IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA · terrorismo fondamentalista che insanguina il mondo che viviamo,...

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"Chiunque ucciderà una persona senza che questa abbia ucciso un'altra o portato corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l'umanità intera" (Corano, sura V, versetto 32). Il califfato è "uno stato in cui arabi e non arabi, bianchi e neri, orientali e occidentali sono fratelli". (Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell'ISIS). "Sappi, fratello, che se vuoi per te la salvezza nell'aldilà, nella vita eterna senza fine, che gli ulama, da sempre, concordano sul fatto che colui il quale aiuta gli infedeli contro i musulmani in qualunque modo è da considerarsi apostata e [...] merita di essere ucciso". (Abdallah al-Badrani, citato in Progetto Jihad, "Limes", Roma, 2004, p. 33). IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA Mario Gamba

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Page 1: IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA · terrorismo fondamentalista che insanguina il mondo che viviamo, senza indulgere ad atteggiamenti di irrealistico e irresponsabile irenismo. E innanzitutto,

"Chiunque ucciderà una persona senza che questa abbia ucciso un'altra o portato corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l'umanità intera" (Corano, sura V, versetto 32).

Il califfato è "uno stato in cui arabi e non arabi, bianchi e neri, orientali e occidentali sono fratelli".(Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell'ISIS).

"Sappi, fratello, che se vuoi per te la salvezza nell'aldilà, nella vita eterna senza fine, che gli ulama, da sempre, concordano sul fatto che colui il quale aiuta gli infedeli contro i musulmani in qualunque modo è da considerarsi apostata e [...] merita di essere ucciso". (Abdallah al-Badrani, citato in Progetto Jihad, "Limes", Roma, 2004, p. 33).

IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA

Mario Gamba

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A) LE DOMANDE INIZIALI: PERCHÉ CI ATTACCANO? CHI SONO? COSA FARE (1) ?

Il terrorismo fondamentalista islamico, il terrorismo jihadista, sta causando la morte di moltissime persone (tra gli occidentali, certo, ma -non dimentichiamolo- soprattutto tra i musulmani nel Vicino e Medio Oriente, che muoiono a decine di migliaia). E -come vedremo- questa non è l'unica forma di terrorismo di matrice religiosa attiva oggi nel mondo che viviamo.

Cosa dobbiamo fare dinanzi a questi terroristi? Dobbiamo forse limitarci a predicare la pace e l'amore per il prossimo, quand'anche il nostro prossimo, il nostro plesios, si presentasse alla nostra porta armato di bomba o di coltello?

A questo riguardo il professor Hans Küng, un importante teologo cattolico di origine svizzera, scrive che

il pacifismo assoluto, che considera la pace il bene più prezioso al quale sacrificare qualsiasi cosa, non è concretamente realizzabile e può rivelarsi, come principio politico, addirittura irresponsabile1.

A chi ci attacca bisogna rispondere: una battaglia è inevitabile. Agli sterminatori va opposta resistenza, anche se non con una politica aggressiva di guerra sul campo (come è stato fatto fin qui, in modo ben poco intelligente, in Afghanistan e in Iraq), bensì con "operazioni di polizia e servizi segreti, di diplomazia e di finanza"2. Pensarla in modo diverso sarebbe irrealistico e irresponsabile! Ma tuttavia e nel contempo -aggiunge Küng- bisognerà anche saper dialogare con quel mondo di cui i terroristi si sentono (ingiustamente) i rappresentanti e da cui i terroristi promanano. E voler dialogare significa innanzitutto voler capire le ragioni del disagio e delle frustrazioni di quel mondo per molti aspetti diverso dal nostro, evitando ad ogni costo di cadere nella trappola dello "scontro di civiltà" teorizzato nel 1993 dallo statunitense Samuel Huntington. L'idea di Huntington infatti, secondo Küng, è particolarmente pericolosa perché non prevede la possibilità di alcun accordo tra culture (mondo cristiano, mondo islamico etc.) pensate come irriducibili l'una all'altra e irriducibilmente nemiche. Ma la teoria di Huntington, ribadita da molte testate giornalistiche e gruppi politici interessati, e ormai divenuta grossolano argomento da bar, è null'altro che "un sostegno ideologico [...] per giustificare inoltre il grande apparato militare americano e, volutamente o meno, per creare un'atmosfera adatta a ulteriori guerre"3. La stessa, scarsissima considerazione della tesi di Huntington è espressa in Italia da uno storico come Franco Cardini, che si esprime nei suoi confronti riducendola a un “ridicolo apparato pseudoscientifico”4 al servizio delle lobbies multinazionali.

Bisognerà dunque dialogare per trovare possibili linee di convergenza e possibili accordi,

1Hans Küng, Islam. Passato, presente e futuro, BUR Rizzoli, Milano, 2015 (ed. or. 2005), p.719.2 ivi, p. 7.3 ivi, p. 6.4 Franco Cardini, L'ipocrisia dell'Occidente, Laterza, Roma-Bari, 2015, p. 55.

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per garantire infine rapporti di pace e amicizia tra le religioni e tra i popoli – affermano sia il teologo svizzero sia lo storico italiano.

Si potrebbe tradurre l'invito di Kung e Cardini anche in questo modo: bisogna imparare a dialogare nello spirito del relativismo culturale, cioè nella convinzione che le culture umane e i codici di comportamento possono essere diversi, e anche molto, ma senza per questo voler stabilire gerarchie di valore tra tali culture, postulando l'inferiorità di alcune rispetto alle altre. Si deve però subito chiarire e scansare ogni possibile equivoco: il relativismo culturale di cui sopra non è riconducibile al relativismo etico -al di là di certe derive e di certi fraintendimenti neo-sofistici! Pensare che cristianità e islamismo e buddismo etc. siano mondi culturali diversi non significa rinunciare a ritenere moralmente inaccettabili certi comportamenti (ad esempio il 'martirio armato' di chi si fa saltare in aria per ammazzare persone di fede diversa; o il disprezzo del mondo femminile); significa solo arrivare a pensare che gli stili di vita (e di morte) inaccettabili e assolutamente da condannare non sono prerogativa esclusiva di una sola civiltà; significa avere l'onestà di riconoscere che ogni popolo e ogni cultura è esposto al 'male radicale' di kantiana memoria!

In tal senso, l'esortazione di un cattolico come Küng trova conferma e piena condivisione negli inviti di un musulmano come il famoso scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun il quale, in un fortunato libretto di alcuni anni addietro, parlando in modo assai critico nei confronti dei leader religiosi islamici, concludeva che

E' ora che le autorità religiose calmino questa virulenza [del mondo musulmano] e instaurino un vero dialogo con l'Altro [con il mondo cristiano ed ebraico], perché siamo condannati a vivere assieme5

Anche per Ben Jelloun, infatti, una delle principali difficoltà del presente consiste nello 'scontro delle ignoranze' (non certo nello 'scontro di civiltà!): Oriente islamico e Occidente cristiano sono l'uno ignorante dell'altro. Non dialogano, non si conoscono, e pertanto non si capiscono! E l'ignoranza porta alla violenza, come sempre.

Dunque, accogliendo la suddetta prospettiva ermeneutica, bisognerà innanzitutto capire. Questo è il senso della relazione a cui ci accingiamo: cercare di capire qualcosa di più riguardo al terrorismo fondamentalista che insanguina il mondo che viviamo, senza indulgere ad atteggiamenti di irrealistico e irresponsabile irenismo.

E innanzitutto, cercare di andare alle cose attraverso le parole, e cioè cominciare con il fare chiarezza su alcuni termini ed espressioni chiave che continuamente ricorrono sugli schermi televisivi ma di cui abbiamo poca contezza. Le domande: chi sono i fondamentalisti? perché ci attaccano?, ora diventano in prima battuta: cosa vuol dire 'fondamentalismo'? e cosa 'jihad'? E così via.

5 Tahar Ben Jelloun, L'Islam spiegato ai nostri figli, Bompiani, Milano, 2010, p. 190.

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B) I TERMINI DEL TERRORE FONDAMENTALISTA.

FONDAMENTALISMO E INTEGRALISMO.

Con il termine fondamentalismo si vuole significare ogni movimento e atteggiamento che ritenga di dover intendere alla lettera i testi sacri di una religione, di doverli comprendere e afferrare nel nudo senso delle parole (per usare una espressione di Galileo Galilei), e che ritenga assolutamente necessario ritornare ai 'fondamenti' della religione (così come sono presentati nei suddetti testi), da cui la società si è pericolosamente allontanata. Per i fondamentalisti, ogni interpretazione dei testi sacri che non si attenga alla lettera di quanto è scritto in essi costituisce una gravissima e inaccettabile deviazione dalla via indicataci da Dio.

Il testo sacro va inteso alla lettera giacché è parola di Dio, e come tale non può contenere errori. È questo il tema della inerranza dei testi sacri. Così, se nella Bibbia è scritto che Dio fermò il sole per dar tempo al condottiero Giosuè di concludere la sua battaglia contro i nemici di Israele e vendicarsi di essi (Giosuè 10, 12-13), sicuramente questo è quanto avvenne! E se nel Corano è scritto che Dio ha comandato per bocca del profeta Maometto di uccidere gli idolatri (Corano IX, 5), anche questo è senz'altro accaduto.

Inoltre, il fondamentalismo chiede che la società umana tutta venga fondata (anche politicamente) sui contenuti normativi e prescrittivi dei testi sacri della propria religione. Bisogna ristabilire le fondamenta della società umana sul testo sacro, sulle regole di comportamento fissate dal decalogo biblico nell'Esodo, o sulle prescrizioni presenti nelle sure (cioè i capitoli) del Corano (da cui deriva principalmente la sharia, la legge del Signore): ecco ciò che il fondamentalista finisce per esigere.

Il termine 'fondamentalismo' (che noi oggi associamo quasi immediatamente al mondo islamico) venne in realtà introdotto negli Stati Uniti d'America per indicare un movimento cristiano protestante sorto e diffusosi tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento. Verso il 1909-1910 venne pubblicata a Chicago una serie di dodici volumi di saggi intitolata The Fundamentals. In quest'opera si sottolineava con forza la necessità di considerare come irrinunciabili i fondamenti letterali della fede, e ci si opponeva a ogni esegesi storico-critico e filologica.

Con il termine integralismo si intende invece ogni concezione che, in campo politico e sociale, intenda eliminare, abolire una pluralità di ideologie e di programmi, 'integrarle' e ridurle a unità, spesso però semplicemente nel senso di eliminare (e non 'conciliare) tutte le idee programmatiche diverse dalle proprie. In questo senso, l'integralismo è il tentativo di imporre una situazione monoculturale a una intera società. L'integralismo può essere politico o anche religioso. In questo secondo caso, per quanto non coincidenti, i due termini (fondamentalismo e integralismo)

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appartengono a un'area semantica affine. Come giustamente commenta Luciano Marisaldi,

Le due parole – integralismo e fondamentalismo –hanno dunque una reale somiglianza di significato. Nel fondamentalismo c’è in più l’idea che una religione si sia allontanata nel tempo dai suoi ideali originari, cioè dai suoi fondamenti: a essi invece si deve tornare se non si vuole accettare la decadenza e l’indebolimento della fede6.

JIHAD/GUERRA SANTA.

Il termine arabo jihad assume nella cultura islamica una pluralità di significati che lo rendono irriducibile al concetto di 'guerra santa'. Tale termine viene tradotto "spesso erroneamente" con "guerra santa"7.

Con l'espressione guerre sante si intendono le guerre di aggressione condotte con pretese missionarie per conto di una divinità, dice Küng8. E' chiaro che, inteso in questo senso ampio, l'esperienza storica della 'guerra santa' non appartiene in specifico e in esclusiva a una sola religione: ci sono state 'guerre sante' condotte da cristiani ed ebrei così come ci sono state e ci sono 'guerre sante' condotte da musulmani', anche se oggi l'espressione viene riduttivamente attribuita solo ad attività di provenienza islamica. Tuttavia e di fatto "L'espressione 'guerra santa' non è presente nel Corano"9, cioè nel testo sacro dell'islam, la "recitazione" che l'unico Dio, Allah al-Rahim ("il Compassionevole"), ha consegnato al profeta Maometto tramite l'arcangelo Gabriele. Vediamo quali sono i significati di fondo del termine Jihad:1) nelle sure meccane (cioè nei capitoli del Corano che si riferiscono al periodo della predicazione di Maometto a la Mecca, tra il 610 e il 622 d.C.) 'jihad' significa semplicemente sforzo, fatica: lo sforzo che ogni buon credente deve compiere per perfezionare e migliorare se stesso, dal punto di vista morale, nel cammino verso Dio. Il jihad, qui, è impegno non violento o, se si preferisce, è lo sforzo che richiede violenza nei propri confronti, nei confronti della propria inerzia e pigrizia morale e del proprio egoismo, al fine di avvicinarsi a Dio. 'Jihad' non è assolutamente 'violenza' intesa come aggressione nei confronti degli altri, ma -anzi!- è invito alla pace con gli altri:

O voi che credete! Entrate tutti nella Pace. Non seguite le tracce di Satana. In verità egli è il vostro dichiarato nemico (Corano 2, 208).

e invito alla tolleranza:

Non c'è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall'errore. Chi dunque rifiuta l'idolo e crede in Allah, si aggrappa all'impugnatura più salda senza rischio di cedimenti.. (Corano 2, 256).

La Verità proviene dal vostro Dio: creda chi vuole e chi vuole neghi [...] (Corano 18, 29);

A voi la vostra religione, a me la mia (Corano 109, 6).

In questo senso, dice Cardini, “anche un impegno sociale o umanitario può essere Jihad”10.

2) Tuttavia, nelle successive sure di Medina (cioè nei capitoli coranici che si riferiscono al periodo successivo alla egira, la fuga nel 622 d.C. di Maometto dalla Mecca, allorché il profeta dovette riparare a Medina e difendersi dalla persecuzione dei meccani) 'jihad' diventa anche sforzo con la

6 Luciano Marisaldi, Lineamenti di storia, Volume secondo, Zanichelli, Bologna, 2012 pag. 247

7 Chiovenda, Galoppini, Hamam, Trombetta, Glossario ragionato dei termini islamici, in Progetto Jihad, "Limes", Roma, 2004, p. 35.8 Hans Küng, op. cit., p. 704.9 ivi, p. 711.10 Franco Cardini, L'ipocrisia dell'Occidente, Laterza, Roma-Bari, 2015, p. 70.

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spada, sforzo in senso bellico, sforzo armato in difesa della fede, obbligo di difendersi dagli attacchi degli infedeli Corano IX, 5; IX, 29; IX, 73). In questo senso, jihad diventa l'equivalente espressivo di 'guerra di difesa', legittima11, e la lotta armata diventa un fard, cioè un obbligo per tutti i credenti capaci di portare le armi. Questo sarebbe il senso dei famosi versetti della sura IX (o sura del Pentimento):

Uccidete gli idolatri dovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostateli ovunque in imboscate (Corano IX, 5).

Combattete coloro che non credono in Dio [...] e coloro che non si attengono alla Religione della Verità (Corano IX, 29; il famoso "versetto della spada").

O profeta! Combatti i miscredenti e gli ipocriti, duramente: il loro asilo sarà la gehenna. Che tristo andare!(Corano IX, 73).

Questo sarebbe tutto ciò che si può trovare nel Corano: l'idea della 'guerra di difesa', non altro.A partire dai passi del Corano, verso la fine dell'VIII secolo i sufi giunsero a distinguere tra grande jihad (sforzo non violento di superamento di sé, lotta morale con se stesso) e piccolo jihad (lotta armata contro i nemici della fede)12. Ora, come dice Küng,

Una cosa balza subito agli occhi: mentre gli apostoli di Gesù sono tenuti a comportarsi pacificamente, perché a questo li ha invitati il Messia con le sue parole e il suo esempio, così i seguaci di del profeta Muhammad sono tenuti, se necessario, a intraprendere guerre e conflitti [...] È indubbio che l'islam abbia sin dalle origini una connotazione guerresca, anche se questo richiamo alla guerra contro gli abitanti della Mecca fa riferimento a un preciso contesto storico e cioè alla condizione di pericolo in cui si trovava la nascente comunità musulmana13.

Per il teologo cattolico, in buona sostanza, gli appelli alla guerra presenti nel Corano hanno senso solo se intesi come espressione della situazione contingente e inessenziale ('inessenziale' in termini di fenomenologia coranica) in cui si trovava il profeta Maometto nel periodo medinese, e "non possono essere trasposte in via di principio per giustificare l'uso della violenza nella situazione attuale"14.

Conclude dunque il ricercatore Renzo Paternoster:

La guerra, quindi, per l'islam è ammessa solo come […] difesa, a seguito di un'aggressione e limitatamente alla riappropriazione da parte della comunità dei diritti lesi durante un attacco esterno15.

3) Infine ben presto, morto Maometto (632 d.C.), l'Islam (guidato dai primi califfi, i vicari o successori di Maometto alla guida politica e spirituale della comunità musulmana, e poi dalla dinastia degli omayyadi e quindi degli abbasidi) intraprese una formidabile espansione armata. A questo punto il termine 'jihad' assunse un terzo significato (che tuttavia secondo molti interpreti non troverebbe radicamento nel Corano): il significato di 'guerra offensiva'. È questo il significato sicuramente riduttivo che oggi i più attribuiscono al termine in questione, che pertanto viene accostato a quello di "guerra santa". In quest'epoca (successiva a quella di Maometto) sorse la distinzione tra dar-al-islam, la 'terra dell'islam, della pace' (cioè i territori soggetti alla legge coranica) e dar-al-harb, la 'terra della guerra', cioè l'insieme dei territori dominati dai kafirun (singolare kafir), gli infedeli, da cui

11 Hans Küng, op. cit., p. 712.12 ivi, p. 714.13 ivi, p. 711.14 ivi, p. 717.15 Renzo Paternoster, Jihad e "Guerra Santa": distorsioni sull'Islam, win.storiain.net/arret/num112.

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difendersi o da attaccare. Gli infedeli, cioè quegli individui che è lecito uccidere, ma solo se sono in guerra con l'islam, e sempre risparmiando tutti coloro che sono incapaci di combattere: bambini, donne, anziani, malati, uomini pii16

MARTIRE/SHAHID: il 'testimone della fede', che può giungere a diventare 'martire', cioè ad accettare la morte per asserire la fede in Dio. Tuttavia recentemente il termine viene usato in ambito giornalistico per indicare colui che morendo compie attentati jihadisti: il terrorista jihdista, che spesso si fa esplodere per colpire gli infedeli, il 'kamikaze'. Va detto che per molti islamici, la grande maggioranza, simili atti terroristici non meritano il nome di 'martirio', e non testimoniano la fede in Allah. Il Corano infatti vieta esplicitamente il suicidio e l'uccisione di innocentiSi veda la sura 4 (sura "delle donne"), versetti 29-30:

29 O voi che credete, non divorate vicendevolmente i vostri beni, ma commerciate con mutuo consenso, e non uccidetevi da voi stessi . Allah è misericordioso verso di voi.

30 Chi commette questi peccati iniquamente e senza ragione sarà gettato nel Fuoco; ciò è facile per Allah.

Ovviamente, gli estremisti islamici ribattono che la morte di chi combatte facendosi saltare in aria per colpire i kafir non è assolutamente 'suicidio' ma un atto di difesa della comunità islamica, come tale del tutto lecito (perché colpisce coloro che diffondono la "corruzione sulla terra" -quand'anche fossero donne e bambini).

WAHHABISMO E SALAFISMO. Sempre più spesso inteso negativamente come sinonimo di 'fondamentalismo', il termine salafismo si riferisce a tutti coloro i quali nell'islam ritengono che l'unico modo di combattere la corruzione del tempo presente consista nel tornare all'islam delle origini e alla sua purezza, la purezza delle prime generazioni dei musulmani, i salaf. Il misoneismo dei nostalgici del buon tempo passato, cioè di coloro che oggi si dicono salafiti, è dunque tipico di molto dell'attuale estremismo islamico. Tale anti-modernismo salafita trova espressione nel wahhabismo, il movimento rigorista fondato nel XVIII secolo dall'arabo Muhammad al-Wahhab, propugnatore della necessità che i governi basino il loro operato sull'osservanza stretta della sharia (la legge islamica), sulla scorta del principio dell'identità di Stato e religione. Il movimento dei Fratelli Musulmani di al- Banna e il movimento di Bin Laden (al-Qaeda) sono senz'altro da definirsi salafiti e wahhabiti. E deve essere ricordato che il wahhabismo è la dottrina ufficiale del regno dell'Arabia Saudita e del vicino emirato del Qatar.17

COMUNITA' FONDAMENTALISTA, UMMA E DEMOCRAZIA.I terroristi fondamentalisti quasi sempre affermano di agire in nome della comunità dei

fratelli nella fede, la comunità dei veri credenti (siano essi cristiani, ebrei o musulmani o buddisti etc.). Cos'è la comunità di cui essi parlano? Innanzitutto bisogna ricordare che il concetto di 'comunità' è carico di significati valutativi e non semplicemente descrittivi, e viene usato come 'concetto di battaglia' da almeno un paio di secoli per distinguerlo da quello di 'società'. Sul piano teorico la distinzione risale almeno al sociologo tedesco Ferdinand Tönnies, che nel 1887 pubblicò il famoso Gemeinschaft und Gesellschaft. In quest'opera la 'comunità' (Gemeinschaft) viene intesa come un gruppo di individui che vivono secondo rapporti di solidarietà organica, interdipendenza reciproca e forte senso di appartenenza: è la 'vecchia' comunità contadina e clanare, sempre più rapidamente sostituita -con l'avanzare della modernità industriale- dalla società (Gesellschaft), cioè un insieme disorganico di individui che allacciano tra di loro relazioni essenzialmente o puramente economiche, egoistiche e utilitarie18.

La 'società', così intesa, è il luogo umano nel quale trionfano l'individualismo più spietato, la

16 Chiovenda, Galoppini, Hamam, Trombetta, op. cit., p. 37.17 ivi., pp. 38-40.18 Ferdinand Tönnies, Comunità e società, Laterza, Roma-Bari, 2011 (ed. or. 1887), pp. 182-184.

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ricerca edonistica del benessere personale e privato, il materialismo ateistico e la conseguente solitudine di massa. È -come dirà nel 1919 Max Weber- il luogo dell'Entzauberung, del 'disincantamento' del mondo19: un mondo secolarizzato in cui il senso del mistero e del religioso viene meno, ampiamente sostituito dalla mera calcolabilità tecnica. Se si vuole, la società è la formazione umana che corrisponde, nel linguaggio di Heidegger, alla fase attuale del nichilismo, in cui l'essere (cioè il mistero) viene dimenticato e tutto viene ridotto tristemente a semplice 'cosa' calcolabile e manipolabile.

La visione solidaristica e anti-individualistica della 'comunità' è evidente, ad esempio, nel modo in cui la cultura musulmana definisce la Umma, la comunità fondata sul collante della fede: essa viene descritta in un hadith (un detto attribuito a Maometto) come "un muro compatto le cui parti si sorreggono a vicenda"20, cioè un insieme di uomini che si aiutano in ogni circostanza, senza mai sentirsi soli, sempre sentendosi 'fratelli'.

Tuttavia la comunità che si vuole difendere a tutti i costi o a cui si vuole tornare viene diversamente definita (a partire dal comune tratto solidaristico) dai diversi movimenti anti-modernisti: essa -come abbiamo già detto- può essere intesa come 'comunità dei fratelli nella fede' (è il caso della Umma , la 'comunità religiosa' islamica, termine-chiave della cultura musulmana), cioè come formazione cementata dalla religione; può essere la Volksgemeinschaft di cui parlavano i nazisti (e di cui oggi parlano i gruppi neo-nazisti), cioè la comunità dei fratelli nel sangue, la comunità razziale come formazione cementata da identici tratti biologici (il 'sangue' comune), etc.

I movimenti fondamentalisti, dai quali spesso nascono spinte terroriste e omicide, finiscono per idealizzare e celebrare il passato comunitario, la 'comunità delle origini' minacciata dall'avanzata della società moderna. Il loro rimpianto del passato, il loro anti-modernismo comunitarista, il loro odio per il presente industriale, materialista e globalizzatore può giungere a legittimare attentati feroci.

E' chiaro che il terrorismo fondamentalista è, per sua natura, anti-democratico, nonostante spesso pretenda di agire in nome della comunità: il 'demos' viene solitamente ammazzato dal terrorista, e la comunità tanto ambita da questo tipo di terroristi è sempre guidata dall'alto da un qualche sapiente che si presenta come una autorità investita del suo potere da Dio e pronta a usare la violenza per guidare il popolo sulla retta via! Ed è altrettanto chiaro che oggi il terrorismo fondamentalista più sanguinario ed evidente è quello di matrice islamista.

Ma se i terroristi islamici (o 'islamisti') non sono tutto l'islam (come è evidente anche solo per il fatto che le prime e più numerose vittime del Jihad armata sono i musulmani di Siria, Iraq etc.) allora ecco che emerge un problema: l'islam (quello abbracciato dalla grande maggioranza dei musulmani) è compatibile o no con la democrazia di cui l'Occidente mena vanto (non sempre a ragione)? Secondo la sociologa algerina Marieme Helie Lucas il dibattito che cerca di stabilire se l'islam (che conta oggi più di un miliardo e mezzo di persone) è compatibile con la democrazia è "un dibattito inutile e viziato in partenza"21, perché equivale a chiedersi se il cristianesimo (sia quello dell'Inquisizione sia quello dei teologi latino-americani della liberazione) o il buddismo (sia quello che avvia i pogrom contro i musulmani in Myanmar, sia quello del Dalai Lama, premio Nobel per la pace) siano 'democratici' o no. In realtà, la compatibilità suddetta dipende strettamente da quale islam, quale cristianesimo, quale buddismo si prende in considerazione. Certamente l'islam dell'Isis o di al-Qaeda non è compatibile con la democrazia e la giustizia sociale. Ma l'islam non si riduce a queste manifestazioni criminali! E Küng sembra fare eco alla Lucas quando afferma che

19 Max Weber, La scienza come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, Einaudi, Torino, 1980, p. 20.20 Papa, Ascanio, Shari'a, Il Mulino, Bologna, 2014., p. 13.21 Marieme Helie Lucas, Islam politico e multiculturalismo: come finisce la democrazia, in "Micromega" 8/2016,

Roma, 2016, p. 6.

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chi, come storico o come corrispondente di guerra, volesse fissarsi su tutto ciò che vi è di negativo, potrebbe facilmente scrivere una 'storia criminale' sia del cristianesimo che dell'islam [e di ogni altra religione] e lasciarsi sfuggire completamente l'essenza dell'islam [e del cristianesimo e di ogni altra religione]22

Ogni religione infatti ha mostrato dei tratti criminali in questo o quel momento storico.Tuttavia, dice Küng, l'islamismo non è tutto fondamentalista e addirittura presso gli stessi fondamentalisti bisogna distinguere tra coloro che interpretano il jihad come incitazione alla violenza e coloro per i quali esso è "fondazione dell'identità pacifica" di un popolo.23 Bisogna dunque evitare le semplificazioni, le narrazioni semplicistiche che rafforzano i pregiudizi anti-islamici, e riconoscere la compatibilità dell'Islam con la democrazia. Anche Benjamin Barber, benchè sembri meno ottimista di Küng e affermi che per ora "il fondamentalismo [...] non ha mai prodotto democrazia"24, conclude riconoscendo che "L'Islam fondamentalista non si contrappone, prima di ogni altra cosa, alla democrazia, bensì alla modernizzazione", cioè alla occidentalizzazione che diffonde ateismo e individualismo estremo. E anzi

La democrazia ha precedenti antichi, e nelle sue forme premoderne e preliberali, non è necessariamente in contrasto né con il fondamentalismo islamico né con quello cristiano. La Città di Dio, per i cristiani e i musulmani, è costituita da credenti fratelli che sono uguali di fronte a Dio nella loro posizione di figli25

Dunque l'uguaglianza religiosa dei fondamentalisti potrebbe prima o poi incontrarsi con la democrazia e la giustizia sociale. L'uguaglianza religiosa imposta con la violenza e l'intolleranza, propria del fondamentalismo terrorista non potrà mai essere 'democratica; l'uguaglianza religiosa raggiunta con la pacifica predicazione e persuasione, l'uguaglianza propria del fondamentalismo che intende il jihad come sforzo morale personale può essere democratica e giungere a tollerare anche chi la pensa diversamente, benché - per fondare l'intera società sulle leggi del testo sacro- sia morale provare a convincerlo della bontà della propria fede. L'Umma islamica, anche nelle sue componenti fondamentaliste, e la democrazia possono avere un futuro assieme.

C) CHI SONO? (2). SU ALCUNE FORME STORICHE DI FONDAMENTALISMO TERRORISTA.

Come si sarà già capito, il fondamentalismo non è caratteristica specifica di una sola religione. Le tendenze fondamentaliste sono insite in ogni fede, e spesso formano la matrice psicologica e culturale di movimenti politici conservatori o addirittura reazionari, e talvolta terroristi. Limitiamoci qui a una breve rassegna dei fondamentalismi (e delle loro derive terroriste) presenti in alcune delle principali confessioni religiose .

C 1) Il fondamentalismo cristiano statunitense. Per quanto possa sembrare strano, gli U.S.A., il paese del disincantamento weberiano per eccellenza, e cioè il paese dell'eccellenza tecnologica occidentale, è anche un paese attraversato da un 'fiume carsico' di religiosità fondamentalista cristiana, un fiume che a tratti scompare e si inabissa per poi riemergere prepotente. Negli U.S.A. vi sono centinaia di chiese e riti e confessioni cristiane protestanti, concentrate soprattutto negli Stati meridionali, nella cosiddetta Bible Belt (la 'cintura della Bibbia'), e vi sono innumerevoli tele-predicatori come Billy Graham e Jerry Falwell, capaci di condizionare la vita politica della nazione. Ogni chiesa e ogni setta dispone di case

22 Hans Küng, op. cit., p. 38.23 ivi, p. 20.24 Benjamin Barber., Guerra Santa contro McMondo, Pratiche Editrice, Milano, 1998 (ed. or. 1995), p. 190.25 ivi, p. 192.

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editrici, radio e televisioni e soprattutto di un forte potere di pressione politica. In generale si può dire che la lega dei Christian Conservatives (i Conservatori Cristiani) ha avuto un peso determinante nel far eleggere due volte i giovane Bush alla presidenza degli U.S.A. (nel 2.000 e nel 2.004). Secondo Marco D'Eramo, oggi almeno il 22 % degli statunitensi adulti è da considerarsi fondamentalista26. Tra gli elementi che formano il fondamentalismo protestante statunitense figurano: il tema della inerrancy (cioè l'inerranza della Bibbia, l'idea che tutto ciò che la Bibbia dice sia letteralmente vero). In base a tale idea, ad esempio, nel 1973 il pastore evangelico californiano John Rushdoony, prendendo spunto da un passo biblico (Esodo 21:17 - Chi maledice suo padre o sua madre dev'essere messo a morte.), suggeriva di mettere a morte i bambini indisciplinati27;

il tema dell'attesa della Rapture (la fine del mondo, quando i morti sorgeranno dalle tombe e i vivi assurgeranno al cielo; si tratta di un tema che ha assunto un valore anche commerciale: dalla produzione di orologi 'rapture' sui cui quadranti si legge "un'ora in meno al ritorno del Signore" ai videogames di successo come Left Behind. E ricordo che anche da noi in Italia uno dei videgiochi più venduti è stato Bioshock, ambientato non del tutto a caso in un mondo alternativo chiamato Rapture);

l'esperienza del born again, cioè di chi afferma di essere 'rinato' a una vita davvero cristiana, abbandonando i tanti vizi e le immoralità precedenti: il battista Jimmy Carter nel 1976 fu il primo presidente U.S.A. a dichiararsi 'rinato', e dopo di lui -nel 2.000- fu la volta di George Bush Jr.;

il tema del creazionismo. Già nel 1925 in Tennessee il maestro Scopes venne portato a processo (il 'processo delle scimmie') accusato di insegnare il darwinismo (illegale nello Stato) e condannato a una multa di 100 dollari. Negli anni Duemila i fondamentalisti sono riusciti a introdurre nelle scuole del Tennessee, dell'Ohio e del Kansas programmi scolastici che criticano l'evoluzionismo biologico, ridotto al livello di una ipotesi discutibile;

l'anti-abortismo. Proprio su questo punto il fondamentalismo cristiano statunitense si è talvolta trasformato in vero e proprio terrorismo armato. Dagli anni Ottanta del secolo scorso fino ad oggi, il terrorismo cristiano ha portato a termine attentati contro le strutture ospedaliere e il personale medico e infermieristico che pratica l'aborto. L'ultimo attacco si è verificato nel 2015, a Colorado Springs, dove tre addetti della clinica Planned Parenthood sono stati ammazzati da terroristi anti-abortisti.

Non bisogna poi dimenticare che il più grave attentato terroristico attuato negli U.S.A. prima dell'attacco islamista alle Torri Gemelle del 2001 è stato compiuto a Oklahoma City, nel 1995, da elementi vicini ai gruppi neonazisti, razzisti e anti-semiti. L'artefice dell'attentato, Timothy McVeigh (condannato a morte e giustiziato nel 2001) leggeva solitamente la rivista Patriot Report, organo dell'organizzazione estremista fondamentalista Christian Identity. (L'attentato all'edificio dell'F.B.I. ha causato la morte di 168 persone e il ferimento di 680 altre).

C2) Il fondamentalismo buddista.Scrive Danila Berloffa che in Occidente al buddismo si associano usualmente immagini di pace e non-violenza e serena meditazione. Tuttavia (e sorprendentemente, almeno per la nostra sensibilità) da una decina di anni alcune aree asiatiche a maggioranza buddista hanno visto esplodere ondate di violenza nazionalista e xenofoba sobillata spesso proprio dai monaci del Buddha! Le minoranze musulmane in Myanmar e in Thailandia hanno vissuto vere e proprie persecuzioni di massa. Qui il buddismo è diventato la bandiera e il cemento ideologico dell'identità nazionale di gruppi fanatici che evidentemente hanno dimenticato il divieto assoluto di uccidere enunciato nel Dhammapada, il testo canonico che raccoglie le parole attribuite al Buddha. La giustificazione addotta dai terroristi buddisti consiste nel far riferimento a un presagio apocalittico presente nella escatologia buddista (ma, a quanto pare, mai pronunciato dal Buddha): la profezia secondo cui in una prossima epoca oscura si verificherà una violenta purificazione del mondo dalle sue depravazioni.

Così in Myanmar si è giunti nel 2015 alla introduzione di una serie di leggi per la

26 Marco D'Eramo, La ferocia e l'estasi, in "Micromega" 8/2016, Roma, 2016, p. 105.27 ivi, p. 101.

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"protezione della razza e della religione". E già a partire dal 2012 si sono verificati massacri di decine e decine di persone (la 'violenta purificazione' di cui sopra!): stragi fomentate da monaci buddisti estremisti a danno dei rohingya (una minoranza etnica musulmana), 80.000 dei quali sono fuggiti verso paesi confinanti28. La stessa Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991 (leader del movimento mondiale per i diritti umani e nota per la sua opposizione pacifica alla precedente dittatura militare birmana, oggi addirittura Consigliere di Stato del Myanmar) ha mostrato una notevole condiscendenza verso gli attacchi dei fanatici buddisti, visto che costoro godono di un notevole peso politico interno.29

L'odio religioso pare non avere confini!

C3) Il fondamentalismo ebraico.Anche se Israele è formalmente uno Stato democratico e laico, i legami tra la comunità religiosa ebraica e lo Stato sono legami assai stretti, dice Giorgio Gomel30. Ben-Gurion, il capo del governo e padre fondatore dello Stato di Israele nel 1948, era un sionista laico e socialista, convinto che ben presto le istanze ebraiche ortodosse sarebbero scomparse con l'affermarsi della modernità. Per poter avere nell'immediato l'appoggio dei rabbini ( i maestri, dotti insegnanti della Torah) ortodossi, Ben-Gurion concesse loro notevoli privilegi. Ancora oggi, ad esempio, in Israele non esiste né matrimonio civile né divorzio civile, e gli studenti delle scuole rabbiniche sono esentati dal servizio militare. In generale, i fondamentalisti ebrei, gli 'ultra-ortodossi', hanno anch'essi un grosso peso politico elettorale, in particolare sul partito conservatore nazionalista del Likud, guidato da Benjamin Netanyahu, attuale primo ministro. Il sionismo religioso, inizialmente del tutto minoritario, ha accresciuto la sua forza predicando la integrità e sacralità della Terra di Israele, e sostenendo i coloni israeliani che si insediano nei territori palestinesi (Cisgiordania e striscia di Gaza) occupati con la guerra del 1967, la 'guerra dei sei giorni'. Tali sionisti ultraortodossi contribuiscono dunque in modo decisivo ad aumentare le tensioni e gli scontri tra arabi palestinesi e israeliani, opponendosi in modo strenuo a ogni compromesso politico con i palestinesi e alla nascita di un reale Stato Palestinese. Pur essendo appena il 12% della popolazione complessiva di Israele, gli ultraortodossi costituiscono "una minaccia acuta, a lungo sottovalutata, per la pace"31 in tutta la regione.Anche il fondamentalismo ebraico ha dato vita ad attività terroristiche estremamente sanguinose. E' da ricordare l'assassinio di Yitzhak Rabin nel 1995 per mano di un sionista religioso fanatico, e solo perché Rabin, laburista e primo ministro di Israele, due anni prima aveva firmato gli accordi di pace di Oslo (in Norvegia) con Yasser Arafat, rappresentante del popolo palestinese. L'anno prima dell'omicidio di Rabin, nel 1994, un ebreo fondamentalista aveva già fatto strage di musulmani palestinesi in preghiera nella moschea di Hebron (29 morti all'interno della sola moschea)... Anche in questo caso si giunse a uccidere in nome di Dio, un Dio che non si chiamava Allah ma Yahweh.

C4) Il fondamentalismo islamico e alcune delle principali formazioni terroriste islamiste.Ed eccoci finalmente a discutere delle derive criminali di quella forma di fondamentalismo

dalla quale, oggi, provengono le maggiori (in termini quantitativi) minacce terroristiche. È di questo tipo di patologia fondamentalista (quella islamica) che ci occuperemo da qui in avanti, vista la portata globale o comunque intercontinentale degli attacchi terroristici che si ispirano ad esso. Occorrerà prima di tutto delineare in modo più che sintetico e più che generale (ma si spera comunque non 'generico') una rapida storia delle principali figure e vicende storiche del terrorismo islamista, avendo sempre ben presente che tale multiforme movimento criminale intende rifarsi alla interpretazione letterale di versetti coranici come quello della 'spada' ( e in generale dei passi delle sure medinesi che abbiamo già individuato nel capitolo B, alla voce 'jihad', alla quale si rimanda): si

28 Danila Berloffa, Massacrare nel nome del Budda, in "Micromega" 8/2016, Roma, 2016, p. 133.29 ibidem. 30 Giorgio Gomel, Esiste un fondamentalismo nell'ebraismo?, in "Micromega" 8/2016, Roma, 2016, p. 140.31 ivi, p. 143.

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tratta di combattere coloro che non credono in Allah. Versetti del genere, decontestualizzati, vengono dai terroristi attualizzati fino a farne norme universali ed eterne del comportamento del retto credente.

E' necessario riconoscere, per iniziare, che il terrorismo fondamentalista appartiene sia a elementi della corrente sunnita sia a elementi della corrente sciita dell'Islam. Tanto i sunniti Bin Laden (il leader di al-Qaeda ucciso nel 2011 ad Abbottabad, Pakistan, dai Navy Seals statunitensi) e al-Baghdadi (il califfo dell'ISIS) quanto lo sciita Khomeini (la guida della rivoluzione iraniana del 1979) hanno grandemente contribuito a infangare l'immagine dell'islam in Occidente. La maggior presenza di organizzazioni terroristiche sunnite rispetto a quelle sciite riflette la molto maggior consistenza numerica del mondo sunnita a fronte ai loro rivali sciiti. [Nota sulla divisione tra sciiti e sunniti.Morto Maometto (632), le tribù arabe che lo seguivano si divisero sulla questione del suo successore. La maggioranza dei suoi seguaci, poi chiamati sunniti (oggi circa l’80-90 % dei musulmani) appoggiarono Abu Bakr, amico del profeta e padre della moglie Aisha. Per gli altri, gli sciiti (gli shiat Ali, 'i partigiani di Alì), il legittimo successore andava individuato tra i consanguinei di Maometto, e più precisamente in Ali, cugino e genero del profeta. Con il tempo le distanze tra sunniti e sciiti aumentarono anche sotto il profilo dottrinale e teologico: gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli imam, un riflesso di Dio sulla Terra, figure infallibili perché a contatto diretto con la divinità, cosa che i sunniti considerano una vera e propria eresia diabolica. Secondo gli sciiti, il dodicesimo imam si è occultato, si è nascosto nell'874 , e tornerà alla fine del mondo per portare giustizia e pace]

- Il terrorismo fondamentalista sciita è stato alimentato dalla rivoluzione islamica in Iran (1979), che portò al potere il regime teocratico dell'ayatollah Khomeini. Il nuovo governo instaurò la sharia nel Paese e ben presto iniziò a finanziare anche movimenti politici, tra cui Hezbollah (il 'partito di Dio') in Libano, una organizzazione classificata come terroristica in vari Paesi del mondo.

- Il primo movimento sunnita fondamentalista che in età contemporanea abbia sostenuto l'uso della lotta per recuperare lo stile di vita dei primi credenti («i pii antenati» o 'salafiti'), fu quello dei Fratelli Musulmani. Il movimento, fondato in Egitto nel 1928 da Hasan al-Banna, già duramente

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perseguitato da Nasser negli anni Cinquanta e Sessanta, avrebbe oggi rinunciato alla lotta armata come mezzo per il conseguimento del potere, partecipando alle elezioni verificatesi dopo la caduta nel 2011 di Mubarak, e riconoscendo il sistema democratico. Nel 2012 Mohamed Morsi, il leader del partito Libertà e Giustizia (il partito dei Fratelli Musulmani) ha vinto le elezioni ed è diventato presidente dell'Egitto, ma l'anno dopo il generale al-Sisi ha attuato un colpo di Stato e ripreso la persecuzione dei Fratelli Musulmani. Morsi stesso è stato arrestato.

Hamas ('scossa', in arabo) è un'altra organizzazione terroristica sunnita, che agisce in Palestina. Hamas ha iniziato effettuare attacchi contro israeliani all'inizio della Intifada del 1987 (la 'rivolta delle pietre'), e si ispira alla Fratellanza Musulmana. Lo statuto di Hamas del 1988 esorta alla distruzione di Israele. Del resto bisogna ricordare che l'anti-ebraismo di Hamas si spinge sino ad affermare la verità indiscutibile di falsi clamorosi come i Protocolli dei Savi Anziani di Sion, uno dei testi-cardine della tesi della congiura ebraica mondiale!

Hamas è stata accusata di voler compromettere il processo di pace israelo-palestinese, avviato con gli accordo di Oslo del 1993, a causa di operazioni armate contro i civili israeliani. Hamas ha sempre giustificato gli attacchi come un obbligo (fard) per combattere l'occupazione israeliana di Cisgiordania e Striscia di Gaza.

Hamas è stata etichettata come "gruppo terroristico" dall'Unione Europea, dagli U.S.A., dal Canada, da Israele etc.

Nel 2006 Hamas ha vinto le elezioni nello Stato Palestinese (che, nonostante sia riconosciuto dalla maggioranza delle nazioni del mondo, manca di un'effettiva organizzazione statale, senza un esercito regolare, e resta in parte della Cisgiordania occupato da Israele, mentre la Striscia di Gaza è sotto il blocco terrestre, navale e aereo israeliano. Il mondo occidentale a questo punto, visti i risultati delle elezioni, ha mostrato grossa preoccupazione, e L'U.E. ha dichiarato che continuerà a offrire il suo sostegno alla Assemblea Nazionale Palestinese guidata dal moderato Abu Mazen (che è anche presidente dello Stato di Palestina) solo se Hamas rinuncerà alla lotta armata e riconoscerà Israele.

A capo del governo palestinese c'è oggi, per la prima volta, un leader di Ḥamas.

Attualmente, Ḥamas ha il controllo della Striscia di Gaza, mentre la zona cisgiordana è sotto il controllo di Abu Mazen, l'interlocutore ufficiale dei paesi occidentali per quello che riguarda il popolo palestinese.

Un'altra organizzazione terroristica sunnita relativamente recente è la nigeriana Boko Haram ('L'educazione occidentale è proibita'), che ha scatenato una guerra civile religiosa tra cristiani e musulmani, rendendosi responsabile di clamorosi rapimenti di massa di studentesse (come quello ai danni di più di 270 ragazze nel 2014)

E ricordiamo poi la celeberrima al-Qaeda ('la Base'): si tratta di una rete di terroristi fondamentalisti sunniti wahhabiti. Al-Qaeda è stata guidata dal miliardario saudita Osama Bin Laden, ucciso nel 2011, e oggi è capeggiata da al-Zawahiri. E' classificata dal Consiglio di Sicurezza dell'O.N.U. come organizzazione terrorista. Tale organizzazione si è formata nel periodo della invasione dell'Afghanistan da parte dell'U.R.S.S. (1979-1989), grazie alla direzione di Bin Laden, che negli anni Novanta insediò la sua Base nel territorio afghano controllato dai talebani (altri terroristi sunniti). La Base è diventata tristemente famosa in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 contro le Twin Towers statunitensi. Il suo obiettivo dichiarato è il Jihad contro l'ebraismo, il cristianesimo, la secolarizzazione occidentale, i musulmani sciiti e i governi musulmani sunniti sì, ma filo-occidentali o "moderati", quali quello dell'Arabia Saudita che -pur sostenendo ufficialmente la dottrina wahhabita- è visto come ipocritamente legato agli U.S.A.

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Resta da parlare della più tragica esperienza terroristica islamista attuale, quella legata all'operato dell'Isis di al-Baghdadi. Nella speranza di poter comprendere un po' meglio il senso politico-religioso (ma anche psicologico) di questa esperienza così recente e così devastante, mi permetto a questo punto di aprire una riflessione interpretativa generale sul tema del fondamentalismo islamico, rimandando al penultimo capitolo l'analisi della prassi criminale dell'Isis.

Per ora mi limito a chiudere questo capitolo, un capitolo dall'andamento essenzialmente compilativo ed informativo, con una scheda che racchiude in modo altrettanto succinto la sequenza dei principali attentati compiuti in Occidente dai terroristi islamisti dal 2001 agli inizi del 2017 (tralasciando le stragi molto più numerose -ma per noi purtroppo molto meno eclatanti, sensazionali e 'risonanti'- compiute dai medesimi nelle altre regioni del globo).

D) PERCHE' CI ATTACCANO? (2) ASPETTI PSICOLOGICO-CULTURALI DEL TERRORISMO FONDAMENTALISTA ISLAMICO. La tesi di Benjamin Barber.

A questo punto cerchiamo di dare una risposta più precisa e puntuale a una delle domande iniziali: perché ci attaccano? Una serie di parziali e sommarie risposte sono già state fornite in

11 MARZO 2004. Negli attentati di matrice islamista alle stazioni di di Madrid, persero la vita 191 persone. I feriti furono 2.000.

7 LUGLIO 2005. Quattro attentati suicidi sulla metropolitana e su un autobus a Londra. Morirono 56 persone. L'attentato è stato rivendicato dai terroristi di al-Qaeda ma le responsabilità non sono mai state accertate.

7 GENNAIO 2015. Nell'attacco compiuto da due terroristi islamici nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, persero la vita 12 persone.

13 NOVEMBRE 2015. Attentati di Parigi. Tre attentatori si fecero esplodere vicino allo Stade de France, morto un passante. In 39 hanno perso la vita nell'11/o arrondissement, uccise a colpi di kalashnikov. 90 sono stati uccisi da un commando suicida dell'Isis nella sala concerti Bataclan.

22 MARZO 2016, BRUXELLES BELGIO. Duplice attentato kamikaze nell’aeroporto internazionale di Zaventem, a Bruxelles. A distanza di un’ora ulteriore esplosione in metropolitana alla stazione di Maelbeek,. L’Isis rivendica gli atti di terrorismo. Il bilancio, ancora provvisorio, è di 34 morti e centinaia di feriti. Attacco rivendicato dall'Isis.

11 GIUGNO 2016, ORLANDO FLORIDA. In un locale gay di Orlando, un terrorista inizia a sparare. L’uomo si sarebbe infatti radicalizzato in breve tempo con corsi on-line tenuti da un imam. Le vittime sono 49 oltre l’attentatore, i feriti 53.

14 LUGLIO 2016, NIZZA FRANCIA Sulla Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza un 31enne di origine tunisina si dirige sulla folla, abbattendo le barriere di arresto al traffico e percorrendo quasi due chilometri a forte velocità con un tir frigorifero. . Restano sull’asfalto 84 vittime – tra le quali 6 italiani – e oltre 200 feriti. Poco dopo l’Isis si attribuisce la paternità dell’atto. Anche questa strage è rivendicata dall'Isis.

19 DICEMBRE 2016, BERLINO GERMANIA. Un autoarticolato viene lanciato a tutta velocità sulla folla di turisti intenta a fare acquisti in un caratteristico mercatino di Natale nel quartiere commerciale di Charlottenburg. Le vittime sono 12. L’attentatore alla guida del mezzo si dilegua fra la folla. Sarà fermato e ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) la notte del 22 dicembre. Un ennesimo attentato rivendicato dall'Isis.

Fonti:

www.internazionale.it/notizie/2015/01/07

www.italianotizie24.it › Cronaca › Cronaca internazionale

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precedenza, discutendo del 'chi', cioè di chi siano gli aggressori. Ma quei primi tentativi vanno precisati e sviluppati, e per farlo ci affidiamo alle intuizioni interpretative di Benjamin Barber, un politologo statunitense che negli anni Novanta fu consigliere politico del presidente Clinton. Barber, come è noto, ha scritto nel 1995 un lavoro importante e e ampiamente discusso e analizzato dagli studiosi: si tratta di Jihad vs.McWorld, il cui titolo è stato reso in italiano con Guerra Santa contro McMondo.

Il lavoro di Barber inizia fin dalla introduzione con il mettere in discussione il celebre 'assioma' di F. Fukuyama, secondo il quale siamo giunti alla “fine della storia”. Per Fukuyama, la storia, intesa come scontro e lotta tra visioni del mondo e sistemi politico-economici inconciliabili, è finita con il crollo del muro di Berlino (1989) e la successiva dissoluzione dei regimi comunisti filo-sovietici: il trionfo definitivo e globale del sistema liberl-democratico e capitalista dell'Occidente è ormai sicuro. Questa è la tesi che Fukuyama ha sostenuto in una serie di scritti pubblicati tra il 1989 e i primi anni Novanta.

Pochi anni dopo la fine dell'URSS, Barber, molto meno ottimista di Fukuyama, e alla luce dei conflitti etnico-religiosi che stavano insanguinando la Jugoslavia (si pensi alla strage di Srebrenica), l'Africa centrale (Ruanda e Burundi), l'Afghanistan dei talebani etc., arrivava a concludere che “la storia non è finita”32. Nessuna end of History capace di garantire un pacifico futuro democratico all'umanità era in vista. Anzi, la democrazia si trovava (e si trova) a fare i conti con due nemici irriducibili: da una parte il Jihad fondamentalista, tribale e religioso, dichiaratamente anti-modernista; dall'altra parte ciò che Barber, con una formula rimasta famosa, chiamò il McWorld, il McMondo, cioè la modernizzazione occidentale (la globalizzazione economica e culturale imposta dagli U.S.A.) intessuta di 'valori' mercantili', consumistici, individualistici, edonistici e materialistici, una modernizzazione globalizzante guidata dalle grandi corporations.

Secondo Barber, la democrazia e l'umanità intera oggi si trovano schiacciate tra due forze dialetticamente opposte e in lotta tra di loro: le spinte verso la 'ritribalizzazione' dell'umanità, in difesa delle comunità e delle identità religiose, etniche o razziali, forze che spingono a lottare in maniera sanguinosa

contro le tecnologie, contro le culture pop, contro i mercati integrati, contro la modernità stessa

e poi le forze antinomiche

che uniscono la gente in ogni luogo [del mondo] con musica veloce, computer veloci, e fast food -TV, Macintosh e McDonald's- costringendo le nazioni in un unico parco tematico globale e omogeneo, un McMondo tenuto insieme da comunicazione, informazione, divertimento e commercio33.

Così il pianeta, “intrappolato tra Babele e Disneyland”34 rischia di cadere nell'anarchia globale, in un Pandaemonium che ricorda la capitale infernale di Milton, cioè rischia di cadere in un mondo totalmente fuori controllo.

Jihad e McMondo, odio particolaristico e mercati universali, si scontrano e nel contempo si favoriscono l'un l'altro: il McMondo minaccia la comunità che il Jihad vuol difendere, e dunque stimola, ricrea e rafforza la diffusione del fanatismo armato; il Jihad si rivolta contro il McMondo usando come armi la sua stessa tecnologia (internet, i cellulari, i fucili mitragliatori), e dunque lo sostiene. Queste due forze che stanno mettendo in pericolo l'intera umanità “hanno dialetticamente bisogno l'una dell'altra”35, come la tesi e la antitesi hegeliana, ma -a differenza delle triadi dialettiche hegeliane- non produrranno alcuna sintesi positiva e progressiva. “E' difficile credere che lo scontro tra Jihad e McMondo produrrà un qualche maggior beneficio”36. Certamente, Jihad

32 Benjamin Barber, Guerra Santa contro McMondo, Pratiche Editrice, Milano, 1998, p. 11.33 ivi, p. 12.34 ibidem.35 ivi, p.14.36 ibidem.

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e McMondo sono però accomunati da una medesima caratteristica: l'assenza della democrazia, che oggi più che mai è in pericolo.

1) Infatti la macdonaldizzazione (cioè l'occidentalizzazione, l'americanizzazione) del mondo, l'estensione al mondo intero di una mentalità consumistica che riduce il valore al profitto individuale e insegna a perseguire il piacere personale, rendendo dimentichi dei bisogni della comunità, da una parte genera senso di isolamento psichico e solitudine individuale, dall'altra minaccia la democrazia.

In dozzine e dozzine di pagine anche molto dure, Barber mette in guardia il lettore dalle sirene del McMondo.

I capitalisti -dice il nostro politologo- possono anche essere sinceramente democratici a titolo personale, ma il capitalismo privo di freni statali, quel capitalismo 'selvaggio' che promuove il McMondo, “non ha bisogno della democrazia”37, e non è di per sé sorgente di democrazia. Anzi, i liberi mercati possono prosperare anche dove non c'è democrazia liberale (come nel Cile di Pinochet o in Cina). L'interesse del capitalismo è nel diffondere e difendere il diritto allo shopping per creare Mercatolandia, un McMondo “dove tutto è in vendita […] e tutti sono uguali fino a che si possono permettere il prezzo del biglietto”38 Il diritto allo shopping, poi, dipende dalla creazione di bisogni da parte del sistema pubblicitario, da un sistema che Barber non esita a definire info-intrattenimento: una informazione divertentistica che ha lo scopo di indurre bisogni artificiali e non-effettivi e non reali (bere Coca-cola al posto dell'acqua, o comprare costosissime scarpe Nike per poter immaginare di disporre un giorno di successo, soldi, sesso e prestanza fisica in quantità, proprio come gli sportivi che le indossano).

In questo mondo-mercato la tanto celebrata libertà di scelta occidentale si riduce alla libertà di scegliere tra alcuni tipi di dentifricio o alcuni tipi di automobile (non però tra sistema del trasporto pubblico o dell'auto privata, problema che si cerca di non sollevare), ma una simile libertà impoverita è solo una libertà di scelta tra marchi diversi; è la libertà del consumatore, non del cittadino.

Il McMondo, “fabbricato e posseduto […] da un ristretto gruppo di potenti multinazionali”39, è in definitiva un “totalitarismo commerciale” non intenzionale, “con un solo valore (il profitto)”40, che si serve di Hollywood (il “cantastorie” di McMondo) e di MTV (l'anima sonora di Mc.Mondo) per omologare i gusti e gli acquisti del pianeta intero. Del resto, omologare i gusti culturali del mondo è assolutamente funzionale all'aumento delle vendite di massa e al profitto. Così la diversità cede il passo alla uniformità41, e i video e i film e le musiche e le persone diventano sempre più simili.

Un esempio di

macdonaldizzazione/

37 ivi, p. 25.38 ivi, p. 122.39 ivi, pp. 122-123.40 ivi, p. 125 e p. 137.41 ivi, p. 69.

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/globalizzazione culturale.

Monaco buddista, cellulare e occhiali da sole.

Ma -ecco il punto- tutto ciò si traduce in un pericolo per la democrazia. Perché chi controlla i canali della omologazione culturale controlla anche le menti dei cittadini, le cui piazze pubbliche si sono ridotte a essere centri commerciali o Hard Rock Café. Barber si spinge sino ad accusare “l'egemonia culturale americana” (cioè la macdonaldizzazione del mondo) di produrre “spazzatura”42 il cui fine principale è quello di divertire e spronare al consumo, appiattendo verso il basso le strutture mentali dei consumatori. Il risultato netto è dunque “una miriade di individui solitari, sistemati davanti ai loro schermi e connessi solo dalla punta delle dita a una nuova rete virtuale definita da Internet”43, cioè un guazzabuglio di 'io' privi del senso della comunità e mentalmente impoveriti dal consumo di prodotti culturali di bassa o bassissima qualità. L'infantilismo caro al McMondo è però il vero pericolo per la democrazia. Infatti Barber osserva giustamente che

La democrazia non richiede solo voti ma anche buone ragioni, e non solo un'opinione ma anche una argomentazione razionale44 […] la democrazia ha bisogno di cittadini autonomi nel pensiero e indipendenti nei loro giudizi45

Senso critico, autonomia del pensiero e indipendenza di giudizio (e non solo libertà di voto!) sono proprio quei tratti indispensabili alla personalità democratica che l'infantilismo del McMondo tende a spazzare via istupidendo i suoi consumatori. Ecco la minaccia più che mai attuale ai nostri sistemi democratici. La stessa preoccupazione di Barber era già stata anticipata due anni prima dal nostro Giovanni Sartori quando, nel celebre DEMOCRAZIA, Cosa è, metteva in evidenza una sorta di trasformazione antropologica anti-democratica in corso: il passaggio storico dall'homo sapiens all'homo videns, rincretinito e 'rimbambinito' dal flusso delle immagini televisive, 'videogeniche', eccitanti e triviali. Un uomo, quello videns, sempre meno informato (nonostante le grandi possibilità

42 ivi, p. 75.43 ivi, pp. 137-138.44 ivi, p. 252. 45 ivi, p. 24.

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offerte in tal senso dalla tecnologia) e sempre meno capace di ragionare con pacatezza ed efficacia argomentativa46.

Dunque per Barber i governi occidentali hanno accettato un regime che consente ai liberi mercati del McMondo (cioè al 'capitalismo selvaggio') di comandarli, ma i mercati non regolati non producono né giustizia sociale né ambienti sostenibili né democrazia; al contrario, essi producono disoccupazione, individualismo esasperato, collasso della comunità, solitudine, semplificazione delle menti e indebolimento della democrazia.47

2) L'altro enorme pericolo per la democrazia proviene dal Jihad, la forza politico-culturale che si oppone a Mercatolandia.

Che il feroce tribalismo jihadista e fondamentalista combatta il McMondo dovrebbe a questo punto essere chiaro, dopo il quadro che di quest'ultimo Barber ha tracciato in precedenza. Se il McWorld produce la crisi delle comunità tradizionali come la Umma islamica, comunità cementata da religione e valori solidaristici, sbriciolandola sotto i colpi dell'edonismo materialistico e individualista,

non ci si stupisca allora che le nuove tribù […] vedano nel McMondo la distruzione di tutto quello che costituisce la loro identità48.

In realtà, secondo Barber,

il Jihad è allora una risposta rabbiosa rabbiosa al colonialismo e all'imperialismo e alla loro progenie economica, capitalismo e modernità49; [è] reazione alla modernità50

La formula di Barber, il Jihad come reazione anti-modernista, individua nelle indignazioni anti-occidentali dei teorici islamisti le ragioni dell'odio per il McMondo. Il politologo statunitense cita a questo riguardo un discorso di al-Banna, il fondatore del movimento dei Fratelli Musulmani ucciso nel 1949, e ritrova in questo discorso l'essenza del fondamentalismo islamico da cui proviene il jihad armato.

Al-Banna, dinanzi alla crescente occidentalizzazione e industrializzazione dell'Egitto, si scagliava contro

L'ondata di ateismo e lascivia [che] ha dato inizio alla devastazione della religione e della moralità con il pretesto della libertà intellettuale e individuale. [Gli occidentali introducono] in queste regioni le loro donne seminude insieme agli alcolici, ai loro cinema, alle loro sale da ballo, ai loro divertimenti, alle loro storie, ai loro giornali, ai loro romanzi, ai loro capricci, ai loro giochi stupidi e ai loro vizi51.

Ecco allora la risposta che siamo andati per molte pagine cercando: i terroristi fondamentalisti ci attaccano perché la loro psicologia è la mentalità di chi rifiuta lo stile di vita di cui molta parte dell'Occidente è portatore. Uno stile di vita iper-individualista che sgretola il senso di fratellanza solidaristica della Umma; uno stile di vita iper-consumista che dimentica Dio in nome del profitto personale, da ottenersi mercificando tutto il mercificabile; uno stile di vita che a Mercatolandia vende droga e alcol ed esibizione sessuale e immagini filmiche di violenza gratuita, lucrando sui più bassi istinti dell'umanità; uno stile di vita che genera miseria morale ma anche enorme povertà materiale all'interno della comunità tradizionale. Ci odiano perché se per 'noi' una donna nascosta dal burqa è qualcosa di incomprensibile e minaccioso (e quella velata dal hijab è perlomeno ridicola), per 'loro' una ragazza in minigonna inguinale e ampie scollature è assolutamente scandalosa, e indicativa della perversa ricerca del piacere personale che corrompe una esistenza la

46 Giovanni Sartori, DEMOCRAZIA, Cosa è, Rizzoli, Milano, 1993, pp. 324-328.47 Benjamin Barber, op. cit., pp. 223-232.48 ivi, p. 138.49 ivi, p. 20.50 ivi, p. 156.51 ivi, p. 193.

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quale dovrebbe essere dedita solamente allo sforzo ('jihad') per rendersi graditi a Dio e servizievoli verso la comunità.

Certo, non soltanto McMondo vende droga e violenza. Anche Jihad (per restare al binomio concettuale di Barber) vende partite di droga (e petrolio) all'Occidente, per finanziarsi e e nel contempo indebolire le popolazioni di Mercatolandia. Anche i jihadisti più feroci come quelli dell'Isis esibiscono violenza spaventosa (filmando le decapitazioni e gli sgozzamenti degli 'infedeli', e mettendo in rete le immagini), ma è una violenza (reale e non finta) finalizzata alla diffusione del terrore, e non 'gratuita'. Il Jihad combatte il McMondo servendosi dei suoi strumenti e della sua tecnologia (in questo senso Barber riconosce che il Jihad ha bisogno del McMondo): usa alla perfezione video di propaganda filmati con grande maestria registica, e li immette in internet su Youtube; adopera cellulari e costruisce siti web; lavora su Twitter; utilizza AK-47 (fucili d'assalto) e lanciarazzi e bombe prodotte in Europa (occidentale e orientale) e negli U.S.A. Detto in altri termini, il terrorismo fondamentalista adopera le armi dell'Occidente contro l'Occidente, per riportare indietro le lancette della storia, per tornare alla purezza della fratellanza religiosa medievale.

Vengono in mente a tal riguardo le osservazioni di Joachim Fest sulla strategia complessiva e gli obiettivi finali del nazismo: quel nazismo che fu, secondo Fest, “una singolare mescolanza di medioevo e modernità”52, che si servì della più moderna tecnologia con l'intento di realizzare una società di sani contadini-guerrieri ariani, di “far regredire uno stato industriale a un popolo semi-arcaico”53 di fratelli di sangue e di razza. L'estremismo islamista persegue con gli stessi mezzi (la tecnologia moderna) lo stesso scopo (combattere la modernità economica e culturale, ritornare indietro a una mitica comunità atavica, definita però dalla fede religiosa più che dalla solidarietà di razza nazista). Un simile fondamentalismo terrorista condivide con altri movimenti terroristi e totalitari un comune spirito atavista e antimodernista. Non è una storia nuova! E non è, evidentemente, la fine della storia.

Senonché, l'atavismo jihadista non può in alcun modo avere anima democratica, perché per i vari Khomeini e bin-Laden e al-Bagdadi non è possibile in alcun modo tollerare chi la pensa diversamente. Il rifiuto di tolleranza e pluralismo delle idee è -di fatto e per principio- rifiuto della democrazia liberale:

Il Jihad […] promuove la comunità, ma di solito a spese della tolleranza, e dunque crea un mondo nel quale l'appartenenza è più importante della partecipazione al potere, e i fini postulati da leader carismatici prendono il posto della deliberazione democratica54.

Il tema barberiano della seducente nostalgia per il passato pre-moderno come carattere strutturale della ideologia del Jihad è al centro anche delle attuali analisi condotte da Loretta Napoleoni, che scrive le sue riflessioni venti anni dopo Barber. La Napoleoni, più di Barber, mette poi in evidenza anche le ragioni economiche che hanno portato alla radicalizzazione violenta di una parte dell'Islam: i cambiamenti climatici e la globalizzazione selvaggia (si legga: la “corsa dei paesi ricchi per accaparrarsi le risorse del continente africano”)55, i due fattori che hanno generato una spaventosa ondata di crescente povertà, la quale -a sua volta- ha favorito la diffusione del Jihad (intesa come reazione anti-moderna).

Tornando a Barber, possiamo dunque dire che la nostra democrazia ha due nemici terribili: Jihad e McWorld, e se non si troverà una alternativa a costoro l'epoca a venire non sarà solo post-industriale ma probabilmente anche post-democratica56. Ecco la preoccupata conclusione di Barber.

52 Joachim Fest, Il sogno distrutto, Garzanti, Milano, 1992, p. 41.53 ivi, p. 65.54 Benjamin Barber, op. cit., p. 206.55 Loretta Napoleoni, Isis, lo stato del terrore, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 110.56 Benjamin Barber, op. cit., p. 30.

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[NOTA. Su alcune critiche alla tesi di Barber. Naturalmente l'idea del Jihad come reazione anti-modernista alla macdonaldizzazione del mondo non è passata senza sollevare obiezioni a questo o quell'aspetto. Tra le molte obiezioni, ne ricordo qui due: quella di Beck e quella di Bauman.

Ulrich Beck ritiene che sia sostanzialmente errato e semplicistico affermare che la globalizzazione dei costumi (intesa come americanizzazione/macdonaldizzazione) conduca a una sostanziale omogeneità culturale planetaria. Piuttosto che di globalizzazione culturale, si dovrebbe parlare di glocalizzazione: le spinte verso la globalizzazione economico-culturale attuate dalle multinazionali devono tener conto delle culture locali per imporsi, facilitare i consumi e generare profitto: globale e locale si incontrano e si fondano; le culture vengono meticciandosi: nascono gli hamburger etnici e i 'Wurstel bianco Hawaii'57. Il mondo non sta diventando culturalmente omogeneo. “Le culture glocali che stanno sorgendo non sono più legate ad un luogo o a un tempo. […] Sono una vera mescolanza di componenti disparate provenienti da ogni dove e da nessun luogo”58 Tuttavia, per quanto Barber affermi più volte che è in atto una vera e propria egemonia culturale americana (la famosa macdonaldizzazione), anch'egli riconosce che la cultura locale esercita un certo influsso sulla penetrazione dei prodotti e della mentalità statunitense, come una lettura più attenta della sua opera avrebbe facilmente consentito di notare.

Zygmunt Bauman invece, pur concordando con Barber riguardo all'idea che il fondamentalismo religioso (anche quello terrorista) offra una risposta alla solitudine della nostra epoca59, ritiene che esso non possa essere catalogato come una 'reazione difensiva pre-moderna', o anti-modernista, come semplice fuga nel passato pre-moderno. Al contrario, esso è il rimedio radicale contro il flagello della società consumista post-moderna basata sul mercato 60); è una reazione di difesa post-moderna, non 'anti-moderna', perché si rivolge a un nuovo tipo di poveri: non più gli operai e i lavoratori agricoli, la cui miseria era effetto di sfruttamento del lavoro, come nel passato, ma i fuori-mercato, gli 'scarti', la cui miseria è effetto di disoccupazione (cioè i 'nuovi poveri' della nostra epoca post-moderna). Il fondamentalismo (anche quello armato, ovviamente) è figlio legittimo della post-modernità e dei suoi fallimenti 61. Anche in questo caso, tuttavia, mi pare che la diversa lettura proposta da Bauman sia riducibile a una differenza essenzialmente lessicale e non così decisiva: in effetti, anche il disoccupato del presente post-moderno può sognare (e di fatto spesso sogna) un passato (certamente idealizzato) pre-moderno e pre-industriale e rurale e (pensato come) più armonioso. La differenza ermeneutica di sostanza tra la tesi di Barber e quella di Bauman è rintracciabile -credo- non nell'oggetto della aspirazione fondamentalista (per entrambi gli autori l'oggetto del desiderio jihadista è la comunità solidale immaginata come comunità che esisteva nel passato) quanto piuttosto nella individuazione delle cause economiche che stanno alla base delle nuove fedeltà fanatiche: lo sfruttamento del lavoro prodotto dal 'capitalismo selvaggio' (Barber); la disoccupazione di massa generata da un capitalismo altrettanto selvaggio (Bauman). E' possibile, tuttavia, che la postmodernità conosca e produca non solo disoccupazione tecnologica ma anche (in aree più vaste di quanto non si pensi) sotto-occupazioni e lavori iper-sfruttati (nei paesi in via di sviluppo innanzitutto) che fanno ancora pensare a modalità decisamente 'moderne' di sofferenza umana.]

E) LO STATO ISLAMICO (ISIS): UNA STORIA CRIMINALE DEL PRESENTE.

Il 29 giugno 2014 il gruppo terrorista salafita sunnita ha proclamato per bocca del suo leader Abu Bakr al-Baghdadi la nascita di un califfato, lo STATO ISLAMICO, sui territori a cavallo della Siria nord-orientale e dell'Iraq occidentale.

Il gruppo terrorista, chiamato anche Daesh o Isis (Islamic State of Iraq and Syria) nasce come costola di al-Qaeda in Iraq, dopo che con la Seconda Guerra del Golfo (2003-4) gli Stati Uniti d'America e i loro alleati avevano rovesciato il governo di Saddam Hussein e di fatto occupato l'Iraq, anche senza approvazione da parte dell'O.N.U. e in base ad accuse (non fondate) rivolte al governo iracheno di possedere armi di distruzione di massa. Gli uomini che poi sarebbero confluiti nell'Isis iniziarono a combattere gli occupanti occidentali e il governo sciita imposto e sostenuto dagli U.S.A. Guidati da al-Zarqawi, che nel 2004 aveva giurato fedeltà a Osama bin Laden, i

57 Ulrich Beck, Che cos'è la globalizzazione, Carocci, Roma, 1999, p. 67.58 ivi, p. 74.59 Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, Paravia Bruno Mondadori, Torino, 2002, p. 225.60 ivi, p. 224.61 ibidem.

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terroristi si distinsero per l'efferatezza delle loro azioni (decapitazione filmata del civile statunitense Nicholas Berg, 2004). Al-Zarqawi venne ucciso da un bombardamento nel 2006.

Dal 2012 il gruppo terrorista (che solo dal 2013 ha assunto ufficialmente la denominazione di ISIS) ha partecipato alla lotta contro il governo autoritario siriano dello sciita Bassar al Assad, e nel 2014 ha posto la sua capitale a Raqqa (Siria).

Dopo aver rotto i rapporti con al-Qaeda e il gruppo al-Nusra (al-Qaeda è giunta addirittura ad accusare l'Isis di eccessi di crudeltà, e oggi l'Isis mira a scalzare il suo antico alleato dal primato nella guida mondiale del jihad armato), nel 2014 l'Isis ha conquistato Mossul (in Iraq) e ha proclamato la nascita dello Stato Islamico (il 'califfato nero'). Pertanto, dinanzi alla avanzata dell'Isis in Siria contro il governo di Assad, ben presto (tra agosto e settembre 2014) anche contro l'Isis sono iniziati i bombardamenti aerei statunitensi in Siria (e in Iraq), nonostante gli U.S.A. abbiano da tempo considerato la Siria guidata da Assad uno 'stato canaglia' governato da un uomo che disprezza i diritti umani ed è un pericolo per la pace.

La sera del 29 giugno 2014 l'ISIS ha proclamato la restaurazione del califfato islamico con Abū Bakr al-Baghdādī come califfo.

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Al-Baghdadi proclama la nascita dello Stato Islamico.

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Territori dello Stato Islamico. Fonte Internazionale.it

Nel luglio del 2014, i leader del nigeriano Boko Haram hanno dichiarato il loro sostegno al nuovo califfato nero di al-Bagdadi. .

In agosto sono stati effettuati i primi attacchi aerei statunitensi, anche per permettere a migliaia di Yazidi dell'Iraq settentrionale (membri di una antica religione monoteista che adora, tra gli altri, l'angelo Pavone), circa 5.000 dei quali sarebbero stati uccisi, di fuggire dalle persecuzioni dell'Isis. Nello stesso tempo gli U.S.A. (ma anche l'Europa) hanno cominciato ad armare i peshmerga (combattenti) curdi (di varia religione -sunniti, cristiani, yazidi etc.- sparsi tra Iran, Iraq, Siria etc.) per aiutarli a fermare l'onda lunga dell'Isis.

Oltre agli yazidi, ai curdi e ai cristiani, lo Stato Islamico colpisce ovviamente anche la minoranze sciite, in specie a Mossul (dove già in giugno 2014 quasi 700 sciiti detenuti sono stati fucilati), e nel mentre sostiene attacchi e attentati in Occidente.

Nel settembre 2014 l'Isis ha tentato l'offensiva verso la città curda di Kobane, sul confine turco, offensiva respinta agli inizi del 2015, ma agli inizi dello stesso anno l'Isis ha fatto la sua comparsa con una serie di attentati e avanzate in Libia, uno Stato ad altissima instabilità politica dopo la caduta di Gheddafi (il dittatore ucciso nel 2011).Nella primavera 2015 il califfato nero è arrivato nell'antica città siriana di Palmira, patrimonio dell'umanità, e qui distrugge templi e antichissimi monumenti.

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Dal 2014, la situazione medio-orientale assume tratti a dir poco babelici e di difficile lettura. Sul finire del 2015, anche la Russia del presidente Putin impone la sua presenza armata nell'area medio-orientale, presentandosi come strenuo difensore del governo siriano di Assad ( quel governo che gli U.S.A. di Barack Obama giudicano molto negativamente): le forze armate russe iniziano a intervenire pesantemente contro l'Isis e ogni forma di ribellione al governo di Damasco (cioè di Assad). Anche la Francia, colpita dagli attentati di Parigi, inizia i bombardamenti su Raqqa e Mossul.

La realtà politica in Siria e Iraq diventa sempre più complessa, anche e soprattutto per via dell'intersecarsi di interessi geopolitici contrapposti: se l'Iran e gli Hezbollah libanesi sostengono lo sciita Assad (che viene regolarmente armato dalla Russia), mentre Arabia Saudita e Qatar finanziano gruppi armati salafiti sunniti (e certo parte di questi finanziamenti sono andati anche all'Isis) per indebolire l'Iran sciita, gli U.S.A. hanno sicuramente (anche se non ufficialmente) distribuito armi ai gruppi di rivoltosi anti-Assad (armi che però sono state ben presto confiscate dagli uomini dell'Isis). Come se non bastasse, gli U.S.A. sostengono i peshmerga curdi e, di fatto, anche il Pkk (il partito dei lavoratori curdi, di estrema sinistra, formalmente condannato dagli statunitensi), spingendoli a lottare contro l'Isis62. Di più: gli U.S.A. premono perché la Turchia del presidente Erdogan si unisca al Pkk e ai curdi, suoi nemici storici, per combattere l'Isis, ma nella seconda metà del 2016 la Turchia, già alleata degli U.S.A., si è riavvicinata alla Russia complicando ulteriormente le relazioni con i curdi, l'UE e gli U.S.A.

C'è di che farsi girare la testa!

E c'è anche il 'di più' del di più: come ricorda Cockburn, l'assurdità maggiore consiste nel vedere gli Stati Uniti associati alla Arabia Saudita wahhabita nell'esportare la democrazia in Siria, Iraq, Libia etc.: i sauditi sono stati i maggiori finanziatori dei gruppi terroristi sunniti (compresa Al-Qaeda e i talebani) in lotta contro gli sciiti!63 Certo, la responsabilità dell'Arabia Saudita (e del Pakistan) è stata ignorata che perché l'Arabia Saudita è tra i maggiori acquirenti dell'industria statunitense delle armi64. Le ragioni del denaro e del profitto sembrano non conoscere le ragioni della morale e le distinzioni troppo inutilmente rigide della politica! Di fatto, per Cockburn, gli U.S.A. hanno sbagliato bersaglio nell'attaccare Afghanistan e Iraq (che ai tempi di Saddam Hussein non aveva alcun evidente legame con i terroristi islamisti) dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Il vero avversario era da individuarsi all'interno dei paesi arabi loro alleati.

Ancora più duro ed esplicito di Cockburn nel suo giudizio riguardo alle responsabilità occidentali è il grande storico medievalista Franco Cardini. Senza peli sulla lingua, Cardini si scaglia contro “l'ipocrisia dell'Occidente” con una serie di domande che abbandonano la retorica per esprimere una profonda indignazione morale:

Ma davvero abbiamo la memoria tanto corta? Davvero abbiamo dimenticato che fin dagli anni Settanta sono stati gli statunitensi che in Afghanistan, in funzione antisovietica, si sono serviti dei guerrieri-missionari fondamentalisti provenienti dall'Arabia Saudita e dallo Yemen […]? Davvero ignoriamo che la mala pianta del fondamentalismo l'abbiamo innaffiata e coltivata per anni noi occidentali, prima che nella metà degli anni Novanta i rapporti si guastassero? Sul serio non sappiamo nulla del fatto che ancora oggi il jihadismo -quello di al-Qaeda e quello, rivale e concorrente, dell'Islamic State (IS) del califfo al-Baghdadi – è sostenuto e aiutato, e neppure in modo troppo nascosto, da alcuni emirati della penisola arabica che pur sono tra i nostri più sicuri alleati nonché – e soprattutto- partner finanziari e commerciali?65.

62 Loretta Napoleoni, op. cit., pp. 38-41.63 Patrick Cockburn, L'ascesa dello Stato Islamico, Stampa Alternativa, Viterbo, 2015, p. 60.64 ivi, p. 61.65 Franco Cardini, op. cit., pp. XXIII-XXIV.

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Così, la guerra all'Isis diventa una guerra per procura che coinvolge una pluralità di attori dagli interessi diversi (e spesso contrapposti), e si configura anche (ma non solo) come una guerra interna all'Islam, una guerra tra sunniti e sciiti) e con pesantissime ingerenze occidentali.

Loretta Napoleoni ricorda che, nella confusione multipolare generata dalla versione moderna della guerra per procura, “le alleanze non sono mai chiare e possono cambiare da un giorno all'altro, e i nemici storici diventano alleati”66.

Nel dicembre del 2016 il governo siriano di Assad ha riconquistato Aleppo, riportando una vittoria molto rilevante per l’andamento della guerra in Siria, perché Aleppo era considerata da tempo la città più importante sotto il controllo dei ribelli (anche se qui la presenza dell'Isis era minoritaria).

Una cosa è certa: dalla Libia all’Iraq, nella seconda metà del 2016 lo Stato islamico (Is, o 'Isis') ha subito diverse sconfitte:

- Il 5 dicembre è stata annunciata la liberazione della città libica di Sirte dall’Isis, La presa di Sirte è avvenuta anche grazie ai bombardamenti statunitensi. - Nel frattempo continua l’avanzata delle forze del governo iracheno e dei loro alleati, tra cui gruppi paramilitari sciiti e peshmerga curdi, su Mossul, nel nord dell'Iraq. Mossul era la più grande città sotto il controllo dell'Isis. L'avanzata continua con il sostegno aereo e terrestre di una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. “La riva est del fiume Tigri a Mossul è ormai controllata completamente dalle forze irachene, che l’hanno strappata al controllo del gruppo Stato islamico (Is) dopo tre mesi di intensi combattimenti”.Fonte: www.internazionale.it/opinione//2017/01/24/ . A metà marzo 2017 La Stampa di Torino ricorda che le truppe irachene hanno liberato “oltre un terzo di Mosul Ovest” (www.lastampa.it › Esteri 13/03/201).

- Anche Raqqa, la roccaforte siriana dell’Isis dove vivono i leader dell'Isis, è sotto attacco dagli inizi di novembre 2016. “La campagna militare è condotta dalle Forze democratiche siriane (Sdf), di cui ventimila sono veterani curdi. Le Sdf sono sostenute dagli Stati Uniti, ma il rapporto è complicato perché Washington non vuole provocare la Turchia, che considera i curdi siriani dei terroristi. Le forze anti-Isis sono giunte a 25 chilometri dalla città”. Fonte: www.internazionale.it/notizie/2016/12/07/

Tuttavia la lotta non è certo finita. L'Isis resiste.

Resta da chiedersi come possa un gruppo di terroristi di alcune migliaia di uomini (certo bene organizzati e bene armati) imporre simile controllo su vaste aree medio-orientali. Da dove trae i finanziamenti che gli sono necessari? Secondo il Financial Times del 16 ottobre 2015, i fondi dell'Isis provengono dal traffico di droga (eroina soprattutto, proveniente dall'Afghanistan) venduta in Occidente tramite due rotte: quella balcanica e quella irachena; e poi dal contrabbando di petrolio dei campi petroliferi siriani e iracheni venduti attraverso intermediari turchi o giordani. È certo poi -lo dice anche Cardini- che l'Isis riceva fondi da donazioni private provenienti da paesi del Golfo Persico, come l'Arabia Saudita wahhabita, interessata a indebolire il regime siriano sciita di Assad.

Bisogna poi ricordare che il fondamentalismo armato e criminale del salafismo dell'Isis impone nelle zone conquistate una intransigente versione della sharia: avverte le donne di indossare veli che coprano tutto il corpo, pena una severa punizione, mette al bando manichini nudi; vieta la vendita e il consumo non solo di alcolici ma anche di sigarette e droga e musiche

66 Loretta Napoleoni, op. cit., p. 41.

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occidentali. I membri di altre religioni devono convertirsi oppure pagare l'imposta religiosa o 'subire la spada', cioè morire. Per i musulmani sciiti è prevista solo la conversione o la morte. Eppure, nonostante tutto ciò, l'Isis sembra avere una notevole capacità di attrazione, un qualche fascino tanatologico e mortifero che -evidentemente- riesce a fare presa sulla mente di molte persone giovani (e non soltanto musulmani immigrati di seconda o terza generazione, quelli che vivono in Europa e negli U.S.A, ma anche su occidentali di antica stirpe, neo-convertiti che abbandonano la cultura occidentale nella quale sono cresciuti da sempre, e che poi diventano forein-fighter). Quale 'fascino' criminale? In cosa consiste tale capacità di attrazione? Probabilmente, come ricorda Loretta Napoleoni,

Anche se è impegnato in una pulizia etnica, il Califfato [di al-Baghdadi] si mostra ecumenico e offre la possibilità di convertirsi al salafismo sunnito per ottenere la cittadinanza67

E' il volto 'ecumenico' dell'Isis il fattore di attrazione principale di questo movimento criminale. Su questo punto tutti gli analisti più accorti sembrano concordare. L'Isis offre a tutti i 'solitari infelici' di questo mondo la possibilità di entrare in una grande famiglia di fratelli al solo costo di un pronunciamento in favore di Allah (l'Allah sunnita, beninteso!). Così al-Baghdadi, il 'califfo nero', definisce lo Stato Islamico:

uno stato in cui arabi e non arabi, bianchi e neri, occidentali e orientali sono fratelli […] La Siria non è dei siriani e l'Iraq non è degli iracheni. La Terra appartiene ad Allah68.

Sono parole che impressionano. Parole che offrono un nuovo egualitarismo e una nuova solidarietà nell'epoca del nichilismo e dell'individualismo più estremo. Parole che attraggono anche chi musulmano non è. Parole che Domenico Quirico così commenta e interpreta, ponendosi nella prospettiva di chi ha ipoteticamente aderito al 'grande califfato':

Migliaia di altre persone diventano allora tuoi prossimi, tuoi fratelli perché condividono il tuo sogno. La parola 'Noi', veri musulmani, comincia a scriversi a lettere maiuscole. Appartenere a un movimento così lodevole permette di sormontare la maledizione della solitudine, ancor più diffusa e bruciante nel nostro mondo occidentale o occidentalizzato per finta69.

Tale fascino mortifero spiega a sufficienza anche perché, sempre secondo Quirico, molti di questi fanatici jihadisti

non sono dei cinici che cercano dietro lo schermo del califfato e della fede potere o denaro. Sono degli idealisti che credono che la sharia sia la migliore condizione possibile dell'umanità. Per contribuire al suo avvento sono capaci di tutto […] Era così anche nella dottrina comunista o nazista70.

Anche Napoleoni è dello stesso avviso: la motivazione dei combattenti dell'Isis è strettamente ideologica, non economica71. Proprio per questo non sarà affatto semplice sconfiggere lo Stato Islamico. Nella sua analisi dei moventi che spingono anche giovani e spesso ricchi europei di antica stirpe -francesi, inglesi etc. (e non solo masse di disperati e impoveriti orientali) ad arruolarsi nell'Isis e addirittura a cercare il martirio, lo storico Franco Cardini è forse il più chiaro ed esplicito di tutti allorché così afferma in una pagina che merita di essere riportata:

67 ivi, p. 112.68 Citato in Patrick Cokburn, op. cit. p. 9.69 Domenico Quirico, Il grande califfato, Neri Pozza, Vicenza, 2015, pp. 120-121. Il giornalista Quirico è stato

sequestrato in Siria da un gruppo jihadista nel 2013, e liberato dopo 5 mesi.70 ivi, p. 123. 71 Loretta Napoleoni, op. cit., p. 50.

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E se il vuoto interiore e la voglia di trovare un senso tragico da conferire alla vita che tanti ragazzi hanno provato e testimoniato da oltre due secoli […] serpeggiasse ancora tra questi bamboccioni allevati a colpi di famiglie semidissolte. Di scuola permissiva, di diritti del fanciullo, di telefoni azzurri, di supervitamine, di scarpe Timberland, di t-shirt Adidas, di play-station, di domeniche passate ai centri commerciali anziché in chiesa per la messa festiva, di pop, di rap, di Twitter, di Facebook, di iPad, di selfies eccetera? […] [Alcuni di questi] Sono i nuovi guerrieri di Allah, i ragazzacci occidentali che hanno inseguito un nuovo senso da dare alla vita vuota raggiungendo i ranghi del califfo72.

Certo, c'entra anche questa componente psicologica: se moltissimi si arruolano nelle file criminali dell'Isis a causa della miseria economica in cui vivono e la cui colpa attribuiscono all'Occidente, altri si schierano a fianco del Califfo per la folle promessa di senso che il jihadismo pare offrire, cioè per fuggire quell'esistenza nel nulla-di senso- (il nichilismo) nella quale si ritrovano. Durissime le parole con cui Cardini conclude la su riflessione riguardo alle scelte di giovani europei neo-convertiti al fondamentalismo dell'Isis:

Il ventre che li ha generati […] non è l'Islam. È l'Occidente naufragato nella società dei consumi e dei profitti. È il Nulla che sta in fondo al tunnel della Modernità. Per questo non c'è da meravigliarsi che a ben guardare il primo e peggior nemico di al-Baghdadi […] sia papa Francesco73.

F) CONCLUSIONI. COSA FARE? (2).

E torniamo infine da dove siamo partiti. Che fare? Cosa fare, oltre -ovviamente- a contenere sul campo, con le forze di polizia e di intelligence, la furia jihadista? Le sole soluzioni ritenute da Barber e Küng plausibili ed efficaci sono soluzioni che richiedono molto tempo e molta intelligenza pratica e che, sia pur da punti di partenza molto diversi, convergono nel proporre una sorta di nuova mondializzazione della moralità umana. E -sia detto immediatamente- simile proposta non vuole affatto essere utopistica, non intende convogliare gli sforzi di chi crede nella democrazia verso il piano di idealità iperuraniche e di un dover-esssere che non è! Per quanto difficile, si tratterebbe della sola possibilità di salvaguardare e rafforzare la democrazia liberale! Barber, in termini assolutamente 'laici', ritiene che la soluzione stia nella costruzione di “un insieme di associazioni civili transnazionali” capaci di cooperare e -anche grazie a internet- affrontare su scala mondiale i grandi problemi del pianeta; associazioni capaci di riformare quel senso della cittadinanza che l'infantilismo interessato del McMondo ha messo in crisi; capaci di restituire all'individuo quella voce pubblica che gli Stati e le istituzioni internazionali non esprimono più; capaci di formare cittadini che si sentano “appartenenti a una comunità più vasta” di quella prospettata dal Jihad e dalla sua intollerante violenza74. Insomma, la soluzione starebbe nella costruzione di una “democrazia globale capace di contrastare le tendenza anti-democratiche del Jihad e del McMondo”75. Küng, da un punto di vista religioso e cristiano, propone come irrinunciabile la formazione di una “etica della umanità o etica mondiale” alla quale ogni filosofia e anche “tutte le religioni, anche l'islam, l'ebraismo e il cristianesimo sono invitate a dare il loro apporto sostanziale”76, abbandonando le pulsioni fondamentaliste e la folle aspirazione a instaurare il dominio clericale sul mondo laico. L'etica mondiale dovrà essere -secondo il teologo svizzero- il luogo d'incontro delle varie religioni liberate dal peso intollerabile delle 'letture letterali' dei loro testi sacri, in nome della

72 Franco Cardini, op. cit., pp. 96-97.73 ivi, p. 99.74 Benjamin Barber, op. cit., pp. 271-273.75 ivi, p. 263.76 Hans Küng, op. cit., p. 777.

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pace universale. È esattamente la stessa idea di Cardini: una “Santa Alleanza” di tutte le religioni in nome di un'etica universale77. L'etica mondiale dovrà dunque strutturarsi secondo le linee e la sensibilità filosofica che già nel 1779 il grande illuminista Lessing illustrava attraverso la famosissima parabola dei tre anelli raccontata da Nathan il Saggio: tutti, cristiani ebrei e musulmani, dovranno comportarsi come se possedessero l'unico anello capace di rendere chi lo possiede gradito a Dio, smettendola una volta per tutte di litigare! Perché non c'è alternativa alla saggezza di Nathan!78 Perché si dovrà vivere (o morire) tutti assieme.

G) Le parole dell'islam.

Arkān al-Islām: I 'cinque pilastri dell'Islam' indicano i cinque obblighi fondamentali di ogni musulmano, uomo o donna, in base alla legge religiosa che il devoto è tenuto a osservare. Sono:1) la dichiarazione di fede recitata giornalmente;2) la preghiera rituale, cinque volte al giorno;3) l'elemosina 4) Il digiuno durante il mese di Ramadan5) Il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita per tutti quelli che siano in grado di affrontarlo.Ayatollah: colui che, nel mondo sciita, raggiunge il grado più autorevole negli studi islamici.Califfo/imam; sunniti/sciiti: nel corso dei primissimi dibattiti sul problema della successione a Maometto, i musulmani fecero ricorso a due termini per designare il futuro capo della comunità islamica: 'califfo' (che alla lettera significa 'il successore', il 'vicario'), e 'imam' (cioè 'colui che sta davanti', 'colui che guida'). Gli sciiti scelsero il termine imam per indicare il loro capo spirituale, ed elaborarono teorie molto particolari riguardo all'imamato. I sunniti invece preferirono il termine califfo. "Il califfato è dunque una istituzione sunnita"79

Pertanto,

Califfo (khalīfa) è il termine impiegato per indicare il “Vicario” o “Successore” di Maometto alla guida politica e spirituale della Comunità islamica ( da www.dubaiblog.it),

ma

Dopo la conquista araba il califfo divenne uno dei maggiori sovrani del mondo [e] la sua funzione religiosa si andò attenuando a vantaggio della funzione politica a man a mano che l'Islam da religione si faceva impero (da www.sapere.it - califfo).

Oggi, secondo il consenso pressoché unanime dei giurisperiti sunniti, il califfo è il successore di Maometto e la guida dell'Umma, "anche se è necessario sottolineare come la sua autorità debba essere esclusivamente politica e non religiosa, posto che la missione profetica non può essere ereditata"80, e posto che Maometto è stato l'ultimo profeta. Inoltre per i sunniti il califfo deve appartenere alla stirpe dei quraisciti, cioè al clan di appartenenza del profeta Maometto. Egli è chiamato a far rispettare la sharia e a difendere la Umma, ad amministrare la giustizia e a guidare gli eserciti. Ma "il califfo non è infallibile e non è considerato senza peccato", e il popolo può abbandonarlo se compie atti contrari all'Islam.81

77 Franco Cardini, op. cit., p. 144.78 Hans Küng, op. cit., p. 26.79 Sabrina Mervin, L'Islam, Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2001, p.167.80 Papa, Ascanio, op. cit., p. 76.81 ivi, pp. 77-78.

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Dopo i primi quattro califfi "ortodossi", due dinastie arabe si affermarono in successione alla guida della Umma: dapprima gli omayyadi di Siria (661-750), poi gli abbasidi di Baghdad (750-1258). Il califfato abbaside si concluse quando Baghdad venne conquistata e devastata dai mongoli, che uccisero l'ultimo califfo e cancellarono il titolo. Il sultano turco ottomano Solimano I assunse nuovamente, nel 1517, il titolo di califfo dei musulmani sunniti. Il califfato ottomano era un titolo meramente spirituale, distinto dal politico e militare "sultanato", e fu abolito nel 1924 da Kemal Ataturk, il fondatore della repubblica turca. Nel giugno del 2014 però si è assistito a una sanguinosa reviviscenza del califfato: in Iraq (a Mossul) Abu Bakr al-Baghdadi ha proclamato la rinascita del califfato sunnita e la formazione dello Stato Islamico nei territori sotto il controllo dell'ISIS.

Il termine imam oggi può indicare tanto una straordinaria guida spirituale e politica (ad esempio, Khomeini, il leader della rivoluzione iraniana del 1979, ed è questo l'uso che per lo più se ne fa in ambiente politico) quanto un semplice devoto che sia particolarmente esperto nei riti della preghiera, e che si pone davanti ai compagni oranti.

Nella cultura sciita, la figura dell'imam acquista invece una valenza straordinaria a causa dei suoi legami di sangue e spirituali con Alì, il quarto califfo, cugino e genero di Maometto. Per gli sciiti, infatti solo un discendente di Alì può essere designato come successore del Profeta e guida dell'Islam. Così, per gli sciiti i primi tre califfi e tutti i califfi delle dinastie omayyadi e abbasidi sono da considerarsi illegittimi. Inoltre, in quanto discendente di Alì e imparentato con Maometto, l'imam è dotato di poteri superiori a quelli di ogni altro uomo: egli è assistito da Allah e pertanto è infallibile e privo di peccato82. Infine bisogna ricordare che per la maggior parte degli sciiti solo dodici imam hanno legittimamente guidato i musulmani. L'ultimo imam (Muhammad al-Mahdī) non viene considerato morto ma semplicemente occultatosi nell'874 agli occhi del mondo. Egli è destinato a manifestarsi alla fine dei tempi, in qualità di Mahdi (il 'ben guidato') per restaurare il puro islam delle origini, la giustizia e la pace. Il Mahdi è dunque una figura escatologica equivalente a quella ebraico- cristiana del Messia e dell'ultima venuta del Signore (la Parusia dei cristiani).

Corano: "la recitazione", cioè il messaggio rivelato da Dio a Maometto tramite l'arcangelo Gabriele. Sarebbe stato recitato da Maometto a vari testimoni; venne quindi scritto su vari supporti ( foglie, pezzi di legno, pergamena e papiro, poi raccolti e sistemati definitivamente su ordine del califfo Uthman). Nel giro di venti anni dalla morte di Maometto il Corano comparve comunque nella sua forma scritta, rimasta sostanzialmente immutata. E' composto da 114 sure (capitoli).

Dar al-harb/dar al-Islam: rispettivamente, 'terra della guerra' e 'terra dell'islam' (cioè della pace)Dhimma : patto di protezione" contratto tra non musulmani e un'autorità di governo musulmana, dietro pagamento di un tributo. 'Dhimmi' sono le persone non-musulmane soggette al patto.Emiro: 'comandante', titolo attribuito a monarchi arabi.Fatwa: risposta data a un richiedente da un muftì, al fine di definire la liceità di un comportamento in base alla sharia.Fitna: 'discordia', guerra fratricida (in particolare, tra sciiti e sunniti).Fiqh: Scienza del diritto islamico, della sharia espressa dal testo sacro etc. Halal/haram/fard: halal: lecito; haram: proibito (è l'antonimo di halal; il termine compare nella denominazione del gruppo terrorista jihadista nigeriano Boko Haram, che alla lettera significa: "L'istruzione occidentale è proibita); fard: obbligo.Hadith, Sunna: un singolo aneddoto di alcune righe sulla vita di Maometto Muhammad); è parte costitutiva della Sunna, la seconda fonte della Legge islamica, dopo il Corano. L'insieme dei singoli hadith forma la Sunna. Hanbalita: seguaci dell'hanbalismo, una scuola giuridico-religiosa islamica sunnita fondata da ibn Hanbal (780-855), di Baghdad. Hanbal era noto per il suo rifiuto dell'intervento della ragione nell'interpretazione di Corano e Sunna, le due fonti primarie dell'islam. Tra gli hanbaliti ricordiamo

82 ivi, p. 79.

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ibn Taymiyya e al-Wahhab.Ijtihad: interpretazione personale.Islam: 'sottomissione, abbandono a Dio'.Jahiliyya: ignoranza del messaggio salvifico del Corano.Jihad: sforzo, impegno, fatica (morale o anche 'militare' -vedi capitolo B).Kafir: miscredente o infedele.Muezzin: addetto alla moschea che richiama i credenti alla preghiera (cinque volte al giorno).Mujaheddin (o mujahidin): 'combattenti impegnati nel jihad'.Muftì: esperto di diritto islamico che, per i suoi studi e la sua buona nomea, è autorizzato a emettere una fatwa cioè un responso giuridico basato sullla sharia. Autorità religiosa, anche se, di per sé, non può essere definito un "dotto" (ʿālim, ulema). Mullah:'maestro', esperto di teologia islamica e sharia; termine in uso soprattutto (ma non solo) nel mondo sciita, adoperato per indicare gli ulema.Muslim: sottomesso a Dio, ('musulmano'). Il primo dei musulmani è -per gli islamici- Adamo! Poi Noè, Abramo, Mosè, Gesù e infine Maometto. 'Islamici' sono i seguaci della dottrina di Maometto.Salafiyya: il termine salafismo si riferisce a tutti coloro i quali nell'islam ritengono che l'unico modo di combattere la corruzione del tempo presente consista nel tornare all'islam delle origini e alla sua purezza, la purezza delle prime generazioni dei musulmani, i salaf.Shahid: testimone della fede ('martire').Sharia: il termine arabo significa "la via", la via rivelata da Dio per giungere alla salvezza eterna e regolare la condotta in questa vita. In senso ampio, con il termine si intende l'insieme delle leggi che il musulmano deve seguire: norme di origine divina che debbono stare a fondamento anche della vita civile e politica. Con la sharia Dio ha stabilito ciò che è illecito e ciò che è lecito, e ha distinto -all'interno del mondo delle cose lecite- ciò che è obbligatorio (fard) da ciò che è semplicemente consigliato o che è 'libero'. Le fonti della Sharia sono, in ordine di importanza: il Corano ("la recitazione", cioè il messaggio rivelato da Dio a Maometto tramite l'arcangelo Gabriele); la Sunna (cioè la raccolta degli atti e dei detti del Profeta Maometto, una raccolta formata dagli hadith, i 'racconti' di ciò che il profeta ha detto o fatto in vari momenti della sua vita. La Sunna è stata compilata secoli dopo la morte di Maometto); il consenso dei dotti; il procedimento analogico (ragionamento deduttivo che un esperto giurista musulmano sviluppa per rispondere a un problema riguardo al quale le prime tre fonti non offrano una chiara soluzione).Sufismo: mistica islamica.Sultano: è il titolo di sovrano adoperato da dinastie arabe e non arabe. Alla lettera significa 'autorità'.Taqlid: tradizione.Ulema: dotto, sapiente di scienze religiose, saggio.Zakat: prelievo di una quota della ricchezza a sostegno e vantaggio di poveri, orfani e vedove. Impropriamente tradotto con 'elemosina', è un obbligo per il vero credente.Wahhabiyya: il movimento rigorista fondato nel XVIII secolo dall'arabo Muhammad al-Wahhab, propugnatore della necessità che i governi basino il loro operato sull'osservanza stretta della sharia (la legge islamica), sulla scorta del principio dell'identità di Stato e religione. Il movimento dei Fratelli Musulmani di al-Banna e il movimento di Bin Laden (al-Qaeda) sono senz'altro da definirsi wahhabiti. E deve essere ricordato che il wahhabismo è la dottrina ufficiale del regno dell'Arabia Saudita e del vicino emirato del Qatar.

Mario Gamba.

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Filmati consigliati:

- Il fondamentalista riluttante, film di Mira Nair, 2012.

- Bordering, 2016 , regia di Jac Mulder.

- Una grande lezione di storia: Franco Cardini-Cos’è l’Isis? Come nasce, perché? In Internet.