Il vertere dei cristiani nell’episTolario di gerolamo

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NORME, MODALITÀ E MOVENZE IL VERTERE DEI CRISTIANI NELL’EPISTOLARIO DI GEROLAMO . Rocco Schembra Studio Teologico «S. Paolo» - CATANIA [email protected] Napoli, 12/02/2020

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NORME, MODALITÀ E MOVENZE

IL VERTERE DEI CRISTIANI NELL’EPISTOLARIODI GEROLAMO.

Rocco Schembra Studio Teologico «S. Paolo» - [email protected]

Napoli, 12/02/2020

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SINTESI DELLA PRESENTAZIONE

• Teoria del uertere presso i pagani;

• Teoria del uertere presso i giudei e i cristiani;

• Il uertere in Gerolamo

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TEORIA DEL VERTERE PRESSO I PAGANI

- LESSICO DEL ‘TRADURRE’;- COSA VUOL DIRE ‘INTERPRES’?;- LA POSIZIONE DI CICERONE;- LA POSIZIONE DI ORAZIO

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LESSICO DEL ‘TRADURRE’DIMENSIONE ORALE DELLA CULTURA:

A) Tradurre:

1) expedire = spiegare;

2) narrare = raccontare;

3) referre = riferire;

4) recitare = recitare

B) Comprendere chi parla in un’altra lingua:

1) sapĕre, scire = sapere;

2) narrare = sapere (in quanto sono gnarus, ossia a conoscenza di quello che viene detto in altra lingua)

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TERMINOLOGIA TECNICA DEL TRADURRE:

1) exprimere = premere, cavare fuori

Letteralmente significa ‘produrre un’immagine da uno stampo’, ‘lasciare un segno imprimendo il sigillo sulla cera’. Indica, pertanto, la congruenza esistente tra il testo di partenza e il testo di arrivo

2) reddere = restituire

Fa probabilmente riferimento alla traduzione intesa come restituzione in senso acustico dell’originale, come sua eco, ovvero come replica latina a un enunciato in lingua straniera

3) transferre = portare al di là

Calco del greco μεταφέρειν, indica l’atto del tradurre come un ‘portare al di là’ di un confine linguistico determinati significati, condotti pertanto ad una lingua diversa

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IL VERBO PIÙ USATO:

uertere: tradurre

Cosa significa letteralmente uertere?

- Usato in senso proprio, uertere significa ‘far ruotare’, ‘rovesciare’ un oggetto (si veda l’esempio del pollice verso)

Costrutti sintattici:

1. uertere + accusativo (es.: uertere uestem = cambiare abbigliamento)2. uertere + in e accusativo (es.: incendia uertunt in cinerem = le fiamme mutano in cenere)

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Cosa significa metaforicamente uertere?

- Usato nel senso di ‘tradurre’, uertere significa ‘sottoporre un testo composto in una data lingua a una mutazione radicale

Questo atto si configura come una vera e propria metamorfosi, la realizzazione di qualcosa che si presenta come totalmente ‘altro’ rispetto a ciò che era prima

Ecco perché un altro verbo usato in latino per indicare l’azione del tradurre è:

- mutare.

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COSA VUOL DIRE ‘INTERPRES’?

- Il termine più usato per indicare colui che traduce (un testo orale durante un dialogo o per un discorso ufficiale ovvero un testo scritto) è ‘interpres’

Etimologia del termine:

INTER + RADICE DELLA PAROLA PRETIVM (= ‘prezzo’, ‘valore’)

Dunque la linguistica storica sembra ricondurre la parola interpres alla sfera semantica degli affari.

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*πρ

πιπράσκω(vendere)

πράσις(vendita)

πρατός(venduto, in

vendita)πέρνημι(vendere)

πόρνη(prostituta)

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interpres • mediatore negli affari

interpres• traduttore

durante le transazioni commerciali

interpres • traduttore

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LA POSIZIONE DI CICERONE

«Io ho tradotto (conuerti) dai due più eloquenti oratori attici, Eschine e Demostene, due discorsi,notissimi e antitetici; ho tradotto (conuerti) da oratore (orator), non già da interprete (interpres) di untesto, con le espressioni stesse del pensiero, con gli stessi modi di renderlo, con un lessico appropriatoall’indole della nostra lingua. In essi non ho creduto di rendere parola per parola, ma ho mantenuto ognicarattere e ogni efficacia espressiva delle parole stesse (non uerbum pro uerbo necesse habui reddere, sedgenus omne uerborum uimque seruaui). Perché non ho pensato più conveniente per il lettore pagarlo incontanti (adnumerare), una parola dopo l’altra: piuttosto, dare il peso equivalente (adpendĕre). Se, comeconfido, sarò riuscito a rendere i loro discorsi col ricorso a ogni accorgimento loro, cioè con l’impiegodei loro moduli espressivi del pensiero e della dislocazione lessicale loro propria, ormeggiandone itermini ma in una misura che non li renda estranei all’indole della nostra lingua - se poi nonappariranno tutti nella traduzione dal greco quelli del testo originale, il nostro sforzo è stato tuttaviache fossero dello stesso valore -, questa sarà la norma a cui vorranno allinearsi i discorsi degli oratoriche vorranno esprimersi in modo “attico”». (Cic., de optimo genere oratorum, 1, 14ss.)

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Orazioni greche

Non come interpres

(uerbum pro uerbo reddere)

Traduzioni di Cicerone

Ma come orator (genus

omneuerborum

uimqueseruare)

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(NON) ADNUMERARE

(SED) ADPENDERE

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LA POSIZIONE DI ORAZIO

«La materia pubblica diverrà proprietà privata se non indugerai nel cerchiovolgare e accessibile a tutti; e non ti preoccuperai di restituire una parola perl’altra, come fa l’interprete che ispira fiducia (nec uerbo uerbum curabis redderefidus interpres) e, imitando, non ti caccerai in uno spazio troppo angusto, da cuiil pudore o la legge dell’arte ti vieteranno di estrarre il piede». (Hor. ars 131ss.)

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FIDVS INTERPRES non nel senso di

TRADUTTORE FEDELEma di

MEDIATORE AFFIDABILE

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Per Orazio la traduzione artistica:

- è un’azione di passaggio dalla sfera del pubblico alla sfera del privato;

- deve riguardare testi poco praticati;- non deve uerbo uerbum reddere, come si farebbe in una

transazione commerciale da parte di un mediatore di cui ci si può fidare.

Orazio invita dunque al tradimento!

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TEORIA DEL VERTEREPRESSO I GIUDEI E I CRISTIANI

- TERTULLIANO

TRADURRE LA BIBBIA.POSIZIONI GIUDAICO-ELLENISTICHE:

- LETTERA DI ARISTEA- FILONE

LE POSIZIONI DEI CRISTIANI:

- GIUSTINO- IRENEO DI LIONE

- PSEUDO-GIUSTINO- EUSEBIO DI CESAREA

- EPIFANIO DI SALAMINA

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TERTULLIANO (155 CA. – 230 CA.)

«Ma, affinché più completamente ed a fondo arrivassimo sia alla conoscenza di Lui, che delle Sue disposizioni e volontà, Egli aggiunse lo strumento della scrittura (instrumentum litteraturae), qualora uno intorno a Dio voglia indagare e, indagatolo, trovarlo e, trovatolo, credere e, credutolo, servirlo. E invero fin dai primordi mandò uomini nel mondo per la loro intemerata giustizia degni di conoscere e manifestare Dio, inondati di spirito divino, affinché predicassero che esiste un Dio unico, il quale creò l’universo e che ha dato forma all’uomo dalla terra […] Questi predicatori (praedicatores), di cui ho parlato, dal loro ufficio di predire si chiamano profeti. Le parole loro e, del pari, i prodigi che compivano per far fede della loro missione divina, si conservano nei tesori della scrittura (in thesauris litterarum); né essi sono tenuti nascosti».

(Tert., apol., 18, 1ss.)

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Gli dèi pagani

non parlano per iscritto

uomini ispirati mettono per iscritto

la loro voce (aedi; sibille; pontefici…)

Dio

parla per iscritto

fornisce da sé la Legge per mezzo di

Mosè

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tradurre la Parola di Dio

non può dunque essere come tradurre un qualunque testo

così occorre mutare le regole per

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TRADURRE LA BIBBIA:POSIZIONI GIUDAICO-ELLENISTICHE

Demetrio Falereo consiglia Tolemeo II Filadelfo di arricchire la biblioteca di Alessandra con la Legge degli Ebrei;

Occorre farla tradurre;

Viene mandata una lettera al gran sacerdote Eleazar perché scelga 72 dotti, dalla condotta di vita esemplare, esperti nel tradurre, abili nell’ebraico e nel greco, sei per ogni tribù;

Essi giungono ad Alessandria con splendidi doni per il Filadelfo e con preziose pergamene vergate in oro che recano la Torah;

Vengono accompagnati nell’isola di Faro e conducono il lavoro di traduzione.

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LETTERA DI ARISTEA(II SEC. A.C.)

«Ogni giorno i dotti rendevano omogeneociascun aspetto della traduzione attraversoreciproci confronti. Il risultato di talearmonizzazione veniva trascritto sotto ladirezione di Demetrio. Le sedute duravanofino all’ora nona […] Ogni mattina essiandavano a corte, salutavano il re etornavano al loro alloggio. Dopo essersilavate le mani in mare, com’è costume ditutti i Giudei, e aver rivolto a Dio la loropreghiera, essi si dedicavano alla lettura adalta voce e alla spiegazione di ogni passo»(Aristeas Judaeus, 301-311).

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Traduzione autorevole sulla base del rispetto delle categorie:

- Etniche e culturali (i 72 dotti rappresentano l’intera cittadinanza);- Sociali (appartengono alle migliori famiglie);- Etiche (si distinguono per integrità di vita);- Dottrinali (hanno competenza in entrambe le lingue);- Metodologiche (si avvalgono di criteri filologici nella traduzione);- Politiche (la comunità giudaica riconosce il loro lavoro);- Religiose (richiami biblici, la maledizione per chi modifica il loro lavoro, la

pietas con cui esso è condotto)

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FILONE (20 A.C. – 45 D.C.)

«In questo ritiro essi si mettono dunque al lavoro, senza che alcuno fossepresente, tranne gli elementi della natura, terra acqua aria e cielo: perché laloro sacra rivelazione avrebbe preso le mosse dall’origine di questi elementi[…] E come se fossero posseduti dalla divinità, profetarono non chi una cosachi un’altra, ma tutti usarono le stesse parole e le stesse frasi, come se unsuggeritore invisibile facesse risuonare la sua voce alle orecchie di ciascuno diloro. Chi non sa che ogni lingua, e il greco in particolare, è ricca di vocaboli? Eche lo stesso pensiero può essere espresso in forme diverse usando parole ofrasi differenti, per adattare il discorso all’occasione? Ma non fu così, ci vieneraccontato, che accadde con la traduzione delle Leggi. Ciascuna parola greca,infatti, coincideva in modo proprio ed esatto con quella caldaica, e in manieraperfetta si adattava all’oggetto che indicava» (Ph., de uita Mosis, 2, 5, 25ss.).

Non si tratta propriamente di una traduzione ma di una SACRA RIVELAZIONE

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espressioni ‘caldaiche’

trad.1 trad.2… trad.72

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Il testo di partenza non è visto come anteriore a quello diarrivo, ma entrambi sono considerati come discendenti dauna medesima stirpe.

Oggetti

Parola di Dio

Scrittura in

greco

‘traduzione perfetta’

Scrittura in ebraico

Dio si è autotradotto!

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LE POSIZIONI DEI CRISTIANI

GIUSTINO († 165)

• È il primo dei cristiani a parlare della traduzione della Scrittura;

• I libri richiesti da Tolemeo non sono più il solo Pentateuco, ma tutta la Scrittura;

• Atteggiamento ostile nei confronti dei giudei (questi ultimi – dice Giustino – utilizzano anch’essi la traduzione greca della Bibbia, ma non la comprendono a fondo)

(Justin., I apol., 31, 2)

IRENEO DI LIONE (130-202)

• I traduttori sono 70 e non 72;

• L’atteggiamento nei confronti dei traduttori giudei è assai ostile;

• Tolemeo li tiene isolati uno dall’altro perché non si fida, perché teme che occultino il vero significato della Legge;

• Alla fine, le traduzioni risultano perfettamente coincidenti;

• Le versioni vengono confrontate esclusivamente l’una con l’altra e non con l’originale;

• Per apprezzare il miracolo, dunque, basta conoscere la lingua greca.

(in Eus. h.e., 5, 8, 11-15)

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Scrittura ebraica (Mosè)

Seconda versione ebraica (Esdra, che riscrive la Legge distrutta dall’incendio del Tempio decretato dal sovrano di Babilonia Nabucodonosor II nel 587 a.C.)

Parola di Dio

Scrittura greca (Settanta)

Possibili eventuali altre manifestazioni della Parola di Dio

Parola di Dio

Nella visione di Ireneo, la traduzione viene negata. Si trattò di una nuova e diversa manifestazione della Parola di Dio

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PSEUDO-GIUSTINO

«Non si tratta di un mito, o Greci, né vi narriamo racconti favolosi. Noi infatti siamo stati ad Alessandria, abbiamo visto i resti delle celle ancora conservati a Faro. E ciò che narriamo lo abbiamo appreso dagli abitanti che, a loro volta, lo hanno ricevuto dagli antenati, come appartenenti ai loro padri».

- autopsia;

- cornice architettonica dell’evento;

- tradizione autoritativa all’interno della comunità di Alessandria

(ps.Just., coh.Gr., 13, 2-3)

EUSEBIO DI CESAREA (265-340)

• Dio predispose che le Scritture venissero tradotte prima dell’incarnazione del Figlio per prepararne la venuta e perché la conoscenza di Lui non fosse solo appannaggio degli Ebrei;

• La traduzione, dunque, è segno di un supremo piano di salvezza universale.

(Eus., p.e., 8, 1, 6)

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EPIFANIO DI SALAMINA (315 CA. - 403)

- Le cellette dei traduttori da 72 passano a 36 (disposizione a coppie. Cf. Eu.Luc. 10, 1: «Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi». Evidente esempio di ulteriore cristianizzazione del racconto);

- Esplicita menzione dello Spirito Santo che guida il lavoro di traduzione;- I traduttori sono liberi di aggiungere o togliere a loro piacimento dall’originale (ma alla fine tali scelte

risulteranno tutte condivise);- Quello che conta è dunque non che la traduzione risulti totalmente confacente all’originale, ma che le

traduzioni siano perfettamente identiche tra di loro.

Traduzione superiore all’originale!Quindi:

I giudei dispongono di una versione inferiore del Testo sacro.

(Epiph., mens., PG, 6, 48, cc. 241ss.)

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IL VERTERE IN GEROLAMO (347-420)

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- Perché una nuova traduzione in latino della Bibbia?- Il ruolo di papa Damaso I (366-384)- L’hebraica ueritas

Oltre alle precedenti traduzioni latine indicate collettivamente col nome Vetus latina, Gerolamo aveva anche a disposizione i testi originali in ebraico, aramaico, greco e l’allora autorevolissima versione greca dell’Antico Testamento della Settanta. Data la scarsa conoscenza che abbiamo delle differenti versioni latine pre-vulgata non è possibile sapere con certezza quanto del lavoro di Gerolamo sia stata una revisione dei testi precedenti e quanto sia stata una traduzione ex nouo. A grandi linee, vi è un sostanziale accordo tra gli studiosi su questo quadro:i 38 libri in ebraico dell’Antico Testamento, eccetto i Salmi, furono tradotti ex nouo dal testo ebraico che verrà poi utilizzato per il cosiddetto ‘testo masoretico’;il libro dei Salmi è stato oggetto di una triplice versione:

la prima, nota come Versio Romana, fu realizzata da Gerolamo già nel 382, è una revisione di una precedente traduzione latina adattata al testo della Settanta;la seconda, nota come Versio Gallicana, fu realizzata tra il 386-391 a partire dal testo greco degli Hexapla di Origene;la terza versione fu realizzata tra il 398-405 a partire dal testo originale ebraico.

i libri deuterocanonici di Giuditta e Tobia sono una traduzione ex nouo dal testo originale greco della Settanta;gli altri 6 libri deuterocanonici greci e i 27 libri del Nuovo Testamento, inclusi i Vangeli, sono una revisione di precedenti versioni latine.

LA VULGATA

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ALIUD EST ENIM VATEM, ALIUD ESSE INTERPRETEM

«… e non so chi fu il primo autore a metter su, con la menzogna, le settanta cellette di Alessandria, nelle quali, separati l’uno dall’altro, [i Settanta] avrebbero scritto le medesime cose, dal momento che né Aristea, il campione del medesimo Tolemeo, né dopo molto tempo Giuseppe, hanno mai riferito niente del genere: al contrario, essi scrivono che, raccolti in una sola basilica, [i Settanta] avevano confrontato i loro testi, non che avevano profetato. Una cosa è infatti essere profeta, un’altra essere traduttore. In quel caso lo Spirito predice gli avvenimenti futuri, in quest’altro invece la dottrina e la ricchezza di parole traduce da un testo all’altro ciò che comprende. […] Costoro [i Settanta] hanno tradotto prima dell’avvento di Cristo, e quel che non sapevano hanno espresso con frasi incerte. Noi, che veniamo dopo la sua passione e resurrezione, non scriviamo profezie, ma storia. […] Non condanno i Settanta, non li rimprovero, ma in piena fiducia antepongo gli Apostoli a tutti loro. Attraverso la loro bocca risuona per me la parola di Cristo, loro che, a quanto leggo, nella scala dei carismi spirituali vengono prima dei profeti: mentre i traduttori tengono in essa quasi l’ultimo posto» (cf. I Corinzi, XII, 4-11).

(Hier., praef. Vulg. Pent., p. III)

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L’EPISTOLA 57 A PAMMACHIO (395-396)

- Il motivo della lettera: Gerolamo dice di doversi difendere dall’accusa di aver tradotto in modo tendenzioso in latino una lettera che Epifanio di Salamina (antiorigenista) aveva inviato a Giovanni di Gerusalemme (origenista);

- Nonostante l’altisonante sottotitolo «De optimo genere interpretandi», questa lettera non è un trattato sulla traduzione;

- Egli si difende dicendo che in quanto traduttore non è responsabile delle affermazioni teologiche contenute nella lettera, ma egli si è limitato a rendere in latino il pensiero di Epifanio, volto a condannare l’eresia origenista di Giovanni di Gerusalemme;

- Quindi Gerolamo passa ad affrontare la questione della traduzione…

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Hier., epist. 57, 6, 1-2:

«Ma perché i miei argomenti non manchino di autorità - per quanto io abbia voluto affermare soltanto questo: che, fin dalla giovinezza, io ho sempre tradotto non le parole, ma i concetti (non uerba, sed sententias transtulisse ) - ascolta direttamente come suona la breve prefazione in proposito nel libro che narra la vita di sant’Antonio: ‘Una traduzione da una lingua a un’altra aderente alla singola parola occulta il significato del testo quanto un’erba rigogliosa soffoca le messi. Mentre infatti il discorso si fa schiavo dei casi e delle figure, presenta a stento ciò che avrebbe potuto esprimere in breve, con un lungo giro di parole. Per evitare ciò, dunque, ho tradotto il sant’Antonio, come mi avevi richiesto, in modo tale che non manchi nulla del contenuto, sebbene manchino alcune parole. Altri vadano a caccia di sillabe e lettere, tu bada ai concetti’».

Hier., epist. 57, 5, 6:

«Perciò anch’io circa vent’anni or sono, quando traducevo in latino la Cronaca di Eusebio, edotto da tali autori, [...] fra l’altro mi sono servito di una premessa di questo tenore: ‘È difficile che chi ricalca linee tracciate da altri non se ne discosti in qualche punto, è arduo che ciò che è detto bene mantenga la medesima grazia in una traduzione. Qualcosa è stato espresso attraverso il valore di una parola, non ho un termine mio con cui esprimerlo e, mentre cerco di esprimere pienamente il concetto, facendo un lungo giro, a mala pena riesco a compiere un breve tragitto. A ciò si aggiungono i giri tortuosi degli iperbati, le diversità dei casi, le differenze di figure, e, per concludere, il carattere proprio e per così dire le caratteristiche familiari della lingua: se li rendo alla lettera il risultato è una stonatura. Se per necessità muterò qualcosa nella struttura sintattica, nell’espressione, sembrerò esser venuto meno al compito del traduttore (si ad uerbum interpretor, absurde resonant; si ob necessitatem aliquid in ordine, in sermone mutauero, ab interpretis uidebor officio recessisse)’».

Page 36: Il vertere dei cristiani nell’episTolario di gerolamo

Hier., epist. 57, 5, 2:

ego enim non solum fateor, sed libera uoce profiteor me in

interpretatione Graecorum absque scripturis sanctis, ubi et uerborum

ordo mysterium est, non uerbum e uerbo, sed sensum exprimere de

sensu. habeoque huius rei magistrum Tullium, qui Protagoram

Platonis et Oeconomicum Xenofontis et Aeschini et Demosthenis

duas contra se orationes pulcherrimas transtulit.

«Perché io non solo dico, ma proclamo a piena voce che nel tradurre i Greci, fatta

eccezione per le Sacre Scritture, nelle quali l’ordo uerborum contiene una verità di fede,

non rendo parola per parola, ma significato per significato, e ho come maestro di

questo modo di procedere Cicerone, che ha tradotto il Protagora di Platone e

l’Economico di Senofonte e le due bellissime orazioni contrapposte di Eschine e

Demostene».

Page 37: Il vertere dei cristiani nell’episTolario di gerolamo

GEROLAMO MANTIENE LA PROMESSA?

Teoria: la Scrittura va tradotta alla lettera, anche

rispettando l’ordine delle parole

Pratica: la sua Vulgata offre una

traduzione a senso e non letterale

NO

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ALTRE AFFERMAZIONI A FAVORE DELL’IMPORTANZADELLA LETTERA DELLA SCRITTURA

• in Ps. II, 82, 42:

«I singoli nomi hanno singoli misteri: quante sono le parole, tanti sono i misteri»

• In Eph. 2, 512, 11:

«Le singole parole, sillabe, apici, segni di punteggiatura, nelle Scritture divine sono pieni di significato: preferiamo mettere a rischio la composizione e la struttura delle parole, piuttosto che il loro intimo significato».

Hier., epist. 53, 8:

«Ad esempio il libro del Levitico, nel quale i singoli sacrifici, anzi quasi le singole sillabe e ogni particolare delle vesti di Aronne e tutto l’ordine delle parole emanano misteri celesti».

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CHE COSA INTENDE GEROLAMO CON ‘ORDO’?

ubi et uerborum ordo mysterium est:

- Schade (1910) suggeriva di intendere ubi con valore limitativo (= nella Scrittura la traduzione

letterale si impone SOLO DOVE l’ordine delle parole è un mysterium);

- Altri hanno inteso ordo uerborum come ‘valore’, ‘carattere’, ‘genere’ delle parole;

- Normalmente in un testo letterario ordo significa ‘ordine’. Tuttavia l’ordine di una frase o di un

discorso non è una semplice e banale ‘successione’, ma vale anche ‘concatenazione’,

‘connessione’, ‘rapporto gerarchico’, per cui ordo finisce con l’essere sinonimo di sensus.

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Pertanto, nelle Scritture contengono un significato sacro persino la struttura stessa delle frasi, la loro formulazione, le singole parole. Dunque anche il mysterium insito nell’ordo uerborum deve essere tradotto.

Ma questo non significa che il modo migliore per farlo sia tradurlo uerbum e verbo, ma la fedeltà a questo ordo uerborumsembra richiedere di andare ben al di là di una traduzione alla lettera.

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CURIOSANDO NELL’EPISTOLARIO DI GEROLAMO:LE PAROLE INTRADUCIBILI

Hier., epist. 20, 4:

«La parola osanna, invece, essendo intraducibile in greco, è stata riportata nell’originale ebraico, trascrivendo appunto osanna, sorte che è capitata pure alle espressioni alleluia, amen, e a parecchie altre. Ma Luca, il più erudito degli Evangelisti in lingua greca […], vedendo che era impossibile tradurre questa particolarità idiomatica, pensò ch’era meglio tralasciarla, anziché usare una parola che ponesse problemi linguistici al lettore».

Hier., epist. 26, 2:

«Tanto i Settanta che gli Apostoli ebbero cura di non portare innovazioni che potessero scandalizzare i credenti – dato soprattutto che la Chiesa primitiva si era formata con elementi giudaici -, ma di trasmettere i medesimi testi su cui erano stati istruiti nell’infanzia. In seguito, dopo che la predicazione del Vangelo si estese a tutti i popoli, non fu più possibile portare variazioni a quanto già si era adottato. Origene inoltre, nei suoi libri detti esegetici, porta pure questo motivo: ogni lingua ha un suo modo particolare di esprimersi; ora le parole non possono conservare nella traduzione le medesime sfumature che hanno nell’originale; conviene molto di più, perciò, trascriverle tali e quali, piuttosto che attenuarne la forza espressiva, traducendole».

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TRADURRE IL NOME DI DIO

Hier., epist. 25, 2:

«Il primo nome di Dio è hel, tradotto dai Settanta con Dio, mentre Aquila – che ne esprime l’etimologia – lo traduce con ἰσχυρόν, cioè forte.Poi viene eloim ed eloe, che significa ugualmente Dio.Il quarto è sabaoth che i Settanta tradussero delle virtù e Aquila degli eserciti.Elion è il quinto, che per noi equivale ad altissimo.Il sesto è eser ieie; si trova nell’Esodo: «colui che è mi ha mandato».Adonai è il settimo nome, e noi lo traduciamo generalmente Signore. L’ottavo è ia; viene attribuito solo a Dio e lo si riscontra nell’ultima sillaba di alleluia.Il nono è composto di quattro lettere (tetragramma); lo si pensava anecfóneton, cioè ineffabile […]Il decimo è […] saddai, che nel testo di Ezechiele non viene tradotto».

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QUESTIONI GRAMMATICALI

Hier., epist. 18B, 1:

«Nei Settanta si trova: ‘E mi fu inviato uno dei Serafini’; in Aquila e Teodozione: ‘E volò da me uno dei Serafini’ (unum ex Seraphim); in Simmaco: ‘E volò da me uno dei Serafini’ (unus ex Seraphim) […] La variante di alcuni interpreti che pongono volare invece di essere inviato, sta ad indicare quanto veloce giunga la parola di Dio a coloro che sono ritenuti meritevoli della sua confidenza. C’è pure una divergenza nel genere del nome: i Settanta, Aquila e Teodozione attribuiscono alla voce Serafino il genere neutro, Simmaco il genere maschile. Non c’è da pensare però che esista una distinzione di sesso fra le Virtù divine […] Ne consegue che se, discorrendo di esseri soprannaturali, si usa il maschile o il femminile, non si vuole indicare con ciò una differenza di sesso, ma semplicemente una variazione del genere grammaticale proprio di ciascuna lingua».

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LA RICERCA DELLA VERITÀ

Hier., epist. 27, 1:«Penso di non avere uno spirito così ottuso e di non essere così grossolanamente zotico […] fino al punto d’azzardarmi a correggere in qualche modo la parola del Signore o da non crederla ispirata da Dio. Ho solo voluto riportare la cattiva traduzione dei codici latini – provata chiaramente dalle divergenze che si riscontrano in tutti i libri – all’originale greco, da cui – essi pure l’ammettono – erano stati tradotti».

Hier., epist. 28, 5:«Queste conclusioni le ho tratte dalla pura sorgente della lingua ebraica: non ho seguito le correnti delle varie opinioni; né mi ha spaventato quella selva di errori che ha invaso il mondo intero: ma ho desiderato di conoscere ed insegnare soltanto la verità».

Hier., epist. 29, 1:«Ma è pur vero che a chi disserta sulla S. Scrittura non sono tanto necessarie le parole quanto il senso. D’altronde se cerchiamo l’eloquenza è meglio leggere Demostene o Cicerone: ma se si tratta dei misteri divini, è necessario esaminare bene i nostri codici, che – a dirla francamente – nella traduzione dall’ebraico al latino non vanno troppo d’accordo».