del Resistoma 1 Elisabetta Caselli* 1,2 , Maria D’Accolti 1,2 , Alberta Vandini 2,5 , Luca Lanzoni 2 , Maria Teresa Camerada 2,5 , Maddalena Coccagna 2 , Alessio Branchini 3 , Paola Antonioli 4 , Pier Giorgio Balboni 2 , Dario Di Luca 1,2 , Sante Mazzacane 2 1 Sezione di of Microbiologia e Genetica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 2 CIAS Centro ricerche interdipartimentale per il controllo dell’inquinamento in ambienti ad elevate sterilità, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 3 Sezione di Biochimica e Biologia Molecolare, Dipartimento di Scienze della vita e Biotecnologia, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 4 Dipartimento di Controllo e Prevenzione Infezioni e Gestione del Rischio, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna, Ferrara, Italia; 5 Architettura e Pianificazione Urbanistica (XXX ciclo), Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara, Ferrara, Italia *corresponding author: [email protected] Abstract Background La contaminazione delle superfici ospedaliere da parte di patogeni clinicamente rilevanti, rappresenta un grave problema nelle strutture sanitarie per via del suo ruolo attivo nella trasmissione di Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e nello sviluppo di resistenza farmacologica dei batteri patogeni correlati ad ICA. I disinfettanti chimici impiegati usualmente, mostrano limiti nel controllare la contaminazione patogena, dovuti alla loro inefficacia nel prevenire la ricontaminazione e alla selezione di ceppi resistenti. Recentemente si è osservato che un approccio innovativo, basato su un detergente addizionato con spore di Bacilli non patogeni, si è rivelato efficace nel contrastare stabilmente la crescita di diversi patogeni contaminanti le superfici ospedaliere. Metodi In questo studio, si è voluto analizzare l’impatto dei detergenti a base di Bacillus sulle caratteristiche di farmaco-resistenza della popolazione patogena nosocomiale. La capacità dei Bacilli di infettare pazienti ospedalizzati è stata altresì parallelamente investigata. Risultati I dati raccolti hanno mostrato che le spore di Bacillus possono germinare sulle superfici inanimate e asciutte, generando la forma vegetativa del batterio la quale contrasta la crescita dei patogeni e si sostituisce efficacemente ad essi sulle superfici trattate. Sorprendentemente questa procedura non seleziona specie resistenti ma, al contrario, induce un evidente calo di presenza dei geni di resistenza agli antibiotici nella popolazione microbica contaminante. Da sottolineare, inoltre, il fatto che tutti e sei i pazienti ICA-positivi ospitati nelle aree trattate, sono risultati negativi per i Bacilli probiotici, ad ulteriore supporto della loro sicurezza di impiego. Conclusioni Questi risultati indicano che questa procedura di sanificazione a base di probiotici è attivamente capace non solo di controllare la contaminazione microbica superficiale, ma anche di ridurre le specie farmaco-resistenti, suggerendone potenziali implicazioni nella gestione terapeutica delle ICA. 1 Traduzione dell’articolo: Caselli E, D’Accolti M, Vandini A, Lanzoni L, Camerada MT, Coccagna M, et al. (2016) Impact of a Probiotic-Based Cleaning Intervention on the Microbiota Ecosystem of the Hospital Surfaces: Focus on the Resistome Remodulation. PLoS ONE 11(2): e0148857. doi:10.1371/journal.pone.0148857

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trad. PLoS ONE 11(2): e0148857 pag. 1 di 22

Impatto di un Intervento di Pulizia a Base di Probiotici sull’Ecosistema del Microbiota delle Superfici Ospedaliere: Focalizzazione sulla Rimodulazione del Resistoma1 Elisabetta Caselli*1,2, Maria D’Accolti1,2, Alberta Vandini2,5, Luca Lanzoni2, Maria Teresa Camerada2,5, Maddalena Coccagna2, Alessio Branchini3, Paola Antonioli4, Pier Giorgio Balboni2, Dario Di Luca1,2, Sante Mazzacane2

1 Sezione di of Microbiologia e Genetica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 2 CIAS Centro ricerche interdipartimentale per il controllo dell’inquinamento in ambienti ad elevate sterilità, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 3 Sezione di Biochimica e Biologia Molecolare, Dipartimento di Scienze della vita e Biotecnologia, Università di Ferrara, Ferrara, Italia; 4 Dipartimento di Controllo e Prevenzione Infezioni e Gestione del Rischio, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna, Ferrara, Italia; 5 Architettura e Pianificazione Urbanistica (XXX ciclo), Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara, Ferrara, Italia *corresponding author: [email protected]

Abstract

Background La contaminazione delle superfici ospedaliere da parte di patogeni clinicamente rilevanti, rappresenta un grave problema nelle strutture sanitarie per via del suo ruolo attivo nella trasmissione di Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e nello sviluppo di resistenza farmacologica dei batteri patogeni correlati ad ICA. I disinfettanti chimici impiegati usualmente, mostrano limiti nel controllare la contaminazione patogena, dovuti alla loro inefficacia nel prevenire la ricontaminazione e alla selezione di ceppi resistenti. Recentemente si è osservato che un approccio innovativo, basato su un detergente addizionato con spore di Bacilli non patogeni, si è rivelato efficace nel contrastare stabilmente la crescita di diversi patogeni contaminanti le superfici ospedaliere.

Metodi In questo studio, si è voluto analizzare l’impatto dei detergenti a base di Bacillus sulle caratteristiche di farmaco-resistenza della popolazione patogena nosocomiale. La capacità dei Bacilli di infettare pazienti ospedalizzati è stata altresì parallelamente investigata.

Risultati I dati raccolti hanno mostrato che le spore di Bacillus possono germinare sulle superfici inanimate e asciutte, generando la forma vegetativa del batterio la quale contrasta la crescita dei patogeni e si sostituisce efficacemente ad essi sulle superfici trattate. Sorprendentemente questa procedura non seleziona specie resistenti ma, al contrario, induce un evidente calo di presenza dei geni di resistenza agli antibiotici nella popolazione microbica contaminante. Da sottolineare, inoltre, il fatto che tutti e sei i pazienti ICA-positivi ospitati nelle aree trattate, sono risultati negativi per i Bacilli probiotici, ad ulteriore supporto della loro sicurezza di impiego.

Conclusioni Questi risultati indicano che questa procedura di sanificazione a base di probiotici è attivamente capace non solo di controllare la contaminazione microbica superficiale, ma anche di ridurre le specie farmaco-resistenti, suggerendone potenziali implicazioni nella gestione terapeutica delle ICA.

1 Traduzione dell’articolo: Caselli E, D’Accolti M, Vandini A, Lanzoni L, Camerada MT, Coccagna M, et al. (2016) Impact of a Probiotic-Based Cleaning Intervention on the Microbiota Ecosystem of the Hospital Surfaces: Focus on the Resistome Remodulation. PLoS ONE 11(2): e0148857. doi:10.1371/journal.pone.0148857

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Introduzione Le superfici ambientali contaminate rappresentano un serbatoio per parecchi patogeni associati all’assistenza sanitaria che possono, di conseguenza, costituire un’importante fonte potenziale di trasmissione di Infezioni Correlate all’ Assistenza (ICA), una delle più frequenti complicazioni che si manifestano a livello mondiale nelle strutture sanitarie, colpendo il 5-15% di tutti i pazienti ospedalizzati dei paesi ad alto reddito [1–3]. Molteplici studi hanno dimostrato che più del 50% delle superfici delle stanze d’ospedale vengono pulite e disinfettate in modo inadeguato, quando si utilizzano germicidi chimici [4–5], e che tali superfici, in stanze ospitanti pazienti colonizzati od infetti da patogeni correlati all’assistenza sanitaria clinicamente rilevanti, sono frequentemente contaminate. La presenza e la sopravvivenza di patogeni nosocomiali sulle superfici, è stata recentemente oggetto di indagine [6–7], mostrando che importanti patogeni ospedalieri, inclusi Staphylococcus aureus Meticillino-Resistente (MRSA), Enterococchi Vancomicino-Resistenti (VRE), Pseudomonas spp., Acinetobacter spp. e persino virus (Es. Norovirus) mantengono la loro capacità infettiva sulle superfici inanimate ed asciutte, per un periodo che va da giorni a settimane e le spore di Clostridium difficile possono sopravvivere sulle superfici ambientali per mesi. La proporzione delle superfici ospedaliere contaminate dai differenti patogeni varia a seconda delle pubblicazioni. La presenza di ceppi di MRSA è stata segnalata nell’1-27% delle superfici nelle stanze dei pazienti, ma raggiunge il 64% in reparti di trattamento ustionati con pazienti MRSA-positivi [8]. Più del 70% dei siti ambientali, in stanze di pazienti VRE-colonizzati, è stata trovata positiva [8–9]. La positività al C. difficile è stata dimostrata in percentuali fino al 75% in stanze ospitanti pazienti con infezioni date dal C. difficile stesso (CDI) [10]. La contaminazione ambientale da Acinetobacter spp. in condizioni epidemiche è stata osservata nel 3-50% dei siti analizzati [10]. Inoltre, studi recenti hanno riportato che i livelli di contaminazione delle superfici osservati sono molto simili, nonostante il fatto che le stesse siano collocate ad alta, bassa o media altezza [11–12], e che la superficie dell’area campionata può influenzare il risultato finale, come mostrato per quanto riguarda la quantificazione di C. difficile [13]. A causa della persistente contaminazione delle superfici ospedaliere e del loro ruolo nella possibile trasmissione di patogeni, molti tentativi hanno avuto come scopo il controllo della contaminazione superficiale e sono stati proposti e studiati diversi metodi per migliorare la pulizia e la disinfezione delle superfici nelle stanze [14–19], incluso l’impiego di superfici auto-disinfettanti, sviluppate per ridurre il biocarico sulle superfici ambientali, includenti, nella composizione e realizzazione, metalli pesanti (argento, rame), materiali impregnati di germicidi, alterata topografia e strati superficiali antimicrobici foto-attivati [20]. Generalmente, la maggior parte delle tecniche proposte si è basata sull’uso di composti chimici, i quali provocano un impatto ambientale non trascurabile [21]. Inoltre, questi metodi si sono dimostrati efficaci nell’abbattimento immediato della maggioranza dei patogeni, ma non nel prevenire i fenomeni di ricontaminazione, che sono, in definitiva, responsabili della persistenza dei microrganismi contaminanti le superfici ospedaliere, della consociata trasmissione di patogeni e dell’insorgenza di ICA. L’eliminazione della contaminazione delle superfici come fonte di trasmissione di patogeni nosocomiali da paziente a paziente è, comunque, un’impresa difficile e ciò dovuto ai frequenti processi di ricontaminazione associati alla presenza di pazienti colonizzati e/o ai visitatori e personale sanitario infetti. In più, un grave problema nella gestione delle ICA è rappresentato dalla resistenza agli antimicrobici che caratterizza spesso i patogeni ad esse correlati. Questo aspetto è stato approfonditamente studiato, poiché il fenomeno della multiresistenza si è espanso costantemente e rapidamente, nelle ultime decadi. La resistenza agli antimicrobici minaccia l’efficace prevenzione e trattamento di una sempre più grande quantità di infezioni causate da diversi microrganismi. In particolare, una grande percentuale di ICA è causata da batteri altamente resistenti, come gli MRSA o i batteri Gram negativi multiresistenti [22–23]. Quindi, data la recente e rapida evoluzione di patogeni multiresistenti nelle strutture sanitarie,

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esiste una necessità urgente di efficaci e sostenibili alternative ai prodotti di pulizia e disinfezione chimici attualmente usati. Recentemente, abbiamo analizzato l’efficacia di un nuovo approccio, basato sull’uso di microrganismi non patogeni del genere Bacillus addizionato a detergenti ecologici in un sistema denominato Probiotic Cleaning Hygiene System (PCHS). Tale metodo si è rivelato capace di contrastare la ricontaminazione superficiale da parte di diversi patogeni, riducendo stabilmente dell’80-90% la loro presenza, in confronto alla carica microbica rilevata sulle superfici trattate con detergenti/disinfettanti tradizionali [24]. Tuttavia, la sua influenza sulle caratteristiche e sulla resistenza della popolazione microbica persistente sulle superfici trattate, non è stata ancora chiarita. A questo scopo, il presente lavoro è stato indirizzato a studiare l’impatto del metodo PCHS sull’ecosistema del microbiota contaminante le superfici ospedaliere, focalizzandosi particolarmente sulle caratteristiche di resistenza agli antibiotici presenti nella popolazione contaminante. Inoltre, abbiamo anche investigato il grado di sicurezza dell’impiego delle specie di Bacillus presenti nel metodo PCHS, monitorandone sia la potenziale acquisizione, nel tempo, di resistenze genetiche, che la loro presenza in pazienti affetti da ICA. I risultati hanno mostrato che le spore di Bacillus hanno la capacità di germinare sulle superfici inanimate, e confermato che i Bacilli impiegati nel metodo PCHS inducono un deciso abbattimento dei patogeni nosocomiali sulle superfici ospedaliere. Da notare il fatto che essi non inducono comparsa di resistenze nella popolazione microbica rimanente, ma piuttosto causano un assai rimarchevole calo dei geni di resistenza agli antibiotici originariamente presenti nel microbiota delle superfici trattate. Inoltre, i Bacillus-PCHS non hanno acquisito, nel tempo, geni di resistenza, suggerendo come essi non siano inclini a scambi genici con altri batteri, e non sono stati ritrovati nei sei pazienti affetti da ICA analizzati, fornendo ulteriori prove del fatto che essi siano assai raramente associati a quadri di infezione sistemica patologica in pazienti ospedalizzati.

Materiali e Metodi

Dichiarazione Etica La sperimentazione è stata eseguita nell’ospedale privato Quisisana (Ferrara, Italia), dopo aver ottenuto l’approvazione del Comitato Etico Locale (Comitato Etico Unico di Ferrara e Provincia).

Progettazione della sperimentazione ospedaliera La pulizia è stata eseguita con il Probiotic Cleaning Hygiene System (PCHS; Copma srl, Italia), usando detergenti contenenti 107 spore per ml di tre specie di Bacillus: B. subtilis, B. pumilus, B. megaterium, (Chrisal, Lommel, Belgio), come precedentemente descritto [24]. Sono stati eseguiti due campionamenti ambientali prima del trattamento con PCHS (T=0), con una settimana di intervallo. Quindi, il campionamento ambientale è stato eseguito mensilmente per i successivi 6 mesi. Ogni campionamento è stato eseguito 7 ore dopo la pulizia, una tempistica scelta in base a precedenti studi di contaminazione [24] e compatibile con le procedure di pulizia giornaliere. La struttura ospedaliera consiste di due piani, ciascuno fornito di un unità operativa di lungodegenza, un’unità geriatrica ed un’unità di degenza per acuti. All’interno dell’ospedale sono state analizzate identiche infrastrutture ad ogni tempo di campionamento. In dettaglio: sono state monitorate quattro stanze scelte in modo casuale, per ogni momento di campionamento, localizzate in due differenti piani dell’ospedale, con campioni raccolti da tre differenti tipologie di superfici, ovvero: il pavimento, la pediera del letto ed il lavabo dei servizi igienici.

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Campionamento ambientale La raccolta dei campioni ambientali è stata eseguita simultaneamente con due metodi differenti, per consentire successive analisi microbiologiche o molecolari. Per i test microbiologici, il campionamento è stato eseguito in triplo mediante piastre RODACTM (Replicate Organism Detection and Counting -RODAC™-BD Diagnostic Systems, USA), impiegate per il monitoraggio di superfici equivalenti a 24 cm2. Per le analisi molecolari, il campionamento è stato eseguito utilizzando tamponi di rayon sterili (Copan, Brescia, Italia). In breve, i tamponi sono stati precedentemente umidificati con terreno sterile liquido LB (Thermo FisherScientific, MA, USA) ed usati per raccogliere campioni superficiali corrispondenti a 100 cm2 ognuno, delimitando l’area di campionamento mediante maschere monouso di plastica sterile di 10x10 cm (Copan, Brescia, Italia). I tamponi sono quindi stati posti in 5 ml di terreno LB sterile, immediatamente refrigerati e processati entro un’ora. Le cellule microbiche sono state distaccate dal tampone mediante vortex ed il pellet è stato ottenuto per centrifugazione a 12000xg per 5 minuti. I pellets microbici sono stati congelati in azoto liquido e mantenuti alla temperatura di -20°C fino al momento dell’uso.

Condizioni di crescita e test microbiologici Sono stati monitorati i seguenti microrganismi associati ad ICA: Staphylococcus spp. e Staphylococcus aureus, Enterobacteriaceae, Acinetobacter, Pseudomonas spp., Clostridium difficile, Candida spp. ed Aspergillus spp. Sono stati raccolti, in doppio, un totale di 360 campioni microbiologici (720 in tutto). Sono stati impiegati i seguenti terreni di coltura: per la conta batterica totale è stato utilizzato il terreno di crescita generale Tryptic Soy Agar (TSA) con Lecitina, Tween ed Istidina (Merck Millipore, Darmstadt, Germania); il Baird Parker Agar (Merck Millipore, Darmstadt, Germania), terreno moderatamente selettivo per gli Stafilococchi coagulasi-positivi; il MacConkey Agar (Merck Millipore, Darmstadt, Germania), selettivo per le Enterobacteriaceae; il ChromaticTMAgar (Liofilchem1—Italia) per il rilevamento di Acinetobacter spp.; il Cetrimide Agar (Cetrimide agar base, BD Diagnostic Systems), selettivo per Pseudomonas spp.; il Clostridium difficile Agar (Ref. 31044 Clostridium selective agar Lickson—Italy), selettivo per Clostridium difficile; Sabouraud Dextrose Contact Agar (SDA) con cloramfenicolo (Merck Millipore, Darmstadt, Germany), selettivo for i Miceti e per Candida albicans. L’incubazione è stata eseguita in condizioni di aerobiosi a 37°C (per 48–72 ore ) per il Baird Parker, MacConkey, Cetrimide e ChromaticTM Agar ed in condizioni di anaerobiosi per il Clostridium difficile Agar utilizzando giare anaerobiche (GasPak™, Thermo Fisher Scientific Inc.) con AnaerobicGenTM System (Thermo Fisher Scientific Inc.) a 37°C per 72 ore. Le Unità Formanti Colonie (Colony Forming Units - CFU) sono state contate manualmente su tutte le piastre, dopo il loro rispettivo periodo di incubazione. L’identificazione degli isolati è stata operata tramite Staph System (Liofilchem—Italia) per Staphylococcus aureus, mediante Entero Pluri Test (Liofilchem—Italia) per Escherichia coli, con Oxi/Ferm Pluri Test (Liofilchem—Italia) per Pseudomonas aeruginosa e per mezzo di API 20 C Aux (bioMérieux, Inc) per Candida albicans. Dopo incubazione in condizioni di anaerobiosi, la rilevazione ed identificazione di Clostridium difficile è stata eseguita attraverso il Latex Agglutination test (Liofilchem—Italia). Gli isolati di Bacillus sono stati ottenuti da piastre di TSA. Almeno 20 isolati per ciascun tempo di campionamento sono stati inoculati in 5 ml di terreno LB ed incubati per 24h a 37°C per successive analisi.

Antibiogrammi La resistenza agli antibiotici dei Bacillus isolati è stata valutata mediante il test di Kirby-Bauer di suscettibilità agli antimicrobici per diffusione su piastra [25], seguendo il criterio delineato dal Clinical and Laboratory Standard Institute (CLSI)[26]. Sono stati testati quarantadue differenti

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antibiotici. Le zone di inibizione (espresse in mm) sono state misurate e l’interpretazione dei risultati si è basata sui valori di riferimento CLSI.

Estrazione del DNA Il DNA genomico microbico è stato estratto dai campioni ambientali e da ceppi isolati di Bacillus mediante il QIAmp UCP Pathogen Mini Kit (Qiagen, Hilden, Germania), ottimizzando il protocollo per la lisi ottimale dei bacilli Gram positivi e delle spore, come precedentemente descritto [24]. Nei campioni clinici, invece, il DNA totale è stato estratto tramite l’Invisorb Spin Blood Mini Kit (Invitek,TRATEC Molecular, Milano, Italia). Il protocollo di estrazione è stato modificato e testato preliminarmente per un’ottimale lisi simultanea delle cellule sia umane che batteriche. Brevemente, i campioni sono stati sospesi in tampone di lisi addizionato di 1 mg/ml di lisozima (Thermo Fisher Scientific), quindi incubati a 56°C per 3 minuti in agitatore termico. I successivi passaggi sono stati eseguiti come indicato dal produttore. La qualità e la concentrazione del DNA estratto è stata determinata mediante lettura a λ260/280 nm, utilizzando uno spettrofotometro nanodrop (Thermo Scientific).

PCR e real time PCR Per valutare la presenza di ceppi di Bacillus-PCHS nei campioni clinici e per identificare i ceppi di Bacillus isolati dall’ambiente, sono state impiegate due differenti reazioni di PCR qualitativa, specifiche per il genere Bacillus: BK-1 PCR [27] e Bsub PCR[28]. La reazione di amplificazione è stata eseguita usando 200 ng di DNA eucariotico totale o 10 ng di DNA batterico, come campione. Prima dell’uso, la specificità e l’efficienza di amplificazione di entrambe le reazioni di PCR sono state verificate su ceppi di Bacillus derivati da PCHS e su DNA da batteri appartenenti ad altri generi (S. aureus, S. pyogenes, E. coli, P. aeruginosa, Clostridium difficile), per garantire l’assenza di amplificazione aspecifica. I prodotti di amplificazione generati dalle PCR sono stati digeriti con gli enzimi di restrizione AluI e TaqI (New England Biolabs, MA, USA) e successivamente controllati mediante corsa elettroforetica su gel di agarosio [27], oppure direttamente sequenziati, come precedentemente riportato [28]. La qualità del DNA genomico umano estratto dai campioni clinici è stata verificata tramite β-actin PCR, eseguita su 10 ng di DNA totale, come precedentemente descritto [29]. Il DNA microbico derivato dalle superfici ospedaliere è stato analizzato tramite tre differenti real time PCR quantitative (qPCRs). Per il rilevamento e la quantificazione del microbiota batterico totale è stata impiegata una reazione di qPCR panbatterica (panB-qPCR), che amplifica una regione conservata di rRNA 16S, come precedentemente descritto [30]. La curva standard è stata ottenuta mediante diluizioni seriali di DNA genomico di E.coli, mentre i controlli positivi e negativi includevano, rispettivamente, DNA da B.subtilis, S. aureus, e C. albicans e DNA estratto dalla linea cellulare umana Jurkat T CD4+. Per il rilevamento specifico e la quantificazione dei batteri appartenenti al genere Bacillus, è stata impiegata una specifica qPCR che amplifica la sequenza di DNA codificante per il gene della sporulazione spo0A (spo0A qPCR)[31]. La curva standard è stata ottenuta per diluizione seriale del ceppo ATCC-6633 di B. subtilis. I controlli positivi consistevano in DNA provenienti da Bacillus-PCHS, mentre il controllo negativo includeva DNA estratto da C. difficile, E. coli, S. aureus, C. albicans e dalla linea cellulare umana Jurkat T CD4+. Per il rilevamento e la quantificazione dei miceti appartenenti ai generi Candida, Aspergillus o Fusarium sono stati impiegati specifici kit di qPCR (BIRD, Monteriggioni-Siena, Italia), seguendo le istruzioni del produttore.

Sequenza nucleotidica e confronto con il database Le sequenze nucleotidiche di Bacillus spp. sono state ottenute tramite sequenziamento del DNA (BMR Genomics, Padova, Italia) proveniente da prodotti di PCR purificati corrispondenti al gene per

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l’rRNA 16S. Le sequenze nucleotidiche di Bacillus sono state confrontate al database usando il software BLASTN (https://blast.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi?PAGE_TYPE=BlastSearch).

Analisi molecolari dei geni di farmaco-resistenza La presenza e la quantità di geni codificanti per resistenze agli antimicrobici è stata verificata tramite Microbial DNA qPCR Array for Antibiotic Resistance Genes (Qiagen), come precedentemente riportato [24]. Le analisi sono state eseguite su tutti i campioni ambientali raccolti (popolazione totale), sui ceppi di Bacillus originariamente presenti nei prodotti detergenti (Bacillus-PCHS) e sugli isolati di Bacillus raccolti dalle superfici ospedaliere. Anche il ceppo di Bacillus ATCC-6633 è stato testato, come controllo. Per quanto riguarda gli isolati di Bacillus, sono stati analizzati, successivamente all’identificazione delle specie di Bacillus mediante PCR e sequenziamento del DNA, almeno 4 isolati per tempo di campionamento ambientale. In breve,1 μg di DNA microbico è stato analizzato seguendo le istruzioni del produttore del microarray ed utilizzando uno strumento Applied Biosystem 7500. I reagenti Microbial DNA-free water (Qiagen) e Microbial DNA Positive Control (Qiagen) sono stati rispettivamente usati come controllo negativo e positivo. Test preliminari hanno mostrato che 2x103 copie di tutti i geni R corrispondono ad un valore ≤ 30Ct e che la sensibilità del saggio è di circa 10 copie per ciascun gene bersaglio.

Saggio di germinazione delle spore L’abilità delle spore di Bacillus, contenute nel detergente PCHS, di germinare su superfici asciutte ed inanimate, è stata verificata tramite un saggio di germinazione in vitro. In breve, il detergente PCHS, contenente 107 spore/ml di Bacillus, è stato diluito 1:100 in acqua sterile e seminato su di una superficie sterile di 100 cm2 in ambiente controllato. Dopo 3, 24 e 72 ore dalla semina, le cellule batteriche sono state raccolte con tamponi umidificati, sospese in 1 ml di LB e piastrate su piastre di LB-agar con e senza precedente shock termico di 15 minuti a 80°C. La crescita batterica è stata valutata dopo 24 ore si incubazione a 37°C, tramite conta diretta delle CFU.

Statistiche I risultati ottenuti sono stati confrontati mediante il test t Student (GraphPad Prism 6.0 software, San Diego, CA, USA). La significatività è stata posta per valori di p<0.05.

Risultati

Caratterizzazione genetica e biologica dei ceppi di Bacillus-PCHS Prima dell’impiego dei detergenti a base di Bacillus-PCHS nel presente studio, le sequenze delle specie di Bacillus-PCHS sono state caratterizzate in modo da poterle riconoscere a livello di sub-specie e poterle, quindi, facilmente discriminare dalle altre, simili, specie o sottospecie di Bacillus ambientali potenzialmente riscontrabili sulle superfici campionate. Entrambi i metodi usati (amplificazione tramite BK1-PCR, seguita da digestione dell’amplificato con gli enzimi di restrizione AluI/TaqI, e sequenziamento diretto del prodotto di amplificazione del prodotto della Bsub-PCR) si sono mostrati in grado di identificare le specie B. subtilis, B. pumilus and B.megaterium, e definire la precisa sequenza dei ceppi contenuti nel detergente PCHS, fornendo uno strumento per distinguerli chiaramente da altri ceppi di Bacillus (dati non mostrati). La resistenza farmacologica dei ceppi di Bacillus contenuti nel detergente PCHS è stata caratterizzata sia tramite microarray che per mezzo di antibiogrammi tradizionali, mostrando la presenza di pochi geni R (gruppo OXA, msrA) conferenti resistenza alla penicillina e ai macrolidi, e confermando i risultati precedentemente ottenuti [24] (Fig 1).

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Fig 1. Analisi, mediante microarray, dei geni R in detergenti PCHS. I detergenti impiegati in questo studio sono stati analizzati mediante microarray per la presenza di geni di farmaco-resistenza costitutivi. I risultati, espressi in numero di Ct ottenuti usando 1 μg di DNA come campione, sono stati normalizzati per la quantità del DNA batterico e comparati a quelli ottenuti nel controllo negativo (NTC). I risultati in forma grafica sono espressi come numero di geni rispetto al controllo negativo. I ceppi di Bacillus-PCHS sono stati caratterizzati anche a livello biologico, valutando la capacità delle loro spore di germinare e colonizzare le superfici rigide e di competere con altre specie microbiche contaminanti la stessa area. A questo scopo, il detergente PCHS (contenente 107 spore di Bacillus/ml) è stato diluito 1:100, come da indicazioni del produttore per l’uso sulle superfici, e seminato su una superficie sterile di 100 cm2 in ambiente controllato. La crescita batterica è stata valutata a 3, 24 e 72 ore dopo la semina mediante semina su piastra dei campioni raccolti tramite tampone, con o senza precedente shock termico di 15 minuti a 80°C. Dopo 24 ore di incubazione 37°C, la conta diretta delle CFU ha evidenziato che le spore di Bacillus erano germinate, come rivelato dal calo del numero di spore termo-resistenti, che diminuiva dall’86% (3 ore dopo la sedimentazione) al 22% (72 ore dopo la sedimentazione) (Fig 2). Questi primi risultati hanno quindi indicato che le spore derivate dal Bacillus-PCHS hanno la capacità di germinare sulle superfici inanimate asciutte, generando cellule batteriche in forma vegetativa.

Impatto della pulizia microbica sulla composizione del microbiota delle superfici ospedaliere L’impatto dei detergenti a base di Bacillus sulle superfici ospedaliere è stato analizzato mediante metodi di microbiologia tradizionale e saggi molecolari. La composizione del microbiota è stata analizzata prima (T0) e dopo l’introduzione della procedura di pulizia PCHS (T1, T2, T3, T4, con intervallo mensile). I campioni ambientali sono stati raccolti 7 ore dopo l’applicazione del detergente, per permettere lo sviluppo di fenomeni di ricontaminazione e dunque valutare la stabilità dell’effetto rimodulatorio indotto dal PCHS sul microbiota. Sono stati considerati i seguenti patogeni nosocomiali: Staphylococcus spp. e S. aureus, la famiglia delle Enterobacteriaceae inclusi i Coliformi, Acinetobacter, Pseudomonas spp., Clostridium spp., Candida spp. e Aspergillus spp. I risultati delle analisi microbiologiche sono elencati nella Fig 3A, ed hanno mostrato un forte calo del numero di CFU/m2 per tutti i patogeni testati, con l’eccezione del gruppo delle Enterobacteriaceae, già scarsamente rappresentato al T0 e perciò risultato non significativamente modulato nei seguenti tempi. Il calo era già evidente al T1 (1 mese dopo l’inizio dell’applicazione del PCHS), in modo più evidente per Staphylococcus spp, e si è mantenuto nel tempo sino a 4 mesi dopo l’applicazione del PCHS, quando lo studio ha avuto termine.

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Fig 2. Le spore di Bacillus germinano sulle superfici asciutte e inanimate. Una diluizione 1:100 del detergente contenente spore di Bacillus è stata seminata su di una superficie non porosa di 100 cm2. Il test di germinazione è stato eseguito su campioni raccolti ai tempi indicati, esaminando lo stato replicativo dei Bacillus. (A) I Bacillus seminati sono stati raccolti dalle superfici 72 ore dopo la semina mediante tamponi sterili e piastrati su piastre di LB agar con (w/HS) o senza (wo/HS) shock termico preventivo a 80°C per 15 min. Le unità formanti colonie di Bacillus (CFU) sono state conteggiate dopo 24 ore di incubazione 37°C. (B) La quantificazione della germinazione delle spore di Bacillus sulla superficie, è stata valutata a 3, 24 e 72 ore dopo la semina. I campioni sono stati piastrati su piastre di LB agar con(w/HS) o senza (wo/HS) precedente shock termico ed incubate 24 ore a 37°C; Le CFU/piastra sono quindi state conteggiate. I risultati sono espressi come valore medio ± DS (Deviazione Standard) dei campioni in doppio, in tre diversi esperimenti. In generale, il numero delle CFU/m2 è calato del 98% rispetto al numero di CFU rilevate al T0 (ossia prima del trattamento con PCHS, quando venivano impiegati detergenti tradizionali e disinfettanti). Queste differenze sono risultate statisticamente significative (p ≤ 0,0001) a tutti i tempi testati, in confronto con il T0, e per tutti i gruppi, con l’eccezione delle Enterobacteriaceae. A causa del ridotto numero di CFU rilevate per la popolazione dei miceti, la loro presenza è stata analizzata mediante PCR quantitativa, utilizzando una qPCR specifica per Candida spp., Aspergillus spp. e Fusarium spp., con lo scopo di quantificare il numero dei loro rispettivi genomi (Fig 3B). Al T0 è stata osservata una forte contaminazione da parte di Candida spp. (6,5x103 genomi/100 m2), mentre le specie di Aspergillus e Fusarium sono risultate molto scarse (40 e 5 genomi/100 m2, rispettivamente). Come mostrato nella Fig 3B, il trattamento con PCHS ha indotto un forte e stabile calo della presenza di Candida (da 6500 genomi/100m2 al T0 a 0.25 genomi/100m2, valore corrispondente a più del 99% al T4) e della presenza di Aspergillus (da 40 genomi/100 m2, al T0 a 2.6 genomi/100m2, valore corrispondente a ~93% al T4), mentre la scarsa presenza di Fusarium è risultata non influenzata dal trattamento con PCHS. Le differenze misurate sono state tutte statisticamente molto significative (p ≤ 0,0001).

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Fig 3. Effetto della pulizia microbica sui contaminanti delle superfici ospedaliere. (A) Il campionamento è stato eseguito in triplo con piastre RODAC™ di 24 cm2, contenenti terreni generali o selettivi per batteri e miceti. I risultati sono espressi come valore di mediana del conteggio delle CFU/m2 ± ES (Errore Standard). La conta di Staphylococcus spp è riferita all’asse Y di sinistra (indicato dalla freccia nera), mentre tutte le altre conte microbiche si riferiscono all’asse Y di destra (indicato dalla freccia rossa). (B) I miceti sono stati rilevati e quantificati anche tramite qPCR specifica. Il campionamento è stato eseguito mediante tampone su una superficie di 100 cm2. I risultati sono espressi come numero medio di copie di genoma/m2 ± DS. Al contrario, come atteso, le analisi molecolari simultanee eseguite tramite panB-qPCR e spo0A-qPCR sul DNA estratto dagli stessi campioni ambientali, hanno rivelato un concomitante aumento nel tempo del numero di cellule batteriche di Bacillus. Infatti, i Bacillus, che rappresentavano solo il 6,7±3.1% al T0, sono risultati aumentati al 68,3±6,3%, 32,7±5,7%, 63,3±6,4% e 66,0±5,5%, rispettivamente dopo 1, 2, 3 e 4 mesi dall’inizio dell’applicazione del PCHS (Fig4). Questi risultati suggeriscono che il Bacillus-PCHS abbia l’abilità di competere con il microbiota presente sulla superficie ospedaliera, rimpiazzando, alla fine, molte delle specie microbiche originariamente presenti sulle superfici, incluse anche specie potenzialmente patogene. Da notare il fatto che l’incremento dei Bacillus-PCHS risulta stabile nel tempo e rilevabile in tutti i campioni, indipendentemente dal tipo di superficie testata. Dal momento che i Bacillus-PCHS hanno mostrato la capacità di colonizzare le superfici ospedaliere, rimpiazzando preesistenti microrganismi, ne abbiamo valutato la potenziale presenza nei pazienti ospedalizzati, ponendo l’attenzione su quelli con sospetta o manifesta ICA nel periodo di studio. Sorprendentemente, durante tutto il periodo di

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studio (4 mesi), solo sei soggetti (su un totale di 159) hanno mostrato segni clinici attribuibili ad ICA. E’ stata quindi analizzata un’aliquota di sangue ed urine, da campioni raccolti per analisi cliniche e microbiologiche, per riscontrare la presenza di ceppi derivati da Bacillus-PCHS.

Fig 4. I Bacilli rimpiazzano i contaminanti superficiali. La raccolta dei campioni è stata eseguita su tre superfici ospedaliere trattate (Pavimento, Pediera del letto e Lavabo del servizio igienico) ai tempi indicati (T0, prima del trattamento; T1, T2, T3 e T4 da 1 sino a 4 mesi dopo l’inizio del trattamento). Il DNA totale è stato estratto dai campioni raccolti ed usato come campione per una qPCR panbatterica (panB) ed una Bacillus-specifica (spo0A). I valori percentuali dei Bacillus rispetto alla popolazione microbica totale sono rappresentati. I risultati sono espressi come media percentuale dei valori in campioni in duplicato ± DS. Il grafico illustra anche i valori totali medi, indipendentemente dai tipi di superficie. I campioni clinici non sono stati raccolti specificatamente per questa analisi e sono stati completamente de-identificati. In breve, dai campioni clinici è stato estratto il DNA totale, che è stato usato come campione per due differenti PCR quantitative, specifiche per il genere Bacillus. Come mostrato nella Fig 5A, nessuno dei campioni clinici è risultato positivo per la presenza di Bacillus, né i campioni di sangue, né quelli di urine. Tuttavia, poiché le PCR primarie impiegate hanno una sensibilità di rilevamento di circa 100 copie per campione, i campioni clinici sono stati anche analizzati mediante spo0A-qPCR, dotata di una maggiore sensibilità, potendo rilevare fino a 10 copie di sequenze bersaglio per campione amplificato. Come per i risultati della PCR primaria, anche i risultati della hanno mostrato la totale assenza di DNA di Bacillus nel sangue e nelle urine derivate dai pazienti con ICA (Fig 5B). Questi risultati, anche se basati su un numero molto basso di casi analizzati, sostengono l’ipotesi della sicurezza d’impiego dei Bacilli, a supporto della nozione secondo la quale essi sono assai raramente causa di ICA, persino in soggetti ospedalizzati debilitati e particolarmente suscettibili, e che sia quindi altamente improbabile che essi siano causa di insorgere o peggioramento di ICA. Ovviamente è necessario condurre studi ulteriori che coinvolgano un maggior numero di pazienti.

Impatto della pulizia microbica sulle farmaco-resistenze del microbiota delle superfici ospedaliere Per caratterizzare il profilo di antibiotico-resistenza dell’intero microbiota contaminante le superfici ospedaliere, il DNA microbico totale estratto dalla popolazione superficiale totale è stato analizzato utilizzando un qPCR microarray capace di rilevare e quantificare simultaneamente 84 differenti geni conferenti farmaco-resistenza (R), rappresentativi di tutte le classi di antibiotici.

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Fig 5. Analisi della presenza dei Bacillus in campioni clinici provenienti da pazienti con ICA. (A) Il DNA totale estratto da campioni di sangue ed urine dei 6 pazienti che avevano sviluppato ICA durante il periodo di studio è stato analizzato mediante due differenti PCR (Bsub-PCR and BK1-PCR), rilevanti specificatamente il DNA di Bacillus spp. Come controllo è’ stata usata una PCR amplificante il gene umano della β-actina. I prodotti di PCR sono stati separati elettroforeticamenete su gel d’agarosio e visualizzati mediante aggiunta di Etidio Bromuro. MW, marker di peso molecolare; Blank, controllo negativo di PCR; E. coli, DNA da batteri E. coli; Jurkat, DNA da cellule T umane Jurkat; B. clausii, DNA da batteri B. clausii usato come controllo della PCRb; 1–10, DNA da campioni clinici di sangue ed urine. (B) Lo stesso DNA, estratto da campioni clinici è stato analizzato mediante spo0A-qPCR specifica per Bacillus, rilevante fino a sole 10 copie di genoma per campione. La curva standard è stata ottenuta mediante diluizione seriale di DNA di B. clausii DNA (simboli blu e rossi).Il numero medio di Ct misurato in tutti i campioni era = 44.2 (indicato dalla linea rossa). Grazie a questo metodo, è stato possibile valutare il resistoma dell’intera popolazione, piuttosto che analizzare solo singole specie, fornendo così importanti informazioni sulle resistenze totali originariamente presenti nel microbiota residente e su ogni potenziale variazione del loro pattern. I risultati mostrano che al T0 (prima dell’uso del metodo di pulizia PCHS), nel microbiota è stato possibile rilevare la presenza di diversi geni R, associati a resistenza ai β-lattamici, macrolidi, chinoloni e meticillina. La Tabella 1 elenca i geni R più rappresentativi al T0, come dedotto dai valori di Ct ottenuti nell’amplificazione mediante qPCR (arbitrariamente stabiliti per Ct ≤ 34, corrispondente a circa 100 copie di gene R per μg di DNA batterico).

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Tabella 1. Geni conferenti resistenza rilevati nel microbiota sulle superfici ospedaliere.

Da notare come il gene mecA, codificante per la resistenza alla meticillna fosse particolarmente abbondante con un valore medio di 27.5 Ct, equivalente a 2x106 copie di gene per μg di DNA batterico, che corrispondono a 2x108 cellule batteriche. Similmente, il gene identificante per le specie di S. aureus, il quale è molto spesso associato a questo tipo di resistenza, ed il gene spa (codificante per un fattore di virulenza dello S. aureus), erano allo stesso modo rappresentati, con valori medi di 23.6 Ct e 24.8 Ct rispettivamente, suggerendo che gli Stafilococchi costituivano un contaminante superficiale rilevante e che almeno una frazione era rappresentata da S. aureus meticillino-resistente (MRSA). Dopo un mese di applicazione del PCHS, tutti i geni R originariamente rilevati al T0 risultavano marcatamente diminuiti, come misurato tramite analisi comparative normalizzate dei due campioni ambientali (Fig 6). In parallelo, sia il gene identificativo dello S. aureus che il gene spa mostravano un forte decremento di circa 3 logaritmi se confrontati al controllo T0. I dati raccolti ai seguenti tempi di campionamento: T2, T3 e T4 hanno confermato i risultati osservati dopo il primo mese (T1), mostrando una riduzione dei singoli geni praticamente in ogni caso, seppur in misure differenti e dipendenti dal gene considerato, in confronto al T0 (Tabella 2). L’unica eccezione è stata osservata per il gene msrA, che risultava aumento leggermente aumentato a tutti i tempi testati, i al T0. Questo risultato era comunque atteso, proprio per la presenza di una resistenza mrsA cromosomica costitutiva tipica delle specie di Bacillus.

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Fig 6. Profilo genico di resistenza agli antimicrobici della popolazione microbica che contamina le superfici ospedaliere, dopo trattamento con PCHS. Il DNA estratto dalla popolazione contaminante totale è stato processato tramite qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza agli antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come Log della variazione tra numero di copie di geni al T1 confrontati con quelli al T0. I risultati sono stati normalizzati per numero di cellule batteriche. Risultati simili sono stati ottenuti in tutti e tre gli altri tempi testati. In parallelo, abbiamo voluto verificare la mancata acquisizione di nuovi geni R nei ceppi di Bacillus-PCHS sedimentati sulle superfici trattate. A questo scopo, 20 isolati di Bacillus per tempo di campionamento, raccolti dalle superfici trattate, sono stati identificati a livello di sequenza (tramite 2 PCR seguite da sequenziamento) e testati mediante R gene microarray, i cui risultati sono stati comparati con quelli ottenuti con il DNA di Bacillus-PCHS estratto dalla formulazione originale del prodotto. I risultati non hanno mostrato acquisizione di geni R in nessuno degli isolati di Bacillus testati (Fig 7), suggerendo che questi batteri non sono inclini a fenomeni di trasferimento genico e confermando dati similari precedentemente ottenuti [24]. I risultati sono stati anche confermati dagli antibiogrammi tradizionali, eseguiti su isolati di Bacillus, e testanti 42 differenti antibiotici, che non mostrano presenza di farmaco-resistenze differenti da quelle osservate nei Bacilli-PCHS originali (dati non mostrati). In conclusione, i nostri risultati indicano che i Bacilli-PCHS hanno diminuito marcatamente la frazione di patogeni farmaco-resistenti nella popolazione contaminante le superfici, senza peraltro acquisire alcun nuovo carattere di resistenza durante tutto il periodo di studio.

Discussione Diversi studi hanno mostrato che le superfici delle strutture sanitarie sono persistentemente contaminate da diversi microrganismi potenzialmente patogeni, e che questa contaminazione può portare ad Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), le quali rappresentano un problema a livello mondiale.

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Tabella 2. Impatto della pulizia a base di Bacillus sui geni di resistenza agli antibiotici R del microbiota che contamina le superfici ospedaliere.

* I risultati sono differentemente espressi a seconda del gene, a seguito della normalizzazione per la quantità del DNA batterico e il paragone tra i valori Ct al T0. I frequenti processi di ricontaminazione, associati alla presenza di pazienti colonizzati e/o di visitatori e personale sanitario infetti, rende assai difficile l’eliminazione della contaminazione. Infatti, benché le procedure convenzionali, basate sull’uso di composti chimici, siano efficaci nell’abbattimento a breve termine della maggior parte dei patogeni, esse non sono in grado di prevenire i fenomeni di ricontaminazione. Inoltre, molti dei patogeni clinicamente rilevanti correlati ad ICA sono multiresistenti, e l’uso di prodotti chimici potrebbe esacerbare tale aspetto, inducendo ulteriori resistenze negli organismi oggetto delle procedure di pulizia/disinfezione. Per questa ragione, data la recente e rapida diffusione di patogeni multiresistenti nelle strutture sanitarie, esiste un bisogno urgente di trovare alternative ai prodotti di pulizia e disinfezione chimici impiegati oggi, che siano efficaci ed economicamente sostenibili. Abbiamo già mostrato come la procedura di pulizia nota come Probiotic Cleaning Hygiene System (PCHS), basata sull’aggiunta di ceppi di Bacillus probiotici alla soluzione detergente, sia efficace nel contrastare la ricontaminazione superficiale da parte di numerosi patogeni [24]. In questo studio abbiamo analizzato, sia dal punto di vista microbiologico che molecolare, l’impatto di questa procedura sul microbiota superficiale ospedaliero, con l’obiettivo cruciale di investigare la possibilità di induzione/selezione di specie antibiotico-resistenti.

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Fig 7. Geni di farmaco-resistenza R da isolati di Bacillus-PCHS confrontati con quelli provenienti da Bacilli-PCHS originari. Il DNA estratto da Bacilli PCHS isolati sul campo è stato processato mediante qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza ad antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come differenza media del numero di copie di geni rilevati in isolati di Bacillus dopo 1, 2, 3, 4 mesi dall’inizio del trattamento, confrontati con quelli ottenuti da Bacillus-PCHS originari contenuti nei detergenti. A questo scopo, il sistema di pulizia basato sul PCHS è stato applicato per 4 mesi in una struttura sanitaria precedentemente mai trattata con questa procedura e le alterazioni del microbiota sono state valutate sia attraverso metodi di microbiologia tradizionale che mediante tecniche molecolari volte ad evidenziare le caratteristiche di resistenza della popolazione microbica contaminante prima, durante e dopo il trattamento PCHS. Prima del suo impiego nel trial ospedaliero, abbiamo mostrato tramite saggio in vitro, che le spore di Bacillus contenute nel detergente PCHS possono germinare sulle superfici inanimate, dando origine a cellule batteriche in forma vegetativa. Tale forma vegetativa rappresenta la quasi totalità della popolazione di Bacillus (circa l’80%) a 72 ore post-semina e può quindi certamente competere con altri batteri per spazio e nutrienti. Queste proprietà conferiscono ai Bacillus-PCHS la capacità di rimpiazzare le altre specie microbiche sul campo, come mostrato dall’incremento della percentuale di Bacillus nel microbiota durante l’applicazione del PCHS. Infatti, nonostante la frequente ricontaminazione riscontrata sul campo, la popolazione di Bacillus ha raggiunto il 70% del microbiota totale dopo 1 mese, ed ha mantenuto una persistenza stabile nei tempi successivi (rappresentando almeno il 60% dei batteri totali), suggerendo che l’introduzione dei Bacillus-PCHS può rimodulare il microbiota superficiale, contrastando i fenomeni di ricontaminazione. Da notare il fatto che l’aumento della quota di Bacillus è stata accompagnata da un significativo calo dei gruppi microbici preesistenti, i quali hanno subito una diminuzione fino al 99% dopo 4 mesi di applicazione del PCHS, comparati con la carica microbica rilevata al T0, ovvero quando venivano impiegati solo prodotti di disinfezione/pulizia di origine chimica. Solo la contaminazione da parte di Enterobacteriaceae spp. non è risultata particolarmente influenzata dal trattamento con PCHS in questa sperimentazione, contrariamente a quanto osservato in report precedenti [24, 32]. Questa differenza potrebbe essere dovuta al basso numero di batteri appartenenti al gruppo delle Enterobacteriaceae, misurati al T0 (136±26 CFU/m2). In assenza di una contaminazione iniziale consistente, il numero delle CFU misurate ai tempi successivi non è risultato significativamente modificato dall’applicazione del PCHS e l’alta variabilità del numero di CFU/m2 osservata al T1 e al T3 è comunque risultata ricondotta a valori costanti e ridotti ai tempi successivi, indicando che i Bacillus-PCHS hanno agito mantenendone il livello ridotto durante l’intero studio. Data l’evidenza di un grande impatto dei Bacillus-PCHS su quantità e tipologia di microrganismi che normalmente contaminano le superfici ospedaliere, abbiamo voluto verificare la possibilità che il trattamento PCHS potesse indurre

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qualche resistenza o selezionare specie resistenti, la qual cosa avrebbe potuto costituire un dannoso effetto collaterale della procedura. A questo scopo abbiamo analizzato il profilo di farmaco-resistenza dell’intera popolazione contaminante (resistoma) mediante un saggio di microarray, capace di rilevare 84 geni R. I risultati hanno mostrato che l’applicazione di detergenti a base di Bacillus non solo non ha indotto o selezionato farmaco-resistenze nel microbiota superficiale, ma anzi ha piuttosto modulato negativamente le resistenze preesistenti, come deducibile dal generale calo dei geni R rilevabili nel microbiota dopo il trattamento con PCHS (1-3 logaritmi in confronto al T0). Inoltre, il microarray ha mostrato una forte diminuzione degli Stafilococchi e dei geni codificanti per la resistenza alla meticillina loro associati, confermando a livello molecolare i dati ottenuti da test microbiologici tradizionali, in questo ed in studi precedenti [24, 32]. In parallelo, nessuna acquisizione di geni R è stata rilevata nei Bacillus PCHS isolati sul campo dopo l’applicazione del detergente e fino alla fine dello studio, suggerendo che il genoma del Bacillus non è incline alla mutagenicità o allo scambio genico, come pure precedentemente osservato in studi precedenti e per periodi di tempo prolungati, ovvero fino a 4 anni (osservazioni personali). Questo fatto, unito alla generale diminuzione dei geni R nella popolazione contaminante, suggerisce altresì che l’acquisizione di caratteristiche indesiderate è da considerarsi un evento assai poco probabile, nonostante lo stretto contatto dei Bacilli con altre specie microbiche, ed avvalora la sicurezza di impiego dei prodotti a base di Bacillus. Fatto ancor più importante: sfruttando tre diversi e sensibili test molecolari, i Bacillus-PCHS sono risultati completamente assenti nel sangue e nelle urine dei sei pazienti (su 159 pazienti ospedalizzati durante il periodo dello studio) che hanno sviluppato ICA durante il periodo di applicazione del PCHS nella struttura sanitaria, rafforzando quindi la nozione che i Bacillus-PCHS sono raramente patogeni, perfino in pazienti debilitati, a supporto del loro possibile impiego. Sebbene questi risultati siano incoraggianti, appare comunque chiara la necessità di studi aggiuntivi, che coinvolgano un numero più ampio di pazienti esposti. Inoltre, i pazienti esposti sono stati seguiti solo durante il loro periodo di ospedalizzazione, mentre studi futuri dovrebbero includere la vigilanza delle infezioni anche nel periodo post-dimissione. Abbiamo anche avuto la possibilità di analizzare solo campioni di urine e sangue, dato che tutti i campioni clinici non erano stati raccolti appositamente per questo studio, mentre analisi di altri tipi di campioni provenienti da pazienti con ICA (pelle, tampone ferita, saliva, lavaggio broncoalveolare, ecc.) aumenterebbero di molto il valore dei nostri dati in termini di sicurezza di impiego. Studi futuri potrebbero similmente trarre beneficio dalle analisi della modulazione del microbiota presente su altre superfici frequentemente toccate dai pazienti, incluse quelle particolarmente loro vicine ed a frequente contatto con le mani/la pelle. Per la prima volta, l’intero resistoma della popolazione microbica contaminante ospedaliera è stato analizzato ed usato come metodo per monitorare l’impatto di una procedura di sanificazione sull’andamento delle farmaco-resistenze. Proponiamo questa metodologia come un possibile utile strumento per monitorare i risultati di qualunque procedura designata per il controllo/abbattimento di specie patogene, per evitare il rischio di induzione/selezione di specie microbiche resistenti. Inoltre, sulla base dei risultati osservati, potremmo speculare che il forte calo dei patogeni nosocomiali, indotto dal trattamento delle superfici con PCHS, potrebbe essere correlato ad una diminuzione del numero di episodi di ICA e, fatto ancor più importante, che la terapia per eventuali ICA ancora in fase di sviluppo potrebbe beneficiare di farmaci non più utilizzabili negli ultimi anni a causa dell’esplosione di specie resistenti. Questi aspetti meritano ulteriori studi, che saranno sviluppati in futuri lavori.

Conclusioni Complessivamente, i nostri risultati mostrano che i ceppi di Bacillus probiotici, noti spesso usati come integratori alimentari o fungicidi, possono anche essere sfruttati nelle procedure di

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sanificazione, dato che contrastano la crescita di patogeni e, fatto assai più importante, diminuiscono la popolazione portatrice di geni di farmaco-resistenza. Quest’ultimo rappresenta un problema a livello globale, ed è associato alla comparsa delle più gravi forme di ICA. Inoltre, i Bacillus-PCHS non hanno acquisito alcun nuovo carattere di farmaco-resistenza durante l’intero studio, e non sono stati rilevati in alcun paziente colpito da ICA durante la sperimentazione, suggerendo che essi potrebbero essere usati in sicurezza per le procedure di sanificazione.

Informazioni di supporto

Fig S1. Geni di farmaco-resistenza R al T0. Il DNA estratto dalla popolazione contaminante al T0 è stato processato tramite qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza agli antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come Log della variazione tra numero di copie di geni al T0 confrontati con quelli misurati usando la reazione a Controllo Negativo (NTC), normalizzata sull’intero DNA batterico.

Fig S2. Resistoma dell’intera popolazione al T2. Il DNA estratto dalla popolazione contaminante al T2 è stato processato tramite qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza agli antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come Log10 della variazione tra numero di copie di geni al T2, dopo 2 mesi dall’inizio del trattamento PCHS, confrontati con quelli al T0 (prima del trattamento). I risultati sono stati normalizzati per numero di cellule batteriche.

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Fig S3. Resistoma dell’intera popolazione al T3. Il DNA estratto dalla popolazione contaminante al T3 è stato processato tramite qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza agli antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come Log10 della variazione tra numero di copie di geni al T3, dopo 3 mesi dall’inizio del trattamento PCHS, confrontati con quelli al T0 (prima del trattamento). I risultati sono stati normalizzati per numero di cellule batteriche.

Fig S4. Resistoma dell’intera popolazione al T4. Il DNA estratto dalla popolazione contaminante al T4 è stato processato tramite qPCR Microarray per rilevare la presenza di 84 geni di resistenza agli antibiotici (geni R). I risultati sono espressi come Log10 della variazione tra numero di copie di geni al T4, dopo 4 mesi dall’inizio del trattamento PCHS, confrontati con quelli al T0 (prima del trattamento). I risultati sono stati normalizzati per numero di cellule batteriche.

Ringraziamenti Questo studio è stato supportato finanziariamente da COPMA scrl (Ferrara, Italia). I sovvenzionatori non hanno avuto nessun ruolo nella progettazione dello studio, raccolta ed analisi dei dati, nessun potere decisionale sulla pubblicazione o nella preparazione del manoscritto. Ringraziamo il

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personale dell’Ospedale Quisisana (Dr. P. Coppola, Dr. E. Cinchini, Dr. M. Martini, M.C. Gnani, H. Z. Valencia Serna, G. Piacentini, M. Fedozzi) per la grandissima disponibilità e per l’assistenza tecnica.

Contributo degli Autori Concezione e progettazione degli esperimenti: EC PGB DDL SM. Esperimenti eseguiti da: EC MD AV LL MTC. Analisi dei dati: EC AV LL MTC MC PA SM. Contributo per reagenti/materiali/strumentazione: EC AV LL MTC. Redazione del manoscritto: EC AB DDL SM.

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