Il vecchio, i gelsi e il carabiniere

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Racconto di Alessandro MagliozziThe Freak Editori

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IL VECCHIO, I GELSI E IL CARABINIERE

Racconto di

Alessandro Magliozzi

The Freak Editori

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"Te lo dico io, ha rapito un bambino."

"Ma che! Era scomparso, l'hanno pure ritrovato."

"Mia mamma ha detto che non ci devo parlare perché rapisce i bambini."

"Tua mamma pensa che si prende la scossa a giocare col Gameboy."

Le risate fragorose dei bambini vennero smorzate dalla frase di uno di

loro,

"Eccolo eccolo!", detta in un sussurro comunque abbastanza forte da

essere sentito al di là della strada. Il vecchio camminava lento e deciso, lo

sguardo basso, il solito cappello blu abbassato sugli occhi e il solito

giaccone consunto di un colore indefinibile. Portava in mano un secchio

azzurro e una corda visibilmente già usati per più di una mansione.

Quando passò davanti ai bambini non girò la testa, mosse solo gli occhi in

modo da intravederli, come per non spaventarli.

"Ecco, con la corda ci lega i bambini!", disse uno dei coraggiosi. Risatine

temerarie si sollevarono nel gruppo, mentre il vecchio apparentemente

non guardava. Percorse il lungomare per raggiungere gli scogli, poi uscì

dalla vista della piccola banda, che come risvegliata da un torpore, o forse

per pensare rapidamente ad altro, inforcò le biciclette e sfrecciò via, a

sbirciare la signora svedese, o a rubare le arance da qualche cortile.

Solita sveglia presto, stamattina. Dopo quarant'anni che mi sveglio all'alba,

non riuscirei a fare diversamente. Esco fuori un po' tremante per il freddo

ed entro nel pollaio. Le galline fanno la loro solita danza mentre attraverso

il loro piccolo mondo per prendere un uovo. Non ho bisogno di rientrare,

lo bevo direttamente lì, così mi abituo alla temperatura. Ormai l'albero è

cresciuto nella direzione giusta, posso togliere la corda. Visto che mi trovo

colgo un po' di limoni, almeno un secchio pieno. Lo svuoto dentro, che poi

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mi serve. Mi prendo un po' di tempo per leggere un altro capitolo, poi una

carezza alla foto, un bacio sulle dita, prendo la giacca, il secchio, la corda

ed esco. Sul lungomare ci sono dei bambini, ridono. Lo so bene cosa

pensano, ma sono bambini. Quando avevo la loro età prendevamo sempre

in giro la signora che abitava dopo il porto, dicevamo che era una strega.

Meglio non guardarli, che poi scappano via di colpo e non voglio che si

facciano male. Invece di seguire la strada e fare la curva imbocco un

pezzetto di spiaggia fino agli scogli. Non sono scogli piatti, quindi la gente

non ci cammina. La barca l'ho messa un po' oltre, così nessuno la tocca,

che una volta dei ragazzacci ci hanno attaccato un motore e ci si sono fatti

un bel giro.

Oggi vado a pesca, ma prima cambio la corda! Quella vecchia è tutta

mangiata, un altro po' di mare grosso come ha fatto la settimana scorsa e

si spezza. Poi vado a vedere se prendo qualche cosa a largo, la roba piccola

per i gatti e il resto magari riesco a cucinarlo, semplice semplice, bollito col

limone. Il mare è mosso, ma tanto sono solo i primi cinquanta metri. Poi è

una vita che pesco nel giorno del mio compleanno.

Trent'anni compio oggi. Mamma mia, trenta. Ed è anche domenica! Posso

andare giù in spiaggia a correre un po', poi al...mercato. Che succede nella

piazza del mercato? C'è trambusto, si sentono urla.

"Non c'è, non c'è!"

Grida la signora, il marito che cerca di sorreggerla, qualcuno prende in

mano la situazione. Dal vocio pare che non si trovi il bambino, che non era

nel letto quando la madre è andata a svegliarlo. Succede tutto in pochi

minuti, qualcuno corre al pozzo, qualcun altro si prepara a ripescarlo

direttamente dal mare e nel frattempo controlla la spiaggia e gli scogli. Il

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telefono per chiamare la polizia non ce l'ha nessuno in paese. Altri si

avviano per la collina, per ispezionare quel poco di bosco e la grotta poco

profonda dove i ragazzetti vanno a giocare qualche volta. Io non dico

niente, mi avvio da solo. Vado verso la terra di quel vecchietto basso e

simpatico, che non ci va mai perché tanto "la deve vendere" e quindi giace

lì quasi del tutto incolta. Nessuno ha pensato di cercare lì, perché c'è un

recinto alto, ma i bambini ci vanno e passano da sotto, perché i bambini

non sono fessi, anche se non tutti in paese lo sanno. Non è che io sia più

furbo degli altri, è che li ho visti lì quando sono andato a cogliere gli

asparagi l'ultima volta. In effetti potevo portare qualcuno con me, ma

l'idea mi è venuta di colpo ed erano già tutti scappati, tranne i genitori.

Arrivo al terreno e passo anch'io attraverso la rete, dove i bambini l'hanno

sollevata. Vago per l'erba alta e penso che da solo ci metterò una vita a

guardare bene dappertutto. Devi vendere un terreno, tagliaci l'erba! Se è

qui, svenuto o comunque steso, non lo troverò mai. Alzo lo sguardo un po'

disperato, una goccia di sudore mi cola dalla fronte nell'occhio. Poi vedo

l'albero, quello grande, magari posso salirci sopra e guardare il terreno

dall'alto. Ma pensa te, eccolo lì. Ai piedi dell'albero vedo il bambino, steso

a terra, sembra svenuto. I capelli biondi fanno una forma strana sul

terreno. La maglietta è sporca all'altezza del basso ventre. Quel pollo si è

alzato presto per fare scorta di gelsi e non l'ha detto ai suoi. Vedo un po' di

quei gustosi frutti sul terreno, caduti dal sacchetto improvvisato

ripiegando un lembo della maglietta. Pare abbia battuto la testa, ma non

esce nemmeno sangue. Dopo un po' di schiaffetti rinviene, ma è molto

debole, quindi lo prendo in braccio e mi avvio di nuovo verso il paese. Da

lontano vedo che i gruppi di ricerca si sono assiepati nuovamente intorno

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ai genitori disperati, immagino per riorganizzarsi ed avviare un'altra

spedizione. Non si accorgono che mi avvicino prima degli ultimi venti

metri. Quando mi scorgono, tutti vengono verso di me, ma la disperazione

della madre le conferisce una velocità quasi innaturale.

"Che gli hai fatto? Che gli hai fatto?"

Grida, e lo tira via dalle mie braccia con una forza tale da farmi

preoccupare che non si faccia male. Mentre tutti si rendono conto che il

ragazzino sta bene e che ha solo bisogno di una cioccolata, di dormire un

po' e di una bella lavata di testa, magari in quest'ordine, pare che si siano

dimenticati di me. Poi qualcuno pare ricordarsi all'improvviso che ero co-

protagonista della scena, e arrivano le pacche sulle spalle e le frasi di

circostanza. Poi pian piano la folla si allontana e i genitori del disperso si

affrettano a rientrare in casa per prestargli le prime cure. Mi sa che per

oggi il compleanno si è risolto così. Credo che andrò a pesca.

"Allora oggi abbiamo preso qualcosa, oggi?"

Il negoziante era come al solito cordiale e sorridente, per quanto il suo

sorriso tradisse la classica educazione di facciata. Del resto il vecchio non

parlava molto, prese dei piombi e li mise sul bancone. Poi tirò fuori una

busta dal secchio e quando il negoziante vide che questa si dimenava

sorrise compiaciuto. Il vecchio poi rispose:

"Sì, anche qualcosa per te. Quanto devo?"

"Ma che scherziamo? Vai, vai fuori!" Concluse scherzosamente, sempre

sorridente, nonché soddisfatto per aver fatto, secondo lui, la parte

dell'altruista con merce che nemmeno ricordava di avere, e per aver

ottenuto in cambio del pesce fresco. Due signore, presenza insolita in un

negozio di pesca, cercavano una canna da pesca per uno dei loro figli,

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scherzando sul fatto che l'avrebbe usata nel migliore dei casi una sola

volta. Quando il vecchio uscì l'argomento cambiò bruscamente.

"Quello lì è quello là che rapiva i bambini? Ho sentito che ne ha rapito uno

una volta."

"No era scomparso, poi l'hanno ritrovato. Quello è uno strano che vive in

quella casa vecchia tutta recintata!"

"E nel recinto che ci tiene? Le galline o i bambini?"

Qui scoppiò una risata squillante, tanto che il negoziante si chiese se fosse

diventato un parrucchiere senza essersene accorto.

Il vecchio si infilò nelle vie del paese, salendo col suo passo cadenzato e

vagamente dondolante, sempre guardando in basso come a vedere in ogni

pietra del selciato un paesaggio opaco. Lo sguardo si perdeva, ma

l'espressione non era triste. Una ragazza fermò la sua bicicletta per

suonare il citofono e si posizionò sotto il balcone probabilmente in attesa

che la madre le calasse qualcosa. Nel frattempo spostò lo sguardo sul

vecchio. Era bella, non molto alta, un viso pieno e le braccia grandi di chi

sa portare un peso ingombrante in modo grazioso. I capelli biondi erano

raccolti in una coda e la sua testa si reclinò leggermente da un lato, come

quella di un uccello che guarda curioso dentro una finestra prima di

vedere qualcuno e fuggire sul primo albero. Ma la giovane non era

intimorita; guardava il vecchio con un leggerissimo cruccio, come a

chiedersi qualcosa, come a cercare un motivo valido per fissare quella

persona. Il vecchio, come era solito fare, non girò la testa per rispondere

allo sguardo, spostò solo gli occhi quanto bastava per intravedere la

ragazza. Poi un respiro lungo e profondo e di nuovo i pensieri opachi nel

selciato.

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I piombini nuovi li ho presi. Quello, il negoziante, pensa di aver vinto una

contesa e fatto un grande affare, dandomi una mille lire di piombi in

cambio di pesce. Ma tanto a me non serve, e poi lui ha dei bambini, il

pesce fa bene ai bambini. Voglio arrivare a casa prima che faccia buio,

anche perché voglio finire quel capitolo prima di cena. A questo punto

conviene evitare il lungomare e passare in mezzo al paese. Dopo pochi

metri sento arrivare una risata squillante, tipicamente femminile, da

dentro il negozio di pesca. Devono essere quelle due tipe che mi

guardavano facendo finta di parlare d'altro. In ogni modo, le lascio ridere,

sempre meglio di quando mi guardano come una specie di scienziato

pazzo. Mi piace camminare dentro il paese, c'è lo stesso selciato che c'era

tanti anni fa, che percorrevo tutti i giorni. Poggiare gli stessi piedi su quelle

pietre è come unire due fili spezzati, la mia vita di una volta e quella di ora.

Come da piccolo, cammino evitando le intersezioni e le imperfezioni e

penso a un po' di cose. Una bici si ferma ad un portone, è una ragazza.

Come al solito, meglio non guardarla direttamente, ma alzo gli occhi quel

tanto che basta per notare che lei guarda me. E' incuriosita, come tutti,

ma non impaurita. I capelli biondi, l'aspetto forte, l'intraprendenza,

proprio come...cos'è che stavo pensando? Ah, sì il selciato, com'è

piacevole. Più di asfalto e marciapiedi.

Tutte a me, le giornate strane. Qualcuno ha detto che non c'è compleanno

migliore di quello passato a fare una buona azione. Io dico che una cosa

che avrebbe fatto chiunque non è una buona azione. Una buona azione

dovrebbe essere qualcosa in più. Mentre penso a queste cose strane,

metto il pesce sulla griglia, ché stasera verrà Valentina. Ho pulito casa, ho

comprato il vino bianco e, come ogni compleanno, sono andato a pescare.

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Dopo un po' che ha fatto buio, arriva. Quando qualcuno non la guarda, ha

lo sguardo leggermente corrucciato, come a studiare qualcosa. Non è alta,

ma è tosta, si vede quando cammina. Percorre il viale di casa, decisa come

sempre, i capelli biondi fanno una piccola onda ad ogni passo. Man mano

che si avvicina qualcosa mi cresce dentro, tra lo stomaco e la gola, la

stessa sensazione di quando stai per piangere, ma senza lacrime e

contrazioni del viso. Com'è che le chiamano, farfalle nello stomaco? Mi

sembra più uno stormo di gabbiani intorno ad un peschereccio. Mi dà un

bacio sulla guancia, che si scalda all'improvviso, come quando entri in una

stanza calda dopo una giornata a pescare col vento freddo in faccia. Devo

far uscire i gabbiani, prima che mi facciano dire qualcosa di stupido.

"Oggi giornata strana, sai? Stamattina si era perso un ragazzino, quello lì, il

figlio del macellaio, quello bassetto, biondino. Alla fine l'ho trovato io, e

l'ho riportato, era caduto da un albero. C'è mancato poco che dessero la

colpa a me! Comunque poi ho pescato parecchio e non so se senti l'odore,

sto già grigliando, vuoi assaggiare? Magari un goccio di vino intanto?"

Valentina non si è tolta il cappotto. Dopo il bacio e gli auguri è rimasta lì

ferma, mentre io le sciorinavo la mia giornata andando a destra e sinistra

in casa, tra la griglia e i bicchieri e la bottiglia e di nuovo la griglia,

mimando con le braccia il recupero del ragazzino, evitando lo sguardo di

lei, sempre così deciso anche quando è dolce. Mi dice che vuole andare

via, perché non c'è niente lì. Vuole andare in qualche città grande, dove

lavorare, conoscere un po' il mondo. Non riesco a capire del tutto cosa

c'entro io, finché con un bacio non mi passa una lacrima dalla sua guancia

alla mia, e se ne va. Di nuovo i gabbiani nello stomaco. Stavolta però ci

sono anche le lacrime e le labbra contratte. Ingoio il pianto e guardo in

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basso. Il pavimento è sicuro, dà sicurezza il pavimento. Devo mettermi a

lavoro, voglio mettere un recinto, non voglio che qualcuno prenda e

percorra il viale così, a piacimento. Un odore forte, qualcosa brucia. Ah già

il pesce, io pesco sempre il giorno del mio compleanno. Magari la griglia

non è l'ideale, la prossima volta lo faccio bollito.

"Ecco lo sapevo, io l'ho sempre detto!"

Un gruppetto si era radunato davanti al barbiere, e la signora, quella con

tanti figli, esclamò la sua soddisfazione. Dall'altra parte della strada,

proprio davanti la casa del vecchio, c'era una macchina dei carabinieri.

"Lo dicevo io, qualcosa ha fatto!"

Il vecchio aveva aperto al carabiniere con qualche secondo di ritardo, nel

tentativo di ragionare e capire il motivo della strana visita. In effetti era già

strano che qualcuno si presentasse alla porta. Nessuno varcava quel

cancelletto oltre a lui da quando...Mentre avanzava nel vialetto, il vecchio

passò dei secondi molto confusi. Forse quelle voci di paese si erano

trasformate in accusa, e maledisse il suo atteggiamento schivo che

probabilmente lo aveva reso sospetto.

"Buongiorno."

Il carabiniere era arrivato davanti a lui, interrompendo il flusso dei suoi

pensieri. Era un uomo sulla cinquantina, i capelli ancora sporcati di biondo

sotto il cappello. Ben piazzato, non altissimo, aveva un'espressione seria,

ma non grave. Forse era solo la divisa che gli conferiva un aspetto

marziale, aiutata dall'ondata di dubbi che invadevano la mente del

vecchio.

"B-buongiorno."

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Balbettò in risposta, pensando che biascicare non era un buon approccio

con un ufficiale, né una prova di innocenza.

"Dovrei farle alcune domande."

Disse educatamente, con un tono gentile, quasi a chiedere un favore. Il

vecchio indicò una sedia vicino ad un muretto, dove si sedeva sempre per

attrezzare le canne da pesca. Il carabiniere si sedette sul muretto e il suo

ospite rimase un po' interdetto, seppur contento di poter poggiare la

schiena.

"Lei ricorda l'episodio della scomparsa di un bambino, circa quarant'anni

fa?"

Quindi era davvero questo. Come sempre il vecchio guardò in basso,

incurante del fatto che il gesto potesse essere un'ammissione di qualche

tipo. Il tempo si dilatò, e in pochi istanti ebbe il tempo di pensare a quel

giorno, che aveva cercato di dimenticare e rievocare allo stesso tempo.

"Sì, io...lo riportai. Me lo ricordo perché era il mio compleanno."

"Le spiace aspettarmi un momento?"

Senza attendere una risposta, il carabiniere si alzò e ripercorse il viale, aprì

il cancelletto e uscì. Il vecchio continuò a guardare in basso, senza sapere

bene a cosa pensare. Il gruppetto di curiosi dall'altra parte della strada si

aspettava di vederli uscire insieme, possibilmente col vecchio in manette e

lo sguardo minaccioso, ma tutti furono esterrefatti nel vedere che

l'ufficiale aprì semplicemente la macchina per prendere un cestino

coperto da uno straccio da cucina. Perfino la signora che sapeva tutto,

quella con tanti figli, era di sasso, forse più per l'immagine del carabiniere

con un cestino, che per la curiosità di sapere cosa succedeva. Il vecchio lo

vide tornare, con in mano quell'oggetto così strano se associato ad un

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uomo in divisa. Non riusciva a smettere di pensare a quanto tempo era

passato da quando qualcuno aveva percorso quel vialetto. E ad ogni passo

gli tornavano in mette i dettagli di quel giorno, quarant'anni prima. Poi

sgranò gli occhi, e guardò la persona che veniva verso di lui. I capelli

biondi, la statura, quello strano cestino. Di nuovo il carabiniere arrivò

faccia a faccia con lui, e di nuovo interruppe i suoi pensieri.

"Buon compleanno. E grazie."

Spostò il panno che copriva il cestino, e il vecchio guardò, con gli occhi

ancora spalancati.

"Oh, mamma mia."

Era pieno di gelsi.

I curiosi stavano per disperdersi, stufi della mancanza di sviluppi, poi si

guardarono tra loro con le fronti corrucciate. Perfino la signora che sapeva

tutto, quella con tanti figli, non riuscì a capacitarsi di quello che sentiva al

di là del recinto. Due uomini, che ridevano.

FINE

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“Il vecchio, i gelsi e il carabiniere” – Opera originale di Alessandro

Magliozzi

Copertina – Disegno originale di Niccolò Gambassi

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