ILLUMINOTECNICA IN TEATRO -...

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ILLUMINOTECNICA IN TEATRO NOTIZIE CHE POSSONO ESSERE UTILI NON SOLO A QUANTI LAVORANO NEL MONDO DELLO SPETTACOLO MA ANCHE A CHI DEVE SOSTITUIRE LA LAMPADINA DEL FRIGORIFERO GRANDEZZE FOTOMETRICHE CENNI SULLA CORRENTE SORGENTI FOTOELETTRICHE (le lampadine...) IL COLORE GELATINE PROIETTORI MOTORIZZATI SEGNALI DI CONTROLLO CONSOLES GLOSSARIO ROBE DA MACCHINISTI ACRONIMI RACCONTI GRANDEZZE FOTOMETRICHE POTENZA (WATT): facile! E' il consumo di un aggeggio che va a corrente! La bolletta dell'ENEL si paga in base ai Watt (o meglio ai kW/ora) consumati. FLUSSO (LUMEN): è la quantità di luce emessa da una lampada. Comunemente viene usato il Watt, ma questa è in realtà la misura del consumo di quella lampada, non della luce emessa, cosa, questa che dovrebbe interessarci maggiormente; se il Watt è comodo per comparare due lampade fra loro (una da 100 W è come usarne 4 da 25)(...ma non è mica così vero!), non ci risulta più tanto comodo quando abbiamo due lampade di tipo diverso (una ad incandescenza ed una a fluorescenza (...si, i neon!); infatti un neon (!) da 26 W fa molta più luce di una lampada ad incandescenza da 50. Dal rapporto tra Watt e Lumen salta fuori l'EFFICIENZA (LUMEN/WATT) di una sorgente, che mi dice quanti lumen sono emessi con un Watt di consumo. E' proprio a causa della diversa efficienza tra le varie sorgenti luminose che non si può paragonare tra loro usando i Watt di consumo. Se, per esempio una lampada ad incandescenza da 100 W emette circa 1500 lm (lumen), avendo quindi un'efficienza di 15 lm/W (1500/100), una lampada a vapori di sodio (quelle gialle dei parcheggi) della stessa potenza, ne emette quasi 20.000! (efficienza di circa 200 lm/W). A prima vista, quindi, sembrerebbe che le due lampade in questione, avendo lo stesso consumo, dovrebbero fare la stessa luce. Non è così.

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ILLUMINOTECNICA IN TEATRO

NOTIZIE CHE POSSONO ESSERE UTILI NON SOLO A QUANTI LAVORANO NEL

MONDO DELLO SPETTACOLO MA ANCHE A CHI DEVE SOSTITUIRE LA LAMPADINA

DEL FRIGORIFERO

GRANDEZZE FOTOMETRICHE

CENNI SULLA CORRENTE

SORGENTI FOTOELETTRICHE (le lampadine...)

IL COLORE

GELATINE

PROIETTORI

MOTORIZZATI

SEGNALI DI CONTROLLO

CONSOLES

GLOSSARIO

ROBE DA MACCHINISTI

ACRONIMI

RACCONTI

GRANDEZZE FOTOMETRICHE

POTENZA (WATT): facile! E' il consumo di un aggeggio che va a

corrente! La bolletta dell'ENEL si paga in base ai Watt (o meglio

ai kW/ora) consumati.

FLUSSO (LUMEN): è la quantità di luce emessa da una lampada.

Comunemente viene usato il Watt, ma questa è in realtà la misura

del consumo di quella lampada, non della luce emessa, cosa, questa

che dovrebbe interessarci maggiormente; se il Watt è comodo per

comparare due lampade fra loro (una da 100 W è come usarne 4 da

25)(...ma non è mica così vero!), non ci risulta più tanto comodo

quando abbiamo due lampade di tipo diverso (una ad incandescenza

ed una a fluorescenza (...si, i neon!); infatti un neon (!) da 26

W fa molta più luce di una lampada ad incandescenza da 50.

Dal rapporto tra Watt e Lumen salta fuori l'EFFICIENZA

(LUMEN/WATT) di una sorgente, che mi dice quanti lumen sono emessi

con un Watt di consumo. E' proprio a causa della diversa

efficienza tra le varie sorgenti luminose che non si può

paragonare tra loro usando i Watt di consumo. Se, per esempio una

lampada ad incandescenza da 100 W emette circa 1500 lm (lumen),

avendo quindi un'efficienza di 15 lm/W (1500/100), una lampada a

vapori di sodio (quelle gialle dei parcheggi) della stessa

potenza, ne emette quasi 20.000! (efficienza di circa 200 lm/W). A

prima vista, quindi, sembrerebbe che le due lampade in questione,

avendo lo stesso consumo, dovrebbero fare la stessa luce. Non è

così.

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DURATA (ORE) di una sorgente: provate a dire come si misura...

ILLUMINAMENTO (LUX): i lumen per metro quadrato. Il flusso di un

lumen distribuito uniformemente su una superficie di un metro

quadrato origina un lux. La misura che più interessa un lucista;

non mi importa sapere quanti lumen emetta una lampada ma quanti ne

cadano sulla superficie in cui sto lavorando, sia essa un tavolo

da disegno, il pavimento di una stanza o la faccia di un attore.

In una giornata soleggiata, misuro anche 100.000 lux, se il cielo

è nuvoloso ne misuro 10.000, in un ufficio dovrebbero esserci

circa 500-2.000 lux , in un appartamento dai 200 ai 1.000 a

seconda della stanza. Lo strumento per misurare il livello di

illuminamento è il luxmetro, formato da un sensore ottico e da uno

strumento indicatore.

Lo sapevate che sono stati condotti degli esperimenti, in base ai

quali la produttività in un luogo di lavoro aumentava con

l'aumentare dei livelli di illuminamento?

TEMPERATURA DI COLORE (GRADI KELVIN): la luce che normalmente

intendiamo bianca ha in realtà molte tonalità di colore

differenti; il fatto è che il nostro occhio automaticamente si

"tara" su quella tonalità e la fa apparire neutra e sulla base di

quella ci farà distinguere tutti gli altri colori. La luce solare

è diversa per tonalità da quella della nostra sala da pranzo o di

una fabbrica; sembrano uguali ma non lo sono. La temperatura di

colore si misura in gradi Kelvin (non spiego il perché per non

dilungarmi troppo). Il bianco di una comune lampada ad

incandescenza è di circa 2800°K, quello di un'alogena è intorno ai

3000-3200°K, i tubi fluorescenti (...si, ancora i neon!) dai 2800

ai 6500°K, il sole all'alba 1600 mentre a mezzogiorno 5000-6000.

ALTRE UNITA' DI MISURA: tra cui luminanza, intensità luminosa,

esposizione luminosa, I.R.C., lunghezza d'onda ed altre, ve le

spiego di persona, perché sono meno importanti (si fa per dire)

delle altre.

QUALCHE CENNO SULLA CORRENTE

Tra le molte unità di misura della corrente elettrica, segnalo

quelle che ci interessano maggiormente:

- Tensione (T) misurata in volt (V)

- Corrente (i) misurata in ampere (A)

- Potenza (P) misurata in watt (W) e chilowatt (1000 W = 1 kW).

Noti due dei tre valori qui sopra elencati, se ne può calcolare il

terzo, facendo uso della regoletta da imparare a memoria: P = V*i

Volendo, per esempio, trovare la potenza assorbita da un

apparecchio che va a 220 V e consuma 4 A, basterà moltiplicare tra

loro i due valori, 220*4 = 880 W.

Grazie alla stessa regola, si potrà ricavare la corrente assorbita

da un proiettore da 1000 W alimentato a 220 V. 1000/220 = 4.5 A

circa. Questa regola è utile a noi per stabilire se con una

determinata potenza assorbita da un impianto luci, il

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magnetotermico generale reggerà durante lo spettacolo.

Nel nostro settore ci troveremo ad avere a che fare con la 220 V

monofase e la 380 V trifase. La prima impiega 3 conduttori: un

filo di fase (nero o marron), uno di neutro (blu) ed uno di terra

(giallo/verde). Nel caso della 380 trifase troveremo in più altri

due fili di fase. Se non si riescono a distinguere tra loro i

conduttori in base al colore (qualche idiota potrebbe non avere

rispettato i colori) si può operare in due maniere: con l'ausilio

di un cercafase, verificando l'accensione della lampadina al neon

all'interno dell'attrezzo, quando la punta tocca un filo di fase,

oppure tramite un tester, andando a misurare le tensioni presenti

tra filo e filo (se tra due fili misuriamo 380 V sicuramente

entrambi portano la fase, se misuriamo 220 V vorrà dire che uno

solo è quello di fase, se non misuriamo nulla allora quei due fili

appartengono al neutro ed alla terra).

Voglio segnalare che quando si parla della corrente disponibile ai

capi di una presa trifase, il valore espresso in A, essendo

riferito alla portata di una singola fase, va moltiplicato per tre

per ottenere la potenza erogabile da quella presa. Una presa da 32

A potrà fornire: 220 V * 32 A = circa 6000 W * 3 fasi = circa

18000 W in totale.

SORGENTI LUMINOSE

LAMPADE AD INCANDESCENZA

Un filamento racchiuso in un bulbo di vetro, attraversato da

corrente elettrica, scaldandosi, emette luce (contrariamente

quanto sostenuto da Boscolo, che affermava che la conseguenza

della luce fosse il calore!). Essenzialmente si dividono in:

- NORMALI: quelle comuni in tutti gli appartamenti, se ancora non

sono state sostituite dalle

- ALOGENE: più costose ma più longeve ed efficienti, hanno il

pregio di produrre una luce più bianca che meglio si adatta alla

corretta percezione dei colori. Ne esistono a tensione di rete

(220 V) o a bassa tensione (6, 12, 24 V) per le quali bisogna

prevedere l'uso di un trasformatore di alimentazione che converta

la tensione di rete in quella necessaria alla lampada.

Tutte le lampade ad incandescenza sono regolabili in intensità

luminosa, con apparecchi elettronici chiamati dimmer (funzione

basilare per noi lucisti).

LAMPADE A SCARICA

- FLUORESCENTI: (i famosi tubi al neon!). Un tubo di vetro di

varie lunghezze e forme a seconda del tipo di lampada, riempito

con gas particolari (argon, neon o crypton) e con la superficie

interna rivestita di sostanze altrettanto particolari; agli

estremi, due elettrodi. Un arco elettrico attraverso i due

elettrodi emette moltissime radiazioni ultraviolette, che sono

trasformate in luce visibile dalle sostanze depositate lungo la

superficie interna del tubo. Costano un po' di più delle alogene,

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ma durano di più e sono molto più efficienti (più di quattro

volte), la qualità della luce emessa non è però così buona, non

scaldano quanto quelle ad incandescenza ma necessitano di alcuni

componenti per funzionare (starter, condensatore e reattore); in

alternativa a questi componenti, sono presenti nel mercato degli

alimentatori elettronici che, sostituendo quelli elettromeccanici,

rendono possibile anche la regolazione dell'intensità luminosa. Di

dimensioni notevoli variabili in funzione della potenza (fino a

120 e più cm di lunghezza), tendono dove possibile ad essere

sostituiti dalle versioni compatte.

- AD ALOGENURI METALLICI: anche qui è presente il tubo di scarica

riempito di gas (argon, vapori di mercurio ed altri), ma privo di

rivestimento interno in polveri fluorescenti poiché la luce emessa

si trova già nello spettro del visibile. L'efficienza e a durata

sono simili a quelle dei tubi fluorescenti, ma le potenze delle

lampade sono più elevate, raggiungendo alti valori di luminosità.

Il prezzo è sensibilmente più elevato e le dimensioni più ridotte.

La qualità della luce emessa non è eccezionale, salvo che nelle

versioni per uso interno recentemente messe in commercio.

Necessitano di alcuni minuti per entrare a regime e non si possono

riaccendere se spente inavvertitamente, salvo alcune eccezioni.

Non sono regolabili in luminosità, sempre salvo alcune eccezioni.

- A VAPORI DI SODIO: simili a quelle ad alogenuri metallici,

queste hanno il grosso difetto di emettere una luce giallastra

molto scarsa qualitativamente cui però si contrappongono un'alta

efficienza (fino a 180 lm/W) ed una durata eccezionale (10.000

ore). Vengono distinte in tipi a bassa e ad alta pressione; i

primi sono più efficienti ma rendono meno qualitativamente

(l'emissione è praticamente monocromatica) e vengono impiegati

solamente nelle illuminazioni stradali, quelli ad alta pressione

producono una luce più chiara ma sono meno efficienti dei primi.

Sono impiegati per l'illuminazione stradale ed architetturale. La

tecnologia ha portato ultimamente a migliorare notevolmente la

qualità della luce emessa, raggiungendo tonalità sempre più vicine

al bianco; questi nuovi prodotti sono impiegati nell'illuminazione

di accento delle vetrine e anche di spazi abitativi, ristoranti,

negozi ed altro.

COLORE

La luce che noi chiamiamo "bianca" è in realtà formata da tutti i

colori dello spettro visibile, quelli, cioè, che compongono

l'arcobaleno. Lo sapevate già? Allora passiamo avanti! Senza

addentrarmi troppo nel teorico, dirò che miscelando i vari colori

dello spettro se ne ottengono degli altri... Sapevate anche

questo? Andiamo avanti! Ci sono due modi per ottenere, dalla somma

di due colori, altri colori: la sintesi sottrattiva e quella

additiva.

La prima è quella che interessa i pittori, la stampa fotografica

e, nel nostro settore, i proiettori cambiacolori, appunto, "a

sintesi sottrattiva" (alcuni li chiamano anche "a tricromia

sottrattiva"o "CMY", dalle iniziali inglesi dei tre colori

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fondamentali). In pratica: da tre colori di partenza si possono

ottenere tutti (in teoria) i colori dello spettro. I colori

fondamentali in questo tipo di sintesi sono il ciano (una specie

di azzurro), il magenta (una specie di rosso-violaceo) ed il

giallo. Sommando ciano e magenta otteniamo il rosso, ciano +

giallo = verde, magenta + ciano = blu. Sommando colore sottraggo

luce. La somma in parti uguali dei tre colori forma il nero. Un

chiaro esempio di come funziona questa sintesi è rappresentato

dalle stampe a colori dei giornali: guardando con una lente di

ingrandimento alcuni colori, si nota chiaramente un fitto insieme

di puntini dei tre colori fondamentali, ma con densità diversa a

seconda del colore che si voleva ottenere. Un altro esempio lo

potremmo avere sovrapponendo delle gelatine: un giallo ed un

celeste sovrapposti generano un colore verde.

La sintesi additiva somma invece la luce, anziché i colori; viene

abbreviata con la sigla "RGB", dalle iniziali, sempre in inglese

dei tre fondamentali che sono il rosso, il verde ed il blu. Un

esempio concreto lo troviamo andando a guardare da vicino un

monitor di un computer o il cinescopio di un televisore; i colori

sono formati dalla somma delle intensità luminose di tanti puntini

raggruppati tre a tre (i pixel). Per quanto strano possa sembrare,

sommando il rosso ed il verde si ottiene il giallo, rosso + blu =

magenta, verde + blu = ciano. Se notate, i tre colori ottenuti

sono quelli della sintesi sottrattiva, mentre i tre della sintesi

additiva sono quelli ottenuti sommando in parti uguali i colori

della sottrattiva. Sommando in parti uguali il rosso, il verde ed

il blu ottengo il bianco. Sommando colore aggiungo luce. Non

ricordo di quale marca fosse ma ho visto un proiettore

cambiacolore che usava la sintesi additiva: se ben ricordo era

formato da due lampade blu, una rossa ed una verde. Grazie ad un

circuito elettronico, poteva variare l'intensità delle singole

lampade, ottenendo una vasta gamma di colori. ...Sapevate anche

questo? Non credo, vero?

Ho tentato di dimostrare gli effetti della sintesi additiva

fotografando la figura prodotta dai cerchi luminosi di tre

sagomatori gelatinati con i colori principali. L'effetto non è

proprio perfetto a causa di vari fattori, tra cui l'I.R.C. delle

lampade, la scelta dei colori di base, la macchina fotografica

usata ed anche la visualizzazione finale, attraverso il monitor

del vostro computer. Comunque, tanto per darvi un'idea di come

avviene la sintesi additiva, vi allego ugualmente la foto.

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GELATINE

Sono fogli di materiale plastico resistente al calore, di vari

colori. Ce ne sono più di 100 in commercio, di tonalità che vanno

dalle più leggere alle più sature; spesso tra due tipi di

caratteristiche simili si fa molta fatica a fare una distinzione,

tanto le tonalità si avvicinano. Ogni colore proposto ha il

corrispondente numero di catalogo che purtroppo non è uguale per

tutte le marche presenti nel mercato. Spesso, comunque, si fa

riferimento anche al nome della ditta che le produce, per non

destare confusione. Nel teatro se ne fa grande uso, preferendo

alle tonalità sature quelle più leggere, che non falsano troppo i

colori originali degli oggetti e dei costumi. Si tende ad usare

tonalità ambrate per "riscaldare" una scena e leggermente

azzurrate per "raffreddarla", ricreando ambientazioni drammatiche

o luoghi all'aria aperta. Per avvicinarsi il più possibile al

vero, comunque, vanno usate con parsimonia, per evitare che lo

spettacolo prenda la piega di un saggio scolastico di fine anno,

dove una foresta sarebbe riprodotta illuminando tutto di verde,

una scena notturna di blu, una situazione romantica di rosso. Si

dovrebbe cercare di rappresentare un'ambientazione lavorando sulla

posizione delle luci, e quindi delle ombre, importantissime per

questi fini, sul rapporto luminoso tra le varie zone della scena,

sulla proiezione di finte ombre come potrebbero essere quelle

generate dalla vegetazione, e solo in ultima lavorando su leggeri

cambi di tonalità di colore. Sempre riguardo alla luce colorata,

in teatro vengono spesso usati dei correttori di temperatura

provenienti dal campo della fotografia, che permettono di variare

i gradi Kelvin di una sorgente luminosa. I più usati sono il CTB,

per raffreddare una luce troppo calda, ed il CTO, per riscaldarne

una troppo fredda. Il CTB, all'aspetto di un tenue color

azzurrognolo, filtra la luce di un'alogena a 3200° K fino a

portarla a 5700° K, simulando la luce prodotta da una sorgente a

scarica. Usando un filtro CTO davanti ad una sorgente a scarica si

otterrebbe invece una temperatura vicina a quella delle alogene.

Vi sono diverse tonalità anche tra il CTB ed il CTO: la più satura

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è rappresentata dal numero 200, seguito dal 201, 202, 203 e 218

che rappresentano in ordine i suoi sottomultipli (per ottenere

l'effetto di un 201 si possono usare due fogli 202 sovrapposti,

oppure quattro 203 ecc.). Stesso discorso valido per il CTO in cui

il 204 è la tonalità più satura, mentre il 205 e il 206 lo sono

proporzionalmente meno.

Quanto detto per il teatro non vale per i concerti, dove, in

relazione al genere di musica suonata, possono essere impiegate

tutte le tonalità desiderate, con accostamenti anche violenti tra

loro.

TIPI DI PROIETTORI UTILIZZATI NEL MONDO DELLO SPETTACOLO

PIANO CONVESSO: chiamato in gergo "PC" o "QPS" (dal modello

prodotto da una nota ditta). E' composto da un contenitore in

lamiera che ospita la lampada (da 350 a 2000W), uno specchio

parabolico, posto in vicinanza della stessa e da una lente piano

convessa (da cui il nome "PC"), la cui superficie interna (quella

piana) è finemente corrugata per ammorbidire i contorni del fascio

luminoso. Il complesso lampada-specchio è montato su una barra

filettata che, ruotata dall'operatore, permette di variarne la

posizione rispetto la lente. Si possono così ottenere fasci di

luce molto stretti (6°) fino a molto larghi (60°).

Un piano-convesso della Spotlight, il famoso QPS.

E la luce proiettata su un fondale.

FRESNEL: praticamente identico al PC, salvo che per il tipo di

lente usata, che prende il nome del suo inventore. La differenza

sta nel contorno del fascio, che qui è molto meno definito e

permette una miscelazione migliore tra le zone illuminate da

diversi proiettori. Viene usato prevalentemente per le

illuminazioni di riprese cinematografiche o televisive.

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Questo qui sopra è un proiettore con lente di fresnel prodotto

tempo fa dalla Spotlight.

Questo qui, invece, quello prodotto dalla Strand Light.

La forma della luce prodotta da un proiettore fresnel su un

fondale (la linea nera al centro è una cucitura sulla tela).

PAR: dall'acronimo di Parabolic Aluminized Reflector. Il

proiettore consta in un cilindro di lamiera sul cui fondo è

installata la lampada. In origine la lampada PAR veniva impiegata

nel settore aereonautico, come luce di atterraggio negli aerei. E'

formata da una parabola riflettente protetta da una cupola di

vetro robusto; all'interno si trova la lampada che in alcuni casi,

essendo l'insieme parabola-cupola, stagno, è priva del

tradizionale bulbo in vetro di quarzo. Si tratta, infatti, di

lampada a ciclo di alogeni. La caratteristica principale è di

fornire un potente fascio luminoso di sezione ellittica che va da

circa 6°, per le versioni a fascio concentrato, a circa 20° per

quelle a fascio più diffuso. Non essendo la forma del fascio

regolare, l'unica forma di controllo può avvenire ruotando la

lampada. Vengono impiegate dove si voglia accentuare il livello di

illuminazione su un oggetto in scena o un attore oppure per creare

quell'effetto di raggi luminosi nei concerti di musica pop,

piazzandole di taglio o in controluce e aggiungendo un po di fumo

sul palcoscenico. I numerosi modelli partono dal PAR 36 detta

anche "lucciola" o "pin spot"(6 V, 30 W), il PAR 56 (220 V, 250

W), il PAR 64 (110 o 220 V, 1000 W) ed infine l'aircraft (28 V,

250 W), il più indicato per i concerti. Il numero dopo la sigla

"PAR" indica il diametro vetro della lampada, espresso in ottavi

di pollice.

Due proiettori PAR aperti, con la lampada in evidenza. Il primo a

sinistra monta una CP60 (fascio stretto), l'altro una CP 62

(fascio largo).

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Primo piano di una CP 60.

Primo piano di una CP 62.

La luce concentrata di una CP 60. A circa 4 metri misura 1.20 x

1.10 m.

La forma più allungata di una CP 62. A circa 4 metri misura 2 x

1.20 m. Risulta quindi meno luminosa.

SAGOMATORE: il contenitore è lo stesso di un PC, però più

allungato, il gruppo lampada-specchio curvo anche, la lente piano

convessa è sostituita da una o, più spesso, due lenti la cui

distanza dalla lampada può essere variata indipendentemente. In

tal modo si potrà focalizzare un fascio di dimensioni e luminosità

variabili secondo la distanza delle stesse dalla lampada. Esistono

inoltre diversi modelli di sagomatori, in relazione alle

dimensioni del fascio ottenibili: modelli che partono da 15 per

arrivare a 28° ed altri che partono da 22 fino a 40°. Il fascio

prodotto da un sagomatore ha un contorno molto ben definito; il

confine tra zona illuminata e zona buia è netto.

La maggior parte dei modelli dispone di un alloggiamento per un

accessorio chiamato "iride", nella forma uguale al diaframma di

una macchina fotografica, che serve a rimpicciolire a piacere il

diametro del fascio. Al posto dell'iride può essere inserito un

gobo, che sarebbe un telaio che sostiene una sagoma metallica con

un'immagine incisa attraverso. Serve a proiettare la stessa

immagine su una superficie, per ricreare ad esempio le inferriate

di una finestra o le fronde di un albero.

Un altro controllo del fascio luminoso è rappresentato da 4 lamine

metalliche dette coltelli (shutter in inglese), manovrabili

indipendentemente l'una dall'altra, che permettono di sagomare il

fascio per adattarlo a diverse forme, quadrati, rettangoli o

trapezi di varie dimensioni.

Sul fondo del proiettore trova posto una vite che permette di

portare esattamente al centro dello specchio il filamento della

lampada, per ottenere un fascio dalla luminosità quanto più

uniforme possibile.

Le potenze di questi proiettori vanno da 500 a 2000 W.

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L'SS 1000 della Spotlight con a fianco un coltello.

Al "Cantata", sagomatore della Strend Light, appartengono le due

foto. La parte con le ottiche e quella che alloggia la lampada.

Il disco luinoso dai contorni ben definiti di un sagomatore.

L'effetto dell'intervento dei coltelli sullo stesso disco

luminoso.

SEGUIPERSONA: una variante del sagomatore che serve ad illuminare

maggiormente un cantante, un ballerino o un presentatore,

aumentando l'attenzione del pubblico su di lui. Possiede in più,

alcuni controlli. Un otturatore, posto in genere sul retro

dell'apparecchio, per impedire velocemente che la luce fuoriesca

dal proiettore senza tuttavia spegnere la lampada; un set di

gelatine posto all'interno dello chassis o montate su una ruota

esterna, per cambiare la tonalità della luce emessa, ed infine una

ventola, posta nelle vicinanze della lampada, che permette di

manovrare in sicurezza il proiettore, raffreddandone le pareti.

Sempre più spesso vengono installate delle lampade a scarica, in

sostituzione di quelle alogene tradizionali; ecco allora

l'apparire di alimentatori dedicati, inseriti in robusti

contenitori da posizionare in vicinanza del proiettore. Non

essendo possibile la regolazione dell'intensità luminosa tramite

tradizionali regolatori elettronici, sarà possibile, quindi, la

presenza di un'ulteriore iride, posto però in posizione di "fuori

fuoco"; chiudendo l'apertura dello stesso, il fascio luminoso,

anziché rimpicciolirsi, tenderà a diminuire di luminosità, fino a

venire a mancare del tutto.

RIFLETTORI PER FONDALI: prendono di volta i nomi forniti dalle

ditte che li producono, quindi diventano "iris", "mini iris",

"pallas", "domino" ed altri...

Sono formati da un contenitore in lamiera che all'interno alloggia

una lamina di alluminio corrugato in varie fogge per distribuire

meglio il fascio luminoso, principalmente in maniera verticale. La

lampada è di tipo lineare, alogena da 1000 W. Si differenziano in

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due tipi a seconda della forma della lamina riflettente. Questa

può essere sagomata in modo da distribuire il fascio in maniera

simmetrica, tale da avere la stessa intensità in tutte le

direzioni verticali, oppure in maniera asimmetrica, per avere una

concentrazione della luce principalmente verso l'alto (o il basso,

a seconda di come è orientato il proiettore). Questo tipo di

riflettore, viene usato infatti per illuminare dal basso o

dall'alto grandi superfici come fondali o pareti verticali.

Piazzando il riflettore in basso, o appendendolo ad un'americana,

e necessitando un un'uniforme illuminazione su tutta la

superficie, la luce deve essere minore in vicinanza dello stesso e

maggiore verso l'estremo della superficie, essendo questa più

lontana.

Il "Domino" della Spotlight.

Il "Pallas" della Quartzcolor. Notate che manca il supporto per

agganciarlo. E' questo, infatti, un riflettore da piazzare

solamente a terra. A fianco c'è il telaio portagelatine.

OPEN FACE: chiamati in gergo "pinze", dalla caratteristica

mollettona che le permette di agganciare sulla maggior parte delle

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strutture, senza bisogno di viti od altro, sono dotate di uno

snodo che le permette di orientare velocemente in tutte le

direzioni (bisogna fare comunque attenzione a mantenere la

posizione della lampada prossima all'orizzontale perché il calore,

affluendo verso la parte più alta, non acceleri l'usura

dell'attacco relativo. Hanno la forma di una scodella arancione,

nera o, nelle versioni da 2000W, gialla. Lo specchio concavo è in

alluminio, corrugato sulla superficie, per distribuire in maniera

più uniforme il fascio luminoso, posto dietro una lampada alogena

a doppio attacco, in genere da 800 - 1000 W, ma anche da 2000 W.

Non c'è la lente piano convessa ma una sottile rete di acciaio per

proteggere la lampada o per impedire che questa, scoppiando,

proietti frammenti caldi in giro. La variazione del fascio

luminoso avviene spostando lo specchio dalla lampada. In ogni caso

la differenza tra fascio stretto e fascio largo non è molto

elevata, mancando appunto una lente che lo converga; si passa

quindi da una posizione concentrata detta "spot" ad una di tipo

più diffuso "flood".

Foto di una "pinza".

Tutti i proiettori descritti possiedono, nel punto più lontano

dalla sorgente luminosa, una guida nella quale inserire una

gelatina colorata (ne parleremo più avanti) ed una "bandiera"

della quale parleremo subito.

Essendo il fascio di luce uscente dal proiettore, di forma più o

meno circolare, potremmo avere la necessità di renderlo

rettangolare, o quantomeno "tagliarlo" in maniera da non

"sporcare" determinate zone della scena. Ecco allora che,

incernierate sui quattro lati di un telaio quadrato, si possono

usare altrettante lamine metalliche annerite, di opportune

dimensioni e forma, in modo che, intercettando il fascio luminoso

in una sua parte, determinino una corrispondente zona d'ombra

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sulla superficie da illuminare. Nei sagomatori, le bandiere

vengono sostituite dalle lame scorrevoli poste sul punto focale.

MOTORIZZATI

sono macchine complesse che simulano gli effetti di vari

proiettori. Sarà possibile, quindi, cambiare colore e forma al

fascio, variarne la luminosità, farlo accendere e spegnere

velocemente simulando l'effetto stroboscopico, aggiungendo sempre

più effetti alla luce; il tutto sarà memorizzabile e riproponibile

secondo le più bizzarre esigenze. Se ben gestiti (ed è molto

difficile farlo!) possono originare sensazioni straordinarie,

difficili da scordare... Usati prevalentemente nelle discoteche e

nei concerti, sono macchine che in teatro non hanno ancora fatto

molta strada, anche se la tecnologia li porterà ad essere presenti

anche qui. Il peso, la difficoltà di programmazione ed il prezzo,

sono infatti le caratteristiche negative di queste straordinarie

macchine. Credo che la massima soddisfazione per un tecnico luci

sia poterne gestire alcuni avendo a disposizione il tempo

necessario per programmarli con cura.

Montano lampade alogene di bassa potenza (da 150 a 250 W) o, più

spesso, lampade a scarica da 150 fino a 4000 (!) W.

La forma ricorda, in genere, quella di un sagomatore più o meno

ingombrante secondo la potenza luminosa e le funzioni presenti,

alla cui estremità è posto uno specchio che devia il fascio

luminoso dove desiderato (i proiettori prenderanno allora il nome

di "scanner"). C'è anche una differente versione detta "moving-

head", sprovvista di specchio deviatore, in cui a muoversi è

l'intero proiettore montato su una forcella motorizzata.

Con le dovute eccezioni potrei dire che quelli a specchio mobile

sono da preferirsi agli altri per le seguenti caratteristiche:

- maggiore velocità di spostamento del fascio luminoso,

- facilità ad essere appesi e trasportati (grossa attenzione, però

allo specchio!)

I moving-head, invece offrono:

- maggior angolo di apertura del fascio,

- possibilità di essere montati "a terra", semplicemente

appoggiandoli sul basamento,

- maggior copertura del fascio (alcuni modelli superano i 360° di

rotazione!).

Tutte le parti meccaniche sono mosse da motori, in genere passo-

passo; alcune ditte usano grossi motori in corrente continua per

muovere il corpo dei moving-head. Una famosa ditta impiega una

pompa idraulica che spinge a pressione un fluido particolare in

una lente di materiale plastico deformabile; la differente

curvatura della lente influirà sull'ampiezza del fascio luminoso

(!).

Veniamo ora alle caratteristiche, dalle principali alle più

evolute:

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PAN: lo spostamento orizzontale del fascio; alcuni modelli

dispongono del modo detto "a 16 bit", nel quale il movimento

avviene in maniera più uniforme, senza gli scatti che i motori

passo-passo che muovono lo specchio danno, specie a basse

velocità. La precisione di un puntamento, inoltre, viene ad

aumentare di molto.

TILT: lo spostamento verticale del fascio, anche qui è possibile

usare la modalità "a 16 bit".

COLOR: filtri colorati da sovrapporre alla luce generata. In

genere dischetti dicroici montati su ruote che li portano, uno

alla volta, davanti alla sorgente. Possono essercene più di uno,

montati vicini l'uno all'altro, in modo da generare un alto numero

di colori dalla sovrapposizione dei singoli filtri. Un altro

sistema per colorare la luce è quello della sintesi sottrattiva,

detto anche "CMY" di cui parleremo dopo.

GOBOS: dischi metallici con figure geometriche o astratte

intagliate, per dare quella forma alla luce che li attraversa;

anch'essi montati su ruote e sovrapponibili, possono, in alcuni

modelli, ruotare a varie velocità su loro stessi, arricchendo così

la gamma degli effetti ottenibili. In alcuni casi sono anche

indicizzabili: la loro posizione può essere memorizzata (per

esempio: un gobo con una scritta potrà riprodurla sempre con la

stessa inclinazione).

Anziché realizzato in metallo, un gobo può essere anche costituito

da un disco di materiale dicroico, sul quale, attraverso

particolari procedimenti viene "stampata" una fotografia di ottima

qualità; lo spazio lasciato alla fantasia del progettista luci

viene quindi ad allargarsi notevolmente. Quasi tutte le ditte

produttrici dispongono di un ampia scelta di gobos, sia metallici

che dicroici; alcune, inoltre, danno anche la possibilità di

creare un gobo su specifiche del cliente.

SHUTTER: una o più lame di metallo che oscurano in tempo

brevissimo il fascio luminoso; agendo velocemente sulla sua

apertura e chiusura si ottiene un effetto molto simile all'effetto

stroboscopico.

DIMMER: non essendo le lampade a scarica facilmente dimmerabili,

si interviene con un congegno che impedisce gradatamente l'uscita

della luce dall'apparecchio.

IRIS: simile al diaframma di una macchina fotografica, serve a

ridurre di diametro del fascio luminoso. Da non confondere con la

prossima funzione.

ZOOM: a differenza dell'iris che impedisce alla luce di uscire

assorbendo la parte circolare esterna del fascio in misura sempre

maggiore, lo zoom ne varia la dimensione allontanando o

avvicinando due lenti poste sulla sua traiettoria. La differenza è

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che l'intera immagine proiettata viene ad essere variata nelle

dimensioni in maniera proporzionata; questo è utile quando si

vuole adattarla alle dimensioni di una superficie, oppure quando,

proiettando due figure uguali da apparecchi posti a distanze

diverse, si vuole che questi mantengano dimensioni uguali tra

loro.

FROST: questa funzione ammorbidisce il fascio luminoso in maniera

simile ad una sfocatura molto forte; il diametro verrà così ad

aumentare notevolmente e sarà possibile, entro certi limiti,

illuminare uniformemente persino un fondale. Spesso è possibile

intervenirvi con gradualità, per costruire delle evanescenze tra

due figure proiettate. L'effetto viene generato interponendo un

disco leggermente smerigliato dopo la sezione dei gobos, in modo

che la luce venga "dispersa" in maniera dipendente dal grado di

lavorazione dello stesso.

SEZIONE EFFETTI: si tratta di una ruota, simile a quella in cui

sono installati i gobos, dove vengono montati dei prismi simili a

quelli usati in fotografia, che moltiplicano più volte la stessa

immagine; spesso questi prismi possono anche essere sovrapposti

tra loro e ruotare a velocità variabili.

Come funzionano:

Il protocollo usato, salvo rare eccezioni, è il DMX. Ogni

proiettore, come fosse un dimmer, necessita di un certo numero di

canali, in rapporto alla quantità delle funzioni che possiede.

Meglio fare un esempio: dispongo di due proiettori motorizzati che

impiegano 4 canali ognuno. Assegno, come fossero dei dimmer luci,

il canale di riferimento per ciascuna macchina, agendo sugli

appositi comandi del proiettore. Il primo proiettore avrà il

numero 1, il secondo avrà il 5.

PRIMO SECONDO

PAN 1 5

TILT 2 6

COLOR 3 7

GOBOS 4 8

Agendo sui cursori della consolle collegata ai proiettori potrò

ora comandarne le funzioni: muovendo il cursore n.1, il fascio del

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primo proiettore si sposterà orizzontalmente, seguendo fedelmente

la posizione del cursore, da un'estremo all'altro. La stessa cosa

vale per il tilt, comandato dal cursore n.2, per i colori, che

scorreranno in sequenza dal primo all'ultimo, ed infine i gobos

che risponderanno ai movimenti del cursore n.4. Per il secondo

apparecchio, varranno i comandi assegnati dai cursori dal 5 all'8.

Muovendo i vari cursori potrò crearmi una scena luminosa che potrà

essere memorizzata e richiamata in qualsiasi momento dello

spettacolo. I complessi giochi dei proiettori motorizzati,

funzionano proprio così: preparando una grande quantità di memorie

e riproponendole in sequenze lunghissime.Tenete conto che uno di

questi apparecchi abbisogna come minimo di 6-8 canali, per

arrivare fino a 24, a seconda del numero delle funzioni possedute;

moltiplicate i canali per il numero dei motorizzati indipendenti

ed otterrete un'idea del flusso di dati necessario ogni show.

Molte cose sarebbero ancora da raccontare: dalle opzioni che i

banchi di controllo dedicati offrono, alle caratteristiche

particolari di alcuni modelli di proiettori e ai suggerimenti

sulla programmazione, ma ora non ho più voglia di parlarne.

QUALCOSA SUI SEGNALI DI CONTROLLO PER UNITA' DI POTENZA

0/+10V: è il più comune e forse vecchio tipo di segnale, usato

ancora oggi da molte compagnie teatrali; in pratica, inviando al

dimmer una tensione continua che va da 0 ad un massimo di +10 V si

ottiene una variazione della luminosità del proiettore collegato

ad esso (con 0 Volt il proiettore risulterà spento, con +10 Volt

darà il massimo dell'intensità luminosa). Questo tipo di segnale

richiede perciò un filo elettrico per ogni canale pilotato, più un

filo, in comune per tutti, di riferimento a 0 V. La semplicità è

la sua arma vincente: se si dovesse, infatti, rompere un filo, a

meno che non sia quello in comune, solo il canale collegato ad

esso verrebbe a non funzionare. Essendo la tensione di pilotaggio

molto semplice da ottenere, si potrebbe paradossalmente pilotare i

dimmer con una semplice batteria da 9 V che fornirebbe, in uscita

dello stesso, una tensione pari al 90 % di quella massima,

sufficiente ad illuminare ugualmente la scena. Lo svantaggio è che

le dimensioni del cavo di segnale diventano rilevanti, specie nei

sistemi con numerosi canali. Una mancata standardizzazione dei

connettori presenti sulle varie marche di consolle di comando e

sui dimmer, penalizza ulteriormente il sistema.

Una casa costruttrice (Strand) ha avuto poi la straordinaria idea

di pilotare i propri sistemi analogici con una tensione che va

sempre da 0 a 10 V, ma in maniera negativa, ossia la variazione

avviene da 0 a -10 V. Il sistema non è quindi usabile con dimmer

di altre marche. Ho trovato notizie riguardanti le apparecchiature

costruite dalla Spectrum QEP (credo sia una casa americana) che

pone il limite inferiore della scala di regolazione con una

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tensione di +10 V e il superiore a 0 V. Un'altra casa, la EDI

(anche in questo caso è la prima volta che la sento nominare) pone

il limite inferiore a +2 V mentre il superiore a 7,2 V! (...Mah!).

DMX 512/1990: più comunemente chiamato DMX, molto simile al DMX512

(senza il "/1990") dal quale differisce per la durata di una parte

del codice digitale che lo compone. E' il linguaggio più diffuso

nel mondo delle luci, e non a torto, visto che con un cavo

schermato a due conduttori si trasportano 512 canali diversi a

distanze superiori ai 300 metri (io comunque non mi fiderei di

farlo senza un bell'amplificatore). L'altra importante

caratteristica è quella di essere universale, nel senso che oramai

tutte le marche di consolle e di utilizzatori lo riconoscono

valido. Dalla consolle, quindi, parte un cavo, che va ai dimmer,

che va ai cambiacolori, che va agli scanner passando magari per

una macchina del fumo o una serie di strobo. Non si dovrebbero

collegare tra loro più di 32 utilizzatori senza usare apposite

unità di amplificazione e filtraggio. Tutti gli apparecchi che

accettano il segnale DMX hanno un ingresso ed un'uscita attraverso

la quale segnale arriverà ad altri utilizzatori; i connettori di

segnale sono sempre del tipo XLR a 5 poli, o (fuori normative ma a

volte usati) a 3 poli. La calza del cavo va collegata al pin 1 (la

calza del cavo schermato non va collegata al corpo metallico del

connettore perché, nel caso vi siano diverse tensioni verso massa

presenti nei due connettori che si sta per collegare assieme,

toccando entrambi con le mani si potrebbe scaricare la stessa

attraverso il nostro corpo), il segnale negativo al 2 e quello

positivo al 3; agli altri due terminali (4 e 5) non sono state

assegnate funzioni. Si pensa ad una loro futura utilizzazione per

segnalare alla consolle lo stato di funzionamento dei dimmer

(surriscaldamento, rottura fusibili, altri problemi). Alcune case

hanno creato di loro iniziativa, delle assegnazioni particolari,

come la Pulsar che vi trasporta una tensione di 25V sul pin 5 per

alimentare, mi sembra, le consolle da loro prodotte.

Contravvenendo così alle normative internazionali dell'USITT.

A differenza dello 0-10V, questo è un segnale di tipo digitale,

nel senso che con la presenza di una tensione di +5V o con la sua

assenza (0V), si riesce, codificandole in maniera simile ad un

codice morse, ad inviare una serie di informazioni sullo stato di

512 diversi canali. Tutto questo fino a 44 volte per secondo!

Difetti: se il cavo di segnale dovesse avere qualche problema,

potrebbe non funzionare nulla! (trascurabile, vero?)

Rimedio contro alcuni problemi: in una tazza capiente, sciogliete

4 cucchiai di... no! Questo è per altri problemi... Sulla presa

dell'ultimo apparecchio, collegate un connettore (detto

"terminale" o "tappo") i cui poli 2 e 3 siano tra loro collegati

usando una resistenza da 120 ohm, 1/4 di W. Il motivo non ve lo

sto a spiegare, ma lo conosco. Lo giuro!

DMX 512-A: nato con il nome di DMX 2000 dovrebbe prima o poi

sostituire il "vecchio" DMX 512 rendendone comunque possibile la

lettura ai "vecchi" dimmer. Sono previste alcune migliorie, tra

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cui:

- miglior protezione contro cadute di fulmini o elettricità

statica,

- trasmissione di una specie di codice supplementare denominato

"SIP" (System Information Packet) che dovrebbe essere gestito

dalla consolle luci per fornire alle apparecchiature collegate ad

essa dati riguardanti il tipo di software usato (mi sto informando

in merito... Non so altro),

- possibilità di ricevere sulla consolle alcune caratteristiche

delle macchine ad essa connesse, quali la versione software od

altri messaggi di testo. Tale funzione si chiama "Test packet",

- da quanto ho trovato nella "rete" sembra in via di sviluppo uno

standard di nome RDM (Remote Device Management) che, tramite un

normale cavo di connessione DMX, permetta alla centralina luci di

ricevere le caratteristiche dei proiettori intelligenti ad essa

collegati. Una volta collegati i vari proiettori e dimmers alla

console essa sarà in grado di riconoscerne le caratteristiche, il

numero di canali assegnabili, indicizzarli e ricevere anche

segnali di guasto da parte degli stessi.

Ethernet: il segnale che useremo in futuro... Consente di

trasferire grandi quantità di dati a velocità pazzesche, se

confrontate con gli attuali standard. Mentre il DMX viaggia a 250

KBaud, questo raggiunge i 10 MBaud! Una linea Ethernet moltiplica

di circa 40-60 volte la quantità di canali trasferiti dal DMX. Ve

ne sono di diversi tipi ma il più diffuso è il "10 Base T" che

impiega connettori di tipo telefonico (!) di tipo RJ45. Sono alla

ricerca di altri dati in merito

Analogico in corrente: simile allo 0-10V tranne che per il fatto

che a variare non è la tensione ma la corrente che scorre nel

cavo, usato nelle vecchie macchine della ADB.

SMX: ne ho sentito qualche volta parlare... Simile al DMX, ma nei

nuovi dimmer digitali, dove è possibile inviare alla console

eventuali problemi riscontrati dagli stessi (lampade o fusibili

bruciati, sovrariscaldamento, ecc.).

CMX: anche di questo ne ho sentito poco parlare, ma dovrebbe

trattarsi di un segnale digitale dedicato ai proiettori

cambiacolori, concepito dalla Colortran, un po più lento del DMX;

trasferisce fino ad un massimo di 512 canali. Usa connettori XLR a

4 poli.

VMX: simile al CMX, sempre adottato dalla Colortran, digitale,

trasferisce fino ad un massimo di 512 canali, usa connettori XLR a

5 poli.

RS232: non lo conosco bene: so solo che attraverso la famosa porta

RS232 di un computer, tramite programmi appositi si possono

inviare i comandi per gestire le luci di uno show anche complesso.

Molte macchine della Clay Paky accettano questo tipo di segnale.

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PMX: digitale, usato dalla Pulsar, può essere prelevato (tramite

opportuni programmi) dalla porta COM di un qualsiasi computer,

permettendo di gestire lo spettacolo anche se sprovvisti della

tradizionale console. Trasporta poco più di 15000 canali (almeno è

quello che sostengono alla Pulsar!).

AMX 192: è un segnale analogico in grado di trasferire fino a 192

canali, multiplexandoli ed impiegando solo 4 fili elettrici. Usa

connettori XLR a 4 poli (pin 1 = massa, pin 2 = clock +, pin 3 =

segnale, pin 4 = clock -).

D54: usato solo dalla Strand prima dell'avvento del DMX, di tipo

analogico, trasferisce fino ad un massimo di 384 canali usando

connettori XLR a 3 o 4 poli.

AVAB: usato dalla svedese Avab, di tipo digitale, trasferisce meno

velocemente del DMX fino a 256 canali; impiega connettori XLR a 5

poli.

S20: vecchio segnale analogico usato dalla Adb, ancora in uso, ma

non nelle nuove macchine, trasferisce fino a 480 canali; impiega

connettori DIN a 5 poli, uguali come forma a quelli per il MIDI.

ADB 62.5: vecchio segnale digitale sviluppato dalla Adb, non più

in uso. Trasferisce fino a 512 canali utilizzando connettori XLR a

5 poli.

SGM 256: appunto della SGM, oltre al trasferimento del segnale,

invia anche la tensione di alimentazione alle centraline prodotte

dalla stessa casa. Ho riscontrato un difetto in questo tipo di

segnale: stendendo il cavo che lo trasporta vicino a cavi

microfonici, questi inviano al mixer audio un forte disturbo

udibile sotto forma di ronzio.

MIDI: il segnale che permette agli strumenti musicali e ad altre

macchine sonore di dialogare tra loro. E' stato implementato anche

in molti dei banchi luci di una certa qualità, per permettere ad

esempio di sincronizzare le luci di uno spettacolo con un brano

riprodotto attraverso un sequencer in una cui traccia ci sono i

comandi da inviare alle luci sotto forma di note musicali e altri

parametri. Ad una determinata nota si può far corrispondere un

canale di un dimmer o una scena memorizzata; il volume con cui la

nota sarebbe riprodotta può influire sulla luminosità di un

proiettore e così via, verso nuove avventure! Peccato che le

caratteristiche del segnale MIDI consentano di trasferirlo su cavi

di lunghezza minore di 3-4 metri!

CONSOLES

Ossia le macchine che controllano le unità di potenza (dimmer). I

modelli più semplici dispongono di un numero di cursori uguale ai

canali che possono pilotare. Questi cursori sono comandati da un

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regolatore generale (master) che varia da zero al massimo i loro

singoli valori. Questo gruppo di cursori viene raddoppiato nelle

versioni dette "a doppia scena" per consentire di preparare una

situazione luminosa diversa da quella in uso, semplicemente agendo

sul secondo gruppo di cursori, senza che il pubblico noti

cambiamenti. Il cambio tra due situazioni luminose avverrà

abbassando gradualmente il master della scena in uso ed aumentando

proporzionalmente quello della scena prima preparata. Una volta

che il master della vecchia scena sarà portato a zero, quei

cursori saranno disponibili per preparare la prossima situazione.

Associato ad ogni cursore, è presente un tasto di flash che porta

istantaneamente al massimo valore il corrispondente canale. I

flash vengono usati per simulare effetti come i lampi di un

temporale o per creare giochi di luci durante un concerto (sempre

che l'operatore sia in grado di andare a tempo di musica).

Potrà essere presente un tasto di black/out premendo il quale

tutte le uscite saranno portate istantaneamente a zero, ed un

grand master, che regolerà la luminosità di tutte le luci accese.

Nei banchi più elaborati trova posto un altro gruppo di cursori

chiamati submaster; ognuno di questi ha la possibilità di

memorizzare una scena e riproporla semplicemente azionandolo. Si

potranno quindi avere a disposizione tante scene quanti saranno i

submaster presenti; anche qui sono associati i tasti di flash.

Un'altra funzione presente nei banchi elaborati è quella delle

memorie. Una scena può entrare a far parte di una memoria nello

stesso modo in cui viene assegnata ad un submaster. La sua

riproduzione non sarà però affidata ad un cursore dedicato ma ad

un comando che potrà essere di tipo manuale od automatico. Nel

primo caso il trasferimento da una memoria all'altra avverrà

agendo su un cursore chiamato crossfader o x-fader; il passaggio

tra le due memorie avverrà gradualmente, spostando il cursore da

un estremo all'altro della scala. Riportandolo poi all'estremo

opposto, avverrà il passaggio dalla memoria attualmente in uso

alla seguente, e cosi via fino alla fine di tutta la sequenza

memorizzata. Il trasferimento automatico si otterrà premendo un

pulsante chiamato in genere go. Sarà possibile variare i tempi di

entrata ed uscita delle scene tramite un cursore detto x-fader

time o memorizzarli indipendentemente l'uno dall'altro grazie ad

apposite funzioni.

La sezione riservata ai chaser consentirà di impostare una

sequenza di accensione e spegnimento dei proiettori in vari modi,

variandone i tempi e la luminosità, secondo la complessità della

sezione stessa. Sarà possibile impiegare un'apposito ingresso

audio al quale collegare un segnale musicale, in modo da

riprodurre la sequenza a tempo di musica.

Un'altra funzione elaborata è quella denominata patch. Sarà

possibile assegnare ad un cursore di un qualsiasi canale della

centralina il comando di un qualsiasi canale dimmer, diverso da

quello assegnatogli per default. Esempio: il primo cursore della

console potrà pilotare il canale numero quattro dei dimmer, in

caso di guasto del canale numero uno. Si potranno "agganciare"

(linkare) tra loro diversi canali dimmer al fine di poterli

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pilotare agendo su un unico cursore, come per le batterie di PAR

installate nei concerti.

Alcuni banchi, specie quelle di tipo teatrale con più di 24

canali, hanno la possibilità di poter visualizzare su un monitor

video svariate cose, tra cui lo stato dei canali della scena

attualmente in uso e quello della prossima scena, l'intero patch

dei canali, lo stato delle memorie e dei chasers, i tempi di

entrata ed uscita delle scene ed addirittura il nome dati alle

memorie per riconoscerle più velocemente tra loro ("inizio

spettacolo", "tuono", "sagomatore su protagonista") o le

caratteristiche del carico di ciascun canale (QPS 2000, gel 202,

IV americana, ecc.). Sempre con le dovute eccezioni si potrebbe

dire che per un numero di canali superiore i 48, la presenza dei

singoli faders non è più necessaria a causa delle rilevanti

dimensioni che la macchina assumerebbe; sarà quindi presente come

minimo una tastierina numerica attraverso cui impostare la

luminosità dei singoli proiettori senza agire sui cursori,

aggiungere o togliere ad una memoria un tal canale, inserire un

tempo di x-fade o eseguire operazioni più complesse. Alcuni banchi

a doppia scena con 24 canali possono funzionare anche nel sistema

detto a singola scena, assegnando ai 24 canali della seconda scena

i numeri dei canali da 25 a 48; sarà possibile quindi gestire 24

canali nel modo tradizionale oppure 48 rinunciando alla

possibilità di preparare manualmente la seconda scena.

Attualmente i banchi di controllo più evoluti integrano anche la

possibilità di gestire proiettori motorizzati, tramite joystick o

track-ball che assegnino le posizioni spaziali a ciascun pezzo. Le

altre funzioni saranno assegnate ad altri cursori la cui posizione

attiverà le varie funzioni presenti nel modello in uso.

Roberto Raccagni

[email protected]

ACRONIMI

Queste pagine sono dedicate alla spiegazione degli acronimi più

frequentemente utilizzati nel settore dello spettacolo, ma non

solo.

ABTT

Association of British Theatre Technicians.

AC

Alternating Current. Corrente Alternata.

ACL

AirCraft Landing Light. Nate nel settore aereonautico come luci di

atterraggio (l'originale va alimentata a 28 V e consuma 250 W)

sono state adottate come sorgenti per generare fasci stretti e ben

visibili nell'atmosfera nebbiosa dei concerti di musica leggera.

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ALD

Association of Lighting Designers (UK).

ANSI

American National Standards Institute. Usato come riferimento nei

codici delle lampade.

APIAD

Associazione Produttori Italiani Attrezzature per Discoteche e

teatri. Nata nel 1983 per riunire e qualificare i produttori

italiani e promuovere l'immagine del "Made in Italy" all'estero.

AWG

American Wire Gauge. Sistema di misurazione della superficie di un

cavo elettrico. Più basso è il valore espresso, maggiore sarà la

sezione.

BLEECON

Dai nomi dei costruttori Belling & LEE CONnector. Tipo di

connettori ad 8 pin, simili a quelli DIN (si possono infatti

collegare tra loro, sebbene non in forma di sicurezza), usati

nelle connessioni tra centraline luci e dimmers o demux. Le

connessioni più spesso rinvenute (purtroppo anche qui gli standard

non esistono) sono:

Pin 1 = Tensione di riferimento per il canale 1; e così via, fino

al pin 6. Pin 8 = massa comune.

BNC

Bayonet Neill Consulman, dal nome del suo ideatore. Connettore

coassiale usato per trasferire segnale video composito o in radio

frequenza. BNC viene anche tradotto in: "Bayonet Nut Connector".

BSI

British Standards Institute.

CCTV

Closed Circuit Television. Un sistema di monitoraggio interno al

luogo dello spettacolo, composto da telecamere e monitor video

posizionati in luoghi opportuni per poter far seguire lo

spettacolo o certi movimenti di scena ai tecnici ed agli attori.

CID

Compact Iodide Daylight. Tipo di lampade usate nello spettacolo

per la loro efficienza e temperatura di colore, che si avvicina a

quella di un ambiente esterno in piena luce.

CIE

Commission Internationale d'Eclairage. La commissione

internazionale che ha prodotto una serie di simboli

illuminotecnici universalmente riconosciuti.

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CITT

Canadian Institute for Theatre Technology.

CSI

Compact Source Iodide. Tipo di lampada a scarica, spesso usata nei

seguipersona.

DBO

Dead Black Out. Presente nelle consolle luci per indicare una

funzione che spegne istantaneamente ogni sorgente luminosa dello

spettacolo.

DC

Direct Current. Corrente Continua.

DIN

Deutscher Industrie Normen. Standard europeo per connettori audio

e caratteristiche di equalizzazione.

ERS

Ellipsoidal Reflector Spotlight Proiettori particolarmente diffusi

negli U.S.A.

ESTA

Entertainment Services and Technology Association.

FOH

Front of House. Le parti di un luogo di spettacolo aperte al

pubblico: sala, foyer, ecc.

FUF

Full Up Finish. Portare alla massima intensità le luci dello

spettacolo, specie alla fine dello spettacolo o di brani musicali

per stimolare il pubblico all'applauso.

IEC

International Electrotechnical Commission.

IR

Infra Red. Radiazioni elettromagnetiche non visibili all'occchio

umano di lunghezza d'onda superiore al colore rosso (760 nm). "IR

Control" è il termine internazionale con cui viene indicato il

telecomando di qualche apparecchiatura.

MAGIS

Mostra per l'Attività di gestione e Industriali dello spettacolo.

Manifestazione dedicata alle attrezzature per teatri, cinema e

televisione, in concomitanza con il SIB (vedi voce); qualche anno

fa è stata da esso assorbita.

MCB

Minature Circuit Breaker. Fusibile.

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MSR

Medium Source Rare earth. Tipo di lampada a scarica.

PAR

Parabolic Aluminized Reflector. Tipo di lampada avente la

superficie posta dietro il filamento specchiata, di forma

parabolica ed un spesso vetro di protezione, sigillato ad essa.

PC

Piano Convesso. Abbreviazione per indicare il classico proiettore

teatrale, dotato appunto di lente piano convessa.

PLASA

Professional Lighting and Sound Association.

PSU

Power Supply Unit.

RDM

Remote Device Management. Standard di trasferimento dati di tipo

bi-direzionale in via di sviluppo che, tramite un normale cavo di

connessione DMX, permette alla centralina luci non solo di inviare

i comandi tradizionali ma anche di ricevere le caratteristiche dei

proiettori intelligenti ad essa collegati. Una volta collegati i

vari proiettori e dimmers essa sarà in grado di riconoscerne le

caratteristiche, il numero di canali assegnabili, indicizzarli e

ricevere anche segnali di guasto da parte degli stessi.

SIB

Salone Internazionale delle attrezzature e tecnologie per locali

da Ballo. A cadenza biennale, è il tradizionale appuntamento

fissato in primavera a Rimini per tutti coloro che si occupano

professionalmente di spettacolo.

SCR

Silicon Controlled Rectifier. Componente elettronico detto anche

"Thyristor".

SWL

Safe Working Load. Dato presente in certe apparecchiature di

sollevamento per indicarne il limite di sicurezza.

TRIACTriode Alternating Current switch. Componente elettronico

presente nei moderni regolatori luci. Permette di regolare in modo

lineare la corrente che scorre nelle lampade, permettendone così

la regolazione dell'intensità luminosa.

UV

Ultra Violet. Radiazioni elettromagnetiche non visibili

all'occchio umano, di lunghezza d'onda inferiore al colore viola

(380 nm). In base alle loro caratteristiche vengono divisi in UVA,

UVB ed UVC.

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VPLT

German Professional Lighting and Sound Association.

WYSIWYG

What You See Is What You Get. Software per la gestione delle luci

di uno spettacolo. Permette di vedere sullo schermo di un

terminale la simulazione dell'effetto di una particolare scena

luminosa.

XLR

Xternal, Live, Return. Tipo di connettori multipolari per

applicazioni audio o per trasferire i segnali di controllo luci.

Chiamati anche "Canon" (pron. chènon), dal nome del primo

costruttore.

(un ringraziamento a Samuel Donà ed al mio collega Greg Galand,

raggiungibile, specie per informazioni riguardanti il teatro in

Francia, all'indirizzo: [email protected] ).

GLOSSARIO DI TERMINI TEATRALI

Americana (batten, pipe / porteuse): struttura in legno o metallo

costruita a traliccio, appesa al soffitto mediante un sistema di

tre o più corde parallelamente al boccascena, destinata

all'installazione di proiettori o elementi scenici pesanti. Nel

caso essa accolga materiale illuminotecnico può essere chiamata

con un numero progressivo in base alla sua posizione rispetto al

sipario. Sulla "prima americana" verranno posti quindi i

proiettori che illumineranno la scena dal davanti.

Anteprima (avant-première): prova generale effettuata alla

presenza di un pubblico di invitati, generalmente per osservare la

reazione allo spettacolo.Arlecchino (manteau d'Arlequin): sistema

di pannelli verticali e orizzontali, che limitano lo spazio

scenico sul palco. Il sistema è regolabile in altezza e larghezza

a seconda delle esigenze sceniche.

Attrezzeria: luogo dove vengono costruiti, mantenuti e conservati,

gli oggetti dell'arredo della scena.

Attrezzista (accessoiriste): colui al quale viene affidata la

custodia e la manutenzione degli arredi di scena.

Ballatoio (fly gallery): corridoio posto sopra la scena, su uno o

entrambi i lati del palcoscenico, dal quale vengono eseguiti

movimenti di sollevamento di fondali quando non sia possibile

effettuarli dal piano di palcoscenico. Anche qui, infatti, sono

presenti linee di mantegna ai quali legare i tiri.

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Bandiera (coupe-flux / barndoor): paraluce ad aletta in lamiera

metallica nera opaca, applicato al telaio portaschermi di alcuni

tipi di proiettori, per ridurre il diametro del fascio luminoso.

Era, in passato, un pezzo di stoffa nera appeso ad una cantinella,

da cui il nome.

Bilancia: apparecchio appeso alla soffitta mediante americana, che

serve ad illuminare dall'alto gli elementi dello scenario e più il

palcoscenico. È costituito da una scatola allungata di lamiera

metallica curvata a parabola, suddivisa in più cellule

(generalmente 12) a più circuiti (3 o 4) con supporti per lampade

e telaietti per gelatine colorate.

Boccascena (ouverture de scène): elemento architettonico fisso che

divide la sala dal palcoscenico, incorniciandone la parte visibile

al pubblico. Detto alla francese anche "manto d'Arlecchino".

Cabina (cabine élèctrique): l'ambiente nel quale sono installati i

comandi e gli apparecchi per gli effetti di luce. Può trovarsi sui

lati del palcoscenico, o nel sottopalco. In molti teatri moderni è

collocata nella parte alta o laterale della sala.

Camerino volante (quik change booth): camerino costruito dal

macchinista nelle immediate vicinanze della scena, spesso dietro

le quinte, per permettere rapidi cambi d'abito agli attori.

Cantinella: listello di legno leggero a fibra lunga, generalmente

abete, lungo 4 metri e largo due volte lo spessore (5 x 2,5 cm.),

usato per costruire le armature degli scenari o un'americana.

Cavalla (ferme): struttura di sostegno ai praticabili, costruita

in modo da essere facilmente posta in opera mediante collegamenti

longitudinali.

Capo macchinista (brigadier): è chi dirige i macchinisti,

partecipando al loro lavoro.

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Capretta: montacarichi mobile posto in graticcia con compito di

sollevare provvisoriamente oggetti molto pesanti.

Carro (slip stage, wagon): piattaforma su ruote con installata

parte della scenografia per permettere rapidi cambi scena.

Chiavarda (stage screw): Vite di dimensioni e forma simile ad un

cavatappi per fissare rapidamente al pavimento quinte armate o

altri componenti scenografici.

"Chi è di scena" (call): segnale dato dal direttore di scena che

invita gli attori a presentarsi in palcoscenico per l'inizio dello

spettacolo. Viene in genere preceduto dai segnali dati alla

mezz'ora, al quarto d'ora e ai cinque minuti che precedono lo

spettacolo.

Cieletto (border, teaser / frise): maschera di stoffa o di

materiale rigido, generalmente non intelaiata, appesa a stanghe

semplici, destinata a schermare le fonti di luce per evitare

sforamenti. Quando il cieletto è posto davanti ad un'americana non

va confuso col soffitto, che è sempre elemento scenico visibile.

Copione (promptbook / texte): blocco di fogli sui quali sono

annotati tutti gli eventi che generano lo spettacolo: le entrate

degli attori, i loro dialoghi, i cambi scena ecc. Ogni operatore

ne possiede uno, adattato con note scritte di suo pugno, che gli

consentano di partecipare con il proprio operato: il tecnico luci

avrà riportati i proiettori da accendere, il fonico avrà i titoli

dei brani da riprodurre, l'attrezzista avrà la lista dei materiali

da collocare in scena, ecc.

Costumista (costumière): l'ideatore dei costumi di scena, a cui

spetta anche fornire i disegni d'insieme e particolari per

l'esecuzione.

Corte (stage left / courte): la parte destra del palcoscenico,

guardandolo dalla sala.

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Cyclorama (cyclorama): fondale di rilevanti dimensioni che

circoscrive la scena per dare una dimensione di profondità

infinita alla stessa o per simulare l'esistenza del cielo. Può

essere dipinto o illuminato.

Direttore di scena (stage manager): il responsabile di quanto

avviene durante l'esecuzione dello spettacolo.Fornisce al

personale del teatro i comandi di quanto deve avvenire durante lo

spetacolo (luci di sala, entrata degli attori in scena,

disposizioni sulla sicurezza,ecc). Compila l'ordine del giorno.

Direttore del palcoscenico (directeur de scène): colui che in

palcoscenico ha la responsabilità tecnica e disciplinare dello

spettacolo.

Disegnatore luci (light designer / eclairagiste): decide il tipo

di illuminazione da usare per ogni scena, traducendo in pratica

l'idea del regista, spesso coaudivato dallo scenografo. Una volta

ultimato il progetto, raramente segue la compagnia per le varie

piazze, lasciando la responsabilità della gestione delle luci

all'elettricista.

Elettricista (electrician / electricien): colui che segue il

montaggio del materiale illuminotecnico, aiutato dal personale del

teatro o da addetti al seguito della compagnia. Spesso manovra la

consolle luci durante lo spettacolo.

Fondale (back-drop / rideau de fond): elemento di fondo di uno

scenario, oltre il quale il pubblico non vede, spesso costituito

da un grande telone appeso in soffitta.

Gelatina (gelatine): pellicola di materiale resistente al calore,

trasparente e colorato, utilizzata per colorire qualsiasi fonte di

luce mediante sovrapposizione, montata su appositi telaietti

protettivi. È prodotta in fogli con oltre 100 colori diversi.

Giardino (stage right / jardin): la parte destra del palcoscenico,

guardandolo dalla sala.

Golfo mistico (fossa o buca dell'orchestra) (pit, orchestra pit):

zona della sala vicina al proscenio, spesso posta ad un livello

leggermente inferiore del pavimento, nella quale alloggia

l'orchestra.

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Graticcio/a (gril / grid): chiamata anche soffitta. Piano

calpestabile posto sotto il tetto del palcoscenico, formato dalla

posa in opera di travi quadrate di circa 10 cm di lato, alternate

a spazi vuoti di ugual misura, attraverso i quali fare scendere le

corde che sollevano le strutture di scena. Tali corde scorreranno

su rocchetti (vedi voce relativa) montati tra le due travi vicine.

Macchinista (stage-hand): tecnico preposto al montaggio delle

scene ed al loro funzionamento durante lo spettacolo.

Mantegna: robusta trave ancorata in genere alla perete laterale

del palscosecnico, in genere di legno, alla quale legare le corde

che sostengono il materiale al di sopra della scena.

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Ordine del giorno (call board / ordre du jour): foglio affisso in

luogo predisposto del palcoscenico o sue adiacenze, compilato

quotidianamente a cura del direttore di scena, che stabilisce

dettagliatamente il programma di lavoro (prove e spettacolo) per

il giorno seguente e qualsiasi altra comunicazione come lode,

biasimo, multa, trasferimenti in altra sede (levata di piazza),

ecc. Il membro di una compagnia non può addurre a pretesto la

mancata conoscenza dell'ordine del giorno che è tenuto a leggere

prima di lasciare il teatro.

Palcoscenico (stage / scène): parte dell'edificio teatrale

destinata all'esecuzione dello spettacolo e riservata ai tecnici

ed agli attori.

Periacti (periaktoi): strutture sceniche a tre lati, dipinti con

diversi motivi, per originare, ruotandoli nei cambi scena, tre

ambientazioni diverse.

Pianta luci (light plot, hookup sheet): disegno in pianta della

scena, con riportati i proiettori impiegati, rappresentati secondo

simboli più o meno generalmente riconosciuti, ognuno con il canale

dimmer al quale viene assegnato e con il numero della gelatina

usata.

Piantana (lighting tree, boom): cavalletto con una solida asta

verticale, spesso telescopica, sulla quale vengono assicurati in

vari modi i proiettori, specie quelli posti lateralmente alla

scena.

Platea (stall, house / parterre): la parte della sala destinata

agli spettatori.

Praticabile (praticable, pratical): vale in generale per qualsiasi

superficie piana o inclinata, anche accidentata, sopraelevata sul

piano del palcoscenico, che permetta agli attori di agire

scenicamente su di essa. In particolare i teatri sono forniti di

praticabili a misure standard di 2 x 1 m ed altezze progressive di

20, 40, 60, 80 e 100 cm, variamente componibili.

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...alcuni praticabili fissati assieme formano un piccolo

palcoscenico su cui gli attori provano delle parti.

Proscenio (apron, proscenium / avant-scène): la parte del

palcoscenico posta davanti al boccascena.

Prova (rehearsal / repetition): momento della rappresentazione e

della messa a punto di uno spettacolo.

Prova costumi (dress parade): momento delle prove di uno

spettacolo in cui gli attori indossano i costumi di scena, in

presenza del disegnatore luci e del regista, per dar loro modo di

apporre delle variazioni sul piano luci e farne risaltare le

caratteristiche.

Prova generale (repetition génèrale): ultima prova prima di uno

spettacolo, effettuata come se lo fosse, cioè con tutti gli

elementi necessari: scene, costumi, musiche, luci e senza

interruzioni.

Puntamenti (fare i p.) (focusing): dirigere ed eventualmente

sagomare il fascio di ogni proiettore come descritto nella pianta

luci.

Quinta (velour, leg, tormentor / pendrillon): elemento

scenotecnico in tela libera, appeso in soffitta o fissata ad una

struttura portante (quinta armata) assicurata al piano del

palcoscenico, disposto simmetricamente in uno o più ordini e

delimitante lateralmente il palcoscenico. Può essere di colore

unico (in genere nero) o dipinto scenograficamente.

Regista (producer / metteur en scène): è colui che "regge" la

messa in scena di uno spettacolo, avendo la responsabilità

dell'impostazione estetica e tecnica di uno spettacolo e della sua

realizzazione.

Retropalco (backstage / lontain): tutta quella parte del

palcoscenico nel fondo e ai lati che rimane fuori dalla vista

degli spettatori.

Ribalta (front of the stage,apron / rampe): nel teatro

rinascimentale era quella parte leggermente sollevata del

proscenio che, ribaltata mediante cerniere, determinava

l'occultamento delle luci di proscenio. Oggi vale in senso lato

anche per lo spazio posto avanti al boccascena, cioè il proscenio

stesso.

Rocchetto (poulie): rullo in legno, teflon o metallo, di diametro

intorno ai 5 - 10 cm, largo quanto lo spazio tra le travi

calpestabili della graticcia e assicurato ad esse, libero di

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ruotare su un perno metallico o montato su cuscinetto a sfere. Una

larga scanalatura permette che le corde vi scorrano attorno senza

uscirne.

...ripreso dalla graticcia. Sullo sfondo, 14 metri più sotto, il

pavimento del palcoscenico.

Sarta (dresser): parsona addetta alla manutenzione dei costumi di

scena, nonché ad aiutare gli attori nei veloci cambi d'abito (quik

change), fatti in genere in un apposito camerino montato dietro le

quinte.

Servizi (luci di s.) (worklight): impianto di illuminazione del

palcoscenico usato in assenza di spettacolo, per permettere lo

svolgimento dei lavori di manutenzione, montaggio e di pulizia.

Scena: a) divisione classica di un testo drammatico in genere

determinata, dall'entrata o uscita di uno o più personaggi o da

cambiamento di luogo o tempo.

b) il luogo scenico per l'azione degli attori.

Scenografo (scenographer / scènographe): ideatore dello scenario.

Gli compete, dopo intesa col regista, fornire i bozzetti,

eventualmente i modellini, i disegni esecutivi in scala per la

realizzazione dello scenario, seguendone le varie fasi di

costruzione e montaggio.

Sforo, Sforamento (dècouverte): in origine indica l'inopportuna

vista del retro palco dalla sala, attraverso parti non ben

connesse o disposte dello scenario.

Siparietto (rideau de manovre): secondo sipario di stoffa più

leggera, usato tra quadro e quadro per cambiamenti di scena. Vale

anche per indicare una breve scena recitata sul proscenio davanti

ad un siparietto.

Sipario (curtain / rideau d'avant scène): cortina di stoffa

drappeggiata o tesa, divisa in due parti o intera, che separa la

sala dal palcoscenico. Può essere: all'italiana, alla francese,

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all'imperiale o tedesco, epico o alla greca, alla burattina,

dipinto, ecc., a seconda dei diversi sistemi di apertura.

Siparista: colui che è addetto alla manovra del sipario.

Sottopalco (understage / dessous de scène): la parte sottostante

del palcoscenico.

Suggeritore (prompter / souffleur): colui che segue da dietro una

quinta, spesso durante le prime esecuzioni dello spettacolo, le

parti recitate dagli attori, leggendole dal copione. Pronto a

venire in aiuto all'attore che si dimentichi una frase. A volte è

lo stesso aiuto regista che si incarica di questo non semplice

compito; egli deve essere infatti in grado di intervenire

tempestivamente e con tono non troppo forte, per non essere udito

con chiarezza dall'attore ma non del pubblico.

Tagliafuoco (fire curtain, asbestos curtain): robusta barriera

metallica che, calata davanti al sipario in tela, divide in due

zone il teatro per proteggere la sala o il palcoscenico da

un'eventuale incendio. La resistenza al fuoco deve essere come

minimo di 120 minuti ed in genere la sua discesa, oltrechè essere

manuale, può dipendere dall'entrata in allarme di sensori di fumo

posti in diversi luoghi dell'edificio.

...vista dal palcoscenico del tagliafuoco dietro a cui c'è la sala

del teatro. Ai lati si nota il rosso sipario.

Tiro (line / qui Greg non mi ha saputo dare l'esatta traduzione,

ma di una cosa era certo: mai chiamarlo "còrde": si corre il

rischio di inimicarsi i tecnici presenti, spesso superstiziosi):

sistema di sostegno mediante corde per l'attacco in soffitta di

qualsiasi elemento scenografico o americana. Per il sollevamento

di una struttura si opera come segue: calate delle corde dalla

graticcia, sulla verticale dell'oggetto da sollevare, le si legano

ad esso. Le altre estremità verranno fatte scorrere sui rocchetti,

sistemati a varie distanze l'uno dall'altro, e calate sul

palcoscenico o sul ballatoio laterale, da dove verranno tese fino

al sollevamento dell'oggetto ad altezza voluta. Tramite un

particolare nodo, le corde verranno fissate ad un mantegna.

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...una serie di tiri che salgono in graticcia

Tiro contrappesato (counterweight system): sistema usato per

movimentare agevolmente un'americana luci o un pesante fondale

composto da un contrappeso che, opportunamente collegato alla

struttura da muovere, controbilancia il peso della stessa.

Tirone (jack / béquille): barra metallica o in legno usata per

sostenere una quinta armata, installato dalla parte non in vista

al pubblico.

Vuoto di scena: quando un attore che dovrebbe entrare in scena non

entra.