Il tempo delle scelte - ISREC Savona · 2018. 7. 31. · Il tempo delle scelte Mercoledì 10 giugno...

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Convegno sul tema: 25 Luglio - 8 Settembre 1943 Il tempo delle scelte Mercoledì 10 giugno 2009, ore 16,00 Sala Rossa del Comune di Savona Studi e ricerche sulla Resistenza e l’Età contemporanea ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA DELLA PROVINCIA DI SAVONA n. 13 Savona, giugno 2009 Aut. Trib. di Savona n. 463 del 27.8.1996. Poste Italiane S.p.A. sped. abb. post. - 70% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46). Dir. comm.: Business Savona. ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA DELLA PROVINCIA DI SAVONA

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Convegno sul tema:

25 Luglio - 8 Settembre 1943Il tempo delle scelte

Mercoledì 10 giugno 2009, ore 16,00

Sala Rossa del Comune di Savona

Studi e ricerche sulla Resistenza e l’Età contemporanea

ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEADELLA PROVINCIA DI SAVONA

n. 13Savona, giugno 2009

Aut. Trib. di Savona n. 463 del 27.8.1996. Poste Italiane S.p.A. sped. abb. post. - 70% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46). Dir. comm.: Business Savona.

ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEADELLA PROVINCIA DI SAVONA

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Le iniziative dell’ISREC della provincia di Sa-vona sono rese possibili anche grazie al contri-buto del Consiglio regionale, Assemblea legi-slativa della Liguria e della Fondazione “A. De Mari” della Cassa di Risparmio di Savona.

Consiglio RegionaleAssemblea legislativa

della Liguria

Quaderni savonesi. Studi e ricerche sulla Resistenza e l’Età contemporanea.Anno 14, Nuova Serie n. 13, giugno 2009.Autorizzazione del Tribunale di Savona n. 463 del 27.8.1996. Poste Italiane S.p.A. sped. abb. postale - 70% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004, n. 46).Direzione commerciale: Business Savona.

Nota: Su richiesta dell’ISREC della provincia di Savona, il tribunale di Savona ha ordinato in data 6 aprile 2007 l’iscrizione del mutamento del nome del nostro periodico “Il Notiziario” in “Quaderni savo-nesi. Studi e ricerche sulla Resistenza e l’Età contemporanea”, nell’apposito registro tenuto dalla Cancelleria.

Direttore: Umberto Scardaoni

Direttore Responsabile: Mario Lorenzo Paggi

Progetto grafico: Federico Grazzini

Redazione: ISREC della provincia di Savona, via Maciocio 21/R, 17100 Savona Casella postale 103, 17100 Savona telefono e fax 019.813553 e-mail: [email protected] sito internet: www.isrecsavona.it

Stampa: Coop Tipograf, corso Viglienzoni 78/R, 17100 Savona

I dati riferiti ai destinatari dei “Quaderni savonesi” vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione a mezzo servizio postale e non vengono ceduti a terzi per nessun motivo.

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Il 25 luglio del 1943 inizia quel lungo e sanguinoso percorso che porterà l’Italia

alla Liberazione, al riscatto dalla vergogna fascista, alla rinascita della Patria e at-

traverso il suffragio universale, la cacciata della Monarchia, la Costituzione darà

vita alla “Repubblica Democratica fondata sul lavoro”.

Grandi manifestazioni di gioia, l’assalto a luoghi simbolo della dittatura, la can-

cellazione delle scritte con le frasi di Mussolini, la mimetizzazione dei fascisti, la

scomparsa dei gerarchi.

Nonostante continuassero i bombardamenti, le tessere annonarie, la fame e lo

sfollamento, nonostante Badoglio avesse dichiarato che “la guerra continua ac-

canto all’alleato tedesco”, si era aperta una grande speranza e la fine della guer-

ra sembrava vicina.

Ricordare quegli avvenimenti, ricordare quei 45 giorni del governo Badoglio tra

tante contraddizioni, ma anche tra tanti momenti, di partecipazione, di ricostru-

zione di quel tessuto democratico costituito da Partiti, organizzazioni sindacali,

sociali, di ripresa delle istituzioni, che il fascismo aveva distrutto, è un compito

che ci compete non solo per la funzione propria degli Istituti Storici della Resi-

stenza, ma per mantenere viva soprattutto tra le nuove generazioni la memoria e

la verità degli avvenimenti a fronte a tanti tentativi di mistificazione.

Diversi anni fa il nostro Istituto tenne un convegno su “L’8 settembre ‘43” con

l’introduzione del prof. Paolo Pezzino e alcune interessanti testimonianze di pro-

tagonisti savonesi. Gli atti pubblicati non furono mai presentati né diffusi.

Ci è parso utile cogliere questa occasione per presentare quella pubblicazione

tanto più che il periodo storico è strettamente correlato e anche in questo caso

potremo avere il prezioso contributo del prof. Pezzino.

Verrà dunque in luce un periodo cruciale della nostra Storia in Italia e a Savona,

non molto conosciuto, ma nel quale, a nostro avviso, si trovano le motivazioni di

altri susseguenti avvenimenti.

La guerra continuerà in modo ancora più barbaro e sanguinoso. Le colpe del fa-

scismo appariranno sempre più evidenti. Le scelte saranno più decise sia nella

Resistenza armata, sia negli anni dell’immediato dopoguerra

Umberto ScardaoniPresidente dell’ISREC

della provincia di Savona

ISTITUTO STORICODELLA RESISTENZA

E DELL’ETÀCONTEMPORANEADELLA PROVINCIA

DI SAVONA

PRESENTAZIONE

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Quaderni Savonesi 2

ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELL’ETÀ CONTEMPORANEADELLA PROVINCIA DI SAVONA

Convegno sul tema:

25 Luglio - 8 Settembre 1943Il tempo delle scelte

Mercoledì 10 giugno 2009, ore 16,00Sala Rossa del Comune di Savona

Programma

Ore 16,00 Presiede: Umberto Scardaoni, Presidente dell’ISREC della provincia di Savona.

Relazione: Paolo Pezzino, Direttore del Dipartimento di Storia Contemporanea

dell’Università di Pisa. Morte o rinascita della Patria?

Comunicazioni: Rodolfo Badarello, Dal 25 luglio all’8 settembre del ‘43 a Savona. Antonio Martino, L’attività del Clero a Savona e in provincia nelle relazioni mensili della Regia

Questura di Savona del 1943. Irene Borgna, 25 luglio 1943: Savona illusa: scatti in città. Presentazione di alcune immagini

dell’archivio fotografico della Camera del Lavoro di Savona e del progetto di documentazione “Lavoro e territorio”.

Presiede: Gianfranco Cagnasso Vice presidente dell’ISREC della provincia di Savona.

Mario Lorenzo Paggi, Le testimonianze di alcuni savonesi negli atti della giornata di studio

organizzata dall’ISREC in occasione del 60° Anniversario dell’8 settembre 1943.

Ore 17,45 Dibattito.

Ore 18,30 Conclusioni.

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Quel 25 Luglio 1943 a Savona e nei comuni della nostra provincia R. Badarello, E. De Vincenzi

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dittatura fascista dando contributo di sangue e di dolore nelle piazze, nelle carceri, nell’esilio, proclamando la loro comune volontà di agire in piena solidarietà per il raggiungimento dei seguenti scopi:

Liquidazione totale del fascismo e di tutti i suoi strumenti di oppressione;Armistizio per la conclusione di una pace onorevole;Ripristino di tutte le libertà civili e politiche prima fra tutte la libertà di stampa;Libertà immediata di tutti i detenuti politici;Ristabilimento di una giustizia esemplare, senza procedimenti sommari, ma inesorabile nei confronti di tutti i responsabili;Abolizione delle leggi raziali;Costituzione di un governo formato dai rap-presentanti di tutti i partiti che esprimano la volontà nazionale.

I partiti antifascisti invitano gli italiani a non li-mitarsi a manifestazioni di giubilo ma, consci della gravità dell’ora, ad organizzarsi per far valere la irremovibile volontà che la nuova si-tuazione non sia da alcuno sfruttata a fini rea-zionari e di salvataggio di interessi che hanno sostenuto il fascismo e sono stati dal fascismo so-stenuti.I partiti antifascisti hanno perciò deciso che tutte le masse lavoratrici, operai, contadini, impiega-ti, artigiani, professionisti, studenti, combattenti, devono considerarsi in stato permanente di al-larme e vigilanza per affermare con l’azione la loro incoercibile volontà di pace e di libertà.

26 luglio 1943».

Lo sciopero prende avvio dalla Scarpa & Magna-no.La sirena di quello stabilimento chiama a raccolta la popolazione dei rioni di Villapiana e Lavagnola.Si forma un grande corteo che attraversa la città e raggiunge l’ILVA le cui maestranze escono dalla fabbrica. Altrettanto avviene presso gli altri Stabi-limenti della città.La maggior parte dei savonesi è nelle strade, nelle piazze. È una folla festante, incontenibile.Vengono bruciate insegne, bandiere, gagliardetti del fascio; la Casa Littoria è invasa e così pure le sedi rionali fasciste.Una colonna di manifestanti raggiunge le carceri di S. Agostino per chiedere la liberazione dei de-

so non fanno seguito né disposizioni, né indica-zioni sul da farsi, sul come comportarsi.La burocrazia è fascista; le forze dell’ordine anche; la milizia, le camicie nere detengono le armi ed il potere reale.La situazione interna è nettamente distinta: men-tre il centro-sud è occupato dagli anglo-americani, al nord vi sono ingenti forze armate tedesche.Alle prime luci del 26 luglio, nei pressi della Chie-sa di San Lorenzo, si riunisce il Comitato Federale del Partito Comunista del quale fanno parte e so-no presenti: A. Aglietto, G. Rosso, G. Rebagliati, A. Bevilacqua, A. Gori, P. Molinari, L. Briganti i quali decidono di prendere subito accordi con i partiti democratici perché il Comitato d’Azione Antifasci-sta – in mancanza di organizzazioni sindacali vali-de – promuova uno sciopero generale(1).L’azione si concretizza repidamente. il Partito di Azione, il Gruppo di Ricostruzione Liberale, il Mo-vimento di Unità Proletaria per la Repubblica So-cialista, il Partito Democratico Cristiano, il Partito Socialista, il Partito Comunista firmano il seguen-te appello:

«Italiani!

La volontà del popolo e l’aspirazione profonda del nostro valoroso esercito sono state soddisfat-te: Mussolini è stato cacciato dal potere. Spunta sul nostro paese in rovina, l’aurora della liber-tà e della pace.I partiti antifascisti che da vent’anni hanno con-dannato e decisamente combattuto la funesta

QUEL 25 LUGLIO 1943A SAVONA E NEI COMUNI

DELLA NOSTRA PROVINCIA

R. Badarello, E. De Vincenzi

Quando alle 22,45 del 25 luglio 1943 il Mare-sciallo Badoglio annuncia alla radio la caduta

del fascismo, la notizia coglie i savonesi nei rifugi perché è in corso un allarme aereo.Tutto pare finito: entusiasmo, stupore, speranza e apprensione si mescolano disordinatamente.Il “cessate il fuoco” è stato pronunciato ma ad es-

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Quel 25 Luglio 1943 a Savona e nei comuni della nostra provincia R. Badarello, E. De Vincenzi

Quaderni Savonesi 4

tenuti politici.Frattanto le autorità militari assumono la tute-la dell’ordine pubblico e in città appaiono alcuni plotoni di soldati in assetto da guerra.Qualche tafferuglio di poco conto avviene fra sol-dati e dimostranti che tentano di raggiungere le caserme dove è acquartierata la Milizia fascista.Nulla di grave si registra grazie anche alla sensibi-lità e giusta valutazione del Generale Salvi coman-dante la Piazzaforte, il quale, ad un certo punto, si unisce alla popolazione.Anche a Vado, dalla Brown-Boveri, parte un cor-teo nel quale confl uiscono operai e cittadini.Una delegazione vadese si reca dal Prefetto per ri-badire le richieste contenute nell’appello del Co-mitato d’Azione Antifascista.Altrettanto avviene ad Albenga e Pietra Ligure.A Finale, il giorno successivo, gli operai della Piag-gio, dopo aver sfi lato assieme alla popolazione per le vie del centro, improvvisano una dimostra-zione di simpatia al Maresciallo d’Italia Enrico Ca-viglia lì residente.Il Maresciallo risponde alla folla dicendo che “si apre per il Paese un’era nuova di libertà, di pro-gresso, di pace”(2).

Nella Valle Bormida, a Cairo Montenotte, le For-ze Armate bloccano le manifestazioni creando un grave stato di tensione con l’arresto di due operai i quali vengono successivamente rilasciati.Il 27 luglio altri 6 antifascisti vengono però “fer-mati” a Cairo per motivi d’ordine pubblico e so-no “diffi dati”.Anche a Savona, sebbene la folla non si lasci tra-sportare a commettere alcun atto grave, la situa-zione è tesa.Infatti, i militari della Polizia Portuale della caser-metta di Via Vittorio Veneto aprono il fuoco su un gruppo di dimostranti.Die giovani donne rimangono uccise e numero-si sono i feriti(3).È il 27 luglio:una manifestazione di protesta per l’accaduto ve-de nuovamente Savona operaia scendere per le strade malgrado il divieto del Prefetto Enrico Aval-le, il quale invia le truppe a circondare la folla che gremisce Piazza Mameli.Parlano: l’Avv. Achille Campanile – socialista –, l’operaio comunista Piero Molinari e l’Avv. Cristo-foro Astengo del Partito d’Azione. La folla si spo-sta in Piazza Sisto IV dove, dal balcone del Palaz-

26 Luglio 1943. In Piazza Mameli la folla esulta per la caduta del fascismo.1.

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Quel 25 Luglio 1943 a Savona e nei comuni della nostra provincia R. Badarello, E. De Vincenzi

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zo Comunale, l’operaio Angelo Bevilacqua torna a puntualizzare i motivi delle richieste fatte attra-verso il Comitato d’Azione Antifascista che si sin-tetizzano in:– via i tedeschi dall’Italia– cessazione immediata della guerra– scioglimento di tutte le forze armate fasciste– ricostituzione delle libere associazioni(4).

Note1 Relazioni: P. Molinari - G. Rosso.2 “Il Caffaro”, n. 1 del 29 Luglio 1943.3 Castelli Lina e Pescio Maria.4 “Savona Proletaria” del 1° Maggio 1945.

Questo resoconto del 25 luglio 1943 e dei giorni seguenti è tratto da “Savona insorge. Fatti, cronache, avvenimenti, lotta partigiana nel savonese dal 1921 al 1945”, di R. Badarello e E. De Vincenzi, Tipo-li-to “Ars Graphica”, Savona, terza edizione, 1978.

27 luglio 1943 - Piazza Mameli. Cristoforo Astengo pronuncia un discorso per la caduta del fascismo. Gli sono accanto, tra gli altri, Antonio Zauli, Mariottini, Francesco Bruzzone, Angelo Bevilacqua e Giovanni Rosso.

2.

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L’8 settembre 1943 a Savona

Quaderni Savonesi 6

cui non fa seguito, da parte delle autorità militari preposte, alcuna disposizione concreta e precisa. Il mattino del 9 settembre trova Savona sotto un malinconico cielo grigio, quasi segno premonito-re di quanto questa città, già martoriata dai bom-bardamenti, dovrà ancora soffrire per ritrovare la serenità e la speranza dei suoi giorni migliori.Ormai è chiaro, non ci sono più dubbi, quel co-municato, che la sera precedente ha suscitato tan-ta gioia ed illusioni, si manifesta in tutta la sua drammatica vacuità e ad esso non segue alcun at-to concreto da parte dell’Esercito.Nè potrebbe essere altrimenti: il governo Bado-glio, con un comportamento del tutto irresponsa-bile, benché sollecitato dai partiti antifascisti, fin dall’ultima settimana di agosto, sulla necessità di intraprendere senz’altro la lotta armata antitede-sca, con la partecipazione popolare, ha limitato tutti i preparativi, per il giorno dell’armistizio, al-la diramazione della “Memoria operativa 44”, tra-smessa ai comandi militari delle grandi unità, e nemmeno tutti, con l’ordine di distruggerla appe-na ricevuta.“Di tale ‘memoria’ non è sopravvissuta una sola copia: sembra che essa si basasse su criteri gene-rali d’ordine difensivo, ed è certo comunque che dovesse essere applicata solo dopo aver ricevuto un preciso ordine di conferma per la sua esecu-zione”(1).Badoglio, in realtà, durante la notte dall’8 al 9 set-tembre, si rifiuta di farne emanare l’ordine esecu-tivo ed impartisce, invece, al corpo d’armata mo-tocorazzato l’ordine di ripiegare su Tivoli per pro-teggere la sua fuga e quella della famiglia reale, ri-nunciando così alla lotta e lasciando Roma senza direttive e senza responsabili(2).Anche a Savona l’esercito è sfasciato.Il Comandante interinale del Presidio rinuncia ad ordinare la difesa delle caserme asserendo che, a seguito dell’improvvisa partenza della Divisio-ne costiera, avvenuta da Lavagnola a mezzanotte e diretta verso la frontiera francese, l’esiguità del-le forze armate a presidiare la città, non consente di resistere all’occupazione tedesca(3).Intanto gruppi di giovani e di lavoratori delle fab-briche, che già comprendono come l’unica pro-spettiva, di fronte all’inettitudine degli alti coman-di militari, sia quella della lotta popolare armata contro i tedeschi, provvedono a recuperare, pres-so i depositi e le caserme, le armi abbandonate.

Ci si abbraccia con gioia, mentre con commozio-ne si rivolge il pensiero a coloro che sono caduti al fronte combattendo oppure sono periti nella cit-tà, sotto i bombardamenti, e ora non possono es-sere partecipi della vita che si presume stia per ri-nascere in un nuovo clima di pace.Questa felicità incontenibile, che sembra aver conquistato tutti quanti, è velata, però, dall’incer-tezza determinata dalla presenza delle truppe te-desche nel paese che, per giunta, in quest’ultimo periodo, dopo la caduta del fascismo, si è numeri-camente rafforzata.In questo momento conforta, tuttavia, l’ulti-ma parte del comunicato di armistizio in cui si dichiara: “… Conseguentemente, ogni at-to di ostilità contro le forze anglo-america-ne deve cessare da parte delle Forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad even-tuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”. Tutto lascia prevedere che le Forze armate italia-ne spareranno contro i tedeschi se questi le attac-cheranno.Nessuno, almeno della popolazione, sa cogliere ancora l’indeterminatezza di questa dichiarazione

L’8 SETTEMBRE 1943 A SAVONA INIZIA

UNA LOTTA SENZA QUARTIERE CONTRO

IL NAZIFASCISMO

Savona, come tutte le altre città d’Italia, non è sorpresa dal comunicato di armistizio che Ba-

doglio, alle ore 19,45 dell’8 settembre 1943, lancia per radio alla nazione.Anzi è una notizia che attende con ansia fin dal momento in cui, quarantacinque giorni prima, è stata decretata la caduta del fascismo.Savona è stanca! La sua popolazione in questa guerra non ha mai creduto e se una parte di es-sa vi ha partecipato con convizione, anche le sue speranze, ormai, sono andate deluse.Non tutti posseggono la radio e la notizia, allora, viene recata di porta in porta, anzi sono in molti a gridarla dal balcone di casa.

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L’8 settembre 1943 a Savona

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In Via Cesare Battisti, dove ha sede il Comando di un Nucleo militare provinciale, un folto gruppo di operai invoca, da alcuni uffi ciali che ne sbarrano l’ingresso, la consegna delle armi.Di fronte al diniego, si giunge anche alle mani.Più tardi, gli stessi operai fermano e arrestano una staffetta motociclista tedesca, che transita per quella strada.In suo aiuto, poco dopo, giungono numerosi sol-dati germanici che occupano Via Cesare Battisti e l’attigua Piazza Mameli: alcuni manifestanti ven-gono fermati e la stazione ferroviaria è presidiata. Mentre in città la catastrofe militare è giunta ormai al culmine, alla Capotaneria di Porto, il cui coman-do è affi dato al livornese Tenente Colonnello En-rico Roni (ora Ammiraglio a riposo), uomo fermo e determinato nei propri principi, si lavora instan-cabilmente dalla sera precedente per impedire ai tedeschi di impadronirsi delle navi italiane che so-no ancorate nelle acque del porto.Il Comandante Roni è privo di ordini e conosce soltanto, attraverso la radio inglese, le istruzio-ni impartite dall’Ammiraglio britannico Cunnin-gham: i tedeschi non devono impadronirsi del-la fl otta italiana. Tutte le navi militari o mercanti-li che siano in condizioni di partire, lascino i por-ti e si dirigano su Malta; le altre si autoaffondino sul posto(4).

Pur aderendo idealmente, per la loro logicità, a quelle istruzioni, egli non può metterle in esecu-zione senza la conferma del Governo italiano.Deve, peraltro, giocare d’astuzia con il Coman-dante Smiths, un Capitano di Corvetta tedesco, in-viato a Savona, dopo il 25 luglio 1943, con lo stra-no compito, dato il suo elevato grado, di uffi ciale di collegamento con la Marina germanica.Smiths, che è già stato da lui sia alle 19 che alla mezzanotte dell’8 settembre e vi torna alle 6 del mattino seguente, vuole l’autorizzazione di far partire, per la Francia, le motozzattere tedesche ancorate nel porto.Roni, che sino a questo momento ha abilmente temporeggiato sul rilascio dell’autorizzazione, ri-tiene adesso di doverla concedere sfruttando il probabile slegamento fra l’azione delle truppe, che scendono su Savona e Genova dal retroter-ra, e quella dei Comandi Marina tedeschi di Ge-nova e Savona che, forse, ne ignorano l’arrivo im-minente.Un rapido allontanamento delle unità della Mari-na germanica gli permetterà, infatti, di avere ma-no libera in porto(5).Alle sette meno un quarto vengono aperte le ostruzioni e dal porto escono, dirigendosi verso ponente, quindici tra motozzattere e motovedet-te germaniche.

9 settembre 1943. Particolari di navi aff ondate nel bacino portuale di Savona a seguito dell’ordine impartito dal Comandante del porto, Ten. Colonnello Enrico Roni.

3.

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L’8 settembre 1943 a Savona

Quaderni Savonesi 8

Roni, intanto, dopo innumerevoli tentativi, rie-sce, finalmente, alle sette a comunicare telefoni-camente con il Capo Settore del Comando Marina di Genova, il quale, informato della prossima oc-cupazione del porto da parte dei tedeschi, ordina di distruggere gli archivi segreti, gli apparecchi ra-dio, di far partire per località a sud di Livorno le navi in condizioni di muovere e di far autoaffon-dare sul posto le altre; comunque di regolarsi se-condo le circostanze.Roni non può fare a meno di obiettare: “E me lo dite ora che siamo già praticamente in mano ai te-deschi?”(6).Alle sette e un quarto, anche se perfettamente consapevole dei gravi rischi personali che egli sta correndo, di fronte ad un’eventuale rabbiosa rap-presaglia dei tedeschi, impartisce coraggiosamen-te gli ordini di partenza delle unità italiane in gra-do di navigare e di autoaffondamento delle altre navi.Sei sono le unità che riescono a prendere il largo e dieci quelle che si autoaffondano.Alle sette e trenta il Comandante Roni trasmet-te personalmente ai semafori, alle stazioni di ve-detta, alla radio ricevente del gruppo Dragaggio di Savona, l’ordine di distruzione degli impianti e degli archivi segreti e fa iniziare la distruzione col fuoco degli atti militari della Capitaneria(7).Verso le otto, i tedeschi, guidati dal Comandan-te Smiths, piantonano, senza ancora occuparne gli uffici, l’ingresso della Capitaneria sulla via Au-relia, lasciando, però, libero quello opposto e so-prastante della salita di S. Lucia, che probabilmen-te non cooscono.Attraverso questo unico varco, Roni, il cui ufficio si trova appunto al secondo piano, riesce ancora a contattare qualche comandante di nave e a dare le utlime disposizioni.Con questa operazione condotta con tenacia e ra-ra perizia dal Comandante italiano, i tedeschi non possono utilizzare nè le navi, nè le banchine di-nanzi alle quali le navi affondate ostruiscono il fondo(8).Lo stesso Comandante Smiths, che, verso mezzo-giorno, occupa completamente la Capitaneria, e manifesta il suo disappunto per essere stato gio-cato, riconoscerà, più tardi, a Roni l’abilità con la quale si è comportato sbottando in questa frase: “Se avessi avuto in porto le mie motozzattere, voi non sareste riuscito a far affondare neppure una

nave”(9).Frattanto, nella sede della Federazione Combat-tenti, si è riunito il Comitato d’Azione antifascista, costituito dai rappresentanti di tutti i partiti.Sono pure presenti quattro ufficiali (tre colonnel-li e un capitano dei Carabinieri) i quali riferisco-no che “il comando tedesco sarebbe propenso ad una collaborazione con il Comitato, al quale ri-chiederebbe un contingente di cento cittadini da armare e adibire esclusivamente a servizi di ordi-ne pubblico”(10).Di fronte all’evidente manovra di sottomettere, mediante quella forma di collaborazione, la citta-dinanza ai tedeschi, in attesa dell’eventuale ritor-no dei fascisti fuggiti dopo il 25 luglio, il Comitato respinge la proposta e pensa, invece, a come orga-nizzare concretamente la resistenza armata(11).Anche se precise direttive di lotta antitedesca non possono ancora essere emanate, il fermento nella popolazione, durante la giornata, si fa sempre più vivo, mentre continua, da parte dei giovani e dei lavoratori, la ricerca e l’occultamento delle armi. Mannori Mannorino, 33 anni, nato a Pistoia, se-condo di nove figli, operaio portuale, sin dal mat-tino del 9 settembre è instancabile nel trasporto delle armi.È un antifascista che non ha mai nascosto i suoi sentimenti di opposizione al regime.Probabilmente la previsione di un ritorno della dittatura fascista, favorito dall’occupazione tede-sca, lo induce ad operare disperatamente perché l’evento non si verifichi.Sono circa le diciotto del 9 settembre e Mannori Mannorino, con un gruppo spontaneo di giovani, attacca una camionetta di tedeschi tra via Pietro Giuria e l’allora Piazza del Re (sulla cui area si erge oggi l’edificio della scuola elementare “C. Colom-bo” e della scuola media “P. Boselli”).Viene lanciata una bomba.I tedeschi reagiscono ed inseguono i giovani. Mannori è circondato e fatto prigioniero.È trascinato prima in un edificio del porto e poi in una caserma, che già fu della milizia fascista, in Corso Ricci.La sera stessa, portato in località Maschio, è fuci-lato dai tedeschi.Il suo corpo, impietosamente abbandonato sul terreno, viene ritrovato, casualmente, soltanto la domenica successiva.I suoi due fratelli Sestilio e Cino verranno in se-

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L’8 settembre 1943 a Savona …………………

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guito deportati in Germania. Il primo di 28 anni non farà più ritorno, mentre il secondo riuscirà a sopravvivere.Savona paga così il suo primo tributo di sangue al-la Resistenza.È ormai l’imbrunire e per le vie della città scor-razzano le camionette tedesche che, con gli alto-parlanti, ordinano alla popolazione di ritirarsi nel-le proprie abitazioni: il coprifuoco sta per avere inizio.Non sarà tuttavia questa misura restrittiva, come altre ancor più repressive, ad impedire ai savonesi di organizzarsi per combattere militarmente i na-zifascisti, fi no alla loro defi nitiva sconfi tta.Il Comitato di Liberazione Nazionale, in cui con-fl uiscono tutti i partiti, costituirà l’elemento uni-fi catore e propulsore della lotta senza quartiere condotta contro il nemico che varrà a Savona, qua-le riconoscimento delle sue battaglie e dei suoi sa-crifi ci, il conferimento della Medaglia d’Oro al Va-lore Militare per la Resistenza.

Note1 Roberto Battaglia, La seconda guerra mondiale,

Bologna, 1961, pagg. 248-249.2 Roberto Battaglia, op. cit., pag. 250.3 Enrico Roni, L’autoaffondamento di 10 navi nel

porto di Savona - Il mattino del 9 settembre 1943, Atti della Società Savonese di Storia Patria, Vol. 2 (1968), peg. 97.

4 Enrico Roni, op. cit., pag. 95.5 Enrico Roni, op. cit., pag. 98.6 Enrico Roni, op. cit., pag. 99.7 Enrico Roni, op. cit., pag. 101.8 Enrico Roni, op. cit., pag. 105.9 L’8 settembre del porto di Savona - Diario storico

dal 25 luglio al 9 settembre 1943 (estratto della Ri-vista “Il Porto di Savona, n. 7, Luglio 1975).

10 R. Badarello, E. De Vincenzi, Savona insorge, Sa-vona, 1976, pag. 57.

11 Id.

L’articolo è tratto dalla pubblicazione diffusa dal Comu-ne di Savona in occasione del 40° Anniversario dell’ini-zio della lotta di liberazione, edita l’11 settembre 1983.

Ten. Colonnello Enrico Roni, comandante del porto di Savona, l’8 settembre 1943.

4.Mannorino Mannori, primo caduto della Resistenza a Savona.5.

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Otto settembre: morte o rinascita della Patria? Paolo Pezzino

Quaderni Savonesi 10

pati - per accelerare la caduta del fascismo rinato a Salò, la cacciata dei tedeschi occupanti, la nasci-ta di un’Italia non solo libera, ma anche profon-damente diversa da quella che aveva generato il fascismo, rinnovata nelle sue strutture istituziona-li, aperta al contributo di forze sociali prima estro-messe dall’area del governo, insomma un’Italia finalmente democratica.Ricordo che il 9 di settembre il Comitato della op-posizione di Roma si trasformò in Comitato di li-berazione nazionale, chiamando gli italiani al-la lotta perché l’Italia potesse rioccupare il posto che le competeva presso le nazioni libere. Quin-di nella memoria di questi italiani l’8 settembre è il momento della scelta, un momento difficile ma nel quale viene riscoperto un profondo patriotti-smo da questi che si consideravano i “veri” italia-ni, rappresentanti la “vera” Italia, rispetto a quel-l’altra Italia che viceversa aveva tradito gli ideali ri-sorgimentali, e aveva accettato, quando nonaveva collaborato apertamente, la dittatura fascista.Vi è una frase di Natalia Ginzburg molto bella che rende conto di questo avvicinamento ad un’idea di patria che potesse essere coniugata con liber-tà: “le parole ‘patria’ e ‘Italia’, che ci avevano tanto nauseato fra le pareti della scuola perché sempre accompagnate dall’aggettivo ‘fascista’, e perché gonfie di vuoto, ci apparvero d’un tratto senza ag-gettivi e così trasfromate che ci sembrò di aver-le udite per la prima volta. D’un tratto alle nostre orecchie risultarono vere”.Opposta invece la percezione del significato di quel giorno nella memoria di coloro che con-tinuarono, o a volte decisero proprio a seguito dell’8 settembre, di schierarsi dalla parte dei fa-scisti e dei tedeschi: essi colsero nell’8 settembre l’ulteriore manifestazione del carattere infido de-gli italiani, popolo di trasformisti, vigliacchi e tra-ditori. Per costoro nell’8 settembre si era manife-stata non solo la doppiezza delle classi dirigenti, la conclusione di quel tradimento che era inizia-to il 25 luglio, ma anche la codardia degli italia-ni, fino allora pronti a manifestare entusiasmo per il fascismo, ma nell’8 settembre disponibili a pas-sare il fronte e combattere dall’altra parte, dalla parte cioè dei nemici, che era anche quella che si presentava con le maggiori probabilità di vitto-ria. In questa ricostruzione, chi decise l’8 settem-bre di combattere per la parte che il 25 aprile sa-rebbe stata sconfitta, sottolinea gli ideali di fedeltà

bre rappresenta uno “spartiacque della memoria”, questo è stato diversamente inteso a seconda che la memoria sia di chi ha combattuto nella resisten-za e nel fronte antifascista, per la parte che alla fine è risultata vincitrice, o di chi invece ha com-battuto a fianco dei tedeschi per la Repubblica so-ciale italiana. Per i primi l’8 settembre rappresenta un fondamentale momento di svolta rispetto alla storia passata, ed anche all’altra data che abbiamo da poco ricordato, il 25 luglio, che segna la caduta del fascismo; poiché se la caduta del fascismo ve-de ancora protagonisti i personaggi e le forze so-ciali che avevano fino allora sostenuto il fascismo, il Re, lo Stato Maggiore dell’esercito, una parte del fascismo stesso, e quanto accadde il 25 luglio può essere considerato una sorta di colpo di stato, vol-to a creare un regime comunque autoritario, una spacia di fascismo senza Mussolini, l’8 settembre invece rappresenta - nelle memorie degli antifa-scisti - un punto di non ritorno, la maturazione, da parte degli italiani - o per lo meno di alcuni italiani - di un impegno diretto nella situazione che si era venuta a creare - e certo, soprattutto all’inizio, in maniera disorganica e disorganizzata, ma in segui-to con livelli di organizzazione sempre più svilup-

OTTO SETTEMBRE: MORTE O RINASCITA

DELLA PATRIA?Paolo Pezzino

Direttore del Dipartimento di Storia Contemporanea dell’Università di Pisa

Vorrei centrare il mio intervento su una valu-tazione generale dell’8 settembre, perché an-

che nel 60° anniversario abbiamo visto riproporre letture inverse di questa ricorrenza: da un lato il Presidente della Repubblica ha sostenuto con for-za che l’8 settembre non rappresenta la morte, ma la rinascita della patria, dall’altro alcuni stori-ci hanno invece riproposto con forza la tesi dell’8 settembre come crisi dell’idea di patria che aveva sorretto l’Italia dall’Unità in poi. Rispetto a que-ste opposte valutazioni, vorrei sottolineare che gli stessi protagonisti dell’8 settembre percepirono direttamente il significato di quanto allora accad-de. Se, come ha scritto Claudio Pavone, l’8 settem-

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Otto settembre: morte o rinascita della Patria? Paolo Pezzino

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alla patria e all’onore di combattenti a fianco dei “veri”alleati, i tedeschi, che li ha spinti a scegliere il nazi-fascismo.Questa lettura completamente diversa dell’8 set-tembre da parte dei protagonisti, di coloro che in quei giorni ebbero una parte attiva, questa pola-rizzazione delle memorie, tende ad essere, come tutte le polarizzazioni, eccessivamente semplifi-cante, che non restituisce la grande variabilità del vissuto degli italiani in quei giorni. Ed innanzi tut-to non per tutti l’8 settembre rappresentò un mo-mento di scelta drammatica: molti italiani non va-lutarono le gravi conseguenze di quello che stava per succedere, pensarono che la guerra fosse or-mai cosa che non li avrebbe riguardati più, e si li-mitarono ad aspettare la fine di una guerra che pensavano non sarebbe durata a lungo. Dall’altro canto, le stesse scelte di chi prese posizione non assunsero subito quel carattere così definitivo che la memoria oggi sottolinea; per esempio, solo una ristretta minoranza decise l’8 settembre di entra-re subito in clandestinità, e cominciò a organizzar-si in formazioni armate. La maggior parte di co-loro che si unirono alla Resistenza armata lo fe-ce dopo che la Repubblica sociale aveva emanato i bandi di leva che prevedevano la pena di morte per chi non si presentava ai distretti militari, il che provocò un forte incremento di coloro che, pur di non arruolarsi nelle forze armate della Repubbli-ca sociale, preferirono unirsi ai partigiani. Dall’al-tra parte, molti di coloro che dopo l’8 settembre decisero di arruolarsi nella Repubblica Sociale lo fecero per evitare ritorsioni da parte dell’apparato fascista repubblicano, e ad un certo punto diserta-rono, decidendo di farla finita con una guerra che si stava rivelando sempre più disastrosa.Detto ciò, è indubbio che l’8 settembre rappre-sentò uno di quei momenti nella sotiria di una na-zione nei quali la coscienza collettiva di un intero popolo viene chiamata a rispondere di quello che il suo governo ha fatto. La dissoluzione del gover-no italiano, l’indecorosa fuga del re, di Badoglio, e dei generali prima a Pescara, e poi a Brindisi, lasciando l’esercito senza direttive, fecero sì che gli italiani fossero costretti ad interrogarsi su che cosa bisognasse fare, sulle azioni e sui comporta-menti da mettere in atto per garantire il futuro.E allora, tornando al discorso iniziale, che cosa ha rappresentato l’8 settembre? La morte della pa-tria, la dissoluzione dell’idea di nazione e di qual-

siasi vincolo di appartenenza ad una comunità na-zionale, o la rinascita della patria, l’inizio di una secondo risorgimento? Direi che probabilmente non ha rappresentato né l’una cosa né l’altra co-sa. Ha segnato indubbiamente la crisi di quell’idea di patria che era strettamente condizionata dal fa-scismo, cioè una patria concepita come aggressiva e imperialista all’esterno, e razzialmente pura al-l’interno: questa patria effettivamente muore con l’8 settembre, nonostante i tentativi dei fascisti repubblicani di risuscitarla, magari infondendovi un sentore di rivoluzione sociale, recuperando le confuse prospettive del fascismo delle origini.Ma ciò non significa che, insieme a quell’idea di patria, scompaia qualsiasi sentimento di solida-rietà nazionale. Del resto non solo in Italia, ma ovunque nell’Europa occupata dai nazisti, si do-vette scegliere tra le sorti della propria nazione da un lato, e alcuni valori, più importanti anche del destino della propria nazione, dall’altro. Vorrei ri-cordare le parole di un grande cristiano, Dietri-ch Bonhoeffer, che nel luglio del 1939 ammoniva: “I cristiani in Germania dovranno affrontare una terribile alternativa: o augurare la sconfitta del lo-ro paese, perché la civiltà cristiana possa soprav-vivere, o augurare la vittoria del loro paese che di-struggerà la nostra civiltà”. Era un dilemma che ben presto si sarebbe presentato anche agli italia-ni: e fu Benedetto Croce ad esprimerlo con chia-rezza: “la presente guerra non è una guerra tra po-poli ma una guerra civile, e più esattamente anco-ra, non è una semplice guerra di interessi politici ed economici, ma una guerra di religione; e per la nostra religione, che aveva il diritto di comandar-ci, ci rassegnammo al penoso distacco dalla brama di una vittoria italiana”.Questa credo fosse la crisi del sentimento di ap-partenenza nazionale che colse allora molti, acui-ta dal fatto che quella patria moriva anche nella dissoluzione delle strutture dello stato fascista, e nel comportamento del monarca, appartenente a quella dinastia che aveva avuto il merito storico di unificare l’Italia ma, nell’appoggio ventennale che aveva dato al regime fascista, ed anche alle sue scelte più gravide di censeguenze (si pensi solo alle leggi raziali) si era macchiata di colpe che non avrebbero potuto essere cancellate. Ma appunto un qualcosa altro in quei giorni si manifestò: alcu-ni italiani operarono un’assunzione di responsabi-lità collettiva nei confronti di quello che stava suc-

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Otto settembre: morte o rinascita della Patria? Paolo Pezzino

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cedendo, e decisero che, indipendentemente dal fatto che l’Italia potesse o meno aspirare a condi-zioni di pace migliori dopo la fine della guerra per la presenza di forze italiane combattenti a finaco degli alleati, era il momento di scendere in campo e di impegnarsi personalmente, senza aspettare che l’Italia fosse liberata da eserciti stranieri. Cer-to in coloro che in quel momento decisero que-sto tipo di assunzione di responsabilità, non vi era condivisione e accordo sul futuro dell’Italia. Alcu-ni erano monarchici e continuarono a combatte-re in nome del giuramento di fedeltà al re (penso soprattutto alle formazioni autonome, composte per lo più da militari); altri appartenevano a for-ze politiche diverse, cattolici, comunisti, socialisti, azionisti. Lo stesso futuro dell’Italia era oggetto di discussione fra le forze antifasciste, non era chia-ro quello che sarebbe successo dopo la fine del-la guerra, né d’altra parte era possibile prevedere con sicurezza come sarebbero andate le cose. Noi a posteriori possiamo affermare che la vittoria al-leata era solo questione di tempo, ma per chi vis-se allora quei momenti l’insicurezza e l’incertezza del futuro erano elementi che qualificarono una scelta che proprio per questo risultò più diffici-le e drammatica.In conclusione, la valutazione dell’8 settembre sul piano storico, pur con tutte le complessità che ho cercato di esporre, credo possa essere quella di uno dei pochi momenti nel quale gli italiani han-no dimostrato un coinvolgimento negli avveni-menti della grande politica che fino ad allora for-se non vi era mai stato. Quel giorno rappresenta non tanto la morte della patria, quanto lo scontro tra più concezioni, diverse e a volte inconciliabili, della patria; e non mi riferisco solo al contrasto ir-riducibile fra i due fronti in lotta: le diverse moti-vazioni di chi lottò contro il fascismo e contro i te-deschi - di tipo patriottico, come abbiamo visto, ma anche di tipo ideologico, considerando la lotta contro il regime fascista solo la premessa per crea-re nel paese una vera democrazia, ed in alcuni ca-si la speranza di una palingenesi sociale che assu-meva il carattere e le forme di un regime comuni-sta sul modello di quell’Unione Sovietica il cui mi-to, le vicende belliche, e soprattutto la resistenza a Stalingrado, avevano rinverdito - dettero vita a contrasti anche accesi all’interno del fronte antifa-scista, che qualche volta sfociarono in lotta aper-ta. Al confine nord-orientale i partigiani dovette-

ro vedersela non solo con i tedeschi ed i fascisti, ma anche con le pretese su territori italiani della resistenza jugoslava comandata da Tito (un movi-mento formalmente alleato con quello italiano), e in quello che era forse il più importante campo di prova della linea di unità nazionale ed antifasci-sta adottata dopo la “svolta di Salerno” del marzo 1944, i rappresentanti del Partito comunista italia-no contraddissero clamorosamente le proprie po-sizioni ufficiali, sostenendo a vari livelli (compre-so Togliatti, fino almeno all’ottobre del 1944) le ri-chieste nazionaliste degli jugoslavi.Le famose tre guerre individuate nella Resisten-za da Claudio Pavone - di liberazione nazionale, civile e di classe - in queste zone non trovarono alcuna composizione unitaria. Insomma, l’unità della resistenza non fu un dato di fatto scontato e pacifico, ma lasciò spazio a durissimi contrasti interni (presenti anche in altre situazioni, sia pu-re senza arrivare a tragedie come quella del 7 feb-braio 1945, quando gappisti garibaldini, alle mak-ghe intorno a Porzûs, in provincia di Udine, as-salirono e uccisero un gruppo di una ventina di partigiani delle formazioni autonome “Osoppo”: è indubbio che l’eccidio si inquadrò nella conflit-tualità fra osovani e garibaldini innestata dal tra-dimento degli interessi nazionali operato dai se-condi, e da quello dei valori antifascisti operato dai primi - queste le accuse che si scambiavano re-ciprocamente le due parti - e che detonatore del-la situazione furono non solo le pretese nazionali-stiche jugoslave, ma l’appoggio, in seguito mitiga-to, per considerazioni di natura tattica, che ebbe-ro dal Partito comunista italiano).Ma l’esito tragico della Resistenza in quelle zone (compresa la successiva infoiazione di molti ita-liani nelle zone occupate dagli slavi) dovrebbe far valutare come l’accordo antifascista, pur fra mil-le contraddizioni e ambiguità, sul piano nazionale ress, e consentì all’Italia non solo di sedersi al ta-volo delle trattative non esclusivamente come po-tenza sconfitta, ma di uscire dall’esperienza fasci-sta con un patto fra le nuove forze politiche che trovò attuazione nei lavoti dell’Assemblea costi-tuente e nella promulgazione della Costituzione della Repubblica.

Paolo PezzinoDirettore del Dipartimento

di Storia Contemporaneadell’Università di Pisa

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Gli atti sull’8 settembre 1943 Mario Lorenzo Paggi

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Non è un caso, infatti, che egli abbia intitolato la sua relazione: “Otto settembre: morte o rinascita della patria?” e che abbia affermato che quel gior-no – l’8 settembre del ‘43 – rappresenta non tan-to la morte della patria, quanto lo scontro tra più concezioni, diverse e a volte inconciliabili, della patria”.Per concludere, però, che la Resistenza “consen-tì all’Italia non solo di sedersi al tavolo delle tratta-tive non esclusivamente come potenza sconfitta, ma di uscire dall’esperienza fascista con un patto fra le nuove forze politiche che trovò attuazione nel lavori dell’Assemblea costituente e nella pro-mulgazione della Costituzione della Repubblica”.Quella giornata di studio alla quale aveva parteci-pato anche la prof.ssa Augusta Molinari dell’Uni-versità di Genova il cui contributo non è stato pos-sibile recepire in questa sede per ragioni tecniche (esso faceva riferimento alla situazione di Savona tra il 25 luglio e l’8 settembre del ‘43 e alla scelta tanto drammatica quanto coraggiosa del coman-dante Enrico Roni di affondare le navi presenti nel porto di Savona per non farle cadere nelle mani dei tedeschi), è stata arricchita nel pomeriggio, dalle testimonianze di alcuni savonesi “protagoni-sti”, tra l’8 settembre del ‘43 e i giorni immediata-mente successivi di scelte diverse tra loro, ma tut-

te, quella della Repubblica Sociale Italiana. “In no-me dell’onore, disse, per una causa sbagliata”.Quell’invito non passò inosservato, anche perché la relazione di Sebastiani fu successivamente inse-rita in un libro edito dal nostro Istituto, dal pre-detto Liceo e dalla Provincia di Savona.Nel senso che destò qualche malumore e qual-che incomprensione. Ma credo fosse giusto da-re la parola anche ai “vinti” di quella che fu an-che una guerra ideologica basata oggettivamente su valori positivi da una parte e da disvalori dall’al-tra: quella del nazifascismo. E credo che sia pro-ficuo sul piano didattico e culturale, specie per i nostri giovani, avvalersi di un confronto e di un di-battito dal quale possano emergere in modo chia-ro le motivazioni di chi fra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945 fece le sue scelte, giuste o sbagliate che fossero, lasciando poi a loro il giudi-zio di merito.La giornata di studio sull’8 settembre del 1943 or-ganizzata a Savona per il 60° anniversario di quel-la ricorrenza è stata l’occasione per un approfon-dimento, in sede storiografica, da parte del Prof. Paolo Pezzino di una serie di tematiche sulle qua-li le memorie sono ancora divise.

GLI ATTIDELLA GIORNATA

DI STUDIO A SAVONASULL’8 SETTEMBRE 1943

Mario Lorenzo Paggi

Alcuni anni fa il nostro Istituto ha organizzato su proposta e in collaborazione con il Liceo

scientifico statale “O. Grassi” di Savona, un ciclo di conferenze sul tema:”Il tempo delle scelte. Storia e memoria della Resistenza e della guerra civile”.Quella proposta culturale conteneva, almeno per la nostra città, una novità. Perché a testimoniare delle scelte fatte l’8 settembre del ‘43 non furo-no chiamati soltanto esponenti, peraltro di gran-de prestigio nazionale come lo storico Angelo Del Boca o il Vescovo emerito di Ivrea, Mons. Luigi Bettazzi, ma anche Piero Sebastiani, uno scrittore che a 16 anni in quel confuso e drammatico perio-do della nostra storia, scelse di stare dall’altra par-

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Gli atti sull’8 settembre 1943 Mario Lorenzo Paggi

Quaderni Savonesi 14

te di grande interesse non solo sul piano storico, ma anche umano ed esistenziale.Così, Francesco Bellini, sottocapo silurista della Regia marina, che si trovava nella base militare di Bordeaux, messo di fronte alla scelta di arruolarsi nella RSI, essere internato in un campo di concen-tramento in Germania o entrare nella Todt, opta per questa soluzione, per poi scappare e conse-gnarsi agli Alleati.Guido Mazzitelli, ufficiale del Regio esercito dopo un rientro rocambolesco dall’Egeo, lui che non si era mai interessato di politica, anche se di fami-glia antifascista, matura successivamente la scelta di costituire una banda partigiana e di collegarsi alla V Divisione Giustizia e Libertà.Pietro Morachioli, l’8 settembre del ‘43 si trova in licenza a Vado Ligure e insieme ad altri suoi com-pagni, antifascisti e comunisti, nei giorni seguenti compie la scelta della montagna.Giovanni Olivieri è sorpreso dagli avvenimenti a Fiume. Non aderisce all’nvito del Gen. Gambora di combattere a fianco dei tedeschi e viene inter-nato a Dora-Buchenwald.Rosalda Panigo, è maestra elementare a Osiglia, in quel tempo. E mentre suo marito entra nella Resi-stenza, lei apre la sua casa per dare rifugio ai par-tigiani.Lelio Speranza, giovane studente, l’8 settembre è a Savona. Insieme ad altri, il giorno successivo entra nella caserma del Prolungamento a mare e da quel momento inizia il suo impegno nella Re-sistenza.Federico Rosa, attuale consigliere dell’Isrec di Sa-vona non ha voluto far mancare la sua testimo-nianza relativa allo sbandamento dei nostri soldati che vede passare da Tosse “per andare a casa” do-po l’8 settembre.Infine, l’intervento di Enrico S. Albertazzi, coordi-natore di ASSOARMA documenta l’impegno del-le Forze Armate nella Resistenza e in particolare quella dei militari italiani internati nei campi di concentramento in Germania. “Ma nella retorica della Resistenza non si trovò posto per i resistenti senz’armi”, afferma.Al riguardo, Giorgio Rochat, nella sua relazione al convegno su “Le Forze Armate nella Resisten-za”, organizzato dal nostro Istituto nel maggio del 2004 a Savona afferma: Oggi è di moda dare la col-pa di questi silenzi alla “sinistra” che avrebbe valo-rizzato soltanto i partigiani.

A parte il fatto che la “destra” (sono etichette che non mi piacciono, troppo generiche e superficia-li…) aveva in mano governo, istituzioni, giorna-li e case editrici, quindi tutte le possibilità per far valere le sue passioni e i suoi interessi, sta di fat-to che sono stati gli Istituti per la Storia della Re-sistenza… a promuovere uno studio sempre più serio, critico e documentato della guerra partigia-na e dell’antifascismo ma anche del regime e del-la guerra… delle diverse prigionie dei militari ita-liani”.Un argomento, questo, sul quale Roberto Batta-glia, nella sua “Storia della Resistenza italiana”, pubblicata nel 1964 da Einaudi aveva svolto diver-se riflessioni, a mio avviso condivisibili.Alcune critiche, relative al comportamento del Comando supremo l’8 settembre, alla mancata di-fesa di Roma, alla “fuga di Pescara” alla mancan-za di qualsiasi direttiva militare nelle grandi città del Nord.Al riguardo, Battaglia afferma: “Nelle grandi città industriali, più che in ogni altro luogo, i generali responsabili della difesa conservarono fino all’ul-timo momento quella egoistica visione di classe che forma come il filo che ricuce tutti gli avveni-menti del periodo badogliano, elusero con ogni sorta di inganni le pressanti richieste di parteci-pare alla lotta e decisero in ultimo che era prefe-ribile consegnare le armi ai tedeschi piuttosto che agli operai.Altre, positive. Battaglia si riferisce sia a tutta una serie di episodi di resistenza delle nostre FF.AA. nel territorio nazionale all’occupazione tedesca, sia al comportamento della Marina e alle Forze Ar-mate all’estero con ampio riferimento, tra l’altro, a Cefalonia.Più recentemente, Nicola Labanca ha compiuto diversi studi “sull’Internamento militare italiano” e uno sul “Corpo italiano di liberazione” mentre Ilio Muraca nel saggio “I partigiani all’estero: la Re-sistenza fuori d’Italia” ha documentato l’opposi-zione dei nostri militari ai tedeschi in Jugoslavia, Albania, Grecia, Mar Egeo, Corsica.E risale al 1979 un Convegno a Cuneo sulla guerra in Russia e al 1989 quello sulla Jugoslavia a Brescia organizzati, insieme a molti altri in tutta Italia, da-gli Istituti Storici della Resistenza.“Nel dopoguerra, conclude su questo problema Giorgio Rochat nel precitato Convegno di Savo-na, la tendenza generale del paese era di dimenti-

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Gli atti sull’8 settembre 1943 Mario Lorenzo Paggi

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care la guerra. Gli unici che ci tenevano a ricordar-la erano i partigiani perchè si sentivano vittorio-si, avevano vinto la guerra… La scelta della mag-gioranza del paese fu di dimenticare la guerra, sia la guerra fascista con le sue imbarazzanti vicende (aggressioni, sconfitte, occupazioni) sia la guerra partigiana, che fino a oggi è stata di volta in volta rimossa o criminalizzata o “neutralizzata” con una glorificazione asettica”.Questa giornata di studio sull’8 settembre del ‘43, dunque, ha avuto la funzione di ricercare e fare chiarezza su un tempo drammatico, quello delle scelte degli italiani.Per stabilire, in sede storica, che a fronte di chi non fece nessuna scelta, vi fu chi scelse di stare con il nazismo e il fascismo e chi, invece, dalla par-te dello Stato italiano, rappresentato, nonostante tutto, dal Re e dal governo Badoglio, degli Alleati e in ultima istanza dalla parte di tutte le forze anti-fasciste che in Europa e in tutto il mondo lottava-no per la libertà.Ma anche per evitare, nel presente, che nella bat-taglia delle idee passi una interpretazione stru-mentale della storia piegata ad esigenze politiche contingenti.Secondo la quale, tra il ‘43 e il ‘45 le scelte fatte

dagli italiani hanno pari dignità e la riappacifica-zione e la possibilità di una memoria condivisa di quel periodo sarebbe possibile solo percorrendo questa strada.Non è un caso se anche recentemente si è tentato di far approvare in Parlamento un disegno di leg-ge mirato ad equiparare gli appartenenti alle mili-zie della R.S.I. ai militari delle FF.AA. e del Corpo Italiano di Liberazione e ai partigiani.Dimenticando che il 13 ottobre del 1943 il gover-no italiano, in ottemperanza all’ “armistizio lungo” firmato dall’Italia il 29 settembre, diveniva cobel-ligerante degli Alleati e dichiarava guerra alla Ger-mania nazista di cui la R.S.I. era alleata in una po-sizione subalterna.Queste sono le ragioni di fondo per le quali il no-stro Istituto ha organizzato questa giornata di stu-dio i cui atti hanno il compito di lasciare una trac-cia scritta per i nostri giovani e per chi vorrà utiliz-zare queste preziose testimonianze per scrivere la storia del ‘900 a Savona.

Mario Lorenzo PaggiDirettore dell’Isrec

della Provincia di Savona

La relazione del prof. Paolo Pezzino pubblicata nelle pagine 10-12 e la prefazione di Mario Lorenzo Paggi pubblicata nelle pagine 13-15, sono tratte dagli Atti della giornata di studio su “L’8 settembre 1943”, pubbli-cati dall’ISREC della provincia di Savona.

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Quaderni Savonesi 16

Paolo PezzinoNato a Pescara il 7 agosto 1948, è attualmente Pro-fessore di Storia Contemporanea presso la facoltà di Letere e Filosofia dell’Università di Pisa. Si occu-pa di massacri di civili nella seconda guerra mondia-le, di didattica della storia, di storia dell’Italia Repub-blicana. È socio fondatore e membro direttivo del-la SISSCO (Società italiana per lo studio della storia contemporanea), di cui ha diretto l’Annale negli an-ni 2000 e 2001. Fa parte della Direzione delle riviste “Passato e Presente” e “Crime, Law and Social Chan-ge”, nonché dell’Editorial Advisory Commitee della rivista “Modern Italy. Journal of the Association for the Study of Modern Italy”. È autore di numerosi libri di storia tra cui: “Anatomia di un massacro. Contro-versia sopra una strage tedesca” (Il Mulino, 2007); “Senza Stato. Le radici storiche della crisi italia-na” (Laterza, 2002); “Storie di guerra civile. L’ecci-dio della Noccioleta” (Il Mulino, 2001); Con M. Bat-tini: “Guerra ai civili. Occupazione tedesca e politi-ca del massacro” (Marsilio, 1997); “La congiura dei Pugnalatori. Un caso politico-giudiziario alle origi-ni della mafia” (Marsilio, 1992).

Rodolfo BadarelloÈ nato a Savona nel 1927. ha partecipato alla resisten-za dapprima nel Fronte della Gioventù quindi nella Brigata S.A.P. “Colombo”. È stato operaio nella Scar-pa & Magnano. Ha pubblicato le seguenti opere sto-riografiche: “Savona Insorge” (con E. De Vincenzi, 1972); “La storia della fratellanza ginnastica nella storia di Savona” (1983); “Cronache politiche e mo-vimento operaio del savonese: 1850/1922” (1993); “Giornali e movimento operaio tra 800 e 900” (in “Mondo operaio e politico dell’Ottocento ligure - Studi in memoria di Sandro Pertini”, 1996); “Note per una storia di Savona e del movimento operaio savonese dalla fondazione dell’impero alla libera-zione” (in “Savona del ‘900”, 1998); “Storie sciagu-rate di Savona” (1993); “Storie savonesi del Sette-cento” (1999); “Quaratacinque giorni di speranza” (1999); “Storia particolare delle officine Scarpa & Magnano e delle loro maestranze” (2006). Ha pub-blicato, inoltre, diverse raccolte di poesie in dialet-to e in lingua.

Antonio MartinoNasce a Savona nel 1957, lavora da circa trent’anni a Genova presso un’azienda sistemistica per la Difesa. Da sempre ricercatore genealogista per diletto, negli ultimi dieci anni si è occupato di storia locale per il periodo storico che va dalla seconda metà del ‘700 al secondo dopoguerra, sviluppando la ricerca presso gli archivi statali, comunali ed ecclesiastici e le biblio-teche. Socio della Società Savonese di Storia Patria, collaboratore dell’Istituto Storico della Resistenza e

dell’Età Contemporanea. Autore di: “Savona e pro-vincia nel Dopoguerra. Situazione politico-econo-mica e ordine pubblico nelle relazioni dei prefetti (1945-1949)”; “Antifascisti savonesi e guerra di Spa-gna. Miliziani rossi e sovversivi nelle carte della Re-gia Questura di Savona”.

Irene BorgnaÈ nata a Savona nel 1984 e nel 2003 si è diplomata presso il liceo classico cittadino “G. Chiabrera”. Nel-l’ottobre 2008 si è laureata a pieni voti in Metodolo-gie filosofiche presso l’Università degli Studi di Ge-nova con una tesi in Filosofia della scienza dal tito-lo “Ricerca sui fondamenti filosofici di un’etica per l’ambiente. Ecologia profonda e decrescita convi-viale”. Attualmente è dottoranda in Storia presso il Dismec (Dipartimento di Storia Moderna e Contem-poranea, sezione di Etnologia). Collabora inoltre da quasi un anno con la Camera del Lavoro di Savona, di cui sta seguendo la realizzazione dell’archivio sto-rico di immagini e documenti. I suoi interessi teori-ci riguardano la filosofia dell’ambiente e l’antropo-logia culturale, in particolare l’ecoantropologia, l’an-tropologia del turismo e del paesaggio. È in corso di pubblicazione per Ombre Corte “Il romanziere e la cantastorie”, un articolo scritto in collaborazione con Alasia Nuti sulla concezione narrativa del sé ne-gli scritti dei filosofi Daniel C. Dennett e Adriana Ca-varero.

Mario Lorenzo PaggiÈ nato a Savona il 6 giugno 1939. Dopo la maturi-tà classica si laurea in Scienze politiche all’Univer-sità di Torino avendo avuto come maestri Norber-to Bobbio, Luigi Firpo, Alessandro e Ettore Passerin d’Entreves, Filippo Barbano, e si dedica all’insegna-mento nelle scuole di Stato. Successivamente lavo-ra in posizione di comando presso l’Assessorato al-la P.I. e Cultura del Comune di Savona. Giornalista-pubblicista ha curato numerosi volumi tra cui “Savo-na nel Novecento”; “Cent’anni di lavoro. Storia del-le imprese edili della provincia di Savona”; “Le fer-rovie aeree Savona-S.Giuseppe”; “Carte delle perse-cuzione. L’applicazione delle leggi razziali a Savo-na” con Piero Borgna e Angelo Maneschi. Ha colla-borato con diversi periodici tra cui “Savona econo-mica” e “Il Letimbro”, quotidiani tra cui “L’Unità” e “Il Secolo XIX”, e diretto “l’Agenda”, settimanale del Comune e della Provincia di Savona. È direttore re-sponsabile di numerosi periodici, tra cui “I resistenti” dell’Anpi di Savona, e “Quaderni savonesi”. Ha cu-rato, inoltre, la voce “Savona” per il Dizionario della Resistenza di Einaudi e numerose ricerche storiche in collaborazione con le scuole. Dal 1995 è direttore scientifico dell’ISREC della provincia di Savona.

Biografie Redazionale

Page 19: Il tempo delle scelte - ISREC Savona · 2018. 7. 31. · Il tempo delle scelte Mercoledì 10 giugno 2009, ore 16,00 Sala Rossa del Comune di Savona Programma Ore 16,00 Presiede: Umberto

Sommario

PresentazioneUmberto Scardaoni 1

Quel 25 luglio 1943 a Savonae nei comuni della nostra provinciaR. Badarello, E. De Vincenzi 3

L’8 settembre 1943 a Savonainizia una lotta senza quartierecontro il nazifascismo 6

Otto settembre:morte o rinascita della Patria?Paolo Pezzino 10

Gli atti della giornata di studio a Savona sull’8 settembre 1943Mario Lorenzo Paggi 13

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