Il tempo dei santi
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DAL 3º CAPITOLO, p. 9 s.: I GOCCIUS DI CARNEVALE
[…] Si prendano come esempio i goccius del 1928, che si riferivano al maestro di musica.
Carnovali de su bintotturavvivat su coru tristusendi deu su maistu sa noa banda si portusu coru si cunfortubagadias po si scialai
[Carnevale del ventottorincuora il cuore tristeessendo io il maestrovi porto la nuova bandail cuore vi confortoragazze per divertirvi]
Issu sezziu in sa mesaparit un’attera cosaest in circa de una sposabella che una marchesachi du dongant a impresa
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cruccuriga po buffai
[Egli seduto al tavolosembra una cosa ben diversaè in cerca di una sposabella come una marchesache gli diano in appaltouna zucca da bere]
Calincuna bagadia certu d’hat a fai s’oguma si dda pigat su giogunoi mesis de maladiae cun d’una bella pipiacarnevali est su babai
[Qualche ragazzacerto gli farà l’occhiolinoma se s’infervora nel gioconove mesi di malattiae con una bella bambinacarnevale è il papà.]
La presa in giro del “maestro”, che inganna con la sua presenza imponente, ma che poi, a fronte della sua rispettabilità, non è alieno dal giocare qualche brutto tiro alle ragazze
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ingenue, obbedisce a certe forme di licenziosità sessuale, presenti in quasi tutte le varietà di Carnevale […].
A questo stesso arco di tempo risale la composizione dei goccius più famosi del Carnevale, che tuttora si continua a cantare. Ne fanno parte i famosissimi versi:
Carnevali a pitichedducaffellatti non di boliatca sa mamma mantenniu d’hiattottu a forza de binu nieddu
[Carnevale da piccolonon voleva caffellatteché la mamma l’aveva allevatoa forza di vino nero.]
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